lunedì 3 febbraio 2014

INFO UNIVERSITARIE n. 2 03-02-2014

IN EVIDENZA

BANDO DA 47 MLN PER GIOVANI RICERCATORI CON SELEZIONE TIPO ERC
Sostenere i giovani ricercatori nella fase iniziale della loro carriera, attraverso il finanziamento di un programma di ricerca indipendente. È l'obiettivo del nuovo bando del MIUR (Decreto Direttoriale 23 gennaio 2014 n. 197), 'Sir - Scientific Independence of young Researchers', destinato agli studiosi under 40, che allinea per la prima volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell'ERC, European Research Council.  Una novità voluta dal ministro Maria Chiara Carrozza, specifica il MIUR. Il bando, pubblicato sul sito del MIUR, stanzia oltre 47 milioni di euro a favore dei giovani cervelli. I singoli progetti dovranno essere presentati entro il 13 marzo 2014. La procedura di selezione, affidata a esperti di settore internazionali, si concluderà entro il 2014. Il bando si inserisce nell'ambito delle iniziative che il MIUR intende mettere in campo per fare del 2014 l'anno del ricercatore. Il MIUR è al lavoro anche per un bando per ricercatori senior. (Fonte: ASCA 23-01-2014)

PROGRAMMA NAZIONALE PER LA RICERCA (PNR). INVESTIMENTI PER 900 MILIONI L'ANNO. PRESENTATO AL CDM
Rilanciare la ricerca in Italia, avviare Grandi Progetti Nazionali di innovazione, creare nuova occupazione, favorire la crescita dell'autonomia dei nostri ricercatori e il trasferimento non solo di tecnologie e brevetti, ma anche di competenze, all'interno di una cornice Paese. Sono alcuni degli obiettivi del nuovo Programma Nazionale per la Ricerca (PNR), illustrato il 31 gennaio in Consiglio dei Ministri dal ministro Carrozza. Il nuovo PNR, che si vuole trasformare da triennale a settennale (2014-20) per allinearsi con il Programma Quadro europeo Horizon 2020, è il frutto di una consultazione molto ampia portata avanti dal MIUR in collaborazione con il MISE, che sta coinvolgendo tutti gli stakeholder maggiori, pubblici e privati, centrali e regionali, raccogliendo finora 2.145 manifestazioni di interesse. Il Programma è il risultato quindi di un grande impegno di ascolto, coordinamento e internazionalizzazione e punta a definire un sostanziale cambio di rotta rispetto alle politiche degli ultimi anni, con l'obiettivo di rimettere il sistema della ricerca al centro dei meccanismi di creazione di ricchezza culturale, sociale ed economica del Paese. con quello di una vasta serie di rapporti internazionali che riconosce l’alto valore scientifico dei ricercatori italiani.
La versione pdf integrale del PNR è qui . (Fonte: Ufficio Stampa MIUR 31-01-2014)

NATURE CERTIFICA LA RICERCA ITALIANA
Il settimanale inglese Nature riferisce che negli ultimi dieci anni la qualità media degli articoli scientifici redatti da ricercatori italiani, misurata attraverso il numero di citazioni, è costantemente aumentata. Nel 2002, infatti, l’articolo di un italiano riceveva il 20% in più di citazioni rispetto alla media mondiale. Nel 2012 l’articolo di un italiano ha ricevuto oltre il 50% in più di citazioni rispetto alla media mondiale. Una straordinaria performance, che ha reso possibile il sorpasso sugli Stati Uniti. Il numero medio di citazioni di un articolo di un ricercatore italiano è, ormai, superiore a quello di un ricercatore statunitense. La qualità media delle pubblicazioni italiane è inferiore, ormai, solo a quella dei ricercatori svizzeri e dei ricercatori inglesi. La statistica comparativa riguarda un indicatore piuttosto sofisticato: il numero di citazioni normalizzato per disciplina. Ed è stata elaborata dagli esperti della Elsevier per l’International comparative performance of the UK research base – 2013, un rapporto redatto su richiesta del Department of Business, innovation and skills (Bis) del governo di Sua Maestà britannica. Ma è del tutto congruente con i dati bibliometrici pubblicati di recente dall’Ocse, dall’Unione europea, dalla National science foundation e da tutte le più autorevoli società internazionali di valutazione. Ma la qualità non è disgiunta dalla quantità. I ricercatori italiani sono non solo bravi, ma anche dei gran lavoratori. Sono ancora i tecnici dell’Elsevier a ricordarcelo. La popolazione italiana è pari allo 0,9% della popolazione mondiale. La ricchezza prodotta dall’Italia nel 2012 è stata di 1.863 miliardi di dollari, pari al 2,2% del prodotto interno lordo del mondo intero. Gli investimenti italiani in ricerca e sviluppo (R&S), 23 miliardi di dollari, sono stati appena l’1,5% della spesa totale mondiale (che, secondo la rivista R&D Magazine nel 2012 ha superato i 1.500 miliardi di dollari). I ricercatori italiani, circa 80.000, sono appena l’1,1% della comunità scientifica mondiale (che conta, ormai, secondo l’Unesco, più di 7,3 milioni di ricercatori a tempo pieno). Ebbene questo 1,1% di ricercatori che ha potuto contare sull’1,5% delle risorse nel 2012 ha prodotto il 3,8% degli articoli scientifici del mondo. Unico, tra i grandi Paesi occidentali, a migliorare la propria performance malgrado l’irruzione sulla scienza di cinesi e indiani. Non solo, gli articoli dei ricercatori italiani hanno ottenuto il 6% delle citazioni del mondo intero. Superando in termini assoluti i ricercatori canadesi e quelli giapponesi. Per investimenti assoluti l’Italia è il quattordicesimo paese al mondo. Ma per numero di citazioni è il sesto: solo Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Cina e Francia hanno ottenuto di più. I numeri parlano chiaro: i ricercatori italiani sono tra i più produttivi al mondo, insieme agli olandesi. Solo gli svizzeri producono, in media, più articoli. Ma la Svizzera e l’Olanda destinano alla ricerca più del doppio delle risorse dell’Italia. Dunque, nessuno al mondo riesce a fare così tanto con così poco. (Fonte: P. Greco, IlBo 07-01-2014)

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE. DERIVA CONCORSUALE
I risultati fin qui pubblicati mostrano come siano stati abilitati mediamente intorno al 43% dei candidati sia alla prima sia alla seconda fascia. I risultati variano in maniera significativa da un settore concorsuale all’altro con percentuali di area che vanno - ad esempio - dal 53% dell’area 03 al 28,2% dell’area 14. Vi sono quindi settori le cui percentuali di abilitati superano il 70% come in 02/B1, e altri le cui percentuali sono di poco superiori al 20% in 14/C1. Il numero dei candidati è stato estremamente alto. A conferma del "clima da ultima spiaggia" che limiti al turnover, riduzione dei finanziamenti e delle opportunità di carriera, azzeramento delle prospettive per i tanti ricercatori più giovani, o ancora precari, hanno prodotto. Questo alto numero, frutto di un contesto drammatico, ha rappresentato uno degli elementi di distorsione sistemica e strutturale dell’intera procedura. I primi dati rendono evidente come la gran parte delle commissioni non abbia inteso l’abilitazione scientifica nazionale come una verifica dei requisiti di qualificazione scientifica dei potenziali candidati a professore di I e II fascia, ma una vera e (im)propria pre-selezione comparativa. Scelta tanto più erronea poiché le abilitazioni - che costituiscono i requisiti per la partecipazione ai concorsi e alle procedure di reclutamento negli atenei - delineano l’estensione, composizione e articolazione delle diverse discipline scientifiche nel medio futuro. Allo stesso modo appare evidente come nella maggioranza dei casi - non in tutti settori - i non strutturati siano stati largamente penalizzati, anche a parità di livelli di produzione scientifica come mostrato dagli indicatori (le cosiddette mediane). Tutto ciò lascia pensare che le commissioni abbiano in molti casi valutato, facendosi influenzare, o comunque tenendo conto, che allo stato attuale è per gli atenei estremamente difficile reclutare come professori di II fascia studiosi non già strutturati presso gli atenei italiani o comunque un numero significativo di studiosi. (Fonte: FlcCgil 23-01-2014)

DICIOTTO PROPOSTE DALLA CRUI PER UNA "NUOVA UNIVERSITÀ"
Diciotto proposte per una "nuova università", molte a costo zero e altre a finanziamento vincolato su autonomia, competitività, finanziamento e semplificazione. Sono quelle che ha presentato la CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane), che ha voluto "svolgere un ruolo propositivo, affinché tanto il Parlamento quanto i ministeri competenti possano considerare nuovi interventi capaci di ridare competitività al sistema in un quadro di sostenibilità".
"Il nostro Paese non può più trascurare le sue Università - spiega la CRUI - proprio nel momento di avvio del programma Horizon 2020 e alla vigilia del rinnovo del Parlamento europeo che precede il semestre di presidenza italiana. I sistemi di conoscenza, di cui le Università rappresentano una parte importante, sono essenziali per il rilancio economico, per la creazione di uno spazio europeo della ricerca e per dare una prospettiva ai giovani. Nessun aggiustamento contabile e nessuna legge elettorale possono supplire alla mancanza di una politica verso i giovani e verso i sistemi educativi" (Fonte: focus.it 27-01-2013)
Le 18 proposte della CRUI si leggono qui http://tinyurl.com/oxjxyq6 .

PROROGA DELLE VECCHIE IDONEITÀ EX LEGE 210/1998. APPROVATO EMENDAMENTO  
In Commissione al Senato è stato approvato il seguente emendamento, con il quale si proroga la durata delle idoneità conseguite ai sensi della legge 210/1998.
Proposta di modifica n. 6.14 al DDL n. 1214. Dopo il comma 6 aggiungere il seguente: «6-bis. La validità delle idoneità conseguite ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, è prorogata di due anni dalla data di scadenza del quinto anno dal loro conseguimento». (Fonte: Redazione Roars 31-01-2014)


ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

ASN. RISULTATI A RILENTO
Dal 30 novembre, data ultima di chiusura dei lavori delle Commissioni dopo 6, ben 6, proroghe, non siamo neanche a metà dell’opera. 184 le commissioni; 91 i risultati finora noti. Dall’ultimo post che ho scritto su questo stesso argomento, datato 8 gennaio sono usciti altri 19 risultati: 12 giorni per 19 risultati … Non è difficile calcolare, procedendo a questi ritmi, quando la novella avrà fine. Procedendo con questi ritmi serviranno ancora due mesi pieni: 58 giorni, se non erro. La fine di marzo.
Intanto il numero delle commissioni che stanno riaprendo i lavori in autotutela, per mettere al riparo i propri lavori da eventuale contenzioso, sta crescendo. Pochi giorni fa erano solo due. Alla data del 22 gennaio 2014 sono dieci, più del 10% delle commissioni i cui esiti sono stati finora pubblicati. (Fonte: M. C. Monaco,
filelleni.wordpress.com 20-01-2014. Roars 22-01-2014)

ASN. UN ESEMPIO DEL LAVORO DI UNA COMMISSIONE
Si tratta di un settore concorsuale “non bibliometrico”, perciò la commissione, come in tutti i settori non bibliometrici, si è proposta di valutare la «qualità della produzione scientifica (…) sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo della stessa» e ha ritenuto di poter «prendere in considerazione, sulla base di un motivato giudizio di eccellenza della produzione scientifica, anche candidati che non posseggano tutti i requisiti (bibliometrici)». Questo comporta la necessità di leggere le pubblicazioni scientifiche dei candidati (di rileggerle, o almeno riconsiderarle, se già conosciute). I concorrenti per la seconda fascia erano 425 e quelli per la prima 115 e, poiché alcuni sostenevano ambedue le abilitazioni, il totale effettivo era pari a 490, per un totale di circa 6.600 (seimilaseicento) pubblicazioni: monografie, articoli, saggi, tutti da valutare analiticamente a norma di regolamento
Seguiamo l’iter di questa commissione. Nominata a fine dicembre 2012, la commissione si riunisce una prima volta a fine gennaio 2013, per fissare i criteri. Poniamo che i commissari comincino a leggere le pubblicazioni e a valutarle quello stesso giorno. Consegneranno i loro verbali al MIUR a fine novembre, esattamente dieci mesi dopo: in tutto 303 giorni, 233 se togliamo 48 fra domeniche e altre festività nazionali e 44 mezze giornate del sabato. In 233 giorni significa leggere 28 pubblicazioni (anche monografie) al giorno. E comunque in 303 giorni significherebbe leggerne 21 al giorno. Questo dal primo all’ultimo giorno, e nel contempo: fare lezione, ricevere gli studenti, tenere gli appelli d’esame e di laurea, fare ricerca – living and partly living. In realtà, se scorriamo i verbali vediamo che già ai primi di aprile la commissione è in grado di «(discutere) ampiamente dei curricula, dei profili e della produzione scientifica dei candidati all’abilitazione nazionale (di) II fascia» in due riunioni consecutive per complessive 15 ore, e che a metà maggio passerà a discutere i candidati alla I fascia. Dobbiamo dedurre che nei mesi di febbraio e di marzo, più qualche giorno di gennaio e di aprile, la commissione abbia letto i 5.100 (cinquemilacento) lavori dei candidati alla II fascia – anche per riscontrare l’eccellenza, ove presente, pur in assenza dei requisiti cosiddetti bibliometrici (vedi sopra). E questo è un tour de force eccezionale anche per un accademico italiano: 85 (ottantacinque) pubblicazioni il giorno, comprese le domeniche, Pasqua, Pasquetta e Festa del Papà. Ammettiamo pure che un “eccellente” accademico conosca i quattro quinti della produzione del suo settore: restano 17 (diciassette) pubblicazioni il giorno, da leggere e valutare nel rispetto dei valori in campo e con la presunzione di fare un buon servizio all’Università italiana. (Fonte: G. Avezzu, Roars 11-01-2014)


