IN EVIDENZA
BANDO DA 47 MLN PER GIOVANI RICERCATORI CON
SELEZIONE TIPO ERC
Sostenere
i giovani ricercatori nella fase iniziale della loro carriera, attraverso il
finanziamento di un programma di ricerca indipendente. È l'obiettivo del nuovo bando
del MIUR (Decreto Direttoriale 23 gennaio 2014 n. 197), 'Sir - Scientific Independence of young
Researchers', destinato agli studiosi under 40, che allinea per la prima
volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell'ERC, European Research Council. Una novità voluta dal ministro Maria Chiara
Carrozza, specifica il MIUR. Il bando, pubblicato sul sito del MIUR, stanzia
oltre 47 milioni di euro a favore dei giovani cervelli. I singoli progetti
dovranno essere presentati entro il 13 marzo 2014. La procedura di selezione,
affidata a esperti di settore internazionali, si concluderà entro il 2014. Il
bando si inserisce nell'ambito delle iniziative che il MIUR intende mettere in campo
per fare del 2014 l'anno del ricercatore. Il MIUR è al lavoro anche per un
bando per ricercatori senior. (Fonte: ASCA 23-01-2014)
PROGRAMMA NAZIONALE
PER LA RICERCA (PNR). INVESTIMENTI PER 900 MILIONI L'ANNO. PRESENTATO AL CDM
Rilanciare la ricerca in Italia, avviare Grandi Progetti
Nazionali di innovazione, creare nuova occupazione, favorire la crescita
dell'autonomia dei nostri ricercatori e il trasferimento non solo di tecnologie
e brevetti, ma anche di competenze, all'interno di una cornice Paese. Sono
alcuni degli obiettivi del nuovo Programma Nazionale per la Ricerca (PNR),
illustrato il 31 gennaio in Consiglio dei Ministri dal ministro Carrozza. Il
nuovo PNR, che si vuole trasformare da triennale a settennale (2014-20) per
allinearsi con il Programma Quadro europeo Horizon 2020, è il frutto di una
consultazione molto ampia portata avanti dal MIUR in collaborazione con il
MISE, che sta coinvolgendo tutti gli stakeholder maggiori, pubblici e privati,
centrali e regionali, raccogliendo finora 2.145 manifestazioni di interesse. Il
Programma è il risultato quindi di un grande impegno di ascolto, coordinamento
e internazionalizzazione e punta a definire un sostanziale cambio di rotta
rispetto alle politiche degli ultimi anni, con l'obiettivo di rimettere il
sistema della ricerca al centro dei meccanismi di creazione di ricchezza
culturale, sociale ed economica del Paese. con quello di una vasta serie di
rapporti internazionali che riconosce l’alto valore scientifico dei ricercatori
italiani.
La versione pdf integrale del PNR è qui .
(Fonte: Ufficio
Stampa MIUR 31-01-2014)
NATURE
CERTIFICA LA RICERCA ITALIANA
Il settimanale
inglese Nature riferisce che negli
ultimi dieci anni la qualità media degli articoli scientifici redatti da
ricercatori italiani, misurata attraverso il numero di citazioni, è
costantemente aumentata. Nel 2002, infatti, l’articolo di un italiano riceveva
il 20% in più di citazioni rispetto alla media mondiale. Nel 2012 l’articolo di
un italiano ha ricevuto oltre il 50% in più di citazioni rispetto alla media
mondiale. Una straordinaria performance, che ha reso possibile il sorpasso
sugli Stati Uniti. Il numero medio di citazioni di un articolo di un
ricercatore italiano è, ormai, superiore a quello di un ricercatore
statunitense. La qualità media delle pubblicazioni italiane è inferiore, ormai,
solo a quella dei ricercatori svizzeri e dei ricercatori inglesi. La statistica
comparativa riguarda un indicatore piuttosto sofisticato: il numero di
citazioni normalizzato per disciplina. Ed è stata elaborata dagli esperti della
Elsevier per l’International comparative performance of the UK research base –
2013, un rapporto redatto su richiesta del Department of Business, innovation
and skills (Bis) del governo di Sua Maestà britannica. Ma è del tutto
congruente con i dati bibliometrici pubblicati di recente dall’Ocse,
dall’Unione europea, dalla National science foundation e da tutte le più
autorevoli società internazionali di valutazione. Ma la qualità non è disgiunta
dalla quantità. I ricercatori italiani sono non solo bravi, ma anche dei gran
lavoratori. Sono ancora i tecnici dell’Elsevier a ricordarcelo. La popolazione
italiana è pari allo 0,9% della popolazione mondiale. La ricchezza prodotta
dall’Italia nel 2012 è stata di 1.863 miliardi di dollari, pari al 2,2% del
prodotto interno lordo del mondo intero. Gli investimenti italiani in ricerca e
sviluppo (R&S), 23 miliardi di dollari, sono stati appena l’1,5% della
spesa totale mondiale (che, secondo la rivista R&D Magazine nel 2012 ha
superato i 1.500 miliardi di dollari). I ricercatori italiani, circa 80.000,
sono appena l’1,1% della comunità scientifica mondiale (che conta, ormai,
secondo l’Unesco, più di 7,3 milioni di ricercatori a tempo pieno). Ebbene
questo 1,1% di ricercatori che ha potuto contare sull’1,5% delle risorse nel
2012 ha prodotto il 3,8% degli articoli scientifici del mondo. Unico, tra i
grandi Paesi occidentali, a migliorare la propria performance malgrado
l’irruzione sulla scienza di cinesi e indiani. Non solo, gli articoli dei
ricercatori italiani hanno ottenuto il 6% delle citazioni del mondo intero.
Superando in termini assoluti i ricercatori canadesi e quelli giapponesi. Per
investimenti assoluti l’Italia è il quattordicesimo paese al mondo. Ma per
numero di citazioni è il sesto: solo Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Cina
e Francia hanno ottenuto di più. I numeri parlano chiaro: i ricercatori
italiani sono tra i più produttivi al mondo, insieme agli olandesi. Solo gli
svizzeri producono, in media, più articoli. Ma la Svizzera e l’Olanda destinano
alla ricerca più del doppio delle risorse dell’Italia. Dunque, nessuno al mondo
riesce a fare così tanto con così poco. (Fonte: P. Greco, IlBo 07-01-2014)
ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE. DERIVA
CONCORSUALE
I
risultati fin qui pubblicati mostrano come siano stati abilitati mediamente
intorno al 43% dei candidati sia alla prima sia alla seconda fascia. I
risultati variano in maniera significativa da un settore concorsuale all’altro
con percentuali di area che vanno - ad esempio - dal 53% dell’area 03 al 28,2%
dell’area 14. Vi sono quindi settori le cui percentuali di abilitati superano
il 70% come in 02/B1, e altri le cui percentuali sono di poco superiori al 20%
in 14/C1. Il numero dei candidati è stato estremamente alto. A conferma del
"clima da ultima spiaggia" che limiti al turnover, riduzione dei
finanziamenti e delle opportunità di carriera, azzeramento delle prospettive
per i tanti ricercatori più giovani, o ancora precari, hanno prodotto. Questo
alto numero, frutto di un contesto drammatico, ha rappresentato uno degli
elementi di distorsione sistemica e strutturale dell’intera procedura. I primi
dati rendono evidente come la gran parte delle commissioni non abbia inteso
l’abilitazione scientifica nazionale come una verifica dei requisiti di
qualificazione scientifica dei potenziali candidati a professore di I e II fascia,
ma una vera e (im)propria pre-selezione comparativa. Scelta tanto più erronea poiché
le abilitazioni - che costituiscono i requisiti per la partecipazione ai
concorsi e alle procedure di reclutamento negli atenei - delineano
l’estensione, composizione e articolazione delle diverse discipline
scientifiche nel medio futuro. Allo stesso modo appare evidente come nella
maggioranza dei casi - non in tutti settori - i non strutturati siano stati
largamente penalizzati, anche a parità di livelli di produzione scientifica
come mostrato dagli indicatori (le cosiddette mediane). Tutto ciò lascia
pensare che le commissioni abbiano in molti casi valutato, facendosi
influenzare, o comunque tenendo conto, che allo stato attuale è per gli atenei
estremamente difficile reclutare come professori di II fascia studiosi non già
strutturati presso gli atenei italiani o comunque un numero significativo di
studiosi. (Fonte: FlcCgil
23-01-2014)
DICIOTTO PROPOSTE DALLA
CRUI PER UNA "NUOVA UNIVERSITÀ"
Diciotto proposte per una "nuova università",
molte a costo zero e altre a finanziamento vincolato su autonomia,
competitività, finanziamento e semplificazione. Sono quelle che ha presentato
la CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane), che ha voluto
"svolgere un ruolo propositivo, affinché tanto il Parlamento quanto i
ministeri competenti possano considerare nuovi interventi capaci di ridare
competitività al sistema in un quadro di sostenibilità".
"Il nostro Paese non può più trascurare le sue
Università - spiega la CRUI - proprio nel momento di avvio del programma
Horizon 2020 e alla vigilia del rinnovo del Parlamento europeo che precede il
semestre di presidenza italiana. I sistemi di conoscenza, di cui le Università
rappresentano una parte importante, sono essenziali per il rilancio economico,
per la creazione di uno spazio europeo della ricerca e per dare una prospettiva
ai giovani. Nessun aggiustamento contabile e nessuna legge elettorale possono
supplire alla mancanza di una politica verso i giovani e verso i sistemi
educativi" (Fonte: focus.it 27-01-2013)
Le 18 proposte della CRUI si leggono qui http://tinyurl.com/oxjxyq6 .
PROROGA DELLE VECCHIE
IDONEITÀ EX LEGE 210/1998. APPROVATO EMENDAMENTO
In Commissione al Senato è stato approvato il seguente
emendamento, con il quale si proroga la durata delle idoneità conseguite ai
sensi della legge 210/1998.
Proposta di modifica n. 6.14 al DDL n. 1214. Dopo il comma 6
aggiungere il seguente: «6-bis. La validità delle idoneità conseguite ai sensi
della legge 3 luglio 1998, n. 210, è prorogata di due anni dalla data di
scadenza del quinto anno dal loro conseguimento». (Fonte: Redazione Roars
31-01-2014)
ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE
ASN. RISULTATI A RILENTO
Dal 30
novembre, data ultima di chiusura dei lavori delle Commissioni dopo 6, ben 6,
proroghe, non siamo neanche a metà dell’opera. 184 le commissioni; 91 i
risultati finora noti. Dall’ultimo post che ho scritto su questo stesso
argomento, datato 8 gennaio sono usciti altri 19 risultati: 12 giorni per 19
risultati … Non è difficile calcolare, procedendo a questi ritmi, quando la
novella avrà fine. Procedendo con questi ritmi serviranno ancora due mesi
pieni: 58 giorni, se non erro. La fine di marzo.
Intanto il
numero delle commissioni che stanno riaprendo i lavori in autotutela, per
mettere al riparo i propri lavori da eventuale contenzioso, sta crescendo.
Pochi giorni fa erano solo due. Alla data del 22 gennaio 2014 sono dieci, più
del 10% delle commissioni i cui esiti sono stati finora pubblicati. (Fonte: M.
C. Monaco,
filelleni.wordpress.com 20-01-2014. Roars 22-01-2014)
ASN. UN ESEMPIO DEL LAVORO DI UNA
COMMISSIONE
Si tratta di un
settore concorsuale “non bibliometrico”, perciò la commissione, come in tutti i
settori non bibliometrici, si è proposta di valutare la «qualità della
produzione scientifica (…) sulla base dell’originalità, del rigore metodologico
e del carattere innovativo della stessa» e ha ritenuto di poter «prendere in
considerazione, sulla base di un motivato giudizio di eccellenza della
produzione scientifica, anche candidati che non posseggano tutti i requisiti
(bibliometrici)». Questo comporta la necessità di leggere le pubblicazioni
scientifiche dei candidati (di rileggerle, o almeno riconsiderarle, se già conosciute).
I concorrenti per la seconda fascia erano 425 e quelli per la prima 115 e,
poiché alcuni sostenevano ambedue le abilitazioni, il totale effettivo era pari
a 490, per un totale di circa 6.600 (seimilaseicento) pubblicazioni: monografie,
articoli, saggi, tutti da valutare analiticamente a norma di regolamento
Seguiamo l’iter di
questa commissione. Nominata a fine dicembre 2012, la commissione si riunisce
una prima volta a fine gennaio 2013, per fissare i criteri. Poniamo che i
commissari comincino a leggere le pubblicazioni e a valutarle quello stesso
giorno. Consegneranno i loro verbali al MIUR a fine novembre, esattamente dieci
mesi dopo: in tutto 303 giorni, 233 se togliamo 48 fra domeniche e altre
festività nazionali e 44 mezze giornate del sabato. In 233 giorni significa
leggere 28 pubblicazioni (anche monografie) al giorno. E comunque in 303 giorni
significherebbe leggerne 21 al giorno. Questo dal primo all’ultimo giorno, e
nel contempo: fare lezione, ricevere gli studenti, tenere gli appelli d’esame e
di laurea, fare ricerca – living and partly living. In realtà, se scorriamo i
verbali vediamo che già ai primi di aprile la commissione è in grado di
«(discutere) ampiamente dei curricula, dei profili e della produzione
scientifica dei candidati all’abilitazione nazionale (di) II fascia» in due
riunioni consecutive per complessive 15 ore, e che a metà maggio passerà a
discutere i candidati alla I fascia. Dobbiamo dedurre che nei mesi di febbraio
e di marzo, più qualche giorno di gennaio e di aprile, la commissione abbia
letto i 5.100 (cinquemilacento) lavori dei candidati alla II fascia – anche per
riscontrare l’eccellenza, ove presente, pur in assenza dei requisiti cosiddetti
bibliometrici (vedi sopra). E questo è un tour de force eccezionale anche per
un accademico italiano: 85 (ottantacinque) pubblicazioni il giorno, comprese le
domeniche, Pasqua, Pasquetta e Festa del Papà. Ammettiamo pure che un
“eccellente” accademico conosca i quattro quinti della produzione del suo
settore: restano 17 (diciassette) pubblicazioni il giorno, da leggere e
valutare nel rispetto dei valori in campo e con la presunzione di fare un buon
servizio all’Università italiana. (Fonte: G. Avezzu, Roars 11-01-2014)
DOCENTI. FORMAZIONE
MIUR, FIRMATO DECRETO
'VISITING'
Il D.M. firmato il 31 gennaio dal ministro Carrozza ha lo
scopo di agevolare lo scambio di docenti e ricercatori fra atenei, stimolare
accordi fra università italiane ed estere per l'istituzione di corsi che
rilascino il doppio titolo o un titolo congiunto, attrarre professori e
studiosi stranieri in Italia. Prevede, infatti, che le università possano
stipulare convenzioni per consentire ai loro professori e ricercatori a tempo
pieno di svolgere attività didattica e di ricerca presso un ateneo diverso da
quello di appartenenza. I due atenei stabiliscono come ripartirsi gli oneri
stipendiali del personale coinvolto. Ma le novità più interessanti riguardano i
rapporti con le università estere. Grazie al decreto gli atenei potranno
stipulare contratti per attività di insegnamento con docenti e ricercatori di
atenei e centri di ricerca stranieri da utilizzare in corsi finalizzati al
rilascio di un ''titolo congiunto o di un doppio titolo'' con una università
non italiana. I contratti di questo personale varranno ai fini
dell'accreditamento dei corsi. Si potranno anche stipulare contratti di docenza
con personale straniero per inserirlo nei normali corsi di studio italiani.
