martedì 22 gennaio 2019

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE n. 1 21-01-2019



IN EVIDENZA



LO «SKILL GAP» È UN FENOMENO ATTUALE. POCHI ISCRITTI ALLE FACOLTÀ LEGATE ALL’INFORMATICA

«Sono posti di lavoro pregiati e qualificanti quelli nell’Information and communications technology (Ict), che richiedono oggi un percorso di aggiornamento sostenuto e veloce. Ma c’è un evidente problema di non soddisfacimento di domanda di queste professioni e questo problema arriva da lontano, dagli anni 2000». Il prologo alla presentazione dei risultati dell’Osservatorio delle Competenze Digitali 2018 (condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia in collaborazione con il Miur e l’Agid) è di Franco Patini, membro del Comitato scientifico dello stesso Osservatorio e di Confindustria Digitale.

Lo «skill gap», così come lo si definiva alla fine degli anni '90, è un fenomeno attuale e si manifesta attraverso criticità ben definite: pochi i laureati in materie scientifiche e non sufficienti a soddisfare la domanda di impiego delle aziende impegnate a cavalcare la trasformazione digitale; pochi iscritti alle facoltà legate all’informatica; formazione non adeguata alla velocità di aggiornamento delle competenze che il mercato richiede; scarsa comunicazione fra aziende, famiglie e territorio; offerte di lavoro non sempre attrattive. «Senza queste professionalità - dice Patini - non si fa trasformazione digitale e non c’è piano di sviluppo che tenga: l’onda lunga delle nuove competenze, e di quelle digitali in particolare, deve invece arrivare ovunque, anche alle medie e piccole imprese dei distretti meno sviluppati. Se la situazione non si sblocca, subito, il problema rimarrà tale anche fra dieci anni». Il gap fra domanda e offerta è dimostrato da numeri che vedono nel 2018 un fabbisogno delle aziende oscillante fra le 12.800 e le 20.500 figure, mentre l’Università dovrebbe laurearne poco più di 8.500 rispetto ai 7.700 del 2017. Gli specialisti in informatica e ingegneria informatica (Info), invece, si fermano a 4.460. (Fonte: G. Rusconi, IlSole24Ore 17-01-19)



LA RIVISTA NATURE RAVVISA UN CONCRETO PERICOLO DI PERDITA DI AUTONOMIA DELLA SCIENZA ANCHE IN ITALIA

Alcuni giorni fa la rivista Nature ha inserito l’Italia in una lista di Paesi europei in cui la libertà di ricerca è sotto minaccia per due ragioni: non c’è un finanziamento adeguato; ci sono tentativi di controllare la ricerca, di usarla come un terreno di conquista politica. Impossibile non ricordare, allora, alcuni recenti episodi italiani: la rimozione del presidente dell’ASI, quella di tutti i membri del Consiglio superiore di sanità e anche le dimissioni di 4 su 5 degli illustri scienziati della commissione che deve dare indicazioni sui nomi dei responsabili degli enti di ricerca italiani. Molti fanno notare che abbiamo un problema. Non voglio entrare nel merito specifico, ma sulle modalità con cui queste decisioni sono state prese: senza preavviso, senza nessuna apparente argomentazione e senza alcun riconoscimento di quanto fatto finora, sia che fossero meriti o demeriti eventuali. (Fonte: T. Pievani, ilbolive.unipd.it 10-12-18)



UNA COMMISSIONE AL LAVORO PER REVISIONARE LA LEGGE 240/2010

Si sta delineando la composizione di una Commissione che dovrebbe lavorare a un testo unico per l’Università, partendo dall’esistente pletora di norme e leggi che sul tema si sono accumulate nel corpus giuridico italiano. Una Commissione annunciata poche settimane fa nell’ambito di una riunione della CRUI, mai ufficializzata in maniera pubblica ma, evidentemente, reale. Speriamo che si arrivi a una vera svolta per il sistema universitario. Tuttavia abbiamo già vissuto una legge di riforma calata dall’alto (per opera degli stessi individui oggi in cabina di regia, a cominciare da Giuseppe Valditara), definita senza aver ascoltato chi lavora e opera per il bene di un’università che forma la nuova classe che guiderà il Paese e in grado di essere competitiva con le università straniere. Siamo convinti che i tempi del “non disturbate il manovratore” siano trascorsi ampiamente, e ciò che è avvenuto tra il 2008 e il 2011 (gli accordi non scritti e non detti tra il ministro allora in carica e la CRUI) non debba ripetersi. I nominativi dei componenti  la Commissione sopra menzionata si leggono qui. (Fonte: medium.com/unimind 31-12-18)



PUNTI ORGANICO. IL NUOVO GOVERNO HA CONFERMATO LE REGOLE DI RIPARTIZIONE INTRODOTTE DAL GOVERNO MONTI NEL 2012

È stato pubblicato il “DM dei criteri e del contingente assunzionale delle Università statali per l’anno 2018”, che però non comporta una crescita complessiva, ma solo un travaso da un ateneo all’altro. Infatti, i 2.038 punti organico ripartiti corrispondono ad un turn-over del 100%: solo mettendo a dieta qualcuno è possibile che qualcun altro vada “ben oltre il normale turn over” (alcuni esempi: Bergamo (310%), Politecnico di Milano (237%), Milano Bicocca (186%), Varese Insubria (143%).

Fino al 2012 ogni ateneo con i conti in regola, secondo i parametri contabili del MIUR, era libero, al pari di altre pubbliche amministrazioni, di avere disponibilità del “proprio” turnover. Dal 2012, una norma prevista da un decreto-legge del Governo Monti ha tolto agli atenei tale autonomia, prevedendo che i pensionamenti avvenuti in un ateneo A possano essere conteggiati come turnover di un ateneo B, se B ha un bilancio ancora più solido del (pur virtuoso) ateneo A secondo un complicato algoritmo. Il meccanismo, è di fatto un unicum nella pubblica amministrazione e comporta che gli indicatori di bilancio dipendano in maniera significativa dalle entrate derivanti dalle tasse degli studenti.

Tali norme dovute al Governo Monti sono state applicate da tutti i governi che da allora si sono succeduti: Letta, Renzi, Gentiloni. Con alcune varianti. In particolare, anche a seguito delle proteste del mondo accademico e di un ordine del giorno in precedenza presentato dal Movimento 5 Stelle contro tali modalità di ripartizione, attraverso un DPCM il Governo Renzi (ministro Giannini), pur mantenendo l’impostazione originaria, ha proceduto a “calmierare” le evidenti distorsioni nel guadagno o perdita di punti organico da parte di un singolo ateneo, introducendo alcune clausole di salvaguardia, peraltro non particolarmente incisive, clausole poi confermate dal Governo Gentiloni (ministro Fedeli).

Il 28 dicembre 2018 il governo gialloverde ha varato un nuovo DPCM, a firma Conte, che detta le modalità di attribuzione delle facoltà assunzionali per i prossimi tre anni. Ebbene, il nuovo governo ha confermato pienamente le regole di ripartizione dei punti organico introdotte dal Governo Monti nel 2012 e applicate da allora da tutti gli altri governi. In particolare, è stata confermata la circostanza che i pensionamenti di un ateneo possano essere attribuiti ad un’altra università. L’unica novità è nelle clausole di salvaguardia: viene infatti eliminato ogni limite superiore al guadagno, a spese di altri atenei, di punti organico di un singolo ateneo, e portata al -50% (nel 2014 era -40%) la perdita massima del turnover di un ateneo virtuoso rispetto al turnover medio nazionale.

La ri-edizione del “decreto Monti”, peraltro con l’eliminazione di qualunque clausola di salvaguardia superiore, ha riproposto ed anzi amplificato gli squilibri denunciati gli scorsi anni. Così abbiamo, come mostrato in Tabella, atenei con un turnover del 663% (Università Stranieri di Siena), un vero record nella pubblica amministrazione, quasi 7 volte oltre la media nazionale del turnover (pari al 100% a partire dal 2018), e al contempo atenei che, sebbene “virtuosi”, debbono accontentarsi di un turnover quasi dimezzato rispetto al complesso degli altri atenei. Dalla tabella si capisce perché pur avendo indicatori peggiori Udine si prende più (in relazione ai pensionamenti) di Napoli. Il Delta premiale è totalmente slegato dal numero di pensionamenti. Quindi ci perdono di più le università che nell’anno 2017 hanno avuto un numero maggiore di pensionamenti.






PERCHÉ DA NOI  I LAUREATI SONO POCHI E CRESCONO MENO CHE ALTROVE?

Un’analisi dettagliata delle statistiche OCSE contiene una buona notizia ed una cattiva. La buona notizia e’ che anche da noi le nuove generazioni si laureano di più. Tra i 55-64 anni solo il 12 percento degli italiani è laureato, un po’ più di 1 su 10, mentre tra i 25 -34 anni il numero è più che raddoppiato a 27 %, tra i giovani quasi uno su tre è laureato. La cattiva notizia è che se ci paragoniamo con il mondo industrializzato, non solo gli italiani meno giovani sono il fanalino di coda delle lauree, ma tra i più giovani il gap si sta allargando. Perdiamo terreno nei confronti di tutta la OCSE, ma colpisce quanto ne perdiamo nei confronti di un paese come la Corea che parte da livelli simili ai nostri per i meno giovani, ma che per i giovani è diventato l’assoluto record mondiale: 7 giovani coreani su 10 sono laureati.

Perché da noi  i laureati sono pochi e crescono meno che altrove? Il “ diritto allo studio “ (leggi la università è troppo cara) è un falso problema: le rette sono tutt’altro che proibitive (meno di 2 mila euro/anno) e uno studente con pochi mezzi che passa il test di selezione al Politecnico le paga in maniera molto ridotta e viene ospitato nelle case dello studente gestite dal Politecnico. I veri problemi sono due che si rafforzano a vicenda: manca la domanda di laureati da parte delle aziende e l’offerta di laureati da parte delle università è inadeguata.

Le aziende italiane non assumono molti laureati perché sono troppo piccole. Una piccola azienda non ha bisogno di laureati, lavora l’imprenditore che assume periti industriali più o meno specializzati; il commercialista segue la parte fiscale e contabile, la informatica la segue uno studio esterno, la direzione personale non serve – le paghe le fa un servizio esterno.

La seconda ragione è la non ottima qualità della formazione dei laureati, riconosciuta dai datori di lavoro ma non dai docenti. Un laureato in ingegneria al politecnico di Milano o in economia alla Bocconi trova sempre lavoro alla laurea e gli stipendi sono migliori dei non laureati. Questo perché sono più bravi a progettare un sofware o conoscono meglio la finanza? Non necessariamente. La ragione è che i datori di lavoro sanno che sono stati selezionati duramente (e quindi sono già “più bravi“), sanno ragionare bene, risolvere i problemi e hanno  imparato (in verità poche) soft skills. Accade anche  in una altra decina di università italiane ma non in gran parte delle altre 60 perché le università insegnano il problem solving a livelli elementari e zero soft skills.

