domenica 7 novembre 2021

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE N. 3 2021 01.09.2021


 IN EVIDENZA

 

PARLA LA MINISTRA DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

Il Foglio ha pubblicato l’intervista di Annalisa Chirico alla ministra dell’università e della ricerca Maria Cristina Messa, di cui si riportano le affermazioni salienti.

"Per la prima volta abbiamo un vero piano di investimento per l'università: è un momento magico". "Chiamate dirette negli atenei? Sì, ne servono di più"."Ai miei figli dico: inseguite i vostri sogni con realismo. Una distinzione netta tra ricerca di base e applicata non esiste, le due si alimentano a vicenda, quello che serve è premiare di più chi ha idee innovative". "Noi puntiamo a incrementare la mobilità dei talenti tra gli atenei a livello nazionale ed europeo. Dobbiamo creare uno spazio di ricerca europeo che consenta ai nostri ricercatori di acquisire esperienze all'estero e all'Italia di risultare attrattiva per chi viene da fuori. E' necessario parificare lo stato giuridico del ricercatore. La Carta del ricercatore europeo fissa principi fondamentali ma va resa più concreta: senza un minimo di garanzie comuni su pensionamento e assistenza sanitaria un ricercatore non si trasferisce all'estero". "Il problema dei bassi salari riguarda ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo. Senza un supporto di qualità, il ricercatore passa l'80 per cento del tempo tra le carte bollate, abbiamo un personale altamente qualificato, addirittura con dottorati di ricerca, stipendiato con mille euro al mese".

"La ricerca è l'ancella di ogni Finanziaria, per anni abbiamo potuto rinnovare soltanto il venti per cento del personale universitario, i tagli hanno interrotto un'intera generazione. Oggi però le risorse ci sono, servono le riforme". “Abbiamo introdotto le lauree abilitanti e la possibilità di iscriversi a più corsi di laurea. L'applicazione del codice degli appalti all'università ha imposto l'obbligo dei bandi di gara per individuare l'azienda che sviluppi un  brevetto: ciò appesantisce l'attività di ricerca con paletti burocratici che vanno rimossi”.

“Dobbiamo rendere le procedure più veloci responsabilizzando gli atenei". Come? "Aumentando la premialità sulla base del reclutamento. Chi attrae i cervelli migliori merita più finanziamenti, e poi incentiviamo la mobilità, anche per chiamata diretta". Si allargherà così il divario tra nord e sud? "In Italia il panorama è a macchia di leopardo, ma indubbiamente il meridione presenta un deficit di attrattività, condizionato anche dal territorio e dalle opportunità economiche". Da che cosa dipende la scarsa presenza delle ragazze nelle facoltà Stem? "In realtà, frequentano volentieri i corsi di Matematica mentre sono poche nelle facoltà di Informatica e Ingegneria. E' un retaggio culturale sul quale dovremmo intervenire con la scuola e con la società civile, dalle associazioni a Confindustria. Nell'approccio all'università serve realismo". (F: A. Chirico, intervista alla ministra dell’UR, Il Foglio 11.06.21)

 

“STIMOLARE LO STUDIO DELLE DISCIPLINE STEM. GARANTIRE IL PASSAGGIO DALLA SCIENZA ALLA TECNOLOGIA”. INTERVISTATA DALL’AGENZIA DIRE, MARIA CHIARA CARROZZA, PRESIDENTE DEL CNR

“Occorre avere un corpo docente sempre aggiornato e in grado di formare i laureati con le competenze necessarie a inserirsi nel mondo sociale ed economico di oggi e di domani. Ma il compito di stimolare lo studio delle discipline Stem è più generale. Dobbiamo tutti insieme dare un segnale ai giovani e ai cittadini, far capire loro che studiando nei settori della scienza e della tecnologia, avventurandosi nelle frontiere dell’innovazione, si acquisiscono gli strumenti per cogliere la grande sfida del futuro e per fronteggiare le avversità. Se non conseguiamo un numero sufficiente di laureati in hard sciences non potremo cogliere questa sfida, urge assolutamente aumentarne il numero, in particolare di laureate”.

“II nostro CNR è il più grande ente pubblico italiano di ricerca ed è una risorsa preziosa per questo Paese, può essere lo strumento strategico per sviluppare la ricerca e la competenza di cui l’Italia ha tanto bisogno in questo momento, dobbiamo rispondere a questa chiamata e confido nelle ricercatrici e nei ricercatori che mi sapranno aiutare. Certo c’è tantissimo ancora da fare, sul piano dei finanziamenti prima di tutto e poi su quello culturale: in Italia non c’è ancora un ambiente favorevole all’innovazione, occorre facilitare i brevetti, sostenere le certificazioni, i trial sperimentali, avere assicurazioni, strumenti legali e strumenti per garantire il passaggio dalla scienza alla tecnologia. La ricerca è il nostro futuro, durante la pandemia lo abbiamo capito ancora meglio”. (F: S. Mari, Agenzia DiRE www.dire.it 23.06.21)

 

LE UNIVERSITA’ ITALIANE IN CLASSIFICA GENERALE E NELLE TOP 200 DI IMPORTANTI CLASSIFICHE MONDIALI DEL 2017 E DEL 2020:

Academic Ranking World University (ARWU), Quacquarelli Symonds (QSWUR), Times Higher Education (THEWUR), GreenMetric e U-Multirank.