Anche in questo caso questi contratti varranno ai fini dell'accreditamento dei
corsi universitari. “Il decreto è una semplificazione dei processi di
accreditamento chiesta dalle stesse università e valorizza le chiamate di
docenti stranieri nei nostri Atenei”, spiega il Ministro Carrozza. (Fonte: ASCA
31-01-2014)
PROFESSORI E RICERCATORI UNIVERSITARI. IL
RECLUTAMENTO NEGLI ULTIMI 50 ANNI
Sommario delle tre parti: I docenti universitari nei
primi anni sessanta. Per entrare nei ruoli di assistente o di professore
bisognava superare un concorso. La sistemazione degli assistenti straordinari. Il
nuovo ruolo dei professori aggregati. Il fallimento della riforma Gui. Le
anticipazioni di una riforma mai avvenuta. Le “misure urgenti” del 1973. La
bomba ad orologeria dei precari. I decreti Pedini e le nuove regole per i
concorsi a cattedra. Gli assegni di formazione professionale per contrastare la
disoccupazione giovanile. Riforma e sanatoria del 1980. Ruolo dei ricercatori, permanente o “ad
esaurimento”? I concorsi per il ruolo di
ricercatore. Un nuovo canale di reclutamento universitario anomalo: i tecnici
laureati.
(Fonte:
A. Figà Talamanca, Roars 20 e 25-01-2014, 02-02-2014)
DOCENTI E ACCREDITAMENTO DEI
CORSI
Il 23 dicembre 2013
il Governo – attraverso il DM
1059/2013 – ha apportato alcune modifiche al D.M. 47/2013 meglio conosciuto
come Decreto AVA (Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento), ovvero quello
sull’accreditamento dei corsi di laurea nei vari atenei. Fra le modifiche vi è la riduzione del 25%
del numero di “proponenti” necessari per mantenere attivi i corsi dall’A.A.
2014/15: da 12 a 9 per i corsi di laurea triennale, da 8 a 6 per i corsi di
laurea magistrale, da 20 a 15 per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico
quinquennale, da 24 a 18 per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico di sei
anni. Questi requisiti valgono allo stesso modo per le università statali e
non, a differenza dei criteri differenziati del D.M. 47/2013. La diminuzione
dei “proponenti” è un fatto positivo; bisogna vedere però l’altra faccia della
medaglia. Infatti, riguardo alla tipologia “proponenti” nel nuovo decreto, è
aumentato il numero dei professori e diminuito quello dei ricercatori.
Quest’ultimo aspetto potrebbe comportare dei problemi, in quanto molti corsi di
laurea fino ad oggi sono sopravvissuti grazie alla presenza dei ricercatori
come “proponenti”. L’altra modifica degna di nota è l’inserimento del limite
del 2% nell’attivazione di nuovi corsi di laurea, sia per gli Atenei con ISEF
(indicatore di sostenibilità economico finanziaria) minore di 1 sia per quelli
con ISEF maggiore di 1. Questo di fatto obbligherà gli Atenei a limitare
l’aumento della propria offerta formativa. (Fonte: M. Pavone, www.siderlandia.it
09-01-2014)
CRESCONO LE UNIVERSITÀ D’AZIENDA (CORPORATE UNIVERSITY)
Negli
Stati Uniti le corporate university sono ormai quattromila, in Italia meno di
quaranta, ma il confronto solo quantitativo, pur impietoso, ha poco senso. Le
università d'azienda (Corporate university, Academy) crescono nel mondo,
nonostante la crisi, anzi, forse proprio per questo, e si rafforzano anche in
Italia. Dopo le pionieristiche esperienze della General Motors (1927) e di
General Electric (1956), le prime e vere realtà d'impresa di livello
universitario negli Stati Uniti sono state quelle della Walt Disney e di
Motorola nel 1981. Nel 1988 erano
arrivate a 400, ma già nel 1997 se ne contavano 1000 e per il 2015 ne sono
previste 4000. In Italia sono molte di meno, ma il tema è in agenda per molte
imprese, anche di medie dimensioni, che per essere competitive puntano sulla
conoscenza e sui talenti dei dipendenti.
Una
fotografia sul fenomeno delle Academy d'azienda è stata scattata dal Rapporto
sulle corporate university che operano in Italia, realizzato da Assoknowledge
Confindustria, presieduta da Laura Deitinger, con la Fondazione Campus e il
centro di ricerca interuniversitario Crisp, che ne ha censite 39.
Tra le
più note ci sono l'Università del caffè della Illy, il Laboratorio per
l'innovazione e la conoscenza di Barilla, la Corporate university dell'Eni
(2001) e l'Enel university (2007). Tra le altre si possono citare Telecom,
Ferrero, Pirelli, Generali, Poste italiane, Technogym, Tenaris, Vodafone. L'ultima
arrivata in ordine di tempo è l'Academy del Gruppo Hera, settore energia e multiutility,
mentre la più piccola è la Landi Renzo, leader mondiale nei componenti e
sistemi di alimentazione alternativi per autotrazione. In generale, due aziende
su tre offrono corsi sia di addestramento su tematiche interne sia di sviluppo
manageriale; una su tre fa solo training, mentre quasi del tutto assenti sono
le università d'impresa che svolgono corsi con riconoscimenti di crediti
universitari o, come succede all'estero, che offrono veri titoli accademici
(lauree, master, PhD). (Fonte: La Stampa 20-01-2014)
DOTTORATO
ACCREDITAMENTO DEI CORSI DI DOTTORATO. CRITERI,
INDICATORI, CRITICITÀ
Secondo il D.M. 45 (8-02-2013) le istituzioni chiedono
l’accreditamento del dottorato al MIUR fornendo tutte le informazioni previste,
il MIUR trasmette la richiesta all’ANVUR entro 20 giorni dalla ricezione, ANVUR
entro 60 giorni formula un parere in merito all’accreditamento e il MIUR lo
trasmette agli atenei. Il dottorato accreditato sarà sottoposto a una verifica
periodica della sussistenza dei requisiti e ad una valutazione annuale ai fini
della ripartizione annuale dei finanziamenti ministeriali.
Il 17 gennaio 2014,
è apparso sul sito dell’ANVUR un documento
che illustra i criteri e gli indicatori proposti dall’ANVUR per
l’accreditamento dei corsi di dottorato del XXX Ciclo. Si tratta di un "documento
provvisorio le cui ipotesi l’Agenzia sottopone alla comunità scientifica,
sollecitandone pareri, riflessioni e critiche - sempre tuttavia finalizzate al
miglioramento del livello qualitativo dei dottorati italiani - che dovranno
essere inviate all’indirizzo dottorato@anvur.org
entro il 10 febbraio 2014". Il documento si legge qui.
Secondo Redazione
Roars la lettura del documento di ANVUR sull’accreditamento dei dottorati
può lasciare confusi per la complessità e la rigidità del sistema valutativo
che si intende costruire. Ma in realtà, per quanto esso sia rilevante, non è questo
il punto principale; infatti, va osservato come, ancora una volta, le scelte
tecniche dell’Agenzia abbiano ricadute pratiche di forte impatto sul panorama
del sistema. Insomma, ancora una volta, la tecnica si fa politica orientando e
plasmando il panorama della formazione e della ricerca italiane. Sotto
l’apparenza di scelte tecniche, si operano scelte che hanno effetti politici,
che tuttavia sono assunte al di fuori dei luoghi deputati alla definizione
delle policies e nel silenzio di coloro che del ruolo di policy maker sono
effettivamente titolari.
Intanto il 24 gennaio ha terminato i lavori la Commissione
di studio sul Dottorato istituita dal MIUR con lo scopo di elaborare delle
proposte operative in materia. La relazione
conclusiva prodotta dalla Commissione contiene critiche al D.M. 45 e
riflessioni in contrasto con le linee di accreditamento decise dall’ANVUR.
La posizione
congiunta del Direttivo Co.N.P.Ass. e del Coordinamento della Rete 29
Aprile sul documento dell’ANVUR è stata pubblicata su Roars il 1° febbraio.
Il 1° febbraio è stata inoltre resa nota una mozione
del Consiglio Universitario Nazionale in cui, pur riconoscendo che il
documento proposto dall’ANVUR è una diretta conseguenza del D.M. n. 45/2013, si osserva che esso
contribuisce ad accrescere il già pesante apparato normativo, aggiungendo vincoli
e traducendo i criteri in una serie di indicatori numerici e di soglie da
superare. Il CUN ribadisce le critiche più volte espresse al D.M. n. 45/2013,
rilevandone il carattere eccessivamente prescrittivo, e soprattutto l’enfasi
posta sull’autorizzazione ex ante a scapito di un processo di valutazione ex
post, di certo più condivisibile e più efficace. Inoltre il CUN non può fare a
meno di esprimere la sua forte preoccupazione e contrarietà su due punti
cruciali: - la riduzione delle tematiche di ogni corso di dottorato entro i
limiti di un macrosettore concorsuale; questa scelta sarebbe in molti casi
impraticabile, oltre che contraria alle consuetudini internazionali; - e l’uso
improprio dei risultati della VQR nella valutazione del possesso di documentati
risultati di ricerca da parte dei membri del collegio. (Fonti: nei link della
nota)
DOTTORATO IN COTUTELA
La cotutela rappresenta una modalità di svolgimento del
dottorato di ricerca, che comporta l'iscrizione del candidato in due Università
di due Paesi diversi e il rilascio di un titolo di studio con valore legale
riconosciuto da entrambi gli Stati. È una fattispecie essenzialmente basata sul
valore dei progetti di ricerca individuali, che assicura maggiore attrattività
agli Atenei coinvolti e più ampia visibilità ai risultati delle ricerche
effettuate. Differisce però dal dottorato congiunto (corso strutturato con un
proprio collegio di docenti e gestito in collaborazione da due Università) e
dal dottorato europeo (accordo ad personam meno vincolante della cotutela, che
si limita alla supervisione della tesi da parte di entrambi gli
esaminatori internazionali).
L'ammissione al regime di dottorato in cotutela, subordinata al previo
superamento delle procedure nazionali di ammissione a tale tipologia di corsi,
può essere richiesta soltanto in presenza di un accordo quadro con il Paese in
cui è ubicata l'Università partner desiderata. Tale procedura è attivata allo
stato attuale in Italia con diversi Paesi: Francia, Spagna, Germania, Svizzera.
(Fonte: L. Moscarelli, rivistauniversitas gennaio 2014)
PER FAVORIRE I MIGLIORI DOTTORI DI RICERCA ‘PIANO
GIOVANI TALENTI’ DELLA CRUI
Per svecchiare la classe docente degli atenei del Belpaese
(la media dell’età dei docenti universitari italiani si aggira sui 51 anni) la
Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha proposto un piano per
giovani talenti che permetta l’ingresso di 2000 ricercatori ogni anno. Un modo,
oltretutto, per favorire “i migliori dottori di ricerca”. Il 'piano giovani
talenti' è mirato a offrire un posto di ricercatore a tempo determinato ai
'migliori dottori di ricerca' stabiliti ogni anno da apposito concorso
nazionale. Il piano, quinquennale, può essere cofinanziato dalle Università o
da risorse esterne al momento delle relative chiamate e sempre su fondi certi.
Sempre per favorire la competitività degli atenei italiani, i rettori
propongono anche di premiare i giovani laureati favorendo il loro inserimento
professionale prevedendo un credito di imposta da utilizzare all'inizio della
carriera lavorativa e per un certo numero di anni al fine di ridurre il
relativo cuneo fiscale. Inoltre propongono il riconoscimento del titolo di
Dottore di ricerca all'interno della pubblica amministrazione e di promuovere
la sua valorizzazione nelle imprese. (Fonte: rassegna.it 27-01-2014)
DOTTORATI
INDUSTRIALI. GARANTIRE PIÙ FLESSIBILITÀ ALLE IMPRESE
In un documento pubblicato dal MIUR, messo a punto da una
commissione di studio incaricata dal ministro Carrozza di formulare proposte
operative in materia di dottorato di ricerca, si legge: «La Commissione rileva
che le attuali regole limitano fortemente la concreta realizzabilità del dottorato
industriale, in ragione del rilevante impegno economico richiesto alle
imprese». Questa la ragione principale che la commissione di studio indica come
ostacolo al decollo di questi dottorati che prevedono che gli atenei possano
stringere convenzioni con le imprese, con l'obiettivo di portare cervelli
dentro le aziende o di far accedere gli stessi dipendenti delle imprese ai
corsi di dottorato. Non solo. Il documento spiega anche che questa «tipologia
di dottorato, a oggi, sembra realizzabile soltanto ove vi siano anche
significativi contributi regionali». Da qui la proposta: «La previsione di una
normativa di favore, avente carattere transitorio, per consentire che i
dottorati industriali possano essere realmente istituiti, ferma restando
l'applicazione della normativa proposta per l'attivazione dei dottorati in
convenzione o in consorzio una volta che i cicli di dottorato siano entrati a
regime». L'obiettivo è garantire più flessibilità alle imprese. «Oggi con il
nuovo regolamento per attivare un dottorato industriale si chiede alle imprese
di garantire almeno 3 borse di studio per 3 cicli, e cioè per 5 anni», avverte
il rettore Tesi, membro della commissione, che ammette come questo paletto sia
troppo stringente. Da qui l'idea di garantire più flessibilità: «Nel documento
parliamo di garantire almeno una borsa per 5 anni, ma si può studiare anche un
regime transitorio per incentivare le aziende e gli atenei a partire prima di
arrivare a una situazione a regime». (Fonte: M. Bortoloni, IlSole24Ore
29-01-2014)
FINANZIAMENTO
IL SISTEMA DI
FINANZIAMENTO DELLE UNIVERSITÀ NON È EQUO NÉ FUNZIONALE, LO DICE IL MINISTRO
Ci sono meno risorse per tutte le università italiane e,
dicono i rettori del Nord, distribuite a casaccio. I rettori (tutti) sono
infuriati perché il taglio agli atenei è un fatto: dai 6,9 miliardi di euro
complessivi del 2008 si è scesi ai 6,2 del 2013, il 10,2 per cento in meno.
Continuiamo a definanziare le università, al contrario dei Paesi anglosassoni,
di Francia e Germania. E quel che resta è distribuito a pioggia. Tra fine
dicembre e inizio gennaio sui tavoli dei rettori sono arrivate le cifre dei
fondi di finanziamento ordinario per il 2013 e l'arretramento generalizzato è
diventato ufficiale: atenei come Bergamo hanno perso l'1,34 per cento, altri
venti addirittura il 5 per cento (alla Sapienza di Roma sono stati tolti 26
milioni). Il problema successivo è stato il confronto, e così si è scoperto che
la Bicocca di Milano, la migliore secondo i parametri ministeriali, ha ricevuto
meno soldi di Messina, la peggiore. E, ancora, l'Università della Tuscia di
Viterbo, che non si è distinta quasi in nulla, ha avuto 6.647 euro per ogni
iscritto quando il Politecnico di Milano (in passato sul podio per qualità)
2.871 euro, due volte e mezzo in meno.