Questi due problemi si rafforzano a vicenda: se le aziende aumentassero la domanda si contenderebbero i pochi laureati migliori con stipendi migliori (oggi un neo laureato del Politecnico guadagna meno di un neo ingegnere cinese) e ci sarebbe una salutare corsa alle università migliori, stimolando l’aumento della qualità. Se le università sfornassero laureati con le skills giuste, le migliori aziende aumenterebbero la loro competitività e l’economia crescerebbe. (Fonte: R. Abravanel, meritocrazia.corriere.it 14-12-18) 



NUMERO CHIUSO. AVERE PIÙ STUDENTI MA IL PAESE DEVE INVESTIRE SUL CAPITALE UMANO

Nel corso di una audizione davanti alla Commissione Cultura e Istruzione della Camera, il rettore dell'Università Sapienza Eugenio Gaudio, è intervenuto per conto della Crui, "La volontà è aumentare la platea degli studenti - ha affermato il rettore - ma negli ultimi 10 anni c'è stato un definanziamento per oltre il 10% degli atenei che in termini reali è stato di oltre il 20%. Serve una rivoluzione culturale del paese, puntando sulla formazione: se i finanziamenti sono fermi è come se volessimo invitare a una cena per 6 persone, ben 50 invitati: tutti rimarrebbero scontenti". Tra le soluzioni proposte dal rettore, la valutazione del percorso pregresso dello studente, in particolare nella scuola secondaria, tenendo conto del rendimento negli ultimi due tre anni. "C'è infatti una stretta correlazione tra i risultati ottenuti nella scuola secondaria e negli anni successivi", ha detto il rettore, il quale ha anche sottolineato la correlazione tra i test di ammissione, "migliorabili, e l'andamento degli studi" dei ragazzi all'università. Infine, il rettore ha parlato dell'opportunità di potenziare l'orientamento inserendo al 4° o 5° anno della scuola un ponte con l'Università, con studenti che vanno in ateneo e i prof che vanno a scuola. Infine, a chi gli ha domandato come avveniva ai suoi tempi, quando non c'era il numero chiuso, Gaudio, laureato in Medicina e Chirurgia, ha rivelato che "l'80% dei miei colleghi non è mai venuto a lezione e non ha mai visto un paziente prima di laurearsi". (Fonte: telemia.it 16-01-19)



LEGGE DI BILANCIO 2019. BLOCCO DELLE ASSUNZIONI NELLE UNIVERSITÀ

La formulazione data nel primo maxiemendamento alla Legge di Bilancio è stata cambiata. Il blocco dei concorsi si riferisce ai “punti organico” futuri, derivanti dal turnover del 2018, che saranno assegnati nel 2019.

La nuova formulazione è diventata la seguente:

399. Per l'anno 2019, la Presidenza del Consiglio dei ministri, i Ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali, in relazione alle ordinarie facoltà assunzionali riferite al predetto anno, non possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019. Per le università la disposizione di cui al periodo precedente si applica con riferimento al 1° dicembre 2019 relativamente alle ordinarie facoltà assunzionali dello stesso anno. Sono fatti salvi gli inquadramenti al ruolo di professore associato ai sensi dell'articolo 24, comma 5, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che possono essere disposti nel corso dell'anno 2019 al termine del contratto come ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della stessa legge.

Dall’ultimo periodo del comma 399 citato, si evince che per gli RTDB (Ricercatori a tempo determinato tipo B) la norma non si applica. Per tutti i concorsi fatti con i “punti organico” derivanti dal turnover la frase chiave è che la norma “ si applica con riferimento al 1° dicembre 2019 relativamente alle ordinarie facoltà assunzionali dello stesso anno”.

 Il blocco dei concorsi anzidetti si riferisce ai “punti organico” futuri, derivanti dal turnover di quest’anno, 2018, che saranno assegnati nel 2019 (non si può farlo che nel 2019, deve ovviamente prima terminare il 2018). 

Poiché i punti organico relativi al turnover di un dato anno sono di solito assegnati molto tardivamente, se ad esempio, la futura distribuzione dei “punti organico” del 2018 fosse fatta nel luglio 2019, la perdita sarebbe solo per quei pochi concorsi che gli Atenei riuscissero a bandire in tempi da assoluto record nel 2019 stesso e si concludessero, ancora più da record, ad esempio, a fine ottobre 2019.  Si perderebbe solo 1 mese di anzianità e di mancato incremento di stipendio. (Fonte: prof. Carlo Ferraro, lettera per la mailing list del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria, 29-12-18)





CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI



GREEN METRIC WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2018

Anche quest'anno la Universitas Indonesia (UI) ha pubblicato il suo GreenMetric World University Rankings 2018, ovvero la classifica delle università più sostenibili al mondo. L'UI GreenMetric World University Rankings è il primo e unico sistema di rating a livello globale che misura l'impegno di ciascuna università partecipante nello sviluppo di un'infrastruttura ecologica a partire da 6 indicatori (luogo e infrastruttura, energia e cambiamenti climatici, rifiuti, acqua, trasporti e istruzione). All'edizione di quest'anno hanno preso parte 719 università di 81 paesi, in aumento rispetto allo scorso anno (nel 2017 avevano partecipato 619 università provenienti da 76 paesi), con l'adesione di nuove nazioni come Belgio, Bulgaria, Costa Rica, Croazia, Malta. Qual è l'università più sostenibile al mondo? A vincere l'edizione 2018 è la Wageningen University & Research, nei Paesi Bassi, seguita dall'Università di Nottingham, nel Regno Unito, mentre al terzo posto troviamo la University of California, Davis, USA. E l'Italia come si posiziona? Un ottimo risultato è stato raggiunto dall'Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna, il primo istituto italiano della graduatoria, che si guadagna il 15° posto (rispetto al 29° dello scorso anno). In seconda posizione troviamo l’Università degli Studi di Torino, che si piazza al 47° posto nella classifica mondiale.

Di seguito sono elencate le 27 università italiane nell’ordine in cui sono presenti nella classifica di 719 università nel mondo.

15 Università degli studi di Bologna

47 Università degli Studi di Torino

88 Università Ca’ Foscari Venezia

98 Università degli Studi di Milano Bicocca

104 Politecnico di Torino

115 Politecnico di Milano

120 Università degli Studi di Genova – Savona Campus & Hanbury Botanical Gardens

147 Università degli Studi dell’Aquila

196 Università di  Trieste

204 Università degli Studi di Bari Aldo Moro

208 Università degli Studi di Perugia

214 Università degli Studi di Salerno

228 Università degli Studi di Brescia

229 Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (Luiss) Guido Carli

273 Università Politecnica delle Marche

276 Università degli Studi di Ferrara

308 Università degli Studi Roma Tre

313 Università degli Studi di Padova

315 Università della Calabria

329 Università IUAV di Venezia

355 Università degli Studi di Roma Sapienza

387 Politecnico di Bari

436 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

513 Università degli Studi di Udine

586 Università degli Studi di Firenze

655 Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

691 Università degli Studi di Macerata






CULTURA DEL DIGITALE E DELL’INNOVAZIONE



ADOZIONE DELLE C.D. DIGITAL CREDENTIAL E DEGLI OPEN BADGE, ANCHE CON L’APPLICAZIONE DELLA BLOCKCHAIN, PER VERIFICARE IN MODO DIGITALE LE COMPETENZE E I RISULTATI OTTENUTI

Le tecnologie digitali abilitano nuovi modelli di business che aprono il mercato della formazione a nuovi soggetti con cui l’università deve confrontarsi. Quest’ultima risponde  sviluppando e integrando nei curricoli nuove micro-credential e incrementando l’offerta di percorsi di sviluppo personale e professionale per studenti e laureati. Si va quindi affermando sempre più l’adozione delle cosiddette digital credential e degli open badge, anche con l’applicazione della blockchain, per verificare in modo digitale le competenze e i risultati ottenuti.

Basti pensare alle maggiori piattaforme internazionali di corsi online aperti su larga scala, i MOOC (Massive Open Online Courses), come edX e Coursera, o all’acquisizione di Linda.com da parte di Linkedin o ancora a nuove piattaforme come Deeplearning.ai dove, senza alcun rapporto con il mondo accademico, il fondatore Andrew Ng è attualmente il docente con il maggior numero di studenti nel mondo, per alcune delle competenze più ricercate in ambito IT.

A livello nazionale, iniziative come il network Eduopen e l’adozione del digital credentialing, ovvero la possibilità di attestare e verificare in modo digitale le competenze e i risultati conseguiti, attraverso gli Open Badge vanno proprio in questa direzione. A giugno 2018 la CRUI, nell’ambito dell’iniziativa “Università Digitale”, ha indicato gli Open Badge e la piattaforma Bestr, sviluppata da Cineca, come riferimenti nazionali per la rappresentazione e l’attestazione di competenze (documento “Competenze Crediti Certificazioni” di giugno 2018). Ad oggi, il 15% degli atenei statali ha già adottato gli Open Badge, le università hanno pubblicato il 70% dei badge pubblicati sulla piattaforma Bestr.it e il 23% dei badge assegnati agli studenti è stato riconosciuto all’interno dei sistemi di gestione della carriera sotto forma di crediti formativi universitari (CFU).

La Blockchain può essere intesa come una enorme lista globale di “registrazioni” distribuita in rete e organizzata in maniera decentralizzata che tiene traccia delle transazioni che avvengono tra diverse identità digitali della stessa persona. Tutti i partecipanti a questa rete contribuiscono alla memorizzazione permanente dei dati firmati e alla gestione della Blockchain, permettendo l’accesso alle informazioni anche senza una copia locale di tutti dati. Nel 2016, il MIT Media Lab ha proposto uno standard aperto e a prova di manomissione per il rilascio di attestati, basato su Blockchain e denominato Blockcerts, che propone un linguaggio comune per la rappresentazione delle attestazioni e permette il controllo e la verifica veloce e disintermediata delle credential. Blockcerts permette di verificare l’emissione di un titolo (ad esempio del titolo accademico) utilizzando un certificato digitale che riflette le competenze e conoscenze acquisite dal titolare senza la necessità di contattare l’istituzione emittente, perché la prova crittografica è disponibile pubblicamente in una transazione presente sulla Blockchain in maniera inalterabile. (Fonte: M. Bertazzo e M. Cacciamani, agendadigitale.eu 11-12-18)



TRASFORMAZIONE DIGITALE E INTEGRAZIONE FRA UOMO E ROBOT NELLA VITA QUOTIDIANA

I Paesi come la Cina che credono nella Quarta rivoluzione industriale scommettono sulla trasformazione digitale e sull'integrazione fra uomo e robot nella vita quotidiana. La quarta rivoluzione industriale avviene nel cyberspace in cui Intelligenza artificiale, telecomunicazioni e cloud producono dematerializzazione dei servizi offerti ma si riflette anche nella realtà fisica popolata da robot, sempre più connessi al mondo virtuale ma operativi in modo integrato con le persone.

L'anno scorso la Cina ha installato 138mila robot, 1/3 del totale mondiale. Numero superiore alla somma di quelli acquistati da Giappone (47mila), Sud Corea (39mila), Usa (33mila) Germania (21mila). In classifica seguono Taiwan, Vietnam e Italia, che nel 2017 ha arruolato 7.700 automi industriali, quasi il doppio della Francia a quota 4.900.

Le tecnologie abilitanti per l'automazione del futuro comprendono robotica, intelligenza artificiale, telecomunicazioni, data storage, ma anche i fattori umani saranno decisivi per realizzare l'integrazione fra uomo e robot. Saranno importanti le competenze dei laureati nelle materie scientifiche e tecnologiche ma anche quelle degli umanisti che sappiano introdurre contenuti e cultura nei nuovi prodotti per renderli davvero a misura d'uomo. L'Italia è una potenza industriale che parte da una posizione di forza nel campo dell'automazione e può giocare un ruolo importante. Ma sarà necessario colmare il divario sul numero di laureati qualificati rispetto agli altri Paesi europei. I recenti dati sull'andamento del piano Industria 4.55 dimostrano che a fronte di un grande investimento in macchinari ancora le imprese italiane non hanno affrontato fino in fondo la sfida della trasformazione digitale investendo nella formazione del personale e nella riorganizzazione necessaria per poter essere pronti a realizzare il salto di qualità. Dobbiamo fare presto, perché dalle rivoluzioni del passato abbiamo certamente capito che uno degli effetti principali di queste discontinuità tecnologiche è proprio sulla scuola, sull'istruzione e sulla conoscenza. Senza questi pilastri la costruzione di Industria 4.0 rischia di essere troppo fragile. (Fonte: C. Carrozza, Corr Innov 23-12-18)



FORMAZIONE SUPERIORE IN CYBER SECURITY

La formazione superiore in cyber security avrà un ruolo centrale nei prossimi anni per sostenere l’occupazione, oltre ad avere importanti ripercussioni in termini di difesa e sicurezza nazionale.

