martedì 18 novembre 2014

A proposito dei test di ammissione alla laurea magistrale in Medicina e Chirurgia

Lettera inviata dalla Giunta CRUI al Ministro Giannini circa i recenti sviluppi relativi ai test di ammissione alla laurea magistrale in Medicina e Chirurgia

Roma, 12 novembre 2014 Prot. 1153-14/P/rg

Sen. Prof.ssa Stefania Giannini
Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
E, p.c.
On. Beatrice Lorenzin Ministro della Salute

Gentile Ministro,

la Giunta della CRUI – riunitasi in via telematica in via straordinaria in data 12 novembre 2014 – preso atto della gravissima situazione che si è venuta a creare nell’ambito dell’area medica chiede all’On.le Ministro un incontro urgente. Chiede altresì un’interlocuzione anche al Ministro della Salute, che legge questa nota per conoscenza.
 In primo luogo, la situazione venutasi a determinare nelle Facoltà/Scuole di Medicina e Chirurgia a seguito delle pronunce della Magistratura amministrativa in accoglimento dei numerosissimi ricorsi presentati avverso gli esiti dei test di ammissione al corso di laurea a ciclo unico in Medicina e Chirurgia è del tutto insostenibile e pregiudica il regolare avvio dell’anno accademico. Di ciò hanno già documentato i Presidenti di Consiglio di corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia.
 In secondo luogo, le innovate modalità di selezione alle Scuole di Specializzazione post- lauream, hanno determinato più di qualche criticità, a tutt'oggi imprevedibile nelle possibili conseguenze.
 Come premessa per un intervento tanto nelle condizioni di accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia quanto alle Scuole di Specializzazioni, occorre che siano chiari i fabbisogni e le risorse e che su questa base siano determinate le relative demografie. Questo deve essere svolto di concerto con il Servizio Sanitario Nazionale e con il Ministro della Salute.
 Da anni le domande di accesso ai corsi in parola superano le relative offerte, tanto di posti quanto di borse. Per questo è indispensabile un percorso di selezione ispirato a criteri rigorosamente meritocratici. Siamo disponibili a discutere le diverse modalità possibili, fermo restando il principio di coerenza con le risorse disponibili, al fine di non pregiudicare la qualità per gli studenti e per i borsisti, secondo standard europei, e di consentire una programmazione adeguata agli Atenei.

Urge affrontare la questione nel suo complesso senza attendere altro tempo. Confidiamo in un suo immediato riscontro.

Cordiali saluti.

Stefano Paleari
Presidente della CRUI

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L’ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ TRA NUMERO PROGRAMMATO, SOPRANNUMERO GIUDIZIARIO E DEMAGOGIA RICORRENTEPDFStampaE-mail