DOCENTI. FORMAZIONE

MIUR, FIRMATO DECRETO 'VISITING'
Il D.M. firmato il 31 gennaio dal ministro Carrozza ha lo scopo di agevolare lo scambio di docenti e ricercatori fra atenei, stimolare accordi fra università italiane ed estere per l'istituzione di corsi che rilascino il doppio titolo o un titolo congiunto, attrarre professori e studiosi stranieri in Italia. Prevede, infatti, che le università possano stipulare convenzioni per consentire ai loro professori e ricercatori a tempo pieno di svolgere attività didattica e di ricerca presso un ateneo diverso da quello di appartenenza. I due atenei stabiliscono come ripartirsi gli oneri stipendiali del personale coinvolto. Ma le novità più interessanti riguardano i rapporti con le università estere. Grazie al decreto gli atenei potranno stipulare contratti per attività di insegnamento con docenti e ricercatori di atenei e centri di ricerca stranieri da utilizzare in corsi finalizzati al rilascio di un ''titolo congiunto o di un doppio titolo'' con una università non italiana. I contratti di questo personale varranno ai fini dell'accreditamento dei corsi. Si potranno anche stipulare contratti di docenza con personale straniero per inserirlo nei normali corsi di studio italiani. Anche in questo caso questi contratti varranno ai fini dell'accreditamento dei corsi universitari. “Il decreto è una semplificazione dei processi di accreditamento chiesta dalle stesse università e valorizza le chiamate di docenti stranieri nei nostri Atenei”, spiega il Ministro Carrozza. (Fonte: ASCA 31-01-2014)

PROFESSORI E RICERCATORI UNIVERSITARI. IL RECLUTAMENTO NEGLI ULTIMI 50 ANNI
Parte I: gli anni ’60. Parte II: gli anni ’70. Parte III: gli anni ’80.
Sommario delle tre parti: I docenti universitari nei primi anni sessanta. Per entrare nei ruoli di assistente o di professore bisognava superare un concorso. La sistemazione degli assistenti straordinari. Il nuovo ruolo dei professori aggregati. Il fallimento della riforma Gui. Le anticipazioni di una riforma mai avvenuta. Le “misure urgenti” del 1973. La bomba ad orologeria dei precari. I decreti Pedini e le nuove regole per i concorsi a cattedra. Gli assegni di formazione professionale per contrastare la disoccupazione giovanile. Riforma e sanatoria del 1980.  Ruolo dei ricercatori, permanente o “ad esaurimento”? I concorsi per il ruolo di ricercatore. Un nuovo canale di reclutamento universitario anomalo: i tecnici laureati.
(Fonte: A. Figà Talamanca, Roars 20 e 25-01-2014, 02-02-2014)

DOCENTI E ACCREDITAMENTO DEI CORSI
Il 23 dicembre 2013 il Governo – attraverso il DM 1059/2013 – ha apportato alcune modifiche al D.M. 47/2013 meglio conosciuto come Decreto AVA (Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento), ovvero quello sull’accreditamento dei corsi di laurea nei vari atenei. Fra le modifiche vi è la riduzione del 25% del numero di “proponenti” necessari per mantenere attivi i corsi dall’A.A. 2014/15: da 12 a 9 per i corsi di laurea triennale, da 8 a 6 per i corsi di laurea magistrale, da 20 a 15 per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale, da 24 a 18 per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico di sei anni. Questi requisiti valgono allo stesso modo per le università statali e non, a differenza dei criteri differenziati del D.M. 47/2013. La diminuzione dei “proponenti” è un fatto positivo; bisogna vedere però l’altra faccia della medaglia. Infatti, riguardo alla tipologia “proponenti” nel nuovo decreto, è aumentato il numero dei professori e diminuito quello dei ricercatori. Quest’ultimo aspetto potrebbe comportare dei problemi, in quanto molti corsi di laurea fino ad oggi sono sopravvissuti grazie alla presenza dei ricercatori come “proponenti”. L’altra modifica degna di nota è l’inserimento del limite del 2% nell’attivazione di nuovi corsi di laurea, sia per gli Atenei con ISEF (indicatore di sostenibilità economico finanziaria) minore di 1 sia per quelli con ISEF maggiore di 1. Questo di fatto obbligherà gli Atenei a limitare l’aumento della propria offerta formativa. (Fonte: M. Pavone, www.siderlandia.it 09-01-2014)

CRESCONO LE UNIVERSITÀ D’AZIENDA (CORPORATE UNIVERSITY)
Negli Stati Uniti le corporate university sono ormai quattromila, in Italia meno di quaranta, ma il confronto solo quantitativo, pur impietoso, ha poco senso. Le università d'azienda (Corporate university, Academy) crescono nel mondo, nonostante la crisi, anzi, forse proprio per questo, e si rafforzano anche in Italia. Dopo le pionieristiche esperienze della General Motors (1927) e di General Electric (1956), le prime e vere realtà d'impresa di livello universitario negli Stati Uniti sono state quelle della Walt Disney e di Motorola nel 1981.  Nel 1988 erano arrivate a 400, ma già nel 1997 se ne contavano 1000 e per il 2015 ne sono previste 4000. In Italia sono molte di meno, ma il tema è in agenda per molte imprese, anche di medie dimensioni, che per essere competitive puntano sulla conoscenza e sui talenti dei dipendenti.
Una fotografia sul fenomeno delle Academy d'azienda è stata scattata dal Rapporto sulle corporate university che operano in Italia, realizzato da Assoknowledge Confindustria, presieduta da Laura Deitinger, con la Fondazione Campus e il centro di ricerca interuniversitario Crisp, che ne ha censite 39.
Tra le più note ci sono l'Università del caffè della Illy, il Laboratorio per l'innovazione e la conoscenza di Barilla, la Corporate university dell'Eni (2001) e l'Enel university (2007). Tra le altre si possono citare Telecom, Ferrero, Pirelli, Generali, Poste italiane, Technogym, Tenaris, Vodafone. L'ultima arrivata in ordine di tempo è l'Academy del Gruppo Hera, settore energia e multiutility, mentre la più piccola è la Landi Renzo, leader mondiale nei componenti e sistemi di alimentazione alternativi per autotrazione. In generale, due aziende su tre offrono corsi sia di addestramento su tematiche interne sia di sviluppo manageriale; una su tre fa solo training, mentre quasi del tutto assenti sono le università d'impresa che svolgono corsi con riconoscimenti di crediti universitari o, come succede all'estero, che offrono veri titoli accademici (lauree, master, PhD). (Fonte: La Stampa 20-01-2014)


DOTTORATO

ACCREDITAMENTO DEI CORSI DI DOTTORATO. CRITERI, INDICATORI, CRITICITÀ
Secondo il D.M. 45 (8-02-2013) le istituzioni chiedono l’accreditamento del dottorato al MIUR fornendo tutte le informazioni previste, il MIUR trasmette la richiesta all’ANVUR entro 20 giorni dalla ricezione, ANVUR entro 60 giorni formula un parere in merito all’accreditamento e il MIUR lo trasmette agli atenei. Il dottorato accreditato sarà sottoposto a una verifica periodica della sussistenza dei requisiti e ad una valutazione annuale ai fini della ripartizione annuale dei finanziamenti ministeriali.
Il 17 gennaio 2014, è apparso sul sito dell’ANVUR un documento che illustra i criteri e gli indicatori proposti dall’ANVUR per l’accreditamento dei corsi di dottorato del XXX Ciclo. Si tratta di un "documento provvisorio le cui ipotesi l’Agenzia sottopone alla comunità scientifica, sollecitandone pareri, riflessioni e critiche - sempre tuttavia finalizzate al miglioramento del livello qualitativo dei dottorati italiani - che dovranno essere inviate all’indirizzo dottorato@anvur.org entro il 10 febbraio 2014". Il documento si legge qui.
Secondo Redazione Roars la lettura del documento di ANVUR sull’accreditamento dei dottorati può lasciare confusi per la complessità e la rigidità del sistema valutativo che si intende costruire. Ma in realtà, per quanto esso sia rilevante, non è questo il punto principale; infatti, va osservato come, ancora una volta, le scelte tecniche dell’Agenzia abbiano ricadute pratiche di forte impatto sul panorama del sistema. Insomma, ancora una volta, la tecnica si fa politica orientando e plasmando il panorama della formazione e della ricerca italiane. Sotto l’apparenza di scelte tecniche, si operano scelte che hanno effetti politici, che tuttavia sono assunte al di fuori dei luoghi deputati alla definizione delle policies e nel silenzio di coloro che del ruolo di policy maker sono effettivamente titolari.
Intanto il 24 gennaio ha terminato i lavori la Commissione di studio sul Dottorato istituita dal MIUR con lo scopo di elaborare delle proposte operative in materia. La relazione conclusiva prodotta dalla Commissione contiene critiche al D.M. 45 e riflessioni in contrasto con le linee di accreditamento decise dall’ANVUR.
La posizione congiunta del Direttivo Co.N.P.Ass. e del Coordinamento della Rete 29 Aprile sul documento dell’ANVUR è stata pubblicata su Roars il 1° febbraio.
Il 1° febbraio è stata inoltre resa nota una mozione del Consiglio Universitario Nazionale in cui, pur riconoscendo che il documento proposto dall’ANVUR è una diretta conseguenza del  D.M. n. 45/2013, si osserva che esso contribuisce ad accrescere il già pesante apparato normativo, aggiungendo vincoli e traducendo i criteri in una serie di indicatori numerici e di soglie da superare. Il CUN ribadisce le critiche più volte espresse al D.M. n. 45/2013, rilevandone il carattere eccessivamente prescrittivo, e soprattutto l’enfasi posta sull’autorizzazione ex ante a scapito di un processo di valutazione ex post, di certo più condivisibile e più efficace. Inoltre il CUN non può fare a meno di esprimere la sua forte preoccupazione e contrarietà su due punti cruciali: - la riduzione delle tematiche di ogni corso di dottorato entro i limiti di un macrosettore concorsuale; questa scelta sarebbe in molti casi impraticabile, oltre che contraria alle consuetudini internazionali; - e l’uso improprio dei risultati della VQR nella valutazione del possesso di documentati risultati di ricerca da parte dei membri del collegio. (Fonti: nei link della nota)

DOTTORATO IN COTUTELA
La cotutela rappresenta una modalità di svolgimento del dottorato di ricerca, che comporta l'iscrizione del candidato in due Università di due Paesi diversi e il rilascio di un titolo di studio con valore legale riconosciuto da entrambi gli Stati. È una fattispecie essenzialmente basata sul valore dei progetti di ricerca individuali, che assicura maggiore attrattività agli Atenei coinvolti e più ampia visibilità ai risultati delle ricerche effettuate. Differisce però dal dottorato congiunto (corso strutturato con un proprio collegio di docenti e gestito in collaborazione da due Università) e dal dottorato europeo (accordo ad personam meno vincolante della cotutela, che si limita alla supervisione della tesi da parte di entrambi gli esaminatori   internazionali). L'ammissione al regime di dottorato in cotutela, subordinata al previo superamento delle procedure nazionali di ammissione a tale tipologia di corsi, può essere richiesta soltanto in presenza di un accordo quadro con il Paese in cui è ubicata l'Università partner desiderata. Tale procedura è attivata allo stato attuale in Italia con diversi Paesi: Francia, Spagna, Germania, Svizzera. (Fonte: L. Moscarelli, rivistauniversitas gennaio 2014)

PER FAVORIRE I MIGLIORI DOTTORI DI RICERCA ‘PIANO GIOVANI TALENTI’ DELLA CRUI
Per svecchiare la classe docente degli atenei del Belpaese (la media dell’età dei docenti universitari italiani si aggira sui 51 anni) la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha proposto un piano per giovani talenti che permetta l’ingresso di 2000 ricercatori ogni anno. Un modo, oltretutto, per favorire “i migliori dottori di ricerca”. Il 'piano giovani talenti' è mirato a offrire un posto di ricercatore a tempo determinato ai 'migliori dottori di ricerca' stabiliti ogni anno da apposito concorso nazionale. Il piano, quinquennale, può essere cofinanziato dalle Università o da risorse esterne al momento delle relative chiamate e sempre su fondi certi. Sempre per favorire la competitività degli atenei italiani, i rettori propongono anche di premiare i giovani laureati favorendo il loro inserimento professionale prevedendo un credito di imposta da utilizzare all'inizio della carriera lavorativa e per un certo numero di anni al fine di ridurre il relativo cuneo fiscale. Inoltre propongono il riconoscimento del titolo di Dottore di ricerca all'interno della pubblica amministrazione e di promuovere la sua valorizzazione nelle imprese. (Fonte: rassegna.it 27-01-2014)

DOTTORATI INDUSTRIALI. GARANTIRE PIÙ FLESSIBILITÀ ALLE IMPRESE
In un documento pubblicato dal MIUR, messo a punto da una commissione di studio incaricata dal ministro Carrozza di formulare proposte operative in materia di dottorato di ricerca, si legge: «La Commissione rileva che le attuali regole limitano fortemente la concreta realizzabilità del dottorato industriale, in ragione del rilevante impegno economico richiesto alle imprese». Questa la ragione principale che la commissione di studio indica come ostacolo al decollo di questi dottorati che prevedono che gli atenei possano stringere convenzioni con le imprese, con l'obiettivo di portare cervelli dentro le aziende o di far accedere gli stessi dipendenti delle imprese ai corsi di dottorato. Non solo. Il documento spiega anche che questa «tipologia di dottorato, a oggi, sembra realizzabile soltanto ove vi siano anche significativi contributi regionali». Da qui la proposta: «La previsione di una normativa di favore, avente carattere transitorio, per consentire che i dottorati industriali possano essere realmente istituiti, ferma restando l'applicazione della normativa proposta per l'attivazione dei dottorati in convenzione o in consorzio una volta che i cicli di dottorato siano entrati a regime». L'obiettivo è garantire più flessibilità alle imprese. «Oggi con il nuovo regolamento per attivare un dottorato industriale si chiede alle imprese di garantire almeno 3 borse di studio per 3 cicli, e cioè per 5 anni», avverte il rettore Tesi, membro della commissione, che ammette come questo paletto sia troppo stringente. Da qui l'idea di garantire più flessibilità: «Nel documento parliamo di garantire almeno una borsa per 5 anni, ma si può studiare anche un regime transitorio per incentivare le aziende e gli atenei a partire prima di arrivare a una situazione a regime». (Fonte: M. Bortoloni, IlSole24Ore 29-01-2014)


