IN EVIDENZA
LEGGE DI STABILITÀ 2016.
COMMI DELL'ARTICOLO 1 RIGUARDANTI
L'UNIVERSITÀ E LA RICERCA NEL MAXIEMENDAMENTO APPROVATO DAL SENATO IL 20-11-15
Diritto allo
studio: più 5 milioni per borse di studio per studenti universitari. Esenzione
Irpef per le borse di studio Erasmus Plus. E sempre in ambito di
internazionalizzazione 38 milioni per il 2016 (75 a partire dal 2017) per la
chiamata diretta di 500 professori universitari (dall'estero o operanti in
Italia), che si sono distinti per elevato merito scientifico. Altri fondi per
l'assunzione di 1200 ricercatori (200 agli enti di ricerca e 1000 alle
università). Per i docenti e ricercatori universitari sblocco degli scatti: 25
milioni per il 2016, 30 milioni dal 2017. Dettagli e altre disposizioni: vedi sotto
ai commi selezionati dell'art. 1 del maxiemendamento della Legge di Stabilità
2016.
- BORSE DI STUDIO. ESENZIONI IRPEF (Commi 25-27)
- 25. Per l'intera durata del programma "Erasmus plus", alle borse di studio per la mobilità internazionale erogate a favore degli studenti dalle università e dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFA), ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, e dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento UE n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, si applicano le esenzioni previste all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170.
- 26. All'articolo 6 della legge 30 novembre 1989, n. 398, dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6 bis. Le somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero erogate della Provincia Autonoma di Bolzano sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche nei confronti dei percipienti".
- 27. Le disposizioni di cui al comma 26 si applicano per i periodi d'imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e di riscossione al sensi della normativa vigente.
- CHIAMATE DIRETTE PER ELEVATO MERITO SCIENTIFICO DI PROFESSORI UNIVERSITARI DI PRIMA E DI SECONDA FASCIA (Commi 110-115)
- 110. Al fine di accrescere l'attrattività e la competitività deI Sistema universitario italiano a livello internazionale, nel rispetto dell'autonomia degli atenei, nello stato di previsione del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, è istituito, per finanziare chiamate dirette per elevato merito scientifico secondo le procedure di cui ai commi da 110 a 115, il "Fondo per le Cattedre Universitarie del Merito", di seguito "Fondo": al Fondo sono assegnati 38 milioni di euro nell'anno 2016 e 75 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.
- 111. Il finanziamento è destinato al reclutamento di professori universitari di prima e di seconda fascia per chiamata diretta secondo procedure nazionali e nel rispetto dei criteri di cui al comma 112 volti a valorizzare l'eccellenza e la qualificazione scientifica dei candidati, con esclusione dei professori universitari di atenei italiani già appartenenti, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande, ai ruoli della medesima fascia per la quale è bandita la procedura.
- 112. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca e con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono disciplinati:
- i requisiti diretti a dimostrare l'eccellenza dei percorsi individuali di ricerca scientifica secondo i migliori standard valutativi nazionali e internazionali propri del settore scientifico-disciplinare di riferimento, con particolare riguardo alla qualità della produttività scientifica individuale nei cinque anni precedenti alla procedura;
- le procedure per l'individuazione dei soggetti meritevoli della chiamata diretta da parte delle università;
- l'individuazione della medesima classe stipendiale da attribuire ai soggetti selezionati;
- la partecipazione alle commissioni per lo svolgimento della procedure di cui al comma 111, di studiosi nazionali e internazionali di alta qualificazione operanti nei settori della ricerca scientifica e tecnologica, nel limiti delle risorse di cui al comma 110;
- il numero dei posti di professore universitario destinati al reclutamento mediante chiamata diretta, egualmente distribuiti tra la prima e Ia seconda fascia, ed i criteri per l'individuazione dei relativi settori scientifico-disciplinati di riferimento: i predetti criteri possono essere informati a obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana; almeno il 50 per cento dei posti di professore universitario, di prima e seconda fascia, destinati al reclutamento mediante chiamata diretta, deve essere attribuito entro un anno dalla data di indizione della relativa procedura selettiva;
- i criteri e le modalità mediante i quali le università italiane procedono alla chiamata diretta dei professori universitari, all'esito delle procedure di cui al comma 111, e l'eventuale concorso delle università agli oneri finanziari derivanti dalla assunzione in servizio del medesimi professori;
- la permanenza in servizio nelle università italiane dei professori chiamati all'esito delle procedure di cui al comma 111.
- 113. Nel caso in cui i professori chiamati ai sensi del comma 112, lettera f), cambino sede universitaria, le risorse finanziarie occorrenti per il relativo trattamento stipendiale sono conseguentemente trasferite.
- 114. Per favorire la mobilità dei professori di prima fascia tra sedi universitarie diverse, è destinata una somma non superiore a 10 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 110.
- 115. La quota parte delle risorse di cui al comma 110 eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai precedenti commi da 110 a 114 confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel fondo per il finanziamento ordinario delle università statali.
- ASSUNZIONE DI RICERCATORI UNIVERSITARI (RTDb) E DI RICERCATORI NEGLI ENTI PUBBLICI DI RICERCA (Commi 133-136)
- 133. AI fine di sostenere l'accesso dei giovani alla ricerca, l'autonomia responsabile delle università e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali è incrementato di 47 milioni di euro per l'anno 2016 e di 50,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, per l'assunzione di ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e per il conseguente eventuale consolidamento nella posizione di professore di seconda fascia;
- il fondo ordinario per il finanziamento degli Enti e istituzioni di ricerca è incrementato di 8 milioni di euro per l'anno 2016 e di 9,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017 per l'assunzione di ricercatori negli enti pubblici di ricerca.
- 134. L'assegnazione alle singole università dei fondi di cui al comma 133 è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenendo conto del risultati della valutazione della qualità della ricerca (V.Q.R.).
- 135. L'assegnazione agli enti pubblici di ricerca dei fondi di cui al comma 133 è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenendo conto dei medesimi criteri di riparto del fondo ordinario per il finanziamento degli Enti e istituzioni di ricerca.
- 136. La quota parte delle risorse di cui al comma 133 eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi precedenti rimane a disposizione, nel medesimo esercizio finanziario, per le altre finalità del fondo per il finanziamento ordinario e del fondo ordinario per il finanziamento degli Enti e istituzioni di ricerca.
- ASSUNZIONE DI RICERCATORI UNIVERSITARI (RTDa) SENZA LIMITAZIONI DA TURNOVER (Comma 137)
- 137. Per il medesimo fine di cui al comma 133 e tenendo conto della situazione di bilancio delle singole università, all'articolo 66, comma 13-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «A decorrere dall'anno 2015» sono sostituite dalle seguenti: «Per l'anno 2015» e dopo il terzo periodo sono inseriti i seguenti: «A decorrere dall'anno 2016, alle sole università che si trovano nella condizione di cui al periodo precedente, è consentito procedere alle assunzioni di ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, senza che a queste siano applicate Ie limitazioni da turn over. Resta fermo quanto disposto dal decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2015, e dal decreto del Presidente del Consiglio del ministri 31 dicembre 2014, con riferimento alle facoltà assunzionali del personale a tempo indeterminato e dei ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240».
- CONTRATTI DI FORMAZIONE SPECIALISTICA DEI MEDICI (Comma 138)
- 138. Al fine di aumentare il numero del contratti di formazione specialistica dei medici di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 424, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è incrementata di 57 milioni di euro per l'anno 2016, di 86 milioni di euro per l'anno 2017, di 126 milioni di euro per l'anno 2018, di 70 milioni di euro per l'anno 2019 e di 90 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020.
- AUMENTO DEL FONDO INTEGRATIVO PER BORSE DI STUDIO (Comma 139)
- 139. Al fine di sostenere l'accesso dei giovani all'università, e in particolare dei giovani provenienti da famiglie meno abbienti, II Fondo Integrativo statale (FIS) per la concessione delle borse di studio iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è incrementato di 5.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2016 (aumenta così da 162 a 167 milioni).
- AGEVOLAZIONI FISCALI PER FAVORIRE IL RITORNO IN ITALIA DI GIOVANI TALENTI (Comma 142)
- 142. Al comma 4 dell'articolo 16 del decreto Iegislativo 14 settembre 2015, n. 147, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "I soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238 (agevolazioni fiscali per favorire il ritorno in Italia di giovani talenti), che si sono trasferiti in Italia fino al 6 ottobre 2015 applicano, per il periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, le disposizioni di cui alla medesima legge nei limiti e alle condizioni ivi indicati; in alternativa possono optare, con le modalità definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate da emanarsi entro il 31 marzo 2016, per il regime agevolativo di cui al presente articolo".
- AUMENTO DELLA QUOTA PREMIALE DELL'FFO (Comma 144)
- 144. Al fine di incrementare la quota premiale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, e successive modificazioni, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 25 milioni di euro per l'anno 2016 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 (questi fondi saranno usati per gli scatti stipendiali dei docenti universitari).
- ASSUNZIONE DI 500 FUNZIONARI SELEZIONATI ANCHE TRA I LAUREATI NELLE CLASSI DI LAUREE IN BENI CULTURALI (Comma 175-177)
- 175. E' autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato presso il Ministero del beni e delle attività culturali e del turismo di 500 funzionari, selezionati anche tra i laureati nelle classi di lauree in beni culturali L 01, da inquadrare, nel rispetto della dotazione organica di cui alla Tabella B allegata al regolamento e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 agosto 2014, n. 171, nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica Fl, nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore e storico dell'arte.
- 176. Il personale di cui al comma 175 è assunto, in deroga all'articolo 1, comma 425, della, legge 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni, dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni, nonché ai limiti di cui all'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'emanazione del relativi bandi resta comunque subordinata, ove necessario per escludere situazioni di eccedenza nell'ambito di ciascuno del profili professionali di cui al comma 175 in relazione alle assunzioni da effettuare, alla rimodulazione della ripartizione per profili della dotazione organica dell'Area III di cui al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 6 agosto 2015.
- 177. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 175 e 176 è autorizzata la spesa nei limiti di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2017. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo comunica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica - e al Ministero dell'economia e delle Finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - le assunzioni effettuate ai sensi del precedenti commi ed i relativi oneri.
I DIECI PAESI CON LE
UNIVERSITÀ "MOST TOP-RANKED"
COMPRENDONO L'ITALIA SECONDO US NEWS
& WORLD REPORT'S GLOBAL RANKING
Le singole università italiane non compaiono ai primi posti dei diversi
ranking, ma se guardiamo il posizionamento del sistema italiano nel suo
complesso (cioè quante università sono
elencate nelle posizioni alte della classifica) si hanno delle notevoli
sorprese (ricordiamoci che nel mondo
esistono oltre 20.000 atenei). L’ennesimo ranking (a cura di US News & World Report e citato in un
articolo del World Economic Forum) considera le prime
750 università al mondo: in tale ranking il sistema italiano è quinto dietro a USA, Cina, Regno Unito
e Germania. (Vedi sotto).
A new ranking from US News &
World Report lists the 750 best global universities, with 181 American
schools making the list. Here are the 10 countries that had the most top ranked
universities on US News & World Report’s global ranking:
1. United States (181 universities) Harvard University
(1° posto); 2. China (57 universities) Peking
University (41°); 3. United Kingdom (55
universities) University of Oxford (4°); 4. Germany (50 universities) University of Gottingen (134°); 5. Italia (38 universities) University of Bologna (142°); 6. France (30 universities) University
of Paris Diderot (109°); 7. Canada (26
universities) McGill University (53°); 7. Australia (26 universities) University of Melbourne (40°); 9. Spain (25 universities) University
of Barcelona (90°); 10. Japan (24
universities) University of Tokyo (31°). (Fonte: P. Jacob,
agenda.weforum.org 07-10-15)
GLI ESITI IMPROPRI DELLE
AMMISIONI GIURISPRUDENZIALI AI CORSI DI MEDICINA
I ricorsi al Tar
contro il test dell'a.a. 2014/2015 per l'ingresso ai corsi a numero programmato
di Medicina hanno portato l'80% in più del numero di studenti previsti dai
decreti ministeriali (9.983): "4 studenti su 10 delle matricole di
Medicina dello scorso anno non hanno superato i test ma sono entrati perché
hanno avuto giustizia in un'aula di tribunale per le irregolarità compiute
durante le prove" (Flavia Amabile, "Palermo, i paria di Medicina. Per
i «ricorsisti» solo prof virtuali" - La Stampa, 12/10/2015).
L'aumento
inaspettato del numero di studenti ammessi ha creato enormi disagi nelle sedi
universitarie: a Palermo si è deciso di fare lezioni in streaming, con i
docenti che si sdoppiano tra lezioni in presenza e videolezioni in altre aule;
a Genova, il presidente della Scuola di Scienze mediche e farmaceutiche ha
reclutato in tutta fretta una decina di docenti a contratto per far recuperare
ai ragazzi entrati a dicembre le lezioni perdute del primo trimestre.
Difficili i
rapporti di convivenza tra studenti ammessi regolarmente e quelli ammessi con
ricorso: alcuni dei primi, in virtù dei cambiamenti alla graduatoria nazionale
conseguenti al ricorso, hanno dovuto abbandonare la propria sede per andare a
studiare in altre università italiane a scapito proprio dei "ricorrenti".
All'opposto, la ghettizzazione di quest'ultimi, visti con estrema diffidenza da
professori e colleghi, ha creato una situazione paradossale di guerra interna
senza esclusione di colpi (piuttosto bassi). Tutti gli studenti, pur
frequentando i corsi e vedendo rispettato il loro "diritto allo
studio", sono preoccupati dal futuro: cosa accadrà quando questa
innumerevole massa di frequentanti comincerà a lavorare nei laboratori, nei
reparti, a svolgere il tirocinio obbligatorio? (Fonte: D. Gentilozzi, rivistauniversitas
09-11-15)
Come ricorda la
CRUI, il test non si può abolire perché è previsto da una legge dello Stato, e
dunque è volontà politica (espressa nel 1999 con la legge istitutrice del
"numero chiuso", L. 264/1999) giustificata dal fatto che "gli
atenei non avrebbero né le risorse, né gli spazi per gestire un migliaio di
studenti in più di quelli ammessi ogni anno". Il diritto all'istruzione
non deve generare corsi di laurea caotici
e inefficienti specie per futuri professionisti responsabili della salute (PSM).
DIRITTO ALLO STUDIO.
IL MINIAUMENTO DEL FINANZIAMENTO NELLA LEGGE DI STABILITÀ, IL CALO DELLE
IMMATRICOLAZIONI AL SUD E LE BORSE DI STUDIO SOLO A TRE QUARTI DEGLI STUDENTI
"IDONEI"
Con il miniaumento del finanziamento al diritto allo studio la Legge di
Stabilità 2016 non si discosta troppo dalle manovre che l’hanno preceduta. Ma
questa volta il fatto che borse di studio e simili facciano solo una
timidissima comparsa nel maxiemendamento approvato da Palazzo Madama (al comma
139 dell'art. 1 solo 5 milioni l'anno in più per il Fondo Integrativo Statale
per le borse di studio - FIS -, portato così da 162 a 167 milioni) rischia di
fare più rumore del solito. Per due ragioni: il sistema sta provando con scarso
successo a digerire le nuove regole dell'Isee, che fanno salire i parametri di
molte famiglie escludendole dal raggio d'azione delle borse di studio. A
inquietare chi si occupa di università è, infatti, un fenomeno che negli ultimi
anni si è gonfiato, e che con il rachitismo del diritto allo studio all'italiana
è strettamente collegato: si tratta del vero e proprio esodo di studenti dagli
atenei del Sud, che hanno registrato un crollo nelle immatricolazioni. I
numeri, tratti dall'anagrafe nazionale con cui il MIUR registra ingressi e vita
di ogni studente universitario, parlano chiaro.
Tra il 2011 e il 2015 l'università italiana ha perso nel suo complesso
il 6,8% di immatricolati, ma se al Nord la situazione è più o meno stabile (-
0,99%) e registra tendenze in qualche caso spiegabili anche con le dinamiche
demografiche, la flessione si concentra quasi integralmente nel Mezzogiorno,
dove ha raggiunto il - 4,5%, con punte del - 40% a Reggio Calabria, del - 31%
alla Parthenope di Napoli e del - 28% a Messina. Tutti i confronti europei
confermano che l'Italia continua ad avere meno laureati rispetto ai Paesi
"pari grado" della Ue, e che il problema si intensifica a Sud in un
circolo vizioso che alimenta i divari strutturali di competitività. La
geografia dei buchi del diritto allo studio (il fenomeno tutto italiano degli
"idonei non beneficiari") -
qui sta il punto - si sovrappone quasi perfettamente a quella dei
"deficit" più intensi nelle serie storiche sulle immatricolazioni.
