giovedì 15 maggio 2014

INFO UNIVERSITARIE n. 5 12-05-2014



IN EVIDENZA

SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE MEDICHE, RAPPORTI MEDICINA UNIVERSITARIA – SISTEMA SANITARIO NAZIONALE, ABILITAZIONE SCIENTIFICA, RECLUTAMENTO DEI DOCENTI. TEMI DELL’INCONTRO DEL MINISTRO CON IL CUN
Nel recente incontro del ministro Giannini con il Consiglio universitario nationale sono stati affrontati importanti temi: scuole di specializzazione mediche, rapporti medicina universitaria – sistema sanitario nazionale, abilitazione scientifica, reclutamento dei docenti.
Il ministro “si è detta pronta a ripensare l'assetto delle scuole di specializzazione medica secondo quanto previsto dal tavolo tecnico presieduto dal presidente del CUN Andrea Lenzi”. In particolare ha rilevato che il MIUR si sta impegnando per trovare le risorse necessarie: con 40 milioni di euro in più si può tornare ai livelli dei 5.000 contratti di formazione esistenti negli anni precedenti.
In merito al rapporto fra medicina universitaria e sistema sanitario nazionale, l’area di medicina del CUN proporrà delle linee guida al ministro su tale rapporto, come previsto dall’art.6, comma 13 legge 240/10, al fine di rendere omogenei su scala nazionale gli accordi fra università e aziende ospedaliere di riferimento, superando i particolarismi locali.
In merito all’abilitazione scientifica nazionale, il ministro – ha spiegato il CUN - appoggia le semplificazioni proposte dal CUN, in particolare l’instaurarsi di un meccanismo più semplice e continuo di valutazione dei curricula, la formazione di commissioni con membri che sono sostituiti a varie scadenze e la rivisitazione dello strumento delle ‘mediane’, perché sono poco rispondenti alla realtà di produzione scientifica dei diversi settori. Sono quasi 1.000 i ricorsi sulle procedure già espletate e molti sono stati accolti dal Tar, ha indicato il ministro Giannini al CUN. Comunque, la tornata 2013 non potrà che proseguire con le stesse regole e le stesse commissioni. Quindi senza riaperture e con molto probabile proroga dei tempi al 30 settembre 2014. Il ministro ha poi detto che il suo Ministero è impegnato a salvaguardare la procedura a fronte dei ricorsi individuali “mettendo in sicurezza la situazione degli attuali abilitati”.
Sul reclutamento professori e la progressione di carriera, il ministro ha anticipato che dopo la prima settimana di maggio è previsto un incontro con il Ministro dell’economia e delle finanze per la riprogrammazione del fondo di finanziamento ordinario (FFO) e per cercare di sbloccare il blocco del turnover dei docenti che mette a rischio il sistema d’insegnamento e di ricerca delle nostre università. Il ministro, secondo quanto riferito dal CUN, si è detto pronto anche a modificare la misura dei ‘punti organico’ per calcolare le nuove assunzioni e i passaggi di fascia dei docenti in un'ottica di programmazione e responsabilità finanziaria degli atenei, così come proposto dal CUN nel recente documento del 9 aprile “Reclutamento universitario - proposte per messa in sicurezza del sistema a normativa vigente”. (Fonte: quotidianosanità.it 30-04-2014)

CONCORSI LOCALI, REGOLE PER L’ASN, RICERCATORI E RICERCA. ALTRI TEMI SUI QUALI SI È PRONUNCIATO IL MINISTRO
«Credo che i concorsi locali vadano aboliti per decreto – ha spiegato il ministro a margine del convegno ‘The State of the Union’ a Fiesole (Firenze) –. Sono convinta che le singole università debbano poter chiamare in totale autonomia chi vogliono, rispettando gli standard internazionali». Ma, ha avvertito, «se qualcuno decide di assumere al posto di uno scienziato capace un candidato meno bravo ma raccomandato, l’ateneo sarà duramente penalizzato sotto il profilo economico». Inoltre «il sistema dell’abilitazione va trasformato, reso più trasparente. Le regole sono troppo complicate, il marasma normativo ha lasciato spazio all’opacità». Qual è la soluzione? «Vorrei creare commissioni permanenti per le varie discipline – ha spiegato il ministro –. I blocchi, come si è visto, producono fiumane di candidati e decine di migliaia di domande, gli esami diventano difficili e poco controllabili. Bisogna passare dalle “tornate concorsuali” a giudizi “a sportello”. Le commissioni, naturalmente, devono essere rinnovate dopo un certo periodo.
Il ministro ha proposto anche di «scorporare la ricerca dal comparto della Pubblica amministrazione e dai vincoli che questa impone». Un tema sul quale «il ministro Madia si aspetta da me un contributo». «Se non togliamo il mondo dei ricercatori dalle regole della Pa – ha ragionato il vertice del MIUR – con i relativi vincoli nel turnover e le difficoltà concernenti la mobilità internazionale, difficilmente riusciremo a incentivare la posizione dei nostri giovani ricercatori nel confronto con quello che accade nel resto del mondo».
Il ministro ha lanciato poi l’idea di una «Biennale della ricerca» con l’obiettivo di rilanciare il nostro Paese in questo settore, soprattutto nell’ambito di Horizon 2020, il programma di finanziamenti della Commissione europea da 80 miliardi di euro. Una «Biennale» che metta insieme «tutti gli attori, pubblici e privati» e che dia il suo contributo anche all’occupazione. Se tra sei anni «sarà investito in ricerca il 3% del Pil – calcolano dal ministero dell’Istruzione – si potrebbero ottenere 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro». (Fonte: CorSera Scuola 09-05-2014)

RECLUTAMENTO PER COOPTAZIONE
Alla procura di Bari sulla possibilità che il sistema della cooptazione sostituisca quello della selezione mediante concorso, non si esprimono. La tesi è stata sostenuta su “La Stampa” dall’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, secondo il quale bisogna fare attenzione a condannare il sistema, visto che in tutto il mondo i concorsi sono effettuati per cooptazione e che non è detto che la selezione tramite concorso dia esiti più “fortunati” del primo criterio finito in Puglia nei fascicoli giudiziari. Dalla Procura di Bari non è arrivato alcun commento. Ma è chiaro che nei giorni caldi dell’inchiesta il dibattito tra concorsi e cooptazione come metodo di selezione c’è stato. Ed è arrivato a una conclusione che non poteva essere diversa: i magistrati sono soggetti alla legge e la applicano. Al rispetto della legge sono tenuti anche i professori universitari che non dovrebbero violarla. Per questo - dicono dalla Procura barese - fino a quando la legge prevederà i concorsi e non la cooptazione come criterio di selezione, le cose andranno nel modo in cui sono andate finora: e cioè apertura di inchieste rispetto ad ipotesi di violazione della legge.  (Fonte: La Stampa 08-05-2014)

ASN. SUL SISTEMA DELLE MEDIANE
E’ ormai accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, che il sistema delle “mediane” introdotto dal D.M. 76/2012 contiene tante e tali contraddizioni e inconsistenze da mettere tutta la procedura ASN a rischio per le innumerevoli illegittimità e discriminazioni. In particolare la famigerata lettera a), al comma 4 dell’art. 4, comporta una tale quantità di inconsistenze, illegittimità, errori e discriminazioni da chiedersi come sia possibile che un ministro e il suo staff tecnico di funzionari abbiano potuto concepire un simile concentrato di problemi. (Fonte: F. Siringo, Roars 03-05-2014)
Un commento di hikikomori all’articolo sopra segnalato:
“Le mediane possono essere uno strumento discutibile. Ma non possono essere usate come un capro espiatorio. Non è certo dovuto alla loro introduzione il fatto che molte commissioni abbiano giudicato i candidati non secondo la qualità della loro produzione scientifica, bensì sulla base dell’appartenenza a certi gruppi. Ciò è semplicemente, sempre successo. Nei vecchi concorsi, come nell’ASN, nella stessa identica maniera, e per opera delle stesse persone. È questo l”automatismo” che – ancora una volta – ha fatto strage di talenti. E ha danneggiato anche molti validi ricercatori che superavano abbondantemente le mediane. Io non mi sento di addossare a un meccanismo le colpe che, invece, sono di coloro che lo hanno utilizzato”.