FINANZIAMENTO

IL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE UNIVERSITÀ NON È EQUO NÉ FUNZIONALE, LO DICE IL MINISTRO
Ci sono meno risorse per tutte le università italiane e, dicono i rettori del Nord, distribuite a casaccio. I rettori (tutti) sono infuriati perché il taglio agli atenei è un fatto: dai 6,9 miliardi di euro complessivi del 2008 si è scesi ai 6,2 del 2013, il 10,2 per cento in meno. Continuiamo a definanziare le università, al contrario dei Paesi anglosassoni, di Francia e Germania. E quel che resta è distribuito a pioggia. Tra fine dicembre e inizio gennaio sui tavoli dei rettori sono arrivate le cifre dei fondi di finanziamento ordinario per il 2013 e l'arretramento generalizzato è diventato ufficiale: atenei come Bergamo hanno perso l'1,34 per cento, altri venti addirittura il 5 per cento (alla Sapienza di Roma sono stati tolti 26 milioni). Il problema successivo è stato il confronto, e così si è scoperto che la Bicocca di Milano, la migliore secondo i parametri ministeriali, ha ricevuto meno soldi di Messina, la peggiore. E, ancora, l'Università della Tuscia di Viterbo, che non si è distinta quasi in nulla, ha avuto 6.647 euro per ogni iscritto quando il Politecnico di Milano (in passato sul podio per qualità) 2.871 euro, due volte e mezzo in meno.
Il ministro Maria Chiara Carrozza accoglie le critiche e dice: «L'attuale sistema di finanziamento delle università non è equo né funzionale: aumenteremo i premi per gli atenei che funzionano e terremo conto degli indicatori territoriali». Il ministro spiega che già per il 2014 ci saranno 193 milioni in più e la quota premiale salirà dal 13,5 al 16 per cento con la ricerca che peserà per l'80 per cento.
Che cosa chiedono i rettori per superare questa fase critica? Il presidente della CRUI ha risposto: “Quattro principi irrinunciabili, cioè stabilità dei fondi negli anni, senza la quale non si riescono a mettere in campo incentivi adeguati, equità, perché il finanziamento attuale legato, di fatto, alla spesa storica tratta in modo diverso realtà simili, premialità vera, perché il "premio" non può essere rappresentato da un taglio più leggero della media, e semplicità, per riuscire a programmare su basi condivise la vita degli atenei”. (Fonte: C. Zunino, La Repubblica 29-01-2014. G. Trovati, IlSole24Ore 27-01-2014)

FONDI ALLA RICERCA DI BASE AI MINIMI TERMINI
Nel passato è stato garantito un (minimo) finanziamento a “un programma nazionale d’investimento nelle ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università ed enti pubblici di ricerca, valutate mediante procedure diffuse e condivise nelle comunità disciplinari interessate in campo internazionale”. Tra il 2000 e il 2005 si trattava di 130 milioni di euro l’anno, che sono stati ridotti a circa 90 negli anni successivi fino a raggiungere 38 milioni di euro l’anno nel 2012. Nel bilancio preventivo dello Stato per il 2014 l’intero stanziamento per la “ricerca scientifica e tecnologica di base” è stato ridotto ai minimi termini tanto che i finanziamenti per i progetti di ricerca di base, molto probabilmente, non saranno riproposti. Questa è chiaramente una catastrofe: considerati i pesanti tagli ai finanziamenti ordinari, questi bandi, che pure dovevano costituire un surplus per progetti specifici, costituivano per moltissimi ricercatori l’ultima ancora di salvezza per svolgere la loro attività. Venendo meno anche questa, i ricercatori che hanno ancora una produttività scientifica dignitosa, non saranno più in condizione di lavorare, e si minano le potenzialità future per le nuove generazioni. (Fonte: F. Sylos Labini, FQ 21-01-2014)


ON LINE. SITI INTERNET. RISORSE EDUCATIVE APERTE. ATENEI TELEMATICI

"BUSSOLA DELLA TRASPARENZA" CLASSIFICA I SITI WEB DEGLI ATENEI
Si chiama "Bussola della trasparenza" il programma, proposto dal ministero della Funzione pubblica, per verificare la qualità dei siti internet attraverso alcuni indicatori. Gli atenei monitorati dal ministero sono sessantotto e, secondo la classifica ufficiale vedono al primo posto ex aequo, con il punteggio massimo di 65 indicatori soddisfatti su 65, quaranta Università, tra cui il Politecnico di Torino, l'Università del Sannio e la Seconda Università di Napoli. Staccate di un solo punto, al secondo posto, le Università di Roma Tor Vergata e della Tuscia. Al terzo posto, con 63 punti, il Politecnico di Bari e le Università di Genova e Udine. Un gradino più sotto, a quota 61, l'Università di Cagliari e la Federico II di Napoli, seguite, al quinto posto, con 59 punti, dall'Università Insubria Varese-Como e al sesto da Macerata (57/65). Un terzetto, l'Università di Verona e i due atenei di Napoli "L'Orientale" e "Parthenope", al settimo posto, con 55/65. Più giù, in ottava posizione, con 53 punti, l'Università della Basilicata, seguita, al nono posto, da Bergamo e Perugia, con 53. In decima posizione l'Università degli Studi del Piemonte Orientale (38 punti). (Fonte:
lacittadisalerno.gelocal.it 09-01-2014)

ATENEI SUL SITO DI MICROBLOGGING
Se gli atenei italiani non spiccano per i loro profili su Facebook, analizzando Twitter (V. Tabella) la situazione è decisamente meno rosea. Come anticipato dalla ricerca di universita.it, sul rapporto fra gli atenei italiani e i social network più utilizzati al mondo, sono poche le università del nostro Paese che hanno deciso di investire tempo e risorse in un utilizzo sistematico e professionale dei presidi social. Il 64 per cento dei 25 atenei maggiori per numero di iscritti (dati MIUR) registra una presenza sul sito di microblogging. Fra questi però spiccano soltanto gli atenei di Padova, Torino, Politecnico di Milano e Politecnico di Torino con un numero di “follower” superiore a 2.500. La rilevazione dei dati è aggiornata al 31 gennaio 2012, e ha rivelato in linea generale un utilizzo frammentario e non organico del canale da parte delle università. Oltre ai “primi della classe” infatti, la maggior parte dei classificati registra un bassissimo numero di tweet e di interazioni con i propri follower, in particolar modo gli atenei di Bari e la Sapienza di Roma hanno cinguettato meno di 200 volte dal momento del debutto, mentre l’ateneo di Napoli ha mandato online solo 27 tweet, fino ad arrivare all’Università di Cagliari che nonostante i suoi 1.300 follower non ha mai twittato.
In altri casi invece – come per l’ateneo di Firenze – la presenza sul social network non è ufficiale, bensì legata a una spontanea iniziativa degli studenti, o in alternativa – ed è il caso di Bologna – affidata ai media universitari (UniBo Magazine). L’immagine che emerge dall’analisi degli atenei italiani con il maggior numero di iscritti è quella di un’istituzione accademica che non padroneggia ancora uno strumento potente come Twitter, che sta velocemente conoscendo una forte penetrazione anche in Italia. (Fonte: G. Pistoia, http://www.universita.it/atenei-italiani-twitter-2012/ 14-01-2014)

CORSI ON LINE. DECOLLANO IN FRANCIA
Vu de France, c'est une petite révolution pour la transmission du savoir: les cours en ligne massifs et gratuits (MOOC – Massive open online courses) diffusés sur la plate-forme France université numérique (FUN) du ministère de l'Enseignement supérieur démarrent aujourd'hui. Pas moins de 88.000 personnes — étudiants, demandeurs d'emploi, salariés ... se sont déjà inscrites aux huit premiers MOOC dispensés par cette plate-forme lancée en octobre dernier. Le cours du CNAM intitulé «Du manager au leader» a remporté le plus de succès, avec près de 14.000 inscrits. Viennent ensuite le MOOC «Philosophie et modes de vie» de l'université de Nanterre (6.000 inscrits) et le MOOC de Sciences po Paris «Espace mondial» (plus de 5.000 inscrits). D'ici à trois semaines, 18 MOOC auront commencé. Ils s'adressent aux étudiants et à tous les publics désireux d'apprendre. La France tente de rattraper un important retard: aux Etats-Unis, 80% des établissements disposent de cours en ligne, contre moins de 3% dans l'Hexagone. La ministre de l'Enseignement supérieur, Geneviève Fioraso, a annoncé un coup de pouce au développement des MOOC. En complément des 12 millions d'euros de financement prévus au titre du programme d'investissements d'avenir, elle accordera, en 2014, 8 millions d'euros supplémentaires. En favorisant l'essor de ces cours en ligne, la France espère aussi toucher un public francophone au delà de ses frontières, et rattraper des élites africaines qui envoient leurs enfants dans les universités anglo-saxonnes. Elle entend également échapper à la domination des plates-formes américaines. (Fonte: M.-C. Corbier, Les Echos 15-01-2014)

MOOC (MASSIVE OPEN ONLINE COURSES) IN ITALIA
In Italia sono pochi gli atenei che hanno osato mettere piede nel campo ancora incerto dei MOOC (Massive open online courses): i primi sono stati, su Coursera, La Sapienza, con corsi su archeologia, meccanica quantistica e architettura, e l’università Bocconi, che ha messo in vetrina “Gestione di società di moda e lusso”, “Finanziamento e investimento in infrastrutture” e “Organizzazione internazionale e di leadership”. Hanno puntato, invece sul MOOC provider tedesco, Iversity, l’Università di Firenze, con un corso di Filosofia politica e l’accademia di Belle Arti di Catania, che propone un corso base di design.  (Fonte: La Stampa 29-01-2014)

OPEN SOURCE COURSES
La filosofia Open access è entrata a far parte della didattica grazie al movimento Open educational resources (Oer) – in italiano “risorse educative aperte”. Sono circa 90.000 ormai i siti didattici attivi in 240 Paesi, che usano l’applicazione libera Moodle, un Open source Course management system utilizzato da quasi un milione e mezzo di formatori per creare siti di formazione. Di questi siti, oltre 60.000 non hanno posto condizioni di privacy e permettono che i loro materiali siano accessibili a tutti. Ma per essere davvero definita Oer, una risorsa didattica aperta deve avere caratteristiche di duplice apertura: dal punto di vista dei diritti deve essere licenziata in modo da poter essere usata e riutilizzata, mentre dal punto di vista tecnico deve avere il codice sorgente aperto per sviluppi ulteriori.
Le risorse educative aperte devono in generale soddisfare i quattro diritti del modello 4R framework (reuse, recise, remix, redistribute), tipico del mondo “Open”, che significa che gli utenti sono liberi di riutilizzare il contenuto nella sua forma inalterata, modificarne il contenuto che può essere adattato, rettificato, combinare tramite un remix contenuti originali diversi, aggiungendo o modificando per creare qualcosa di nuovo, e alla fine ridistribuire copie del contenuto originale o riveduto in forme remix o derivate di modo da essere condiviso con gli altri. (Fonte: A. De Robbio, www.unipd.it/ilbo 14-01-2014)

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DEL MIUR SULLE 11 UNIVERSITÀ TELEMATICHE
Lo scorso autunno è stata consegnata al ministro dell’Istruzione Carrozza la relazione commissionata a un gruppo di esperti, incaricati di monitorare la qualità dell’offerta formativa delle università telematiche italiane, in tutto 11. I risultati dei lavori si sono tradotti in una sostanziale bocciatura su più fronti, talmente netta da aver suscitato le immediate proteste e repliche dei diretti interessati.
Ma vediamo che cosa hanno scritto gli esperti incaricati dell’indagine (Stefano Liebman della Bocconi, Marco Mancini dell’Università della Tuscia-Viterbo e Marcella Gargano, Vicecapo di Gabinetto del Ministero). Innanzitutto, hanno fatto parlare i numeri: in Italia nell’anno accademico 2012-2013 gli iscritti totali agli atenei a distanza erano 35.814 contro i 40.284 di due anni prima (record di iscritti dal debutto di queste università, nel 2004); decisamente in calo le nuove immatricolazioni, arrivate nel 2012-2013 a 2420 contro le 6641 di due anni prima. Per quanto riguarda i laureati, lo scorso anno accademico sono stati 1219 contro i 4813 del 2010-2011. Registrata dunque una tendenza al ribasso sia negli iscritti sia nei laureati (ma ovviamente mancano i dati di quest’anno), i commissari passano in rassegna le molte “criticità” rilevate nel sistema delle università telematiche. E qui i rilievi non sono certo pochi: si va dall’assenza di regolamentazioni chiare sull’attivazione dei corsi di laurea e di istituzione di Scuole di Dottorato, alla “mancanza assoluta di definizione di parametri per la valutazione dell’attività di ricerca”, passando dall’assenza di vincoli per il reclutamento di docenti e ricercatori, in particolare in merito all’assunzione per chiamata diretta. Altre criticità riguardano la “disparità di trattamento fra istituzioni universitarie tradizionali e università telematiche”, visto che – a detta della commissione ministeriale - gli atenei tradizionali che vogliono istituire un corso di studi a distanza devono sottoporre il progetto all’esame di una Commissione regionale, prima richiedere un parere al Consiglio Universitario Nazionale, mentre le telematiche non hanno questo obbligo, e inoltre “possono iniziare l’anno accademico in ogni periodo dell’anno, a fronte di vincoli temporali ben definiti ai quali sono soggette le Università che erogano corsi in presenza”. Non è trascurato neppure il confronto con le altre realtà europee, e in particolare rispetto alla britannica Open University, dal quale emerge che le università telematiche italiane offrono “unicamente servizi didattici” senza svolgere “attività di ricerca né tematica, né metodologica sull’apprendimento a distanza”.  Infine si critica “la non idoneità delle modalità di svolgimento degli esami di profitto” e della relativa attribuzione dei crediti formativi che attestano il raggiungimento delle previste competenze, “l’inesistenza o assoluta inadeguatezza delle attività di laboratorio” e - bordata finale - “la rilevata minore preparazione posseduta dai laureati presso le Università telematiche rispetto a quella conseguita dai laureati delle Università convenzionali”. (Fonte: G. Meroni, vita.it 23-01-2014)


PROFESSIONI. LAUREE. OCCUPAZIONE

CONTRO 204.536 LAUREATI NEL 2011/2012 I NUOVI INGRESSI (IMMATRICOLATI) SONO STATI 280.144
Uno dei principali quotidiani nazionali pubblica con enfasi una notizia che, nelle intenzioni del giornale, deve apparire trionfale: per la prima volta dal dopoguerra, nell'anno accademico 2011/2012 in Italia il numero dei laureati avrebbe superato quello delle matricole. E se, precisa la testata, "è vero che in cinque anni le immatricolazioni sono diminuite di 50.000 unità, è anche vero che i laureati in meno di tre lustri sono raddoppiati". Enunciato il dato, ecco l'analisi: il "successo" sarebbe da attribuire alla riforma del "3 + 2" ad opera dell'allora ministro Luigi Berlinguer, che introdusse la distinzione tra laurea triennale e biennio specialistico. Ministro che, in effetti, viene intervistato: "Le statistiche - spiega - stanno sconfiggendo i soldati di sventura (ndr: corto circuito tra "profeti di sventura" e "soldati di ventura"?) che difendevano il passato"... L'errore appare chiaro confrontando le cifre presentate nell'articolo con la banca dati cui l'autore afferma di aver attinto: l'anagrafe nazionale studenti del MIUR. Si scopre così che i totali dei laureati presi in esame si riferiscono a coloro che hanno conseguito una laurea di qualunque livello: triennale, a ciclo unico, specialistica/magistrale, e anche i laureati residuali del vecchio ordinamento. I dati sugli immatricolati, invece, si riferiscono soltanto a chi inizia per la prima volta un corso di laurea triennale o a ciclo unico: l'equivoco è terminologico, perché "immatricolati", nel gergo del MIUR, sono gli studenti che s’iscrivono per la prima volta in assoluto a un corso di laurea, e non anche coloro che, avendo già concluso un ciclo, s’iscrivono a una laurea di secondo livello. Non ha quindi alcun senso confrontare il dato complessivo dei laureati di primo e secondo livello con i nuovi ingressi, che necessariamente si riferiscono al solo "ciclo base" (triennale o ciclo unico). Se invece operiamo correttamente il confronto, sovrapponendo i soli laureati del "ciclo base" agli immatricolati, scopriamo un rapporto ben diverso: nel 2011/2012 i nuovi ingressi sono stati 280.144, contro 204.536 laureati. Siamo dunque ben lontani da un sorpasso dei laureati sulle matricole. (Fonte: M. Periti, IlBo 13-01-2014)