Con l'eccezione della Basilicata, dove la copertura è totale, le falle sono
enormi e vedono in Sicilia la borsa di studio garantita solo al 32,3% degli
studenti che ne avrebbero diritto, mentre in Calabria si arriva al 42% e in
Sardegna al 56%. Al Nord la copertura più o meno integrale è la regola, ma
anche qui c'è l'eccezione rappresentata dal Piemonte.
Nasce da qui la media nazionale, che vede garantire la borsa di studio
solo a tre quarti degli studenti "idonei" e di fatto trasforma il
"diritto" allo studio in un favore. In pratica il welfare accademico
ha il fiato più corto proprio dove se ne dovrebbe sentire di più il bisogno,
perché i redditi medi delle famiglie sono inferiori e la propensione agli studi
universitari trova sulla propria strada più ostacoli economici e sociali che
altrove. E
per Alberto Campailla, portavoce nazionale di Link, “i 5 milioni di euro
previsti dal maxi-emendamento sono briciole, che confermano ancora una volta
come il diritto allo studio non sia fra le priorità del Governo, al di là dei
proclami”. E la richiesta di Link è quella di “stanziare almeno 200 milioni di
euro sulle borse di studio per coprire tutti gli idonei e garantire l’apertura
dei secondi bandi necessari per risolvere l’emergenza Isee”. (Fonti: G.
Trovati, IlSole24Ore 02-11-15; maxiemendamento alla legge di stabilità
approvato il 20-11-15 dal Senato; R.it 20-11-15)
LA POLITICA
ECONOMICA DI TAGLI ALLE RISORSE PER L'UNIVERSITÀ CONTESTATA DA DIPARTIMENTI,
SENATI ACCADEMICI, CRUI E CUN
In meno di un mese, sono state approvate da dipartimenti, senati
accademici e assemblee di ateneo ben 84 mozioni in 37 diversi atenei che, da
diverse angolazioni, contestano la politica universitaria del governo sul
blocco degli scatti stipendiali, ma anche sul diritto allo studio, le
limitazioni al turn-over (con le ricadute sul precariato), i tagli al fondo di finanziamento
ordinario.
Lo scorso 22 luglio la CRUI aveva avvertito “MIUR e ANVUR che solo a
condizione di recupero delle risorse tagliate sarà possibile garantire la
collaborazione del sistema universitario allo svolgimento del nuovo esercizio VQR
2011-2014″. Il CUN l’11 novembre 2015 ha raccomandato al ministro Giannini “di
sospendere le procedure della VQR, in accordo con le osservazioni che la
Conferenza dei Rettori delle Università Italiane avanza dallo scorso luglio”.
Allo stato attuale, ha rilevato il CUN, le numerose mozioni di protesta di
dipartimenti e senati accademici, nonché le numerose dichiarazioni individuali
di non partecipazione alla valutazione, rischiano di “inficiare la correttezza
dei risultati” della VQR. (Fonte: http://tinyurl.com/nm7szf8 15-11-15)
HUMAN
TECHNOPOLE. ITALY 2040. PROGETTO DI UN
POLO INTERNAZIONALE DI RICERCA E TECNOLOGIA APPLICATA NELL'AREA DELL'EXPO
Un progetto molto ambizioso dovrà realizzare a Milano il centro di
eccellenza mondiale per il miglioramento della vita in tutti i suoi aspetti.
Questo è il piano per il dopo Expo (25 cartelle in inglese dal titolo
provvisorio «Human technopole. Italy 2040»)
presentato a Milano dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il progetto
propone di creare in una parte dell'area dell'Esposizione universale un polo
internazionale di ricerca e tecnologia applicata. Dedicato non solo
all'alimentazione, tema dell'Expo, ma a tutte le competenze che possono
contribuire all'allungamento e al benessere della vita. Si mira quindi
all'interazione fra scoperte e tecnologie mediche, welfare in una società che
invecchia, innovazioni nei materiali sostenibili e nel ciclo dell'acqua e del
rifiuti, fino alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale «come
parte di un'alta qualità della vita per i cittadini di tutte le età. Il polo indirizzerà
la sua attività a precisi obiettivi contenuti nella «Italy 2040 vision»,
costruiti sulla credibilità di un Paese che eccelle proprio per la durata e la
qualità della vita. Dovrà attrarre i migliori talenti mondiali e lavorare in
sinergia con le aziende private, con ricadute positive sui cittadini e
sull'economia. Il polo è pensato per occupare un'area di 70 mila metri quadrati
su un totale di un milione e 100 mila dell'Expo (di cui circa la metà destinata
a verde). A regime, «Human Technopole» impegnerà più di 1.600
scienziati organizzati in sei distretti: genomica; neurogenomica; nutrizione;
modelli matematici e scienza dei dati; bioinformatica; impatto socioeconomico.
Il costo del progetto a regime è stimato in 145 milioni l'anno: il 55-60% per
il personale, il 15-20% per le infrastrutture, il 20-30% per la ricerca e
sviluppo. Secondo Renzi, il piano, che è stato scelto fra diverse alternative,
supera la dimensione localistica e rappresenta la miglior proposta per
raccogliere l'eredità dell'Expo e rilanciarla su scala mondiale con il sostegno
del governo. (Fonte: E. Marro, CorSera 08-11-15)
ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE
ASN. BOZZA DI REGOLAMENTO RIVISTA DA ANVUR E CUN. CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE DI PAOLO BIONDI SU ROARS
La bozza di regolamento ASN/2015, come rivista
dall’ANVUR e dal CUN, è sicuramente migliore del precedente DM 76/2012, ma può essere migliorata ulteriormente:
- nello
stabilire un’abilitazione non solo scientifica, ma anche didattica
(l’Università non può essere solo un Ente di Ricerca con personale di ricerca
abilitato);
- nel
rendere flessibile la procedura delle abilitazioni, non vincolando in alcun
modo le Commissioni, che devono avere come riferimento degli indicatori bibliometrici,
e non valori-soglia, escludibili o meno con delibere motivate e all’unanimità;
più saggio eliminare i valori-soglia a favore solo di valori-di-riferimento per
la valutazione dei candidati che vanno giudicati per la piena maturità
scientifica, non attestata o escludibile per qualsiasi valore-soglia scelto;
- in un
saggio uso degli indicatori bibliometrici, dopo la sperimentazione della
ASN/2012, considerate le limitazioni delle banche dati, degli indicatori
bibliometrici e dei problemi non risolti: come il problema della paternità in
pubblicazioni a più nomi;
- in un
saggio uso degli indicatori bibliometrici come acclarato in letteratura: gli
indicatori bibliometrici delle Riviste non possono essere in alcun modo
utilizzati per le pubblicazioni, la qualità di un contenitore è diversa dalla
qualità del contenuto;
- in
una procedura efficace per valutare l’apporto individuale del candidato nei
lavori in collaborazione, anche mediante la richiesta di una autocertificazione
per tutti gli autori coinvolti;
- in
una saggezza di fondo del Regolamento che può indirizzare, per il futuro, verso
comportamenti virtuosi o sbagliati, i giovani e meno giovani che aspirano a
crescere nei ruoli dell’Università. (Fonte: P. Biondi, Roars 05-11-15)
ASN. LA PROSSIMA TRA
UN ANNO?
Le abilitazioni scientifiche nazionali (ASN) sono di fatto bloccate da 2
anni e s'immagina che ancora qualche mese passerà prima che il regolamento e i
decreti attuativi vengano emanati. A questo già si aggiungono 90 giorni per
definire i parametri (a cui l’ANVUR potrebbe iniziare già a lavorare), un mese
almeno per il bando commissari, più altri 60 giorni per valutarli = almeno
altri 6 mesi! Poi sorteggi, decreti di nomina, insediamenti… se tutto va bene
passa un altro anno. (Fonte: Plymouthian, commento ad articolo di Roars 01-11-15)
ASN. TAR ANNULLA VALUTAZIONE NEGATIVA DI UN CANDIDATO
PER DIFETTO DI VALUTAZIONE ANALITICA DELLE SUE PUBBLICAZIONI
Nel caso deciso dal
Tar Lazio, con sentenza 8-10-2015, n. 11533, la controversia ha avuto ad
oggetto l’impugnazione della valutazione negativa in relazione al conseguimento
dell'abilitazione alle funzioni di professore universitario di I e II fascia.
In fatto, era accaduto che il ricorrente, pur avendo superato tre mediane su
tre dei prescritti indicatori bibliometrici, era risultato non abilitato, in
quanto solo due commissari su cinque avevano espresso giudizio favorevole per
l’abilitazione in II fascia, mentre nessuno dei commissari si è espresso
favorevolmente per l’abilitazione in I fascia. Il Tar, che già aveva accolto
l’istanza cautelare, ha dato ragione al ricorrente, annullando il provvedimento
impugnato. Al riguardo, il giudice ha precisato che, nel caso esaminato, vi è
stata violazione della norma che prescrive una valutazione “analitica” delle
pubblicazioni scientifiche e dei titoli presentati, stante che i giudizi della
Commissione si sono limitati a formulare la valutazione finale per ciascuna
categoria di elementi presi in considerazione, senza individuare singolarmente
alcuno di essi. Anche se tale prescritta analiticità deve tener conto
dell’elevato numero dei partecipanti alla procedura e, inoltre, del numero di
pubblicazioni e titoli che ogni Commissione deve valutare per ciascuno di essi,
è comunque necessario che ciascuno dei candidati possa avere sicura contezza
dell’avvenuta valutazione delle sue opere e della ragione per cui esse non sono
state ritenute degne di giudizio positivo. Tanto più ciò sarebbe dovuto
avvenire nel caso di specie, in cui vi era stato il superamento di tutte le
mediane, atteso che, di fronte a indicatori particolarmente favorevoli al
candidato, la legittimità del giudizio deve fondarsi su una motivazione
particolarmente attenta e rigorosa, che invece è mancata, risultando,
viceversa, contraddittoria, rispetto appunto al constatato superamento delle
tre mediane. (Fonte: R. Tomei, ilfoglietto.it 12-11-15)
ASN. ABOLIZIONE E
RITORNO AI CONCORSI
La morale è sempre la stessa, ovverosia che l’unica categoria di persone
che ci ha guadagnato da questo sistema astruso è quella degli avvocati
amministrativisti. Un sistema a doppio passaggio, in una situazione tanto
compromessa per cui “ogni concorso è un ricorso”, mi pare “criminogeno”. La mia tesi rimane quella dell’abolizione.
Altro che abilitazione scientifica nazionale (ASN) e cooptazione locale, qui ci
vogliono i CONCORSI, con poche semplici regole per renderli imparziali (non ci
vuole niente, basta la volontà politica). (Fonte: V. Plantamura, Commento ad articolo di Roars 01-11-15)
CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI
34 UNIVERSITÀ ITALIANE NELLE PRIME 600 MONDIALI
Il Times Higher
Education (THE) Magazine pubblica l'aggiornamento della classifica degli atenei
migliori al mondo per il 2016: ancora una volta le università statunitensi e
britanniche si aggiudicano le prime posizioni. Tuttavia c'è posto anche per le
italiane e ne troviamo ben 34 nelle prime 600 mondiali, 18 nelle prime 400 e 3
nelle prime 200 (v. Tabella). Le pisane fanno un figurone: la Normale e la
Sant'Anna si trovano in prima e seconda posizione se guardiamo ai migliori
atenei per l'area italiana. Milano non se la cava male, piazzando ben 3
università nella top ten. Pochi gli atenei del Sud: solo la Federico II porta
in alto la bandiera del Mezzogiorno con un ottimo 9° posto nelle prime 10 per lo
stivale.
Ma come vengono
classificati gli atenei? Per il 30% dalla qualità dell'insegnamento, per il
7,5% dalla prospettiva internazionale, per un buon 30% dal livello della
ricerca, per il 30% dalle citazioni e per il 2,5% da quanto le aziende investono
sui progetti delle università. (Fonte: skuola.net 30-10-15)
SETTE UNIVERSITÀ
ITALIANE TRA LE MIGLIORI 200 UNIVERSITÀ DEL MONDO IN DISCIPLINE UMANISTICHE
Pur non riuscendo a spodestare i grandi “brand” accademici dalla vetta
della classifica di QS WUR, l’Italia
in campo umanistico si difende, soprattutto grazie all’università di Bologna e
alla Sapienza di Roma, che insieme ad altre 5 università nostrane entrano tra
le prime 200 università del mondo in questo ambito.
L’Alma Mater fa la parte del leone, piazzandosi al 42° posto nelle
lingue moderne e al 48° in storia (oltre che tra il 100° e il 150° posto in
ambito geografico), mentre la Sapienza insegue, piazzandosi tra il 51° e il
100° posto in lingue e storia, entro le prime 200 in geografia. In ambito
filosofico, in Italia a primeggiare è l’università di Padova (fra le prime 150
al mondo), che si distingue anche in linguistica, piazzandosi tra il 51° e il
100° posto, e in lingue moderne tra le prime 150 a pari merito con Pisa. Sempre
in Toscana, anche l’ateneo di Firenze guadagna un posto in classifica, tra le
prime 150 università del mondo in geografia e tra le prime 200 in lingue
moderne, mentre l’ateneo di Siena fa capolino nel ranking di storia, tra il 101°
e il 150° posto. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, infine, eccelle in
filosofia piazzandosi tra le prime 200 al mondo. (Fonte: universita.it
04-11-15)
DOCENTI
LEGGE DI STABILITÀ
2016 E TRATTAMENTO ECONOMICO DEI
PROFESSORI E RICERCATORI UNIVERSITARI
Si apprende dal testo del D.D.L. Stabilità 2016 che a
decorrere dal 1° gennaio del prossimo anno terminerà il blocco stipendiale e
della progressione economica per classi e scatti disposto nei confronti del
personale docente del settore universitario. Ciò consentirà dal prossimo anno
l’adeguamento dei trattamenti economici dovuto ai professori e ai ricercatori
universitari secondo il sistema retributivo previsto dall’ordinamento vigente.
Tuttavia le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 21 all’art.9 del
D.L. 78/2010 e successive modificazioni ed integrazioni prevedono che “per le
categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di
progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono
utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti
dai rispettivi ordinamenti”. Detta disposizione è stata prorogata dalle Leggi
di Stabilità successive all’emanazione del DL n.78/2010 a tutto il 31.12.2015
con la conseguenza che ben 5 anni di anzianità del personale in argomento non
saranno considerati utili ai fini della rideterminazione dei trattamenti
economici del personale docente universitario a far data dal 01.01.2016 con
effetti di trascinamento nel tempo e con ripercussioni anche in termini di
trattamento di quiescenza e di fine servizio. Di conseguenza professori e
ricercatori universitari, e le organizzazioni sindacali che li rappresentano, ritengono
che lo sbocco retributivo conseguente alla mancata proroga per l’anno 2016
delle disposizioni di cui all’art. 9, comma 21, del D.L. n.78/2010, debba
essere doverosamente accompagnato da un intervento atto a considerare gli anni
dal 2011 al 2015 utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di
stipendio previsti dall’ordinamento universitario seppur con decorrenza dal
01.01.2016. (Redazione Informazioni Universitarie 18-11-15)
AI DOCENTI UNIVERSITARI IN ASPETTATIVA PRESSO LA PA SPETTA IL TFR E NON
LA BUONUSCITA
Ai docenti universitari in aspettativa per un
periodo determinato presso una pubblica amministrazione spetta il Tfr e non
l’indennità di buonuscita. L’Inps interviene così a chiarire la posizione
previdenziale, in tema di trattamenti di fine servizio, dei docenti
universitari collocati in aspettativa a domanda per lo svolgimento di incarichi
oggetto di contratto a tempo determinato con pubbliche amministrazioni:
l’assunzione di incarico di direzione di istituti e laboratori
extrauniversitari di ricerca, le elezioni a cariche pubbliche elettive in
ambito nazionale ed europeo, la nomina a cariche di organi istituzionali
italiani e alle Nazioni Unite, la nomina a direttore, condirettore e vice
direttore di un giornale quotidiano, la nomina a incarichi dirigenziali presso
pubbliche amministrazioni. (Fonte: lamiaprevidenza.it 04-11-15)
CASSAZIONE, SENTENZA
N. 21949/2015. SIA PROF CHE AVVOCATO SOLTANTO SE SI
INSEGNANO “MATERIE GIURIDICHE"
Sia professore che avvocato, quando è possibile? Dopo la riforma
dell’ordinamento forense, soltanto se si insegnano materie giuridiche. Ex art.
19 (legge n. 247/2012), infatti, l’unica “eccezione” prevista, in deroga alle
norme sull’incompatibilità, è quella per gli insegnanti o i ricercatori
universitari, delle scuole secondarie pubbliche o private parificate, e delle
istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici, e soltanto se insegnano “materie giuridiche”. (Fonte:
M. Crisafi, studiocataldi.it 01-11-15)
L'ETÀ DEI DOCENTI IN ITALIA E ALL'ESTERO
Dalla Banca dati dei
docenti di ruolo 2014 del MIUR si ricava che su 13.263 professori ordinari, i
titolari di cattedra in atenei statali con meno di 40 anni sono solo sei.