CLASSIFICA TIMES HIGHER EDUCATION. LE 100 MIGLIORI UNIVERSITÀ DEL MONDO CON MENO DI 50 ANNI D’ATTIVITÀ
È recente la pubblicazione del Times Higher Education 100 under 50: il ranking delle migliori cento giovani Università del pianeta con meno di 50 anni. Solo due le italiane in classifica: l’università Bicocca di Milano, fondata nel 1998 e già entrata in classifica negli anni precedenti, ottimamente piazzata al 21° posto, in crescita di due posizioni dal 23° dello scorso anno, e l’Università di Roma Tre (nata nel 1992), che quest’anno entra per la prima volta in classifica, pur all’ultimo gradino disponibile.
A dominare sono ancora una volta gli atenei asiatici: al primo posto la South Korea’s Pohang University of Science and Technology (Postech), mentre al terzo posto si piazza la rivale Korea Advanced Institute of Science and Technology (Kaist), alla quarta piazza troviamo, infatti, la Hong Kong University of Science and Technology, mentre al quinto sale la Nanyang Technological University di Singapore. L’unica rappresentante a stelle e strisce presente nella top 10 è la University of California, Irvine; mentre il vecchio continente si aggiudica oltre alla seconda posizione - la svizzera École Polytechnique Fédérale di Losanna  - anche la sesta, con l’olandese Maastricht University; l’ottava e la nona con le francesi Université Paris-Sud e Université Pierre e Marie Curie; e la decima dove si attesta la Lancaster University (UK). Le nazioni con più Atenei in lista sono, a pari merito, Regno Unito e Australia.
Il ranking utilizza gli stessi 13 indicatori generali della Top 400 World Universities Rankings, che includono insegnamento, ricerca, trasferimento tecnologico e internazionalizzazione ma è ricalibrato per riflettere al meglio le caratteristiche delle giovani università. (Fonte: CorSera 03-05-2014)

CONTRO IL BLOCCO DEGLI SCATTI STIPENDIALI AI DOCENTI UNIVERSITARI
Care Colleghe e cari Colleghi,
vi ringraziamo per la vostra adesione al documento “sbloccoscatti”, che è stato sottoscritto da oltre 500 docenti. Vi preghiamo, se potete, di pubblicizzare il nostro Documento (che rialleghiamo) all’interno delle vostre università (utilizzando, ove possibile, le mailing list di Ateneo) e/o delle vostre associazioni scientifiche del settore di riferimento. 
“Com’è noto, con decreto legge n. 78/2010 il Governo Berlusconi ha introdotto il blocco degli scatti biennali per il personale docente dell’università.
Con lo stesso provvedimento sono stati bloccati gli stipendi dei dipendenti pubblici contrattualizzati, nonché le fasce stipendiali dei ricercatori e dei tecnologi degli enti di ricerca. Ciò nell’ottica di contribuire al contenimento della spesa pubblica.
Va segnalato che per il personale docente universitario, in seguito alla legge Gelmini, andata in vigore quasi contemporaneamente, tali scatti non sono più automatici ma sono assegnati dopo un giudizio di merito cui i docenti sono sottoposti.
Tutti i lavoratori del pubblico impiego hanno accettato con responsabilità tale blocco triennale, per contribuire al risanamento della grave situazione finanziaria del nostro paese, sebbene sia chiaro che, oltre il danno economico finora ricevuto, il blocco negherà anche la maturazione ai fini giuridici, con la conseguenza che alla fine del blocco non si percepirà una retribuzione che terrà conto degli anni passati, ma si ripartirà dai valori del 2010.
Concluso il triennio, non solo il blocco è stato riproposto da parte del governo Letta anche per il 2014, ma, con la nuova Legge di Stabilità del 2014, sono state introdotte altre norme che limitano il riconoscimento dell’anzianità pregressa e che quindi potrebbero danneggiare ulteriormente la carriera economica dei docenti universitari.
In questo clima di responsabilità e sacrifici, recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno ritenuto valide le richieste di alcuni settori del pubblico impiego, avanzate in sede Giudiziaria Amministrativa, ribadendo la validità di norme più favorevoli previste già nel provvedimento di origine o da provvedimenti successivi per gli Avvocati e i Procuratori dello Stato, le Forze di Polizia, tutto il personale non contrattualizzato e la Magistratura.
E’ ben nota poi la concessione degli scatti stipendiali per il periodo 2011-2013 al personale della Scuola Media Superiore con decisione del Consiglio dei Ministri del 17 gennaio 2014.
Gli unici che continuano a dare il loro sostegno alla situazione di crisi sono rimasti i dipendenti delle università e il personale contrattualizzato del pubblico impiego: un’altra sentenza della Corte Costituzionale di recente pubblicata ha negato, infatti, la cancellazione del blocco degli scatti stipendiali dei professori Universitari in quanto “congruente con la necessità di risparmi consistenti e immediati”.
Appaiono evidenti la contraddittorietà e l’iniquità dei provvedimenti presi.
È del resto ben nota e inaccettabile la logica di individuare nei settori della cultura e dell’istruzione ambiti in cui poter recuperare risorse operando dissennate riduzioni delle spese e degli investimenti.
E pur con questi magri e irrisori finanziamenti si danno risultati notevoli e servizi ben superiori alle risorse impiegate.
Se è vera la tante volte proclamata attenzione delle forze politiche verso le giovani generazioni, non c’è dubbio cha la formazione debba essere, come già accade in altri Paesi, uno dei capitoli fondamentali di investimento per la ripresa e lo sviluppo dell’Italia. Nel contesto attuale sembra invece che la classe politica punti alla demotivazione e alla perdita di efficienza del personale universitario, con gravi ripercussioni sull’intero percorso formativo dei discenti.
Un primo segno di un’auspicata inversione di tendenza sarebbe intanto la cessazione del blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici contrattualizzati e degli scatti stipendiali per i docenti universitari e per i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, già dal 2014. Andrebbe poi recuperato il riconoscimento, almeno ai fini giuridici, del periodo 2011-2013.
I docenti universitari, temendo che il perdurare delle difficoltà economiche possa portare a un ulteriore prolungamento del blocco, annunciano che si faranno promotori di una mobilitazione nazionale del pubblico impiego che individuerà, settore per settore, forme di azione che dimostreranno l’essenzialità dei servizi offerti. In particolare nel settore universitario si segnalano i settori in cui si pensa di intervenire, in caso di prolungamento del blocco:
1) procedura della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR): i docenti universitari non sono disposti né a inserire in rete i propri prodotti di ricerca, come hanno fatto per la VQR appena conclusa, né a essere reclutati quali valutatori;
2) attività istituzionali non retribuite: i docenti universitari non intendono più partecipare ad attività istituzionali per le quali non sono previste retribuzioni o indennità di funzione o gettoni di presenza (commissioni didattiche, commissioni di ricerca, giunte dipartimentali, commissioni per la biblioteca, commissioni stages, attività di tutorato, rappresentanze in centri universitari, viaggi di studio, ecc.);
3) esami e tesi di laurea: i docenti non intenderebbero creare problemi all’utenza studentesca, ma, come ultima ratio, si studieranno e si concorderanno con le associazioni sindacali azioni anche in questi settori”.
(Fonte: Un gruppo di docenti Universitari di Roma Tre)
L'adesione va sottoscritta semplicemente scrivendo "Aderisco" con il nominativo, l’Ateneo di appartenenza e le mansioni svolte all'indirizzo sbloccoscatti@gmail.com .


ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

REVISIONE DELL’ASN. PROPOSTE DEL CUN
Il Consiglio Universitario Nazionale ha reso noto il 9 aprile un documento contenente proposte di revisione delle procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale, con l’intento di rispondere alle criticità che si sono evidenziate a conclusione della prima tornata. Il documento è stato già sottoposto al Ministro Giannini. Il CUN auspica che si introducano le modifiche necessarie a rendere l’ASN un efficace strumento di preselezione di candidati per concorsi locali.
Il documento si può leggere qui http://tinyurl.com/q9qloc6 .