Fonte della TABELLA Freccia in giù U+2B07 il Report del Gruppo di lavoro CRUI sui ranking internazionali.

 







 

A MISSIONE DELL’UNIVERSITÀ OGGI

Annachiara Sacchi sul CorSera riporta le opinioni di Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sulla missione dell’università.

“Dobbiamo capire come combinare la nostra offerta formativa per dare preparazioni più originali e adeguare il contenuto dei corsi. Ecco la missione». «Impegnarsi a formare menti capaci di pensare, di essere a loro volta originali e creative. L’università non serve a licenziare persone con la testa riempita di nozioni ma che fanno fatica a elaborarle, io mi riferisco all’indipendenza di pensiero, alla capacità di critica e originalità che è quello di cui c’è più bisogno. Abbiamo una disperata necessità di conoscenza e di cultura, di affermare il loro valore non solo operativo o professionale, ma sociale e politico».

«Negli ultimi anni sono stati messi in crisi gli elementi di accreditamento delle competenze. Questo ha fatto saltare tutti i legami sociali, pensiamo all’aprioristica messa in discussione dell’operato dei medici, o dei professori. Ma per riconoscere le competenze altrui la premessa è averne di proprie. Una società che nega le competenze non è capace di affrontare le vere difficoltà. E non c’è niente di peggio che un sistema sociale composto da persone non istruite, perché sono preda di chiunque e di qualunque cosa. Ed è un pericolo reale, rispetto al quale il compito di chi deve educare è sì trasmettere informazioni, nozioni, ma soprattutto gli strumenti per quella costruzione personale del proprio spessore intellettuale che consenta di essere capaci di pensiero profondo e indipendente. Questa creatività nasce dalla capacità di valutare in modo critico l’esistente. Allora se pensiamo a cosa deve fare l’università, ecco, io credo che debba recuperare una capacità ideativa nel formare, avere originalità nel proporre programmi, percorsi, tecniche didattiche, metodi di ricerca. Creatività e senso critico consentono di non essere vittima degli stereotipi, ma di padroneggiare le conoscenze ed essere capaci di farne strumento del proprio pensiero». (F: A. Sacchi, CorSera 02.08.21)

 

NELLA VALUTAZIONE DEGLI ATENEI ENTRERÀ LA TERZA MISSIONE

Per la prima volta la terza missione entrerà nella valutazione degli atenei ed inciderà dunque sul Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO). Dalla definizione stessa si evince che si tratta di qualcosa che va oltre le due missioni tradizionali della docenza e della ricerca scientifica. Le possibili opzioni sono valorizzazione della proprietà intellettuale o industriale, imprenditorialità accademica, trasferimento tecnologico, produzione e gestione di beni artistici e culturali, sperimentazione clinica e iniziative di tutela della salute, formazione permanente e didattica aperta, attività di public engagement, produzione di beni pubblici di natura sociale, educativa e politiche per l'inclusione, strumenti a sostegno dell'open science e attività collegate all'agenda Onu sullo sviluppo sostenibile.

Si tratta di un'apertura di orizzonte decisa rispetto alla visione delle due missioni tradizionali e la ragione è molto semplice. E opinione diffusa e condivisa che non basta insegnare ai ragazzi  nei corsi universitari (in un Paese dove purtroppo la quota dei laureati è ancora molto bassa e deve assolutamente crescere) né ci si può accontentare di fare ricerca e pubblicare lavori su riviste scientifiche. Se è vero che una misura storica tradizionale della generatività e dell'impatto dei docenti è quella dei brevetti e delle citazioni (che ti dicono seppure in modo impreciso che quel mattoncino di sapere che hai costruito sarà utilizzato da altri colleghi per continuare ad allargare conoscenze e saperi) è anche vero che tutto questo non basta. Gli atenei possono e devono invece fare moltissimo per il bene comune in ciascuna di quelle opzioni sopra indicate per evitare che lo scollamento tra il mondo della ricerca e della conoscenza e la società assuma dimensioni preoccupanti. L’importanza crescente della terza missione è il giusto passo avanti in un percorso che si preoccupa opportunamente dell'impatto e delle ricadute positive dell'attività delle università sulla società. (F: L. Becchetti, IlSole24Ore 27.08.21)

 

ATTACCHI INFORMATICI NEL SETTORE DELL’ISTRUZIONE E DELLA RICERCA

L’Italia è il secondo Paese al mondo dopo l’India a subire attacchi informatici nel settore dell’istruzione e della ricerca. È un’analisi di Check Point Software Technologies, secondo cui non solo sta aumentando il numero degli attacchi ma le minacce si fanno sempre più complesse. In dettaglio, nel mese di luglio di quest’anno l’India ha sperimentato il più alto volume di cyberattacchi con una media di 5.196 attacchi settimanali. Seguono l’Italia, con una media di 5.016 e Israele, con 4.011 attacchi settimanali. (F: CorCom agosto 2021)