Al momento, infatti, si registra nel nostro Paese una forte carenza di docenti e ricercatori in questo settore ed è per questo che serve un piano speciale per lo sviluppo della formazione superiore e della ricerca in cyber security e l’istituzione del Centro Nazionale di Ricerca e Sviluppo per la Cybersecurity, già previsto dal precedente governo. Solo seguendo queste direttrici sarà possibile rendere realtà le affermazioni fatte nei giorni scorsi dal ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio che, intervenendo agli Stati generali di Consulenti del lavoro, si è detto convinto che “… negli anni ’60 avemmo le autostrade, ora dobbiamo lavorare alla creazione delle autostrade digitali”. Per ottenere i risultati che il ministro per lo sviluppo economico auspica è necessario fare investimenti  nella formazione digitale e soprattutto in cyber security. Tra l’altro, questi investimenti permetterebbero di contribuire a ridurre una carenza di forza lavoro a livello planetario. Di fatti, una compagnia statunitense specializzata ha analizzato, nel 2018, i dati sull’occupazione provenienti da media, analisti, fornitori, governi e organizzazioni a livello globale; da questi dati è emerso che ci saranno 3,5 milioni di posizioni di cyber security non occupate entro il 2021. Una simile analisi di un’altra azienda, nel 2016, aveva previsto uno “skill shortage” di 2 milioni per il 2019. (Fonte: R. De Nicola, P. Prinetto, www.agendadigitale.eu 08-01-19)



INFORMATION AND COMMUNICATIONS TECHNOLOGY (ICT). IL GAP FRA DOMANDA E OFFERTA DI LAUREATI

Negli ultimi 5 anni la media è stabile nell’ordine delle 7/8mila figure l’anno, ma i laureati specializzati in discipline informatiche sono solo il 2,3% del totale nazionale. E c’è un altro problema. «La tendenza a terminare gli studi dopo la laurea triennale “Info” è ancora in crescita anche se meno accentuata perché persiste la percezione della certezza dello sbocco professionale. E al cospetto di immatricolazioni nelle facoltà Ict che continuano ad aumentare corrisponde un forte tasso di abbondono nel percorso di studi».

Si laurea infatti solo il 40% dei nuovi iscritti triennali e nel computo complessivo fra tutti i percorsi di studio, su oltre 26mila iscritti nel 2017 si sono laureati solo 7.700 studenti. Come invertire la tendenza? L’istituzione di lauree mirate in materie come Data Science, Big Data e cybersecurity è solo un primo passo. Il vero scoglio da superare «è la scarsa percezione degli studenti circa l’utilizzo delle proprie competenze dentro l’azienda, la convinzione che fare il compito dello sviluppatore sia unicamente quello di creare app e non invece progettare applicazioni al servizio di specifici processi». E non va infine dimenticato che le donne, attualmente, rappresentano solo il 24% dei laureati Ict. (Fonte: M. Ferretti, IlSole24Ore 17-01-19)





DOCENTI



DIVIETO DI SVOLGERE "ESERCIZIO DI ATTIVITÀ LIBERO-PROFESSIONALE” PER I DOCENTI UNIVERSITARI A TEMPO PIENO

Un docente universitario a tempo pieno non può svolgere la libera professione e/o attività professionali che le specifiche leggi sulle varie professioni qualificano “esclusive”. Quel che il docente può fare è svolgere attività professionali non riservate ai liberi professionisti, purché siano connotate dall’occasionalità, non abbiamo un carattere organizzato e siano state autorizzate dall'Università di appartenenza.

A chiarire il perimetro delle possibilità concesse ad un docente universitario "di ruolo" ci ha pensato l'Anac, con la delibera 1049/2018 dello scorso 14 novembre, riferita al caso di aggiudicazione di una gara ad un Raggruppamento Temporaneo di Professionisti (RTP) il cui mandante era un professore universitario ordinario a tempo pieno non iscritto all’Albo professionale dell’Ordine dei geologi bensì solamente all’Elenco Speciale. L'Anac specifica, in merito, che: quanto alla nozione di il divieto previsto per i docenti a tempo pieno include le attività professionali che le specifiche leggi sulle varie professioni qualificano “esclusive” in quanto possono essere svolte soltanto dai professionisti iscritti negli albi e che non si trovino in situazione di incompatibilità. (Fonte: M. Peppucci, www.ingenio-web.it/ 17-01-19)



A PROPOSITO DELLE CONSULENZE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI

Così si è espresso il capo dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR, G. Valditara: “Il Parlamento deve risolvere con una interpretazione autentica della Legge la questione delle consulenze dei professori universitari che ha fra l'altro drammaticamente coinvolto molti docenti dei Politecnici. Una del tutto errata interpretazione della Legge ha bloccato una liberalizzazione che il Legislatore volle in modo esplicito a iniziare dalla relazione tenuta nell'aula del Parlamento. Anche su questo punto il Ministero ha offerto una proposta concreta”.

(Fonte: Dal discorso tenuto dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico di Torino, dic. 2018)



NESSUN OBBLIGO DI ISCRIZIONE A ORDINI PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ DIDATTICHE E DI RICERCA PER I PROFESSORI E RICERCATORI

Con la legge 3 del 11/01/2018 che ha riordinato le professioni sanitarie il Ministero della Salute, oltre agli Ordini storicamente vigilati, assume anche la vigilanza dell’Ordine dei Chimici e dell’Ordine dei Biologi. In particolare, l’Ordine dei Chimici viene aperto ai Fisici e rinominato “Federazione nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici”. La Federazione sembra ritenere, sulla base delle informazione attualmente disponibili, che tutti i laureati in fisica, chimica, ingegneria fisica e ingegneria matematica siano da considerare professionisti sanitari, con conseguente obbligo di iscrizione all’ordine. Ciò varrebbe anche per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni quali le Università e gli Enti di Ricerca ma anche per chi opera nel privato. In un documento d’urgenza il CUN “alla luce dei principi di libertà e autonomia di ricerca e insegnamento” dà un parere radicalmente negativo sull’obbligatorietà dell’iscrizione.

Parere del CUN

I professori e ricercatori universitari a tempo pieno e a tempo definito non possono ritenersi

soggetti ad alcun obbligo di iscrizione a ordini per lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca nonché di ogni altra attività intellettuale che non abbia carattere professionale. Per quanto riguarda le attività professionali di competenza della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici l'obbligo di iscrizione, oggetto della nota, non può che riguardare esclusivamente l'esercizio di attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione e alla cura. (Fonte: Red.ne Roars 21-12-18)



PROCEDURA CONCORSUALE POSTO PROFESSORE-STRUTTURA BIFASICA. ILLECITA L’ESCLUSIONE DI UN CANDIDATO PER LA SECONDA FASE

La procedura valutativa di cui all'articolo 24 della legge 30-12-2010, n. 240, risulta strutturata in due differenti fasi: una prima fase sostanzialmente comparativa; una seconda fase valutativa della idoneità del candidato scelto. Nel caso di specie è stata indetta la procedura valutativa per la copertura di un posto di professore ordinario per il settore urologia. Alla procedura partecipavano due candidati, il ricorrente e il controinteressato. All’esito della procedura valutativa svolta dalla commissione istruttoria veniva individuato il nominativo del controinteressato quale soggetto da sottoporre alla valutazione di cui all’art. 9 comma 2, e 10, comma 1, del citato regolamento di ateneo. Parte controinteressata propone un’eccezione di inammissibilità del ricorso per impugnazione di provvedimenti a carattere non definitivo. L’eccezione non può trovare accoglimento. Occorre evidenziare che la procedura valutativa in questione risulta strutturata in due differenti fasi: una prima fase sostanzialmente comparativa; una seconda fase valutativa della idoneità del candidato scelta. La prima fase, svolta per il tramite della commissione istruttoria, consiste in una valutazione comparativa, nel caso di specie, tra due candidati e si conclude con l’individuazione di un unico candidato, da sottoporre alla seconda fase valutativa della idoneità del candidato ovvero della proponibilità o meno della chiamata. La conclusione della prima fase comporta, pertanto, l’esclusione di uno dei due candidati – nel caso di specie il ricorrente – e può senz’altro essere qualificata come un provvedimento lesivo della situazione giuridica soggettiva del concorrente. Parte ricorrente, pertanto, vanta senz’altro un interesse diretto ad essere individuata ai fini della partecipazione alla seconda fase della procedura in oggetto e la sua esclusione comporta la lesione del suo interesse strumentale alla partecipazione alla seconda fase della procedura o, comunque, alla procedura valutativa. (Fonte: TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 17-12-18, n. 12226 Sentenza)



INCARICO DI INSEGNAMENTO. CRITERI DI VALUTAZIONE

In tema di concorsi universitari per l'assegnazione di un incarico di insegnamento, la previsione di preventiva fissazione dei criteri di valutazione alla prima riunione deve essere inquadrata nell’ottica della trasparenza amministrativa, la quale impone che l’attività di determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi intervenga in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 marzo 2015 n. 1411; TAR Lazio Roma, Sez. I, 10 gennaio 2017 n. 368). Conseguentemente, e applicando le suindicate coordinate ermeneutiche alla varie fasi procedimentali in cui si articolano le operazioni concorsuali successive all’ammissione dei candidati-quali lo svolgimento e la correzione della prova scritta, la valutazione dei titoli e l’espletamento della prova orale con relativa valutazione-, deve convenirsi che i criteri di valutazione vanno fissati, per ciascuna prova concorsuale, non oltre l’avvenuta attribuzione ai singoli concorrenti del giudizio o del punteggio per i titoli o per altra prova concorsuale, dal momento che il giudizio o punteggio assegnato in tali occasioni, costituendo il risultato di un primo apprezzamento delle capacità professionali dei candidati, ben potrebbe influenzare, attraverso la valorizzazione di alcuni aspetti a scapito di altri, l’attività della commissione esaminatrice diretta ad individuare i criteri di valutazione della successiva prova concorsuale, rendendo concreto il pericolo che l’organo valutativo possa propendere per i candidati allo stato ritenuti più promettenti (cfr. in tal senso TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 11 marzo 2013, n. 88). (Fonte: TAR Campania, Napoli, Sez. II, 5 gennaio 2019, n. 62. Osservatorio sull'Università 09-01-19) https://www.osservatoriouniversita.unimib.it/oggetti/?id=4454





FINANZIAMENTI



FINANZIAMENTI ALLA RICERCA

I dati li ha raccolti Eurostat, che ha appena pubblicato quelli relativi al 2017. Anno in cui la ricerca in Italia ha potuto beneficiare di finanziamenti per 23,4 miliardi di euro. Una cifra consistente in numeri assoluti, la quarta più alta a livello europeo dopo Germania, Francia e Regno Unito, che hanno investito  rispettivamente 99, 50 e 38,9 miliardi. Molto meno importante, invece, in termini di percentuale del Pil. Da questo punto di vista, infatti, le cose non vanno così bene:






















La barra blu rappresenta la media europea del 2,07%. Questa la quota del prodotto interno lordo mediamente dedicata all’innovazione a livello continentale.

La barra azzurra, invece, raffigura l’1,35% dell’Italia. Quota che ci pone, appaiati all’Ungheria, appena fuori dalla top 10. Questo significa che dal nostro Paese ci si potrebbe attendere uno sforzo maggiore per sostenere la ricerca. Magari non ai livelli della Svezia, che stanzia il 3,33% del Pil. Anche solo fare come la Francia, che nel 2017 ha investito il 2,25% della ricchezza prodotta, non sarebbe male.

(Fonte: R. Saporiti, Wired 11-01-19)



FINANZIAMENTI ALLA RICERCA SECONDO IL M5S

“La ricerca – ricordano i parlamentari del MoVimento – viene supportata dai 30 milioni di euro in più all’anno per il CNR, che si aggiungono all’aumento di 10 milioni del FOE, oltre ai 68 milioni già vincolati nei mesi scorsi da questo governo per assicurare l’assunzione di oltre 2000 precari della ricerca, e rivendichiamo il salvataggio dell’Istituto Levi-Montalcini”.