Il ministro Maria Chiara Carrozza accoglie le critiche e
dice: «L'attuale sistema di finanziamento delle università non è equo né
funzionale: aumenteremo i premi per gli atenei che funzionano e terremo conto
degli indicatori territoriali». Il ministro spiega che già per il 2014 ci
saranno 193 milioni in più e la quota premiale salirà dal 13,5 al 16 per cento con
la ricerca che peserà per l'80 per cento.
Che cosa chiedono i rettori per superare questa fase
critica? Il presidente della CRUI ha risposto: “Quattro principi
irrinunciabili, cioè stabilità dei fondi negli anni, senza la quale non si
riescono a mettere in campo incentivi adeguati, equità, perché il finanziamento
attuale legato, di fatto, alla spesa storica tratta in modo diverso realtà
simili, premialità vera, perché il "premio" non può essere
rappresentato da un taglio più leggero della media, e semplicità, per riuscire
a programmare su basi condivise la vita degli atenei”. (Fonte: C. Zunino, La
Repubblica 29-01-2014. G. Trovati, IlSole24Ore 27-01-2014)
FONDI ALLA RICERCA DI BASE AI MINIMI TERMINI
Nel passato è stato
garantito un (minimo) finanziamento a “un programma nazionale d’investimento
nelle ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università ed
enti pubblici di ricerca, valutate mediante procedure diffuse e condivise nelle
comunità disciplinari interessate in campo internazionale”. Tra il 2000 e il 2005
si trattava di 130 milioni di euro l’anno, che sono stati ridotti a circa 90
negli anni successivi fino a raggiungere 38 milioni di euro l’anno nel 2012. Nel
bilancio preventivo dello Stato per il 2014 l’intero stanziamento per la “ricerca
scientifica e tecnologica di base” è stato ridotto ai minimi termini tanto che
i finanziamenti per i progetti di ricerca di base, molto probabilmente, non
saranno riproposti. Questa è chiaramente una catastrofe: considerati i pesanti
tagli ai finanziamenti ordinari, questi bandi, che pure dovevano costituire un
surplus per progetti specifici, costituivano per moltissimi ricercatori
l’ultima ancora di salvezza per svolgere la loro attività. Venendo meno anche
questa, i ricercatori che hanno ancora una produttività scientifica dignitosa,
non saranno più in condizione di lavorare, e si minano le potenzialità future
per le nuove generazioni. (Fonte: F. Sylos Labini, FQ 21-01-2014)
ON LINE. SITI INTERNET. RISORSE
EDUCATIVE APERTE. ATENEI TELEMATICI
"BUSSOLA DELLA TRASPARENZA"
CLASSIFICA I SITI WEB DEGLI ATENEI
Si chiama
"Bussola della trasparenza" il programma, proposto dal ministero
della Funzione pubblica, per verificare la qualità dei siti internet attraverso
alcuni indicatori. Gli atenei
monitorati dal ministero sono sessantotto e, secondo la classifica ufficiale vedono
al primo posto ex aequo, con il punteggio massimo di 65 indicatori soddisfatti
su 65, quaranta Università, tra cui il Politecnico di Torino, l'Università del
Sannio e la Seconda Università di Napoli. Staccate di un solo punto, al secondo
posto, le Università di Roma Tor Vergata e della Tuscia. Al terzo posto, con 63
punti, il Politecnico di Bari e le Università di Genova e Udine. Un gradino più
sotto, a quota 61, l'Università di Cagliari e la Federico II di Napoli,
seguite, al quinto posto, con 59 punti, dall'Università Insubria Varese-Como e
al sesto da Macerata (57/65). Un terzetto, l'Università di Verona e i due
atenei di Napoli "L'Orientale" e "Parthenope", al settimo
posto, con 55/65. Più giù, in ottava posizione, con 53 punti, l'Università
della Basilicata, seguita, al nono posto, da Bergamo e Perugia, con 53. In
decima posizione l'Università degli Studi del Piemonte Orientale (38 punti).
(Fonte:
lacittadisalerno.gelocal.it
09-01-2014)
ATENEI SUL SITO DI MICROBLOGGING
Se gli atenei
italiani non spiccano per i loro profili
su Facebook, analizzando Twitter (V. Tabella) la situazione è decisamente
meno rosea. Come anticipato dalla ricerca di universita.it, sul rapporto fra
gli atenei italiani e i social network più utilizzati al mondo, sono poche le
università del nostro Paese che hanno deciso di investire tempo e risorse in un
utilizzo sistematico e professionale dei presidi social. Il 64 per cento dei 25
atenei maggiori per numero di iscritti (dati MIUR) registra una presenza sul
sito di microblogging. Fra questi però spiccano soltanto gli atenei di Padova,
Torino, Politecnico di Milano e Politecnico di Torino con un numero di
“follower” superiore a 2.500. La rilevazione dei dati è aggiornata al 31
gennaio 2012, e ha rivelato in linea generale un utilizzo frammentario e non
organico del canale da parte delle università. Oltre ai “primi della classe”
infatti, la maggior parte dei classificati registra un bassissimo numero di
tweet e di interazioni con i propri follower, in particolar modo gli atenei di
Bari e la Sapienza di Roma hanno cinguettato meno di 200 volte dal momento del
debutto, mentre l’ateneo di Napoli ha mandato online solo 27 tweet, fino ad
arrivare all’Università di Cagliari che nonostante i suoi 1.300 follower non ha
mai twittato.
In altri casi
invece – come per l’ateneo di Firenze – la presenza sul social network non è
ufficiale, bensì legata a una spontanea iniziativa degli studenti, o in
alternativa – ed è il caso di Bologna – affidata ai media universitari (UniBo Magazine). L’immagine
che emerge dall’analisi degli atenei italiani con il maggior numero di iscritti
è quella di un’istituzione accademica che non padroneggia ancora uno strumento
potente come Twitter, che sta velocemente conoscendo una forte penetrazione
anche in Italia. (Fonte: G. Pistoia, http://www.universita.it/atenei-italiani-twitter-2012/
14-01-2014)
CORSI ON LINE. DECOLLANO IN FRANCIA
Vu de France, c'est
une petite révolution pour la transmission du savoir: les cours en ligne massifs et gratuits (MOOC – Massive open online
courses) diffusés sur la plate-forme France université numérique (FUN) du
ministère de l'Enseignement supérieur démarrent aujourd'hui. Pas moins de
88.000 personnes — étudiants, demandeurs d'emploi, salariés ... se sont déjà
inscrites aux huit premiers MOOC dispensés par cette plate-forme lancée en
octobre dernier. Le cours du CNAM intitulé «Du manager au leader» a remporté le
plus de succès, avec près de 14.000 inscrits. Viennent ensuite le MOOC
«Philosophie et modes de vie» de l'université de Nanterre (6.000 inscrits) et
le MOOC de Sciences po Paris «Espace mondial» (plus de 5.000 inscrits). D'ici à
trois semaines, 18 MOOC auront commencé. Ils s'adressent aux étudiants et à
tous les publics désireux d'apprendre. La France tente de rattraper un
important retard: aux Etats-Unis, 80% des établissements disposent de cours en
ligne, contre moins de 3% dans l'Hexagone. La ministre de l'Enseignement
supérieur, Geneviève Fioraso, a annoncé un coup de pouce au développement des MOOC.
En complément des 12 millions d'euros de financement prévus au titre du
programme d'investissements d'avenir, elle accordera, en 2014, 8 millions
d'euros supplémentaires. En
favorisant l'essor de ces cours en ligne, la France espère aussi toucher un public
francophone au delà de ses
frontières, et rattraper des élites africaines qui envoient leurs enfants dans
les universités anglo-saxonnes. Elle entend également échapper à la domination
des plates-formes américaines. (Fonte: M.-C. Corbier, Les Echos 15-01-2014)
MOOC (MASSIVE OPEN ONLINE COURSES) IN
ITALIA
In Italia sono pochi gli atenei che hanno osato mettere
piede nel campo ancora incerto dei MOOC (Massive open online courses): i primi
sono stati, su Coursera, La Sapienza, con corsi su archeologia, meccanica
quantistica e architettura, e l’università Bocconi, che ha messo in vetrina
“Gestione di società di moda e lusso”, “Finanziamento e investimento in
infrastrutture” e “Organizzazione internazionale e di leadership”. Hanno
puntato, invece sul MOOC provider tedesco, Iversity, l’Università di Firenze,
con un corso di Filosofia politica e l’accademia di Belle Arti di Catania, che
propone un corso base di design. (Fonte:
La Stampa 29-01-2014)
OPEN SOURCE COURSES
La filosofia Open access è entrata a far parte della
didattica grazie al movimento Open
educational resources (Oer) – in italiano “risorse educative aperte”. Sono
circa 90.000 ormai i siti didattici attivi in 240 Paesi, che usano
l’applicazione libera Moodle, un Open
source Course management system utilizzato da quasi un milione e mezzo di
formatori per creare siti di formazione. Di questi siti, oltre 60.000 non hanno
posto condizioni di privacy e permettono che i loro materiali siano accessibili
a tutti. Ma per essere davvero definita Oer, una risorsa didattica aperta deve
avere caratteristiche di duplice apertura: dal punto di vista dei diritti deve
essere licenziata in modo da poter essere usata e riutilizzata, mentre dal
punto di vista tecnico deve avere il codice sorgente aperto per sviluppi
ulteriori.
Le risorse
educative aperte devono in generale soddisfare i quattro diritti del modello 4R
framework (reuse, recise, remix, redistribute), tipico del mondo “Open”, che
significa che gli utenti sono liberi di riutilizzare il contenuto nella sua forma
inalterata, modificarne il contenuto che può essere adattato, rettificato,
combinare tramite un remix contenuti originali diversi, aggiungendo o
modificando per creare qualcosa di nuovo, e alla fine ridistribuire copie del
contenuto originale o riveduto in forme remix o derivate di modo da essere
condiviso con gli altri. (Fonte: A. De Robbio, www.unipd.it/ilbo 14-01-2014)
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL MIUR SULLE 11
UNIVERSITÀ TELEMATICHE
Lo scorso
autunno è stata consegnata al ministro dell’Istruzione Carrozza la relazione
commissionata a un gruppo di esperti, incaricati di monitorare la qualità
dell’offerta formativa delle università telematiche italiane, in tutto 11. I
risultati dei lavori si sono tradotti in una sostanziale bocciatura su più
fronti, talmente netta da aver suscitato le immediate proteste e repliche dei
diretti interessati.
Ma
vediamo che cosa hanno scritto gli esperti incaricati dell’indagine (Stefano
Liebman della Bocconi, Marco Mancini dell’Università della Tuscia-Viterbo e
Marcella Gargano, Vicecapo di Gabinetto del Ministero). Innanzitutto, hanno
fatto parlare i numeri: in Italia nell’anno accademico 2012-2013 gli iscritti
totali agli atenei a distanza erano 35.814 contro i 40.284 di due anni prima
(record di iscritti dal debutto di queste università, nel 2004); decisamente in
calo le nuove immatricolazioni, arrivate nel 2012-2013 a 2420 contro le 6641 di
due anni prima. Per quanto riguarda i laureati, lo scorso anno accademico sono
stati 1219 contro i 4813 del 2010-2011. Registrata dunque una tendenza al
ribasso sia negli iscritti sia nei laureati (ma ovviamente mancano i dati di
quest’anno), i commissari passano in rassegna le molte “criticità” rilevate nel
sistema delle università telematiche. E qui i rilievi non sono certo pochi: si
va dall’assenza di regolamentazioni chiare sull’attivazione dei corsi di laurea
e di istituzione di Scuole di Dottorato, alla “mancanza assoluta di definizione
di parametri per la valutazione dell’attività di ricerca”, passando
dall’assenza di vincoli per il reclutamento di docenti e ricercatori, in
particolare in merito all’assunzione per chiamata diretta. Altre criticità
riguardano la “disparità di trattamento fra istituzioni universitarie tradizionali
e università telematiche”, visto che – a detta della commissione ministeriale -
gli atenei tradizionali che vogliono istituire un corso di studi a distanza
devono sottoporre il progetto all’esame di una Commissione regionale, prima
richiedere un parere al Consiglio Universitario Nazionale, mentre le
telematiche non hanno questo obbligo, e inoltre “possono iniziare l’anno
accademico in ogni periodo dell’anno, a fronte di vincoli temporali ben
definiti ai quali sono soggette le Università che erogano corsi in presenza”. Non
è trascurato neppure il confronto con le altre realtà europee, e in particolare
rispetto alla britannica Open University, dal quale emerge che le università
telematiche italiane offrono “unicamente servizi didattici” senza svolgere “attività
di ricerca né tematica, né metodologica sull’apprendimento a distanza”. Infine si critica “la non idoneità delle
modalità di svolgimento degli esami di profitto” e della relativa attribuzione
dei crediti formativi che attestano il raggiungimento delle previste
competenze, “l’inesistenza o assoluta inadeguatezza delle attività di
laboratorio” e - bordata finale - “la rilevata minore preparazione posseduta
dai laureati presso le Università telematiche rispetto a quella conseguita dai
laureati delle Università convenzionali”. (Fonte: G. Meroni, vita.it
23-01-2014)
PROFESSIONI. LAUREE. OCCUPAZIONE
CONTRO 204.536 LAUREATI NEL 2011/2012 I
NUOVI INGRESSI (IMMATRICOLATI) SONO STATI 280.144
Uno dei principali
quotidiani nazionali pubblica con enfasi una notizia che, nelle intenzioni del
giornale, deve apparire trionfale: per la prima volta dal dopoguerra, nell'anno
accademico 2011/2012 in Italia il numero dei laureati avrebbe superato quello
delle matricole. E se, precisa la testata, "è vero che in cinque anni le
immatricolazioni sono diminuite di 50.000 unità, è anche vero che i laureati in
meno di tre lustri sono raddoppiati". Enunciato il dato, ecco l'analisi:
il "successo" sarebbe da attribuire alla riforma del "3 +
2" ad opera dell'allora ministro Luigi Berlinguer, che introdusse la
distinzione tra laurea triennale e biennio specialistico. Ministro che, in
effetti, viene intervistato: "Le statistiche - spiega - stanno
sconfiggendo i soldati di sventura (ndr: corto circuito tra "profeti di
sventura" e "soldati di ventura"?) che difendevano il
passato"... L'errore
appare chiaro confrontando le cifre presentate nell'articolo con la banca dati cui
l'autore afferma di aver attinto: l'anagrafe nazionale studenti del MIUR. Si
scopre così che i totali dei laureati presi in esame si riferiscono a coloro
che hanno conseguito una laurea di qualunque livello: triennale, a ciclo unico,
specialistica/magistrale, e anche i laureati residuali del vecchio ordinamento.