ottobre 2014
La regolamentazione delle immatricolazioni (numero chiuso o programmato o controllato) è stata per decenni, nella seconda metà del secolo scorso, un tema demonizzato dallo “sciocchezzaio ideologico e dalle fumisterie parademocratiche” (http://tinyurl.com/okoeuz8) al servizio di un’italica demagogia imperante che ha contribuito non poco al tentativo di squalificare l’università pubblica. Tuttavia, prima della liberalizzazione degli accessi all’università per tutti i diplomati dell’istruzione secondaria superiore (legge 11 dicembre 1969, n. 910, “liberalizzazione degli accessi universitari”) il numero chiuso era un tema su cui si sbatteva come contro un muro dato che gli accessi erano per legge preliminarmente discriminati dal tipo di istruzione secondaria frequentato. Con l’avvento dell’università di massa promosso da quella legge, il tabù demagogico dell’accesso indiscriminato si è rafforzato ma ha anche cominciato anno dopo anno a infrangersi contro la ragione. Che, vista la pletora delle iscrizioni, spesso sproporzionata ai contenitori e alla qualità dell’insegnamento, imponeva di valutare la possibilità dei singoli studenti di frequentare con profitto un determinato corso di studi regolato a misura di un definito numero di immatricolati,bilanciando le legittime attese dei giovani alle effettive disponibilità di docenti e strutture didattiche dei corsi. Le associazioni studentesche hanno tuttavia seguitato ad opporsi al numero chiuso, ritenendolo anche di recente “un abuso ingiustificato, che peggiora la qualità complessiva, favorisce i clientelismi, protegge le corporazioni e permette allo stato di non investire sull’università per quanto sarebbe necessario” (http://tinyurl.com/k48yyox).
Fino al 1999 è mancata una legge che disciplinasse in modo definitivo e omogeneo l'accesso ai corsi universitari a numero programmato. A fare chiarezza sulla questione è intervenuta dapprima la Corte Costituzionale che, già nel 1998 (sentenza 383, 27-11), ha dichiarato il numero programmato una misura legittima e non lesiva del diritto allo studio e, poco tempo dopo, la Legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari) che ha stabilito i corsi universitari i cui accessi sono programmati a livello nazionale: Corsi di Medicina e chirurgia, Medicina veterinaria, Odontoiatria e protesi dentaria; Corsi di Architettura; Corsi di primo livello dell'area sanitaria; Corsi in Scienze della formazione primaria; Corsi universitari di nuova istituzione o attivazione, per un numero di anni corrispondente alla durata legale del corso; Corsi di laurea per i quali l'ordinamento didattico preveda l'utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione; Corsi di diploma universitario (oggi sostituiti e riformati dai corsi di laurea triennali) per i quali l'ordinamento didattico preveda l'obbligo di tirocinio come parte integrante del percorso formativo.Per ogni corso di laurea ad accesso regolato, il Ministro stabilisce annualmente il numero massimo di posti disponibili sul territorio nazionale suddivisi per sede.
Va anche ricordato che l'istituzione del numero programmato in alcuni corsi universitari (Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Odontoiatria e Protesi Dentaria) è norma di legge che recepisce raccomandazioni della Comunità europea volte ad armonizzare i sistemi di formazione nazionali e a rendere omogenee le caratteristiche professionali di figure come il medico o il dentista, in modo che possano muoversi liberamente nella Comunità Europea esercitando il proprio lavoro.
Nelle università il numero chiuso è ormai un dato acquisito e si è esteso da Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Architettura a moltissimi altri corsi di laurea, che, localmente, hanno iniziato ad applicare i test selettivi per l’immatricolazione: i corsi a numero programmato in tutta Italia sono oggi 1.687 su 4.311, il 39 per cento. L'Università di Padova, ad esempio, prevede a "numero controllato" Economia, Psicologia, Agraria, Fisica, Scienze dell'educazione. A Palermo il test per entrare a Scienze di base e applicate è stato affrontato da 4.045 candidati: 1.358 i posti disponibili. Alla Ca' Foscari di Venezia in 2.973 hanno provato a entrare alla fine di agosto ai sei corsi di laurea (linguistici ed