 

 

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

 

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE. SENTENZA DEL TAR SU IMPUGNAZIONE DI UN GIUDIZIO ESPRESSO DA COMMISSIONE

Il TAR Lazio (sent. 04.05.21 n. 5178) ha chiarito, in relazione all’impugnazione di un giudizio espresso da Commissione per abilitazione scientifica nazionale, che “non è il grado più o meno elevato di sinteticità nella redazione del giudizio collegiale a determinare l’illegittimità della determinazione per difetto di motivazione” quanto piuttosto l’impossibilità che tale illustrazione della volontà dell’organo collegiale non renda conoscibili le ragioni che ne costituiscono il sostrato, non potendosi desumere, neppure dai giudizi resi dai singoli Commissari, le ragioni per cui la stessa è addivenuta ad una valutazione di segno negativo“. Sulla base di tale affermazione, il giudice amministrativo ha ritenuto di non annullare il diniego di abilitazione, trattandosi di un giudizio collegiale sulla qualità delle pubblicazioni inopinatamente formulato in maniera concisa, ove, però, le ragioni per cui i lavori scientifici del candidato non sono stati considerati meritevoli a fondare un giudizio di idoneità alle funzioni di professore di prima fascia risultano essere chiaramente evidenziate nei giudizi individuali. (F: Oss. Univ. maggio 2021)

 

VALUTAZIONE DELLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE COLLETTANEE IN SEDE DI ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

Con sentenza del 30 agosto 2021, n. 9431, il TAR Lazio, Roma, Sez. III bis il Giudice amministrativo, in tema di valutazione delle pubblicazioni scientifiche in sede di abilitazione scientifica nazionale, ha deliberato che occorre esaminare il contenuto delle medesime e l’apporto individuale dei candidati, specificando a tal fine che “il reale apporto di ogni di ogni singolo autore nei lavori in collaborazione è enucleabile tramite alcune informazioni che risultano evincibili dall’esame dell’ordine dei nomi. Sembra, infatti, logico che il primo autore risulta essere quello maggiormente coinvolto nel portare avanti il lavoro di ricerca, il secondo autore è quello che ha maggiormente collaborato con il primo, quelli intermedi sono i soggetti che hanno assunto minor rilievo nella ricerca, mentre l’ultimo autore è quello che ha svolto il lavoro di coordinamento” (richiamando, a tal fine, TAR Lazio, Roma, Sez. III, 1 giugno 2020, n. 5836). (F: Oss. Univ. 31.08.21)

 

IDENTITÀ TESTUALE TRA GIUDIZI IN SEDE DI ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

Con sentenza del 26 agosto 2021, n. 9392, il TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, ha chiarito, in tema di abilitazione scientifica nazionale, che il giudizio finale non è illegittimo nel caso di identità testuale tra il giudizio di due Commissari, o tra il giudizio collegiale e quello di uno dei Commissari. Infatti, “ciò che assume rilevanza non è la necessaria differenziazione testuale tra tutti i giudizi, ma la piena riconducibilità di tutti i giudizi al giudizio collegiale in modo tale da consentire la piena identificazione dell’iter logico seguito dalla Commissione nella formulazione del giudizio. Il fatto che, per motivi di sintesi e speditezza dei lavori della Commissione, il giudizio collegiale riprenda passaggi di giudizi individuali non assume un carattere lesivo né decisivo ai fini della valutazione della legittimità del giudizio stesso” (in tal senso, dello stesso Giudice, cfr. sentenza n. 8249/2021). (F: Oss. Univ. 31.08.21)

 

COME VERIFICARE LA QUALITÀ DEL PROCESSO DI SELEZIONE SEGUITO DA UNA RIVISTA PRESENTE NELLE LISTE VALIDE PER L’ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

Un metodo per verificare la qualità del processo di selezione seguito da una rivista consiste nell’inviare un paper deliberatamente farcito di errori grossolani e di verificare poi se il paper viene pubblicato. Il metodo è già stato sperimentato da diversi ricercatori. Uno di questi ricercatori è un certo Bradley Allf, il quale ha raccontato la sua esperienza sul sito Undark, e l’autore (D. Drago) di questo articolo pubblicato su Roars la evidenzia come segue.

Il buon Allf ha spedito un “fake-article” alla rivista “US-China Education Review A”. L’articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2020 ed è tuttora liberamente accessibile sul sito della rivista (ultimo accesso: 10/6/2021). Oltre che dallo stesso Allf, l’articolo risulta firmato anche da Jesse B. Pinkman e da Walter H. White. Pinkman e White sono due personaggi della serie televisiva “Breaking Bad”. Pare sia una serie abbastanza famosa, sebbene io non abbia mai visto una puntata. Quindi anche io avrei potuto non accorgermi che i nomi degli autori erano sospetti.