LAUREATI DISOCCUPATI
Dati da AlmaLaurea: il 47% dei giovani neo laureati è disoccupato. Tra il Nord e il Sud, secondo lo studio prodotto dal consorzio, il divario è di 17 punti percentuali in aumento di due (punti) rispetto a quanto rilevato nella precedente indagine; il tasso di occupazione è del 52,5% tra i laureati del Nord, dove il 17% coniuga lo studio al lavoro; al Centro l’occupazione è pari al 47%. Infine al Sud arriviamo al 35%, indipendentemente dalla sede universitaria dove i ragazzi hanno compiuto i propri studi (precisiamo che le donne sono le più svantaggiate con 10 punti in meno per l'ambito occupazionale, rispetto ai 4 punti al Nord) e dove si attestano maggiori iscrizioni alle lauree specialistiche per avere maggiori possibilità lavorative (59% contro il 51% del Nord ed il 55% del Centro). Per quanto riguarda invece le retribuzioni mensili (in calo per tutta Italia, rispetto alla rilevazione precedente), AlmaLaurea evidenzia guadagni più sostanziosi al Nord (1.086 euro), seguiti dal Centro (1.001 euro) ed infine dal Sud (900 euro). (Fonte: Uninews24 13-01-2014)

YOUTH GUARANTEE, PROGRAMMA UE PER L'OCCUPABILITÀ E L'AVVICINAMENTO DEI GIOVANI AL MERCATO DEL LAVORO
Youth Guarantee è il programma dell'Unione europea che favorisce l'occupabilità e l'avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro. L'Italia è tra i 17 Paesi UE che hanno rispettato la scadenza di fine 2013 presentando in tempo la documentazione richiesta dall'Unione Europea. Il programma prevede una serie di misure, a livello nazionale e territoriale, volte a facilitare la presa in carico dei giovani tra 15 e 25 anni per offrire loro opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro. Per l'Italia sono previsti circa 530 milioni di euro messi a disposizione dall'UE in quanto è stata riconosciuta l'esistenza di Regioni con situazioni tali da rendere necessario l'aiuto europeo. (Fonte: rivistauniversitas 24-01-2014)


RECLUTAMENTO

TRE PROPOSTE PER RIFORMARE L’ATTUALE SISTEMA DI SELEZIONE DEGLI ASPIRANTI ACCADEMICI
La prima proposta s’ispira al passato e può sembrare provocatoria. Si tratterebbe di abolire i concorsi, attribuendo agli accademici il potere di nominare i loro successori. Tanto meglio per tutti, così nessuno potrà più illudersi di diventare quello che non è. Niente concorsi, niente commissioni, nessun compenso ai commissari. Ne guadagnerebbero, magari non poi tanto, ma tutto aiuta, le esangui casse dello Stato, sempre avide dei risparmi derivanti dalle ormai ricorrenti e inarrestabili spending review. Andrebbe meno bene ai giornali, che, senza scandali da denunciare, non avrebbero più motivo di menare il can per l’aia con questa storia infinita dei “migliori bocciati”. Che poi non è vera, perché “passano” anche i migliori, anche se non tutti. Per attuare la proposta, in ogni caso, non sarebbe necessaria nessuna modifica della Costituzione, dato che l’art. 97 richiede sì il concorso per impiegarsi nella p.a. ma aggiunge poi “salvo i casi stabiliti dalla legge”. Dunque, basta fare una legge e il gioco è fatto.
La seconda proposta si fonda su una correzione dell’attuale disciplina. Anziché far votare i componenti delle commissioni giudicatrici dal corpo accademico, si tratterebbe di formare le commissioni estraendo a sorte i membri. Risulterebbe così più difficile fare dall’esterno quelle pressioni lamentate anche di recente da qualche autorevole “membro straniero”. Si tratta di Francisco Balaguer Callejon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Granada, che, come riportato da Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre scorso, si è dimesso dalla Commissione nazionale, denunciando l’esistenza di una commissione fantasma, che avrebbe operato al fianco della Commissione nazionale, influenzando le sorti del concorso per professore di Diritto costituzionale.
La terza e ultima proposta, forse la più radicale, è quella di costituire le commissioni solo con membri stranieri. E’ il sistema preferito da tutti i “trombati”. L’unica controindicazione starebbe nel fatto che, per comporre e far lavorare le commissioni di concorso, ci sarebbe una lievitazione dei costi rispetto al sistema attuale, con buona pace della spending review, che però i nostri governanti ben saprebbero come indirizzare verso altri settori. (Fonte: R. Tomei, www.usirdbricerca.info 14-01-2014)

RECLUTAMENTO E SETTORI SCIENTIFICO-DISCIPLINARI
In un articolo su Roars G. Pascuzzi traccia le origini storiche dei settori scientifico-disciplinari e infine espone alcune conclusioni, tra cui le seguenti.
Il moltiplicarsi delle discipline ha portato, nel tempo, alla necessità di accorparle soprattutto al fine di rendere più agevoli i concorsi che nel nostro Paese costituiscono la strada prescelta per reclutare i professori. Sono nati prima i raggruppamenti disciplinari (definiti per la prima volta con D.M. 14 marzo 1974), poi i settori scientifico-disciplinari (l. 341/1990 e d.p.r. 12 aprile 1994) e, da ultimo, i settori consorsuali (D.M. 29 luglio 2011 n. 336). In conseguenza di ciascuna di queste riforme i professori e i ricercatori universitari (come docili soldatini) sono stati reinquadrati nelle nuove caselle via via enucleate.
I settori scientifico-disciplinari sono gabbie. In quanto tali non sono in grado di contenere la complessità del reale in continuo mutamento. Il rischio è che la loro rigidità ostacoli il progresso del sapere (e la sua trasmissione). Le discipline sono sì campi del sapere. Ma esse sono anche gruppi sociali (formati dai cultori della disciplina) che condividono principi, valori, tassonomie, metodologie. I gruppi sociali disciplinari hanno interesse a difendere il proprio sapere. Soprattutto hanno interesse a trasmetterlo e a riprodurlo. Ecco la ragione per cui il reclutamento è la preoccupazione più importante per molti professori universitari. Inoltre i settori scientifico-disciplinari generano almeno due tipi di danni collaterali. Danneggiano gli studenti perché i curricula dei corsi di studio sono concepiti ribaltando gli SSD (nati per disciplinare le carriere dei professori) sulla didattica senza che nessuno abbia mai spiegato il fondamento razionale di tale scelta. Danneggiano i ricercatori che si dedicano alla ricerca interdisciplinare o transdisciplinare. Da questo punto di vista, gli SSD diventano veri e propri ostacoli al progresso delle conoscenze. (Fonte: G. Pascuzzi, Roars 18-01-2014)

RECLUTAMENTO. DOMANDE E RISPOSTE. INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL CUN
La riforma universitaria? «Un sistema di regole troppo complesse e iperprescrittive che non funzionano».
Così Andrea Lenzi, presidente del CUN, commenta la riforma universitaria che al terzo anno dalla sua entrata in vigore sembra ancora solo una macchina che ha appena avviato i motori. Domanda. Tanti obiettivi ambiziosi per la riforma, ma quanti davvero centrati? Risposta. I decreti cui è stata consegnata la sua attuazione sono stati tutti emanati, però prima che il sistema entri a regime ci vorranno anni. E di certo molti correttivi. D. Anni per avere nuovi prof per esempio? R. Le commissioni stanno ultimando le valutazioni e a breve avremo le liste degli abilitati. A quel punto gli atenei dovranno bandire concorsi per la vera fase di reclutamento. D. Ma con quali risorse? R. Questo è il punto dolente. Attualmente gli atenei hanno risorse pari quasi solo agli stipendi da pagare al personale in servizio, fortunatamente il cosiddetto blocco del turnover si è di recente allentato, consentendo di riprendere un minimo di programmazione in base ai pensionamenti. D. Altro che reclutamento annuale promesso dalla riforma, si finirà con atenei senza professori? R. La riduzione dei fondi, la discontinuità delle procedure, il blocco del turnover hanno portato a una progressiva diminuzione dei docenti. Da qui al 2018 ne perderemo circa 6 mila per i pensionamenti, ne necessitano altrettanti solo per mantenere il turnover, ma almeno il doppio per avere un buon rapporto docenti/studenti. D. Come fare? R. Investire risorse nel sistema che non deve essere più considerato un costo, ma un investimento indispensabile, e pensare a un modello di valutazione ex post della qualità del prodotto e non una burocratica analisi delle procedure. Diversamente si mortifica l'autonomia. (Fonte: ItaliaOggi Sette 20-01-2014)

RECLUTAMENTO. POSSIBILI MISURE DI SEMPLIFICAZIONE
Il ministro Maria Chiara Carrozza, ha inviato al Presidente del CUN una lettera in cui chiede all’organismo di proporre analisi e riflessioni in merito alle possibili misure di semplificazione delle procedure funzionali al reclutamento, all’accreditamento dei corsi di studio e al dottorato di ricerca. Il ministro ha chiesto inoltre un contributo sul tema della valutazione e sul finanziamento del sistema. (Fonte: CUN 21-01-2014)


RICERCA. RICERCATORI. INNOVAZIONE. VALUTAZIONE

SUCCESSO DEI RICERCATORI ITALIANI NEL CONSOLIDATOR GRANT 2013 CALL
Il rapporto sulla «Consolidator Grant 2013 Call» con cui l’European Research Council (ERC) ha finanziato 312 progetti di ricerca scientifica, europei e non, sulla base unicamente del merito. La dotazione della Call era notevole: 575 milioni di euro. Il finanziamento per singolo progetto presentato da un ricercatore era piuttosto alto: in media 1,84 milioni di euro con un picco massimo di 2,75 milioni di euro. La competizione è stata al massimo livello. Questi i risultati. La Germania ha visto premiati 48 suoi ricercatori. Subito dopo, l’Italia: con 46 ricercatori. Seguono, nettamente distaccate, la Francia (33), la Gran Bretagna (31) e l’Olanda (27). Poi ancora il Belgio e Israele (17) e la Spagna (16). Per avere un’indicazione di quanto sia straordinaria la performance dei ricercatori italiani basta ricordare che l’Italia ha ottenuto praticamente lo stesso numero di successi della Germania, sebbene spenda in ricerca meno di un quarto della Germania (17 miliardi di euro contro i 71 della Germania). E ha ottenuto il 39% di successi in più della Francia, sebbene la Francia investa in ricerca una cifra (40 miliardi nel 2013) che è quasi due volte e mezzo quella italiana. Lo stesso vale per la Gran Bretagna: con un investimento in R&S doppio rispetto a quello italiano, ha visto finanziati un terzo in meno di progetti di suoi ricercatori rispetto a quelli degli italiani. (Fonte: P. Greco, Scienza e società 23-01-2014)

COMITATO DI NOVE ESPERTI PER LA POLITICA DELLA RICERCA
Sono stati nominati i nove membri del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR), presieduto dal ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca. Le nomine sono avvenute su proposta del ministro Carrozza, con decreto del presidente del Consiglio. Ecco i componenti: Roberto Battiston, professore ordinario di Fisica Sperimentale, Università di Trento; Oliana Carnevali, professore ordinario di Anatomia Comparata e Citologia, Università Politecnica delle Marche; Luciano Modica, già professore ordinario di Analisi Matematica, Università di Pisa; Micaela Morelli, professore ordinario di Farmacologia, Università di Cagliari; Andrea Carlo Moro, professore Ordinario di Linguistica, Scuola Superiore Universitaria a Ordinamento Speciale luss di Pavia; Gustavo Piga, professore ordinario di Economia Politica, Università di Roma Tor Vergata; Filippomaria Pontani, professore associato di Filologia Classica, Università Ca' Foscari di Venezia; Aldo Sandulli, professore ordinario di Diritto Amministrativo, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli; Maria Gabriella Signorini, professore associato di Bioingegneria Elettronica e Informatica, Politecnico di Milano. (Fonte: ANSA 09-01-2014)