I dati sugli immatricolati, invece, si riferiscono soltanto a chi inizia per la
prima volta un corso di laurea triennale o a ciclo unico: l'equivoco è
terminologico, perché "immatricolati", nel gergo del MIUR, sono gli
studenti che s’iscrivono per la prima volta in assoluto a un corso di laurea, e
non anche coloro che, avendo già concluso un ciclo, s’iscrivono a una laurea di
secondo livello. Non ha quindi alcun senso confrontare il dato complessivo dei
laureati di primo e secondo livello con i nuovi ingressi, che necessariamente
si riferiscono al solo "ciclo base" (triennale o ciclo unico). Se
invece operiamo correttamente il confronto, sovrapponendo i soli laureati del
"ciclo base" agli immatricolati, scopriamo un rapporto ben diverso:
nel 2011/2012 i nuovi ingressi sono stati 280.144, contro 204.536 laureati.
Siamo dunque ben lontani da un sorpasso dei laureati sulle matricole. (Fonte:
M. Periti, IlBo 13-01-2014)
LAUREATI DISOCCUPATI
Dati da AlmaLaurea:
il 47% dei giovani neo laureati è disoccupato. Tra il Nord e il Sud, secondo lo
studio prodotto dal consorzio, il divario è di 17 punti percentuali in aumento
di due (punti) rispetto a quanto rilevato nella precedente indagine; il tasso
di occupazione è del 52,5% tra i laureati del Nord, dove il 17% coniuga lo
studio al lavoro; al Centro l’occupazione è pari al 47%. Infine al Sud arriviamo
al 35%, indipendentemente dalla sede universitaria dove i ragazzi hanno compiuto
i propri studi (precisiamo che le donne sono le più svantaggiate con 10 punti
in meno per l'ambito occupazionale, rispetto ai 4 punti al Nord) e dove si
attestano maggiori iscrizioni alle lauree specialistiche per avere maggiori
possibilità lavorative (59% contro il 51% del Nord ed il 55% del Centro). Per
quanto riguarda invece le retribuzioni mensili (in calo per tutta Italia,
rispetto alla rilevazione precedente), AlmaLaurea evidenzia guadagni più
sostanziosi al Nord (1.086 euro), seguiti dal Centro (1.001 euro) ed infine dal
Sud (900 euro). (Fonte: Uninews24 13-01-2014)
YOUTH GUARANTEE,
PROGRAMMA UE PER L'OCCUPABILITÀ E L'AVVICINAMENTO DEI GIOVANI AL MERCATO DEL
LAVORO
Youth Guarantee è il programma dell'Unione europea che
favorisce l'occupabilità e l'avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro.
L'Italia è tra i 17 Paesi UE che hanno rispettato la scadenza di fine 2013
presentando in tempo la documentazione richiesta dall'Unione Europea. Il
programma prevede una serie di misure, a livello nazionale e territoriale,
volte a facilitare la presa in carico dei giovani tra 15 e 25 anni per offrire
loro opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro. Per
l'Italia sono previsti circa 530 milioni di euro messi a disposizione dall'UE
in quanto è stata riconosciuta l'esistenza di Regioni con situazioni tali da
rendere necessario l'aiuto europeo. (Fonte: rivistauniversitas 24-01-2014)
RECLUTAMENTO
TRE PROPOSTE PER RIFORMARE L’ATTUALE SISTEMA
DI SELEZIONE DEGLI ASPIRANTI ACCADEMICI
La prima proposta s’ispira
al passato e può sembrare provocatoria. Si tratterebbe di abolire i concorsi,
attribuendo agli accademici il potere di nominare i loro successori. Tanto
meglio per tutti, così nessuno potrà più illudersi di diventare quello che non
è. Niente concorsi, niente commissioni, nessun compenso ai commissari. Ne
guadagnerebbero, magari non poi tanto, ma tutto aiuta, le esangui casse dello Stato,
sempre avide dei risparmi derivanti dalle ormai ricorrenti e inarrestabili
spending review. Andrebbe meno bene ai giornali, che, senza scandali da
denunciare, non avrebbero più motivo di menare il can per l’aia con questa
storia infinita dei “migliori bocciati”. Che poi non è vera, perché “passano”
anche i migliori, anche se non tutti. Per attuare la proposta, in ogni caso,
non sarebbe necessaria nessuna modifica della Costituzione, dato che l’art. 97
richiede sì il concorso per impiegarsi nella p.a. ma aggiunge poi “salvo i casi
stabiliti dalla legge”. Dunque, basta fare una legge e il gioco è fatto.
La seconda proposta
si fonda su una correzione dell’attuale disciplina. Anziché far votare i
componenti delle commissioni giudicatrici dal corpo accademico, si tratterebbe
di formare le commissioni estraendo a sorte i membri. Risulterebbe così più
difficile fare dall’esterno quelle pressioni lamentate anche di recente da
qualche autorevole “membro straniero”. Si tratta di Francisco Balaguer
Callejon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Granada, che,
come riportato da Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre scorso, si è dimesso dalla
Commissione nazionale, denunciando l’esistenza di una commissione fantasma, che
avrebbe operato al fianco della Commissione nazionale, influenzando le sorti
del concorso per professore di Diritto costituzionale.
La terza e ultima proposta,
forse la più radicale, è quella di costituire le commissioni solo con membri
stranieri. E’ il sistema preferito da tutti i “trombati”. L’unica
controindicazione starebbe nel fatto che, per comporre e far lavorare le
commissioni di concorso, ci sarebbe una lievitazione dei costi rispetto al
sistema attuale, con buona pace della spending review, che però i nostri
governanti ben saprebbero come indirizzare verso altri settori. (Fonte: R.
Tomei, www.usirdbricerca.info 14-01-2014)
RECLUTAMENTO E SETTORI
SCIENTIFICO-DISCIPLINARI
In un articolo
su Roars G. Pascuzzi traccia le origini storiche dei settori
scientifico-disciplinari e infine espone alcune conclusioni, tra cui le
seguenti.
Il moltiplicarsi
delle discipline ha portato, nel tempo, alla necessità di accorparle
soprattutto al fine di rendere più agevoli i concorsi che nel nostro Paese
costituiscono la strada prescelta per reclutare i professori. Sono nati prima i
raggruppamenti disciplinari (definiti per la prima volta con D.M. 14 marzo
1974), poi i settori scientifico-disciplinari (l. 341/1990 e d.p.r. 12 aprile
1994) e, da ultimo, i settori consorsuali (D.M. 29 luglio 2011 n. 336). In
conseguenza di ciascuna di queste riforme i professori e i ricercatori
universitari (come docili soldatini) sono stati reinquadrati nelle nuove
caselle via via enucleate.
I settori scientifico-disciplinari sono gabbie. In quanto tali non sono
in grado di contenere la complessità del reale in continuo mutamento. Il
rischio è che la loro rigidità ostacoli il progresso del sapere (e la sua
trasmissione). Le discipline sono sì campi del sapere. Ma esse sono anche
gruppi sociali (formati dai cultori della disciplina) che condividono principi,
valori, tassonomie, metodologie. I gruppi sociali disciplinari hanno interesse
a difendere il proprio sapere. Soprattutto hanno interesse a trasmetterlo e a
riprodurlo. Ecco la ragione per cui il reclutamento è la preoccupazione più
importante per molti professori universitari. Inoltre i settori scientifico-disciplinari generano almeno due
tipi di danni collaterali. Danneggiano gli studenti perché i curricula dei
corsi di studio sono concepiti ribaltando gli SSD (nati per disciplinare le
carriere dei professori) sulla didattica senza che nessuno abbia mai spiegato
il fondamento razionale di tale scelta. Danneggiano i ricercatori che si
dedicano alla ricerca interdisciplinare o transdisciplinare. Da questo punto di
vista, gli SSD diventano veri e propri ostacoli al progresso delle conoscenze. (Fonte: G. Pascuzzi, Roars 18-01-2014)
RECLUTAMENTO. DOMANDE E RISPOSTE. INTERVISTA
AL PRESIDENTE DEL CUN
La
riforma universitaria? «Un sistema di regole troppo complesse e
iperprescrittive che non funzionano».
Così Andrea
Lenzi, presidente del CUN, commenta la riforma universitaria che al terzo anno
dalla sua entrata in vigore sembra ancora solo una macchina che ha appena
avviato i motori. Domanda. Tanti obiettivi ambiziosi per la riforma, ma quanti
davvero centrati? Risposta. I decreti cui è stata consegnata la sua attuazione
sono stati tutti emanati, però prima che il sistema entri a regime ci vorranno
anni. E di certo molti correttivi. D. Anni per avere nuovi prof per esempio? R.
Le commissioni stanno ultimando le valutazioni e a breve avremo le liste degli
abilitati. A quel punto gli atenei dovranno bandire concorsi per la vera fase
di reclutamento. D. Ma con quali risorse? R. Questo è il punto dolente. Attualmente
gli atenei hanno risorse pari quasi solo agli stipendi da pagare al personale
in servizio, fortunatamente il cosiddetto blocco del turnover si è di recente
allentato, consentendo di riprendere un minimo di programmazione in base ai
pensionamenti. D. Altro che reclutamento annuale promesso dalla riforma, si
finirà con atenei senza professori? R. La riduzione dei fondi, la discontinuità
delle procedure, il blocco del turnover hanno portato a una progressiva
diminuzione dei docenti. Da qui al 2018 ne perderemo circa 6 mila per i
pensionamenti, ne necessitano altrettanti solo per mantenere il turnover, ma
almeno il doppio per avere un buon rapporto docenti/studenti. D. Come fare? R. Investire
risorse nel sistema che non deve essere più considerato un costo, ma un
investimento indispensabile, e pensare a un modello di valutazione ex post
della qualità del prodotto e non una burocratica analisi delle procedure. Diversamente
si mortifica l'autonomia. (Fonte: ItaliaOggi Sette 20-01-2014)
RECLUTAMENTO. POSSIBILI MISURE DI
SEMPLIFICAZIONE
Il ministro
Maria Chiara Carrozza, ha inviato al Presidente del CUN una lettera in cui
chiede all’organismo di proporre analisi e riflessioni in merito alle possibili
misure di semplificazione delle procedure funzionali al reclutamento,
all’accreditamento dei corsi di studio e al dottorato di ricerca. Il ministro
ha chiesto inoltre un contributo sul tema della valutazione e sul finanziamento
del sistema. (Fonte: CUN 21-01-2014)
RICERCA. RICERCATORI. INNOVAZIONE.
VALUTAZIONE
SUCCESSO DEI RICERCATORI ITALIANI NEL CONSOLIDATOR GRANT 2013
CALL
Il
rapporto sulla «Consolidator Grant 2013
Call» con cui l’European Research Council (ERC) ha finanziato 312 progetti
di ricerca scientifica, europei e non, sulla base unicamente del merito. La
dotazione della Call era notevole: 575 milioni di euro. Il finanziamento per
singolo progetto presentato da un ricercatore era piuttosto alto: in media 1,84
milioni di euro con un picco massimo di 2,75 milioni di euro. La competizione è
stata al massimo livello. Questi i risultati. La Germania ha visto premiati 48
suoi ricercatori. Subito dopo, l’Italia: con 46 ricercatori. Seguono,
nettamente distaccate, la Francia (33), la Gran Bretagna (31) e l’Olanda (27).
Poi ancora il Belgio e Israele (17) e la Spagna (16). Per avere un’indicazione
di quanto sia straordinaria la performance dei ricercatori italiani basta
ricordare che l’Italia ha ottenuto praticamente lo stesso numero di successi
della Germania, sebbene spenda in ricerca meno di un quarto della Germania (17
miliardi di euro contro i 71 della Germania). E ha ottenuto il 39% di successi
in più della Francia, sebbene la Francia investa in ricerca una cifra (40 miliardi
nel 2013) che è quasi due volte e mezzo quella italiana. Lo stesso vale per la
Gran Bretagna: con un investimento in R&S doppio rispetto a quello
italiano, ha visto finanziati un terzo in meno di progetti di suoi ricercatori
rispetto a quelli degli italiani. (Fonte: P. Greco, Scienza e società
23-01-2014)
COMITATO DI NOVE ESPERTI PER LA POLITICA
DELLA RICERCA
Sono stati nominati
i nove membri del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR),
presieduto dal ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca. Le nomine
sono avvenute su proposta del ministro Carrozza, con decreto del presidente del
Consiglio. Ecco i componenti: Roberto Battiston, professore ordinario di Fisica
Sperimentale, Università di Trento; Oliana Carnevali, professore ordinario di
Anatomia Comparata e Citologia, Università Politecnica delle Marche; Luciano
Modica, già professore ordinario di Analisi Matematica, Università di Pisa;
Micaela Morelli, professore ordinario di Farmacologia, Università di Cagliari;
Andrea Carlo Moro, professore Ordinario di Linguistica, Scuola Superiore
Universitaria a Ordinamento Speciale luss di Pavia; Gustavo Piga, professore
ordinario di Economia Politica, Università di Roma Tor Vergata; Filippomaria
Pontani, professore associato di Filologia Classica, Università Ca' Foscari di
Venezia; Aldo Sandulli, professore ordinario di Diritto Amministrativo,
Università Suor Orsola Benincasa di Napoli; Maria Gabriella Signorini,
professore associato di Bioingegneria Elettronica e Informatica, Politecnico di
Milano. (Fonte: ANSA 09-01-2014)
VALUTAZIONE DELLA RICERCA NELLE AREE
UMANISTICHE E SOCIALI
Il Consiglio
Direttivo dell’ANVUR ha deliberato nel febbraio dello scorso anno la
costituzione di un Gruppo di lavoro di esperti denominato “Database e nuovi
indicatori”. Il Gruppo risponde all’esigenza di far avanzare le conoscenze
sulla produzione scientifica sulle riviste in lingua italiana nelle aree
umanistiche e sociali, di sperimentare indicatori non citazionali e di
monitorare gli sviluppi delle nuove forme di pubblicazione accademica, incluso
l’Open Access. In merito al documento (ANVUR - Gruppo di lavoro Database e
nuovi indicatori) M. Cammelli su Roars (18-01-14) fa rilevare che nelle scienze
giuridiche le riviste intese come pubblicazioni periodiche (in genere, bi o
trimestrali) costituiscono strumenti di informazione (ormai superati dai
collegamenti on line) e di primo approfondimento, salvo la presentazione di
saggi più impegnativi dedicati a temi classici di carattere teorico o generale
di cui si propongono nuove prospettive o si avanzano proposte di
approfondimento. Il resto - e dunque la ricerca più ampia che mira al difficile
confronto tra dinamiche di cambiamento (politiche, istituzionali, economiche,
sociali), innovazioni operate (in via legislativa o giurisprudenziale,
domestica o sovranazionale) e ordinamento esistente in modo da individuarne le
ragioni, la portata e le implicazioni - necessita sovente di uno spazio
sufficientemente ampio per potere dare conto di tutti questi profili e di
quanto è stato elaborato in materia dalla dottrina e dalla ricerca precedente.