L’innalzamento dell’età media, in Italia, prosegue da 25 anni. Dal 1988 al 2013
l’età è aumentata di sei anni, raggiungendo quasi i 52 anni: per gli ordinari
la media è di 59 anni, 53 per gli associati, 46 per i ricercatori, secondo
l’ultimo Rapporto ANVUR sullo stato del sistema universitario e della ricerca.
All’estero il quadro è diverso: se il Paese con i docenti più giovani è Cipro,
con una percentuale di professori con meno di 40 anni del 50,7 per cento, anche
la Germania ha quasi la metà dei suoi docenti al di sotto di quella soglia
(49,2 per cento). Puntano sui giovani l’Olanda (43,4 per cento), il Belgio
(30,2), il Portogallo (35,1), il Regno Unito (29,5). Nel confronto tra under 40
si collocano meglio di noi, secondo l’Annuario Scienza Tecnologia e Società
2014 (il Mulino), praticamente tutti: l’Austria e la Finlandia (28 per cento),
la Spagna (27,4), la Francia (25,9). (Fonte: S. Minardi, L'Espresso 26-10-15)
DOTTORATO
IL MERCATO DEL
LAVORO NAZIONALE NON RIESCE A VALORIZZARE APPIENO IL PERCORSO FORMATIVO E IL
POTENZIALE PROFESSIONALE DEI DOTTORI DI RICERCA Tale problema
emerge sia con riferimento allo storico e tuttora principale sbocco
professionale dei dottori di ricerca, ossia l’insegnamento e la ricerca in
ambito accademico, sia in riferimento alle loro performance occupazionali
all’interno del tessuto produttivo nazionale, dove il titolo di dottorato
fatica tuttora ad essere apprezzato. Alla base di questa mancata valorizzazione
delle risorse umane più qualificate prodotte dal nostro sistema formativo ci
sono alcuni tratti che caratterizzano il nostro Paese, rilevati in più
occasioni dalle Indagini AlmaLaurea: tra questi, una forte prevalenza di
piccole e micro imprese a gestione familiare, specializzate in settori a medio
basso contenuto tecnologico, e il forte ritardo nei tassi di scolarizzazione
della popolazione adulta, che si riscontra anche tra i manager. Tratti ai quali
si associa una ridotta propensione delle imprese ad investire sia in capitale
umano sia in R&S: nel 2012, in Italia, le risorse destinate a quest’ultima
erano pari all’1,25% del prodotto interno lordo nazionale, contro il 3,80%
della Finlandia e il 2,89% della Germania. (Fonte: almalaurea.it 06-10-15)
DOTTORANDI SENZA BORSA. OLTRE 2000 PER OGNI
CICLO
Comprendiamo il
legittimo orgoglio con cui il Ministro Giannini rivendica l’aumento del numero
dei contratti di formazione specialistica dei medici, grazie a un incremento di
429 milioni di euro, dal 2016 al 2020, delle risorse destinate (art. 1, co. 22, co. 5). Riteniamo tuttavia che tale
orgoglio sarebbe potuto essere più pieno e giustificato se si fosse
contestualmente risolto anche l'annoso problema del dottorato senza borsa, più
volte portato all'attenzione del MIUR dall'ADI nel corso degli ultimi anni.
Attualmente, infatti, oltre 2.000 colleghi per ogni ciclo non percepiscono
alcun sostegno economico per il loro percorso e sono anzi costretti a pagare
tasse che possono arrivare fino a 2.000 euro l'anno, sperimentando una
condizione di precarietà che non solo intacca le condizioni di vita e di
ricerca dei singoli ma che compromette il processo di produzione del sapere da
parte degli atenei in cui operano. A ciò va aggiunto che il numero delle borse
di dottorato bandite annualmente è calato del 15% dal 2008 a oggi mentre
l’Italia ristagna al 26° posto su 28 Paesi europei per numero di dottorandi
ogni 1.000 abitanti. (Fonte: Notizie ADI 17-10-15)
I DOTTORI DI RICERCA
SCELGONO IN MAGGIORANZA DI LAVORARE ALL'ESTERO
Il 74% dei dottori di ricerca, fin dal conseguimento del
titolo, dichiara di ritenere di avere maggiori opportunità professionali
all’estero, percentuale che sale all’81% tra i dottori dell’area delle scienze
di base, al 78% tra gli ingegneri e al 76% tra i colleghi delle scienze della
vita; sotto la media si posizionano i dottori degli indirizzi delle scienze
umane (73%) e delle scienze economico, giuridico e sociali (58%). I dottori di
ricerca scelgono l’estero per le seguenti tre motivazioni principali:
1) hanno guadagni più elevati dei loro colleghi che sono
rimasti in Italia: 1.420 euro netti mensili contro i 2.124 percepiti da chi
emigra oltreconfine. Certo su questo interviene anche il diverso costo della
vita, ma la differenza appare comunque elevata; 2) utilizzano in maggior misura
le competenze acquisite durante gli anni di studio: il 72% dei dottori
trasferitisi all’estero ritiene che il titolo sia efficace per il lavoro
svolto, contro il 55% dei colleghi occupati in Italia; 3) hanno maggiori
possibilità di svolgere attività di ricerca: il
52%, contro il 21% che resta entro i confini nazionali, lavora come
ricercatore, o docente universitario. (Fonte: G. Chicarella, Indagine
almalaurea 2015 sui dottori di ricerca)
E-LEARNING
UNIVERSITÀ ONLINE. OLTRE 40 MILA ISCRITTI
Stanno prendendo
sempre più piede le università online. In Italia l'ateneo virtuale, arrivato da
una decina di anni, ha conosciuto un vero e proprio boom: da circa 1.500
iscritti iniziali si è giunti a oltre 40 mila. Gli iscritti sono per lo più
uomini (due su tre) tra gli over 30 (29%) e gli over 40 (37%). La maggior parte
ha già un lavoro. Quasi l'80% cerca la laurea nell'area sociale: per esempio in
comunicazione, diritto, economia, gestione aziendale e scienze politiche. Un
altro 10% quella umanistica e scientifica, mentre è nulla la «frequenza» nel
campo sanitario. Le lezioni sono solo su internet. L'apprendimento si basa
interamente sull'e-learning, studio per via telematica. Le lezioni, la cui
frequenza è obbligatoria per poter sostenere l'esame, si svolgono quasi tutte
on line: in video-conferenza riascoltabile quando si vuole, anche più volte.
(Fonte: I. a., Gazzetta del Mezzogiorno 15-11-15)
FINANZIAMENTI
FONDO DI
FINANZIAMENTO ORDINARIO ANNUALE. RIDOTTO DI UN MILIARDO RISPETTO AGLI ANNI
2008-2009
A maggio veniva promulgato il DM che stabiliva il Fondo di finanziamento
ordinario annuale (Ffo) delle Università italiane, decurtato rispetto a quello
dell’anno precedente di circa 150 milioni di euro (2%) e di un miliardo (14%)
rispetto a quello del 2009, secondo uno studio recentemente presentato da
Sapienza Università di Roma: in pratica l’intero sistema universitario pubblico
nazionale costava allo Stato oltre 7 miliardi e 400 milioni di euro l’anno
negli anni 2008-2009 e 6 miliardi e 400 milioni nel corrente 2015, con un
premio netto “per il merito” di meno un miliardo. Nella costante diminuzione
del Fondo di finanziamento ordinario, già esiguo rispetto agli analoghi
stanziamenti dei nostri vicini europei, osservata nel corso degli ultimi dieci
anni, spiccano alcune coincidenze significative. Nel decennio 2005-2015, il Ffo
annuale tocca il suo massimo negli anni 2008 e 2009 (secondo governo Prodi); la
Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) 2004-2010 viene affidata dal MIUR
all’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR)
nel novembre 2011 quando il Ffo è già calato di mezzo miliardo (governo
Berlusconi; ministro Gelmini al MIUR); il calo e la valutazione continuano di
pari passo, tanto che quando a luglio scorso l’ANVUR approva il bando per la VQR
2011-2014 il Ffo ha perduto rispetto al 2011 un altro mezzo miliardo di euro,
ovvero un bel miliardo tondo tondo rispetto agli anni 2008-2009. Ciò
considerato, la c.d. quota premiale del Ffo su valutazione dell'ANVUR non
sarebbe un “premio” ma una punizione generalizzata e la valutazione del merito
stabilisce chi sarà punito di più e chi sarà punito di meno (Fonte: F.
Bellelli, FQ 06-11-15)
LA POLITICA DEI
TAGLI
Stiamo continuando con una politica dei tagli e “dell’affamare la bestia
senza se senza ma”. Stiamo mortificando la professionalità del personale
universitario che è stanco di essere considerato solo un insieme di baroni
corrotti e nullafacenti. E tutto ciò accade sulla base di valutazioni
superficiali e spesso distorte e fuorvianti. In questo modo la “bestia” non
guarisce, muore. È questo ciò che serve al nostro Paese? È così che si promuove
lo sviluppo culturale e sociale delle nostre comunità? È così che saniamo le
situazioni di malaffare e monopolio? È così che si offrono opportunità serie ai
nostri giovani e si riconoscono i tanti cervelli che grazie a Dio lavorano nel
nostro paese e che hanno deciso di non andare in fuga? L’università italiana e
i tantissimi docenti e ricercatori di valore che in essa operano vogliono
contribuire con competenza, passione e generosità allo sviluppo della cultura,
della scienza e, in ultima analisi, del benessere economico e sociale del
nostro Paese. E non hanno paura né di
sacrifici né di rendere conto del loro operato. Siamo noi per primi a
chiedere analisi rigorose e valutazioni che non facciano sconti ad alcuno. Vi è
tuttavia un bisogno ineludibile di una classe dirigente consapevole e convinta che
le università sono uno degli snodi essenziali per costruire, sul serio e non a
chiacchiere, un futuro migliore per noi e per le prossime generazioni. (Fonte:
A. Fuggetta, Medium Italia 27.10.2015)
RIDUZIONE DELLE
DOTAZIONI FINANZIARIE DEL MIUR NELLA LEGGE DI STABILITÀ. UN TAGLIO DI 660
MILIONI IN TRE ANNI
Il testo della legge di stabilità 2016 entrato al Senato lo scorso 25
ottobre nasconde un'amara sorpresa: all'art. 33 (riduzioni delle spese e
interventi correttivi dei Ministeri e delle società pubbliche), comma 1, si legge
infatti: "a decorrere dall'anno 2016, le dotazioni di bilancio in termini
di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli
stati di previsione dei Ministeri sono ridotte degli importi indicati nell'elenco
n. 2, allegato alla presente legge". Ma se guardiamo l'elenco 2, nella
tabella che riepiloga i sacrifici che toccano ai vari ministeri, la "medaglia d'oro dei tagli"
spetta al MIUR: -220 milioni nel 2016, -240 nel 2017, -200 nel 2018. Un taglio di 660 milioni
in tre anni. Su cosa?
Come già accennato dal Sole24Ore, atenei e centri di ricerca saranno chiamati a
risparmiare rispettivamente 20 e 14 milioni di euro l'anno (per tre anni), cui
vanno aggiunti 28 milioni di spese di funzionamento del ministero (art. 28). Ma
questa è solo la punta dell'iceberg: sono i soldi che, secondo la legge,
dovranno essere risparmiati centralizzando gli acquisiti. La maggior parte del
taglio invece è ancora da determinare, e sarà il MIUR a decidere dove puntare
le forbici. (Fonte: M. Viola, uninews24.it 06-11-15)
RACCOMANDAZIONE DEL CUN SUL DISEGNO DI LEGGE
STABILITÀ 2016
Il Consiglio
Universitario Nazionale ha discusso e approvato nella riunione del 20-21
ottobre una raccomandazione sul DDL di Stabilità 2016. Il CUN rileva che la
previsione dell’assunzione di 1000 ricercatori a tempo determinato di tipologia
b (tenure track) è insufficiente rispetto alle aspettative e alle necessità,
visto il forte impoverimento di
ricercatori e docenti degli ultimi anni. Il CUN ritiene che la prevista
chiamata dei 500 Professori, prevista nel DDL, debba avvenire senza
l’introduzione di nuove regole rispetto alle normali procedure di reclutamento.
È necessario, altresì, aumentare le risorse per le borse di studio che sono
insufficienti rispetto alla necessità di garantire il diritto allo studio degli
studenti. Il CUN reputa necessario che debba essere eliminato il blocco degli
scatti per il personale docente e garantito il rinnovo contrattuale per il
personale Tecnico Amministrativo e Bibliotecario. (26-10-15)
FONDI DELL'EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC)
Analizzando i dati
Erc emerge che i ricercatori italiani sono particolarmente brillanti nel
vincere i fondi europei. Le università di Gran Bretagna, Germania, Francia e
Svizzera hanno ottenuto dal 2007 a oggi 3.031 dei 5.449 grant assegnati, cioè
il 57%. Di questi, si stima che 125 (circa il 4%, per un valore stimato in
190-250 milioni di euro) siano stati vinti da persone formate in gran parte in
Italia. In Svizzera la “quota italiana” arriva al 7%. D’altra parte i grant
ottenuti da ricercatori stranieri presso istituzioni italiane sono solo 25. La
situazione di deficit è evidente. Ad aggravare le cose è il fenomeno non
infrequente dei ricercatori che, dopo aver vinto un grant in un’università italiana,
cedono al corteggiamento di istituzioni straniere trasferendovi progetto e
relativi finanziamenti. La situazione è confermata dai dati 2014 del Erc
Starting Grant. Gli italiani ottengono un ottimo risultato con 28 vittorie,
terzi dopo tedeschi e francesi. Tuttavia solo un terzo tra questi svolgerà la
propria ricerca in Italia. Gli altri lo faranno all’estero. Nello stesso anno
un solo straniero vince un grant per un’istituzione italiana. All’estremo
opposto l’esempio è il Regno Unito, capace di attrarre cervelli stranieri con i
relativi finanziamenti. A fronte di solo 13 ricercatori di nazionalità
britannica premiati, i grant legati a istituzioni del Regno Unito sono ben 55.
Questi dati spostano in parte le responsabilità della fuga di cervelli. Le risorse
sono scarse ma parte del problema è utilizzarle con efficacia. (Fonte: M.
Magnani, IlSole24Ore Commenti e Inchieste 19-11-15)
Due commenti in
coda all'articolo di Magnani: 1. faccio presente che un "esterno" che
vince un progetto ERC scegliendo come host institution Università italiane, ha
diritto secondo la legge (art.1 comma 9 della L.230/2005 e successive
integrazioni) ad essere assunto per chiamata diretta come Professore Associato
(Michele 25), 2. Certo, ha diritto ad essere assunto se chiamato, ma quante
università chiamano? (LisaInCa)
LAUREE. DIPLOMI. FORMAZIONE POST LAUREA. OCCUPAZIONE
ACCADEMIE DI BELLE ARTI E CONSERVATORI DI
MUSICA. MINACCIA DI DECLASSAMENTO
Le vere cenerentole
dell'alta formazione continuano ad essere sempre di più le Accademie di Belle
Arti e i Conservatori di Musica, considerati invece all'estero delle vere e
proprie eccellenze italiane. Da sedici anni, dopo l'approvazione della legge
508 del 1999, che teoricamente prevedeva la messa a regime in senso
universitario del sistema dell'Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), le
Accademie di Belle Arti e i Conservatori paradossalmente sono bloccati
dall'inefficienza burocratica e dal disinteresse politico. Anche oggi, infatti,
di universitario non c'è ancora nulla, se non l'impegno dei docenti, in quelle
Accademie che hanno artisti che tutto il mondo ci ha invidiato. Il ministro
Giannini non sembra intenzionata a voler consentire la messa a ordinamento dei
corsi di diploma accademici di secondo livello (le lauree magistrali), tenuti
dalle Accademie a titolo sperimentale fin dal 2003. Ma si sta profilando una
minaccia ben peggiore che ha il sapore di una beffa: il 17 settembre scorso è
stato pubblicato un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo
alla mobilità intercompartimentale dei dipendenti della pubblica
amministrazione in cui i docenti delle Accademie sono collocati nell'area III
F1, equiparati cioè ai professori di scuola media e liceo, al pari inoltre del
livello più basso dei funzionari delle Sovrintendenze e degli impiegati del
Provveditorato. E la questione non finisce qui. Nell'ambito dei decreti
attuativi della riforma Madia in corso di definizione, giunge la notizia di un
imminente e definitivo inserimento del personale docente delle Accademie nel
comparto di contrattazione sindacale della Scuola. Chissà che scalpore susciterebbe una simile
retrocessione se fosse inflitta, in Gran Bretagna e in Francia, alla Royal
Academy of Arts di Londra e all'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di
Parigi. (Fonte: G. Simongini, Il Tempo 26-10-15)
I CORSI DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE
«Ora i corsi di
laurea in Scienze della comunicazione facciamo anche difficoltà a contarli —
ammette Giovanna Cosenza, coordinatrice di corso di laurea a Bologna —.