VALUTAZIONE DELLA RICERCA NELLE AREE UMANISTICHE E SOCIALI
Il Consiglio Direttivo dell’ANVUR ha deliberato nel febbraio dello scorso anno la costituzione di un Gruppo di lavoro di esperti denominato “Database e nuovi indicatori”. Il Gruppo risponde all’esigenza di far avanzare le conoscenze sulla produzione scientifica sulle riviste in lingua italiana nelle aree umanistiche e sociali, di sperimentare indicatori non citazionali e di monitorare gli sviluppi delle nuove forme di pubblicazione accademica, incluso l’Open Access. In merito al documento (ANVUR - Gruppo di lavoro Database e nuovi indicatori) M. Cammelli su Roars (18-01-14) fa rilevare che nelle scienze giuridiche le riviste intese come pubblicazioni periodiche (in genere, bi o trimestrali) costituiscono strumenti di informazione (ormai superati dai collegamenti on line) e di primo approfondimento, salvo la presentazione di saggi più impegnativi dedicati a temi classici di carattere teorico o generale di cui si propongono nuove prospettive o si avanzano proposte di approfondimento. Il resto - e dunque la ricerca più ampia che mira al difficile confronto tra dinamiche di cambiamento (politiche, istituzionali, economiche, sociali), innovazioni operate (in via legislativa o giurisprudenziale, domestica o sovranazionale) e ordinamento esistente in modo da individuarne le ragioni, la portata e le implicazioni - necessita sovente di uno spazio sufficientemente ampio per potere dare conto di tutti questi profili e di quanto è stato elaborato in materia dalla dottrina e dalla ricerca precedente. Il che richiede un’architettura molto più complessa e uno spazio assai più ampio, assicurati di norma da un lavoro monografico, e contemporaneamente spiega per quale motivo la maturità scientifica di un giovane ricercatore sia valutata preferibilmente su questo terreno. E infine M. Cammelli conclude, in breve, che si intende colmare quella che è avvertita come una lacuna (mancanza di strumentazioni quantitative nelle scienze sociali) senza spiegare perché tale mancanza è una lacuna; lo si fa con una complessa rilevazione che presuppone una serie di importanti operazioni preliminari di metodo (tecnica della citazione), di merito (natura e classificazione delle riviste di cui si raccolgono le citazioni) e tecniche (software) con effetti standardizzanti di cui non si valuta né il risvolto culturale né il peso che è addossato a soggetti esterni (autori, editori, gruppi di lavoro operanti presso le riviste), lasciando per di più ai margini alcuni elementi significativi, in particolare i temi delle riviste vs. monografie e degli autori giovani e anziani.
C'è da chiedersi: ma non varrebbe la pena dedicare anche solo una piccola quota di tutte queste energie, peraltro richieste a tutti (compreso il gruppo di lavoro che ha elaborato la proposta), per studiare anche in via sperimentale forme di valutazione di qualità e di merito degli elaborati che per esplicitazione e solidità dei criteri seguiti, autorevolezza di chi le formula, esaustività di argomentazioni e la pubblicità della loro circolazione, rendano riconoscibili e dunque responsabili i giudizi e le motivazioni? (Fonte: M. Cammelli, Roars 18-01-2014; Astrid Rassegna 194 - 1/2014)

VALUTAZIONE DELLE SCIENZE UMANE. LA REVISIONE DEI PARI
La revisione dei pari, da molti considerata come l’unico strumento sicuro ai fini della valutazione delle aree disciplinari delle scienze umane (SSH) nel loro complesso, è estremamente costosa, sia in termini di tempo che di impegno delle risorse umane. È noto che il REF inglese fa ricorso in maniera prevalente alla revisione dei pari anche per i settori delle scienze dure; la VQR italiana, recentemente conclusasi, ha operato nelle aree delle SSH per lo più affidandosi alla peer review o alla informed peer review (revisione dei pari integrata da dati relativi alle classifiche di riviste). Non a caso, entrambi gli esercizi di valutazione sono ritenuti estremamente dispendiosi. La cosa può anche essere ritenuta accettabile dal momento che tali esercizi si svolgono con una cadenza non troppo frequente. La questione appare in una luce diversa quando si tratta di valutazioni d’ateneo o di struttura. In questo caso, il ricorso alla revisione dei pari diviene improponibile; è proprio per questo motivo che ora molte strutture cercano di adattare gli esiti della VQR piegandoli a fini non previsti, quali la valutazione interna di ateneo ai fini del reclutamento. In fondo, si tratta di risparmiare tempo e denaro. Inoltre, la peer review non gode di buona stampa: molti la considerano «soggettiva», in opposizione a una presunta «oggettività» dell’analisi citazionale, un argomento fallace ma diffuso. D’altro canto gli esiti della VQR sembrano dimostrare un’eccessiva variabilità nei risultati della revisione dei pari, troppo spesso influenzata da appartenenze di scuola. (Fonte: A. Banfi, Roars 19-01-2014)

VALUTAZIONE DELLA RICERCA E DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE. SINTESI DELLE CRITICHE DI ROARS ALL’ANVUR
L’architettura del sistema italiano della valutazione della ricerca e della formazione superiore non presenta i caratteri di solidità e buon disegno che pure sarebbero auspicabili. L’Agenzia è, di fatto, un’agenzia governativa e la previsione meramente procedurale e formale della nomina del Direttivo con decreto del Presidente della Repubblica, spesso invocata a dimostrazione della terzietà e dell’indipendenza dell’Agenzia stessa, può essere utilizzata come argomento risolutivo e di chiusura solo per chi ignora quali siano gli effettivi processi di scelta e quale sia la collocazione ordinamentale dell’Agenzia. Ma non è comunque questo neppure il principale dei problemi che affliggono ANVUR. L’Agenzia, infatti, cumula troppi compiti e attribuzioni, a fronte delle esigue competenze di cui può disporre il suo Direttivo. Per quanto possa valere come riferimento del momento, non si può non notare che la quasi totalità dei membri di quest’ultimo sono privi di esperienze pregresse circa l’esercizio di attività di valutazione su larga scala, per non parlare di attività di ricerca in materia scientometrica: ambiti specialistici che non possono, d’altro canto, qualificare la selezione di tutti i membri in qualsiasi momento. Ma oltre i dati che attengono alle competenze disponibili, vi è un dato di sistema: la scelta di fare di ANVUR la sede che cumula compiti di valutazione della ricerca, della didattica, di accreditamento dei corsi e delle sedi; spetta ad ANVUR di intervenire anche sul mantenimento o la chiusura di intere sedi, finendo per divenire – nei fatti – un luogo nel quale non si estraggono dati utili al policy-maker, ma un luogo nel quale si definiscono le politiche stesse. Il cumulo di competenze attribuite ad ANVUR dalla l. 240/2010 e dai provvedimenti attuativi correlati ha finito per svuotare di competenze il Ministero (che pure dovrebbe vigilare sull’operato dell’Agenzia), trasferendole all’Agenzia stessa ma in nome di una presunta superiorità e affidabilità della tecnica rispetto alla politica. L’esito è una generalizzata deresponsabilizzazione, che rende difficile identificare i centri decisionali e attribuire la responsabilità di scelte politiche in materia di formazione terziaria e di ricerca. In questo quadro è del tutto inopportuno che l’Agenzia decida di amplificare le proprie competenze, ad esempio proponendosi come luogo dove sviluppare ricerche ed esperimenti scientometrici: la scientometria è una disciplina delicata, per le conseguenze che essa può comportare nel ridisegnare il sistema di ricerca di un intero Paese. Proprio per questa ragione, essa deve essere lasciata alla comunità scientifica e non fatta in casa da un ristretto consesso di persone interne a un’agenzia ministeriale. Analogamente, non pare opportuno che l’Agenzia, un’entità allo stesso tempo troppo forte (per l’insieme delle attribuzioni e per l’impatto sulle policies) e troppo debole (per esiguità di risorse e di competenze), si faccia promotrice dell’edificazione in-house di un database bibliometrico-citazionale, sia pur appoggiandosi a risorse esterne per quanto riguarda la sua gestione. (Fonte: A. Banfi, Astrid Rassegna 194 -1/2014 e Roars 19-01-2014)

PASSO AVANTI SUL BONUS RICERCATORI ALLE IMPRESE
Passo in avanti per gli incentivi a vantaggio delle imprese che assumono personale in possesso di un dottorato di ricerca universitario o di una laurea magistrale e impiegato in attività di ricerca e sviluppo. Sulla Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio è stato pubblicato il decreto 23 ottobre 2013 del Ministero dello Sviluppo economico (MISE) contenente le disposizioni applicative del contributo. Per la richiesta, però, si dovrà attendere l'attivazione di un'apposita piattaforma informatica da parte del Mise che dovrà anche, tramite decreto direttoriale, definire i contenuti della domanda e le procedure per la presentazione.
L'incentivo consiste in un contributo sotto forma di credito di imposta per persone fisiche o giuridiche titolari di reddito di impresa che assumono a tempo indeterminato o trasformano in indeterminato un contratto a termine riguardate un lavoratore con dottorato di ricerca universitario o in possesso di laurea magistrale in discipline tecnico-scientifiche purché impiegato in attività di ricerca e sviluppo. È agevolato, fino al 35% per un massimo di 12 mesi, il costo aziendale del nuovo o dei nuovi assunti, con un tetto massimo di 200.000 euro. (Fonte: M. Pri., IlSole24Ore 22-01-2014)

SPERIMENTAZIONE ANIMALE. ITALIA DEFERITA A CORTE DI GIUSTIZIA UE
A oltre un anno dall'avvio del contenzioso tra Roma e Bruxelles sulla direttiva 63/2010 per la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, la Commissione ricorre alla Corte di Giustizia europea e chiede ai giudici di Lussemburgo di applicare all'Italia una penale di 150.787 euro al giorno dalla data della sentenza fino al recepimento delle norme comunitarie. Le risposte dell'Italia alla lettera di messa in mora inviata dall'Esecutivo comunitario nel gennaio 2013, e poi al parere motivato di giugno, si legge in una nota di Bruxelles, risultano insoddisfacenti. E il termine per il recepimento indicato da Roma - febbraio 2014 - non appare credibile agli occhi dell'Esecutivo comunitario: le commissioni competenti del Senato stanno ancora esaminando lo schema di decreto legislativo sulla sperimentazione animale, previsto dalla legge di delegazione europea 2013, ed è probabile che nei loro pareri chiedano al Governo di modificare la bozza. Come già accaduto nel contesto della Comunitaria 2011, attorno alla proposta dell'ex ministro del Turismo Vittoria Brambilla di vietare l'allevamento di cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione, i parlamentari sono, infatti, divisi tra quanti vorrebbero migliorare a livello nazionale una normativa europea giudicata poco ambiziosa e quanti temono che norme più restrittive aprano la strada a una nuova procedura di infrazione, questa volta per errato recepimento. (Fonte: A. Lamboglia, euractiv.it 23-01-2014)

PROGETTI ERC IN ITALIA. PROBLEMI PER IL LORO SVILUPPO
Cinque sono i problemi che rendono difficile sviluppare il proprio progetto ERC in Italia:
1) Infrastrutture di livello internazionale. Sono poche e a volte senza tecnici: ci sarà una ragione se le classifiche internazionali posizionano le nostre migliori università oltre il 200° posto. E un laboratorio che non produce dati ha un costo elevatissimo per la società.
2) Burocrazia. Non c’è un supporto concreto, o è molto migliorabile, da parte delle amministrazioni dei propri atenei.
3) Salari. Gli stipendi sono nettamente più bassi di quelli di qualsiasi altro Paese che vuole basare la propria crescita sulla ricerca.
4) Prospettive. Non siamo in grado di dare ai giovani delle prospettive. Figuriamoci a chi se n’è andato all'estero quando da giovane, in Italia, si è visto passare davanti persone con un CV nettamente inferiore al suo. Immagino non abbia un bel ricordo dell'Italia.
5) Merito. Viviamo in un Paese che non premia il merito. (Fonte: scienzainrete.it 22-01-2014)

ACCESSO APERTO ALLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE. UN DOCUMENTO CUN - CRUI
Il Consiglio Universitario Nazionale ha approvato un documento sull’"Accesso aperto" alle pubblicazioni scientifiche, redatto insieme alla CRUI e che rappresenta una prima riflessione congiunta dei due organismi sull’argomento. Nel documento si auspica che il MIUR e il MIBACT nell’adottare “strategie coordinate per l’unificazione delle banche dati rispettivamente gestite” (art. 4 L. 112/2013) prevedano che ciò avvenga in perfetta integrazione con l’ANPRePS (Anagrafe Nazionale dei Professori e dei Ricercatori e delle Pubblicazioni Scientifiche) di cui all’articolo 3 bis della legge n. 1 del 9 gennaio 2009.
Più ampiamente il tema delle pubblicazioni Open Access e dell’attuazione delle relative politiche e misure raccomanda azioni coordinate e concertate fra i diversi soggetti interessati, pubblici e privati, e fra le diverse sedi decisionali e operative, quale metodo che appare essenziale ad assicurare efficacia ed effettività a questo strumento di diffusione del sapere scientifico. (Fonte: CUN 21-01-2014)

A LIST OF HIGHLY INFLUENTIAL BIOMEDICAL RESEARCHERS, 1996–2011
We have generated a list of highly influential biomedical researchers based on Scopus citation data from the period 1996-2011. Of the 15,153,100 author identifiers in Scopus, approximately 1% (n=149,655) have an h-index >=20. Of those, we selected 532 authors who belonged to the 400 with highest total citation count (>=25,142 citations) and/or the 400 with highest h-index (>=76). Of those, we selected the top-400 living core biomedical researchers based on a normalized score combining total citations and h-index. Another 62 authors whose focus is outside biomedicine had a normalized score that was at least as high as the score of the 400th core biomedical researcher. We provide information on the profile of these most influential authors, including the most common Medical Subject Heading terms in their articles that are also specific to their work, most common journals where they publish, number of papers with over 100 citations that they have published as first/single, last, or middle authors, and impact score adjusted for authorship positions, given that crude citation indices and authorship positions are almost totally orthogonal. We also show for each researcher the distribution of their papers across 4 main levels (basic-to-applied) of research. We discuss technical issues, limitations and caveats, comparisons against other lists of highly-cited researchers, and potential uses of this resource. (Fonte: Abstract. Kevin W. Boyack et al., European J. Clin. Invest. 43, 12, 1339–1365, 12- 2013)

SEI SCIENZIATI ITALIANI RIMASTI IN PATRIA FRA I PRIMI 400 PIÙ INFLUENTI AL MONDO
Ci sono sei cervelli «tricolori» che lavorano in Italia fra i primi 400 scienziati più influenti al mondo, classificati secondo un nuovo metodo di misurazione sviluppato da un gruppo di ricercatori americani. Lo studio, pubblicato sull’European Journal of Clinical Investigation, combina per la prima volta diversi parametri di rilevamento della qualità della ricerca. Un conteggio che nell’intenzione degli autori consentirebbe una maggiore efficienza nella valutazione, a vantaggio della meritocrazia e di una migliore gestione dei finanziamenti. I sei migliori italiani lavorano quasi tutti in strutture lombarde. Secondo il nuovo ranking made in Usa, lo scienziato italiano attivo in Italia che guadagna la posizione migliore nella «top 400» è Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Irccs Humanitas di Rozzano e docente dell’università degli Studi di Milano. Con lui spiccano altri 5 nomi di cervelli italiani rimasti a lavorare in patria: Antonio Colombo dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, Giuseppe Mancia dell’università di Milano Bicocca, Vincenzo Di Marzo del Cnr di Pozzuoli, e Alberto Zanchetti dell’università degli Studi di Milano. Lo studio, che suggerisce un nuovo metodo di classificazione dell’impatto scientifico dei ricercatori, è stato coordinato da John Ioannidis, (anch’egli nella lista) professore di medicina e direttore del Prevention Research Center della Stanford University School of Medicine. Ioannidis e colleghi sono partiti dal database Scopus, che contiene i dati identificativi di tutti i 15.153.100 autori di articoli scientifici. Per ognuno sono stati calcolati il numero di articoli pubblicati dal 1996 al 2011 e il numero di volte in cui questi articoli sono stati citati. Questi dati sono poi stati usati per calcolare il relativo «h-index», che viene usato per quantificare la prolificità del lavoro degli scienziati. (Fonte: corriere.it/salute 28-01-2014)