ASN. IL PRESIDENTE SIV SCRIVE AL MINISTRO IUR
Dalla lettera del dott. Franco M. Ruggeri, presidente della Società Italiana di Virologia, all’on. prof.ssa Stefania Giannini si evidenziano alcuni passi.
“Purtroppo, in alcune delle liste mi accade di vedere “non abilitati” colleghi che, oltre a punteggi di valutazione elevati godono anche di un’alta considerazione nella comunità scientifica internazionale, e sono di innegabile guida per gli studenti dei loro corsi; al contrario vedo “abilitati” colleghi, con valutazioni oggettive molto inferiori, il cui “positivo giudizio conclusivo” non appare giustificato, se comparato con i precedenti.
Questi fatti portano a temere che possano aver avuto un ruolo non marginale giudizi preconcetti, che, in entrambe le direzioni, riportano ai giochi di scuderia di cui il mondo accademico si è troppo avvalso nel passato per favorire o contrastare singoli soggetti, secondo necessità. Questo sistema di “selezione”, nel quale pochi “arbitri” decidono, senza diretta interazione con i candidati, del loro futuro è anacronistico e sbagliato, perché i “numeri oggettivi” non vengono a contare in modo riproducibile e univoco. Perseguendo tale strada, l’Italia continuerà a essere avulsa dai criteri di merito che esistono all’estero...Come in vigore all’estero, nelle migliori Università, si dovrebbe rifuggire dall’istituire graduatorie generiche e non del tutto imparziali, ma piuttosto selezionare il docente con esami estemporanei e approfonditi, position per position, con l’assunzione piena di responsabilità della specifica Università che cerca la persona giusta per il posto mancante o per aprire filoni di ricerca innovativi sui quali investire il futuro dell’Accademia, degli studenti, e del paese”.  (Fonte: F. M. Ruggeri, Società Italiana di Virologia c/o Istituto Superiore di Sanità 12-03-2014)


DOCENTI. FORMAZIONE

EVOLUZIONE DEL TURNOVER DEI DOCENTI
Alla fine del 2006 la docenza universitaria di ruolo aveva raggiunto ii massimo storico: 62 mila docenti ripartiti tra le tre fasce esistenti, con un picco di 20 mila ordinari rispetto al numero degli associati (circa 19 mila). In apparenza, sembra una dinamica patologica: questi assunti hanno occupato tutti i posti e, giunti quasi alla pensione e in coincidenza con blocchi e tagli, hanno intasato il sistema. Il CUN la spiega invece a partire da una complessa dinamica demografica. All'origine c'è stata l’ope legis che, nei primi anni Ottanta, permise l'immissione in massa di docenti oggi giunti ad un passo della pensione. Da allora, rispettando una schizofrenica alternanza di aperture e chiusure del reclutamento, l'immissione nei ranghi della docenza avrebbe seguito una media costante: 1700 ricercatori, 1250 associati e 750 ordinari l’anno.
Pur alterato all'origine, il sistema sembra avere trovato un equilibrio tra II numero dei nuovi entrati e quello dei pensionandi. Prima dell’innalzamento dell'età pensionabile stabilito dalla riforma Fornero, e del blocco del turn-over, andavano in pensione circa mille ordinari, 500 associati e 500 ricercatori l’anno. Numeri raddoppiati nel 2010 a causa della coincidenza della riforma, del taglio ai fondi degli atenei e del blocco del turn-over che hanno portato alla restrizione dei canali di reclutamento. Il CUN chiede l'abolizione del sistema dei punti organico, l'anticipazione dello sblocco del turn-over al 2015, e non al 2018, un piano straordinario per associati da 75 milioni di euro.
Docenti in servizio nelle università italiane 2006 - 2013
2006                61.966
2007                61.901
2008                62.753
2009                60.863
2010                57.741
2011                56.456
2012                54.931
2013               53.459
(Fonte: Il Manifesto 16-04-2014)


FINANZIAMENTO

FONDO DI FINANZIAMENTO ORDINARIO DAL 2006 AL 2015
Il testo approvato in Consiglio dei Ministri contiene sia un taglio dell’FFO, quantificato in 75 milioni, di cui 30 relativi all’anno in corso e 45 per il 2015, sia un taglio dell’omologo fondo degli enti di ricerca, il cui ammontare non è però ancora noto. A due giorni dal Consiglio dei Ministri, Stefania Giannini si rende conto dei tagli approvati e scende in trincea tuonando “mi batterò contro i tagli agli atenei“. L’Italia è ultima in Europa per percentuale di laureati e ultima nelle statistiche OCSE della spesa pubblica per istruzione, mentre è seconda solo all’Ungheria per i tagli nel periodo 2008-10. Nell’evoluzione dell’FFO il vero punto di svolta risale alla legge 133/2008, il cui art. 66 c. 13 dispone che: in relazione a quanto previsto dal presente comma, l’autorizzazione legislativa di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, è ridotta di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013. Questo era il programma di tagli “a orologeria” predisposti dal Governo Berlusconi per mano della coppia Tremonti-Gelmini. Passano alcuni anni e, nel 2012, spetta al Governo Monti prendere posizione rispetto ai tagli. Secondo il piano “a orologeria” dal 2013 si sarebbe consolidato un taglio di oltre 400 milioni. Dopo molte proteste e un comunicato congiunto di CRUI, CUN e CNSU che paventava una situazione di crisi “gravissima e irreversibile” del sistema, Profumo riuscì a mitigarlo solo in parte, ottenendo la “restituzione” di soli 100 milioni (legge di Stabilità 2013 art. 152 bis). Nel 2013 è il turno del Governo Letta e del nuovo ministro Maria Chiara Carrozza: nella legge di stabilità 2014 (art. 9 c.5), sono stanziati 150 milioni aggiuntivi per l’FFO per scongiurare il collasso del sistema. Centocinquanta milioni, sia detto per inciso, che costituiscono uno stanziamento una tantum limitato al 2014. Chi volesse confrontare tutte queste cifre con quelle riportate nel grafico (Fonte: UniPd) non troverebbe una corrispondenza perfetta perché di anno in anno ci sono stanziamenti che vanno e vengono, mentre i “tagli a orologeria” hanno intaccato lo zoccolo duro, ovvero quella quota di FFO “garantito” da un anno all’altro. Il calo vistoso del fondo in termini nominali – e ancor più in termini reali (-18,7 % dal 2009 al 2013) – è proprio dovuto all’erosione di questo zoccolo. (Fonte: Redazione Roars 22-04-2014)
Fondo di finanziamento ordinario reale degli atenei. Milioni di euro (Fonte: UniPd).
FUNDRAISING. UN FESTIVAL SULLA RACCOLTA FONDI 
Il Festival del Fundraising, in programma dal 13 al 16 maggio presso l'Hotel Parchi del Garda (Pacengo di Lazise - VR) si pone l'obiettivo di creare una community che agevoli la condivisione di sapere e le esperienze di maggior successo sul tema della raccolta fondi, nonché di diffondere la cultura del dono in Italia, paese ancora poco sensibile al tema del nonprofit. Il festival del 2014 propone un programma decisamente ricco e strutturato sul modello delle sessioni parallele, con 70 momenti formativi suddivisi in quattro percorsi tematici (Raccogliere poco da tanti; Raccogliere tanto da pochi; Management e Leadership; Tanto da noi non funziona!). Ampio spazio sarà dedicato a tematiche di grandi attualità come "Raccolta fondi e politica" o "Fundraising per le università". Il Festival, infatti, intende approfondire e diffondere la comprensione degli aspetti più innovativi e delle nuove tendenze del settore, al fine di influenzare con efficacia le prospettive di crescita, sostenibilità e sviluppo del nonprofit in Italia.
In particolare, per il fundraising applicabile alle università, sono previste due sessioni formative specifiche:
-  "Il futuro delle università è il fundraising. Come sopravvivere senza fondi pubblici" (16/05/2014) http://tinyurl.com/n573s6q .
- "L'eredità degli Alumni. Impariamo dalle università americane come ottenere un lascito dagli ex-studenti" (14/05/2014) http://tinyurl.com/kaurygq.
(Fonte: rivistauniversitas 16-04-2014)