Dovrebbero essere tra i 120 e i 130». Già, dovrebbero: perché hanno nomi
diversi e trattano un po' di tutto. Si è sviluppato così il pregiudizio che
Scienze della comunicazione sforni soprattutto disoccupati. «Iscriversi è un
tragico errore che paghereste per tutta la vita» arrivò a dire Bruno Vespa nel
salotto di Porta a Porta. Ma è veramente così?
«La prima grande
distinzione — sostiene Mario Morcellini, docente della Sapienza e autore del
libro "II progetto comunicazione alla sfida del mercato" — va fatta
tra grandi Università e piccole. Comunicazione regge con risultati sorprendenti
a Roma, Milano, Bologna, Torino, Napoli dove c'è una massa critica di docenti
specializzati. Si è invece indebolita nei centri minori per colpa di molte
piccole università, moltissime delle quali meridionali, che hanno visto in
Comunicazione la soluzione all'emorragia di iscritti. Hanno preso i corsi di
umanistica e gli hanno cambiato il nome solo per attrarre i ragazzi». Magari
senza nemmeno affiancare agli studi umanistici quel tanto di informatica che
serve per maneggiare la comunicazione digitale. Acqua passata, secondo
Morcellini: «La razionalizzazione è già cominciata. È un fenomeno di cui si
accorgono anche gli studenti: dopo le triennali si assiste a un esodo per fare
la magistrale nei grandi atenei». (Fonte: L. Barbieri, Corriere Innovazione
10-2015)
MEDICINA E FARMACIA DELL'ATENEO ROMENO «DUNAREA
DEJOS» A ENNA
«Abbiamo già scritto
una lettera alle autorità prefettizie locali, seguendo le procedure che si
devono seguire in questi casi», ha dichiarato il ministro dell'Istruzione,
Stefania Giannini, riferendosi all'apertura a Enna della facoltà di Medicina e
Farmacia dell'ateneo romeno «Dunarea dejos» coadiuvato dalla Fondazione
Proserpina amministrata dall'ex parlamentare Vladimiro Crisafulli. Alla
richiesta del MIUR indirizzata al prefetto Fernando Guida, al procuratore
Calogero Ferrotti, all'Anac e all'Avvocatura dello Stato di Caltanissetta
chiedendo di intervenire affinché i corsi siano bloccati, il prefetto Guida
avrebbe già chiarito «che la cosiddetta Fondazione Proserpina in realtà non è
una fondazione». Infatti, non ha mai provveduto a richiedere, ai fini del
riconoscimento l'iscrizione nell'apposito registro che è istituito presso la
Prefettura. Sembra che il 6 ottobre scorso l'associazione «Fondazione
Proserpina» sia stata trasformata in una S.r.l. La Guardia di Finanza di Enna,
titolare dell’indagine, su mandato del procuratore della Repubblica ha posto
sotto sequestro i locali dell’Umberto I dove si stavano svolgendo i corsi di
lingua rumena propedeutici ai test d’ingresso alle lezioni. Per ultimo si è aggiunta l’Asp, il cui direttore
generale, dopo aver chiesto un parere a Palermo, ha ritenuto opportuno
sfrattare l’università dai locali dell’ospedale, dove attualmente si stanno
svolgendo le lezioni. Ha ribadito Crisafulli: «Se il problema è quello
delle stanze ne troveremo subito delle altre". In proposito, G. A. Stella,
in un articolo sul Corriere intitolato
'La saga siciliana dell'ateneo romeno', conclude: "La situazione a questo punto, nella sua miserabile pochezza, sta
diventando la tragica dimostrazione dell'impotenza dello Stato davanti ai
cacicchi locall protetti dall'infemale casino di competenze e
dall'inestricabile groviglio di leggi che, in mano a legulei assai divertiti
nel ruolo di azzeccagarbugli, possono portare qualunque decisione statale (sono
già tre le diffide ignorate) a impantanarsi in una melma di corsi e ricorsi".
(Fonte: Palermo e Provincia 29-10-15; startnews.it 15-11-15; G. A. Stella,
CorSera 18-11-15)
BORSE DI STUDIO NON PAGATE AI GIOVANI MEDICI
SPECIALIZZANDI
Nei conti di Stato
c'è un buco sul quale Palazzo Chigi ha già detto che non può far niente. Sono
le borse di studio non pagate ai 159.000 giovani medici italiani durante la scuola
di specializzazione, dal 1978 al 2006. Sono ventotto anni di vuoto (tredici di
vuoto completo, altri quindici di vuoto a metà) in cui gli specializzandi hanno
prima lavorato gratis e poi, le ultime quindici stagioni, con una borsa di
studio priva di contributi previdenziali. Non bastò, allora, una direttiva
dell'Unione europea per raddrizzare in tempo la barca Medicina e oggi le
sentenze dei tribunali civili per i primi quarantamila medici hanno sottratto
allo Stato e ridato agli ex giovani clinici 470 milioni di euro. In Parlamento giacciono tre disegni di legge
che, attraverso una transizione, farebbero risparmiare allo Stato due miliardi
e ai medici tempo. Ma non ci sono soldi per la transazione, e Palazzo Chigi
continua a pagare a sentenza. (Fonte: La Repubblica 30-10-15)
NECESSARI PIÙ PERCORSI
TERZIARI DI ISTRUZIONE TECNICA SUPERIORE
Una grande anomalia italiana rispetto all'Europa riguarda la
mancanza di un'offerta di percorsi terziari di istruzione tecnica superiore
breve (2-3 armi) che sarebbero necessari per colmare II vuoto di offerta, che
in Italia sussiste da sempre, tra la scuola e l'università. Infatti nella
popolazione di età 30-34 anni, i laureati (3-5 anni) in Italia sono solo il 21%
contro una media Ue del 30%, cui si aggiunge un ulteriore 9% di studenti con
diplomi o lauree in corsi professionalizzanti di 2 o 3 anni, offerta che da noi
non esiste. Il lodevole avvio nel 2008 degli Its (Istituti tecnici superiori),
corsi biennali post scolastici professionalizzanti che rilasciano iI titolo di
«tecnico superiore», è stato pesantemente frenato nel suo sviluppo soprattutto
per carenza di risorse statali e regionali (solo 17 milioni l'anno) talché oggi
in 70 Its esistenti risultano iscritti solo 4000 studenti, un numero del tutto
irrisorio. E la nostra università? In tutta l'Europa esiste un'offerta distinta
dall'università tradizionale (3- 5 anni) di "Istituti universitari di
tecnologia" e/o di "scienze applicate" con corsi di 2 - 3 anni
che attraggono complessivamente centinaia di migliaia di studenti. Allora è
necessario non solo destinare maggiori risorse allo sviluppo degli Its, ma
anche istituire dentro gli atenei nuovi Iup (Istituti universitari
professionalizzanti) di 2 o 3 anni, con propria autonomia finanziaria e di
governance, che prevedano tirocini esterni e gran parte di docenti provenienti
dal mondo del lavoro e delle professioni. (Fonte: A. Oliva, IlSole24Ore
18-11-15)
RECLUTAMENTO
IL PROGRAMMA DI 500 NUOVE
CATTEDRE NELLA LEGGE DI STABILITÀ
Il programma di reclutamento proposto dalla legge di stabilità 2016 (art.
1, commi 110-115, del maxiemendamento; ex art. 15) dovrebbe avere natura
permanente, cioè ogni anno dovrebbero essere messe a concorso 25 cattedre universitarie
per studiosi (italiani o stranieri) che desiderano lavorare in Italia.
Ovviamente, si potrebbe iniziare con un contingente maggiore, o espandere il
numero di cattedre a regime. Spendere “tutto e subito” è sbagliato, sia perché
gestire concorsi molto affollati è difficile, sia perché avremo un contingente
di cinquecento docenti che invecchierà gradualmente fino alla pensione, senza
dare ad altri analoghe possibilità in futuro. Fra dieci o quindici anni
rappresenterà una categoria (gli “ex articolo 15”) in via di estinzione, come
le tante che si sono succedute nei nostri atenei.
Bisogna evitare che tutto si risolva nella promozione di persone che già
lavorano in Italia. L' art. 1, commi 110-115 (ex art. 15), della legge di
stabilità 2016 prevede che il concorso sia aperto non solo a chi lavora
all’estero, ma anche a chi già si trova in Italia nei ruoli di associato (per i
concorsi di ordinario) o di ricercatore (per i concorsi di associato).
L’esperienza passata suggerisce che la gran parte dei posti sarà coperta da
docenti già inquadrati nei ruoli delle università italiane. Più saggio sarebbe
rimettere rapidamente in moto le abilitazioni nazionali e i meccanismi ordinari
di reclutamento, riservando l'art. 1, commi 110-115 (ex art. 15) a un vero e proprio rientro dei cervelli
dall’estero, piuttosto che a un’immissione una tantum di docenti che già
lavorano in Italia.
Il concorso prevede che il vincitore possa muoversi da una sede
all’altra senza gravare sui bilanci degli atenei. Ha quindi uno status
giuridico molto migliore di chi invece è già nei ruoli di ordinario o associato,
il cui costo deve essere coperto dal budget della nuova sede. A costoro
tuttavia è fatto divieto di partecipare al concorso. Così com’è il disegno del
provvedimento è motivo di grave ingiustizia nei confronti dei nostri migliori
docenti, particolarmente di coloro che sono entrati nei ruoli negli ultimi due
anni, dopo la conclusione dell’abilitazione nazionale. Si arriva al paradosso
che i più bravi di un dipartimento potrebbero avere uno status giuridico meno
favorevole di quelli assunti con l'art. 1, co. 110-115, del maxiemendamento
della Legge di Stabilità 2016 (ex art. 15), semplicemente per il fatto che
hanno vinto un concorso prima degli altri. (Fonte: T. Jappelli, lavoce.info
03-11-15)
RECLUTAMENTO. IPOTESI DI UN NUOVO SISTEMA
Il Partito Democratico
ha organizzato a Udine un convegno dal titolo “Più valore al capitale umano”
per parlare della situazione e delle prospettive dell’università, della ricerca
e dell’alta formazione. Dopo un lungo e faticoso lavoro sulle questioni del
reclutamento e della carriera docente è
stato ipotizzato un sistema che a regime preveda dopo la laurea e il dottorato
(obbligatorio) un post doc di 3 anni, con tutele di lavoro subordinato, non
necessariamente propedeutico a un percorso successivo, e poi una figura di
assistant professor di durata massima di 5 anni da cui si accede alla docenza
universitaria, ma previa valutazione. (Fonte: Flc Cgil 26-10-15)
Sullo stesso
argomento l'inviata di Roars al convegno ha riferito che l'ipotesi di carriera
universitaria futura, prevedrebbe: 0) dottorato; 1) al fine di ridurre le
figure contrattuali pre-ruolo si dovrebbe eliminare qualsiasi tipo di assegni
(co.co.co, assegni di ricerca e cose strane) per assegnare ai dottori di
ricerca un contratto a tempo determinato detto post-doc, ma in realtà un
contratto subordinato (quindi dal punto di vista contrattuale un RTDa); 2)
l’attuale RTDb diventa un tenure-track a tutti gli effetti, nel senso che una
volta entrato in possesso di abilitazione entra nel ruolo; 3) ruolo, per ora si
conferma il doppio ruolo associato e ordinario. (Fonte: M. De Simone,
http://tinyurl.com/q25fyrt 26-11-15)
RICERCATORI. MILLE
RTDB NELLA LEGGE DI STABILITÀ
L'ex ministro Gelmini voleva eliminare la figura dei ricercatori a vita,
proposito sulla carta anche condivisibile. In pratica, la riforma sommata al
taglio dei finanziamenti e al blocco del turnover (deciso da Tremonti, va
avanti dal 2009 e durerà fino al 2018), ha avuto come risultato quello di
abolire i ricercatori “tout court”: negli ultimi cinque anni se ne sono persi
almeno 10mila, 2.100 solo nel 2014 (anno in cui a fronte di 2.300 pensionamenti
sono stati attivati appena 140 nuovi contratti per RTDb). Così i numeri del
personale di ricerca sono crollati: secondo una recente ricerca della Flc Cgil,
in Italia ci sono 151mila ricercatori, a fronte dei 429mila del Regno Unito e
dei 520mila della Germania. Pochi anche in rapporto alla popolazione e nel
confronto col resto d’Europa: l’Italia ha “mezzo” ricercatore (0,6) ogni mille
abitanti, rispetto ai 3,7 della Finlandia, i 3,1 dell’Austria e i 2,6 della
Germania che guidano la classifica continentale. Adesso il governo torna a
stanziare risorse per assumere nuovi ricercatori: almeno mille nei prossimi due
anni. Il provvedimento è contenuto all’interno della Legge di Stabilità 2016.
Tra tagli e ombre, l'art. 1, commi 133-136 del maxiemendamento (ex art. 17)
prevede “l’incremento del fondo per il finanziamento ordinario delle università
statali per l’assunzione di ricercatori”. In soldoni, 55 milioni di euro nel
2016 e 60 milioni nel 2017 per assumere mille ricercatori di Fascia B (RTDb).
(Fonte: L. Vendemiale, FQ 07-11-15)
RICERCATORI. LA
LIBERALIZZAZIONE DELLE ASSUNZIONI SAREBBE MEGLIO PER GLI RTDB CHE PER GLI RTDA
Nella bozza di legge di stabilità, approvata dal Senato, una
norma (art. 1, co. 137 del maxiemendamento), prevede che i ricercatori a tempo determinato di tipo A
- i c.d. RTDa istituiti dalla legge 240/2010, il cui contratto dura 3 anni,
prorogabili a un massimo di 5 - non
costino più nemmeno un punto organico. In pratica, si dice agli atenei
"ricchi" che saranno liberi di assumere tutti i giovani (e non più
giovani) ricercatori che vorranno, ognuno dei quali può erogare 60 ore di
didattica effettiva, più l'assistenza negli esami, nelle tesi ecc. La notizia
sarebbe stata indubbiamente positiva se la liberalizzazione avesse riguardato
l'altro tipo di ricercatori - quelli di tipo B. A differenza degli RTDa gli RTDb
sono più impegnativi da assumere, anche perché se lavorano bene e conseguono l'ASN, l'ateneo dovrà assumerli come
professori associati. Non è un caso se negli scorsi anni gli atenei
hanno attivato pochissimi contratti di questo tipo (solo 195 in tutta Italia
nel 2014): un RTDb, cioè un futuro professore associato, costa più soldi e più
punti organico e - soprattutto - è per
sempre. Ma col sistema vigente, gli atenei hanno interesse a elevare
almeno alcuni RTDa al rango di RTDb: assumere un nuovo RTDa costerebbe più
punti organico che passarlo a RTDb. (Fonte: M. Viola, uninews24.it 25-11-15)
RICERCATORI. IL
MINISTRO GIANNINI VORREBBE 10000 POSTI IN 5-6 ANNI
"La ricerca è la base di ogni buona Università, la produttività
scientifica in Italia brilla nel contesto europeo. Ci penalizza la massa
critica, i tedeschi, inglesi e francesi sono più di noi (hanno più ricercatori
per mille abitanti. PSM). Abbiamo fatto un primo timido passo con la legge di
stabilità con l'assunzione di mille ricercatori e io voglio che la tendenza
diventi un fatto strutturale. - spiega il ministro - Il nostro obiettivo è
arrivare a 10000 posti in 5-6 anni. Bisogna andare in quella direzione, è un
fatto fondamentale". (Fonte: LaPresse 11-11-15)
ASSEGNISTI DI RICERCA. RECLUTAMENTO ED
ESPULSIONE DAL SISTEMA UNIVERSITARIO
Nel 2014 il 49,1% dei
bandi per assegni di ricerca è stato emanato nelle regioni settentrionali, il
36,5% al Centro e il 14,4% nel Mezzogiorno e nelle Isole; le prime 10
università per reclutamento di nuovi RTDa detengono da sole il 54% dell’intero
contingente nazionale di posizioni del 2014; le prime 8 università per
reclutamento di nuovi RTDb detengono da sole il 51% dell’intero contingente
nazionale di posizioni del 2014.