In chiusura, i parlamentari del MoVimento 5 Stelle bloccano le polemiche divampate nelle ultime 48 ore: “Riguardo al blocco delle assunzioni deve essere chiaro come ne siano esplicitamente esclusi gli RTD-B che divengono professori associati ed i concorsi in atto. Per le altre categorie di docenti universitari, considerando i normali tempi delle procedure, si tratterà di un ritardo di pochi mesi rispetto alla normalità. La manovra include inoltre anche l’accantonamento di una parte delle risorse, ma è importante spiegare che il rischio “tagli” è solo virtuale. Deve essere chiaro infatti che per scongiurare la procedura di infrazione, la commissione europea ha chiesto un accantonamento precauzionale di ulteriori due miliardi di euro. Così come si è dovuto immaginare un possibile aumento IVA che nei fatti non ci sarà mai, si son dovuti immaginare dei fondi accatastabili da parte di ciascun ministero. Il MIUR ha deciso di accantonare virtualmente 100 milioni dal comparto Università, perché è uno dei fondi più consistenti, ma è un rischio sostenibile, poiché quei soldi saranno pienamente a disposizione del Ministero già a luglio se l’Italia non avrà scostamenti molto significativi rispetto alle pressioni della  manovra di bilancio. (Fonte: Orizzonte Scuola 23-12-18)



AUMENTI ALLA RICERCA. UNA DELLE COSE CHE VORREMMO CHE LA POLITICA FACESSE NEL 2019

Il ritocco contenuto nella manovra (Legge di Bilancio) è ridicolo: appena 40 milioni per il Fondo di finanziamento ordinario delle università che porta la spesa per le università dallo 0,16% del Pil allo 0,16% del Pil. Appena lo 0,5% del totale, in linea con i precedenti governi (anzi, appena al di sotto). Solo 10 milioni per gli altri enti in un bacino complessivo da 7 miliardi annui. Non si possono mortificare i precari delle università: nella legge di Bilancio c’è il blocco delle assunzioni per gli atenei fino al 2020, un’autentica tragedia per i ricercatori precari.

L’ultimo a bloccare il turn-over fu Berlusconi. Si ferma tutto per raggranellare quattrini per redditi di cittadinanza e pensionamenti anticipati. Nel frattempo il mondo universitario viene mortificato con fantomatiche campagne anti-baronie (che trovano buona sponda anche in tv) e altre perdite di tempo. Servirebbe un piano serio che stabilizzi chi da anni negli atenei fa di tutto (e troppo, oltre alla ricerca pura) e metta un sacco di soldi nel settore: l’obiettivo dovrebbe essere toccare almeno il 2% del Pil, avvicinandosi alla media europea. Siamo fermi all’1,29%. (Fonte: S. Cosimi, Wired.it 21-12-18)





LAUREE-DIPLOMI-FORMAZIONE POST LAUREA-OCCUPAZIONE



LAUREE A ORIENTAMENTO PROFESSIONALE

Si arricchisce di un nuovo passaggio il percorso che sta portando l’Italia ad avere un titolo di studio che sia al tempo stesso terziario e professionalizzante. Nei giorni scorsi è arrivato l’ok del Consiglio universitario nazionale (CUN) all’istituzione di quattro nuove classi di laurea a orientamento professionale: Professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali; Professioni tecniche industriali e dell’informazione; Professioni tecniche paraveterinarie e Professioni tecniche per l’edilizia e il territorio. Contestualmente, dallo stesso CUN, è giunto il via libera ad altri cinque percorsi che interessano da vicino il mondo delle professioni. Uno triennale (Scienza dei materiali) e quattro magistrali (Data Science, Ingegneria dei materiali, Neuroscienze e - di nuovo - Scienza dei materiali). Su tutte la palla passa ora al Miur. Per il loro riconoscimento formale servirà infatti un decreto ministeriale da sottoporre anche al vaglio del Parlamento. Viene dal CUN la previsione che le nuove lauree attribuiscano 180 crediti (scambiabili tra l’altro con quelli maturati frequentando un Its) e dalla richiesta al Miur di eliminare il vincolo attualmente esistente di una sola specializzazione per ateneo. (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 11-12-19)



CARRIERA DEL DOCENTE MEDICO: 20 ANNI DI STUDI E DI PRECARIATO

A fronte di un forte decremento di professori ordinari (-32%: da 18.938 a 12.929) e di ricercatori a tempo indeterminato (-37%: da 25.587 a 16.026), con una sostanziale tenuta dei professori associati, registriamo solo una lenta acquisizione di ricercatori B (soltanto 1.809 unità, nonostante il "piano straordinario ricercatori B" introdotto con la legge finanziaria 2015), ben lontana – anche laddove tutti acquisissero l'ASN e transitassero nel ruolo dei professori associati – dal poter compensare la fuoriuscita di oltre 15.500 docenti di ruolo! Il primo dato che salta immediatamente all'occhio è la sproporzione tra il numero di assegnisti di ricerca e i ricercatori a tempo determinato. Fenomeno che, in realtà, ha una semplice spiegazione: l'attivazione di un assegno di ricerca non richiede all'Ateneo di "spendere" punti organico (corrispondenti alle risorse da impiegare per il reclutamento di un ricercatore) e costa anche molto di meno, per cui l'amministrazione universitaria non ha particolari vantaggi nel reclutare un ricercatore A rispetto ad un assegnista.

Il secondo dato è che, se si vuole invertire la tendenza ed evitare la desertificazione della docenza universitaria, è assolutamente necessario provvedere al più presto ad avviare un grande piano pluriennale di reclutamento di ricercatori B, la sola figura che, per l'attuale normativa, permette la stabilizzazione e l'ingresso in ruolo dei tanti precari che stanno, con il loro lavoro ed impegno, contribuendo in modo significativo all'esistenza stessa delle nostre università. Servirebbero almeno 5000 posti all'anno per i prossimi 3 anni, in modo da riportare nel 2021 la numerosità del corpo docente allo stesso livello del 2010. Particolarmente seria appare la situazione nell'area medica, dove le generazioni di trentenni e quarantenni vengono bruciate da un iter ad ostacoli. Facciamo due conti: 6 anni per la laurea, 5 per la specializzazione, 3 per il dottorato di ricerca, 3 di assegni o di ricercatore-A e poi 3 di ricercatore B. In tutto un percorso di 20 anni di studi e di precariato - per un "giovane" giunto ormai alla soglia dei 40 anni - che non è detto che si traduca sempre in un'assunzione in ruolo. (Fonte: huffingtonpost.it 12-12-18)



PERCHÉ DA NOI I LAUREATI SONO POCHI

La buona notizia dalle statistiche Ocse è che anche da noi le nuove generazioni si laureano di più. Tra i 55 e i 64enni solo il 12% degli italiani è laureato, un po’ più di 1 su 10, mentre tra i 25 e i 34enni il numero è più che raddoppiato a 27%, quasi uno su tre è laureato. La cattiva notizia è che se ci paragoniamo con il mondo industrializzato, non solo gli italiani meno giovani sono il fanalino di coda delle lauree, ma tra i più giovani il gap si sta allargando. Perdiamo terreno nei confronti di tutta la Ocse, e colpisce quanto ne perdiamo nei confronti di un Paese come la Corea che parte da livelli simili ai nostri per i meno giovani, ma che per i giovani ha conquistato il record mondiale assoluto: 7 giovani coreani su 10 sono laureati. Perché da noi i laureati sono pochi e crescono meno che altrove? Il «diritto allo studio» è un falso problema: le rette sono tutt’altro che proibitive (meno di duemila euro l’anno) e uno studente con pochi mezzi che passa il test di selezione al Politecnico le paga in misura molto ridotta e viene ospitato nelle case dello studente. I veri problemi sono due, che si rafforzano a vicenda: manca la domanda di laureati da parte delle aziende e l’offerta di laureati da parte delle università è inadeguata.

Come innescare il circolo virtuoso domanda-qualità dell’offerta? Le aziende italiane che vogliono crescere devono valorizzare meglio i laureati che oggi preferiscono a loro come datori di lavoro le filiali delle multinazionali. Ma ci vogliono anche le policies giuste per far fare il salto di qualità alle università, a partire dalle 10 migliori: più quota «premiale» di finanziamenti alle università migliori, più autonomia nella selezione e retribuzione dei docenti, maggiore finanziamento privato, didattica più orientata a insegnare le competenze chiave del ventunesimo secolo (problem solving, team work, comunicazione). (Fonte: R. Abravanel, CorSera 13-12-18)



SGRAVI CONTRIBUTIVI A CHI ASSUME LAUREATI CON 110 E LODE. CIRCA 70 MILIONI DI EURO A DISPOSIZIONE, 35 NEL 2019 E 35 NEL 2020,

Offrire sgravi contributivi per assumere i laureati con 110 e lode (per essere davvero meritevole del bonus ci vuole anche una media ponderata del 108/110 negli anni universitari) credo sia una cattiva idea perché distorce gli incentivi, sia per chi valuta gli studenti sia per le stesse imprese. Glà attualmente le statistiche dimostrano come ci sia un divario tra i voti nelle università del Nord e del Sud, con queste ultime che tendono a essere più generose. Così la pressione sulle commissioni di laurea a concedere il voto massimo e la lode, che già estate, aumenterà ulteriormente, visto che il titolo non avrà più soltanto effetti onorifici ma pratici. E nessuno pensa che nel premiare uno studente oltre quanto meriterebbe magari si fa un danno ad altri. Inoltre gli imprenditori sono consapevoli di cosa hanno bisogno quando cercano un certo profilo per la loro azienda, e sanno valutare il percorso universitario dei candidati: ateneo, tempi, materie seguite, esperienze, lingue. Magari tra i selezionati. il migliore non ha ottenuto 110 e lode, e può essere scavalcato da chi viene assunto solo per risparmiare. Credo infine che le risorse debbano essere investite per creare posti di lavoro in settori come la sicurezza informatica, le biotecnologie, l'industria 4.0, Invece che per insegnare alle imprese chi assumere, con il risultato di avere sempre più laureati in competizione per una torta sempre più piccola. (Fonte: G. Immordino, Corsera magazine 10-01-19)



L’ITALIA INVESTE PER L'ALTA FORMAZIONE 100 EURO PER ABITANTE, LA GERMANIA 300

A un anno dal conseguimento della laurea è occupato il 71,7% dei laureati triennali e il 73,9% di quelli magistrali, buone percentuali, che a cinque anni dalla laurea salgono rispettivamente all'87,8% e all'87,3%. E tuttavia rispetto alla media Ocse che si attesta al 30,3%, solo il 18,7% della popolazione italiana adulta è laureata. Negli ultimi 10 anni i docenti universitari sono diminuiti del 10% e il loro numero complessivo risulta ora pari a un terzo di quelli inglesi e a meno della metà di quelli tedeschi. Considerazioni positive e criticità del sistema universitario italiano sono state tra gli argomenti al centro dell'intervento del rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2018-2019. L'Italia, è il grido d'allarme di Gaudio, investe per l'alta formazione 100 euro per abitante, la Germania 300 e la Corea del Sud più di 600. «Solo l'investimento in ricerca e innovazione - ha detto il rettore - può farci ripartire, altrimenti l'Italia appare destinata ad un lento ma inesorabile declino». (Fonte: Il Messaggero 17-01-19)





NUMERO CHIUSO PER LE ISCRIZIONI IN MEDICINA



ACCESSO A MEDICINA. MIGLIORARE L’ORIENTAMENTO ALLE SCUOLE SUPERIORI SENZA ABOLIRE IL NUMERO CHIUSO

Durante un convegno sull’attuale sistema di accesso alla professione medica ospitato dall’unione industriali di Napoli il rettore dell’università di Napoli Federico II e presidente della Crui, Gaetano Manfredi, si è espresso contro l’abolizione del numero chiuso a Medicina e invece per un miglioramento dell’orientamento già alle scuole superiori “in modo che gli aspiranti medici siano effettivamente solo coloro che hanno capacità e talento tali da seguire una professione così complicata. Avremo, così, numeri più gestibili che ci consentirebbero di superare il numero chiuso”. “Ogni anno in Italia ci sono 80mila giovani che partecipato ai test d’ingresso a medicina, parliamo di 1/4 o 1/3 delle persone che si iscrivono all’università. Con questi numeri – osserva Manfredi – superare il numero chiuso è impossibile”. (Fonte: ildenaro.it 10.12-18)