PROFESSIONI. LAUREE. OCCUPAZIONE

LAUREATI SECONDO LE STATISTICHE EUROSTAT
Secondo le statistiche Eurostat per l’Unione Europea a 28 nazioni, come percentuale di laureati nel segmento di età 30-34 anni, nel 2004 l’Italia era quartultima (seguita da Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania). Oggi, dopo un decennio, occupiamo saldamente l’ultimo posto in Europa. Nella pagina Europe 2020 della Commissione Europea è anche possibile confrontare gli obiettivi per il 2020 di ogni nazione: quello dell’Italia è mantenere l’ultima posizione e aggravare il distacco, dato che il suo target (26-27% di laureati) è il più modesto di tutta l’Unione Europea. Non ci toglierebbe dall’ultima posizione nemmeno l’ingresso nell’UE della Turchia, perché anch’essa è in procinto di sorpassare l’Italia in quanto a percentuale di laureati. Infatti, negli ultimi anni, la Turchia ha quasi annullato il distacco nei confronti dell’Italia. Se la sua percentuale di laureati nella fascia 30-34 anni continuasse a crescere con la stessa velocità, è destinata a raggiungere il 30% nel 2020, una percentuale superiore a quel 26-27% che costituisce il target dell’Italia. In altre parole, l’Italia, che parte in ultima posizione, da qui al 2020 si prefigge di perdere terreno nei confronti di chi già la precede. Se gli obiettivi dovessero essere mantenuti, continueremo a inseguire la Romania, il cui target – seppur modesto – è superiore a quello italiano, mentre si consoliderà un netto distacco da tutto il resto dell’UE. (Fonte: G. De Nicolao, Roars 14-04-2014)
Laureati Europa 2020. Italia e Turchia

XVI RAPPORTO ALMALAUREA SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI
Il XVI Rapporto AlmaLaurea 2014 sulla condizione occupazionale dei laureati, presentato a Bologna il 10 marzo 2014, partendo dalle perduranti difficoltà occupazionali, lancia un concreto messaggio sulle misure per valorizzare le energie e le motivazioni delle giovani leve, capaci di rilanciare l'economia e di ridare loro la speranza:
- misure di sostegno all'imprenditorialità dei laureati, che richiede capitale di rischio ma, e soprattutto, capitale umano qualificato, particolarmente prezioso per la nascita e lo sviluppo di nuove imprese - in particolare le più innovative e operanti a elevata tecnologia - con più ampia capacità di generare nuovi prodotti e servizi e creare conseguentemente maggiore occupazione;
- misure per trattenere e attrarre la parte più qualificata dei laureati, quella destinata alle Università e ai Centri di Ricerca, offrendo loro, oltre a maggiore meritocrazia, migliori prospettive occupazionali sia in termini retributivi che di qualità del lavoro.
Fermo restando che il settore giovanile continua a pagare il prezzo più alto della disoccupazione (28%), emerge che la laurea non esonera di per sé dalle difficoltà nella fase di ingresso nel mondo del lavoro, ma garantisce un certo vantaggio a lungo termine, seppur meno efficacemente rispetto ad altri Paesi. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas 13-03-2014)

TEST D'AMMISSIONE ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA. COMUNICATO DEL MIUR: CAMBIANO LE REGOLE
Il MIUR, attraverso la pubblicazione di un comunicato stampa ufficiale, conferma: il test d’ingresso per le Scuole di Specializzazione in Medicina diventa un concorso nazionale. Pronto, infatti, il decreto ministeriale che risponderà alle proteste dei giovani medici e futuri tali, intenzionati a tentare l’iscrizione alla specializzazione. Prova nazionale, quindi, il cui bando per l’anno accademico 2013/2014 sarà emanato entro luglio, da svolgersi totalmente in forma telematica a ottobre, come aveva già annunciato il ministro Giannini.
Nessuna nuova, invece, nel comunicato ministeriale, in merito al problema della mancanza di borse di studio per l’iscrizione alle Scuole di Specializzazione. Quelle attualmente a disposizione, infatti, bastano a coprire circa 3300 contratti di formazione l’anno, lasciando fuori dai giochi circa 5mila laureati. (Fonte: Skuola.net 18-04-2014)

FORMAZIONE PROFESSIONALE 2014: TUTTE LE INFORMAZIONI PER OGNI CATEGORIA
Sono oltre un milione i professionisti che, a partire dal primo gennaio 2014, si trovano a dover fare i conti con un nuovo impegno fisso dal nome “formazione continua”. Inserita nella riforma delle professioni con il DPR 137/2012, la previsione riguarda quasi tutti gli iscritti a un Albo professionale, con esclusione degli avvocati, il cui aggiornamento è determinato dalla riforma forense, approvata sempre in parallelo nel 2012.
A cambiare, per l’esattezza, è il metodo di riconoscimento dei crediti formativi, con, di conseguenza, ricadute pesanti anche sul sistema di enti deputati all’erogazione dei punti di aggiornamento necessari per restare al passo con i colleghi. A questo proposito, modifiche pesanti hanno subito anche le procedure di accreditamento degli istituti di formazione, che, per tenere corsi, convegni, conferenze o moduli d’insegnamento passibili di formazione professionale, dovranno ottenere l’ok dal Consiglio dell’ordine di riferimento, previo parere del ministero della Giustizia.
Sono molteplici le categorie professionali coinvolte nel processo di riforma della formazione, in vigore dal primo gennaio 2014: se si esclude la branca sanitaria, già tradizionalmente sottoposta al regime di aggiornamento obbligatorio, siamo comunque intorno al milione di professionisti. Vedi il testo sul regolamento inerente alla formazione nella riforma delle professioni qui http://tinyurl.com/lmy2m4q (Fonte: leggioggi.it 27-04-2014)

LAUREATI. PER FARNE CRESCERE IL NUMERO
Per far crescere il numero dei laureati si è imboccata la strada del progressivo abbassamento dei requisiti sia propedeutici (liberalizzazione degli accessi) sia prestazionali (riduzione dei programmi, diminuzione degli obblighi di frequenza, abolizione degli esami propedeutici, addirittura limitazione d’autorità del numero di pagine dei testi di esame). Con l’innovazione dei corsi di laurea triennali e biennali si è tentato di aderire alle richieste del mercato del lavoro, per altro in continuo mutamento. L’adeguamento a esso, da realizzarsi nel primo triennio, si è risolto nell’apprendimento di pacchi di nozioni disorganiche e rapidamente obsolete che, nelle intenzioni, dovevano essere adattabili alle diverse esigenze professionali: la famosa offerta didattica. Data l’instabilità del mercato del lavoro, meglio sarebbe stato formare cervelli per la ricerca e la sperimentazione, capaci di adeguarsi alle diverse condizioni di lavoro grazie al possesso sicuro del metodo. Quest’obiettivo è stato rinviato alla seconda tappa (laurea biennale), quando non alla terza (dottorato di ricerca). Di fatto non funziona: la capacità e l’abitudine al pensiero analitico-sintetico, astraente e generalizzante, critico e autocritico, vanno apprese e praticate precocemente. Apprenderle dopo i venti anni è generalmente più faticoso e meno produttivo; e i risultati si vedono. (Fonte: A. Signorelli, FQ 02-05-2014)

SUGLI ONERI BUROCRATICI DEL SISTEMA AVA
In una lettera al rettore dell’università di Roma Tor Vergata i membri del Consiglio di corso di studio triennale e magistrale in Filosofia esprimono il loro disagio di fronte alla situazione di progressivo e inutile inasprimento del carico di lavoro per adempimenti, dichiarazioni, moduli e altri oneri burocratici collegati al sistema AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento): scheda Unica Annuale (SUA) dei Corsi di studio (CdS). Sono oltre 50 quadri, divisi in due sezioni ed in ogni quadro si può spesso caricare un commento od un file esplicativo per un totale di oltre un centinaio di documenti ed allegati che mettono a dura prova i compilatori, i futuri lettori e pure i frastornati futuri valutatori. La SUA-CDS è la summa di quello che fa il CdS: con un dettaglio e una ripetizione di dati che esemplifica un delirio burocratico.
Si riproducono passi della lettera.
“L’Università italiana è in un momento molto difficile, che esige l’impegno e la collaborazione di tutti: in nessun modo vogliamo tirarci indietro. Ciononostante, non possiamo tacere di fronte al sacrificio di una parte così importante del nostro tempo, che ci viene imposto di sottrarre all’insegnamento, alla ricerca e al nostro rapporto con gli studenti. Questo sacrificio non ci peserebbe se fosse realmente utile a migliorare l’efficienza e la qualità del nostro lavoro. Purtroppo così non è. Riteniamo che alle parole pronunciate dal Ministro Giannini il 1º aprile 2014 davanti alla VII Commissione Permanente del Senato non possano non seguire in tempi rapidissimi provvedimenti coerenti, che finora sono sempre stati solo promessi... Per mostrare lo spirito costruttivo che ci guida, ci impegniamo a formulare una proposta di alleggerimento e semplificazione del sistema AVA, nella speranza che gli organi istituzionali possano ascoltare e prendere in considerazione il nostro disagio e portare a compimento il cambiamento che auspichiamo... Le Linee Guida per l’Accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio pubblicate il 26 aprile tolgono ogni dubbio sul fatto che non sono queste le condizioni che l’attuale governo dell’Università vuole creare in Italia. E non basta a rimediare l’impegno delle singole sedi universitarie — del quale siamo stati testimoni in questi mesi anche nel nostro Ateneo — ad applicare in modo trasparente e rigoroso la normativa. L’unica possibilità per continuare ragionevolmente e serenamente il lavoro per il quale siamo pagati con soldi pubblici è non sottostare più a norme asfissianti che vìolano clamorosamente il principio di proporzionalità. Siamo convinti che la normativa che è stata creata in questi anni sia l’espressione di un’idea inaccettabile di Università: sottostarvi significherebbe dunque per noi rinnegare lo spirito stesso del nostro lavoro. E siamo pronti a dare la nostra disponibilità perché gli stessi obiettivi possano essere perseguiti in modo efficiente ed efficace con poche e chiare regole e più serenità. (Fonte: G. Salmeri e S. Semplici, Roars 05-05-2014)