In base alle
proiezioni ADI, mantenendo il tasso di reclutamento del 2014, dei 14.460
assegnisti attivi nel 2014: il 76,5% sarà espulso dal sistema universitario una
volta terminati i 6 anni di contratto; il 15,4% uscirà dal mondo della ricerca
dopo un contratto da RTDa; solo l’8,1% sarà reclutato come RTDb, con la
conseguente possibilità di passare di ruolo. (Fonte: ADI http://www.dottorato.it/media/5indagine-parte2.pdf
ott. 2015)
RICERCA. RICERCATORI. VALUTAZIONE DELLA RICERCA
PROGETTI DI RICERCA DI RILEVANTE INTERESSE
NAZIONALE (PRIN)
Il bando PRIN
2015, annunciato da febbraio ma uscito solo con il Decreto Direttoriale 4 novembre 2015 n. 2488, mette a disposizione 91 milioni di euro
per i progetti di ricerca di base ai ricercatori purché strutturati. Il bando
PRIN infatti spiega che ad assumere le redini dei progetti (cioè a fungere da
Principal Investigator - PI) debbono essere necessariamente dei professori
ordinari o associati - o, al massimo, dei ricercatori di tipo B che abbiano
conseguito l'Abilitazione Scientifica Nazionale (cosa non facile visto che le
abilitazioni, con scadenza triennale, sono ferme dal 2013). Insomma: esclusi
gli oltre 50.000 assegnisti, ma anche i ricercatori di tipo A - anche se
potranno comunque venire reclutati nella "squadra" di qualcun altro. I professori ammessi al
bando come PI si lamentano delle tempistiche strette (scadenza il 22 dicembre:
poco più di un mese per costruire un progetto di ricerca competitivo e
reclutare una squadra di ricercatori). (Fonte: uninews24.it 17-11-15)
EFFICIENZA DELL'IMPATTO DI ARTICOLI PRESSO
LA COMUNITÀ SCIENTIFICA INTERNAZIONALE. ITALIA PRECEDUTA SOLO DA UK E CINA
È sensato
attendersi che i soldi spesi per università e centri di ricerca favoriscano la
pubblicazione di articoli con un impatto significativo sulla comunità
scientifica internazionale. Risulta pertanto ragionevole definire un indicatore
di efficienza come
- Efficienza di impatto = citazioni/million dollars HERD ((Higher education Expenditure on Research & Development)
Per vedere come si
posiziona l’Italia, di seguito riportiamo i grafici che nel rapporto UKRB (International
Comparative Performance of the UK Research Base), riassumono il confronto
tra le principali nazioni in termini di efficienza.
In quanto a
efficienza di produzione, tra le nazioni considerate solo la Cina supera
l’Italia, mentre come efficienza di impatto abbiamo raggiunto gli USA e siamo
preceduti solo da UK e Cina. Un risultato che potrà sorprendere alcuni, ma che
rispecchia una situazione da tempo nota agli esperti. (Fonte: Redazione Roars
15-11-15)
8 ITALIANI NELLE
PRIME 400 POSIZIONI SU 15 MILIONI DI RICERCATORI
Sono i seguenti:
Alberto Mantovani: IRCSS Humanitas di Rozzano;
Giuseppe Reinuzzi: Istituto Mario Negri di Bergamo;
Antonio Colombo: Istituto Scientifico San Raffaele di
Milano;
Giuseppe Malicia: Universita di Milano Bicocca;
Vincenzo di Marzo: CNR Pozzuoli;
Alberto Zanchetti: Università degli studi di Milano;
Carlo Croce: Ohio State University;
Napoleone Ferrara: University of San Diego-California.
5 su 8 lavorano in strutture lombarde. Sono assenti
dalla classifica scienziati stranieri di alto livello che lavorano in Italia.
(Fonte: The European House - Ambrosetti
su dati EJCL 2014. http://tinyurl.com/oefhsk3)
CONSIGLIO EUROPEO DELLA RICERCA (ERC). ITALIA
QUARTO PAESE EUROPEO PER PROGETTI FINANZIATI
Il Consiglio europeo
della ricerca (CER, ERC) in 7 anni ha finanziato i migliori cervelli con 7,5
miliardi: in tutto sono stati scelti 4.354 progetti di ricerca - tra starting
grant, consolidator grant e advanced grant (sovvenzioni destinate a giovani
cervelli o ricercatori esperti per quella che una volta era definita ricerca di
base) - dopo una selezione serratissima tra ben 41.866 domande di finanziamento
arrivate dai ricercatori europei e di altri Paesi. Ebbene, di queste richieste
ben 6326 sono state presentate da ricercatori italiani (più del 15% del
totale), un primato che non ha un significato per forza positivo perché poi
hanno conquistato i fondi in 407 segnando un tasso di successo (il 6,4%) tra i
più bassi in Europa. Insomma bussiamo tanto alla porta europea, ma ci aprono
troppe poche volte.
In ogni caso siamo il
quarto Paese europeo per progetti finanziati, dopo Germania (700 progetti,
tasso di successo del 13,8%) Inghilterra (604 e 13,60%) e Francia (498 e
15,50%). A colpire sono soprattutto le scelte dei ricercatori che possono
decidere di spendere i loro grant (le sovvenzioni per i loro progetti che
valgono fino a 2 milioni) in un altro Paese europeo trovando la struttura
migliore dove fare ricerca. La meta più gettonata in questo caso è
l'Inghilterra con ben 969 ricercatori ospitati e di cui quasi la metà non sono
inglesi. La seconda meta più scelta dai migliori cervelli d'Europa è la
Germania (614) e poi la Francia (571) dove gli stranieri sono circa uno su
quattro. E l'Italia? I progetti finanziati a ricercatori italiani sono come
detto in tutto 407: in 178 hanno deciso di fare le valigie e andare altrove -
fatto normale nel mondo della ricerca - mentre in 229 sono rimasti in Italia. A
loro però si sono uniti pochissimi cervelli stranieri: solo 24 in 7 anni di
progetti finanziati dall'Erc (Fonte: IlSole24Ore 28-10-15)
RAPPORTO 2007/2013
DEL CONSIGLIO EUROPEO DELLA RICERCA (ERC)
Solo metà dei nostri scienziati, una volta ottenuta la borsa da
finanziamenti europei, ne fruisce in Italia; né il nostro Paese riesce ad
attrarre studiosi stranieri che attuino da noi i progetti finanziati. È il
quadro che emerge dal rapporto 2007/2013 del Consiglio europeo della ricerca (ERC
Funding Activities 2007-2013), l’ente dell’Unione Europea che destina ogni
anno oltre un miliardo di euro per finanziare la ricerca nell’Unione e negli
Stati associati. Il documento riassume flussi e criteri di finanziamento nei
sette anni svolti sotto FP7, il programma che l’Unione ha riservato a ricerca e
innovazione, ora sostituito da Horizon 2020. Cifre e dati permettono una
significativa (seppure parziale) ricostruzione della geografia europea della
ricerca, ampliata oltre i confini politici dell’Unione: ai finanziamenti di
Erc, infatti (7,5 miliardi totali nel periodo considerato) possono candidarsi
anche istituzioni di Stati extra Ue associati al programma (Svizzera, Israele,
Turchia, alcuni Paesi nordici e balcanici), per un totale di 39 nazioni (un
numero attualmente in ampliamento); questo a condizione che le ricerche
finanziate si svolgano negli Stati della Ue o negli associati. Nei sette anni
considerati, Erc ha ricevuto 41.866 domande di finanziamento per le tre
principali borse a disposizione (destinate a scienziati con diversi livelli di
esperienza); i progetti approvati e finanziati sono stati 4.354, poco più di
uno ogni dieci domande. Guardando ai fondi erogati, però, si nota che i
cittadini di soli nove Paesi si sono aggiudicati i tre quarti delle borse:
l’Italia è quarta, con 407 progetti prescelti, dopo Germania, Regno Unito e
Francia; seguono Paesi Bassi e Israele, paesi piccoli ma dal grande potenziale
scientifico. Se passiamo dalla nazionalità dei singoli vincitori alla
dislocazione delle istituzioni che li ospitano, notiamo che in vetta alla
classifica passa il Regno Unito (969 borse assegnate), seguito da Germania
(614), Francia (571), Paesi Bassi (356), Svizzera (322) e Italia (253).
L’aspetto più critico che traspare dal rapporto di Erc è, purtroppo, la
conferma di un problema ben noto: gli scienziati italiani competono ai massimi
livelli, ma una volta ottenuto il finanziamento (o già al momento di
richiederlo) lasciano il nostro Paese. Su 407 connazionali vincitori di borsa,
solo 229 erano collegati a un’istituzione con sede in Italia: poco più della
metà. Gli altri italiani hanno scelto in prevalenza il Regno Unito (54), la
Francia e la Svizzera (30 in entrambi i casi), la Germania (19), la Spagna (16)
e i Paesi Bassi (12).
L’EUROPA
ALL’AVANGUARDIA NELLA RICERCA FISICA IN CUI L'ITALIA È PROTAGONISTA
La scienziata Fabiola Gianotti che ha guidato i tremila ricercatori
dell’esperimento Atlas dove si è «visto» il fatidico bosone, con le sue parole
proiettate nella fantastica avventura della fisica ha chiuso al Teatro Dal
Verme di Milano i sei mesi di incontri organizzati dalla Fondazione Edison in
parallelo ad Expo. La Gianotti, che sarà il terzo direttore italiano del Cern, ricordava
come l’Italia sia da sempre protagonista nella frontiera della fisica al Cern
nato con il contributo di Edoardo Amaldi, diretto in passato dal Nobel Carlo
Rubbia e Luciano Maiani, e dove ora lavorano 1500 scienziati dell’Istituto
nazionale di fisica nucleare. «La ricerca di base è fondamentale per
l’avanzamento della conoscenza ma anche per il progresso della tecnologia. Il
web è stato inventato al Cern, con la tecnica degli acceleratori si è
sviluppata l’adroterapia che combatte i tumori senza danneggiare le cellule
sane e il Gps esiste grazie alla teoria della relatività di Einstein» ha
spiegato, sottolineando come, con il costante apporto dei governi, oggi
l’Europa sia all’avanguardia nella ricerca fisica attirando al Cern 1500
americani. «I giovani devono compiere esperienze all’estero - ha aggiunto -. Il
problema per il nostro Paese è che non c’è un giusto equilibrio fra uscite ed
entrate. Cioè i ricercatori stranieri non vengono da noi perché non si dedicano
risorse sufficienti e sono bloccati dalla burocrazia». (Fonte: G. Caprara,
CorSera 08-11-15)
LA SPESA IN R&S.
ALCUNE RAGIONI DELLA SUA SCARSITÀ IN ITALIA
Il presidente di Confindustria si è lamentato per la pochezza della
spesa in ricerca e sviluppo (R&S) del nostro Paese. Non era chiaro se si
trattava di un implicito richiamo ai propri iscritti o un sollecito al Governo
per allargare la borsa degli incentivi o se c’era dietro una riflessione di più
ampio respiro. L’unica certezza sta nel fatto che quella osservazione come tale
è inoppugnabile e, per la verità, non da oggi ma da un tempo misurabile solo in
decenni. Se non sarebbe inutile, intanto, cercare gli autori e gli errori di
questa brutta storia per evitare di sbagliare ulteriormente, è certamente
necessario individuare le cause di questo nostro declino che ha proprio nella
assenza di una cultura moderna dello sviluppo – che non è solo economico ma
ancor prima sociale, culturale, ambientale, etico e politico – le sue cause
strutturali. Comunque sia poiché questa minore spesa è attribuibile in parte
maggiore proprio al sistema industriale, sarà bene ricordare anche al
presidente di Confindustria che la spesa in ricerca da parte delle imprese ha
un andamento strettamente legato alle dimensioni della singola impresa e alla
sua specializzazione produttiva. Pensare che con qualche incentivo si possano
modificare questi due connotati di una impresa è una ipotesi che non solo è
negata da tutte le verifiche sul campo, ma anche molto semplicemente da una
analisi logica. Che anche la spesa pubblica in ricerca sia modesta nel
confronto internazionale è questione indiscussa per eccesso di evidenza; come
si possa politicamente giustificare questa scelta deve essere collegato da un
lato a quello stesso comportamento delle imprese sopra ricordato ma anche ad
una dimensione culturale molto diffusa, espressione di un ritardo nella
rivoluzione industriale che aveva visto la nascita e lo sviluppo in altri
Paesi. (Fonte: S. Ferrari, Roars 10-11-15)
UNIVERSITÀ E RICERCA NELLA LEGGE DI STABILITÀ
2016. COMMENTI DELL'ADI
Nella legge di
stabilità 2016 vi è l’aumento del numero dei contratti di formazione
specialistica dei medici, grazie a un incremento di 429 milioni di euro, dal
2016 al 2020, delle risorse destinate (art. 1, co. 38, del maxiemendamento; ex art.
22, co. 5). Tuttavia non è stato risolto l'annoso problema del dottorato senza
borsa. Attualmente, infatti, oltre 2.000 dottorandi per ogni ciclo non
percepiscono alcun sostegno economico per il loro percorso e sono anzi
costretti a pagare tasse che possono arrivare fino a 2.000 euro l'anno. A ciò
va aggiunto che il numero delle borse di dottorato bandite annualmente è calato
del 15% dal 2008 a oggi mentre l’Italia ristagna al 26° posto su 28 Paesi
europei per numero di dottorandi ogni 1.000 abitanti.
Nell’art. 1, co. 38, della
legge di stabilità si prevede un incremento dell’FFO di 55 milioni di euro per
il 2016 e di 60 milioni di euro a decorrere dal 2017 per l’assunzione di
ricercatori a tempo determinato di tipo “b”, fondi la cui assegnazione sarà
effettuata con un decreto del MIUR che terrà conto dei risultati della
valutazione della qualità della ricerca (VQR) (co. 2). L’assunzione di circa
370-400 RTDb in più all’anno - dato ricavato dividendo gli incrementi annui
previsti dal DdL per un costo complessivo di un RTDb stimato in 148 mila euro -
a partire dal 2016 consentirà indubbiamente di aumentare un tasso di reclutamento
drammaticamente basso (3 RTDb nel 2011, 13 nel 2012, 96 nel 2013 e 195 nel
2014), concentrando l'attenzione sull'unica figura che tramite un meccanismo di
tenure track dà la possibilità di un accesso al ruolo. Siamo tuttavia ben
lontani da quello che era il reclutamento di ricercatori a tempo indeterminato
nel periodo precedente la legge 133/2008 (1.700 posizioni l'anno), dalle
indicazioni del CUN e dalla richiesta di Gaetano Manfredi, presidente della
CRUI, di un piano di straordinario per 10.000 ricercatori. Nella legge di
stabilità l’abolizione del turn over per l’assunzione dei ricercatori a tempo
determinato di tipo “a” (art. 1, co. 137, del maxiemendamento; ex art. 22, co.
4) non basta per prospettare un cambiamento generale della condizione dei
giovani ricercatori. In primo luogo, sostiene l'ADI, "questa misura è
finalizzata a favorire un maggior ricorso da parte degli atenei alla figura di
RTD che richiede il minor aggravio in termini economici e non garantisce alcun
diritto in merito all’accesso in ruolo. In secondo luogo, essa frustra le
legittime speranze dei giovani ricercatori di poter abbreviare l’accidentato e
irrazionale percorso accademico disegnato dalla legge 240/2010 riducendone le
tappe". (Fonte: ADI, http://tinyurl.com/p2v8wz5 17-10-15)
200 NUOVI RICERCATORI PER IL CNR E PER GLI
ENTI PUBBLICI DI RICERCA
“Sono molto soddisfatta che il mio emendamento
sia stato accolto e che la legge di stabilità preveda lo stanziamento di fondi
per l’assunzione di 200 nuovi ricercatori per il CNR e gli enti pubblici di
ricerca. Queste assunzioni, pur nelle carenze di bilancio, sono la prova che
maggioranza e governo credono nei risultati già consolidati e nelle
potenzialità ancora enormi del sistema di ricerca pubblico, che così si
rilancia per contribuire ancora di più alla ripresa italiana.”
E’ quanto dichiara
la senatrice Rosa Maria Di Giorgi, responsabile nazionale ricerca Pd e prima
firmataria dell’emendamento alla legge di stabilità che prevede assunzioni per
200 ricercatori degli enti e delle istituzioni di ricerca finanziati dal MIUR.
Il finanziamento previsto per gli enti e istituzioni di ricerca è di 8 milioni
di euro per il 2016 e di 9,5 milioni di euro a decorrere dal 2017. (Fonte:
rosadigiorgi.it 18-11-15)
IL CUN RACCOMANDA AL MINISTRO DI SOSPENDERE
LA VQR
A conclusione
dell’adunanza dell’11 novembre 2015, il Consiglio Universitario Nazionale raccomanda al ministro Giannini “di sospendere
le procedure della VQR, in accordo con le osservazioni che la Conferenza dei
Rettori delle Università Italiane avanza dallo scorso luglio”.