L’articolo è costellato da affermazioni surreali. Per esempio, a pag. 159 il malcapitato lettore apprende che la craniotomia, eseguita sugli studenti, è uno degli strumenti utilizzati nella ricerca svolta da Allf e soci (inesistenti) per verificare l’efficacia dei nuovi metodi di insegnamento. A pag. 160 si legge che la città di Albuquerque (New Mexico) si trova nell’Arcipelago delle Galapagos e che anticamente il New Mexico confinava con le Galapagos. Rimarchevole anche la seguente affermazione a pag. 162: “Although we did not record the cloacal temperature for the participants involved in the study, we are confident that it had a minimal effect on the data” (sic!).

Penso non serva aggiungere altro, gli interessati possono approfondire personalmente. Eviterei di farvi perdere tempo con sciocchezze di questo genere, se non fosse per il fatto che US-China Education Review A è presente nelle liste valide per l’ASN delle aree 13 e 14.

In un commento all’articolo, F. Belardo riferisce che pare che la “rivista” US-China Education Review A abbia ritirato il contributo, senza lasciare alcuna traccia dello stesso. Chi lo volesse leggere, lo può comunque trovare qui: https://tinyurl.com/2eh23sd8.

(F: D. Drago, Roars 07.07.21)

 

 

CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI

 

UNIVERSITY RANKINGS SHOULD MEASURE WHAT WE TRULY VALUE, BUT THE VALUE OF RESEARCH TENDS TO BE JUDGED ON WHETHER IT WAS PUBLISHED IN A ‘TOP’, ‘HIGH IMPACT’ OR ‘INTERNATIONAL’ SCIENTIFIC JOURNAL

Across the globe, publication remains the primary way in which the value of research is judged. Moreover, research tends to be judged not on whether it was published in the most appropriate place, to be most accessible to its intended readership, but on whether it was published in a ‘top’, ‘high impact’ or ‘international’ scientific journal.

Measuring the real-world impact of research is not easy. But it is easy (or at least easier) to quantifiably measure publications, and citations of those publications, constructing metrics and tracking readership digitally to show how papers and journals perform against each other. These then become convenient proxies for what we’re really interested in – how much of a contribution is that research making in the world.

The problem is the influence that these systems of assessment have on what research is conducted.

All too often, excellence simply means what is produced by the elite centres of research and by the people who work within them.

They go further too – encouraging university leadership to invest in the things that are most likely to result in a better ranking, and not necessarily what will most benefit their staff, students and communities.

The problem is that Southern researchers and Southern institutions are being judged and are judging themselves against metrics and systems of assessment that have been developed in the North. Although they are claimed to be universal measures of quality and excellence, they are deeply rooted in the research economies of the North and reward institutions with the resources to invest in the types of research and knowledge that the North judges to be valuable. The problem is that Southern researchers and Southern institutions are being judged and are judging themselves against metrics and systems of assessment that have been developed in the North. Although they are claimed to be universal measures of quality and excellence, they are deeply rooted in the research economies of the North and reward institutions with the resources to invest in the types of research and knowledge that the North judges to be valuable. (F: J. Harle UWN 29.08.21)

 

PER ENTRARE NELLA TOP 100 DEI RANKING INTERNAZIONALI OCCORRE UNA SCELTA POLITICA. MA PER SINGOLE DISCIPLINE CI SONO GIÀ ATENEI ITALIANI NELLA TOP 100

L'Italia è l’unica nazione del G8 con nessuna università fra le prime 100 nei principali ranking. La Russia ne ha 1, il Canada e la Germania 3, la Francia 4, il Giappone 5, il Regno Unito 17 (di cui 4 nella top 10), gli USA 28 di cui 2 sul podio. La prima italiana è il Politecnico di Milano, 140esima.  "Dobbiamo decidere se ci interessa avere 4 o 5 (non una) università fra le prime cento o non"- conclude il rettore del PoliMi F. Resta - "Se sì, si scelgono queste università e si fa un accordo quadro dando loro regole diverse: mobilità internazionale, con un docente su due reclutato all'esterno; numero minore di studenti senza danno finanziario; programmi di ricerca incardinati su alcuni laboratori unici, che richiamino le migliori menti internazionali. Se invece vogliamo un sistema universitario in cui tutti gareggino alle stesse regole, allora non dobbiamo più chiedere alle università come mai non si classifichino fra le prime cento. E' un progetto che va intrapreso a livello centrale; è una decisione politica, non tecnica". (F. Resta, Il Foglio 30.07.21)

È vero che nei ranking più reputati (come QSWUR, THEWUR, ARWU, CWUR) l’Italia non ha atenei nei primi 100 classificati per tutti i vari indicatori globalmente valutati. Tuttavia, se si considerano gli indicatori per singoli campi disciplinari, ad esempio Scientific impact in Biomedical and health Science nella classifica del CWTS Leiden Ranking 2021, una università italiana (Brescia) figura al 70° posto. Nella classifica QSWUR 2021 l’Università di Bologna è al 71° posto mondiale nella reputazione accademica (academic reputation), l’indicatore più importante del ranking (compone il 40% della valutazione finale). In Scimago Institutions Rankings 2021 Sapienza di Roma è classificata tra le prime 100 in Research rank (89/a) e in Societal rank (82/a). Inoltre in  THE YOUNG UNIVERSITY RANKINGS 2021, che classifica solo gli atenei con 50 o meno anni di età, ve ne sono ben 8 italiani tra i primi 100. (PSM)