Il che richiede un’architettura molto più complessa e uno spazio assai più
ampio, assicurati di norma da un lavoro monografico, e contemporaneamente
spiega per quale motivo la maturità scientifica di un giovane ricercatore sia
valutata preferibilmente su questo terreno. E infine M. Cammelli conclude, in
breve, che si intende colmare quella che è avvertita come una lacuna (mancanza
di strumentazioni quantitative nelle scienze sociali) senza spiegare perché
tale mancanza è una lacuna; lo si fa con una complessa rilevazione che
presuppone una serie di importanti operazioni preliminari di metodo (tecnica
della citazione), di merito (natura e classificazione delle riviste di cui si raccolgono
le citazioni) e tecniche (software) con effetti standardizzanti di cui non si
valuta né il risvolto culturale né il peso che è addossato a soggetti esterni
(autori, editori, gruppi di lavoro operanti presso le riviste), lasciando per
di più ai margini alcuni elementi significativi, in particolare i temi delle
riviste vs. monografie e degli autori giovani e anziani.
C'è da chiedersi:
ma non varrebbe la pena dedicare anche solo una piccola quota di tutte queste
energie, peraltro richieste a tutti (compreso il gruppo di lavoro che ha
elaborato la proposta), per studiare anche in via sperimentale forme di
valutazione di qualità e di merito degli elaborati che per esplicitazione e
solidità dei criteri seguiti, autorevolezza di chi le formula, esaustività di
argomentazioni e la pubblicità della loro circolazione, rendano riconoscibili e
dunque responsabili i giudizi e le motivazioni? (Fonte: M. Cammelli, Roars
18-01-2014; Astrid Rassegna 194 - 1/2014)
VALUTAZIONE DELLE SCIENZE UMANE. LA
REVISIONE DEI PARI
La
revisione dei pari, da molti considerata come l’unico strumento sicuro ai fini
della valutazione delle aree disciplinari delle scienze umane (SSH) nel loro
complesso, è estremamente costosa, sia in termini di tempo che di impegno delle
risorse umane. È noto che il REF inglese fa ricorso in maniera prevalente alla
revisione dei pari anche per i settori delle scienze dure; la VQR italiana,
recentemente conclusasi, ha operato nelle aree delle SSH per lo più affidandosi
alla peer review o alla informed peer review (revisione dei pari integrata da
dati relativi alle classifiche di riviste). Non a caso, entrambi gli esercizi
di valutazione sono ritenuti estremamente dispendiosi. La cosa può anche essere
ritenuta accettabile dal momento che tali esercizi si svolgono con una cadenza
non troppo frequente. La questione appare in una luce diversa quando si tratta
di valutazioni d’ateneo o di struttura. In questo caso, il ricorso alla
revisione dei pari diviene improponibile; è proprio per questo motivo che ora
molte strutture cercano di adattare gli esiti della VQR piegandoli a fini non
previsti, quali la valutazione interna di ateneo ai fini del reclutamento. In
fondo, si tratta di risparmiare tempo e denaro. Inoltre, la peer review non
gode di buona stampa: molti la considerano «soggettiva», in opposizione a una
presunta «oggettività» dell’analisi citazionale, un argomento fallace ma
diffuso. D’altro canto gli esiti della VQR sembrano dimostrare un’eccessiva
variabilità nei risultati della revisione dei pari, troppo spesso influenzata
da appartenenze di scuola. (Fonte: A. Banfi, Roars
19-01-2014)
VALUTAZIONE DELLA RICERCA E DELL’ISTRUZIONE
SUPERIORE. SINTESI DELLE CRITICHE DI ROARS ALL’ANVUR
L’architettura
del sistema italiano della valutazione della ricerca e della formazione
superiore non presenta i caratteri di solidità e buon disegno che pure sarebbero
auspicabili. L’Agenzia è, di fatto, un’agenzia governativa e la previsione
meramente procedurale e formale della nomina del Direttivo con decreto del Presidente
della Repubblica, spesso invocata a dimostrazione della terzietà e dell’indipendenza
dell’Agenzia stessa, può essere utilizzata come argomento risolutivo e di
chiusura solo per chi ignora quali siano gli effettivi processi di scelta e
quale sia la collocazione ordinamentale dell’Agenzia. Ma non è comunque questo
neppure il principale dei problemi che affliggono ANVUR. L’Agenzia, infatti,
cumula troppi compiti e attribuzioni, a fronte delle esigue competenze di cui
può disporre il suo Direttivo. Per quanto possa valere come riferimento del momento,
non si può non notare che la quasi totalità dei membri di quest’ultimo sono
privi di esperienze pregresse circa l’esercizio di attività di valutazione su
larga scala, per non parlare di attività di ricerca in materia scientometrica:
ambiti specialistici che non possono, d’altro canto, qualificare la selezione
di tutti i membri in qualsiasi momento. Ma oltre i dati che attengono alle
competenze disponibili, vi è un dato di sistema: la scelta di fare di ANVUR la
sede che cumula compiti di valutazione della ricerca, della didattica, di
accreditamento dei corsi e delle sedi; spetta ad ANVUR di intervenire anche sul
mantenimento o la chiusura di intere sedi, finendo per divenire – nei fatti –
un luogo nel quale non si estraggono dati utili al policy-maker, ma un luogo
nel quale si definiscono le politiche stesse. Il cumulo di competenze
attribuite ad ANVUR dalla l. 240/2010 e dai provvedimenti attuativi correlati
ha finito per svuotare di competenze il Ministero (che pure dovrebbe vigilare
sull’operato dell’Agenzia), trasferendole all’Agenzia stessa ma in nome di una
presunta superiorità e affidabilità della tecnica rispetto alla politica.
L’esito è una generalizzata deresponsabilizzazione, che rende difficile
identificare i centri decisionali e attribuire la responsabilità di scelte
politiche in materia di formazione terziaria e di ricerca. In questo quadro è
del tutto inopportuno che l’Agenzia decida di amplificare le proprie
competenze, ad esempio proponendosi come luogo dove sviluppare ricerche ed
esperimenti scientometrici: la scientometria è una disciplina delicata, per le
conseguenze che essa può comportare nel ridisegnare il sistema di ricerca di un
intero Paese. Proprio per questa ragione, essa deve essere lasciata alla
comunità scientifica e non fatta in casa da un ristretto consesso di persone
interne a un’agenzia ministeriale. Analogamente, non pare opportuno che
l’Agenzia, un’entità allo stesso tempo troppo forte (per l’insieme delle
attribuzioni e per l’impatto sulle policies) e troppo debole (per esiguità di
risorse e di competenze), si faccia promotrice dell’edificazione in-house di un
database bibliometrico-citazionale, sia pur appoggiandosi a risorse esterne per
quanto riguarda la sua gestione. (Fonte: A. Banfi, Astrid Rassegna 194 -1/2014
e Roars
19-01-2014)
PASSO AVANTI SUL BONUS RICERCATORI ALLE IMPRESE
Passo in
avanti per gli incentivi a vantaggio delle imprese che assumono personale in
possesso di un dottorato di ricerca universitario o di una laurea magistrale e
impiegato in attività di ricerca e sviluppo. Sulla Gazzetta Ufficiale del 21
gennaio è stato pubblicato il decreto 23 ottobre 2013 del Ministero dello
Sviluppo economico (MISE) contenente le disposizioni applicative del
contributo. Per la richiesta, però, si dovrà attendere l'attivazione di
un'apposita piattaforma informatica da parte del Mise che dovrà anche, tramite
decreto direttoriale, definire i contenuti della domanda e le procedure per la
presentazione.
L'incentivo
consiste in un contributo sotto forma di credito di imposta per persone fisiche
o giuridiche titolari di reddito di impresa che assumono a tempo indeterminato
o trasformano in indeterminato un contratto a termine riguardate un lavoratore
con dottorato di ricerca universitario o in possesso di laurea magistrale in
discipline tecnico-scientifiche purché impiegato in attività di ricerca e
sviluppo. È agevolato, fino al 35% per un massimo di 12 mesi, il costo
aziendale del nuovo o dei nuovi assunti, con un tetto massimo di 200.000 euro. (Fonte:
M. Pri., IlSole24Ore 22-01-2014)
SPERIMENTAZIONE ANIMALE. ITALIA DEFERITA A CORTE
DI GIUSTIZIA UE
A oltre
un anno dall'avvio del contenzioso tra Roma e Bruxelles sulla direttiva 63/2010
per la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, la Commissione
ricorre alla Corte di Giustizia europea e chiede ai giudici di Lussemburgo di
applicare all'Italia una penale di 150.787 euro al giorno dalla data della
sentenza fino al recepimento delle norme comunitarie. Le risposte dell'Italia
alla lettera di messa in mora inviata dall'Esecutivo comunitario nel gennaio
2013, e poi al parere motivato di giugno, si legge in una nota di Bruxelles,
risultano insoddisfacenti. E il termine per il recepimento indicato da Roma -
febbraio 2014 - non appare credibile agli occhi dell'Esecutivo comunitario: le
commissioni competenti del Senato stanno ancora esaminando lo schema di decreto
legislativo sulla sperimentazione animale, previsto dalla legge di delegazione
europea 2013, ed è probabile che nei loro pareri chiedano al Governo di
modificare la bozza. Come già accaduto nel contesto della Comunitaria 2011,
attorno alla proposta dell'ex ministro del Turismo Vittoria Brambilla di
vietare l'allevamento di cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione,
i parlamentari sono, infatti, divisi tra quanti vorrebbero migliorare a livello
nazionale una normativa europea giudicata poco ambiziosa e quanti temono che
norme più restrittive aprano la strada a una nuova procedura di infrazione,
questa volta per errato recepimento. (Fonte: A. Lamboglia, euractiv.it
23-01-2014)
PROGETTI ERC IN ITALIA. PROBLEMI PER IL LORO
SVILUPPO
Cinque sono
i problemi che rendono difficile sviluppare il proprio progetto ERC in Italia:
1) Infrastrutture di livello
internazionale. Sono poche e a volte senza tecnici: ci sarà una ragione se le
classifiche internazionali posizionano le nostre migliori università oltre il
200° posto. E un laboratorio che non produce dati ha un costo elevatissimo per
la società.
2) Burocrazia. Non c’è un supporto
concreto, o è molto migliorabile, da parte delle amministrazioni dei propri
atenei.
3) Salari. Gli stipendi sono nettamente più
bassi di quelli di qualsiasi altro Paese che vuole basare la propria crescita
sulla ricerca.
4) Prospettive. Non siamo in grado di dare
ai giovani delle prospettive. Figuriamoci a chi se n’è andato all'estero quando
da giovane, in Italia, si è visto passare davanti persone con un CV nettamente
inferiore al suo. Immagino non abbia un bel ricordo dell'Italia.
5) Merito. Viviamo in un Paese che non
premia il merito. (Fonte: scienzainrete.it 22-01-2014)
ACCESSO APERTO ALLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE.
UN DOCUMENTO CUN - CRUI
Il
Consiglio Universitario Nazionale ha approvato un documento sull’"Accesso
aperto" alle pubblicazioni scientifiche, redatto insieme alla CRUI e che
rappresenta una prima riflessione congiunta dei due organismi sull’argomento. Nel
documento si auspica che il MIUR e il MIBACT nell’adottare “strategie
coordinate per l’unificazione delle banche dati rispettivamente gestite” (art.
4 L. 112/2013) prevedano che ciò avvenga in perfetta integrazione con l’ANPRePS
(Anagrafe Nazionale dei Professori e dei Ricercatori e delle Pubblicazioni
Scientifiche) di cui all’articolo 3 bis della legge n. 1 del 9 gennaio 2009.
Più
ampiamente il tema delle pubblicazioni Open Access e dell’attuazione delle
relative politiche e misure raccomanda azioni coordinate e concertate fra i
diversi soggetti interessati, pubblici e privati, e fra le diverse sedi
decisionali e operative, quale metodo che appare essenziale ad assicurare
efficacia ed effettività a questo strumento di diffusione del sapere
scientifico. (Fonte: CUN 21-01-2014)
A LIST OF HIGHLY
INFLUENTIAL BIOMEDICAL RESEARCHERS, 1996–2011
We have generated a list of highly
influential biomedical researchers based on Scopus citation data from the
period 1996-2011. Of the 15,153,100 author identifiers in Scopus, approximately
1% (n=149,655) have an h-index >=20. Of those, we selected 532 authors who
belonged to the 400 with highest total citation count (>=25,142 citations)
and/or the 400 with highest h-index (>=76). Of those, we selected the
top-400 living core biomedical researchers based on a normalized score
combining total citations and h-index. Another 62 authors whose focus is
outside biomedicine had a normalized score that was at least as high as the
score of the 400th core biomedical researcher. We provide information on the
profile of these most influential authors, including the most common Medical
Subject Heading terms in their articles that are also specific to their work,
most common journals where they publish, number of papers with over 100
citations that they have published as first/single, last, or middle authors,
and impact score adjusted for authorship positions, given that crude citation
indices and authorship positions are almost totally orthogonal. We also show
for each researcher the distribution of their papers across 4 main levels
(basic-to-applied) of research. We discuss technical issues, limitations and
caveats, comparisons against other lists of highly-cited researchers, and
potential uses of this resource. (Fonte: Abstract. Kevin W. Boyack et al.,
European J. Clin. Invest. 43, 12, 1339–1365, 12- 2013)
SEI SCIENZIATI
ITALIANI RIMASTI IN PATRIA FRA I PRIMI 400 PIÙ INFLUENTI AL MONDO
Ci sono sei cervelli «tricolori» che lavorano in Italia fra
i primi 400 scienziati più influenti al mondo, classificati secondo un nuovo
metodo di misurazione sviluppato da un gruppo di ricercatori americani. Lo
studio, pubblicato sull’European Journal of Clinical Investigation, combina per
la prima volta diversi parametri di rilevamento della qualità della ricerca. Un
conteggio che nell’intenzione degli autori consentirebbe una maggiore
efficienza nella valutazione, a vantaggio della meritocrazia e di una migliore
gestione dei finanziamenti. I sei migliori italiani lavorano quasi tutti in
strutture lombarde. Secondo il nuovo ranking made in Usa, lo scienziato
italiano attivo in Italia che guadagna la posizione migliore nella «top 400» è
Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Irccs Humanitas di Rozzano e
docente dell’università degli Studi di Milano. Con lui spiccano altri 5 nomi di
cervelli italiani rimasti a lavorare in patria: Antonio Colombo dell’università
Vita-Salute San Raffaele di Milano, Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri
di Bergamo, Giuseppe Mancia dell’università di Milano Bicocca, Vincenzo Di
Marzo del Cnr di Pozzuoli, e Alberto Zanchetti dell’università degli Studi di
Milano. Lo studio, che suggerisce un nuovo metodo di classificazione
dell’impatto scientifico dei ricercatori, è stato coordinato da John Ioannidis,
(anch’egli nella lista) professore di medicina e direttore del Prevention
Research Center della Stanford University School of Medicine. Ioannidis e
colleghi sono partiti dal database Scopus, che contiene i dati identificativi
di tutti i 15.153.100 autori di articoli scientifici. Per ognuno sono stati
calcolati il numero di articoli pubblicati dal 1996 al 2011 e il numero di
volte in cui questi articoli sono stati citati. Questi dati sono poi stati
usati per calcolare il relativo «h-index», che viene usato per quantificare la
prolificità del lavoro degli scienziati. (Fonte: corriere.it/salute
28-01-2014)
VQR. CORREZIONI IN BASE
AL SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE
La comparabilità dei metri di giudizio all’interno di
ciascuna area CUN è il requisito chiave su cui si reggono le classifiche VQR
degli atenei come pure la ripartizione della quota premiale FFO 2013. Diversi
indizi smentivano questa comparabilità, senza la quale la competizione tra gli
atenei sarebbe una gara di salto in lungo in cui ogni atleta vede misurati i
suoi salti con un metro diverso da quello dei concorrenti. Leggendo la versione
preliminare dei criteri per l’accreditamento dei corsi di dottorato, pubblicata
pochi giorni fa, veniamo a sapere che nemmeno l’ANVUR si fida più dei voti che
ha prodotto. Il documento fa riferimento ai “voti VQR”, ma li corregge in base
al settore scientifico disciplinare, una correzione che non era stata
utilizzata per stilare la classifica degli “atenei al top”, e nemmeno per
ripartire la quota premiale FFO 2013. Di fatto, l’ANVUR ammette di non credere
più nelle classifiche che ha diffuso e nemmeno nei conti usati per ripartire
l’FFO. Ma nemmeno questa nuova “pezza” sembra in grado di tappare le falle
della VQR. (Fonte: G. De Nicolao, Roars
28-01-2014)
BANDO ‘RICERCA
FINALIZZATA E GIOVANI RICERCATORI 2011-2012’ DEL MINISTERO DELLA SALUTE. FINANZIATI
391 PROGETTI
La Commissione Nazionale Ricerca Sanitaria (CNRS),
presieduta dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ha approvato la
graduatoria dei progetti vincitori del bando "Ricerca Finalizzata e
Giovani Ricercatori 2011-2012" del Ministero della Salute. Sono stati
assegnati complessivamente finanziamenti per circa 135 milioni di euro. Tra i
3.353 progetti presentati tra novembre 2012 e marzo 2013 (di cui 79 programmi
di Rete che sviluppano a loro volta 368 progetti portando il totale a 3.642
progetti), ne sono stati selezionati 372. Tra questi sono compresi 5 programmi
di rete che sviluppano a loro volta 19 progetti portando il totale a 391
progetti finanziati. Nello specifico i progetti finanziati sono: 201 progetti
di Giovani Ricercatori, 4 progetti cofinanziati con l'industria, 28 progetti di
ricerca ai quali partecipano ricercatori italiani all'estero, 137 progetti di
Ricerca Finalizzata Ordinaria e 5 programmi di rete che coprono tutti i settori
medici, con una particolare presenza delle neuroscienze, dell'oncologia, della
genetica e della genomica, dell'health care. L'analisi e la valutazione dei
progetti hanno coinvolto circa 800 scienziati valutatori del NIH-CSR
statunitense e dell'ISNAFF e cinque Commissioni di "study session"
costituite da ricercatori italiani residenti da più di dieci anni all'estero.