economici) ad accesso programmato. L'Università di Parma ha diciotto corsi chiusi. Giurisprudenza è a numero chiuso a Roma Tre, a Firenze, a Catania, a Palermo. Biologia è nella totalità dei casi a numero chiuso. La partecipazione alla prova selettiva iniziale per i corsi dell'Università di Milano-Bicocca quest'anno ha segnato un +49,6 per cento. A Bologna i corsi con lo sbarramento erano 61 nel 2013 e quest’anno ad aprile al test per Medicina si sono presentati in 2.835 per 440 posti.L'Anvur, il guardiano della valutazione, segnala che nei corsi ad accesso programmato, come Medicina, ci sono tassi bassi di abbandono, un’elevata quota di laureati regolari e un minor numero di iscritti fuori corso (http://tinyurl.com/lk49c3l).
I test per l’accesso ai corsi e in particolare per l’accesso a Medicina e chirurgia sono entrati quest’anno nell’occhio del ciclone per l’effetto combinato di errori del MIUR e di ricorsi vinti dagli studenti davanti alla giustizia amministrativa.
A livello MIUR si è incappati nel (o non si è stati capaci d’impedire il) venir meno di uno dei principi cardini del test, l'anonimato: la modulistica stampata dal MIUR era facilmente decrittabile, con la possibilità di accoppiare il nome del ricorrente al codice personale della prova. In particolare il codice numerico aveva una prima parte uguale per tutti gli studenti della medesima aula e le ultime tre cifre, facilmente memorizzabili, individuavano il posto ed erano quindi abbinabili alla persona. È stato lo stesso MIUR a rendersi conto nei giorni precedenti il test del potenziale pasticcio e ha provato con telefonate a suggerire delle soluzioni agli atenei, come far imbustare separatamente il modulo con il nome e il codice. Ma le buste utilizzate dalle università, reperite all'ultimo momento utile, non garantivano la riservatezza perché erano leggibili in trasparenza. Una volta recuperati i moduli della persona da aiutare, era facilissimo correggere a penna le domande sbagliate perché la possibilità di ripensare le risposte date era esplicitamente prevista.
I Tar da parte loro hanno disposto in via cautelativa il diritto dei ricorrenti, come «risarcimento in forma specifica», a iscriversi anche se sono stati bocciati ai test e persino se non hanno risposto neppure a una domanda. In tal modo la lista dei 10.551 vincitori ufficiali del test per Medicina si è gonfiata di almeno 2.500 soggetti e altri 300 studenti potranno iscriversi ai corsi di Medicina a Palermo perché così hanno deciso i giudici del Consiglio di giustizia amministrativa. Ma il Tar del Lazio il 10 ottobre ha riconosciuto anche ad altri 2.500 ricorrenti il diritto all’iscrizione ai corsi di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Architettura, numero che si somma alle precedenti 2.500 immatricolazioni obbligatorie, sentenziate a luglio e a settembre dopo il maxi ricorso presentato dall’Unione degli universitari (http://tinyurl.com/lxe3x6e ).
Oltre al “numero chiuso” l’Italia ha così inventato il “soprannumero”. Dunque gli studenti che hanno ottenuto un buon risultato al test, senza risultare tra i vincitori, si vedono scavalcare per un’ordinanza del Tar da chi ha fatto ricorso e magari non ha neppure ottenuto i 20 punti della sufficienza. Infine anche il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso di due studenti con una sentenza che recita: «A causa delle illustrate inadempienze riscontrate nell'attività dell'amministrazione - violazione dell'anonimato - le parti sono state illegittimamente private della possibilità di iscriversi alla facoltà cui aspiravano, subendo di conseguenza i relativi danni, anche in termini economici» (http://tinyurl.com/mk7x2w7).