 

CENTER FOR WORLD UNIVERSITY RANKINGS (CWUR) - 2021-22 EDITION

19,788 institutions were ranked, and those that placed at the top made the GLOBAL 2000 LIST. See below Top 10 in World Rank and Top 10 UNIVERSITIES IN ITALY

 




 



CWTS LEIDEN RANKING 2021

CWTS LEIDEN RANKING 2021 is based on bibliographic data from the WEB OF SCIENCE database of Clarivate Analytics. Time period 2016–2019. Region/country EUROPE. All sciences. Type of indicators: SCIENTIFIC IMPACT. Min. publication output 100. P, P(top 10%), PP(top 10%). https://tinyurl.com/ajxrzed4

36 Università italiane / 423 classificate in Europa. Le seguenti 9 italiane / le prime 100 classificate:

11 Sapienza Univ. Roma

22 Univ. Padova

28 Univ. Bologna

31 Univ. Milano

42 Univ. Napoli Federico II

62 Univ. Firenze

65 Univ. Torino

81 Univ. Pisa

95 Politecnico Milano

La lista delle 423 classificate in Europa:

https://www.leidenranking.com/ranking/2021/list

 

CLASSIFICA QSWUR 2021

A livello mondiale, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) celebra un decennio ininterrotto come migliore università del mondo. Le prime cinque Università subiscono la riconfigurazione più significativa da mezzo decennio: l’Università di Harvard (5) esce dalle prime tre – il suo rango più basso di sempre – per essere sostituita dall’Università di Oxford (2 in aumento dal 5) e l’Università di Cambridge (3 condiviso con la Stanford University).

Classifica QSWUR delle prime 10 università italiane 2021

Al 1° posto della classifica il Politecnico di Milano. PoliMi è anche l’università italiana con la proporzione più alta di studenti internazionali e si classifica 262/a in questo indicatore.

2. Al 2° posto l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

3. Sul 3° gradino del podio, Sapienza di Roma.

4. Università di Padova

5. Università di Milano Statale.

6. Politecnico di Torino

7. Università di Pisa

8. Università di Napoli Federico II

9. Università Vita-Salute San Raffaele

10. Università di Trento

L'università di Bologna è al 166° posto nella edizione 2021 e al 2° posto in Italia, ma ottiene il 1° posto in Italia, il 19° in Europa e il 71° posto mondiale nella reputazione accademica (academic reputation) che è l’indicatore più importante del ranking (compone il 40% della valutazione finale), basato sulle valutazioni di oltre 130.000 accademici. (F: UniBoMag giugno 2021)

 

The TIMES HIGHER EDUCATION YOUNG UNIVERSITY RANKINGS 2021

A list of the world’s best universities that are 50 years old or younger. Tra le prime 10 classificate Sant’Anna School of Advanced Studies – Pisa.

Tra le prime 100, 8 italiane:

7          Sant’Anna School of  Advanced Studies - Pisa

30        Vita-Salute San Raffaele University

68        University of Rome II -Tor Vergata

74        University of Milan-Bicocca

93        University of Verona

96        University of Brescia

96        Free University of Bolzano

99        Polytechnic University of Bari.

 

LE 10 MIGLIORI UNIVERSITÀ PER STARTUPPER DI SUCCESSO IN EUROPA

Utilizzando i dati di Dealroom, il sito di informazione specializzato in startup e fintech, Sifted ha stilato la classifica delle università da cui sono usciti più fondatori di società unicorno (le società tecnologiche valutate più di $ 1 miliardo) in Europa o che hanno fondato startup che si dirigono verso lo status di unicorno, quelle cioè con una valutazione tra 200 milioni e 800 milioni di dollari e recenti round di finanziamento. Dopo aver visto quali sono le migliori lauree per lavorare all’estero e quelle che fanno guadagnare di più, ecco dove conviene studiare se si ha l’obiettivo di diventare un founder di successo. 1. Università di Cambridge. 2. Insead Francia e Singapore. 3. TUM (Technical University of Munich). 4. London School of Economics and Political Science. 5. Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera (LMU). 6. Università di San Gallo Svizzera. 7. WHU - Otto Beisheim School of management Germania. 8. Università di Oxford. 9. KTH Royal Institute of Technology. 10. London Business School. (F: G. Adonopoulos, money 03.08.21)

 

SCIMAGO LAB. SCIENTIFIC OUTPUT AND IMPACT OF INSTITUTIONS

SCIMAGO LAB creates periodically infographics and visualization tools with the aim of facilitating the analysis of the scientific output and impact of institutions worldwide.