VQR. CORREZIONI IN BASE AL SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE  
La comparabilità dei metri di giudizio all’interno di ciascuna area CUN è il requisito chiave su cui si reggono le classifiche VQR degli atenei come pure la ripartizione della quota premiale FFO 2013. Diversi indizi smentivano questa comparabilità, senza la quale la competizione tra gli atenei sarebbe una gara di salto in lungo in cui ogni atleta vede misurati i suoi salti con un metro diverso da quello dei concorrenti. Leggendo la versione preliminare dei criteri per l’accreditamento dei corsi di dottorato, pubblicata pochi giorni fa, veniamo a sapere che nemmeno l’ANVUR si fida più dei voti che ha prodotto. Il documento fa riferimento ai “voti VQR”, ma li corregge in base al settore scientifico disciplinare, una correzione che non era stata utilizzata per stilare la classifica degli “atenei al top”, e nemmeno per ripartire la quota premiale FFO 2013. Di fatto, l’ANVUR ammette di non credere più nelle classifiche che ha diffuso e nemmeno nei conti usati per ripartire l’FFO. Ma nemmeno questa nuova “pezza” sembra in grado di tappare le falle della VQR. (Fonte: G. De Nicolao, Roars 28-01-2014)

BANDO ‘RICERCA FINALIZZATA E GIOVANI RICERCATORI 2011-2012’ DEL MINISTERO DELLA SALUTE. FINANZIATI 391 PROGETTI
La Commissione Nazionale Ricerca Sanitaria (CNRS), presieduta dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ha approvato la graduatoria dei progetti vincitori del bando "Ricerca Finalizzata e Giovani Ricercatori 2011-2012" del Ministero della Salute. Sono stati assegnati complessivamente finanziamenti per circa 135 milioni di euro. Tra i 3.353 progetti presentati tra novembre 2012 e marzo 2013 (di cui 79 programmi di Rete che sviluppano a loro volta 368 progetti portando il totale a 3.642 progetti), ne sono stati selezionati 372. Tra questi sono compresi 5 programmi di rete che sviluppano a loro volta 19 progetti portando il totale a 391 progetti finanziati. Nello specifico i progetti finanziati sono: 201 progetti di Giovani Ricercatori, 4 progetti cofinanziati con l'industria, 28 progetti di ricerca ai quali partecipano ricercatori italiani all'estero, 137 progetti di Ricerca Finalizzata Ordinaria e 5 programmi di rete che coprono tutti i settori medici, con una particolare presenza delle neuroscienze, dell'oncologia, della genetica e della genomica, dell'health care. L'analisi e la valutazione dei progetti hanno coinvolto circa 800 scienziati valutatori del NIH-CSR statunitense e dell'ISNAFF e cinque Commissioni di "study session" costituite da ricercatori italiani residenti da più di dieci anni all'estero. Ogni progetto è stato valutato in modo anonimo dai revisori che successivamente si sono conosciuti ed hanno concordato la valutazione finale. Il 73% dei progetti è giunto alle study session con l'accordo dei revisori. (Fonte: AGI - Roma 30-01-2014)


STUDENTI

BORSE DI STUDIO. FONDI GARANTITI FINO AL 2015
Il governo, l'estate scorsa, con il c.d. decreto del fare, ha destinato 17 milioni del fondo per il merito alle borse di studio per la mobilità interregionale degli studenti. "Siamo riusciti - assicura il sottosegretario Galletti - in due interventi importanti. Abbiamo stabilizzato le borse di studio, che ora sono triennali e non più annuali, dando la priorità alla certezza per gli studenti che accedono a quel regime di poterci contare almeno per tre anni e di non rischiare più di avere un aiuto e poi di vederselo revocare l'anno successivo. Le borse, inoltre, le abbiamo estese anche alle accademie d'arte e ai conservatori". "A breve - precisa il sottosegretario al MIUR - cominceremo a discutere della fondazione per il merito. Vogliamo dare continuità allo strumento rappresentato dalle borse di studio. Vedremo come funzionerà e poi decideremo cosa fare", dichiara Galletti. Al momento, però, i fondi sono solo per quanti si sono immatricolati nell'anno accademico 2013-2014 e le coperture previste fino al 2015. Che cosa devono attendersi gli altri studenti? "La progettazione sull'interregionalità è partita - ribadisce il sottosegretario - e andremo avanti". (Fonte: La Notizia Giornale 30-01-2014)

TASSE STUDENTESCHE. UNO SFORAMENTO DI 40 MLN SECONDO L’UDU
Un ateneo su due nel 2012 ha superato la soglia del 20% imposta alla contribuzione studentesca per uno sforamento totale di oltre 200 milioni di euro (su 35 atenei statali) chiesti agli studenti. Dopo la sentenza del Tar di Milano sulla tassazione studentesca dell’ateneo pavese, l’Unione degli universitari (UDU) ha ampliato il calcolo delle tasse richieste da tutti gli atenei italiani. Uno sforamento che si riduce a 40 milioni se invece – osserva l’associazione studentesca – si prendono in considerazione le proiezioni alla luce della nuova normativa approvata nell’Agosto 2012 dall’allora Governo Monti «che introduceva una spending-review atta a consentire agli atenei lo sforamento dell’unica soglia esistente per il contenimento delle tasse universitarie». (Fonte: online-news.it 18-01-2014)

STUDIARE ALL’ESTERO
Diminuisce il numero di giovani italiani che s’iscrivono all'università: lo scorso anno le immatricolazioni sono state poco più di 267 mila, come circa 25 anni fa. Ma c'è un'inversione di tendenza: quella dei giovani che hanno deciso di andare a studiare all'estero (più 5 per cento nel 2012). Una scelta non semplice che richiede, oltre all'investimento economico, un lungo lavoro preliminare per scegliere la destinazione e dedicarsi alle procedure di ammissione, da affrontare prima dell'ultimo anno di liceo. Ecco cosa fare secondo alcuni siti: http://tinyurl.com/nwu3fdo , www.admission-postbac.fr , www.ucas.com , www.intercultura.it (Fonte: Oggi 22-01-2014)

L’ESU (EUROPEAN STUDENTS’ UNION) NELLA GESTIONE DEL “PROCESSO DI BOLOGNA”
Nella gestione del “Processo di Bologna”, teso a realizzare l’Area europea dell’istruzione superiore (EHEA, European Higher Education Area), l’ESU (European Students’ Union) ha un ruolo notevole. E tutti i documenti di tale Processo enfatizzano l’esigenza dei contributi degli studenti alla definizione dei percorsi formativi: contributi individuali, ognuno in merito al proprio percorso (curricoli student-centered), e contributi collettivi, in merito alle caratteristiche dell’offerta formativa proposta dalle Università e alle procedure per l’assicurazione di qualità relativa a tale offerta. Proprio per il peso che il sistema europeo dà agli studenti, in tutte le Università italiane è stato individuato un “referente” per le tematiche in questione, e nel novembre scorso i referenti si sono incontrati in un Seminario nazionale su ‘Il ruolo delle rappresentanze studentesche nello Spazio europeo dell’Istruzione Superiore’. Essi hanno deciso di costituirsi in una rete che continuerà a riunirsi (non solo on-line, ma anche con incontri), poiché sono convinti del potenziale positivo che può avere la reciproca conoscenza dei risultati che, nelle diverse sedi, si riescono a ottenere attraverso il coinvolgimento degli studenti nelle decisioni dell’Ateneo. Il tutto, s’intende, per rafforzare non solo le rappresentanze, ma anche il rapporto delle stesse con il complesso degli studenti. È da rilevare che, proprio in coerenza con le indicazioni europee (Linee Guida dell’ENQA sull’Assicurazione di qualità), le procedure di autovalutazione dei Corsi di studio universitari (il cui rilievo è destinato ad aumentare fortemente nel prossimo futuro) hanno al proprio centro le Commissioni Paritetiche docenti-studenti, e che studenti entrano ora a pieno titolo nei Nuclei di Valutazione degli Atenei; sono strumenti da utilizzare, anche se il rischio di “vertici” disconnessi dalla “base” deve essere ben presente. (Fonte: G. Luzzatto, Roars 22-01-2014)

NUMERO CHIUSO SCARDINATO DA RICORSI
Alla faccia del numero chiuso, della programmazione e dei test su cui migliaia di ragazzi perdono la testa per mesi nella speranza di riuscire a entrare nel corso di studi prescelto, in oltre 1000 sono stati ammessi dopo la vittoria dell’UDU, il sindacato studentesco, che aveva avanzato un ricorso collettivo. Il presidente del TAR del Lazio, sez. III Bis, ha accolto il ricorso con un decreto cautelare che dovrà essere confermato all'udienza del 20 febbraio, ove si ratificherà l'ammissione con riserva agli studi. E altri 5000 sono in attesa di un verdetto che probabilmente a questo punto sarà identico. (Fonte: Lastampa.it 31-01-2014)        

STUDENTI FUORI SEDE. AGEVOLAZIONE FISCALE SU AFFITTO
Sull’affitto regolarmente pagato gli studenti fuori sede hanno diritto a un’agevolazione fiscale. Ma il confronto tra il numero di contribuenti che ha usufruito della detrazione e quello di chi frequenta l’università in una città diversa dal luogo di residenza rivela una forte evasione fiscale. Leggi tutto qui. (Fonte: R. Lungarella, lavoce.info.it 31-01-2014)


VARIE

L'ABBANDONO DEL MODELLO COSTITUZIONALE DELL'UNIVERISITÀ
La nostra Costituzione (art. 33) collega il principio di autonomia universitaria, a garanzia della libertà di insegnamento e di ricerca scientifica, all’istituto della riserva di legge. Definisce così un rapporto privilegiato — se non esclusivo — tra legge dello Stato da un lato e autonomia statutaria dall’altro. Ora, la “rottura” del rapporto legge dello Stato/Statuto appare del tutto evidente. Ciò anche grazie a una giurisprudenza costituzionale assai poco incline a interpretare in modo rigoroso la garanzia di cui all’ultimo comma dell’art. 33 (vedi la sentenza n. 383 del 1998); nonché a seguito dell’estendersi delle competenze regionali in materia d’istruzione, ricerca e sostegno all’innovazione, che ha contribuito a far smarrire il senso di un’università intesa come comunità (non locale, bensì internazionale) degli studi e della ricerca. Attualmente il sistema universitario appare regolato da una selva incolta di decreti ministeriali, i quali si sono andati stratificando senza coerenza dalla fine degli anni ’80. Decreti emanati di volta in volta che hanno reso evidente la perdita di visione complessiva. Una congerie di atti (non solo decreti, anche circolari, regolamenti, atti ministeriali di incerta natura), privi di organicità, reggono ormai le sorti dell’università. Nell’insieme — forse — può dirsi che esprimono una concezione di “autonomia sotto tutela ministeriale” (D’Atena), ma ciò che preoccupa maggiormente è che tutti questi atti, nella loro caoticità, non interpretano nessuna idea di università. (Fonte: G. Azzariti, articolo integrale qui, 13-01-2014)

ITALIACAMP UNISCE 70 UNIVERSITÀ ITALIANE A ISTITUZIONI E IMPRESE
Tre start up italiane pronte a volare negli Stati Uniti con un biglietto di andata e ritorno. Non per restare quindi, ma per dimostrare che la crisi non ha compromesso la creatività e le potenzialità del made in Italy. La missione Oltreoceano si chiama UsaCamp ed è frutto dell'iniziativa di ItaliaCamp, un network nato nel 2010 che unisce 70 università italiane a istituzioni e imprese per promuovere un processo di innovazione e collegare chi ha una buona idea con chi, invece, ha la forza economica, culturale e politica per realizzarla. Un invito, insomma, a invertire una tendenza: provare a sostenere la creazione di nuova occupazione più che tutelare o ricercare posti di lavoro che non esistono più. Le start up selezionate per la missione UsaCamp andranno a Wall street il 26 febbraio e lì potranno presentarsi a potenziali investitori, venture capitalist e business angels americani. (Fonte: C. La Via, Avvenire 13-01-2014)

FORMAZIONE E RIFORMA UNIVERSITARIA. UNO DEI 17 PUNTI DI WIRED
Rivedere il sistema delle scuole professionali per adattarle alle mutate necessità della manifattura (modello tedesco). Poi, riforma universitaria: l’università deve tornare a essere un percorso di eccellenza, non un prolungamento delle scuole superiori che porta i ragazzi solo a ritardare i propri ingresso nel mondo del lavoro. Università selettive, molti meno corsi di laurea (con il risparmio che ne consegue) e premi al merito. Anche qui, modello tedesco: niente test all’entrata, ma chi dopo un anno non è in pari con gli esami torna a casa. (Fonte: I 17 punti della riforma del lavoro di Wired 12-01-2014)

RIORGANIZZAZIONE DEL MIUR
Dopo i pareri favorevoli di MEF e Funzione pubblica, arriva in Consiglio dei Ministri lo schema di Dpcm di riorganizzazione del MIUR, previsto in ossequio alla spending review. Nonostante il coro di "No" di ex ministri, assessori regionali e parti sociali, il governo ha deciso di tirare diritto. E con un colpo di penna cancella la "cabina di regia" delle politiche scuola-lavoro, che dialoga anche con le Regioni, proprio ora che stanno decollando il piano «Garanzia giovani» e il programma sperimentale, 2014-2016, di apprendistato a scuola contenuto nel decreto Carrozza (è incorso di definizione il provvedimento attuativo). In totale, il MIUR continuerà a essere articolato in tre dipartimenti. Ma per ciascun dipartimento scendono da quattro a tre le direzioni generali. Il personale dirigenziale dovrà calare a 440 unità, così diviso: 222 dirigenti di seconda fascia, amministrativi; 27 dirigenti di prima fascia (compresa una posizione di livello generale presso gli uffici di diretta collaborazione del ministro) e 191 dirigenti di seconda fascia, tecnici. Il personale non dirigenziale dovrà toccare quota 5.978 unità. Ma il punto critico è la cancellazione della dg «Istruzione tecnica» che finisce per essere ricompresa in una mega direzione generale degli ordinamenti e la valutazione in cui sono accorpate tutte le competenze in materia di istruzione dalla scuola dell'infanzia agli istituti tecnici superiori (post diploma). In tutti i principali Paesi europei, Germania in testa, è presente una struttura ministeriale che si occupa del raccordo tra scuola e imprese. Di qui l'opportunità di "recuperare", in via amministrativa, rimediando a questo errore. Costituendo all'interno del MIUR un'apposita struttura di missione (sulla falsariga di quanto fatto per «Garanzia giovani») dove far dialogare i rappresentanti del sistema produttivo e i sistemi formativi delle Regioni. (Fonte: IlSole24Ore 31-01-2014)