RECLUTAMENTO

NEL 2018 CI SARANNO 9.486 PROFESSORI UNIVERSITARI IN MENO
Negli ultimi 7 anni la riduzione dei finanziamenti, il blocco del turnover dei concorsi e l'abbassamento dell’età pensionabile hanno provocato un calo del 30% dei professori ordinari e del 17% degli associati. La fascia dei ricercatori è a esaurimento da alcuni anni. Entro il 2018 il sistema avrà perso 9.486 professori ordinari. A fotografare questo fosco scenario è il CUN (Consiglio universitario nazionale) che ha inviato al ministro Giannini un documento in cui analizza la situazione e avanza proposte per mettere in sicurezza il sistema. In assenza di interventi, secondo le proiezioni elaborate dal CUN, entro il 2018 i professori ordinari caleranno del 50% (saranno 9.443 a fronte dei 18.929 del 2008, anche a causa del pensionamento di 4.400 docenti) e gli associati diminuiranno del 27% (13.278 a fronte di 18.225). Complessivamente dunque nel 2018 ci saranno 9.463 professori universitari in meno. II CUN segnala inoltre che si diventa professori e ricercatori sempre più avanti con l’età: in media si è ordinari a cinquantuno anni, associati a quarantaquattro anni e ricercatori a 37 anni. (Fonte: Avvenire 16-04-2014)

  
RICERCA. RICERCATORI. INNOVAZIONE. VALUTAZIONE

IL MINISTRO GIANNINI IN SENATO SUGLI INTERVENTI IN TEMA DI RICERCA
Il ministro Giannini nel suo intervento in Senato ha ipotizzato pragmatici e complessi interventi in tema di ricerca scientifica:
• semplificazione delle procedure nel quadro del Programma Nazionale della Ricerca (PNR) e delle sinergie tra l'impiego dei fondi strutturali e la competizione per i fondi di Horizon 2020;
• semplificazione finanziaria che faccia confluire le risorse in un unico piano finanziario della ricerca;
• semplificazione gestionale, razionalizzando i soggetti che operano attorno al mondo della ricerca;
• semplificazione normativa per regolamentare processi omogenei nell'emanazione dei bandi;
• incoraggiamento con appositi incentivi alla mobilità dei ricercatori all'interno degli enti e tra enti e università. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas aprile 2014)

TASSE UNIVERSITARIE E BORSE DI STUDIO. UN CONFRONTO CON ALTRI PAESI EUROPEI
Tra i Paesi dell’Europa a 19 per i quali i dati sono disponibili, solo l’Italia, l’Olanda, il Portogallo e l’Inghilterra hanno tasse annuali sopra i 1100 $ per studente a tempo pieno. L'Italia si colloca sesta come tasse universitarie, ma ultima come percentuale di studenti beneficiari di contributi per diritto allo studio. Il fondo integrativo statale per le borse di studio è passato da 246 a 76 milioni (-69%, un taglio enorme) equivalente al taglio di 45.000 borse su 150.000 erogate (che già coprivano solo l'82.5% degli aventi diritto). Dunque, mentre le rette in Italia sono paragonabili, se non addirittura più alte, a quelle d’altri paesi europei, gli studenti meno abbienti non ricevono un aiuto rilevante a causa delle carenze strutturali di una politica per il diritto allo studio che dovrebbe essere lo strumento per rendere il sistema socialmente più equo, come avviene in altri paesi europei.
Il sistema di sostegno agli studenti svolge – o dovrebbe svolgere – un ruolo fondamentale nella rimozione degli ostacoli di ordine economico-sociale garantendo pari opportunità a tutti gli studenti (anche se privi di mezzi) nel raggiungimento dei più alti gradi di istruzione. Purtroppo è una politica pressoché inesistente nel nostro Paese, riguarda il 10% della popolazione studentesca ma soltanto il 7% ne beneficia, di fatto – poiché essere idoneo alla borsa di studio in Italia non significa necessariamente diventare borsista (a causa di un meccanismo di finanziamento inadeguato e di risorse scarse). Il divario è eclatante rispetto ad altri paesi europei dove, come ben evidenzia la figura qui sotto, nonostante la crisi si è continuato a investire nel diritto allo studio anche in modo consistente. Un esempio su tutti è la Francia che con i suoi 629mila borsisti (+34% rispetto al 2006/07), un numero 4,5 volte superiore a quello dell’Italia, fornisce il sostegno a circa uno studente universitario su tre; a ciò affianca una ristorazione universitaria capillare (642 mense contro le 222 in Italia) a un costo contenuto (la tariffa è di 3,15 euro a pasto per tutti su tutto il territorio nazionale), e una consistente politica abitativa realizzata sia attraverso le residenze studentesche (accoglienti 170mila posti letto rispetto ai 40mila nel nostro Paese) sia attraverso l’erogazione di un contributo affitto (del quale sono beneficiari circa 700mila studenti).
La scarsa efficacia del diritto allo studio in Italia non dipende solo dalla sua limitata espansione ma dalla modalità in cui viene messo in pratica. I bandi del concorso sono pubblicati in tempi diversi, con scadenze diverse e soprattutto con condizioni diverse a seconda della sede universitaria scelta; tendenzialmente gli studenti sono informati a dicembre, quindi ad anno accademico inoltrato, se sono detentori di borsa di studio, e a gennaio, nell’ipotesi migliore riceveranno la prima rata (ma in alcune realtà i tempi di erogazione sono dilatati). (Fonte FlcCgil 06-05-2014)
I beneficiari di borsa di studio in Italia, Spagna, Germania, Francia. Gli anni accademici 2006/07, 2010/11, 2011/12 e 2012/13 a confronto.


ATENEI. IT

POLITO. PRESENTATO PIANO STRATEGICO “ORIZZONTE 2020”
Il 16 aprile 2014 il rettore del Politecnico di Torino, Marco Gilli, ha inaugurato l'anno accademico alla presenza del ministro Stefania Giannini. Con l'occasione è stato presentato il nuovo piano strategico del Politecnico, intitolato "Orizzonte 2020" sull'esempio del nuovo programma per la ricerca Horizon 2020 della Commissione europea. Il documento che contiene il piano strategico si basa tutto su mission e vision del Politecnico di Torino. I tre settori di attività per il futuro dell'ateneo piemontese sono: 1) attrazione di studenti e ricercatori di talento, formazione di alto livello qualitativo nell'offerta formativa in tutti e tre i cicli del percorso di studi universitari; 2) centralità della ricerca scientifica e formazione di ricercatori capaci di accreditare il Politecnico tra le migliori università tecniche in Europa e nel mondo; 3) sviluppo tecnologico ed economico del territorio, partenariato con il sistema industriale, creazione e sfruttamento delle migliori start up innovative per promuovere opportunità occupazionali qualificate per i giovani. (Fonte: D. Gentilozzi, rivistauniversitas aprile 2014)