ITALY. Economics, Econometrics, and Finance. Best 10/61 ranked Freccia in giù U+2B07






 

CLASSIFICA CENSIS DEGLI ATENEI E DEI POLITECNICI ITALIANI

Classifica CENSIS degli atenei statali. Tra i megatanei (oltre 40.000 iscritti): 1° UniBo  91,8 punti; 2° UniPd 88,7p.; 3° Sapienza di Roma 85,5p.; 4° UniFi 85p.; 5° UniPi 84,8p: 6°UniTo 82,8p.; 7° UniPa 82,7p.; 8°  Statale di Milano 81,8p.; 9° UniBa; 10° UniNa Federico II. Tra i grandi atenei (oltre 10.000 iscritti) è 1° anche quest’anno l’Università Bocconi (96,2 punti), seguita dall’Università Cattolica (80,2 p.). Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) è 1° la Luiss (94,2 p). Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti) è 1° la Libera Università di Bolzano.

Classifica CENSIS dei politecnici: La classifica è guidata anche quest'anno dal Politecnico di Milano (con un punteggio di 93,3 punti), al secondo posto lo Iuav di Venezia, al terzo il Politecnico di Torino e al quarto il Politecnico di Bari.

 

 

CRISI PANDEMICA DA CORONAVIRUS SARS-COV-2

 

LA NUOVA SANITÀ IN DIECI RIFORME NELLE PROPOSTE DI SEI UNIVERSITÀ

Proposte operative messe in campo da un gruppo di studiosi di economia, management e politiche sanitarie di sei università (Bocconi, Politecnico di Milano, Cattolica, Torino, Roma Tor Vergata e Scuola superiore Sant'Anna di Pisa) affinché le risorse del PNRR siano utilizzate anche per sostenere il Servizio sanitario nazionale, duramente colpito dalla pandemia.

In sintesi, le dieci aree di intervento identificate sono: 1) rafforzare e infrastrutturare la Medicina generale; 2) potenziare la presa in carico delle cronicità; 3) razionalizzare la rete ambulatoriale territoriale; 4) garantire l'autosufficienza a domicilio in forma integrata con il sistema di welfare; 5) uniformare le dotazioni delle strutture intermedie tra Regioni; 6) pianificare e attuare un cambiamento di competenze tra medici e professioni sanitarie; 7) riformare il sistema di sanità pubblica adottando un approccio unitario alla salute; 8) promuovere la competenza clinica nella rete dei piccoli o[1]spedali; 9) rinnovare le infrastrutture dei grandi ospedali cambiandone logistica e aumentandone flessibilità e sostenibilità; 10) modernizzare e rendere efficiente il parco tecnologico degli ospedali. (F: I. Trabono, Avvenire 01.07.21)

 

RICERCATORI ED EMERGENZA PANDEMICA

Nelle procedure valutative dei ricercatori a Tempo determinato B, al 3° anno di contratto e in possesso di abilitazione scientifica nazionale, per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati  le commissioni  tengono conto delle limitazioni all'attività di ricerca connaturate a tutte le disposizioni conseguenti allo stato d’emergenza e alle disposizioni delle Autorità straniere o sovranazionali conseguenti alla dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica (Public Health Emergency of International Concern - PHEIC) dell'OMS. (F: Articolo 101, comma 6-ter, del decreto-legge 17 marzo 2020).

 

GAIN OF FUNCTION: IS IT ENOUGH TO CREDIT THE SARS-COV-2 "LABORATORY ORIGIN HYPOTHESIS"?

The "laboratory origin hypothesis" of SARS-CoV-2 has recently gained additional consideration. The main driver justifying this assumption is represented by the so-called "gain of function" (GOF), a process resulting in the acquirement of new phenotypic/behavioural features, due to the manipulations of the viral genetic make-up artificially made in the laboratory. Within this framework, there is a question of crucial relevance: is the "laboratory of virology" or, more precisely, was the "Institute of Virology of Wuhan" the site where SARS-CoV-2 originated, based upon a GOF-related process involving one or more "cousin" coronaviruses? And, still noteworthy, may a GOF-associated process also occur in nature, with one or more viral "genetic/molecular signatures" testifying its development (which would also apply to artificial/laboratory conditions)? In this respect, it should be adequately emphasized that the SARS-CoV-2 genome is made of approximately 30,000 nucleotides, with each viral replication cycle implying the occurrence of an average of 1 mutation/10,000 bases. There are, of course, different types of mutations, some "silent", some "non-silent", some "disadvantageous" (against which "purifying, or negative selection" operates), some other ones "advantageous" (against/ toward which "Darwinian, or positive selection" operates). Just to make a long story short, following the aforementioned mutational events, SARS-CoV-2 could have originated under natural conditions from a coronavirus "ancestor" (RA-TG13) sharing with it over 96% genetic homology and originally infecting Rinolophus affinis bats. Further mutations of the SARS-CoV-2 genetic make-up could have led the virus to develop a growing number of "variants of concern" (VOC), such as the "English" (recently renamed "alfa" by the World Health Organization), the "South African (recently renamed "beta"), the "Brazilian" (recently renamed "gamma"), and the "Indian" (recently renamed "delta") VOC. Indeed, these (and other ones) are called "variants of concern" on the basis of their higher binding affinity to the ACE-2 viral cell receptor and/or of their worrisome ability to elude the host's antibody-based immune response elicited both by the infection and by the anti-SARS-CoV-2 vaccination. Additional genomic mutations could lead SARS-CoV-2 to infect, in the coming future, new animal species alongside those which have already been recognized as susceptible to both natural and experimental infection. In this regard, mink is the only species (apart from the human one) in which SARS-CoV-2, once acquired from man (viral spillover), has been proven - in intensive mink herds from The Netherlands and Denmark - to undergo a series of mutational events leading to a viral strain subsequently re-transmitted to humans (viral spillback). As a matter of fact, the genetic background of the latter SARS-CoV-2 isolate (named "cluster 5"), harbouring the "Y453F" mutation within the viral "spike protein's receptor-binding domain" (S-RBD), was different from the viral strain originally caught from the minks' breeders, keepers and/or caregivers. In consideration of the above, why not taking into serious account the possibility of vaccinating (also) animals against SARS-CoV-2, with special emphasis on those living in close contact with humans and, overall, on intensely bred species, such as minks and pigs? Indeed, by encountering more and more susceptible (and non-immunized) animal hosts along its way, the possibility that SARS-CoV-2 will continue to mutate - independently from the human mass vaccination campaign currently underway - should be adequately emphasized. To this aim, a simultaneous "One Health" and "evidence-based" approach should be utilized, the former of which reminds us that human, animal, and environmental health are tightly and mutually connected to each other.