Ogni progetto è stato valutato in modo anonimo dai revisori che successivamente
si sono conosciuti ed hanno concordato la valutazione finale. Il 73% dei
progetti è giunto alle study session con l'accordo dei revisori. (Fonte: AGI -
Roma 30-01-2014)
STUDENTI
BORSE DI STUDIO. FONDI GARANTITI FINO
AL 2015
Il governo, l'estate scorsa, con il c.d. decreto del fare,
ha destinato 17 milioni del fondo per il merito alle borse di studio per la
mobilità interregionale degli studenti. "Siamo riusciti - assicura il
sottosegretario Galletti - in due interventi importanti. Abbiamo stabilizzato
le borse di studio, che ora sono triennali e non più annuali, dando la priorità
alla certezza per gli studenti che accedono a quel regime di poterci contare
almeno per tre anni e di non rischiare più di avere un aiuto e poi di vederselo
revocare l'anno successivo. Le borse, inoltre, le abbiamo estese anche alle
accademie d'arte e ai conservatori". "A breve - precisa il
sottosegretario al MIUR - cominceremo a discutere della fondazione per il
merito. Vogliamo dare continuità allo strumento rappresentato dalle borse di
studio. Vedremo come funzionerà e poi decideremo cosa fare", dichiara
Galletti. Al momento, però, i fondi sono solo per quanti si sono immatricolati
nell'anno accademico 2013-2014 e le coperture previste fino al 2015. Che cosa
devono attendersi gli altri studenti? "La progettazione
sull'interregionalità è partita - ribadisce il sottosegretario - e andremo
avanti". (Fonte: La Notizia Giornale 30-01-2014)
TASSE STUDENTESCHE. UNO SFORAMENTO DI 40 MLN
SECONDO L’UDU
Un ateneo
su due nel 2012 ha superato la soglia del 20% imposta alla contribuzione
studentesca per uno sforamento totale di oltre 200 milioni di euro (su 35
atenei statali) chiesti agli studenti. Dopo la sentenza del Tar di Milano sulla
tassazione studentesca dell’ateneo pavese, l’Unione degli universitari (UDU) ha
ampliato il calcolo delle tasse richieste da tutti gli atenei italiani. Uno
sforamento che si riduce a 40 milioni se invece – osserva l’associazione
studentesca – si prendono in considerazione le proiezioni alla luce della nuova
normativa approvata nell’Agosto 2012 dall’allora Governo Monti «che introduceva
una spending-review atta a consentire agli atenei lo sforamento dell’unica
soglia esistente per il contenimento delle tasse universitarie». (Fonte:
online-news.it 18-01-2014)
STUDIARE ALL’ESTERO
Diminuisce
il numero di giovani italiani che s’iscrivono all'università: lo scorso anno le
immatricolazioni sono state poco più di 267 mila, come circa 25 anni fa. Ma c'è
un'inversione di tendenza: quella dei giovani che hanno deciso di andare a
studiare all'estero (più 5 per cento nel 2012). Una scelta non semplice che
richiede, oltre all'investimento economico, un lungo lavoro preliminare per
scegliere la destinazione e dedicarsi alle procedure di ammissione, da
affrontare prima dell'ultimo anno di liceo. Ecco cosa fare secondo alcuni siti:
http://tinyurl.com/nwu3fdo
, www.admission-postbac.fr
, www.ucas.com
, www.intercultura.it
(Fonte: Oggi 22-01-2014)
L’ESU (EUROPEAN STUDENTS’ UNION) NELLA GESTIONE
DEL “PROCESSO DI BOLOGNA”
Nella
gestione del “Processo di Bologna”, teso a realizzare l’Area europea
dell’istruzione superiore (EHEA, European Higher Education Area), l’ESU
(European Students’ Union) ha un ruolo notevole. E tutti i documenti di tale
Processo enfatizzano l’esigenza dei contributi degli studenti alla definizione
dei percorsi formativi: contributi individuali, ognuno in merito al proprio
percorso (curricoli student-centered), e contributi collettivi, in merito alle
caratteristiche dell’offerta formativa proposta dalle Università e alle
procedure per l’assicurazione di qualità relativa a tale offerta. Proprio per
il peso che il sistema europeo dà agli studenti, in tutte le Università
italiane è stato individuato un “referente” per le tematiche in questione, e
nel novembre scorso i referenti si sono incontrati in un Seminario nazionale su
‘Il ruolo delle rappresentanze studentesche nello Spazio europeo
dell’Istruzione Superiore’. Essi hanno deciso di costituirsi in una rete che
continuerà a riunirsi (non solo on-line, ma anche con incontri), poiché sono
convinti del potenziale positivo che può avere la reciproca conoscenza dei
risultati che, nelle diverse sedi, si riescono a ottenere attraverso il
coinvolgimento degli studenti nelle decisioni dell’Ateneo. Il tutto, s’intende,
per rafforzare non solo le rappresentanze, ma anche il rapporto delle stesse
con il complesso degli studenti. È da rilevare che, proprio in coerenza con le
indicazioni europee (Linee Guida dell’ENQA sull’Assicurazione di qualità), le
procedure di autovalutazione dei Corsi di studio universitari (il cui rilievo è
destinato ad aumentare fortemente nel prossimo futuro) hanno al proprio centro
le Commissioni Paritetiche docenti-studenti, e che studenti entrano ora a pieno
titolo nei Nuclei di Valutazione degli Atenei; sono strumenti da utilizzare,
anche se il rischio di “vertici” disconnessi dalla “base” deve essere ben
presente. (Fonte: G. Luzzatto, Roars 22-01-2014)
NUMERO CHIUSO SCARDINATO DA RICORSI
Alla faccia del numero chiuso, della programmazione e dei
test su cui migliaia di ragazzi perdono la testa per mesi nella speranza di
riuscire a entrare nel corso di studi prescelto, in oltre 1000 sono stati ammessi
dopo la vittoria dell’UDU, il sindacato studentesco, che aveva avanzato un
ricorso collettivo. Il presidente del TAR del Lazio, sez. III Bis, ha accolto
il ricorso con un decreto cautelare che dovrà essere confermato all'udienza del
20 febbraio, ove si ratificherà l'ammissione con riserva agli studi. E altri
5000 sono in attesa di un verdetto che probabilmente a questo punto sarà identico.
(Fonte: Lastampa.it 31-01-2014)
STUDENTI FUORI SEDE. AGEVOLAZIONE FISCALE SU
AFFITTO
Sull’affitto
regolarmente pagato gli studenti fuori sede hanno diritto a un’agevolazione
fiscale. Ma il confronto tra il numero di contribuenti che ha usufruito della
detrazione e quello di chi frequenta l’università in una città diversa dal
luogo di residenza rivela una forte evasione fiscale. Leggi tutto qui.
(Fonte: R. Lungarella, lavoce.info.it 31-01-2014)
VARIE
L'ABBANDONO DEL MODELLO COSTITUZIONALE
DELL'UNIVERISITÀ
La nostra
Costituzione (art. 33) collega il principio di autonomia universitaria, a
garanzia della libertà di insegnamento e di ricerca scientifica, all’istituto
della riserva di legge. Definisce così un rapporto privilegiato — se non
esclusivo — tra legge dello Stato da un lato e autonomia statutaria dall’altro.
Ora, la “rottura” del rapporto legge dello Stato/Statuto appare del tutto
evidente. Ciò anche grazie a una giurisprudenza costituzionale assai poco
incline a interpretare in modo rigoroso la garanzia di cui all’ultimo comma
dell’art. 33 (vedi la sentenza n. 383 del 1998); nonché a seguito
dell’estendersi delle competenze regionali in materia d’istruzione, ricerca e sostegno
all’innovazione, che ha contribuito a far smarrire il senso di un’università
intesa come comunità (non locale, bensì internazionale) degli studi e della
ricerca. Attualmente il sistema universitario appare regolato da una selva
incolta di decreti ministeriali, i quali si sono andati stratificando senza
coerenza dalla fine degli anni ’80. Decreti emanati di volta in volta che hanno
reso evidente la perdita di visione complessiva. Una congerie di atti (non solo
decreti, anche circolari, regolamenti, atti ministeriali di incerta natura),
privi di organicità, reggono ormai le sorti dell’università. Nell’insieme —
forse — può dirsi che esprimono una concezione di “autonomia sotto tutela
ministeriale” (D’Atena), ma ciò che preoccupa maggiormente è che tutti questi
atti, nella loro caoticità, non interpretano nessuna idea di università.
(Fonte: G. Azzariti, articolo integrale qui,
13-01-2014)
ITALIACAMP UNISCE 70 UNIVERSITÀ ITALIANE A
ISTITUZIONI E IMPRESE
Tre start up
italiane pronte a volare negli Stati Uniti con un biglietto di andata e
ritorno. Non per restare quindi, ma per dimostrare che la crisi non ha
compromesso la creatività e le potenzialità del made in Italy. La missione
Oltreoceano si chiama UsaCamp ed è
frutto dell'iniziativa di ItaliaCamp, un network nato nel 2010 che unisce 70
università italiane a istituzioni e imprese per promuovere un processo di
innovazione e collegare chi ha una buona idea con chi, invece, ha la forza
economica, culturale e politica per realizzarla. Un invito, insomma, a
invertire una tendenza: provare a sostenere la creazione di nuova occupazione
più che tutelare o ricercare posti di lavoro che non esistono più. Le start up
selezionate per la missione UsaCamp andranno a Wall street il 26 febbraio e lì
potranno presentarsi a potenziali investitori, venture capitalist e business
angels americani. (Fonte: C. La Via, Avvenire 13-01-2014)
FORMAZIONE E RIFORMA UNIVERSITARIA. UNO DEI 17
PUNTI DI WIRED
Rivedere
il sistema delle scuole professionali per adattarle alle mutate necessità della
manifattura (modello tedesco). Poi, riforma universitaria: l’università deve
tornare a essere un percorso di eccellenza, non un prolungamento delle scuole superiori
che porta i ragazzi solo a ritardare i propri ingresso nel mondo del lavoro.
Università selettive, molti meno corsi di laurea (con il risparmio che ne
consegue) e premi al merito. Anche qui, modello tedesco: niente test
all’entrata, ma chi dopo un anno non è in pari con gli esami torna a casa.
(Fonte: I 17 punti della riforma del lavoro di Wired
12-01-2014)
RIORGANIZZAZIONE DEL MIUR
Dopo i pareri favorevoli di MEF e Funzione pubblica, arriva
in Consiglio dei Ministri lo schema di Dpcm di riorganizzazione del MIUR,
previsto in ossequio alla spending review. Nonostante il coro di "No"
di ex ministri, assessori regionali e parti sociali, il governo ha deciso di
tirare diritto. E con un colpo di penna cancella la "cabina di regia"
delle politiche scuola-lavoro, che dialoga anche con le Regioni, proprio ora
che stanno decollando il piano «Garanzia giovani» e il programma sperimentale,
2014-2016, di apprendistato a scuola contenuto nel decreto Carrozza (è incorso
di definizione il provvedimento attuativo). In totale, il MIUR continuerà a
essere articolato in tre dipartimenti. Ma per ciascun dipartimento scendono da
quattro a tre le direzioni generali. Il personale dirigenziale dovrà calare a
440 unità, così diviso: 222 dirigenti di seconda fascia, amministrativi; 27
dirigenti di prima fascia (compresa una posizione di livello generale presso
gli uffici di diretta collaborazione del ministro) e 191 dirigenti di seconda
fascia, tecnici. Il personale non dirigenziale dovrà toccare quota 5.978 unità.
Ma il punto critico è la cancellazione della dg «Istruzione tecnica» che
finisce per essere ricompresa in una mega direzione generale degli ordinamenti
e la valutazione in cui sono accorpate tutte le competenze in materia di
istruzione dalla scuola dell'infanzia agli istituti tecnici superiori (post
diploma). In tutti i principali Paesi europei, Germania in testa, è presente
una struttura ministeriale che si occupa del raccordo tra scuola e imprese. Di
qui l'opportunità di "recuperare", in via amministrativa, rimediando
a questo errore. Costituendo all'interno del MIUR un'apposita struttura di
missione (sulla falsariga di quanto fatto per «Garanzia giovani») dove far dialogare
i rappresentanti del sistema produttivo e i sistemi formativi delle Regioni.