ATENEI. IT

UNIBO. PRIMO MASTER UNIVERSITARIO UNICO IN EUROPA IN ‘RELAZIONI INTERNAZIONALI D’IMPRESA ITALIA-RUSSIA’
Parte dall’Università di Bologna – Scuola di Economia, Management e Statistica – il primo master universitario italiano, e unico in Europa, in ‘Relazioni internazionali d’impresa Italia-Russia’. Contrattualistica, international taxation, marketing ed economia, finanza internazionale e sistema bancario russo, diritto tributario e del lavoro, sono solo alcuni degli insegnamenti attivati per i 16 studenti laureati immatricolati per l’anno accademico 2013-2014 (su 21 ammessi alle selezioni), di età compresa tra i 24 e i 32 anni. Il master, diretto dal prof. Emanuele Menegatti del Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna, e realizzato con il sostegno e la collaborazione di Banca Intesa Russia e Carisbo, banche appartenenti al Gruppo Intesa Sanpaolo, prevede un calendario di lezioni di 1500 ore (60 crediti formativi universitari dal 17 gennaio al 19 luglio 2014, nelle giornate di venerdì e sabato) di cui 320 ore di lezione frontale e 500 ore di tirocinio o project work con stage in Italia e in Russia dal prossimo settembre. Obiettivo: formare nuove e specifiche competenze manageriali e imprenditoriali in grado di agire nel sistema economico russo in cui attualmente operano circa 20mila aziende italiane (il 10% sul totale delle imprese export oriented). (Fonte: www.bologna2000.com 16-01-2014)

UNIBO. FONDI IN MENO A SOSTEGNO DEL FONDO DI GARANZIA PER GLI ATENEI NON “VIRTUOSI”
«Più che quota premiale, la dovremmo chiamare quota assistenziale. Così non rischiamo di fare un torto alla lingua italiana». Non usa mezzi termini Ivano Dionigi, rettore dell'Alma Mater di Bologna, uno dei migliori tra i grandi atenei (secondo la recente classifica sulla Valutazione della qualità della ricerca), dopo aver scoperto che l'attesa e agognata quota premiale, anche per quest’anno, è finita nel cassetto. Infatti, di quelle risorse promesse per i migliori ce ne sono poche o niente, anzi la maggior parte delle assegnazioni premiali è di segno negativo. Con il paradosso che gli atenei che vanno meglio pagano il conto anche di quelli che vanno peggio. «Quest'anno avremmo dovuto ricevere 58 milioni di euro, ma per il fondo di tutela degli atenei meno virtuosi ne riceveremo 53 con un taglio pari a quasi il 5%. Ci hanno sottratto 4 milioni e mezzo per trovare quei 30 milioni di euro di fondo di garanzia per gli atenei in difficoltà o che avrebbero avuto un taglio superiore al 5%. Se invece di toccare il fondo premiale avessero fatto tagli lineari, Bologna ci avrebbe di certo guadagnato». In ogni caso a perderci, tra gli atenei migliori, sono tutti. Secondo i numeri contenuti nel decreto del MIUR con cui si attribuisce a ogni università la quota premiale e gli importi finali relativi al 2013, l'impatto degli incentivi attribuiti in base ai risultati della qualità della ricerca è stato azzerato dalla decisione di non assegnare ad alcun ateneo una somma maggiore di quella del 2012. In sostanza, sulla carta in base al merito è stata distribuita una quota premiale pari a circa 800 milioni dell'assegno complessivo (10% in meno dell'anno precedente). Ma in realtà al netto degli interventi perequativi la quota effettiva è scesa ulteriormente perché a pesare davvero sull'effettiva distribuzione dei soldi sono le clausole di salvaguardia, quella rete di protezione con cui si è stabilito che nessun ateneo avrebbe potuto ricevere più fondi rispetto al 2012 o perderne più del 5%. Il risultato? Su 63 atenei destinatari dei fondi, 55 (cioè l'87% del totale) otterranno un finanziamento complessivo inferiore a quello dell'anno precedente, e a solo otto atenei sarà assegnata una quota identica a quella del 2012. (Fonte: ItaliaOggi Sette 20-01-2014)

UNIBO. "BANDA LARGA" DEI GIOVANI RICERCATORI TRA BOLOGNA, LEEDS E WARWICK
Una triangolazione tra due atenei inglesi - le università di Leeds e di Warwick - e l'Università di Bologna per mettere a confronto i giovani ricercatori che si occupano di italianistica e di filologia classica. Con uno sguardo particolare sugli aspetti metodologici. L'iniziativa si chiama "Banda larga. Sondaggi sul metodo" ed è nata dal lavoro congiunto di due giovani ricercatori dell'Alma Mater, Francesco Ferretti e Andrea Severi, e di due colleghi che invece lavorano Oltremanica: Nicolò Maldina per l'Università di Leeds e Anna Pegoretti per l'Università di Warwick. Cinque incontri - il primo il 23 gennaio, l'ultimo il 6 marzo - in video collegamento sulle tre sedi universitarie per condividere esperienze di ricerca e riflessioni sul metodo. A differenza del passato, infatti, gli incontri non sono più soltanto occasioni per condividere i temi di ricerca affrontati, ma diventano dei momenti per parlare anche e soprattutto di metodologia. "C'è una crisi dei vecchi metodi forti - spiegano Ferretti e Severi - sostituiti oggi da metodologie liquide, eclettiche, cui si accompagna inoltre una estrema specializzazione tematica. L'idea è quindi provare a creare un terreno comune su cui discutere le esperienze e i problemi che si incontrano e che possono unire ricercatori impegnati su settori di studio anche molto distanti tra loro". (Fonte: magazine.unibo.it 21-01-2014)

CA' FOSCARI PRIMO ATENEO GREEN D'ITALIA
Ca' Foscari è di nuovo il primo ateneo green d'Italia e migliora la propria performance rispetto allo scorso anno: lo dicono i dati Greenmetric 2013, la classifica internazionale delle università sostenibili stilata sulla base del questionario elaborato dalla Universitas Indonesia. Il ranking posiziona, infatti, l'Università Ca' Foscari Venezia al primo posto fra gli atenei italiani su un totale di 301 università di tutti i Paesi e continenti che hanno partecipato. L'ateneo è al 105esimo posto nella classifica staccando di 16 posizioni (vale a dire 178 punti) la seconda università italiana più verde. Per Ca' Foscari un duplice successo: la performance dell'ateneo è migliorata di 300 punti (da 5.199 a 5.499) nei diversi parametri presi in considerazione dalla classifica: infrastrutture, politiche energetiche, consumi d'acqua, rifiuti, trasporti, didattica.  (Fonte: AGI 21-01-2014)

UNIPR. ASSEGNAZIONE DEL MARCHIO ECTS
Il Marchio ECTS è il sistema europeo di trasferimento e accumulazione dei crediti. È conferito agli atenei che possiedono programmi d’istruzione superiore di primo e secondo livello accessibili a tutti gli studenti europei e forme di comunicazione web che garantiscono la piena trasparenza nell’accedere alle informazioni utili per eventuali scambi internazionali. Il prestigioso riconoscimento, ottenuto per la seconda volta consecutiva dall’università di Parma, è stato conferito dall’Education, Audiovisual and Culture Executive Agency dell’Unione Europea per il 2013-2016.
L’università di Parma aveva già conseguito il Marchio ECTS una prima volta per il quadriennio 2009-2013; la riconferma permette all’Ateneo di qualificarsi nuovamente come partner trasparente e affidabile negli scambi internazionali. Solamente altri due atenei italiani oltre all’università di Parma (Perugia e Pisa) hanno adesso avuto dall’Unione Europea tale riconoscimento; in totale se ne possono fregiare 47 università europee. (Fonte: controcampus.it 12-01-2014)

UNISA OTTIENE IL DIPLOMA SUPPLEMENT LABEL
L'università di Salerno ha ottenuto dalla Commissione europea il Diploma Supplement Label, un riconoscimento di prestigio che valorizza i titoli accademici dei nostri laureati. Il Diploma Supplement è un documento integrativo del titolo di studio rilasciato ai laureati gratuitamente e automaticamente e redatto in lingua italiana e inglese, secondo un modello conforme a quello adottato dai Paesi europei aderenti al Processo di Bologna, che serve a rendere più trasparente e spendibile il titolo perché lo integra con tutte le informazioni riguardanti il percorso formativo seguito dallo studente. Esso è quindi di fondamentale importanza ai fini della mobilità internazionale per chi intende andare all’estero per proseguire gli studi o per inserirsi nel mondo del lavoro. Nell’anno 2013 Il Diploma Supplement Label è stato rilasciato solo alla Libera Università di Bolzano, al Politecnico di Milano e all’Università degli Studi di Salerno. (Fonte:
www.pianetauniversitario.com 10-01-2014)

SDA BOCCONI NEI CENTO MIGLIORI MBA AL MONDO.
C'è una sola università italiana nel club dei cento migliori Full-Time MBA (Master in Business Administration) al mondo. È la Sda Bocconi di Milano che si posiziona al posto numero 31 della classifica stilata dal Financial Times Global MBA Rankings 2014. Per il resto, il ranking annuale che sarà pubblicato oggi (27-01-14) dal quotidiano britannico, conferma lo strapotere degli atenei statunitensi nella formazione dei manager, con oltre la metà delle 100 posizioni occupate da scuole targate USA, forti della tradizione di più lunga durata nel campo dei corsi in materie economiche. Le prime management school e gli MBA compaiono infatti negli Stati Uniti già alla fine del diciannovesimo secolo, mentre da noi l'MBA Bocconi ha fatto il suo debutto nel 1974. (Fonte: IlSole24Ore 27-01-2014)


UE. ESTERO

UE. I BILANCI DELL’ISTRUZIONE NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA
Si tratta di una nota pubblicata nel novembre 2013 dal servizio studi del Senato. Il contenuto della nota non è altro che una sintesi dell’articolato rapporto “Funding of Education in Europe. The Impact of the Economic Crisis“, pubblicato da Eurydice a inizio 2013. Lo studio monitora i bilanci dell’istruzione (non solo universitaria, ma anche di primo e di secondo grado) in 35 sistemi statali o regionali d’Europa, dal 2000 al 2012. Il rapporto integrale si legge qui.

FRANCIA. IL COSTO REALE DELL'UNIVERSITÀ RIVELATO DALL'AUTONOMIA FINANZIARIA
Le dialogue est, d'année en année, de plus en plus tendu entre les présidents d'université et leur ministère de tutelle à propos des moyens financiers alloués par l'Etat. Car les facs en déficit sont nombreuses: dix-neuf, sur soixante-seize, prévoyaient de passer en négatif dès 2013 et quatre le sont depuis deux ans (Montpellier-III, Marne-la-Vallée, Le Mans et Mulhouse). Ces déséquilibres se sont révélés lorsque les universités ont gagné leur autonomie financière, grâce à la loi Pécresse d'août 2007, progressivement mise en oeuvre à partir de 2009. Les universités gèrent désormais l'ensemble de leur budget, masse salariale comprise, dans une autonomie néanmoins toute relative et sous l'oeil d'une tutelle omnipotente. Elles ne peuvent ainsi ni emprunter ni placer leur trésorerie, mais doivent se plier aux règles strictes de la comptabilité publique ... tout en faisant certifier leurs comptes par des commissaires qui ont généralement les normes du privé à l'esprit. Une sorte de double peine. Il leur est impossible, puisqu'elles relèvent de la fonction publique, de licencier, muter ou promouvoir leurs enseignants-chercheurs ou leurs personnels administratifs. Seule latitude: les universités peuvent distribuer quelques primes, embaucher des vacataires dans des conditions très précaires et, lorsqu'un poste est vacant, en modifier le profil.
Les négociations budgétaires en cours révèlent en fait la vérité des coûts de l'enseignement supérieur public. Un coût que l'Etat et les universités découvrent. Ainsi, l'évolution des salaires des fonctionnaires, liée essentiellement à l'ancienneté, est, depuis quelques années, plus forte que l'inflation et que les dotations budgétaires censées la couvrir. Sous la présidence de Nicolas Sarkozy, l'Etat a, en outre, fortement augmenté le nombre d'étudiants boursiers, en créant l'échelon dit «à taux zéro», qui exonère de droits d'inscription environ 135.000 jeunes. Le manque à gagner est important pour les universités.
(Fonte: I. Rev-Lefebvre, Le Monde 14-01-2014)

FRANCIA. SEMPLIFICAZIONI NELLE DENOMINAZIONI DELLE OFFERTE FORMATIVE
Voilà présentée la diversité de l'offre (en master, comme en licence) de formation universitaire en France.
L'un des enjeux majeurs de la loi sur l'enseignement supérieur et la recherche votée en juillet 2013 vise à la simplifier. La première brique de cette simplification a concerné la licence. A la rentrée 2014, au lieu de 322 intitulés, il n'en existera plus que 45. Et ceux-ci seront répartis au sein de quatre grands domaines : arts, lettres et langues; sciences humaines et sociales; droit, économie et gestion; sciences, technologies et santé. La seconde concernera, un an plus tard, les masters. De 5 000 intitulés de masters, il est prévu de tomber à 246. Une nouvelle nomenclature sera présentée, les 27 et 28 janvier, pour avis devant les membres du Conseil national de l'enseignement supérieur et de la recherche (Cneser). Actuellement, il existe 5 900 diplômes (un diplôme couplant une mention et une spécialité) et 5 000 intitulés.
L'offre de master est articulée autour d'un triptyque: un nom de domaine (droit-économie-gestion, par exemple); une mention (études européennes et internationales); une spécialité (droit et sécurité des activités maritime et océanique). Demain, dans notre exemple, ce master s'appellera juste "études européennes et internationales”. Car, dans la nouvelle nomenclature, le concept de spécialité disparaît. Officiellement, cette simplification vise à rendre plus lisibles les formations pour les employeurs, donc à améliorer l'insertion professionnelle. (Fonte: N. Brafman, Le Monde 23-01-2014)