(F: G. Di Guardo, Science Advances, June 14, 2021)

 

COVID VACCINES AND IMMUNE THROMBOTIC THROMBOCYTOPENIA

Scientists are racing to understand why a small number of people develop a mysterious clotting disorder after receiving a COVID-19 vaccine. But despite their fervent work, the mechanism that links the vaccines and the condition known as vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia (VITT) remains uncertain. Establishing a mechanism could reveal ways to prevent and treat VITT and improve the design of future vaccines. But studying such a rare outcome is a challenge. “You can have your hypothesis, but how do you find which is the one that caused an event in maybe 1 in 100,000 people?” asks haematologist John Kelton. “It’s really, really hard.” (F: Nature Briefing 25.08.21)

 

ROGUE ANTIBODIES AND COVID DEATHS

Antibodies that turn against elements of our own immune defences, known as autoantibodies, seem to be involved in almost one-fifth of COVID-19 deaths. Researchers studied more than 3,500 people from 38 countries who had very severe COVID-19. They found that around 10% of them had autoantibodies that attack and block type 1 interferons, proteins in the blood that have a crucial role in fighting off viral infections. Autoantibodies were present in 18% of people who had died of the disease. These rogue antibodies are also found in a small proportion of healthy, uninfected individuals — and their prevalence increases with age, which might help to explain why elderly people are at higher risk of severe COVID-19. (F: Nature Briefing 01.09.21)

 

 

CULTURA DEL DIGITALE, DAD, INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

VANTAGGI E SVANTAGGI DELLEE LAUREE TELEMATICHE

In particolare in questo periodo di emergenza sanitaria le lauree telematiche stanno salendo alla ribalta. Il fatto che negli equilibri culturali del nostro Paese anche lo smart working abbia ottenuto una nuova valutazione ha fatto sì che ci fosse una riconsiderazione generale del fenomeno digitale. La laurea conseguita presso un’università telematica ha lo stesso valore di quella conseguita in un’università tradizionale. Si può essere assunti in azienda senza problemi, così come partecipare a concorsi pubblici e fare carriera. In genere, si accede ai corsi universitari attraverso pagamento via carta di credito o bonifico, ma ogni ateneo può prevedere tempistiche e modalità diversificate. Ci si reca in sede solo per sostenere gli esami e in questo periodo di Covid è addirittura possibile sostenerli tutti direttamente online. Naturalmente esistono anche degli svantaggi. Rispetto alle università tradizionali, le tasse delle università telematiche sono certamente più onerose. Le tasse non coinvolgono il reddito ma sono fisse. Frequentando un’università telematica, inoltre, difficilmente vi confronterete con altri compagni dello stesso scorso e interessati agli stessi argomenti. Esistono dei gruppi Facebook ma sostanzialmente si è molto più isolati rispetto alle università tradizionali perché la struttura di apprendimento è collocata quasi interamente online. Avere molta libertà nella gestione del tempo può essere anche uno svantaggio perché richiede un grado di impegno d’impegno mentale diverso. Bisogna darsi un metodo e degli orari, altrimenti si rischia di perdersi. (F: dossierscuola.it 01.06.21)

 

SMART WORKING, ECCO LE 10 MIGLIORI CITTÀ IN CUI LAVORARE

Nestpick, nei suoi calcoli, ha esaminato un campione di 75 città considerate tra le più vivibili da viaggiatori e nomadi digitali. Il risultato finale vede rappresentati tutti i continenti, America, Europa, Asia e Oceania, con la sola eccezione dell’Africa. Smart working, ecco le 10 migliori città in cui lavorare (money.it) :