Rimane la mesta constatazione che lo Stato non ha saputo né garantire la regolarità del concorso né ha preso provvedimenti idonei a rimediare in extremis alla situazione anomala. Non si può, infatti, giudicare un vero rimedio la circolare del MIUR del 23 settembre che ha disposto che i vincitori dei ricorsi al Tar del Lazio per l'ammissione in sovrannumero ai corsi di Medicina (sono 2.500) dovranno essere assegnati all'università in cui "risulta minimo lo scarto tra il punteggio del primo in graduatoria e il punteggio ottenuto dal ricorrente". Ovvero, tenendo conto delle sedi richieste dal candidato (escluso al test e riammesso da un Tar), la nuova matricola andrà là dove si avvicina di più ai voti dei migliori. Ma una nuova circolare del MIUR del 6 ottobre ha sbloccato il blocco delle iscrizioni laddove le ordinanze del Tar sono chiare ed esplicitano la sede cui fa riferimento il ricorso (caso di Bari). Se, invece, nei provvedimenti giudiziari non si fa espressa menzione della sede, bisognerà rispettare l'indicazione ministeriale precedente, cioè i ricorrenti dovranno iscriversi altrove rispetto alla sede scelta per il test e la destinazione sarà indicata dallo stesso ministero, attraverso una procedura telematica allestita sul sito del Cineca.
In definitiva, la prospettiva è di avere quest'anno studenti iscritti a Medicina appartenenti a quattro categorie (http://tinyurl.com/n5qphxa): la prima è quella dei bravi che hanno superato brillantemente il test; la seconda è quella di chi ha superato il test grazie all'aiuto di qualcuno che ha utilizzato i buchi nella garanzia di anonimato; la terza categoria è di chi si è iscritto grazie al ricorso al Tar in soprannumero ma aveva comunque raggiunto l'idoneità minima al test; la quarta infine è di chi è stato bocciato al test e magari ha ottenuto un punteggio negativo ma si è dimostrato tempestivo nel fare ricorso assicurandosi, senza alcun merito, l'ambitissimo diritto a intraprendere la carriera di studente in Medicina.
Per superare l'attuale test di Medicina, che ha mostrato dei limiti e ha sollevato contenziosi giudiziari, il ministro Giannini, nella campagna elettorale per le Europee, ha cercato di attenuare lo scontento dei candidati e delle loro famiglie, promettendo di abolire i test di accesso e prospettando un'altra soluzione, simile al modello francese (http://tinyurl.com/qjr7lsq). Nonostante le perplessità sollevate dagli ambienti accademici, ha consegnato alla Conferenza dei Rettori un documento che prevede un anno comune per tutte le matricole, una valutazione divisa in due semestri e alla fine della stagione una selezione dura per passare al secondo anno. Al ministro ha fatto eco un gruppo di deputati che in una nota (http://tinyurl.com/k42oq86) hanno affermato che “I test di accesso sono diventati un mero simulacro, non premiano il merito e sono un’ingiusta forma di sbarramento sociale". Dalla parte opposta dello schieramento politico un senatore ha sostenuto i diritti dei vincitori dei ricorsi ai Tar di essere comunque immatricolati nella propria sede. Evidentemente anche in Parlamento la demagogia, che ha come strumento il populismo, riemerge quando non si conoscono per incultura o si vogliono ignorare i problemi dell’università senza tener conto delle opinioni dei competenti e in particolare delle basi storiche non solo italiane dei test per gli accessi. Ma sull’ipotesi del superamento dei test d’accesso si leggono anche opinioni più meditate e realistiche come quella di A. Figà Talamanca (http://tinyurl.com/lt94mcp) che riporto quasi integralmente: “Se il primo anno di Medicina sarà aperto a tutti quelli che hanno conseguito un diploma di maturità … (possiamo ipotizzare che anche coloro che avevano preferito non affrontare i test si iscrivano a Medicina) gli immatricolati per il 2015 dovrebbero essere tra i settantamila e i centomila … Si dovrebbe modificare l'ordinamento didattico di Medicina in modo da rendere il primo anno compatibile con il proseguimento degli studi in altre discipline, con convalida, almeno parziale, degli esami sostenuti. Bisognerà anche vincere le resistenze dei docenti di altre ex-facoltà per indurli ad accogliere, senza troppi ‘debiti’, gli studenti che hanno compiuto il primo anno a Medicina. Alla fine, la soluzione giusta dovrebbe essere quella di riservare il primo anno di Medicina alle materie scientifiche di base (matematica, fisica, chimica, biologia), che dovrebbero essere impartite dai rispettivi dipartimenti a tutti gli studenti il cui curriculum le richieda, indipendentemente dal corso di laurea di iscrizione. Stiamo parlando però di cambiamenti che incontrerebbero molte resistenze e necessitano comunque tempi lunghi. L'apparato ministeriale, l'agenzia per la valutazione, e, specialmente, il mondo accademico non sembrano pronti ad affrontare problemi di questo tipo e di questa portata, meno che mai in così poco tempo”.