SPAGNA. DIMEZZATA LA DURATA DELLE BORSE ERASMUS
Il governo spagnolo manterrà per il prossimo corso il numero di borse di studio Erasmus, il programma europeo di scambi universitari, anche se ne dimezzerà la durata. La decisione, secondo fonti ministeriali, è dovuta allo stanziamento di 18 milioni di euro del prossimo anno accademico, contro i 34 di quello corrente, nonostante la parte del finanziamento da Bruxelles sia aumentata del 4,3%, di circa 2,2 milioni di euro, fino ad arrivare a 53,4 milioni. Saranno 40.000 gli universitari ammessi al programma europeo di scambio, un numero che resta invariato, anche se la maggioranza risiederà all'estero solo quattro mesi e non otto, che è l'attuale media di permanenza degli studenti spagnoli all'estero. La polemica sugli Erasmus è esplosa in Spagna a novembre, quando agli studenti fu comunicata la sospensione della borsa di studio a metà corso e, sull'onda delle proteste circolate sui social network, il ministero dell'Istruzione attribuì la decisione di ridurre a 20.000 il numero degli ammessi a Erasmus a un taglio dei finanziamenti europei. Come conseguenza delle polemiche, l'esecutivo stanziò una partita aggiuntiva di 19 milioni di euro, per consentire il completamento del programma agli studenti già all'estero. (Fonte: ANSA 22-01-2014)

GREENMETRIC UNIVERSITY WORLD RANKING
Il rapporto Greenmetric University World Ranking mette ai primi posti quelle Università che hanno costruito i propri campus nel rispetto dell’ambiente, che hanno investito su impianti autonomi di produzione d’energia e di riciclo dei rifiuti o delle acque, ma anche quelli in cui lo spreco di carta è combattuto ricorrendo ai moderni ebook anche per le pubblicazioni scientifiche. Al vertice della classifica troviamo l’inglese Università di Nottingham, con 7.521 punti totali. Al secondo posto si piazza l’irlandese University College di Cork (7.328). Terzo gradino per un’americana, la Northeastern University di Boston (7.170). Scende al quinto posto l’Università del Connecticut, mentre nel 2012 era prima. Fuori dalle primissime posizioni le Università che generalmente dominano le classifiche mondiali: la prima “famosa” in graduatoria, ad esempio si trova al quattordicesimo (“Berkeley – Università della California” con 6.729 punti). Discreto risultato anche per le italiane, che se da un lato aumentano il numero di Atenei in lista (da 7 a 10), dall’altro peggiorano quasi tutte la loro posizione in graduatoria rispetto all’anno scorso: la prima italiana è l’Università Ca’ Foscari di Venezia, al 105esimo posto (lo scorso anno si trovava al 90esimo posto). Al 121esimo gradino si trova il Politecnico di Milano, (-30 posizioni rispetto al 2012). Quindi l’Università di Bari (133esima), che migliora rispetto al 145esimo piazzamento del 2012. Poi quella del Salento (161esima, ma era 121esima nella precedente classifica), Normale di Pisa (170esima), Bologna (182esima), Torino (211esima), Politecnico di Torino (241esimo, 170esimo nel 2012), Politecnico delle Marche (266esimo) e Trieste (270esima, 196esima nel 2012). (Fonte: corriereuniv.it 23-01-2014)

RUSSIA. INCENTIVI ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEGLI ATENEI
Il numero di studenti stranieri iscritti alle università russe è in continuo aumento. Pur essendo scelte ogni anno da molti studenti stranieri, le università russe non occupano posizioni di rilievo nelle classifiche internazionali. Per questo motivo il governo ha deciso di contribuire a innalzarne il prestigio, destinando oltre un miliardo di dollari all’iniziativa. Il numero di studenti stranieri iscritti alle università russe, che sino a un paio di anni fa si aggirava attorno ai 145.900, è in continuo aumento. Le ragioni che spingono gli stranieri a studiare in Russia sono molteplici, e comprendono la possibilità di ricevere un’istruzione di qualità a prezzi convenienti. Tra loro vi sono futuri ingegneri, dottori e insegnanti − che nella maggior parte dei casi, al compimento degli studi torneranno nel proprio Paese d’origine. Molti altri (sono circa il trentacinque percento, secondo le stime) rimangono invece in Russia. Il costo contenuto delle università è tra i principali motivi − ma non l’unico − che inducono gli studenti a scegliere di studiare in Russia. “La nostra accademia”, afferma Temirlan Dzhandarov, preside del dipartimento di Cooperazione internazionale dell’Accademia di musica Gnessin, “prevede un corso di studi speciale, ed è proprio questo che richiama studenti di diversi Paesi”. Tra gli iscritti vi sono tra l’altro giovani provenienti dalla Corea del Sud e dalla Spagna. (Fonte: russiaoggi.it 23-01-2014)

RANKING THINK TANKS 2013
L’Italia conquista un posto al sole nella classifica dei migliori “pensatoi” al mondo stilata nell’ambito del Ranking Think Tanks 2013 dell’Università della Pennsylvania. Buona, e in miglioramento, la presenza italiana con la conferma di Ispi, Iai e Istituto Bruno Leoni fra i Top 100 mondiali e i Top 75 dell’Europa occidentale e altri 6 istituti inseriti in una delle graduatorie del rapporto. Brookings Institution (Stati Uniti), Chatham House (Gran Bretagna) e Carnegie Endowment for International Peace (Stati Uniti) si confermano, anche nel 2013, ai primi tre posti mondiali fra i 6.800 Istituti di ricerca esaminati da circa 2.000 valutatori internazionali. Ma l’Italia non si è difesa solo nella classifica tradizionale. Particolarmente significativa è stata anche l’affermazione dei centri del nostro Paese nelle categorie speciali del Ranking 2013. L’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale), ad esempio, risulta al primo posto tra i think tank di medie dimensioni (ovvero con un budget inferiore ai 5 milioni di dollari), quarto nella categoria “Best policy study produced” (dopo Brookings Institution, Chatham House e McKinsey Global Institute) e nella categoria “Think Tank to watch” e sesto nella categoria “Best managed Think Tank” (dopo Brookings Institution, Chatham House, Rand Corporation e Bruegel) e in buona posizione in altre categorie. Lo stesso dicasi per lo IAI (Istituto Affari Internazionali) che risulta nono nella sezione “Best Institutional Collaboration”; per la Fondazione Italianieuropei, ventiquattresima nella categoria “Best Think Tank with political party affiliation”; la Fondazione Mattei, in trentanovesima posizione tra i “Top Environment Think Tank” (oltre che Top 150 worldwide); l’ICCG (International Center for Climate Governance) al sessantaduesimo gradino nella categoria “Top Environment Think Tank”; il CESI (Centro Studi Internazionali) sedicesimo nella categoria Think Tank di medie dimensioni; e Eupolis Lombardia, quinto nella sezione “Best new Think Tank”. (Fonte: P. Di Michele, formiche.net 23-01-2014)

QS TOP 50 UNDER 50 2013/14.  LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI GIOVANI UNIVERSITÀ
Le università di Hong Kong, Singapore e Corea del Sud sono in testa alla classifica “QS Top 50 under 50″, che valuta il ranking degli atenei fondati da meno di cinquant’anni. Delle 27 nazioni rappresentate nella classifica, l’Australia trionfa con nove università, seguita dalla Spagna con cinque. L’Italia é presente con l’Università degli Studi di Roma -Tor Vergata al 38esimo posto, in salita rispetto all’anno precedente quando era 44esima. La classifica è stata stilata da QS Quacquarelli Symonds, esperti della formazione universitaria globale. I risultati si basano sulla performance delle giovani università nel QS World University Rankings 2013/14, la lista delle migliori 800 università del mondo. La classifica comprende atenei fondati a partire dal 1964. La classifica completa è visibile QUI.

MOOC (MASSIVE OPEN ONLINE COURSES). UN PRIMO BILANCIO
In un anno e mezzo sui MOOC (Massive open online courses), i corsi universitari gratuiti via internet, si è detto di tutto, che avrebbero risolto miseria e fame nei Paesi in via di sviluppo o che avrebbero costretto alla chiusura atenei illustri, dalla Normale di Pisa alla Sorbona e Harvard. Un primo bilancio, come sempre, lascia aperte le speranze di progresso, ma senza dar ragione ai soliti ottimisti del web.
Udacity (https://www.udacity.com/) creata da Sebastian Thrun, l’ideatore dei MOOC ispirato dal pioniere Salman Khan, sembra forse il primo successo nel business. Il sogno utopico di Thrun, una comunità di migliaia di persone con cui condividere gratis il suo sapere su robotica e tecnologia, è stato presto sconfitto dalla realtà, troppo costoso fare di un ragazzo degli slum di Delhi un dottore in fisica quantistica grazie al tablet. E il progetto pilota di Udacity con l’università di San Josè in California, partito alla fine del 2012, rivela che il rendimento degli studenti online è troppo scarso rispetto a quelli che vivono davvero nei campus universitari.
Udacity si converte allora in una piattaforma dedicata alla formazione professionale dei quadri nelle aziende. All’operazione collabora il Georgia Institute of Technology e, per la prima volta, diventa possibile ottenere una laurea riconosciuta ufficialmente, via MOOC. Ben 2.360 studenti propongono la loro candidatura per il corso in “Computer Science program”, ma solo 375 sono ammessi alle lezioni, cominciate lo scorso 15 gennaio. I nuovi laureandi digitali hanno in media 11 anni in più degli studenti tradizionali e pagano molto meno: 7mila dollari, contro i 45mila del campus.
Linkedin  (www.linkedin.com ), il social network dei professionisti, apre alle più importanti compagnie di istruzione online - Coursera, EdX, lynda.com, Pearson, Skillsoft, Udacity e Udemy - e dà la possibilità agli utenti di sfoggiare nel profilo i MOOC completati. 
Coursera (https://www.coursera.org ) dispone di una delle prime piattaforme per il MOOC. Tra le Università aderenti: Princeton, Pennsylvania, Michigan, Stanford, l’Ecole Polytechnique, Technische Universität München, Hong Kong, Tokyo. Gli utenti registrati in Coursera hanno la possibilità non solo di seguire i corsi, ma anche di mettersi alla prova con esercizi e di partecipare a un forum per confrontarsi con docenti e altri studenti.
I classici atenei di Boston, Mit e Harvard, non si fanno subito scoraggiare dal basso numero di studenti che completano i corsi online e passano l’esame via il “Mooc provider”, EdX.
EdX (https://www.edx.org/ ), oltre alle classi universitarie, scommette sulla formazione professionale, annunciando una partnership con il World Economic Forum (WEF) - che organizza il grande convegno mondiale di Davos. Attraverso una nuova Forum Academy, il WEF fondato dal professor Klaus Schwab metterà a disposizione di professionisti e organizzazioni il proprio network di eccellenze in campo accademico, politico e manageriale per produrre corsi certificati. (Fonte: C, Rizzo, La Stampa 29-01-2014)


LIBRI

IL GOVERNO MANAGERIALE DELLE UNIVERSITÀ. DAL DIRETTORE AMMINISTRATIVO AL DIRETTORE GENERALE
Sandro Mainardi, Claudia Piccardo, Enrico Periti (a cura di). Ed. Il Mulino, Bologna 2013, pp. 232.
La legge di riforma dell’Università, conosciuta come «Legge Gelmini», è entrata in vigore all’inizio del 2011. Molte le novità che sono state introdotte, soprattutto a livello di governance. Una in particolare si mostra come novità assoluta: il ruolo del Direttore amministrativo, così come lo si è conosciuto nel corso degli anni, è sostituito da quello di Direttore generale, individuato come «organo» dell’Ateneo insieme al Rettore, al Consiglio d’amministrazione, al Senato accademico, al Nucleo di valutazione e al Collegio dei revisori dei conti. Al Direttore generale viene attribuita la «complessa gestione e attivazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo». Come interpretare il nuovo ruolo in rapporto alle esigenze degli atenei, organizzazioni complesse che devono sempre più affrontare la loro missione con lo sguardo alla razionalizzazione e standardizzazione dei costi, alla gestione delle risorse umane per competenze, alla performance dell’intera organizzazione? Un interrogativo cui questo volume vuole contribuire a rispondere, fornendo numerosi e stimolanti spunti di riflessione. (Fonte: presentazione dell’editore)

L’UTILITÀ DELL’INUTILE. MANIFESTO
Autore: Nuccio Ordine.  Ed. Bompiani, Milano 2013.
Il libro di Ordine è accattivante e piacevolmente leggibile, sin dall’assunto di fondo: dimostrare come le discipline e le ricerche che sono ritenute “inutili”, sono invece “utili” assai. Ma qui è ovviamente chiaro che il significato di utile/inutile è duplice: un certo tipo di studi è utile proprio nel senso in cui verrebbe giudicato inutile in un’ottica produttivistica. Se infatti l’utile è quello pragmatico inteso da chi ha affermato che con la cultura non si mangia; se esso è inteso, cioè, nel senso più crasso e materialistico – all’interno del quale ci può anche rientrare il più nobile fine dello sviluppo economico e del “progresso” dell’umanità – allora è ovvio che tutta una serie di discipline e campi della cultura umana non hanno a questo fine alcuna utilità; e tra queste vi sono elettivamente e prioritariamente quelle umanistiche. Ma appunto questo è il modo in cui non intende l’utilità Ordine, poiché essa è subordinata a un fine più elevato, ovvero quello della «coltivazione dello spirito» e della «crescita civile e culturale dell’umanità» giacché egli considera utile tutto ciò che contribuisce a diventare “migliori”. Non quindi utilità pragmatica, tesa a guadagni più elevati, al benessere economico, al profitto, al successo degli incassi, bensì una più raffinata e impalpabile “utilità” come “miglioramento” dell’uomo. E quest’ultimo non può che essere principalmente il portato delle discipline umanistiche, perché solo esse hanno quei contenuti formativi – intessuti di memorie, biografie, valori morali ed etici, riflessioni spirituali e sulla vita, poesia e sentimento estetico – che possono soli portare a una vera e propria “metamorfosi dello spirito” e quindi a elevare l’uomo dallo stato di bruto a quello di essere umano pienamente compiuto e realizzato. (Fonte: F. Coniglione Roars 14-01-2014)


CONVEGNI

HIGHER EDUCATION AND RESEARCH POLICIES IN EUROPE: CHALLENGES FOR ITALY. Secondo Convegno organizzato da ROARS
È stato annunciato il 27 c.m. il programma del secondo convegno di ROARS, finanziato anche grazie ai contributi dei lettori, “Higher Education and Research Policies in Europe: Challenges for Italy”, Politiche della ricerca e della formazione terziaria in Europa: le sfide per l’Italia. 21 febbraio 2014. CNR. Piazzale A. Moro 7, Roma. Aula Marconi.