RECLUTAMENTO



BLOCCO ASSUNZIONI IN UNIVERSITÀ

Il comma 208 del maxiemendamento alla L. di Bilancio prevede il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato fino al 15 novembre 2019. Tra i più preoccupati i ricercatori di Tipo B contrattualizzati nel 2016, ma con un post il viceministro dell'Istruzione chiarisce che non sono inclusi nella norma. In particolare il rinvio temporaneo delle assunzioni all’università non riguarda il passaggio RTDb-Associati e le assunzioni su punti organico (PO) precedenti al 2019 o straordinari. È una misura limitata solo a reclutamenti ordinari su PO 2019, che si sarebbero solo realizzati nella seconda metà del 2019. (Fonte: FQ 20-12-18)



FIRMATO IL DECRETO SUI C.D. PUNTI-ORGANICO

Per il 2019 ne saranno disponibili in tutto 2.038. Alle università è consentito di assumere almeno per il 50% dei punti organico liberati. Gli atenei con una spesa di personale inferiore all’80% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria superiore a 1) possono superare il 110%. (Fonte: CorSera dicembre 2018)



PIANO STRAORDINARIO PER RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO DI TIPO B

E’ presente nella Legge di bilancio un piano straordinario per 1.030 RTDB, finanziato con 20 milioni nel 2019 e 58,63 a partire dal 2020, finanziato con risorse aggiuntive dell’FFO stanziate dal Governo. A questi si potranno aggiungere 175 RTDB nel 2019 e 351 nel 2020, ma su risorse degli Atenei, sull’FFO ordinario.  In realtà, poiché gli RTDB diventeranno, tempo 3 anni, professori associati, programmare un RTDB significa dover calcolare a bilancio 0,7 POM. Il maggior costo di tale passaggio è lasciato dal Governo a carico degli Atenei, sull’FFO ordinario. Gli Atenei più accorti per i loro bilanci metteranno già in conto tale onere e se tutti faranno così i concorsi non saranno 1.000 con possibilità di salire a 1.500, ma solo 736 finanziati dal Governo con possibilità di salire a 1.112 con quelli finanziati dagli Atenei. (Fonte: C. Ferraro, Commento a legge di bilancio, e-mail del 09-01-19)



ASSUNZIONE DI RICERCATORI IN LEGGE DI BILANCIO.  COMMENTI DI FLC CGIL E DI ROARS

Legge di Bilancio. Art. 1 co. 400 (Assunzione di ricercatori di tipo b).

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, è incrementato di euro 20 milioni per l’anno 2019 e di euro 58,63 milioni annui a decorrere dall’anno 2020, per l’assunzione di ricercatori di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Con decreto del MIUR, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le risorse sono ripartite tra le Università.

Si prevedono risorse aggiuntive per l’FFO da utilizzare per l’assunzione di RTDb, per 20 milioni per il 2019 e 58,63 milioni per il 2020, da distribuire agli atenei con un decreto da pubblicare entro sessanta giorni.



Commento di FlcCgil: Sono i 1.000 posti del piano straordinario per RTDb di cui si è parlato in questi mesi, che rappresentano un intervento sul personale assolutamente insufficiente se rapportato al numero di lavoratori precari presenti negli atenei e considerato che oggi ci sono in ruolo circa 15.000 docenti e ricercatori in meno rispetto a dieci anni fa (e almeno altrettanti tecnici e amministrativi). Si prevedono le coperture economiche solo per gli ultimi mesi di stipendio del 2019 e poi, dal 2020, a regime. Da notare però che questo “piano straordinario” avviene nel quadro dei punti budget assegnati ed è una facoltà, e non un obbligo, per gli Atenei: infatti, “la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata entro il 30 novembre di ciascun anno per le finalità assunzionali rimane a disposizione per le altre finalità del FFO”.



La legge di stabilità (comma 400) assegna e finanzia 1.000 posti da RTD-b. Dove sono gli altri 500? Nel comma 401.

401. A valere sul fondo per il finanziamento ordinario delle universita, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come integrato dalla presente legge, nell’anno 2019 sono autorizzate, in deroga alle vigenti facolta’ assunzionali:

a) assunzioni di ricercatori di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel limite di spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2019 e di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020. […]

Commento di B.C. Montano (Roars 19-01-19): Dalla lettura del comma mi pare evidente che i 10 milioni di cui sopra non sono risorse aggiuntive, stanziate dalle legge di Bilancio e distribuite dal MIUR agli atenei, ma costituiscono esclusivamente un limite massimo alla spesa (a totale carico degli atenei) per l’assunzione di altri RTD-b, “oltre le ordinarie facoltà assunzionali”.

In altre parole, in base a quello che c’è scritto nel testo della legge di bilancio, il MIUR distribuirà un totale 750 punti organico, pari a 1500 RTD-b, di cui però una parte (500 posti) sono posti a carico dei bilanci degli atenei. D’altra parte, se non fosse così, sarebbe bastato aumentare lo stanziamento per il comma 400 relativo al reclutamento straordinario, invece che “inventarsi” questo comma 401.

A meno che … i 10 milioni vengano attinti dai 40 milioni che un altro comma della legge di bilancio stanzia per aumentare l’FFO “libero”. Ma in tal caso si assisterebbe al gioco delle tre carte: da una parte vengono stanziati fondi per aumentare l’FFO non vincolato, come anche pubblicizzato sui comunicati stampa, dall’altro si tolgono parte di quegli stessi soldi per finanziare altre misure. Una specie di riedizione dei “carri armati di Mussolini”.



RECLUTAMENTO. I PUNTI ORGANICO E LA LIMITAZIONE DEL TURNOVER

Attualmente i punti organico sono distribuiti in due quote. Una prima quota (che chiameremo quota “base”) assegna a ciascun Ateneo punti organico corrispondenti al 50% dei propri pensionamenti dell’anno precedente. I rimanenti punti organico, che saranno un po’ più del 50% dell’interno turnover nazionale (a causa del caso particolare di Cassino che non riceve punti organico “base”), sono inseriti in un jackpot a disposizione degli atenei cosiddetti “virtuosi” che competono in base a un parametro dimensionato sulla base delle spese per il personale. Ed ecco che nascono i paradossi. Per esempio, il paradosso del vizio premiato e della virtù punita: una Università “più virtuosa” può vedersi assegnato un turnover inferiore di una Università “meno virtuosa”. Oppure il paradosso dell’asso pigliatutto, ovvero di come un ateneo potrebbe accaparrarsi tutto il jackpot. Ma quale è la madre di tutti i paradossi? È la limitazione del turnover. Nell’articolo si mostra che cosa succerebbe se fosse rimossa, anche senza aumentare l’FFO e senza rilassare i vincoli di virtuosità, anzi rendendoli più severi. (Fonte: D. De Caro, Roars 14-01-19)



PUNTI ORGANICO SBLOCCATI

Scrive E. Bruno su IlSole 24Ore: Guardando la classifica, la distribuzione sembra penalizzare gli atenei del Sud già a corto di risorse. E alcune critiche in tal senso nei giorni scorsi sono state sollevate da più parti. Ma dal Miur spiegano che non è così. E, soprattutto, che non c'è una volontà politica in tal senso. Visto che la ripartizione dipende da un algoritmo introdotto sei anni fa e non è collegata all'attribuzione di maggiori o minori fondi. Senza dimenticare che, a fronte di un minor numero di studenti, gli atenei meridionali hanno una percentuale più elevata di docenti. Che diventa ancora di più alta se il rapporto viene calcolato sugli immatricolati dell'ultimo anno accademico. A ogni modo, quel meccanismo potrebbe essere modificato nei prossimi mesi. Così da assegnare i 220 punti organico aggiuntivi per il 2019 (e dunque non sottoposti al blocco dei concorsi) e altrettanti per il 2020 sulla base di criteri che prescindano dalle cessazioni e siano interamente vincolati al rapporto spese per il personale/Ffo e alla sostenibilità dei conti. (Fonte, E. Bruno, IlSole24Ore 14-01-19)





RICERCA



ALCUNI VENTILANO L’EROSIONE DELL’AUTONOMIA DELLA RICERCA. IL TENTATIVO DELLA POLITICA DI IMPORSI SULLA SCIENZA

La percezione sempre più diffusa nella comunità scientifica nazionale e internazionale è che nel nostro paese la politica – nella fattispecie la maggioranza di governo – tenti di mettere sotto tutela la scienza. Comunque vi è qualche campanello d’allarme.

Quattro dal comitato che seleziona la rosa di candidati da proporre al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, si sono dimessi in. Nomi importanti. A iniziare da Lamberto Maffei, neuroscienziato e già presidente dell’Accademia dei Lincei: quella, per intenderci, fondata da Federico Cesi e frequentata da Galileo Galilei. Fino a ieri Maffei era il presidente del comitato. Si è dimessa anche Fabiola Gianotti, la prima donna a dirigere il CERN di Ginevra, il più grande laboratorio di fisica delle alte energie del mondo. E come lei si è dimessa Lucia Votano, che è stata la prima donna a dirigere il più grande laboratorio sotterraneo di fisica, quello del Gran Sasso. Ha rinunciato, infine, al suo incarico anche Aldo Sandulli, preside di Giurisprudenza dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Già, le motivazioni. I quattro dimissionari e anche il non dimissionario sostengono di aver ricevuto pressioni inaccettabili da parte di ambienti del MIUR riconducibili al suo titolare, il ministro Marco Bussetti. Pressioni che riguardano i criteri di selezione della rosa da proporre allo stesso ministro per la nomina del nuovo presidente dell’ASI. I cinque membri del comitato ritengono inaccettabile questa pressione politica.

Nella medesima giornata di ieri, 3 dicembre, un altro ministro, quello della salute, la signora Giulia Grillo, ha revocato i 30 componenti non di diritto del Consiglio Superiore di Sanità. È questo un organismo che coadiuva il ministro nella definizione della politica sanitaria. È costituito da membri di diritto, rappresentanti di istituzioni sanitarie, e da membri non di diritto, scelti dal ministro. I 30 questa volta dimissionati erano stati nominati all’incirca un anno fa. Molti tra loro fanno notare che la pratica della revoca è inedita e che, pur essendo nella legittima disponibilità del ministro, loro non sono stati né avvisati prima da Giulia Grillo né hanno avuto in sei mesi la possibilità di parlarle. (Fonte: P. Greco, IlBo 04-12-18)



RESEARCHERS AND INSTITUTIONS ENCHAINED TO LOCAL AND GLOBAL PUBLISHING OLIGOPOLIES

The Italian governmental evaluation system enchains researchers and institutions to local and global publishing oligopolies: while German, Swedish, Dutch and French library consortia are canceling their ”big deal agreements”, the Italian Consortium (CARE) and Elsevier reached an agreement entailing Hybrid Open Access and a confidentiality clause. We need an EU-Wide copyright reform very different from the Directive on Copyright currently under discussion. Learn from the Italian experience: declarations and policies are not enough! Authors’ right is not about a few monopolistic companies: it is about people. Research assessment criteria should be freed from the grip of Big Business and Big Government, to be given back to a technology-enhanced public use of reason. The raw bibliometric data on which ANVUR’s evaluations and rankings are based are neither open nor accessible. (Fonte: Red.ne Roars 11-12-18)



RICERCA MEDICA. IL COSTO DEI RITARDI

Nei 21 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i cosiddetti Irccs, lavorano 5.800 ricercatori (altri mille li supportano a livello amministrativo). Sono medici, fisici, chimici, biologi, biotecnologi, ingegneri, statistici ed epidemiologi che con i loro studi forniscono le cure più innovative contro il cancro, le malattie rare e le degenerazioni neurologiche. Quasi uno su due – ossia 2.500, più 500 amministrativi – è precario da tre, cinque, quindici, vent’anni, e il contratto più diffuso è quello co.co.co. Lo stipendio, legato al reperimento di contributi ministeriali, fondi derivanti da bandi di ricerca pubblici e privati (come Telethon e Airc), e proventi del 5 per mille, si aggira sui 1.200 euro netti al mese, difficilmente supera i 1.600. Nessun paese europeo riserva un trattamento così mortificante a una categoria che pubblica oltre 6 mila studi scientifici l’anno sulle più prestigiose riviste internazionali (New England Journal of Medicine, Lancet Oncology, CancerResearch, Clinical Cancer Research, Annals of Oncology).