L’accesso agli studi di Medicina in alcuni Paesi europei
In Francia per diventare un docteur en médecine (medico specialista) gli studi, che comprendono anche l'equivalente della specializzazione italiana, durano tra i 9 e gli 11 anni. L’iscrizione a un corso di laurea richiede il conseguimento del baccalauréat, il diploma attribuito agli studenti a 18 anni, al termine degli studi superiori. L’iscrizione va effettuata a marzo, qualche mese prima del conseguimento del diploma. La differenza fondamentale rispetto al meccanismo italiano è che non esiste uno sbarramento per l’accesso al primo anno; inoltre i primi due semestri di studi non sono riservati ai soli aspiranti medici, ma sono validi per altri tre indirizzi: odontoiatria, farmacia e ostetricia. Dunque l’iscrizione è libera, e gli studenti iniziano il corso comune alle quattro discipline, ma la selezione arriva comunque molto presto. Già al primo anno, gli iscritti sono chiamati a una prova che si articola in due momenti al termine dei due semestri (in dicembre-gennaio e in maggio). Altra differenza capitale con l’Italia: l’esame non riguarda una pluralità di materie non tutte direttamente collegate agli studi, ma tocca esclusivamente le discipline studiate nel corso dell’anno. Qualora, al termine del primo anno, lo studente non passi gli esami, ha la possibilità di ripetere l’annualità, ma una volta sola; in caso di insuccesso, può cambiare indirizzo di studi all’interno delle professioni sanitarie. Superato lo sbarramento, lo studente prosegue negli studi medici (http://tinyurl.com/np545r9).Il sistema francese è un sistema che spegne le proteste per l'iniquità percepita della selezione al primo anno, ma che sposta a un anno dopo una selezione ben più dura.
Nel Regno Unito sono simili a quelle statunitensi le strategie adottate: le scuole mediche fissano annualmente i propri criteri di selezione, frutto della combinazione di requisiti scolastici pregressi, di conoscenze scientifiche di base e di qualità personali (ad esempio lettere di presentazione, interviste, etc.). In generale, i candidati in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore Gcse (General Certificate of Secondary Education) possono inoltrare la domanda di ammissione a 4 Scuole mediche di loro scelta attraverso l'Ucas (Universities and Colleges Admission Service). Saranno poi sottoposti a specifici test (http://tinyurl.com/n24bjdz): Clinical Aptitude Test (Ukcat); Biomedical Admission Test (Bmat); Graduate Medical School Admission Test (Gamsat). Solo i candidati che avranno superato il test previsto saranno convocati alla prova finale (l'interview), condotta da una commissione esaminatrice specializzata per accertare, oltre al possesso delle conoscenze teoriche (soprattutto chimica, fisica, biologia), eventuali esperienze professionali o di volontariato pregresse, la capacità di lavorare in gruppo e le motivazioni personali, che indirizzano i candidati alla professione medica.
In Germania è molto articolata per tipologia di ammissibili agli studi medici la strategia adottata, che è gestita da un organismo federale, l'Ufficio centrale per l'attribuzione dei posti nell'ambito dell'insegnamento superiore (Zentralstelle für die Vergabe von Studienplätzen - ZVS). Possono candidarsi i possessori dell'Abitur (Zeugnis der allgemeinen Hochschulreife), ma quote di posti sono riservate per il 2% agli studenti diversamente abili o con difficoltà socio-economiche (Heirtefeille), per il 20% ai Talented 20, che al diploma conclusivo degli studi secondari hanno riportato la media più alta della loro classe e per il 20% agli idonei degli anni precedenti in lista d'attesa da più tempo. Dopo l'abolizione del 1997, e stato reintrodotto il test Essai für Medizinische Studiengeinge, non obbligatorio, ma utile per migliorare il punteggio complessivo e la possibilità di essere positivamente selezionati nel corso dell'intervista conclusiva.
Modalità diverse per etnia riguardano invece la Svizzera dove la componente di lingua tedesca prevede - sul modello tedesco - il superamento di un test attitudinale. Per la parte di lingua francese e in Belgio l'accesso avviene senza particolari restrizioni, ma la selezione - analogamente al modello francese - è rinviata all'anno successivo e si basa sui risultati conseguiti nel primo anno di studi (http://tinyurl.com/n24bjdz).
In Spagna l'accesso a tutte le Facoltà universitarie è subordinato alla votazione riportata nel diploma di Bachiller e, per chi ha più di 25 anni - sulla base del Real Decreto 1892/2008 entrato in vigore dall'a.a. 2009/10 - al superamento di uno specifico esame denominato PAU (Prueba de Acceso a la Universidad) presso i singoli Atenei, destinato a valutare la maturità degli allievi, nonché le conoscenze e le competenze acquisite durante gli studi secondari. Il PAU è articolato in due fasi: una fase generale obbligatoria, che pone l'accento su quattro materie di base, e una specifica volontaria che può migliorare la votazione finale per l'ammissione universitaria (http://tinyurl.com/n24bjdz).