(Fonte: IlSole24Ore 31-01-2014)
ATENEI. IT
UNIBO. PRIMO MASTER UNIVERSITARIO UNICO IN
EUROPA IN ‘RELAZIONI INTERNAZIONALI D’IMPRESA ITALIA-RUSSIA’
Parte
dall’Università di Bologna – Scuola di Economia, Management e Statistica – il
primo master universitario italiano, e unico in Europa, in ‘Relazioni
internazionali d’impresa Italia-Russia’. Contrattualistica, international
taxation, marketing ed economia, finanza internazionale e sistema bancario
russo, diritto tributario e del lavoro, sono solo alcuni degli insegnamenti
attivati per i 16 studenti laureati immatricolati per l’anno accademico
2013-2014 (su 21 ammessi alle selezioni), di età compresa tra i 24 e i 32 anni.
Il master, diretto dal prof. Emanuele Menegatti del Dipartimento di Sociologia
e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna, e realizzato con il
sostegno e la collaborazione di Banca Intesa Russia e Carisbo, banche
appartenenti al Gruppo Intesa Sanpaolo, prevede un calendario di lezioni di
1500 ore (60 crediti formativi universitari dal 17 gennaio al 19 luglio 2014,
nelle giornate di venerdì e sabato) di cui 320 ore di lezione frontale e 500
ore di tirocinio o project work con stage in Italia e in Russia dal prossimo
settembre. Obiettivo: formare nuove e specifiche competenze manageriali e
imprenditoriali in grado di agire nel sistema economico russo in cui
attualmente operano circa 20mila aziende italiane (il 10% sul totale delle
imprese export oriented). (Fonte: www.bologna2000.com 16-01-2014)
UNIBO. FONDI IN MENO A SOSTEGNO DEL FONDO DI
GARANZIA PER GLI ATENEI NON “VIRTUOSI”
«Più che
quota premiale, la dovremmo chiamare quota assistenziale. Così non rischiamo di
fare un torto alla lingua italiana». Non usa mezzi termini Ivano Dionigi,
rettore dell'Alma Mater di Bologna, uno dei migliori tra i grandi atenei
(secondo la recente classifica sulla Valutazione della qualità della ricerca),
dopo aver scoperto che l'attesa e agognata quota premiale, anche per quest’anno,
è finita nel cassetto. Infatti, di quelle risorse promesse per i migliori ce ne
sono poche o niente, anzi la maggior parte delle assegnazioni premiali è di
segno negativo. Con il paradosso che gli atenei che vanno meglio pagano il
conto anche di quelli che vanno peggio. «Quest'anno avremmo dovuto ricevere 58
milioni di euro, ma per il fondo di tutela degli atenei meno virtuosi ne
riceveremo 53 con un taglio pari a quasi il 5%. Ci hanno sottratto 4 milioni e
mezzo per trovare quei 30 milioni di euro di fondo di garanzia per gli atenei
in difficoltà o che avrebbero avuto un taglio superiore al 5%. Se invece di
toccare il fondo premiale avessero fatto tagli lineari, Bologna ci avrebbe di
certo guadagnato». In ogni caso a perderci, tra gli atenei migliori, sono
tutti. Secondo i numeri contenuti nel decreto del MIUR con cui si attribuisce a
ogni università la quota premiale e gli importi finali relativi al 2013,
l'impatto degli incentivi attribuiti in base ai risultati della qualità della
ricerca è stato azzerato dalla decisione di non assegnare ad alcun ateneo una
somma maggiore di quella del 2012. In sostanza, sulla carta in base al merito è
stata distribuita una quota premiale pari a circa 800 milioni dell'assegno
complessivo (10% in meno dell'anno precedente). Ma in realtà al netto degli
interventi perequativi la quota effettiva è scesa ulteriormente perché a pesare
davvero sull'effettiva distribuzione dei soldi sono le clausole di
salvaguardia, quella rete di protezione con cui si è stabilito che nessun
ateneo avrebbe potuto ricevere più fondi rispetto al 2012 o perderne più del
5%. Il risultato? Su 63 atenei destinatari dei fondi, 55 (cioè l'87% del
totale) otterranno un finanziamento complessivo inferiore a quello dell'anno
precedente, e a solo otto atenei sarà assegnata una quota identica a quella del
2012. (Fonte: ItaliaOggi Sette 20-01-2014)
UNIBO. "BANDA LARGA" DEI GIOVANI
RICERCATORI TRA BOLOGNA, LEEDS E WARWICK
Una
triangolazione tra due atenei inglesi - le università di Leeds e di Warwick - e
l'Università di Bologna per mettere a confronto i giovani ricercatori che si
occupano di italianistica e di filologia classica. Con uno sguardo particolare
sugli aspetti metodologici. L'iniziativa si chiama "Banda larga. Sondaggi
sul metodo" ed è nata dal lavoro congiunto di due giovani ricercatori
dell'Alma Mater, Francesco Ferretti e Andrea Severi, e di due colleghi che
invece lavorano Oltremanica: Nicolò Maldina per l'Università di Leeds e Anna
Pegoretti per l'Università di Warwick. Cinque incontri - il primo il 23
gennaio, l'ultimo il 6 marzo - in video collegamento sulle tre sedi
universitarie per condividere esperienze di ricerca e riflessioni sul metodo. A
differenza del passato, infatti, gli incontri non sono più soltanto occasioni
per condividere i temi di ricerca affrontati, ma diventano dei momenti per
parlare anche e soprattutto di metodologia. "C'è una crisi dei vecchi
metodi forti - spiegano Ferretti e Severi - sostituiti oggi da metodologie
liquide, eclettiche, cui si accompagna inoltre una estrema specializzazione
tematica. L'idea è quindi provare a creare un terreno comune su cui discutere
le esperienze e i problemi che si incontrano e che possono unire ricercatori
impegnati su settori di studio anche molto distanti tra loro". (Fonte: magazine.unibo.it
21-01-2014)
CA' FOSCARI PRIMO ATENEO GREEN D'ITALIA
Ca' Foscari
è di nuovo il primo ateneo green d'Italia e migliora la propria performance
rispetto allo scorso anno: lo dicono i dati Greenmetric 2013, la classifica
internazionale delle università sostenibili stilata sulla base del questionario
elaborato dalla Universitas Indonesia. Il ranking posiziona, infatti,
l'Università Ca' Foscari Venezia al primo posto fra gli atenei italiani su un
totale di 301 università di tutti i Paesi e continenti che hanno partecipato.
L'ateneo è al 105esimo posto nella classifica staccando di 16 posizioni (vale a
dire 178 punti) la seconda università italiana più verde. Per Ca' Foscari un
duplice successo: la performance dell'ateneo è migliorata di 300 punti (da 5.199
a 5.499) nei diversi parametri presi in considerazione dalla classifica:
infrastrutture, politiche energetiche, consumi d'acqua, rifiuti, trasporti,
didattica. (Fonte: AGI 21-01-2014)
UNIPR. ASSEGNAZIONE DEL MARCHIO ECTS
Il
Marchio ECTS è il sistema
europeo di trasferimento e accumulazione dei crediti. È conferito agli atenei
che possiedono programmi d’istruzione superiore di primo e secondo livello
accessibili a tutti gli studenti europei e forme di comunicazione web che
garantiscono la piena trasparenza nell’accedere alle informazioni utili per
eventuali scambi internazionali. Il
prestigioso riconoscimento, ottenuto per la seconda volta consecutiva dall’università
di Parma, è stato conferito dall’Education, Audiovisual and Culture Executive
Agency dell’Unione Europea per il 2013-2016.
L’università
di Parma aveva già conseguito il Marchio ECTS una prima volta per il
quadriennio 2009-2013; la riconferma permette all’Ateneo di qualificarsi
nuovamente come partner trasparente e affidabile negli scambi internazionali.
Solamente altri due atenei italiani oltre all’università di Parma (Perugia e
Pisa) hanno adesso avuto dall’Unione Europea tale riconoscimento; in totale se
ne possono fregiare 47 università europee. (Fonte: controcampus.it 12-01-2014)
UNISA OTTIENE IL DIPLOMA SUPPLEMENT LABEL
L'università
di Salerno ha ottenuto dalla Commissione europea il Diploma Supplement Label, un riconoscimento di prestigio che
valorizza i titoli accademici dei nostri laureati. Il Diploma Supplement è un
documento integrativo del titolo di studio rilasciato ai laureati gratuitamente
e automaticamente e redatto in lingua italiana e inglese, secondo un modello
conforme a quello adottato dai Paesi europei aderenti al Processo di Bologna,
che serve a rendere più trasparente e spendibile il titolo perché lo integra
con tutte le informazioni riguardanti il percorso formativo seguito dallo
studente. Esso è quindi di fondamentale importanza ai fini della mobilità
internazionale per chi intende andare all’estero per proseguire gli studi o per
inserirsi nel mondo del lavoro. Nell’anno 2013 Il Diploma Supplement Label è
stato rilasciato solo alla Libera Università di Bolzano, al Politecnico di
Milano e all’Università degli Studi di Salerno. (Fonte:
www.pianetauniversitario.com
10-01-2014)
SDA BOCCONI NEI CENTO MIGLIORI MBA AL MONDO.
C'è una sola università italiana nel club dei cento migliori
Full-Time MBA (Master in Business Administration) al mondo. È la Sda Bocconi di
Milano che si posiziona al posto numero 31 della classifica stilata dal Financial
Times Global MBA Rankings 2014. Per il resto, il ranking annuale che sarà
pubblicato oggi (27-01-14) dal quotidiano britannico, conferma lo strapotere
degli atenei statunitensi nella formazione dei manager, con oltre la metà delle
100 posizioni occupate da scuole targate USA, forti della tradizione di più
lunga durata nel campo dei corsi in materie economiche. Le prime management
school e gli MBA compaiono infatti negli Stati Uniti già alla fine del
diciannovesimo secolo, mentre da noi l'MBA Bocconi ha fatto il suo debutto nel
1974. (Fonte: IlSole24Ore 27-01-2014)
UE. ESTERO
UE. I BILANCI DELL’ISTRUZIONE NEI PAESI
DELL’UNIONE EUROPEA
Si tratta di una
nota pubblicata nel novembre 2013 dal servizio studi del Senato. Il contenuto
della nota non è altro che una sintesi dell’articolato rapporto “Funding of Education in Europe. The Impact
of the Economic Crisis“, pubblicato da Eurydice a inizio 2013. Lo studio
monitora i bilanci dell’istruzione (non solo universitaria, ma anche di primo e
di secondo grado) in 35 sistemi statali o regionali d’Europa, dal 2000 al 2012.
Il rapporto integrale si legge qui.
FRANCIA. IL COSTO REALE DELL'UNIVERSITÀ
RIVELATO DALL'AUTONOMIA FINANZIARIA
Le dialogue est,
d'année en année, de plus en plus tendu entre les présidents d'université et
leur ministère de tutelle à propos des moyens financiers alloués par l'Etat.
Car les facs en déficit sont
nombreuses: dix-neuf, sur soixante-seize, prévoyaient de passer en négatif dès
2013 et quatre le sont depuis deux ans (Montpellier-III, Marne-la-Vallée, Le
Mans et Mulhouse). Ces déséquilibres se sont révélés lorsque les universités
ont gagné leur autonomie financière, grâce à la loi Pécresse d'août 2007,
progressivement mise en oeuvre à partir de 2009. Les universités gèrent
désormais l'ensemble de leur budget, masse salariale comprise, dans une
autonomie néanmoins toute relative et sous l'oeil d'une tutelle omnipotente. Elles
ne peuvent ainsi ni emprunter ni placer leur trésorerie, mais doivent se plier
aux règles strictes de la comptabilité publique ... tout en faisant certifier
leurs comptes par des commissaires qui ont généralement les normes du privé à
l'esprit. Une sorte de double peine. Il leur est impossible, puisqu'elles
relèvent de la fonction publique, de licencier, muter ou promouvoir leurs
enseignants-chercheurs ou leurs personnels administratifs. Seule latitude: les
universités peuvent distribuer quelques primes, embaucher des vacataires dans
des conditions très précaires et, lorsqu'un poste est vacant, en modifier le
profil.
Les négociations
budgétaires en cours révèlent en fait la vérité des coûts de l'enseignement
supérieur public. Un coût que l'Etat et les universités découvrent. Ainsi,
l'évolution des salaires des fonctionnaires, liée essentiellement à
l'ancienneté, est, depuis quelques années, plus forte que l'inflation et que
les dotations budgétaires censées la couvrir. Sous la présidence de Nicolas
Sarkozy, l'Etat a, en outre, fortement augmenté le nombre d'étudiants
boursiers, en créant l'échelon dit «à taux zéro», qui exonère de droits
d'inscription environ 135.000 jeunes. Le manque à gagner est important pour les
universités.
(Fonte: I. Rev-Lefebvre,
Le Monde 14-01-2014)
FRANCIA. SEMPLIFICAZIONI NELLE DENOMINAZIONI
DELLE OFFERTE FORMATIVE
Voilà
présentée la diversité de l'offre (en master, comme en licence) de formation
universitaire en France.
L'un des
enjeux majeurs de la loi sur l'enseignement supérieur et la recherche votée en
juillet 2013 vise à la simplifier. La première brique de cette simplification a
concerné la licence. A la rentrée 2014, au lieu de 322 intitulés, il n'en
existera plus que 45. Et ceux-ci seront répartis au sein de quatre grands
domaines : arts, lettres et langues; sciences humaines et sociales; droit,
économie et gestion; sciences, technologies et santé. La seconde concernera, un
an plus tard, les masters. De 5 000 intitulés de masters, il est prévu de
tomber à 246. Une nouvelle nomenclature sera présentée, les 27 et 28 janvier,
pour avis devant les membres du Conseil national de l'enseignement supérieur et
de la recherche (Cneser). Actuellement, il existe 5 900 diplômes (un diplôme
couplant une mention et une spécialité) et 5 000 intitulés.
L'offre
de master est articulée autour d'un triptyque: un nom de domaine
(droit-économie-gestion, par exemple); une mention (études européennes et
internationales); une spécialité (droit et sécurité des activités maritime et
océanique). Demain, dans notre exemple, ce master s'appellera juste "études
européennes et internationales”. Car, dans la nouvelle nomenclature, le concept
de spécialité disparaît. Officiellement, cette simplification vise à rendre
plus lisibles les formations pour les employeurs, donc à améliorer l'insertion
professionnelle. (Fonte: N. Brafman, Le Monde 23-01-2014)
SPAGNA. DIMEZZATA LA DURATA DELLE BORSE ERASMUS
Il
governo spagnolo manterrà per il prossimo corso il numero di borse di studio
Erasmus, il programma europeo di scambi universitari, anche se ne dimezzerà la
durata. La decisione, secondo fonti ministeriali, è dovuta allo stanziamento di
18 milioni di euro del prossimo anno accademico, contro i 34 di quello
corrente, nonostante la parte del finanziamento da Bruxelles sia aumentata del
4,3%, di circa 2,2 milioni di euro, fino ad arrivare a 53,4 milioni. Saranno
40.000 gli universitari ammessi al programma europeo di scambio, un numero che
resta invariato, anche se la maggioranza risiederà all'estero solo quattro mesi
e non otto, che è l'attuale media di permanenza degli studenti spagnoli all'estero.