Il 27 dicembre 2017 per il top dei nostri ricercatori è arrivata la svolta: fine dei contratti precari e riconoscimento di un contratto specifico. Solo che poi c’è voluto un altro anno perché amministrazione pubblica e sindacati si mettessero d’accordo su come scriverlo quel contratto (27 dicembre 2018), e così nel frattempo i migliori 500 cervelli (quasi il 20%) hanno lasciato i laboratori degli ospedali pubblici d’eccellenza per accasarsi nelle più remunerative multinazionali farmaceutiche. Un tira e molla che ha di colpo impoverito la ricerca di punta indipendente, quella che garantisce ogni anno le terapie più all’avanguardia ad almeno 300 mila pazienti. (Fonte: S. Ravizza, CorSera 07-01-19)





SISTEMA UNIVERSITARIO



TRE FASI DELL’UNIVERSITÀ ITALIANA: AUTONOMIA IRRESPONSABILE, AUTONOMIA VIGILATA, AUTONOMIA RESPONSABILE

Sono due le fasi che negli ultimi 20 anni ha attraversato l'università italiana. La prima fase è stata quella dell'autonomia irresponsabile con atenei che nella prima decade degli anni 2000 erano arrivati, molti atenei, sull'orlo del fallimento. E non solo per una cronica assenza di adeguati finanziamenti, ma innanzitutto per una gestione non virtuosa dell'autonomia. La seconda fase è stata quella di una autonomia vigilata, caratterizzata da controlli preventivi e da una legislazione molto vincolistica. Possiamo dire con grande franchezza che il sistema universitario italiano è ora un sistema sano, oso dire tra i più sano della pubblica amministrazione italiana. A questo punto il momento per molte università, purtroppo non ancora per tutte, di avviare una terza fase, quella dell'autonomia responsabile. In questo senso il Ministero che qui rappresento intende muoversi.

Due prime iniziative concrete. Entro dicembre verrà varato il decreto che attribuisce i punti organico. Approfittando del fatto che si raggiungerà a livello nazionale quest'anno il 100% del turn over ho proposto che si consenta alle università virtuose di superare il limite del 110%. Inoltre il Ministero ha preparato un emendamento che il Governo ha deciso di presentare nella Legge finanziaria. Consentirà a carico dei bilanci delle università virtuose – tenuto cioè conto del rapporto tra spese per il personale e FFO e dell'indice di sostenibilità finanziaria – di incrementare notevolmente le proprie facoltà assunzionali senza più il vincolo del 100% del turn over nazionale.

Non basta. Per quelle università che hanno dimostrato di saper vincere la sfida di una amministrazione sana, dobbiamo procedere all'attuazione dell'art. 1, comma 2, della Legge 240/2010. Con gli organi rappresentativi del mondo accademico, stiamo discutendo su come dare sostanza concreta all'autonomia, come recita l'articolo 1, comma 2, autonomia organizzativa e funzionale. Altro tema che riteniamo indispensabile e urgente: la semplificazione, per spazzare via lacci e laccioli che penalizzano la vita di coloro che lavorano nell'ambito dell'università. Sempre più è necessario consentire una flessibilità concreta fra università e professore, concordata tra università e professore, nell'impegno in ricerca e didattica. Quindi flessibilità nell'impegno tra ricerca e didattica concordata tra università e professore.   

(Fonte: Dal discorso tenuto dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico di Torino, dic. 2018)



ALTRI PROPOSITI DEL GOVERNO SU ANVUR, DOTTORATO, RICERCATORI, DIRITTO ALLO STUDIO

Va rivisto il ruolo dell'ANVUR. Da organismo di controllo preventivo e di controllo sulle attività e sui processi, deve diventare – com'è laddove esistono sistemi analoghi – un organismo di controllo sui risultati con meno burocrazia e meno complicati algoritmi.

È ferma intenzione del Ministro proporre percorsi di dottorato in collegamento stretto tra università e imprese. È necessaria cioè una sempre maggiore integrazione della figura del dottorato con l'impresa.

Il Governo intende risolvere la questione dei ricercatori a tempo indeterminato. Si tratta di dare finalmente attuazione a quanto era stato previsto dell'articolo 29, comma 9 della Legge 240 e che mai è stato attuato. Dobbiamo nel contempo aumentare lo stanziamento per i ricercatori di fascia B. Per quanto riguarda il diritto allo studio il MIUR si sta adoperando per riuscire ad erogare per la prima volta il saldo del 2018 entro l'esercizio corrente.

(Fonte: Dal discorso tenuto dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico di Torino, dic. 2018)





STUDENTI. TASSE UNIVERSITARIE



RAPPORTO STUDENTI-DOCENTI

Scrive l’Ufficio Stampa Miur al direttore de Il Mattino: Al Nord c'è un rapporto studenti-docenti superiore rispetto al Sud, cioè ci sono meno professori e più studenti. Dei docenti in servizio a fine 2018 e degli studenti in corso, il 44% dei docenti e il 43,8% degli studenti appartiene alle Università settentrionali, il 31,5% dei docenti e il 32,5% degli studenti alle Università del Sud, il 24,5% dei docenti e il 23,8% degli studenti al Centro.

Chiunque può provare a rifare i conti, andando sul sito del Cineca e su quello dell’Anagrafe Studenti

Questi i dati corretti:

DOCENTI: PIANTA ORGANICA AL 31/12/2018 espressa in punti organico. (Fonte Cineca)

NORD: 44,0%

CENTRO: 24,5%

SUD: 31,5%

STUDENTI: ULTIMO A.A. DISPONIBILE 2017-2018. (Fonte: Anagrafe studenti http://anagrafe.miur.it  )

Iscritti: 1.712.814

NORD: 43,8%

CENTRO: 23,8%

SUD: 32,5%

Questo è quello che s’ottiene (escludendo le Scuole a Ordinamento Speciale e le Università private o telematiche): Il rapporto studenti/docenti dunque non vede affatto il Nord sottodimensionato.

Risponde il direttore de Il Mattino: Si ringrazia il Miur per le cortesi puntualizzazioni, le quali tuttavia non smentiscono i dati dell'articolo e cioè che 280 posti per ricercatori - che si erano liberati grazie al turn over negli atenei del Centro Sud - saranno assegnati ad atenei del Nord. Le università del Sud sono mediamente (quindi con eccezioni) danneggiate nell'attribuzione delle possibilità di assunzione non perché abbiano i conti in disordine (soltanto Cassino è fuori dai parametri di virtuosità) ma perché hanno minori entrate dal gettito delle tasse universitarie.

(Fonte: Il Mattino 06-01-19)



INDAGINE EUROSTUDENT 2016-2018 SUGLI STUDENTI ITALIANI

Dall’Ottava Indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018 emerge il ritratto degli universitari italiani. Dall’analisi dei dati raccolti appare evidente che gli studenti italiani impegnano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Circa il 20% degli iscritti alla laurea magistrale ha già partecipato a progetti di mobilità internazionale: una percentuale non lontana dalla media complessiva europea.

Il tasso di disoccupazione a lungo termine degli ex allievi Erasmus si ferma al 2% (equivalente alla metà esatta di quello registrato fra gli studenti che non hanno partecipato al programma, il 4%). Otto studenti su dieci (il 79%) si dichiarano soddisfatti per la preparazione teorica data dall’università e per la sostenibilità del carico di lavoro (il 63%). Quasi la metà degli studenti (il 45%) chiede di poter avere una maggiore preparazione pratica, soprattutto nei corsi delle lauree giuridiche (il 27,6%). Mentre, all’opposto, la valutazione è decisamente positiva per i corsi che formano paramedici e insegnanti: risulta essere soddisfatto oltre il 70% degli studenti. L’analisi dei dati evidenzia come i giovani che provengono dalle famiglie meno agiate, pur di raggiungere l’obiettivo del titolo di studio, facciano scelte compatibili con le proprie risorse, come ad esempio Atenei o corsi di studio disponibili nel proprio territorio di residenza, mantenendo così la percentuale del pendolarismo al 50%. I giovani tendono sempre più a scegliere l’università in base all’offerta di borse di studio e di servizi per la didattica, meglio ancora se l’Ateneo dovesse risultare inserito in un contesto urbano e sociale e tale da favorire la possibilità di trovare un lavoro che aiuti a mantenersi. (Fonte: Corriere Università 17-12-18)



ITALIA PRIMA AL MONDO PER NUMERO DI ISCRITTE ALL’UNIVERSITÀ

L’Italia è prima al mondo per numero di donne che si iscrivono in università e percorsi di formazione terziari. Lo dicono i dati dell’annuale rapporto sul Global Gender Gap del World Economic Forum.

In Italia ci sono 136 donne per ogni 100 maschi iscritti all’università. Il 17,4% della popolazione femminile, contro il 12,7% dei maschi, completa il percorso di studi. Inoltre, a rafforzare il primato femminile, c’è da sottolineare che è donna il 60% circa dei laureati con lode. Tuttavia, a fronte di questo primato, il nostro Paese si trova al 118° posto (su 140) per partecipazione femminile alla vita economica e siamo 126esimi per parità di trattamento economico. (Fonte: P. Cirica, universityequipe.com 08-01-19)





VARIE



SCHEDA SUA-CDS. SE FA PERDERE MOLTO TEMPO, LO STRUMENTO INFORMATICO È SBAGLIATO

La scheda SUA-CdS è stata ideata come il luogo unitario in cui far confluire e razionalizzare le informazioni riguardanti l’attività e il controllo della qualità dei corsi di studio, a beneficio delle Università, degli studenti e «delle famiglie».

Se si ritenesse urgente fornire ai migliaia di corsi di laurea in Italia uno strumento più decoroso, funzionale, si eviterebbe almeno che innumerevoli ore di docenti universitari siano spese ogni anno solo per venire a capo di un sito con una qualità che non si accetterebbe neppure nel blog amatoriale di un ragazzino. Forse bisognerebbe ricordare che la grande spinta alla nascita e all’evoluzione dell’informatica è stata il desiderio di risparmiare tempo, per poterlo occupare in compiti più intelligenti, attraenti, umani. Ogni volta che uno strumento informatico, per un motivo o per l’altro, fa perdere tempo, questo è il segno che è sbagliato. (Fonte: G. Salmeri, agendadigitale.eu 12-12-18)



RACCOMANDAZIONI EFFETTUATE A UN DOCENTE MINACCIA A PUBBLICO UFFICIALE

Cass. pen. Sez. VI, 28/09/2006, n. 5777 (rv. 236059): La raccomandazione a un docente universitario per il superamento degli esami da parte di uno studente, in genere irrilevante sul piano penale, assume la consistenza di una condotta illecita, che può dar luogo alla commissione del reato di cui all’art. 336 cod. pen., quando è accompagnata da comportamenti che esulano la semplice segnalazione e sfociano nella pressione illecita. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la configurazione del reato di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, nella specie aggravato ai sensi dell’art. 7 L. n. 203 del 1991, nelle raccomandazioni effettuate a docenti universitari da studenti, associati alla malavita locale, in favore di propri colleghi, realizzate con atteggiamenti di controllo dell’adesione alla segnalazione mediante la presenza allo svolgimento degli esami e con modalità tali da far prospettare la minaccia di conseguenze ritorsive ad opera di associazioni criminali operanti nell’ambiente universitario). (Dichiara inammissibile, App. Messina, 30 giugno 2004). (Fonte: Orizzonte scuola 19-12-18)



RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il Governo ha approvato sei deleghe su proposta della ministra Giulia Bongiorno. Il primo obiettivo che la Bongiorno intende raggiungere è quello di unificare tutte le disposizioni vigenti in materia di pubblico impiego tramite l’elaborazione di un Testo Unico.

La riforma della Pubblica Amministrazione prevede anche un riordino della dirigenza con l’obiettivo non solo di incrementare la produttività ma anche di migliorare l’immagine della PA. Tra le novità previste, una delle più importanti è quella che prevede l’obbligo di concorso pubblico (svolto dalla SNA, Scuola nazionale dell’amministrazione) per chi vuole diventare Dirigente della Pubblica Amministrazione.