L’opposizione alla proposta del “sistema francese” per l’accesso ai corsi di Medicina e chirurgiaLa proposta del ministro Giannini di abolire per Medicina il test d’accesso ha sollevato molte perplessità e anche nette opposizioni in un’estesa platea non solo di accademici, rettori e presidi compresi, ma anche di ministri (ex o in carica) e di commentatori di cose universitarie sulla stampa e in rete. A favore solo le associazioni studentesche, ma non tutte, e alcuni parlamentari di destra e di sinistra nell’assordante silenzio di quasi tutti gli altri loro colleghi.
“Il modello francese così com’è non è applicabile, non ci sono risorse e strutture”, ha detto al Corriere dell’Università Maria Chiara Carrozza, ex ministro dell’istruzione, e ha aggiunto: ”Allo stato attuale non è applicabile, non ci sono le risorse e le strutture per affrontare un’immissione incontrollata di studenti al primo anno. Non dico che sia di principio infattibile, ma bisogna essere realisti e non demagogici”. Anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha espresso a controcampus.it il suo dissenso: “No, non sono favorevole all’abolizione dei test di accesso all’università” sia per le ovvie difficoltà organizzative e logistiche cui dovrebbero rispondere le università a fronte del prevedibile boom della popolazione studentesca (70-80mila unità secondo il ministro) sia per lo spettro di una possibile emorragia di camici bianchi, che finirebbero quasi tout court dalla laurea alla strada: aprire le porte della professione medica a una platea più ampia rischierebbe di congestionare un mercato dove, tuttavia, c’è sempre stata piena occupazione.Secondo il segretario della Conferenza dei corsi di laurea e delle professioni sanitarie, le proiezioni sul numero dei futuri laureati fanno già emergere un progressivo esubero degli stessi, con un valore complessivo di circa 9.000 in più dal  2014 al 2020.
Fra le opinioni raccolte da Universitas (http://tinyurl.com/n73cvsz)fra i rettori, particolarmente indicativa quella del nuovo rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio: “Il problema, a mio avviso, si deve risolvere con un sistema di selezione a tre gambe: la valutazione del percorso scolastico precedente, la verifica delle attitudini mediante test psicoattitudinale, il normale concorso a test a scelta multipla. Il fatto di aver posto il numero programmato ha consentito di migliorare le performance dell’università italiana, almeno nel settore medico: il 90% degli studenti si laurea, il 60% si laurea in corso; le facoltà di Medicina italiane sono tra le migliori in ambito europeo; chi si laurea trova lavoro. Negli anni 70-80 si è formata una pletora medica, che non ha frequentato né lezioni né corsie, e non è stato un bene: e questo lo dico soprattutto da potenziale paziente”. A La Repubblica Eugenio Gaudio ha fornito un esempio: “Alla Sapienza di Roma sono 6 le aule grandi di Medicina, e 36 più piccole. I docenti? 72. Considerando il rapporto tra i posti a disposizione e le aspiranti matricole, il passaggio al sistema d’oltralpe richiederebbe 36 aule grandi, 216 piccole e 432 professori”. Carmine Di Ilio, rettore dell’Università di Chieti-Pescara: “Il sistema vigente può essere migliorato selezionando con maggiore cura le domande. Comunque l’utilizzo di un test a scelta multipla sulle medesime tematiche correntemente utilizzate, a mio avviso garantisce un’adeguata trasparenza e pone gli studenti nelle medesime condizioni iniziali”. “Che il sistema dei quiz vada migliorato lo pensiamo un po’ tutti - dice Cristina Messa, rettrice della Bicocca -. Ma la soluzione non è eliminarli. Semmai bisognerebbe puntare molto di più sull’elemento attitudinale, che è fondamentale nella nostra professione”. Dello stesso parere è Roberto Lagalla, rettore dell’Università di Palermo e vice presidente della Conferenza dei rettori con delega alla Medicina: “La selezione preliminare tramite i test va mantenuta. Il punto è che i test dovrebbero essere molto più coerenti con i saperi liceali”, e aggiunge che il sistema dei test, per quanto imperfetto, dà maggiori garanzie di obiettività di un esame orale che è molto più esposto a favoritismi e raccomandazioni. “Le mie riserve principali rispetto al modello francese sono due – ha sostenuto il rettore dell’università di Padova Giuseppe Zaccaria -. Per quanto riguarda l’ipotesi di un tronco comune alle diverse lauree mediche, io non sono per niente convinto che la fisica che serve ai medici sia la stessa che serve agli infermieri. Quanto poi al sistema di selezione dei ragazzi, temo che affidarsi a degli esami universitari anziché a dei test “ciechi” esponga i docenti a una serie di pressioni indebite”. Gli esami orali si trasformerebbero inevitabilmente in un mercanteggiamento per mandare avanti questo o quel ragazzo, indipendentemente dalle sue qualità. Tra le altre personalità di spicco della Medicina di cui universitas ha sentito l’opinione, Luigi Califano, presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli Federico II: “Consentire l’iscrizione al primo anno a tutti gli studenti che ne facessero richiesta, creerebbe problematiche insormontabili legate sia alla logistica (carenza di spazi adeguati) sia alla didattica (carenza di personale docente). Le valutazioni alla fine del primo e del secondo semestre del primo anno dovrebbero poi essere assolutamente imparziali, cosa che non sempre avviene nel nostro Paese. Credo quindi che il sistema attuale, pur perfettibile in alcuni aspetti (tipologia dei quesiti, un maggiore e più efficace sistema di controllo), sia l’unico attuabile al momento”. Andrea Lenzi, presidente del Consiglio Universitario Nazionale (Cun) e della Conferenza permanente dei presidenti di corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia: “Gli anni recenti di prove di ammissione hanno mostrato che vi erano evidenti differenze nei punteggi di accesso delle diverse sedi e questo aveva provocato un malumore diffuso. L’introduzione di una graduatoria nazionale consente di eliminare tali differenze. È necessario peraltro che siano approvate norme di sostenibilità economica per consentire alle famiglie le spese legate alla mobilità degli studenti, possibilità altrimenti riservata a studenti delle classi sociali più abbienti, in conseguenza alla scarsità di fondi e strutture riservate al cosiddetto diritto allo studio”.