UNIVERSITÀ DI UDINE E TRIESTE. NUOVO PROGETTO “FLASH FORWARD 2” PER LAUREE SCIENTIFICHE
Al via il progetto comune delle università regionali – atenei di Udine e di Trieste e Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) – per orientare gli studenti del Friuli Venezia Giulia verso le lauree scientifiche sfruttando le potenzialità del web. Grazie al progetto speciale “Flash Forward 2”, finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, sono coinvolti nell’iniziativa gli studenti degli ultimi anni di sette istituti scolastici di Trieste e Udine e i ricercatori di sei centri di ricerca regionali. Le scuole che partecipano al progetto sono: a Udine l’istituto “Malignani” e i licei scientifici “Marinelli” e “Copernico”, a Trieste l’istituto comprensivo “Ai Campi Elisi” e i tre licei scientifici “Galilei”, “Oberdan” e “Prešeren”.
L’iniziativa parte dall’idea che gli studenti prossimi all’esame di maturità possano essere attratti verso le lauree scientifiche anche attraverso il racconto di un ricercatore che, in collegamento audio-video dai laboratori in cui opera (in università e centri di ricerca), descrive i suoi obiettivi e le attività svolte. Studenti e ricercatori hanno così la possibilità di interloquire e confrontarsi direttamente senza spostarsi fisicamente dai luoghi di studio e di lavoro. I ricercatori inoltre proporranno dei temi scientifici su cui i ragazzi interessati potranno cimentarsi. Il progetto si chiuderà a giugno con un evento in cui, fra l’altro, istituzioni e aziende premieranno i giovani che più si sono distinti negli elaborati sviluppati sui temi proposti dai ricercatori. (Fonte: www.liveuniversity.it 14-04-2014)

UNIBZ. OTTIMO POSIZIONAMENTO NEL RANKING CHE DELLA ZEIT
Sono stati pubblicati nella guida all’università 2014/15 della ZEIT i risultati della graduatoria delle università e degli istituti parauniversitari del mondo di lingua tedesca (le cosiddette “Hochschulen”) realizzata dall’autorevole CHE (Centrum für Hochschulentwicklung, Centro per lo sviluppo delle università, ndt.). Ogni anno viene valutato un terzo delle offerte formative degli atenei: quest’anno è stata la volta di Economia aziendale, Giurisprudenza, Servizio sociale, Scienze della Comunicazione, Informatica ed economia, Ingegneria economica. Nella graduatoria figurano, oltre alle università tedesche, anche quelle austriache, svizzere e quella altoatesina. Il ranking si basa sui dati statistici degli atenei e sulle inchieste con gli studenti che lo scorso autunno sono state realizzate da parte del CHE anche all’Unibz. Il focus del CHE è chiaramente posto sulle università tedesche ma quest’anno, per quanto riguarda economia aziendale ed economia politica, è stata esaminata anche la Facoltà di Economia della Libera l’Unibz. “Siamo l’unica università italiana presente in questo Ranking, una circostanza che certamente avrà un effetto molto positivo sui futuri studenti e sui professori”, afferma con convinzione la prof.ssa Lucie Courteau, di origine canadese e preside della Facoltà di Economia dell’Unibz. I percorsi di laurea Unibz (di tre anni) “Economia e Management“ e “Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi” e di laurea magistrale in “Imprenditorialità e innovazione” dell’università altoatesina prevedono i corsi di economia aziendale, mentre quelli di economia politica sono ricompresi nei percorsi di laurea in “Scienze economiche e sociali” e nella laurea magistrale in “Economia e Management del Settore pubblico”. Entrambe le discipline sono ai primi posti della graduatoria per merito del loro orientamento internazionale. Economia aziendale dell’Unibz è presente nel gruppo di testa anche per le categorie “Pragmaticità dello studio” e “Visibilità internazionale delle pubblicazioni dei docenti”. Economia politica, invece, è ai primi posti della classifica per quanto riguarda l’orientamento internazionale delle Lauree magistrali e si trova nelle posizioni mediane della graduatoria per le categorie “Condizione degli studenti” e “Collegamento tra didattica e ricerca”. Economia aziendale dell’unibz è presente anche nelle posizioni mediane della categoria “Studierbarkeit” (categoria che si riferisce alle condizioni di studio, ndt.). (Fonte: www.controcampus.it maggio 2014)


UE. ESTERO

UE. UN'INDAGINE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO NELL'UNIVERSITÀ DEDICATA A DOCENTI E RICERCATORI
Un'indagine sulle condizioni di lavoro nell'Università dedicata a docenti e ricercatori, è stata lanciata dall'ETUCE - Education International's European Trade Union Committee for Education, che fa parte del network di docenti e personale Education International (EI), in collaborazione con 9 paesi europei (Italia, Portogallo, Regno Unito, Irlanda, Germania, Danimarca, Lituania, Romania, Serbia). Obiettivo dell'indagine è individuare le caratteristiche organizzative e ambientali che rendono l'ambiente lavorativo favorevole al raggiungimento dei propri obiettivi professionali o che contrastano con una didattica e una ricerca di qualità. I risultati saranno presentati durante un seminario del Bologna Follow Up Group (Gruppo dei seguiti del Processo di Bologna), che si terrà a Varsavia nel novembre del 2014 e nel quale si discuterà il tema della condizione del lavoro dei docenti in Europa secondo le indicazioni dell'ultima conferenza interministeriale dei paesi aderenti al Processo di Bologna (Bucarest, 2012). L'ETUCE è membro consultivo del Bologna Follow Up Group sin dalla Conferenza Interministeriale di Bergen (2005). Il questionario, della durata massima di dieci minuti, è compilabile all'indirizzo http://www.lavorouniversitario.org/. (Fonte: D. Gentilozzi, rivistauniversitas aprile 2014)

UE. EUROSTAT: I DATI DEL 2013 SUI PROGRESSI DEI PAESI UE NELLA STRATEGIA EUROPA 2020
Gli indicatori statistici appena diffusi da Eurostat presentano al pubblico gli ulteriori progressi realizzati nel corso del 2013 dai sistemi universitari dei 28 Paesi membri dell'Unione verso gli obiettivi formativi di Europa 2020. La percentuale dei giovani adulti in età 30/34 anni, che hanno completato il percorso di studi superiori, è mediamente salita al 37% (+1,3% rispetto all'anno precedente e +13% rispetto al 2002) ed è ormai prossima al traguardo del 40% entro il 2020.
Appare significativa la diminuzione del numero degli abbandoni precoci (i cosiddetti early leavers) del sistema formativo in età 18/24 anni, passati mediamente in un decennio dal 17% del 2002 al 12% del 2013 e vicini all'obiettivo del 10% nel 2020. Nel complesso, si tratta di risultati soddisfacenti anche se distribuiti in maniera disomogenea tra gli Stati. Disegnando un'ideale classifica della percentuale dei laureati "adulti", Irlanda (52,6%), Lussemburgo (52,5%) e Lituania (51,3%) sono nelle prime posizioni, mentre l'Italia arranca sia per risultati effettivamente raggiunti (solo il 22,4% di laureati 30/34enni, rispetto al 13,1% del 2002) sia per mancato rispetto dell'obiettivo nazionale prefisso (un modesto, auspicato 26%). L'Italia è superata anche da Romania (22,8%), Croazia (25,9%) e Malta (26%), che partivano da posizioni peggiori. Ben 16 Paesi hanno invece già raggiunto o addirittura superato l'asticella del 40%: Irlanda, Lussemburgo, Lituania, Svezia, Cipro, Regno Unito, Finlandia, Francia, Estonia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Lettonia, Spagna, Polonia e Slovenia. 