Un concorso riservato, come detto in precedenza, ai dipendenti che negli ultimi tre anni si sono distinti per il loro lavoro ottenendo le valutazioni migliori. Solamente una quota di posti - non superiore al 50% del fabbisogno - sarà invece riservata al personale esterno alla Pubblica Amministrazione.

Ci saranno nuove regole per quanto riguarda la revoca degli incarichi dirigenziali; previste sanzioni anche per la responsabilità disciplinare dei dirigenti pubblici, come ad esempio quelle per coloro che non verificano l’effettiva presenza in servizio del personale assegnato. (Fonte: Money.it 24-12-18)



IL TECNOPOLO DI BOLOGNA OSPITERÀ IL CENTRO EUROPEO PER LE PREVISIONI METEREOLOGICHE A MEDIO TERMINE (ECMWF)

Dal 2019 saranno i supercomputer del Tecnopolo Bologna* a svolgere la funzione del centro inglese di Reading in modo ancora più efficiente. Ogni giorno decine di milioni di europei guardano le previsioni meteo sui propri telefonini; le previsioni televisive spesso superano il numero di contatti raggiunto dai telegiornali. Ma tutte queste scommesse sul futuro delle nuvole arrivano da un solo punto: i potenti supercomputer del Centro Europeo per le Previsioni Metereologiche a Medio Termine (ECMWF) di Reading, pochi chilometri a ovest di Londra. Vengono distribuite a tutti i servizi meteo d’Europa e poi ciascuno trasforma le informazioni numeriche ricevute. Il Tecnopolo di Bologna - grazie a un investimento di 40 milioni di euro - è risultato il vincitore e ospiterà la nuova generazione di supercomputer metereologici ECMWF europei già nel 2020. Questi ultimi riusciranno a simulare l’atmosfera con quadretti 50 volte più piccoli, di “appena” 5 km di lato. Questa migliore risoluzione permetterà di diramare previsioni attendibili fino a 2 settimane di anticipo a partire dal 2025 e sarà in grado di monitorare con precisione lo stato del clima e di darci informazioni sull’efficacia della nostra lotta al cambiamento climatico. Dopo HPC4 Eni, il più veloce supercomputer industriale al mondo, l’eccellenza informatica italiana avrà un nuovo primato mondiale. (Fonte: linkiesta 11-01-19)

*Tecnopolo di Bologna. ultimo tassello di quella rete di dieci infrastrutture per la ricerca industriale e il trasferimento tecnologico che rende la Regione Emilia-Romagna un unicum nel panorama nazionale di innovazione capillare diffusa.





UNIVERSITÀ IN ITALIA



CHANCE PER ATENEI ITALIANI DI COLLABORARE CON LE UNIVERSITÀ STRANIERE

A lanciare l’idea di una «diplomazia della ricerca» è stato il 22 novembre scorso, nel corso del convegno Esof organizzato alla Farnesina, il capo dipartimento Università del Miur, Giuseppe Valditara. Ma, a quanto pare, siamo ben oltre la dichiarazione di intenti. L’operazione - che coinvolge i ministeri degli Affari esteri e dell’Istruzione, oltre alla Conferenza dei rettori e al Cnr - sta per trasformarsi in un primo memorandum d’intesa. Che vede protagonista, come controparte, il governo di Rabat. Il documento in corso di definizione punta esplicitamente a rafforzare la cooperazione scientifica e accademica tra l’Italia e il Marocco. Battendo ogni strada. L’intenzione è quella di andare oltre lo scambio di docenti e ricercatori. Da qui la proposta di avviare doppie lauree o titoli congiunti. Oppure di creare laboratori di ricerca e innovazione o dipartimenti universitari. Fino all’apertura di vere e proprie sedi distaccate. Tutto ciò che potrebbe servire alle aziende di casa nostra per fare innovazione sul campo e intercettare i talenti del futuro prima dei loro competitor. Continentali e non. In quest’ottica, il Marocco dovrebbe essere solo il primo di un gruppo più ampio di partner strategici. (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 24-12-18)



UNIBO. UNIVERSITY OF BOLOGNA

The University of Bologna, founded in 1088 is believed to be the world’s first and oldest university. This university is still held in very high regard and has campuses in Bologna, Cesena, Forli, Ravenna and Rimini, and including the international campus in Buenos Aires, Argentina. Bologna can feel like a university town – there’s a varied nightlife and a lot of live music, from classical opera to modern DJs and bands. The University of Bologna is also responsible for the Bologna Process, which is a series of agreements between European countries with the aim of ensuring cooperation and comparability between the higher education systems of Europe. In line with the university’s ample contributions over the years, its long list of alumni includes Archbishop of Canterbury Thomas Beckett, a number of Popes, Nobel Prize-winning inventor and engineer Guglielmo Marconi and even Enzo Ferrari and Giorgio Armani, founders of their eponymous worldwide brands. (Fonte: timeshighereducation.com 20-12-18)



UNIBO. NUOVO ACCORDO ATTUATIVO TRA UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA

I rapporti tra l’Università di Bologna e l’Azienda ospedaliera universitaria Sant’Orsola si avvalgono di un nuovo accordo attuativo che disciplina e regola le attività di ricerca, didattica e assistenza che vedono coinvolta quotidianamente la comunità universitaria dell’Alma Mater integrata in assistenza, unitamente al personale dell’Azienda sanitaria..

“Le attività mediche prevedono per docenti e ricercatori, personale TA, studenti, l’inscindibilità tra assistenza, ricerca e didattica. Per la prima volta l’accordo disciplina questa inscindibilità in tutte le sue forme, dedicando particolare attenzione agli elementi distintivi dell’Università: didattica e ricerca” spiega il professor Maurizio Sobrero. “Sul fronte della ricerca ci sarà un migliore e più chiaro riconoscimento delle attività svolte e degli investimenti necessari alla loro crescita e valorizzazione attraverso tutti gli strumenti disponibili – prosegue il professore Sobrero – Per la prima volta ci sarà un’attenzione specifica alla gestione sistematica dei diritti di proprietà intellettuale”. Per parte aziendale si promuove la partecipazione del personale ospedaliero alla ricerca a sostegno dell’attività clinica valorizzandone l’apporto intellettuale e scientifico. Sul fronte della didattica ci sarà un pieno riconoscimento delle attività formative nell’insieme dei vincoli necessari a programmare tutte le attività del personale universitario in linea con le reali esigenze assistenziali e si apriranno le strutture dell’azienda a nuove figure quali visiting scholars e visiting professors per investire sempre di più sull’internazionalizzazione. “Per la prima volta, inoltre, si definiscono in maniera articolata le modalità di convenzionamento, si introduce la possibilità di convenzionamento su progetto per cogliere specifiche opportunità legate alla ricerca e alla didattica” – conclude il prof. Maurizio Sobrero. (Fonte: bologna2000.com 29-12-18)



UNIBO. VITTORIA DELL’AUTO EMILIA 4 A ENERGIA SOLARE AL WORLD SOLAR CHALLENGE 2018: 2700 KM SULLE STRADE DELL'OREGON

Il team Onda Solare ha portato alla vittoria del World Solar Challenge 2018 l'auto Emilia 4, progettata e costruita con l'Università di Bologna: 2700 km sulle strade dell'Oregon, senza mai ricaricare all'alimentatore di corrente, con un equipaggio di quattro piloti. La reputazione delle università americane rende veramente rilevante la vittoria nei loro confronti. Gli altri team avevano alle spalle centri come il Massachuset Institute of Technology o l'Università del Minnesota...La macchina è stata interamente costruita dai ragazzi che hanno partecipato. Da Morena Falcone ingegnere energetico, poi da un ingegnere aerodinamico e dagli altri che sono tutti ingegneri meccanici ed elettrici. Ogni singolo particolare è stato da loroi pensato, progettato, realizzato, costruito e modificato. Il team ha vinto anche due premi collaterali, il Mechanical Design Award e il Best Battery Pack Design Award, che hanno premiato il design dal punto di vista meccanico e l'innovativa batteria, su cui è in corso anche una richiesta di brevetto. L'Università di Bologna questa volta si è veramente impegnata. E quando c'è l'impegno, i risultati arrivano. Emilia 4 gareggiava con 4 passeggeri a bordo, a rotazione fra un equipaggio composto da 8 persone. Dei 24 veicoli che hanno partecipato alle prove, solo 13-14 sono stati ammessi alla gara su strada nelle due categorie. Oltre agli italiani, c'erano australiani, canadesi, russi e tutti gli altri erano americani (fra cui anche il secondo e il terzo classificati). Prossimo appuntamento per Emilia 4 sarà il World Solar Challenge in Australia, a ottobre 2019. (Fonte: cittaonline.com dicembre 2018)



UNIBO. UN PONTE TRA SCUOLA, UNIVERSITÀ E IMPRESA

«Solo attraverso la conoscenza le imprese possono restare competitive», spiega Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati motor holding. È il progetto di formazione permanente, promosso dalla Fondazione Ducati, insieme agli istituti della città, dal Liceo Malpighi, alla Belluzzi-Fioravanti, Aldini-Valeriani, all’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Un vero percorso di cooperazione permanente. Che va dalla Fisica in Moto, il laboratorio all’interno della fabbrica, visitato già da circa 71 mila studenti, al progetto Desi, alla Summer school. All’Unibo Motostudent, arrivata terza alla competizione tra moto elettriche nel 2018. «Un ponte tra scuola, università e impresa, nell’alternanza scuola lavoro per i ragazzi si accendono molte lampadine sulle scelte da fare», spiega Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi e consigliere education di Fondazione Ducati. «La percezione che ci sia un periodo di formazione e un periodo per il lavoro è tramontata. È un mondo continuo», spiega il rettore di UniBo, Francesco Ubertini. Dal progetto Muner al modello di formazione tedesco Desi, il piano Ducati for education. «Una complementarietà tra scuola e impresa», sottolinea Carmela Palumbo, capo dipartimento del Miur. (Fonte: N. Saldutti, CorSera 12-01-19)



UNINA. FS MOBILITY ACADEMY, SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE PROMOSSA DALLE FERROVIE DELLO STATO ITALIANE, IN COLLABORAZIONE CON L'ATENEO PARTENOPEO

Ingegneri, ma anche laureati in economia, marketing e matematica. Ampliare il ventaglio dei corsisti è l'obiettivo che si pone la Federico II per il futuro dell'Fs Mobility Academy scuola di alta formazione promossa dalle Ferrovie dello Stato Italiane, in collaborazione con l'ateneo partenopeo, dedicata ai tecnici e ai professionisti del trasporto e della mobilità.«La partnership con Fs - spiega il rettore della Federico II Gaetano Manfredi - rappresenta una straordinaria opportunità di un percorso post laurea di alta specializzazione fortemente innovativo». Nell'ultimo trimestre (maggio-luglio) i corsisti potranno partecipare a stage di 500 ore nelle società del gruppo Fs. «L'auspicio commenta Ennio Cascetta - è che gli studenti possano avere poi delle opportunità di lavoro concrete all'interno del gruppo. E un'iniziativa importante per Napoli, che vanta una delle scuole di ingegneria dei trasporti più prestigiose. Il progetto dell'Fs Academy deve proseguire. La scommessa è creare un canale stabile di formazione». (Fonte: Il Mattino 12-01-19)



A NAPOLI NASCERÀ LA SCUOLA SUPERIORE MERIDIONALE

A Napoli nascerà la Scuola Superiore Meridionale. Pronti 50 milioni di euro. Organizzerà corsi di dottorato di ricerca, master, ordinari e di laurea magistrale e nascerà all'interno dell'Università Federico II e con la collaborazione di MIUR e Federazione delle Scuole Superiori (S. Anna, Normale e Pavia). Bussetti: “Si tratta di un'azione di sistema, attesa da decenni, con cui il Governo intende estendere al Sud un modello formativo vincente che ci viene invidiato in tutto il mondo”. (Fonte: napolitoday.it 13-12-18)



UNIPD. UNIVERSITY OF PADUA

The University of Padua was founded in 1222 as a school of law. It is the second-oldest university in Italy and the world's fifth oldest-surviving university. The university is made up of 32 departments and eight schools. It is also home to a university hospital, one museum, a library, a school of excellence and 14 halls of residence. The University of Padua is part of a network of historical research universities known as the Coimbra Group. Other universities that are part of this network are the University of Oxford, the University of Cambridge, Heidelberg University, KU Leuven and the University of Salamanca. (Fonte:

timeshighereducation.com 20-12-18)



POLIMI. IL COMPETENCE CENTER DELLA LOMBARDIA GUIDATO DAL POLITECNICO PER SOSTENERE LA TRASFORMAZIONE DIGITALE APRIRÀ NEL CAMPUS BOVISA

Si chiama "Made" il Competence center della Lombardia guidato dal Politecnico, uno degli otto previsti a livello nazionale dal Piano nazionale industria 4.0 - che aprirà a settembre all'interno del Campus Bovisa.