In un articolo su lavoce.info (http://tinyurl.com/nn7lmj7) si sostiene che la proposta governativa presenta numerosi difetti che superano quelli della procedura attuale di ammissione, peraltro recentemente migliorata in modo significativo con la predisposizione di un’unica classifica nazionale dei risultati, che evita le iniquità e le inefficienze delle precedenti classifiche per ateneo. Tra i difetti della proposta si segnala in particolare: (1) I corsi del primo anno di medicina saranno invasi da un numero enorme di studenti, tale da rendere difficoltosa l’attività didattica tradizionale, anche solo per un problema di spazi, e tale da richiedere necessariamente tecnologie di e-learning, tutte da disegnare con costi considerevoli. (2) Il libero accesso al primo anno di medicina provocherà un immediato calo di iscrizioni ai corsi di laurea affini. (3) La diminuzione della qualità media degli studenti iscritti a Medicina al primo anno e la congestione degli spazi educativi danneggerà gli studenti bravi e in grado di continuare, per i quali il primo anno universitario si ridurrà a essere solo un lungo e costoso modo per segnalare la loro qualità con benefici minimi in termini di capitale umano. (4) Anche la qualità media dei docenti del primo anno, che dovranno necessariamente aumentare, potrebbe diminuire peggiorando le conseguenze negative di cui ai punti precedenti. (5) Sarebbe comunque necessario, alla fine del primo anno, un test standardizzato nazionale che soffrirebbe sostanzialmente degli stessi problemi di quello attuale, senza particolari benefici; il primo anno di studi in medicina diventerebbe a tutti gli effetti un inutile sesto anno di liceo con scarsi vantaggi.
Coloro che già frequentano una scuola di specializzazione medica hanno deciso di aderire alla petizione promossa dall’on. Filippo Crimì contro il progetto del ministro Giannini di procedere all’abolizione del test per l’accesso a Medicina (http://tinyurl.com/ohrpgqj). Rendendo noto il proprio sostegno all’iniziativa del deputato della maggioranza, Federspecializzandi sottolinea alcuni aspetti critici del modello francese. In primis, il fatto che il percorso formativo del primo anno di studi differisce notevolmente fra le diverse sedi del corso di laurea in Medicina e che “il superamento degli esami di profitto sia spesso affidato a valutazioni orali e quindi del tutto discrezionali da parte dei docenti”. Ciò, secondo gli allievi delle scuole di specializzazione, violerebbe il “principio della trasparenza e dell’oggettività della valutazione“, falsando gli esiti della selezione. Un altro dei motivi per i quali Federspecializzandi è contraria all’abolizione del test di Medicina è che “l’eventuale riforma dell’accesso a Medicina nella direzione del modello francese, richiederebbe da parte del MIUR un forte investimento in termini di rinnovamento e ampliamento delle strutture che ospitano la formazione”. Perché, secondo gli specializzandi – e anche i rettori – così come sono, esse non ce la farebbero a sostenere l’impennata del numero delle matricole.
La Conferenza Permanente delle Facoltà e Scuole di Medicina e Chirurgia, l’8 maggio ha approvato all’unanimità e inviato al Ministro Giannini una mozione (http://tinyurl.com/lctjexrsull’accesso ai corsi di Laurea di Medicina e Chirurgia per l’anno accademico 2015-2016, dove si sottolinea la necessità irrinunciabile del numero programmato e l'efficacia ed efficienza dell'attuale metodo selettivo; nell'ipotesi di una revisione, i firmatari affermano l'importanza dell’orientamento nella scuola secondaria, della valutazione del percorso scolastico e la necessità di una prova di valutazione specifica per Medicina, con domande a risposta multipla come quella attualmente in vigore.
A proposito del «sistema francese» proposto dal ministro Giannini, e in fase di elaborazione al MIUR, sarebbe facile ironizzare su questa improvvida moda esterofila, come si è visto di così scarsa popolarità. Se non fosse invece il caso di rimeditare la proposta in base a una notizia seria: in Francia proprio Geneviève Fioraso (secrétaire d'Etat à l'Enseignement supérieur) e la CPU (Conférence des présidents d'université) non ne vogliono più sapere, dopo anni di applicazione, del loro sistema (sélection des étudiants entre la première et la deuxième année de master, M1 et M2) ora elevato a modello per l’Italia (http://tinyurl.com/ml97anu). Il presidente della CPU Jean-Loup Salzmann ha qualificato la situazione attuale «stupide», mentre il tribunale amministrativo di Bordeaux ha stimato che la selezione degli studenti fra il primo e il secondo anno di corso (entre M1 et M2) è illegale. Il segretario di Stato all’istruzione superiore Fioraso ha messo sul tavolo la questione di anticipare di nuovo la selezione all’ingresso nel primo anno, anche sulla base di prerequisiti, e ha dichiarato a ‘Les Echos’ che, affrontando l’argomento degli accessi, vuole “sicuramente non lasciare più la selezione tra il primo e il secondo anno di corso”. Anche la Fage, un’organizzazione studentesca francese, sostiene un sistema di accesso post-bac da denominare Admission post-licence (dopo la secondaria superiore): tutti gli studenti dovrebbero presentare cinque domande d’immatricolazione e ne sarebbe accolta una in funzione del loro dossier. Il presidente della Fage Julien Blanchet: «Avoir une sélection entre M1 et M2 est ridicule». Si può aggiungere che la proposta di adottarla da noi lascia perplessi anche sulla correttezza della selezione se fatta con esami individuali in ambienti accademici non impermeabili a nepotismi e favoritismi.