La raccomandazione,
indirizzata al ministro Giannini e firmata dalla vice presidente prof.ssa Carla
Barbati, sottolinea che l’esercizio di valutazione può concorrere ad un “reale
miglioramento del sistema universitario” solo se la comunità accademica
partecipa e collabora all’iniziativa. Allo stato attuale, rileva il CUN, le
numerose mozioni di protesta di dipartimenti e senati accademici, nonché le
numerose dichiarazioni individuali di non partecipazione alla valutazione,
rischiano di “inficiare la correttezza dei risultati” della VQR. (Fonte: Redazione ROARS
13-11-15)
PERCHE’ “CONGELARE” LA VQR
Davanti ad una
legge finanziaria e ad una politica del governo sull’università pubblica che:
Aggrava il
sotto-finanziamento del sistema universitario pubblico, il meno finanziato
nella UE, rendendo l’attività di ricerca sempre più difficile.
Riduce il diritto
allo studio: considerando il costo della vita e in particolare degli alloggi le
borse di studio italiane sono le peggiori per quantità (n° delle borse) ed
entità (importo erogato) nella UE.
Rende sempre più
nebulose le prospettive dei ricercatori più giovani: l’ASN 2014 sarà di fatto
avviata solo nel 2016 (una vergogna assoluta soprattutto dopo che il MIUR ne
aveva assicurato il regolare svolgimento fissando anche le date dei bandi) e le
promesse assunzioni di nuovi ricercatori riguardano essenzialmente figure
professionali precarie (ovvero solo RTBa).
Discrimina chi
insegna e svolge ricerca in università applicando (caso unico nella Pubblica
Amministrazione) un blocco degli scatti di anzianità per cinque anni senza
alcun riconoscimento degli effetti economici e giuridici nel frattempo
maturati.
Marginalizza la
didattica che non viene valutata per ottenere l’abilitazione e non è
considerata in occasione dell’erogazione dei finanziamenti ai docenti: questo
crea una situazione paradossale nella quale si penalizza chi ha molti studenti
e dedica loro molto tempo (ad es. per le tesi di laurea triennale, magistrale e
di dottorato) e sottrae quindi tempo alla ricerca.
Poiché docenti e
ricercatori desiderano, per quanto possibile, non coinvolgere gli studenti e le
loro famiglie (come accadrebbe nel caso di un blocco degli esami di profitto o
delle sessioni di laurea), la risposta più efficace è quella di “congelare”
la nuova procedura di Valutazione della Qualità della Ricerca, la VQR 2011-14,
fino a quando il governo non muterà la sua politica sull’università. (Fonte:
F. Rubini, C. Tedeschi, Cisl Università 05-11-15)
BANDO VQR. NUOVA VERSIONE
In data 11 novembre
2015 Il Consiglio Direttivo dell’ANVUR ha approvato una nuova versione del
bando VQR nonchè dei criteri
GEV per la VQR 2011-2014. La nuova
versione del Bando riporta modifiche tra le quali la seguente: "I docenti
universitari potranno essere accreditati, oltre che dal proprio ateneo, da un ente
di ricerca vigilato dal MIUR e da un secondo
ente appartenente alla categoria degli enti di ricerca “volontari” (cioè che si
sottoporranno volontariamente alla
valutazione) o dei consorzi interuniversitari “volontari”. I dipendenti
degli enti di ricerca potranno essere accreditati, oltre che dal proprio
ente, da un secondo ente tra: enti di
ricerca vigilati dal MIUR, enti di ricerca volontari, consorzi
interuniversitari volontari". (Fonte: ANVUR 17-11-15)
VALUTAZIONE DELLA RICERCA (VQR 2011-2014).
INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
In Parlamento
un’interrogazione del PD, a firma Nicoletti, Ghizzoni e Narduolo, espone tra
l'altro quanto segue:
"In
concomitanza con la nuova procedura di valutazione della ricerca (VQR
2011-2014) si stanno manifestando nella comunità universitaria dei docenti,
ricercatori e studenti da un lato forme diffuse di protesta tra docenti e
ricercatori, dall’altro minacce di ricorso a provvedimenti sanzionatori da
parte di rettori e senati accademici; tali forme di protesta talvolta sono
espressione di resistenze al cambiamento, talvolta di sincera preoccupazione
per il complessivo impoverimento del sistema e per la penalizzazione dei più
giovani –: quali iniziative il Ministro stia intraprendendo per assicurare che
la quota premiale di finanziamento sia realmente aggiuntiva rispetto al
finanziamento ordinario del sistema universitario e della ricerca; quali
dimensioni stia assumendo la protesta di docenti e ricercatori e come sia
distribuita sul territorio nazionale; quali sanzioni siano state annunciate da
rettori e senati accademici e quali iniziative il Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca intenda intraprendere per garantire, nel
rispetto dell’autonomia universitaria, un’eventuale equità di trattamento dei
docenti coinvolti; quali iniziative di competenza il Ministro abbia messo in
atto per promuovere il dialogo e il coinvolgimento dei soggetti attivi e
motivati del sistema universitario e della ricerca che soli possono garantire
processi efficaci di valutazione e di innovazione e se non preveda di istituire
presso il Ministero un tavolo di confronto su questi argomenti". (5-06998)
RICONOSCIMENTO DELLA
DIS-COLL PER ASSEGNISTI, DOTTORANDI E BORSISTI
Da alcuni mesi stiamo combattendo un’appassionata battaglia per
affermare la dignità e il rispetto del nostro lavoro di ricerca. Ciò che
vogliamo è il riconoscimento di un nostro diritto: poter contare su una forma
di sostegno al reddito nel momento in cui un contratto arriva a scadenza senza
essere rinnovato. Per questo motivo chiediamo a gran voce il riconoscimento
della DIS-COLL ("Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto
di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto", nuovo
strumento previsto dal Jobs act, approvato con legge n. 183 del 10 dicembre
2014.) per assegnisti, dottorandi e borsisti. Diamoci un’opportunità
in più per poter scommettere ancora sul nostro percorso di ricerca; per
perfezionare e concludere le nostre pubblicazioni; per costruire un percorso
professionale fuori dall’Università. Nell’ambito della campagna #perchènoino
abbiamo promosso una petizione on-line e iniziative di mobilitazione, tra cui
un presidio al Ministero del Lavoro in occasione del quale abbiamo presentato
più di 8.000 firme. Non solo: nel luglio scorso abbiamo presentato un
interpello formale al Ministero, dal quale attendiamo ancora una risposta.
(Fonte: http://www.dottorato.it/notizie 02-11-15)
RICERCATORI ITALIANI
IN USA. PERCHÉ NON VORREBBERO TORNARE IN ITALIA
Abbiamo apprezzato l'inclusione nella Legge di Stabilità 2016 di un
bando internazionale per l'assunzione di 500 professori da tutto il mondo,
segno di una lodevole apertura alla globalità
del sapere e desiderio di internazionalizzare maggiormente l'università
italiana, insieme all'assunzione di 1000 ricercatori italiani. Nonostante ciò,
siamo convinti che queste pur interessanti proposte non garantiranno il
perseguimento sistematico della qualità nell'università italiana. Noi, per
esempio, in questo momento non vorremmo tornare a lavorare in Italia perché
manca un quadro coerente che leghi assunzioni e finanziamenti su principi di
merito e di responsabilità delle scelte. Saremmo invece entusiasti di poter
lavorare in un'università italiana se fossimo reclutati autonomamente da chi
pensi che le nostre qualifiche siano le migliori, sapendo che quella scelta
farà una differenza in positivo o in negativo quando si tratterà di attirare
fondi di ricerca o di impostare un curriculum didattico di qualità. Vorremmo
anche contare su una revisione dei nostri progetti di ricerca nel modo più
accurato e trasparente possibile. Tutto ciò richiede un ripensamento del
sistema nel suo complesso. Conosciamo numerosi
ricercatori che fanno
ricerca innovativa in Italia e sarebbero prontissimi a trasformare
profondamente l'attuale sistema. Portare più ricercatori all'interno del
sistema universitario attuale senza inserirli in un contesto adeguato dove
possano competere per fondi di ricerca ricorrenti e stabili, non garantirebbe a
questi ricercatori di raggiungere quei risultati di eccellenza che ci si
aspetta. (Fonte: S. Gaudio a nome di un gruppo Università e Ricerca del Pd
negli USA, Lettera aperta a Matteo Renzi, Unità 03-11-15)
SCARICAMENTO ILLEGALE DI ARTICOLI SCIENTIFICI
Come racconta la Bbc,
sempre più ricercatori di tutto il mondo ricorrono allo scaricamento illegale
di articoli scientifici, dal momento che gli abbonamenti alle riviste
specializzate sono diventati troppo costosi e quindi non sostenibili da
università e enti di ricerca. A spiegare il fenomeno è Andrea Kuszewski,
ricercatrice nel campo delle scienze cognitive e giornalista scientifica, che
ha lanciato l’hashtag Twitter #IcanhazPDF, rifacendosi a un gioco di parole (in
inglese, ovviamente) molto conosciuto online e usato solitamente come
didascalia per i meme di gattini.
“Funziona così”, racconta Kuszewski. “Si
twitta il link all’articolo di cui si ha bisogno, seguito dall’hashtag e dal
proprio indirizzo email. Poi si aspetta. Qualcuno risponderà. Per esempio, gli
scienziati che hanno accesso all’articolo grazie all’abbonamento della propria
università”. Una volta stabilito il contatto, la conversazione diventa privata.
Il file con l’articolo viene spedito via mail, il tweet originale è cancellato
e non resta alcuna traccia dello scambio. Secondo la ricercatrice, il sistema,
pur violando le leggi sul copyright, è indispensabile perché gli scienziati –
specialmente quelli che lavorano nelle università dei paesi in via di sviluppo,
che hanno a disposizione meno risorse economiche – possano aggiornarsi e
continuare il proprio lavoro. Gli editori, naturalmente, non sono troppo
contenti. (Fonte: S. Iannaccone, wired 27-10-15)
SISTEMA UNIVERSITARIO. PROPOSTE DI RIFORMA
L'UNIVERSITÀ NELLA LEGGE DI
STABILITÀ 2016
Le Università che
potranno permettersi la sostenibilità economica dell’assunzione di Ricercatori di tipo A (art. 24, co. 3,
lettera a, della legge 240/2010 – contratti da 3 anni + 2 prorogabili una sola
volta), potranno assumerne senza dover rispondere al meccanismo del turn over
(che nel caso degli RTDa corrisponde al 100% dell’anno precedente). La
virtuosità degli atenei è misurata attraverso le disposizioni del DPCM del 31
dicembre 2014, secondo cui le spese del personale non devono superare l’80%
delle spese complessive e tramite l’indicatore ISEF, che dovrà essere superiore
a 1. Secondo le note del Ministero, questi criteri serviranno ad evitare
assunzioni indiscriminate, che andrebbero poi a compromettere gli indicatori
utili all’assunzione di personale a tempo indeterminato.
Si prevede
l’assunzione nel sistema universitario italiano di 500 professori di prima e seconda fascia, “secondo procedure
nazionali distinte rispetto alle ordinarie modalità di assunzione vigenti
previste dalla legge 240/10 (abilitazione nazionale e concorsi locali)”. Per
l’assunzione il governo piazza nel FFO 38 milioni di euro nel 2016 e 75 milioni
dal 2017. Si esonera il MIUR dalla definizione della disciplina di questa nuova
modalità di assunzione, demandandola ad un decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri (ripartizione dei posti tra i settori scientifico disciplinari,
criteri di valutazione dei candidati e composizione delle commissioni,
trattamento stipendiale, modalità di chiamata da parte delle Università ed
eventuale concorso delle Università agli oneri finanziari connessi
all’assunzione). Si garantisce a questi docenti anche un medesimo trattamento
stipendiale qualora dovessero passare da una sede all’altra. E, a proposito di
mobilità tra università, il Governo ha deciso di prelevare dalle cifre
riguardanti questo punto una quota dall’entità massima di 10 milioni di euro da
destinare alla mobilità dei soli professori di prima fascia già in servizio.
All’interno dell’art.
1 del maxiemendamento (ex art. 17, co. 1, 2 e 3) della Legge di Stabilità approvata
in Senato il 20-11-15 è inserito lo stanziamento di 55 milioni per il 2016 e di
60 milioni dal 2017 in poi per quanto riguarda l’assunzione di circa 1020 Ricercatori di tipo B
(contratti triennali non rinnovabili, con la possibilità di conseguire
l’abilitazione scientifica nazionale e – in caso di valutazione positiva – di
essere inquadrati come professori associati). Nella Legge di Stabilità si
prevede inoltre che questo stanziamento potrà pesare per il 70% per il
cofinanziamento dell’eventuale passaggio a professore associato di questi
ricercatori. Questo provvedimento è ovviamente riferito alla sola assunzione di
1020 Ricercatori di tipo B e i fondi in questa Legge di Stabilità servono
semplicemente a pagare i relativi stipendi per gli anni successivi.
L’attuale regime di
finanziamento per le borse di specialità
medica prevede il seguente schema: 637 milioni di euro per il 2016, 638
milioni per 2017, 2018, 2019 e 612 milioni di euro dal 2020 in poi. La Legge di
Stabilità 2016 inserisce: 57 milioni di euro nel 2016, 86 nel 2017, 126 nel
2018, 70 nel 2019 e 90 dal 2020 in poi. (Fonte 12-11-15)
RICHIESTE DA TRADURRE IN EMENDAMENTI ALLA
LEGGE DI STABILITÀ 2016 AVANZATE DA FLC CGIL CONDIVISE CON ADI, LINK E
COORDINAMENTO RICERCATRICI E RICERCATORI NON STRUTTURATI
"Le richieste
riguardano le seguenti esigenze: il reintegro del fondo di finanziamento
ordinario di 800 milioni, cioè quanto tagliato dal 2009 ad oggi; l'aumento del
fondo integrativo statale, per garantire la copertura delle borse di studio e
per dare risposta all’emergenza Isee; una riforma della tassazione studentesca
e 'no tax area' fino a 23.000 euro di Isee; un piano pluriennale di
reclutamento di ricercatori a tempo determinato di tipo b, che ne preveda 5.000
all'anno per quattro anni, in modo da mettere in sicurezza i nostri atenei e
dare risposte ai tanti precari che hanno tenuto in piedi la didattica e la
ricerca nell'ultimo decennio; lo sblocco del turn-over per tutte le figure
dell'università e l'abolizione del sistema dei punti organico, insieme alla
separazione delle risorse destinate al primo reclutamento, da quelle per il
passaggio dalla seconda alla prima fascia e dal ruolo ad esaurimento dei
ricercatori a tempo indeterminato a quello dei professori associati; un
finanziamento a sostegno delle borse di dottorato che consenta la copertura di
tutti i posti banditi; il mantenimento delle somme destinate all'edilizia
universitaria". (Fonte 13-11-15)
ACCADEMIE DI BELLE
ARTI. NON DECLASSAMENTO MA TRASFORMAZIONE IN ISTITUZIONI UNIVERSITARIE
Le Accademie di belle arti in Italia soffrono da anni una condizione
anomala. Mentre in Europa le Accademie fanno parte della formazione universitaria
e sono organizzate come facoltà di Belle Arti, in Italia queste istituzioni
vivono da sedici anni in un limbo, tra la scuola secondaria e l'università.
Questa anomalia si è venuta a creare perché la riforma delle Accademie, avviata
con la Legge 508 del 1999, è rimasta incompiuta a causa della mancata
emanazione dei regolamenti attuativi. Ora però sembra esserci la volontà
politica di sanare la situazione. Il Partito Democratico, infatti, ha
intenzione di porre mano alla questione e risolverla in tempi rapidi. Il
segnale dell'accelerazione è venuto il 23 ottobre dal ministro Giannini che,
intervenendo in apertura dei lavori del convegno dal titolo "Più valore al
Capitale Umano. Università, ricerca e alta formazione motori di sviluppo",
organizzato dal Partito Democratico a Udine, ha affermato che le Accademie di
belle arti devono diventare Università.
L'assemblea dei direttori delle Accademie di tutta Italia convocata
presso l'Accademia di belle arti di Roma per decidere iniziative per opporsi al
temuto declassamento delle Accademie (il 17 settembre un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri relativo alla mobilità dei dipendenti della Pubblica
Amministrazione ha equiparato i docenti delle Accademie ai professori delle
scuole medie e del liceo) si è trasformata in un'assemblea dove prevalsa l'idea
di chiedere al governo un provvedimento normativo che faccia diventare le
Accademie istituti universitari autonomi, riconoscendone le specificità.