La polemica sugli Erasmus è esplosa in Spagna a novembre, quando agli studenti
fu comunicata la sospensione della borsa di studio a metà corso e, sull'onda
delle proteste circolate sui social network, il ministero dell'Istruzione
attribuì la decisione di ridurre a 20.000 il numero degli ammessi a Erasmus a
un taglio dei finanziamenti europei. Come conseguenza delle polemiche,
l'esecutivo stanziò una partita aggiuntiva di 19 milioni di euro, per
consentire il completamento del programma agli studenti già all'estero. (Fonte:
ANSA 22-01-2014)
GREENMETRIC UNIVERSITY WORLD RANKING
Il
rapporto Greenmetric University World
Ranking mette ai primi posti quelle Università che hanno costruito i propri
campus nel rispetto dell’ambiente, che hanno investito su impianti autonomi di
produzione d’energia e di riciclo dei rifiuti o delle acque, ma anche quelli in
cui lo spreco di carta è combattuto ricorrendo ai moderni ebook anche per le
pubblicazioni scientifiche. Al vertice della classifica troviamo l’inglese Università
di Nottingham, con 7.521 punti totali. Al secondo posto si piazza l’irlandese
University College di Cork (7.328). Terzo gradino per un’americana, la
Northeastern University di Boston (7.170). Scende al quinto posto l’Università
del Connecticut, mentre nel 2012 era prima. Fuori dalle primissime posizioni le
Università che generalmente dominano le classifiche mondiali: la prima “famosa”
in graduatoria, ad esempio si trova al quattordicesimo (“Berkeley – Università
della California” con 6.729 punti). Discreto risultato anche per le italiane,
che se da un lato aumentano il numero di Atenei in lista (da 7 a 10),
dall’altro peggiorano quasi tutte la loro posizione in graduatoria rispetto
all’anno scorso: la prima italiana è l’Università Ca’ Foscari di Venezia, al
105esimo posto (lo scorso anno si trovava al 90esimo posto). Al 121esimo
gradino si trova il Politecnico di Milano, (-30 posizioni rispetto al 2012).
Quindi l’Università di Bari (133esima), che migliora rispetto al 145esimo
piazzamento del 2012. Poi quella del Salento (161esima, ma era 121esima nella
precedente classifica), Normale di Pisa (170esima), Bologna (182esima), Torino
(211esima), Politecnico di Torino (241esimo, 170esimo nel 2012), Politecnico
delle Marche (266esimo) e Trieste (270esima, 196esima nel 2012). (Fonte: corriereuniv.it
23-01-2014)
RUSSIA. INCENTIVI ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE
DEGLI ATENEI
Il numero
di studenti stranieri iscritti alle università russe è in continuo aumento. Pur
essendo scelte ogni anno da molti studenti stranieri, le università russe non
occupano posizioni di rilievo nelle classifiche internazionali. Per questo
motivo il governo ha deciso di contribuire a innalzarne il prestigio,
destinando oltre un miliardo di dollari all’iniziativa. Il numero di studenti
stranieri iscritti alle università russe, che sino a un paio di anni fa si
aggirava attorno ai 145.900, è in continuo aumento. Le ragioni che spingono gli
stranieri a studiare in Russia sono molteplici, e comprendono la possibilità di
ricevere un’istruzione di qualità a prezzi convenienti. Tra loro vi sono futuri
ingegneri, dottori e insegnanti − che nella maggior parte dei casi, al
compimento degli studi torneranno nel proprio Paese d’origine. Molti altri
(sono circa il trentacinque percento, secondo le stime) rimangono invece in
Russia. Il costo contenuto delle università è tra i principali motivi − ma non
l’unico − che inducono gli studenti a scegliere di studiare in Russia. “La
nostra accademia”, afferma Temirlan Dzhandarov, preside del dipartimento di
Cooperazione internazionale dell’Accademia di musica Gnessin, “prevede un corso
di studi speciale, ed è proprio questo che richiama studenti di diversi Paesi”.
Tra gli iscritti vi sono tra l’altro giovani provenienti dalla Corea del Sud e
dalla Spagna. (Fonte: russiaoggi.it 23-01-2014)
RANKING THINK TANKS 2013
L’Italia
conquista un posto al sole nella classifica dei migliori “pensatoi” al mondo
stilata nell’ambito del Ranking Think
Tanks 2013 dell’Università della Pennsylvania. Buona, e in miglioramento,
la presenza italiana con la conferma di Ispi, Iai e Istituto Bruno Leoni fra i
Top 100 mondiali e i Top 75 dell’Europa occidentale e altri 6 istituti inseriti
in una delle graduatorie del rapporto. Brookings Institution (Stati Uniti),
Chatham House (Gran Bretagna) e Carnegie Endowment for International Peace
(Stati Uniti) si confermano, anche nel 2013, ai primi tre posti mondiali fra i
6.800 Istituti di ricerca esaminati da circa 2.000 valutatori internazionali.
Ma l’Italia non si è difesa solo nella classifica tradizionale. Particolarmente
significativa è stata anche l’affermazione dei centri del nostro Paese nelle
categorie speciali del Ranking 2013. L’ISPI (Istituto per gli studi di politica
internazionale), ad esempio, risulta al primo posto tra i think tank di medie
dimensioni (ovvero con un budget inferiore ai 5 milioni di dollari), quarto
nella categoria “Best policy study produced” (dopo Brookings Institution,
Chatham House e McKinsey Global Institute) e nella categoria “Think Tank to
watch” e sesto nella categoria “Best managed Think Tank” (dopo Brookings
Institution, Chatham House, Rand Corporation e Bruegel) e in buona posizione in
altre categorie. Lo stesso dicasi per lo IAI (Istituto Affari Internazionali) che
risulta nono nella sezione “Best Institutional Collaboration”; per la
Fondazione Italianieuropei, ventiquattresima nella categoria “Best Think Tank
with political party affiliation”; la Fondazione Mattei, in trentanovesima
posizione tra i “Top Environment Think Tank” (oltre che Top 150 worldwide); l’ICCG
(International Center for Climate Governance) al sessantaduesimo gradino nella
categoria “Top Environment Think Tank”; il CESI (Centro Studi Internazionali) sedicesimo
nella categoria Think Tank di medie dimensioni; e Eupolis Lombardia, quinto
nella sezione “Best new Think Tank”. (Fonte: P. Di Michele, formiche.net
23-01-2014)
QS TOP 50 UNDER 50 2013/14. LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI GIOVANI
UNIVERSITÀ
Le università di Hong Kong, Singapore e Corea del Sud sono
in testa alla classifica “QS Top 50 under
50″, che valuta il ranking degli atenei fondati da meno di cinquant’anni.
Delle 27 nazioni rappresentate nella classifica, l’Australia trionfa con nove
università, seguita dalla Spagna con cinque. L’Italia é presente con l’Università
degli Studi di Roma -Tor Vergata al 38esimo posto, in salita rispetto all’anno
precedente quando era 44esima. La classifica è stata stilata da QS Quacquarelli
Symonds, esperti della formazione universitaria globale. I risultati si basano
sulla performance delle giovani università nel QS World University Rankings
2013/14, la lista delle migliori 800 università del mondo. La classifica
comprende atenei fondati a partire dal 1964. La classifica completa è visibile QUI.
MOOC (MASSIVE OPEN ONLINE COURSES). UN PRIMO BILANCIO
In un anno e mezzo sui MOOC (Massive open online courses), i
corsi universitari gratuiti via internet, si è detto di tutto, che avrebbero
risolto miseria e fame nei Paesi in via di sviluppo o che avrebbero costretto
alla chiusura atenei illustri, dalla Normale di Pisa alla Sorbona e Harvard. Un
primo bilancio, come sempre, lascia aperte le speranze di progresso, ma senza
dar ragione ai soliti ottimisti del web.
Udacity (https://www.udacity.com/) creata da Sebastian
Thrun, l’ideatore dei MOOC ispirato dal pioniere Salman Khan, sembra forse il
primo successo nel business. Il sogno utopico di Thrun, una comunità di
migliaia di persone con cui condividere gratis il suo sapere su robotica e
tecnologia, è stato presto sconfitto dalla realtà, troppo costoso fare di un
ragazzo degli slum di Delhi un dottore in fisica quantistica grazie al tablet.
E il progetto pilota di Udacity con l’università di San Josè in California,
partito alla fine del 2012, rivela che il rendimento degli studenti online è
troppo scarso rispetto a quelli che vivono davvero nei campus universitari.
Udacity si converte allora in una piattaforma dedicata alla
formazione professionale dei quadri nelle aziende. All’operazione collabora il
Georgia Institute of Technology e, per la prima volta, diventa possibile
ottenere una laurea riconosciuta ufficialmente, via MOOC. Ben 2.360 studenti
propongono la loro candidatura per il corso in “Computer Science program”, ma
solo 375 sono ammessi alle lezioni, cominciate lo scorso 15 gennaio. I nuovi
laureandi digitali hanno in media 11 anni in più degli studenti tradizionali e
pagano molto meno: 7mila dollari, contro i 45mila del campus.
Linkedin (www.linkedin.com
), il social network dei professionisti, apre alle più importanti compagnie di
istruzione online - Coursera, EdX, lynda.com,
Pearson, Skillsoft, Udacity e Udemy - e dà la possibilità agli utenti
di sfoggiare nel profilo i MOOC completati.
Coursera (https://www.coursera.org ) dispone di
una delle prime piattaforme per il MOOC. Tra le Università aderenti: Princeton,
Pennsylvania, Michigan, Stanford, l’Ecole Polytechnique, Technische Universität
München, Hong Kong, Tokyo. Gli utenti registrati in Coursera hanno la
possibilità non solo di seguire i corsi, ma anche di mettersi alla prova con
esercizi e di partecipare a un forum per confrontarsi con docenti e altri studenti.
I classici atenei di Boston, Mit e Harvard, non si fanno
subito scoraggiare dal basso numero di studenti che completano i corsi online e
passano l’esame via il “Mooc provider”, EdX.
EdX (https://www.edx.org/ ), oltre alle classi
universitarie, scommette sulla formazione professionale, annunciando una
partnership con il World Economic Forum (WEF) - che organizza il grande
convegno mondiale di Davos. Attraverso una nuova Forum Academy, il WEF fondato dal professor Klaus Schwab metterà a
disposizione di professionisti e organizzazioni il proprio network di
eccellenze in campo accademico, politico e manageriale per produrre corsi
certificati. (Fonte: C, Rizzo, La Stampa 29-01-2014)
LIBRI
IL GOVERNO
MANAGERIALE DELLE UNIVERSITÀ. DAL DIRETTORE AMMINISTRATIVO AL DIRETTORE
GENERALE
Sandro Mainardi, Claudia Piccardo, Enrico Periti (a cura
di). Ed. Il Mulino, Bologna 2013, pp. 232.
La legge di riforma dell’Università, conosciuta come «Legge
Gelmini», è entrata in vigore all’inizio del 2011. Molte le novità che sono
state introdotte, soprattutto a livello di governance. Una in particolare si
mostra come novità assoluta: il ruolo del Direttore amministrativo, così come
lo si è conosciuto nel corso degli anni, è sostituito da quello di Direttore
generale, individuato come «organo» dell’Ateneo insieme al Rettore, al
Consiglio d’amministrazione, al Senato accademico, al Nucleo di valutazione e
al Collegio dei revisori dei conti. Al Direttore generale viene attribuita la
«complessa gestione e attivazione dei servizi, delle risorse strumentali e del
personale tecnico-amministrativo dell’ateneo». Come interpretare il nuovo ruolo
in rapporto alle esigenze degli atenei, organizzazioni complesse che devono
sempre più affrontare la loro missione con lo sguardo alla razionalizzazione e
standardizzazione dei costi, alla gestione delle risorse umane per competenze,
alla performance dell’intera organizzazione? Un interrogativo cui questo volume
vuole contribuire a rispondere, fornendo numerosi e stimolanti spunti di
riflessione. (Fonte: presentazione dell’editore)
L’UTILITÀ DELL’INUTILE. MANIFESTO
Autore: Nuccio
Ordine. Ed. Bompiani, Milano 2013.
Il libro di Ordine
è accattivante e piacevolmente leggibile, sin dall’assunto di fondo: dimostrare
come le discipline e le ricerche che sono ritenute “inutili”, sono invece
“utili” assai. Ma qui è ovviamente chiaro che il significato di utile/inutile è
duplice: un certo tipo di studi è utile proprio nel senso in cui verrebbe
giudicato inutile in un’ottica produttivistica. Se infatti l’utile è quello
pragmatico inteso da chi ha affermato che con la cultura non si mangia; se esso
è inteso, cioè, nel senso più crasso e materialistico – all’interno del quale
ci può anche rientrare il più nobile fine dello sviluppo economico e del
“progresso” dell’umanità – allora è ovvio che tutta una serie di discipline e
campi della cultura umana non hanno a questo fine alcuna utilità; e tra queste
vi sono elettivamente e prioritariamente quelle umanistiche. Ma appunto questo
è il modo in cui non intende l’utilità Ordine, poiché essa è subordinata a un
fine più elevato, ovvero quello della «coltivazione dello spirito» e della
«crescita civile e culturale dell’umanità» giacché egli considera utile tutto
ciò che contribuisce a diventare “migliori”. Non quindi utilità pragmatica,
tesa a guadagni più elevati, al benessere economico, al profitto, al successo
degli incassi, bensì una più raffinata e impalpabile “utilità” come
“miglioramento” dell’uomo. E quest’ultimo non può che essere principalmente il
portato delle discipline umanistiche, perché solo esse hanno quei contenuti formativi
– intessuti di memorie, biografie, valori morali ed etici, riflessioni
spirituali e sulla vita, poesia e sentimento estetico – che possono soli
portare a una vera e propria “metamorfosi dello spirito” e quindi a elevare
l’uomo dallo stato di bruto a quello di essere umano pienamente compiuto e
realizzato. (Fonte: F. Coniglione Roars 14-01-2014)
CONVEGNI
HIGHER EDUCATION AND
RESEARCH POLICIES IN EUROPE: CHALLENGES FOR ITALY. Secondo Convegno organizzato
da ROARS
È stato annunciato il 27 c.m. il programma
del secondo convegno di ROARS, finanziato anche grazie ai contributi dei
lettori, “Higher Education and Research Policies in Europe: Challenges for
Italy”, Politiche della ricerca e della formazione terziaria in Europa: le
sfide per l’Italia. 21 febbraio 2014. CNR. Piazzale A. Moro 7, Roma. Aula
Marconi.