Frutto di una collaborazione fra più università (oltre a quello milanese ci sono gli atenei di Bergamo, Brescia e Pavia) e di 39 imprese, nasce grazie a un finanziamento di 22 milioni di euro, di cui 14 per attrezzature e personale e 8 per progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico. Metà arrivano dal ministero per lo Sviluppo economico, metà dai privati. «L'università moderna è responsabile del territorio in cui è connessa e ha il compito di trasferire e stimolare l'innovazione», spiega il rettore Ferruccio Resta durante la presentazione al Politecnico, «Parliamo di un hub di incontro unico per le tecnologie digitali applicate al manifatturiero - prosegue il rettore - e abbiamo l'ambizione di diventare non solo un punto di riferimento nazionale, ma di andare anche oltre i confini». Sono circa il 45 per cento le imprese che ancora non sanno come funziona una fabbrica 4.0. «Le aziende che si rivolgeranno a "Made" saranno supportate in un percorso di crescita e di adozione di nuove tecnologie digitali a copertura dell'intero ciclo del prodotto». (Fonte: T. De Giorgio, CorSera Milano 12-01-19)





UE. ESTERO



‘VIENNA DECLARATION’. SIGNED BY RECTORS’ BODIES OF 10 NATIONS

Representatives of rectors’ conferences from Germany, Italy, Croatia, Poland, Switzerland, Slovenia, Slovakia, Serbia and the Czech Republic met with Universities Austria or UNIKO, Austria’s association of university heads, in mid-December to take stock of growing trends in society towards ‘pseudo-science’ and ‘pseudo-facts’. Representatives from Hungary had also been invited but refrained from attending.

In their ‘Vienna Declaration’, the participants of the meeting state that they are “firmly convinced that the basic values of higher education reflect the achievements of enlightenment”. Academic freedom and integrity in teaching and research as well as students and academic staff having a say in the running of institutions are seen as key elements in the functioning of universities. The rectors also stress the significance of the Magna Charta Universitatum, signed in 1988 by 388 university heads from across Europe and marking the 900th birthday of Italy’s University of Bologna. Here, they refer to the holistic concept of education emphasised in the Charta. (Fonte: UWN 24-12-18)



ALBANIA. PER LE PROTESTE DEGLI STUDENTI CONTRO LA CONTROVERSA LEGGE DEL 2015 SI DIMETTE IL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE

Albania’s education and science minister, mathematician Lindita Nikolla, has resigned amid nationwide protests by thousands of students. The government says that it would meet many of the students’ requests for cheaper and better-quality higher education, but it has stopped short of repealing a controversial 2015 law that protesters say is the source of many of the problems plaguing Albanian academia. The law aimed to improve education by allowing more private money and spreading funding around, but critics say that it has ultimately undermined quality by treating universities as businesses. (Fonte: Nature Briefing 17-01-19)



UK RESEARCH ELITE SPEND £49 MILLION ON PRE-REF JOB CUTS

The holiday season is almost here, but many UK university staff are feeling a distinct lack of festive cheer. Recent announcements about potential job cuts at Bangor and Cardiff universities raise the spectre of the financial challenges looming over other universities in 2019. Huge hikes in staff pension payments await, as do spiralling visa costs for enrolling non-UK European Union staff post-Brexit. Institutions will also wonder if EU enrolments will fall off a cliff if students lose access to student loans after Brexit. It’s little wonder that UK universities have been tightening their belts, but the scale of the redundancies and severance payments paid to staff, as revealed by Times Higher Education, may surprise many readers, with almost £50 million spent on this last year by Russell Group institutions alone. But is this efficiency drive something more? Many will suspect that some of the costs may be linked to a cull of ‘underperforming’ staff ahead of the 2021 research excellence framework deadline. And some will worry that the REF ‘game-playing’ has just begun. (Fonte: THE 20-12-18)



UK. GLI ATENEI SI PAGANO LA POLIZIA

Londra. Un quinto delle università britanniche spendono migliaia di sterline ogni anno per pagare degli agenti che proteggano gli studenti dalla criminalità comune. Secondo quanto rivelato ieri dal quotidiano Times sono ben 27 gli atenei che hanno deciso di contribuire al budget delle forze di polizia in cambio di controlli più accurati e costanti all'interno dei campus, divenuti facile target di ladri, spacciatori e predatori sessuali. Negli ultimi tre armi sono stati spesi oltre due milioni di sterline per garantire maggiore sicurezza agli studenti e per l'anno prossimo la spesa prevista è di un milione e duecentomila sterline. La sola università di Northampton ha stanziato 775mila sterline per finanziare nel prossimo triennio un sergente e cinque agenti di pattuglia nel suo nuovo campus. (Fonte: E. Orsini, Il Giornale 06-01-19)



UK. UNIVERSITIES WARN ‘NO DEAL’ BREXIT WILL HIT CRUCIAL FUNDING STREAMS

UK universities have warned the country’s government that leaving the European Union without a deal is “one of the biggest threats” the institutions have ever faced. In an open letter published on 4 January, leaders of groups representing 150 UK institutions urge the government to commit to replacing important EU sources of research funding that would become immediately inaccessible to UK researchers in the event of a ‘no deal’ Brexit. Britain is scheduled to leave the EU on 29 March, but a deal on the terms of its departure is yet to be fully agreed. Members of the UK Parliament are expected to vote on a proposed deal later this month. Unless an agreement is secured, British scientists will become ineligible for prestigious European Research Council (ERC) grants and some parts of the Marie Skłodowska-Curie Actions programme, which promotes researcher mobility. The university groups estimate that together, these sources would be worth €1.3 billion (US$1.5 billion) to UK researchers over the next two years. (Fonte: E. Gibney, Nature Briefing 04-01-19)



BRASILE. RUMOURS SWIRL AS BOLSONARO TAKES OFFICE

Ever since Jair Bolsonaro’s election last year, higher education in Brazil has been fearful about what impact the far-right president might have on universities once he took office. Today, our reporter Rachel Pells reports on the alarm bells being sounded over claims that candidates for postgraduate scholarships might be forced to take an “ideology” test in the future. Although Brazil’s postgraduate funding body has said that no such tests are planned, academics say that the claims – which stemmed from an article in a newspaper on mooted education reforms – are symptomatic of how the new administration is creating an atmosphere of “panic and intimidation” by leaking policy rumours. (Fonte: THE 15-01-19)





LIBRI. RAPPORTI. SAGGI



LA RICERCA OPERATIVA. Finalità e metodi

Autore: Alessio Drivet. Ed. Aracne. Gennaio 2019. 220 pg.

Il volume si colloca all’interno della vasta produzione relativa al tema della “ricerca operativa” ed è caratterizzato da un approccio non accademico, ma più orientato verso l’analisi pragmatica della disciplina. L’esigenza di presentare l’argomento in modo semplice e accessibile è stata perseguita cercando di limitare al minimo indispensabile l’uso di formule e teoremi. L’attenzione è invece focalizzata sia sul concetto di modello che sull’esposizione degli algoritmi fondamentali. Una parte dell’opera è dedicata all’uso dei software, in quanto solo con essi è possibile affrontare e risolvere problemi complessi. (Fonte: Sintesi dell’editore)



LA «GRANDE TRASFORMAZIONE» DELL’UNIVERSITÀ ITALIANA

Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018 (Numero monografico http://www.rtsa.eu/ )

Introduzione di Davide Borrelli, Marialuisa Stazio:

Nell'introdurre questo numero monografico sulla “grande trasformazione” dell'università negli ultimi anni, il nostro contributo fa il bilancio della situazione italiana, valutando l'impatto delle politiche recentemente adottate sulla problematica condizione dell'istruzione superiore nel nostro Paese. Emerge un quadro fortemente critico e negativo: l'adozione delle logiche gestionali del New Public Management all'interno dell'università italiana (ad esempio, mediante il “mito razionalizzato” della qualità e i sistemi di valutazione premiale) non solo fallisce l'obiettivo di ampliare il bacino di utenza della formazione terziaria, ma tende a produrre effetti perversi e disfunzionali che moltiplicano le forme di dominazione e di comando all'interno del sistema della ricerca scientifica e accentuano gli squilibri e le differenze territoriali.

I seguenti articoli del numero monografico sono disponibili qui.

Monica Canino: La certificazione di qualità dell‘istruzione universitaria dopo le nuove indicazioni ministeriali.

Alessandra Decataldo: Valutare la didattica universitaria: considerazioni sui principi ispiratori e sui processi.

Valentina Martino: Terza Missione e cultura delle università. Note per una sociologia del patrimonio accademico.

Andrea Lombardinilo: Università del rischio e mobilità accademica: la drammatizzazione mediale della violenza.

Emilia Ferone, Sara Petroccia: Il capitalismo accademico nell‘università europea della conoscenza

Francesca Coin: L‘inadeguatezza del digital academic..

Emanuela Spanò: Sedotte e valutate: la meritocrazia nell‘auto-rappresentazione delle feminae academiche..

Enrico Mauro: Il ricercatore scientifico «comme un être sans passé»: ancora sugli “effetti collaterali” della “valutazione” meritocratica della ricerca..

Davide Borrelli, Renato Fontana, Cristina Sofia, Elena Valentini: Le tribolazioni del ricercatore tra ingiunzioni valutative e pratiche di cura di sé.



L’UOMO SENZA FRONTIERE. Vita e scoperte di Albert Einstein

Autore: Jeremy Bernstein. Ed. Il Saggiatore 2012. 217 pg.

«Nel novembre del 1919 Albert Einstein diventò lo scienziato più famoso del mondo e tale sarebbe rimasto per tutto il resto della sua vita. Non sarebbe mai più stato un semplice privato cittadino.» Albert Einstein è una delle figure più emblematiche del nostro tempo. Anche dopo più di cinquant’anni dalla sua scomparsa, le sue scoperte sono considerate da molti la più audace avventura intrapresa dall’uomo con le sole risorse dell’intelligenza. La teoria della relatività ha consentito a Einstein di prevedere fenomeni che avvengono nel cosmo quanto nel mondo atomico e subatomico. Il ritratto che prende forma nelle pagine di Bernstein è estremamente vivido, le spiegazioni delle teorie semplici e lineari, mentre il grande scienziato si rivela ai nostri occhi anche come uomo: timido e trasognato, ma anche risoluto nella convinzione della validità delle proprie scoperte.





IN BREVE



LICEI SCIENTIFICI A INDIRIZZO BIOMEDICO.  Via libera del MIUR al percorso sperimentale dei licei scientifici a indirizzo biomedico.  2 istituti, 1 a Milano e 1 a Corsico. Accanto al canonico orario del liceo, sono previste 50 ore di lezione aggiuntive, 20 tenute da docenti di scienze, 20 da medici scelti dagli Ordini e 10 sul campo presso strutture sanitarie.



ERASMUS+. PRIMATO DELL'UNIVERSITÀ DI PADOVA. L’ateneo di Padova primo in Veneto, secondo in Italia (dietro Bologna) e quarto in Europa (dopo Granada e Madrid) per numero di studenti all'estero con Erasmus+: 1.870. Il Gazzettino 18-01.-19.


Nessun commento:

Posta un commento