(Fonte: F. Matitti, Unità 01-11-15)
MOLTIPLICARE LE UNIVERSITÀ PIÙ QUOTATE
L'accesso al lavoro
dei giovani, anche dei più meritevoli per curriculum di studi, è troppo
rallentato, la remunerazione è mediamente bassa, ritenendo la formazione
universitaria, sostanzialmente teorica, non in grado di apportare, se non dopo
lunghi periodi di training aziendale, vantaggi all'attività d'impresa. Le
nostre start up, a differenza di quanto accade nei Paesi ad alto sviluppo
tecnologico, nascono sovente non dalla volontà di far nascere attraverso un
idea un progetto vincente, ma dalla necessità di trovare un lavoro che quando
c'è è sottopagato e inadeguato alle attese post universitarie. Università e
impresa dialogano poco e male per carenza di chiarezza negli obiettivi, che
viceversa sono assolutamente comuni: la prima deve formare su modelli necessari
all'impresa, la seconda deve riconoscere le capacità. Solo Bocconi,
Politecnici, Luiss e pochi altri sono partner di riferimento dell'impresa
italiana. Ai giovani diplomati va proposta non l'università sotto casa, ma quella
che ha la miglior reputazione. Ridurre le università e supportare maggiormente,
con risorse finanziarie pubbliche e private, quelle che hanno i requisiti
internazionali, è indispensabile per arrivare a formare una classe dirigente in
grado di prendere per mano il Paese e riportarlo ai fasti degli anni '60. Tocca
alla politica, ma anche alle imprese, attivare i meccanismi affinché le 10
università con adeguati ranking internazionali si moltiplichino per 2 0 3
volte, in modo da attrarre giovani dagli altri Paesi sviluppati e formare una
classe dirigente costituita da un mix Italia-estero. (Fonte: Libero 28-10-15)
STUDENTI
EMERGENZA DIRITTO
ALLO STUDIO. LA DENUNCIA DEI RETTORI
«Non si può parlare di merito senza una forte attenzione al diritto allo
studio». Lo ha detto il nuovo rettore dell'Università di Bologna, Francesco
Ubertini. «II ricalcolo dell'Isee ha generato enormi squilibri e iniquità per i
nostri studenti, soprattutto per quelli più bisognosi, visto che ci sono
studenti che, da un anno all'altro, non hanno più la borsa di studio, sebbene
non sia cambiata la loro condizione reddituale - ha aggiunto Ubertini - «È un
punto drammatico: siamo fanalino di coda da questo punto di vista come paese
nelle classifiche internazionali» - ha ribadito il neorettore dell'ateneo di
Firenze Luigi Dei - Come università stiamo facendo il possibile per contribuire
a trovare soluzioni agli studenti penalizzati dal nuovo lsee. Ma la soluzione
numero uno è che il governo dedichi fondi per affrontare il problema». (Fonte:
Il Manifesto 03-11-15)
DIRITTO ALLO STUDIO.
UN EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITÀ CONTRO L'ISEE "TAGLIA BORSE"
Finora sembra confermata la previsione di UDU e Rete della Conoscenza:
rispetto all'anno scorso, il 25% degli studenti saranno esclusi dalle borse di
studio. Alcuni dati. Questo il calo degli idonei nelle varie città, riportato
da LINK, confrontando le graduatorie dell'anno scorso con quelle di quest'anno:
Torino: da 8846 a 6988 (-21%); Milano: da 5291 a 4181 (-21%); Roma: 1459
esclusi.
Ma in alcune regioni le prime stime dell'impatto sono più dolorose: in
particolare, in Sicilia e in Puglia. È l’effetto Isee “taglia borse” che da
quest’anno grazie a nuovi criteri di calcolo del reddito sta escludendo molto
beneficiari dell’anno scorso. E se gli studenti continuano la protesta arrivano
in Parlamento le prime proposte di modifica alla legge di stabilità, come
quella che chiede più risorse e soprattutto introduce una soluzione ponte per
gli esclusi di quest’anno che non hanno avuto modifiche di reddito. Sul
fronte dell’emergenza degli esclusi di quest’anno dalla borsa di studio un
emendamento dovrebbe prevedere una soluzione ponte che dovrebbe far rientrare
tra gli idonei tutti quegli studenti che rispetto all’anno prima sono stati
esclusi, ma per i quali i dati del reddito e del patrimonio non sono cambiati
(l’esclusione insomma deriverebbe solo dai nuovi meccanismi di calcolo). Ma nel
maxiemedamento della Legge di stabilità approvato dal Senato figurano soltanto 5
milioni l'anno in più per il Fondo Integrativo Statale per le borse di studio -
FIS -, portato così da 162 a 167 milioni. (Fonte: scuola24.ilsole24ore.com
05-11-15)
BORSE DI STUDIO E
NUOVA ISEE
Manuela Ghizzoni, componente della commissione Cultura della Camera:
"Nel caso in cui si accertasse che vi è stato effettivamente un calo dei
beneficiari, in particolare per gli studenti già borsisti, chiediamo al governo
di attuare insieme con le Regioni interventi in grado almeno di mantenere
stabile il numero di nuovi accessi al diritto allo studio e di garantire la
continuità delle prestazioni per quegli studenti che hanno rispettato le
condizioni di merito e non hanno visto modificata la situazione reddituale e
patrimoniale della famiglia. Bisogna quindi mettere in campo una 'norma ponte':
si recuperino nella legge di stabilità le risorse necessarie per un intervento
straordinario che valga ad assicurare tale continuità almeno per l'anno
accademico 2015/16." (Fonte: mainfatti.it 03-11-15)
STUDENTI-LAVORATORI
IN CALO
Dalla settima indagine Eurostudent, la ricerca comparata sulle
condizioni di vita e di lavoro degli studenti in Italia e in Europa, si rileva
che in Italia «poco più di uno studente su quattro svolge un lavoro retribuito
oltre allo studio. Se nella precedente edizione dell'indagine gli studenti con
un lavoro retribuito erano il 39%, ora sono il 26%. La riduzione di circa il
30% in tre anni è frutto principalmente dell'impatto negativo della crisi
economica sull'occupazione giovanile. Tra gli altri effetti della crisi c'è la
tendenza in aumento a restare a casa a vivere con i genitori. Ricorrendo al
pendolarismo per frequentare l'università. «Tre studenti su quattro — indica la
ricerca — vivono con la famiglia di origine, ma due di questi tre studiano da
pendolari›. (Fonte: Rep. A&F 09-11-15)
CORSI DI RECUPERO
ORGANIZZATI DAGLI ATENEI. SINDROME DIDATTICISTA DEL «SUCCESSO FORMATIVO
OBBLIGATORIO»
Vi è la convinzione che sia sufficiente istituire corsi, organizzare
lezioni, svolgere azioni di «recupero» per colmare vuoti di conoscenza e dare
alle persone le competenze che non hanno acquisito durante molti anni di studio
e di frequenza delle scuole. Esempio di una tale speranza - tanto patetica
quanto pericolosa - sono i cosiddetti Corsi Zero organizzati da diversi Atenei
italiani anche in seguito ai risultati dei test di ingresso ai vari Corsi di
Laurea. Test che nel mio Dipartimento hanno avuto risultati drammatici. La
maggior parte dei nuovi iscritti, infatti, ha bisogno di frequentare i Corsi di
recupero OFA (Obblighi Formativi Aggiuntivi). Tali Corsi consisteranno in una
serie di lezioni tenute in tempi assai stretti su argomenti quali: la lingua
italiana, le lingue straniere, le lingue classiche, la matematica. I Corsi Zero
in tali discipline saranno «indispensabili per superare la prova di verifica
che, a conclusione del corso, permetterà di soddisfare gli OFA entro il primo
anno di corso. Riempire le menti di centinaia di studenti con qualche
esercitazione e con alcune nozioni di base che avrebbero dovuto assimilare a
scuola, ritenendo che in tal modo questi studenti saranno in grado di seguire
corsi di Ingegneria, Filologia, Lingue straniere, Filosofia, significa cadere
in pieno nella sindrome didatticista del «successo formativo obbligatorio». Vale
a dire quanto di più distante ci sia dalla concreta realtà dell’apprendimento,
che è fatta di tempi lunghi, di talento naturale, di dialogo maieutico tra
maestro e allievo. (Fonte: A. G. Biuso, Roars 07-11-15)
VARIE
CRISI DELLA SCUOLA.
CRISI DEL DISCIPLINAMENTO SOCIALE
Perché da noi il disciplinamento sociale si mostra così debole? Perché
da noi non funzionano quei meccanismi che servono a ricordare nelle più
svariate occasioni che «non si può fare come si vuole», che ci sono delle
regole necessarie alla convivenza per ogni violazione delle quali ci sono delle
sanzioni? E perché queste non sembrano preoccupare nessuno? Un principio di
risposta va cercato nella crisi profondissima che in Italia ha colpito da
decenni (insisto: da decenni) la scuola, la quale - stante il forte
indebolimento dell’istituto familiare, dell’influenza religiosa e la fine del
servizio di leva - è divenuta da molto tempo l’agenzia primaria se non unica
del disciplinamento sociale degli italiani: con esiti che sono sotto gli occhi
di tutti. La scuola adempie a questa funzione di disciplinamento essenzialmente
in due modi. Innanzi tutto, per l’appunto, con la disciplina: cioè inserendo il
giovane in un ordine dato e non contrattabile fatto di orari, ruoli, obblighi
di un certo comportamento, ed esigendone il rispetto. In secondo luogo
impartendo un insieme di nozioni, le quali rappresentano però assai più che
sparse conoscenze disciplinari. Nel loro insieme infatti esse costituiscono un
patrimonio che affonda le sue radici nel passato e costituisce un’identità
culturale messa a disposizione dello studente, implicando dunque un’idea della
continuità nonché un’immagine della trasmissione da una generazione all’altra.
Tutti elementi che, congiunti, implicano anche un’idea forte del legame
sociale. Ma importa a qualcuno di come la scuola riesca ad adempiere il ruolo
ora descritto? Non direi: oggi la scuola sembra interessare l’opinione
pubblica, infatti, solo per le agitazioni di tipo sindacale degli insegnanti o
per le cosiddette «lotte degli studenti». Tanto meno, poi, sembra importare
quale sia il reale effetto che la scuola stessa ha sulla costruzione sociale
degli italiani. Dubito ad esempio che nelle stanze di viale Trastevere
sia mai giunta notizia che in moltissime realtà scolastiche italiane ormai si
assiste ad una vera e propria abolizione di fatto della disciplina. Dubito che
si sappia che ormai non sono affatto rari i casi, già nelle scuole medie, non
solo di aperta irrisione e insofferenza da parte degli studenti verso gli
insegnanti, ma addirittura di minacce e insulti nei loro confronti: e quasi
sempre senza che ciò produca sanzioni degne di questo nome. Da tempo infatti
nella scuola italiana - complici l’aria dei tempi, la voglia di non avere
fastidi, l’arroganza di molti genitori inclini a proteggere sempre il «cocco di
casa» anche se è un teppista in erba - da tempo, dicevo, domina un
permissivismo distruttivo e frustrante. Un permissivismo che prende, tra le
molte altre, la forma della promozione d’ufficio. Certo, non è scritta da
nessuna parte (almeno suppongo), ma di fatto vige la regola che nella scuola
dell’obbligo, cioè fino alla terza media, è vietato bocciare. L’effetto di
tutto ciò è che in generale il meccanismo didattico risulta privo di quello che
da che mondo e mondo è il solo, vero (e infatti altri finora non ne sono stati
inventati), strumento di sanzione. Ma ancora più
importante, però, è che, dominata da un tale meccanismo perverso, la scuola
finisce inesorabilmente per perdere ogni reale capacità di insegnare qualcosa.
Mi chiedo se il ministro Giannini sia consapevole di ciò che un gran numero di
insegnanti potrebbero confermarle: e cioè che oggi termina la scuola
dell’obbligo un grandissimo (insisto: grandissimo) numero di studenti incapaci
di scrivere correttamente in italiano, di fare il riassunto di un testo appena
complesso, di risolvere un pur non difficile problema di matematica. (Fonte: E.
Galli della Loggia, CorSera 06-11-15)
UNA DIMENSIONE 'GLOCAL' PER LE UNIVERSITÀ
Gaetano Manfredi,
neo-presidente della Crui, a Siena all'inaugurazione del 7750 anno accademico,
ha lanciato un messaggio indicando la strada da seguire: «Positiva la
globalizzazione dell'Università, indispensabile la sua dimensione
internazionale. Tuttavia non devono andare perse tradizioni locali e
specificità. Un patrimonio importante stratificato nei secoli. È dalle
diversità che emergono, infatti, idee nuove e che trae linfa la creatività.
Insomma, occorre una dimensione `glocal'». Glocalizzazione o glocalismo è un
termine introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman per adeguare il panorama della
globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni
con gli ambienti internazionali: la creazione o distribuzione di prodotti e
servizi ideati per un mercato globale o internazionale, ma modificati in base
alle leggi o alla cultura locale. (Fonte: La Nazione Siena 29-10-15)
RIENTRO DEI "CERVELLI" SEMPRE MENO CONVENIENTE
Non solo tornare non conviene ma i cervelli in
fuga che, spinti dalla nostalgia, si sono lasciati convincere a rientrare
dietro la promessa di incentivi, sono stati beffati. L’amara riflessione
consegue alle ultime decisioni del governo in merito alle agevolazioni per il
rientro degli italiani all’estero. L’esecutivo infatti, dopo aver prorogato per
altri due anni gli sgravi fiscali del piano Controesodo del governo Berlusconi,
che sarebbe scaduto il 31 dicembre 2015, ha deciso, a distanza di pochi mesi,
di sostituirli con palliativi di importo minore: non più il 70-80% dello
stipendio, ma appena il 30%. L’incentivo è stato cancellato dalla norma di
settembre sulla internazionalizzazione delle imprese e sostituito con uno
decisamente meno generoso. L’unico aspetto consolatorio è rappresentato dal
superamento del limite di età, prima fissato al compimento dei 40 anni, che
quindi apre le porte degli sgravi fiscali anche ai nati prima dell’1 gennaio
1969. (Fonte: A. De Angelis, investireoggi.it 04-11-15)
ATENEI. IT
ATENEI LOMBARDI
Sono 17 gli atenei
regionali in Lombardia. Milano ne raccoglie otto e il loro ranking accademico è
di buon livello, ai primi posti in Italia e, in ragione della specializzazione,
anche a livello europeo. Il valore aggiunto che le università apportano al
sistema Lombardia è di significativa importanza a livello sociale, ma anche
economico. Nel 2013 erano oltre 250mila gli iscritti, oltre il 70% dei quali lo
era negli atenei milanesi. Circa il 6% di questi era costituito dagli
stranieri, a grande maggioranza europei. Il Politecnico di Milano era in testa
con oltre il 25%, seguito da Statale, Bicocca e Bocconi. La ricaduta economica
derivante dagli iscritti lombardi, seguiti da piemontesi e veneti, la cui spesa
pro-capite è essenzialmente dovuta ai trasporti, al vitto quotidiano e alla
retta di iscrizione, è difficile da stimare. Mentre quella generata dagli
stranieri e dagli studenti che arrivano dalle regioni centro-meridionali è
valutabile intorno ai 12-13 mila euro annui, retta a parte, per chi risiede nel
capoluogo di Regione, mentre per le altre città e inferiore di oltre il 25%.
(Fonte: Il Giorno 20-11-15)
UNIBOCCONI AUMENTA GLI INVESTIMENTI PER LE BORSE DI
STUDIO
Per evitare
«l'indebolimento del principio universale dell'uguaglianza» l'università
Bocconi ha annunciato l'intenzione di aumentare gli investimenti per le borse
di studio portandoli da 25 a 30 milioni di euro l'anno entro iI 2020 e di
aumentare i beneficiari di questo progetto di 20 unità l'anno. L'iniziativa è
diretta a studenti delle scuole superiori che abbiano dimostrato impegno e
ottenuto buoni risultati, ma con una situazione familiare che impedirebbe l'accesso
agli studi universitari. A questi la Bocconi offrirà agevolazioni come
l'esenzione totale dal pagamento dei contributi accademici e una delle seguenti
opzioni: un alloggio gratuito in una delle residenze dell'Università, un
pacchetto mensa gratuito o una borsa di studio di 4000 euro. (Fonte: Libero
Milano 11-11-15)
UNIBO. IL RETTORE A CONCLUSIONE DEL SUO MANDATO
SCRIVE A TUTTO IL PERSONALE DOCENTE E NON
Cari tutti,
a conclusione del mio
mandato di Rettore, voglio dirvi grazie e farvi un augurio.
Grazie per il vostro
impegno generoso di questi sei anni segnati da una riforma controversa e da
tagli dei finanziamenti ministeriali, stipendi bloccati, progressiva riduzione
dell’autonomia universitaria, aumento dei vincoli burocratici; ma anche dalla nostra
capacità di dare il meglio in condizioni così avverse.
Grazie per il vostro
lavoro qualificato che ha reso la nostra Università più ambita da studenti e
famiglie, più affermata nelle classifiche internazionali, più riconoscibile nel
mondo, più stimata dalla società, più consapevole dei propri doveri e dei
propri diritti.
Grazie per il vostro
senso di appartenenza alla grande comunità pubblica, laica, aperta dell’Alma
Mater, che contribuisce al bene culturale e civile di un Paese dove si fa
sempre più fatica a riconoscere gli onesti, a premiare i bravi, a garantire la
giustizia sociale.