Dai dati statistici si evidenzia come i migliori risultati abbiano premiato nel più recente periodo soprattutto i Paesi dell'Est europeo (Polonia, Slovacchia, Romania, Lettonia, Ungheria, Lituania e Repubblica Ceca), che hanno più che raddoppiato il tasso di laureati. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas 28-04-2014)

UK. FORTE AUMENTO DI STUDENTI CINESI NELLE UNIVERSITÀ INGLESI
L’ascesa dell’economia cinese è resa possibile anche grazie alla formazione degli studenti, spesso affidata ad atenei europei o americani. Questo fenomeno diventa sempre più importante per le istituzioni e i Paesi ospitanti, ma pochi potevano immaginare che nelle università inglesi si raggiungessero cifre come quelle svelate dall’Higher Education Funding Council for England. Dalla più recente indagine effettuata si scopre, infatti, che il numero di studenti provenienti dalla Cina – appartenenti al ceto medio arricchito della Repubblica popolare – iscritti a corsi postgraduate (i master), sta raggiungendo quello degli stessi britannici. E pian piano ci si avvicina a un sorpasso epocale.
I dati sono riferiti all’anno accademico 2012-2013, e raccontano come su 100 studenti iscritti a master post laurea, 26 siano britannici e 23 cinesi. Questi ultimi sembrano avere dei veri e propri settori di preferenza: matematica (dove rappresentano il 58 per cento di tutte le iscrizioni internazionali), mass media (56 per cento delle iscrizioni internazionali), economia e management (47 per cento), ingegneria (39 per cento).
Dopo aver studiato nelle università inglesi, la moltitudine di studenti cinesi aspira a un ritorno in Cina e a un futuro professionale in patria. Che, con in tasca un titolo rilasciato da un’istituzione di prestigio mondiale, si preannuncia in discesa. Questo rappresenta una vera manna dal cielo per gli atenei britannici, i quali – tra l’inasprimento delle politiche sull’immigrazione e i costi piuttosto alti (e ulteriormente in aumento) dei corsi post laurea – stanno subendo una pesante flessione nel numero d’iscritti. (Fonte: universita.it 14-04-2014)

FRANCIA. QUARTA INDAGINE SULL’INSERIMENTO OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI E DIPLOMATI
Sono stati pubblicati i risultati della Quatrième Enquête sur les diplômés 2010, sull'inserimento occupazionale dei laureati, dei diplomati DUT (Diplôme universitaire de Technologie) e della Licence Professionnelle, a distanza di 30 mesi dal conseguimento del titolo universitario. La valutazione ha utilizzato 6 indicatori: tasso di inserimento occupazionale; tasso di impiego a livello di quadro o intermedio; tasso dell'occupazione a tempo pieno; salario medio lordo annuale; aree disciplinari (Giurisprudenza, Economia e Amministrazione (DEG); Lettere, Lingue e Belle Arti (LLA); Scienze umane e sociali (SHS); Scienze, Tecnologia e Medicina - TSS); specifiche discipline caratterizzanti il diploma conseguito. Rispetto all'indagine sui laureati del 2009, il tasso di inserimento lavorativo è rimasto stabile al 90% per i master, al 91% per le licences professionnelles e all'88% per i DUT, con una leggera contrazione pari a - 1%.
Il tasso di inserimento non si discosta sostanzialmente da quello assicurato dalle écoles d'ingénieurs (96%) e dalle écoles de commerce (93%) mentre sussiste una certa disparità occupazionale tra aree disciplinari: tra le migliori informatica (97%), matematica (95%), ingegneria civile ed elettronica (94%). A esse si contrappongono altre aree più deboli quali scienze umane e sociali.
Gli impieghi dei laureati e diplomati nel 2010 sono di buon livello (87% dei quadri per i master, 73% per le licence e 59% per i DUT) e nel 90% dei casi si tratta di impieghi stabili e a tempo pieno con un reddito medio mensile attorno a € 2.000 per i laureati dei gruppi giuridico-economico e medico, a € 1.700 per quelli dell'area delle scienze sociali e in ultima posizione con € 1.630 per i laureati del gruppo letterario/Belle Arti. In pratica circa 6 laureati su 10 lavorano in un'Azienda privata, 2 in una Pubblica Amministrazione e 1 nelle Associazioni.
Prosegue, consolidandosi, la tendenza alla diminuzione dell'inserimento nelle aziende private, contrapposto all'aumento dei pubblici dipendenti, addebitabile in larga misura all'aumentato reclutamento di docenti per l'insegnamento pubblico. Circa il 6% trova lavoro all'estero e quasi la metà (45%) trova un impiego al di fuori della Regione sede dell'Università frequentata. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversita 02-04-2014)

GERMANIA. TRE INDAGINI SULLA SITUAZIONE ECONOMICO-SOCIALE E LE PROSPETTIVE OCCUPAZIONALI DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI
L'Hochschul-Informations-System GmbH - HIS, l'agenzia tedesca di statistiche sull'istruzione superiore, ha realizzato tre indagini.
La prima indagine ha analizzato un campione di laureati a dieci anni dal conseguimento del titolo. L'80% degli intervistati ha ottenuto un salario medio (€ 63.000 annui) superiore a quello degli occupati non laureati, più elevato per gli uomini (€ 68.900 annui) rispetto alle donne (€ 51.100), con differenze di genere anche nel raggiungimento delle posizioni lavorative apicali (52% per gli uomini; 30% per le donne). Circa il 75% hanno contratti a tempo indeterminato, il 15% sono lavoratori indipendenti e solamente l'1% è disoccupato. Molto alta la soddisfazione nel lavoro (85%), per l'ambiente di lavoro (78%), per la posizione professionale (73%) e per la sicurezza del lavoro (70%).
La seconda inchiesta ha registrato gli effetti di alcuni cambiamenti intervenuti da inizio secolo (sviluppo del sistema di studio a più livelli, abolizione delle tasse studentesche in 4 dei 6 Laender, sospensione della leva militare ecc.), sulla condizione e sulla crescita della popolazione universitaria, che nel 2012 ha raggiunto il picco di 2,5 milioni di iscritti. Di questi, la metà proveniente da famiglie con entrambi i genitori non laureati, il 28% appartenente a famiglie in cui uno dei genitori è laureato e il 22% con entrambi i genitori laureati. Il 78% degli studenti ha optato per il tempo pieno, il rimanente 22% per quello parziale. La maggior parte degli studenti di 1° ciclo ha impiegato almeno 13 ore settimanali per svolgere qualche attività lavorativa per autofinanziarsi gli studi. Quasi 9 studenti su 10 (87%) sono stati sostenuti dai loro familiari; circa un terzo dei fuori sede hanno ricevuto aiuti dal Governo federale sotto forma di prestiti (6%) o di borse (4%).
La terza ricerca ha evidenziato come sia alto il gradimento per la conversione dei corsi universitari in due cicli di studio, cambiamento reso possibile dalla maggiore flessibilità negli studi promossa dal Processo di Bologna e dal sistema binario tedesco che, accanto all'istruzione superiore normale, affianca un'istruzione superiore professionale (vocational higher education). In questo modo, i possessori di un titolo Fachabitur (Diploma di maturità tecnica), conseguito presso una Fachoberschulen (scuola secondaria specializzata in determinate materie tecniche), una volta acquisito un bachelor degree (Laurea di primo livello) hanno la possibilità, diversamente dal passato, di iscriversi a un corso di una Fachhochschulen (Istituto universitario professionalizzante) oppure a qualsiasi altro corso universitario. (Fonte: L. Moscarelli, rivistauniversitas 05-11-2013)

USA. RESISTENZE ALLE VALUTAZIONI DELLE UNIVERSITÀ
Un articolo apparso sul Time lo scorso 17 aprile racconta di come Obama stia portando avanti il progetto, annunciato già nell’Agosto 2013, di organizzare una valutazione delle università statunitensi a livello federale, e della resistenza incontrata in molti rappresentanti di queste istituzioni. Il progetto di Obama si prefiggeva un triplice obiettivo:
offrire ai futuri immatricolati una cartina tornasole di facile consultazione per sapere quali istituzioni producono i laureati di maggior successo; stimolare la competizione tra le istituzioni per migliorare i loro risultati; infine, Obama ha annunciato che cercherà il consenso del congresso per ridurre i finanziamenti federali alle istituzioni con un basso ranking.
Anche se ad oggi non sono stati ancora annunciati i criteri e i metodi con cui il governo intende effettuare la valutazione, molti Rettori (specie quelli delle piccole e medie università ben distanti dalla Ivy League) hanno levato gli scudi, affermando che “tre, quattro o cinque misure non raccontino tutta la storia”. Non sono solo le conseguenze reputazionali a spaventarli, ma anche la possibilità di vedersi privati del finanziamento pubblico, che, a differenza di quanto erroneamente si pensa, costituisce una parte significativa delle entrate anche per le istituzioni private. (Fonte: Redazione Roars 07-05-2014)