Validità dei test e proposte alternative al sistema attuale di selezione per l’accesso a studi medici
Per l’accesso a Medicina nei Paesi anglosassoni (Nord America, Australia e Regno Unito) si utilizzano anche interviste e test psicometrici e si stanno diffondendo i centri di selezione, organismi accreditati in cui i candidati sono valutati da professionisti. Da revisioni sistematiche della letteratura emerge comunque che il risultato dei test sulle conoscenze ha un valore predittivo di oltre il 65%. La teoria dei test considera vari tipi di validità (http://tinyurl.com/o8j37tx), ma quelli più rilevanti in questo contesto sono essenzialmente due: la validità di costrutto (il test misura effettivamente le variabili che intende misurare?) e la validità predittiva (il test seleziona persone che hanno poi una carriera studentesca e professionale soddisfacente?). Il test misura capacità logiche e mnemoniche nell'assunto che le capacità richieste per ottenere un buon punteggio siano le stesse necessarie per usufruire con profitto del corso di studi: può sprecare un quarto della scala di valutazione con domande astruse, ma se fa buon uso dei tre quarti rimanenti può ancora essere valido. Se il suo fine è selezionare studenti che abbiano la massima probabilità di completare con successo il corso di studi e di diventare validi professionisti, minimizzando gli abbandoni, la sua validità predittiva e di costrutto sono misurabili. Uno studio è stato effettuato per i test di ammissione delle Facoltà di Ingegneria che aderiscono al Cisia (Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l'Accesso) e i dati raccolti (per il Politecnico di Torino) hanno mostrato una “significativa correlazione tra punteggio del test di ammissione e risultati nella carriera studentesca: punteggi alti al test correlano con voti alti agli esami, Laurea nei tempi previsti, basso rischio di abbandono”. E' importante notare che il test di ammissione di Ingegneria presenta lo stesso difetto già considerato per quello di Medicina, cioè la cattiva distribuzione dei punteggi, con la parte alta della scala di valutazione sostanzialmente spopolata; inoltre il punteggio del test di ammissione ha una correlazione molto debole con il voto di maturità. Uno studio analogo è in corso per i Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia. Giova anche ricordare che a Medicina “il tasso di abbandono precedente all'adozione del numero chiuso era di circa il 70% mentre quello attuale è inferiore al 30%. Sembra pertanto che i test di ammissione, sebbene alquanto inadeguati, abbiano ciononostante una buona validità predittiva e di costrutto”, ed è sicuramente giustificato sia cercare di migliorarli che monitorare costantemente la correlazione tra il punteggio in ingresso e la carriera universitaria fino alla laurea.
Una proposta, recentemente avanzata sul sito lavoce.info (http://tinyurl.com/nn7lmj7), è di modificare l'esame di maturità, introducendo moduli standardizzati per scegliere - secondo una graduatoria di merito redatta con criteri omogenei - gli studenti che proseguono nei corsi di laurea a numero chiuso, sistema, ad esempio, adottato fino a quest'anno in Spagna. Ogni ateneo (non solo per gli studi medici, ma anche per quelli in altre aree) stabilirebbe l’elenco di materie nelle quali uno studente dovrebbe sostenere l’esame e il punteggio minimo richiesto, materia per materia. Ad esempio la facoltà di medicina H potrebbe richiedere: italiano, inglese, con punteggi superiori all’80 e matematica, biologia, chimica e fisica con punteggi superiori al 90.
La scuola superiore, esordiscono gli autori della proposta, offre cinque anni di informazioni analoghe a quelle che sarebbero raccolte nel primo anno di studi con accesso libero ai corsi di Medicina previsto dalla proposta governativa. Meglio ancora sarebbe se nei cinque anni i nostri studenti potessero costruire gradualmente, á la carte, itinerari formativi diversificati a seconda delle loro doti e delle prospettive lavorative cui aspirano, tra i quali, in particolare, itinerari miranti a studi medici. Il vantaggio derivante dall’associare la procedura di ammissione alla performance scolastica (e non a quella del primo anno di università come nella proposta governativa) sarebbe la possibilità di intercettare studenti capaci e meritevoli che, per vincoli di bilancio familiari o altre ragioni socio-culturali, non continuerebbero gli studi oltre il liceo.
L'opzione alternativa, più realistica, è mantenere l'attuale schema della graduatoria nazionale, che nel complesso ha dato buona prova di sé, migliorando sensibilmente qualità e adeguatezza dei test. Se si aprono alle critiche degli esperti, l'attendibilità dei test può crescere nel tempo, rendendoli uno strumento affidabile e con garanzie di equità superiori a quella di altre soluzioni.
                                                                           Prof. Paolo Stefano Marcato
                                                           Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

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