L’augurio è quello di
essere consapevoli che siamo prioritariamente a servizio degli studenti, dei
nostri giovani, “il bene più prezioso”, così lo sentiva Erasmo; che abbiamo il
dovere di migliorare, con la ricerca e la formazione, le condizioni di vita dei
singoli e della società tutta; che - in un mondo sempre più dominato da
interessi piccoli e grandi e da conflitti di ignoranza - l’Università è
chiamata oggi più che mai alla sfida della cultura e della conoscenza.
Un caro e grato
saluto.
Ivano Dionigi.
Rettore Alma Mater Studiorum Università di Bologna
(Fonte:
rettore@unibo.it 31-10-15)
UNISI. UN RISANAMENTO EFFICACE
Il rettore Angelo
Riccaboni fu eletto all'università di Siena che aveva chiuso il 2010 con un
rosso di 18 milioni, portandola nel 2013 a + 6,91, diventati 7,79 lo scorso
anno, che, secondo la contabilità economica, introdotta di recente, si
traducono in un utile di 10,17. Un risanamento però non al prezzo di
sacrificare didattica e ricerca, tanto che l'ateneo è tornato, da tre anni, a
svettare nelle classifiche ed è uno dei primi italiani nei ranking
internazionali. Un piccolo grande miracolo. (Fonte: ItaliaOggi 11-11-15)
LUISS BUSINESS SCHOOL. ACCREDITATA DA EQUIS
(EUROPEAN QUALITY IMPROVEMENT SYSTEM)
La Luiss Business School
di Roma (la Scuola di Business e Management dell’Università LUISS Guido Carli) presieduta
da Luigi Abete, incluso il Dipartimento di Impresa e Management
dell'Università, entra ufficialmente nell'élite della formazione manageriale
internazionale e riceve il prestigioso accreditamento Equis (European Quality
Improvement System) riconosciuto solo a 150 istituzioni sulle 15 mila censite
nel mondo. (Fonte: IlSole24Ore 29-10-15)
UE. ESTERO
RAPPORTO UE 2015 DI MONITORAGGIO SU
EDUCAZIONE E FORMAZIONE
L'Italia si piazza
all'ultimo posto tra i 28 con il più basso numero di laureati, al penultimo per
gli ingressi nel mondo del lavoro e tra i peggiori per il sempre elevato numero
di abbandoni scolastici. Tuttavia, Bruxelles sottolinea che negli ultimi anni
sono stati "fatti progressi" e che la "recente riforma può
aiutare a creare le condizioni per migliorare ulteriormente i risultati".
Solo il 23,9% degli italiani tra i 30 e i 34 anni è laureato, la percentuale
più bassa di tutti i Paesi europei nonostante un miglioramento del 3,5% negli
ultimi tre anni. Grande la discrepanza tra i sessi: solo il 18,8% dei maschi ha
una laurea contro il 29,1% delle femmine. A fronte di una media Ue del 37,9% rispetto
all'obiettivo di "almeno il 40%" entro il 2020, l'Italia è ampiamente
al di sotto, anche se è vicina al raggiungimento del suo obiettivo nazionale
che fissa l'asticella molto più in basso, ad "almeno il 26%". I paesi
con più laureati sono Lituania, Lussemburgo e Cipro, tutti sopra il 50%. Chi
esce dall'università o comunque da un ciclo di istruzione superiore in Italia
non riesce ad entrare nel mondo del lavoro: sono appena il 45%, e per di più in
calo del 12,6% dal 2011, contro una media Ue del 76%, gli occupati tra i
20-34enni con lauree o titolo di studi secondari superiori. Peggio solo la
Grecia, con il 44,3%. Al top dei giovani occupati qualificati, invece, maltesi
(91,7%), tedeschi (90%) e olandesi (87,3%). I ragazzi italiani sono anche i
quinti tra i coetanei europei che più lasciano anzitempo gli studi: gli
abbandoni sono ancora al 15%, nonostante un calo del 2,8% tra 2011 e 2014.
Peggio solo Spagna (21,9%), Malta (20,4%), Romania (18,1%) e Portogallo
(17,4%). Su questo fronte, però, l'Italia ha già ampiamente raggiunto il suo
obiettivo 2020 del 16%. Quello Ue, invece, è fissato a "meno del
10%", con una media attuale dell'11,1%. Al top Croazia (solo 2,7%),
Slovenia (4,4%) e Polonia (5,4%). L'Italia è invece tra i Paesi virtuosi per
l'inserimento nell'educazione dei bimbi dai 4 anni in su, con il 98,7%. (Fonte:
www.ansa.it 12-11-15)
UE. DIRETTIVA PER ATTRARRE CERVELLI
EXTRAEUROPEI
L'Unione europea
punta ad assicurarsi la presenza di cervelli extraeuropei che altrimenti
opterebbero per mete più interessanti, come gli Stati Uniti d’America. Allo
scopo è stato raggiunto un primo, importante, accordo politico tra il
Parlamento e il Consiglio europeo sulle regole volte a facilitare e attrarre
nelle università europee gli studenti e i ricercatori provenienti dai paesi
terzi. La direttiva fornisce inoltre chiarimenti per stagisti, volontari e
lavoratori “alla pari”, con l’obiettivo di facilitare gli scambi culturali con
i paesi extraeuropei. Queste norme devono essere approvate in via definitiva
dal Parlamento e dal Consiglio. I paesi membri avranno quindi due anni di tempo
per adeguarsi alla nuova direttiva. L’obiettivo, spiega la relatrice del
dossier, è rafforzare la competitività degli atenei europei nell’arena globale,
rendendoli più accessibili e appetibili per i talenti e i ricercatori altamente
qualificati provenienti dai paesi terzi. La nuova direttiva attualmente in
discussione si basa su due direttive preesistenti: quella sugli studenti e
quella relativa ai ricercatori. Studenti e ricercatori avranno il diritto di
restare in Ue nei 9 mesi successivi alla conseguimento della laurea o del
dottorato di ricerca, per poter cercare un impiego o creare la propria impresa.
Oggi, invece, sono i singoli paesi membri a stabilire la durata del periodo di
soggiorno successivo al corso di studi. (Fonte: innolabsplus.eu 18-11-15)
GRAN BRETAGNA. “BORSE DI STUDIO, NON DEBITO”
Per protestare contro l’ennesimo annunciato
aumento delle tasse universitarie e contro i tagli selvaggi alle forme di
welfare studentesco, migliaia di studenti sono scesi in piazza a Londra
rivendicando il diritto a un’istruzione gratuita per tutti e #GrantsNotDebt (“Borse di studio, non
debito”): questo lo slogan della protesta che ha riempito le strade della
capitale britannica in una delle più grandi manifestazioni studentesche dal
2010 a oggi. A sollevare la nuova ondata di proteste è stata la riforma
proposta dal cancelliere conservatore George Osborne, che vorrebbe sostituire
le attuali borse di studio per gli studenti a basso reddito con un sistema di
prestiti per poter pagare le rette universitarie, condannando di fatto migliaia
di studenti a un indebitamento a vita per potersi permettere il proseguimento
degli studi. Le università inglesi sono tra le più care in Europa, soprattutto
dopo il vertiginoso aumento che le rette d'iscrizione hanno subìto negli ultimi
anni, diventando sempre più inaccessibili: tra il 2010 e il 2012 sono
addirittura triplicate e allora l’annunciato aumento delle tasse aveva dato
vita a una vastissima mobilitazione studentesca in tutto il paese. (Fonte:
Infoaut 05-11-15)
GRAN BRETAGNA.
MODULI DI ISCRIZIONE ALLE UNIVERSITÀ ANONIMI DAL 2017
Dal 2017 i moduli di iscrizione alle università inglesi saranno anonimi.
Nel senso che nel documento che indica il livello di studio, i punteggi
conseguiti e altri dettagli del curriculum non saranno riportati il nome e il
cognome del candidato. Una procedura insolita che però sarebbe il segreto per
evitare che si facciano preferenze a danno di minoranze e gruppi etnici e per garantire
a tutti, in modo ugualitario, l’accesso ai miglior atenei. Ad annunciarlo è
stato direttamente il premier inglese David Cameron che in una conferenza
pubblica di fronte agli esponenti del suo partito, e poi in un intervento sul
Guardian, ha spiegato le ragioni di questa scelta. Secondo le statistiche nelle
università britanniche gli inglesi doc ottengono il 55 per cento dei posti
contro il 23 per cento offerto ai candidati di colore, e questo non può essere
accettabile per il governo che punta sulla mobilità sociale e l’eguaglianza. La
rivoluzione nel mondo dell’istruzione, del resto, segue quella che sta
avvenendo nel mondo del lavoro. Recentemente una multinazionale come la
Deloitte ha annunciato che nelle prossime assunzioni presenterà alla commissione
esaminatrice solo curricula ciechi, che non segnalano la scuola e l’università
di provenienza, per evitare pregiudizi e decisioni dipendenti da essi. Il
metodo del nome cancellato è diffuso sia negli uffici pubblici e nei comuni,
sia per la Bbc, il servizio sanitario nazionale e l’agenzia che si occupa di
istruzione (Fonte: C. Belloni, CorSera Università 02-11-15)
FRANCIA. STRANES (STRATÉGIE
NATIONALE DE L'ENSEIGNEMENT SUPÉRIEUR)
StraNES (Stratégie
Nationale de l'Enseignement Supérieure) è il dettagliato piano strategico che
definisce gli obiettivi nazionali per lo sviluppo dell'istruzione superiore nel
prossimo decennio. Frutto di un'ampia concertazione, il piano si inserisce
nell'ambito della Legge per l'insegnamento superiore del 22/7/2013
e intende ridisegnare il settore universitario verso un futuro più attento alle
attese giovanili, all'inclusione sociale e allo sviluppo
dell'internazionalizzazione, attraverso 5 passaggi strategici e 40 proposte
operative. Il rapporto su StraNES, presentato in settembre da Sophie Béjeane e
Bertrand Monthuber, si può leggere in una sintesi. (Fonte: M. L. Marino,
rivistauniversitas 20-10-15)
GRECIA. CRISI DELLE UNIVERSITÀ
Il lento collasso
delle università greche è una realtà che prosegue da anni: alla fine di luglio
gli atenei avevano ricevuto soltanto 2 milioni dei 112 milioni di finanziamento
statale previsti per il 2015, mentre l'Università di Atene, la maggiore del
Paese, ha dovuto sospendere le immatricolazioni per l'anno in corso. I continui
tagli anno dopo anno hanno portato a una riduzione complessiva di oltre il 70%
dei fondi ricevuti prima dell'ultima crisi finanziaria. Le sforbiciate agli
stipendi hanno portato molti docenti a richiedere il prepensionamento per
proteggere il loro futuro, mentre il numero di ricercatori nei centri statali
di ricerca è diminuito di oltre il 25% negli ultimi anni. Le assunzioni sono
state congelate per anni e anche i professori che hanno vinto i concorsi
dovranno attendere parecchio tempo prima di vedersi assegnare una cattedra e
iniziare la docenza. Dopo la chiusura nel 2013 degli atenei minori del Paese e
il drastico ridimensionamento delle principali università greche ad Atene e
Salonicco, ancora più drammatici e difficili da identificare, quantificare e
contrastare appaiono gli effetti a lungo termine dell'austerità e
dell'incertezza che hanno tenuto banco in Grecia negli ultimi sei anni, il
primo dei quali è l'aumento del fenomeno della fuga dei cervelli. Uno studio
recente mostra che più di 200.000 hanno lasciato la Grecia negli ultimi cinque
anni. (Fonte: M. Borraccino, rivistauniversitas 12-11-15)
USA. CONFRONTO DEL COSTO DI UN'ISTRUZIONE
SUPERIORE CON LO STIPENDIO DI UNA CARRIERA INTERA
Uno studio di
PayScale, una società di ricerca citata dall'Economist, ha calcolato il ritorno
di un'educazione superiore nelle università americane: ha messo a confronto i
guadagni di una intera carriera lavorativa con il costo di una laurea nei
diversi corsi, al netto degli aiuti finanziari. Il risultato è per certi versi
soprendente: il nome è il prestigio dell'università non conta quanto il campo
di studi. Insomma i grandi college di fama internazionale potrebbero diventare
ancora più selettivi, ma - spiega il report - il ritorno di una laurea dipende
molto di più dalla materia di studio che dalla scelta della scuola. Non
soprende, invece, che gli studenti di ingegneria e scienze informatiche
guadagnino più di tutti: in 20 anni il rendimento annualizzato del loro titolo
è pari al 12% dell'investimento, giusto per far un esempio a Wall Street
l'S&P 500, il listino delle 500 società di Borsa più grandi, si ferma al
7,8%. Gli ingegneri, inoltre, sono quelli che meno dipendendo dal prestigio
della loro scuola: i laureati di scuole meno selettive hanno un ritorno appena
inferiore alla media. Pagano bene anche i titoli di studio in economia che
rendono l'8,7% annuo, mentre i corsi delle facoltà umanitische pagano evidenti
dividendi intellettuali, ma alle volte hanno ritorni inferiori all'investimento
iniziale. (Fonte 16-11-15)
CINA. AL PRIMO POSTO
NEGLI MBA EXECUTIVE
Gli investimenti cinesi nella formazione di alto livello cominciano a
dare i primi frutti: nelle scorse settimane il Financial Times ha pubblicato la
classifica annuale degli Mba Executive (vale a dire quelli frequentati da chi
ha già maturato un'esperienza lavorativa) e al primo posto si è piazzata l'Università
Tsinghua di Pechino, per iI percorso formativo di 18 mesi organizzato in
accoppiata con Insead (sedi a Parigi e Singapore). La graduatoria del giornale
inglese analizza principalmente tre criteri nelle sue valutazioni: le qualità e
competenze del corpo docente, il grado di internazionalità e diversity degli
allievi, i progressi di carriera compiuti nei tre anni successivi alla
conclusione del corso. Che il successo di Tsinghua non sia un fatto isolato
trova conferma nel secondo posto attribuito alla Kellogg/Hkust Business School
di Hong Kong, mentre la prima presenza occidentale si trova al terzo posto, con
Trium, frutto della collaborazione tra Hec di Parigi, London School of
Economics e New York University. La prima presenza italiana si trova al 13°
posto con la Escp Europe, scuola con sedi in Francia, Gran Bretagna, Germania,
Spagna e Italia (Torino). Il suo executive Mba risulta il terzo migliore al
mondo nell'indicatore relativo alla progressione di carriera e
nell'internazionalità dell'esperienza. (Fonte: L. Dell'Olio, Rep. A&F
09-11-15)
MALESIA. LA UNITED NATIONS
HIGH COMMISSION FOR REFUGEES (UNHCR) SOSTIENE L'INSERIMENTO DI RIFUGIATI
NELL'ISTRUZIONE SUPERIORE
I "nuovi"
profughi che arrivano in Asia, principalmente dalla Siria e dall'Iraq, hanno un
alto livello d'istruzione: offrire loro accesso all'università è una delle
maggiori sfide attuali. Secondo quanto emerso dalla Conferenza sull'Accesso
globale all'istruzione post secondaria (GAPS) svoltasi a Kuala Lumpur (5-8
ottobre 2015), a queste nuove figure di rifugiati i paesi ospitanti sono
totalmente impreparati. Si scontrano con l'oggettiva difficoltà nel reperire
informazioni sul loro livello di preparazione e non riescono, quindi, a fornire
un'istruzione adeguata. Anche se in possesso di titoli di studio, i rifugiati
non possono utilizzarli nei paesi ospitanti, perché non equiparabili alle
certificazioni ottenute in loco, né possono accedere agli esami pubblici.
Eppure, nella maggior parte dei casi, si tratta di persone con un alto livello
di istruzione che vogliono ricostruire la propria ita, come ha dichiarato Mimi
Zarina Azmin, Education associate presso la United Nations High Commission for Refugees (UNHCR) in Malesia. Dai
dati raccolti durante la Conferenza è emerso che dei 152.700 bambini arrivati
in Malesia, la cosiddetta "popolazione in stato di bisogno", solo il
15% va a scuola, perché impossibilitati a frequentare le scuole pubbliche. La
Malesia è, ad oggi, il secondo paese con il maggior numero di rifugiati globali
in un contesto urbano. Dall'UNHRC stanno arrivando segnali forti perché i paesi
e le istituzioni sostengano i rifugiati. Lo scorso anno l'agenzia delle Nazioni
Unite specializzata nella gestione dei rifugiati ha firmato un memorandum
d'intesa (MOU) con la University of Nottingham Malaysia Campus, l'International
University of Malaya-Wales e la Limkokwing University of Creative Technology,
grazie al quale 50 rifugiati potranno avere accesso all'istruzione superiore in
Malesia usufruendo di borse di studio. (Fonte: The new access challenge is for
refugees, says UNHCR, University World News del 9 ottobre 2015; E. Cersosimo,
rivistauniversitas 13-11-15)