LIBRI

ALMA MATRIGNA – L’UNIVERSITÀ DEL DISINCANTO
Autore: Pierluigi Celli. Imprimatur Editore, Reggio Emilia 2013, 106 pp.
 Alma Matrigna contiene il Celli-pensiero sull’università, anche se a ben guardare le sue considerazioni riguardano la società nel suo insieme. Il libro è costruito con un doppio registro espressivo: da un lato la riflessione, dall’altro il racconto «frutto di fantasia, condensazione divertita di “leggende” correnti» (ai lettori capire dove finisce il racconto e dove inizia la realtà…). La delusione di Celli è palpabile, anche se dei suoi otto anni in università non è tutto da buttare – «Sono stati anni stupendi, di grande lavoro e di passione crescente» –, e alla fine ringrazia studenti, dipendenti e tanti professori con cui ha condiviso l’idea di una università diversa.
Ormai è tempo di ripensare alla funzione assegnata agli atenei. Riprendendo il pensiero di Montaigne («è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena»), Celli sottolinea che non basta fornire delle conoscenze, seppure di alta qualità: il mondo si trasforma velocemente, e le competenze acquisite oggi saranno vecchie domani. Bisogna «abituare gli studenti a collegare nozioni, saperi e pratiche in modo tale da restare attori del flusso e non spettatori irrigiditi». Bisogna insegnare loro a scegliere uno studio «che incroci passione e interessi personali con un’analisi attenta di dove sta andando il mercato del lavoro». Capiranno così che «il futuro è uno spazio di manovra, prima ancora che un tempo che ci attende, e dunque va costruito, preparato nel presente».
Nella seconda parte del volume troviamo un “Decalogo degli studenti del primo anno per orientarsi in università” dal quale traspare una sollecitudine quasi paterna dell’autore nei confronti dei giovani. E dopo aver fornito loro anche il “Decalogo operativo di una università ideale”, si accomiata con tre regolette di buona educazione che a qualcuno potrebbero sembrare scontate, ma purtroppo non lo sono, come troppe volte testimonia il rozzo comportamento di molti.
(Fonte: I. Ceccarini, rivistauniversitas marzo 2014)

GLOBAL PERSPECTIVES ON INTERNATIONAL JOINT AND DOUBLE DEGREE PROGRAMMES
Autori: Matthias Kuder (Freie Universität Berlin), Nina Lemmens (DAAD) e Daniel Obst (IIE).
Editore: Institute of International Education-IIE, 2014.
L’indagine, frutto della consolidata collaborazione tra due istituzioni internazionali leader in tema di mobilità accademica quali il German Academic Exchange Service-DAAD e l’Institute of International Education-IIE, focalizza l’attenzione sull’attuale panorama mondiale dei programmi di studio congiunti e identifica sfide, opportunità, motivazioni e impatto sul loro sviluppo futuro. Con oltre tre milioni di studenti internazionali, che compiono la loro preparazione universitaria oltre i confini dei Paesi d’origine, le possibili forme migliorative della mobilità studentesca sono divenute una priorità assoluta.
I programmi tradizionali di studio presso istituzioni estere restano ancora l’opzione predominante per coloro, che desiderano effettuare un’esperienza internazionale. La forte e generalizzata crescita dei programmi congiunti sta però significativamente a indicare l’interesse degli atenei a potenziare l’internazionalizzazione. I programmi congiunti, pur nella loro complessità di realizzazione, rappresentano dunque un più profondo modello di partnership in cui le università hanno modo di sviluppare una migliore comprensione reciproca dei curricula e delle competenze istituzionali, ottenendo soddisfacenti ritorni motivazionali in termini di espansione dell’offerta La pubblicazione si articola in 5 sezioni:
• la prima getta le basi per conoscere la natura, le tendenze e le sfide dei programmi, nonché per seguire il ruolo degli organi accademici nel processo del miglioramento qualitativo;
• la seconda focalizza specificamente le prospettive istituzionali nelle 6 Regioni mondiali;
• la terza offre un esame delle prospettive regionali, sottolineando in particolare l’impatto dei programmi congiunti nel contesto delle politiche educative europee (European Higher Education Area), evidenziando (ne è portavoce in particolare l’articolo di Xavier Prats Monné e Claire Morel) il ricco ventaglio di esperienze promosse dai programmi specifici Erasmus Mundus e Atlantis e soffermandosi sulle aspettative offerte dal nuovo Erasmus+;
• le ultime due focalizzano maggiormente la domanda studentesca, l’occupabilità dei laureati e i sistemi di valutazione della qualità. (Fonte: M. L. Marino, rivistauniversitas aprile 2014)

DUE CONTRIBUTI SULL’ISTRUZIONE SUPERIORE NELLA RIVISTA DI STUDI POLITICI
Istituto di Studi Politici “S. Pio V”,  n. 3, luglio/settembre 2013.
In questo numero della “Rivista di Studi Politici” sono stati pubblicati due contributi importanti, che riprendono tematiche relative all’istruzione superiore in discussione negli ultimi anni.
Il primo contributo è di Alessandro Aresu, collaboratore alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e fondatore del think tank Lo Spazio della Politica. Nell’articolo “Geopolitica dell’istruzione e della ricerca” approfondisce l’importanza dell’investimento in educazione e ricerca non solo per lo sviluppo dei singoli paesi, ma anche per i rapporti diplomatici che portano al dialogo fra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo. L’autore riconosce che negli ultimi anni il divario produttivo tra Europa e Stati Uniti si è capovolto, a favore di questi ultimi. La profonda crisi produttiva d’insieme ha reso l’Europa poco attraente per gli studenti che escono dalle università di paesi emergenti come Cina e India. Il problema, secondo Aresu, sta nell’importanza data al segmento che precede l’ingresso nel mondo del lavoro: tanto meno un paese finanzia il settore dell’educazione, minori saranno i benefici in termini di produttività nel futuro.
Il secondo contributo, Carenza di cervelli tra fabbisogno e “drenaggio”: le analisi del World Economic Forum è realizzato a quattro mani da Alessandro Albano, statistical assistant di Eurostat, e Maria Carella, ricercatore di Demografia nell’Università degli Studi di Bari. L’articolo analizza dal punto di vista demografico il fenomeno della fuga dei cervelli: la loro carenza non è dovuta solo ai flussi migratori, ma anche al decremento demografico che ha colpito buona parte del globo. La conseguente scarsità di giovani talenti potrebbe, alla lunga, essere un impedimento allo sviluppo tecnologico e innovativo delle economie attuali. Il calo delle nascite, la riduzione degli investimenti in istruzione, l’invecchiamento delle società sono fenomeni che, come afferma il World Economic Forum, inducono a ripensare le politiche governative in grado di assicurare un futuro meno grigio alle prossime generazioni. Interessanti le tavole con l’Indice di Talento Globale, che mostrano un’Italia ancora troppo lontana dai migliori standard, e l’Indice di Competitività Globale, che impone al nostro paese di prendere decisioni importanti per tornare a essere un luogo in cui i talenti internazionali possano investire il loro futuro. Per consultare la rivista  http:// /articoli/geopolitica-dell%E2%80%99istruzione-e-della-ricerca.
(Fonte: F. Bellezza, www.istitutospiov.it 2013)

LIBERTÀ DI RICERCA E ORGANIZZAZIONE DELLA CULTURA
Autore: Capone Nicola. Editore La Scuola di Pitagora  (collana Assise), 2013, 120 p.
Il primo passo da fare quando si parla di libertà di ricerca e di organizzazione della cultura è di inquadrare i termini della questione nel contesto storico-culturale che le è proprio. È la condizione preliminare per avere l'alfabeto necessario a interpretare le forme e i linguaggi attraverso cui i poteri costituiti hanno esercitato ed esercitano la loro forza di coercizione sulle istituzioni culturali. In questo saggio Nicola Capone soddisfa tali condizioni. L'autore dimostra che "come la fine delle Università medioevali fu segnata dal prevalere del dogmatismo", allo stesso modo la fine dell'Università moderna è stata segnata dalla perdita dell'indipendenza della ricerca unitamente alla crescente specializzazione in nome dei "valori" del mercato. Come ha reagito il mondo della cultura e della scienza dinanzi a questa perdita di autonomia? Tranne rare eccezioni, coraggiosi tentativi solitari, la "cultura ufficiale" ha accettato tutto ciò come una sorta di destino ineluttabile.


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