1. Melbourne, Australia

2. Dubai, Emirati Arabi Uniti

3. Sydney, Australia

4. Tallinn, Estonia

5. Londra, Regno Unito

6. Tokyo, Giappone

7. Singapore

8. Glasgow, Regno Unito

9. Montreal, Canada

10. Berlino, Germania.

 

TELEWORKING DURING THE COVID-19 CRISIS

During the Covid-19 crisis, teleworking reached 40% in ITALY but access to it was particularly unequal across educational groups. The share working from home in April 2020 was over 60% among workers with a university degree, but remained negligible among those with less than high school education. (F: OECD luglio 2021)



 



DOCENTI. RICERCATORI

 

VIA LIBERA DELLA CAMERA ALLA PROPOSTA DI LEGGE SUL RECLUTAMENTO DEI RICERCATORI     

La commissione Cultura della Camera ha approvato la proposta di legge sul reclutamento dei ricercatori e del personale universitario, che porterà a una modifica dei concorsi e delle carriere per i ricercatori universitari. Cambia il concorso da ricercatore universitario. Ad oggi abbiamo il ricercatore di tipo A (3+2 e nessuno sbocco), che di solito si fa con anni di esperienza alle spalle, e quello di tipo B: si superano queste due figure e se ne crea una sola, quella di ricercatore universitario, con contratto a tempo determinato per un massimo di 7 anni ma sin dal terzo anno, dietro una valutazione di tipo nazionale, può diventare professore associato. Un terzo dei posti da ricercatore messi a bando sul triennio da un'università sono riservati a ricercatori che abbiano svolto almeno 3 anni in un ateneo diverso da quello che bandisce il concorso. Tutte le commissioni devono essere sorteggiate da un elenco nazionale di professori che afferiscono a quel settore scientifico. Nella composizione della commissione la maggior parte sono esterni. E anche il commissario interno viene sorteggiato.

Con questo progetto si introducono anche le borse di ricerca con una durata massima di 36 mesi e sono riservate ai giovani laureati, senza dottorato di ricerca. Poi è previsto un intervento sul titolo di dottorato di ricerca, il terzo ciclo di istruzione universitaria: un articolo è dedicato alla valorizzazione del titolo del dottorato di ricerca; chi lo prende vedrà il suo titolo con un maggior valore sia nella Pa che nel privato, diventando una risorsa anche per il resto della società; un altro intervento è sugli assegni di ricerca, con la qualificazione dell'assegnista, oggi lo si può fare solo con la laurea e si prevede un dottorato di ricerca per l'accesso, con una durata massima di 4 anni.

Per saperne di più https://tinyurl.com/56w39u37  (F: fanpage.it 28.05.21)

 

IL DISEGNO DI LEGGE 2285 SUL DOTTORATO E I RICERCATORI

Il disegno di legge 2285, di iniziativa parlamentare, intende dare maggiore peso al titolo di dottore di ricerca nel mondo del lavoro, ma soprattutto riformare i meccanismi di reclutamento dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca.

Oltre a facilitare la mobilità di studenti, docenti, ricercatori tra atenei, tra università ed enti di ricerca, in Italia e all’estero. Si tratta del primo intervento su questi temi dopo la legge 30 dicembre 2010, n. 240, parte della riforma del sistema scolastico e universitario attuata dal quarto governo Berlusconi con la ministra Mariastella Gelmini.

Il disegno di legge si propone di disciplinare le borse post laurea, modificare alcuni aspetti della disciplina relativa agli assegni di ricerca, ma soprattutto quella relativa ai contratti per i ricercatori universitari a tempo determinato, riconducendo a unità le due tipologie di contratto attualmente previste (tipo A e tipo B) e introducendo anche nel sistema italiano il meccanismo del cosiddetto tenure track, un contratto a tempo determinato della durata di sette anni non rinnovabile.

Prevede inoltre di introdurre un contratto simile per ricercatori e tecnologi a tempo determinato degli enti pubblici di ricerca, nonché un meccanismo di mobilità, riguardante ricercatori titolari di contratti a tempo determinato, fra università ed enti pubblici di ricerca. «Dare chiarezza nel percorso e reali possibilità ai giovani è l’aspetto più urgente su cui lavorare» spiega la ministra dell’UR Messa.

La ministra sottolinea anche che, nel riorganizzare le carriere dei ricercatori è fondamentale dare maggiore rilievo al personale tecnico e amministrativo di atenei ed enti di ricerca «riconoscendone la professionalità e la competenza, anche e soprattutto sotto il profilo della retribuzione. L’aspetto manageriale per la gestione delle infrastrutture, per garantire il necessario e qualificato supporto ai ricercatori, non può continuare a essere considerato di secondo piano». La speranza è che questo incida sul carico di lavoro burocratico che grava sulle spalle di tutti gli universitari e i ricercatori, costretti a sottrarre buona parte del tempo che dovrebbe essere dedicato alla ricerca per compiti di tipo amministrativo. (F: C. Pulcinelli, scienzainrete 30.07.21)

 

SECONDO IL CUN POSSIBILI CORREZIONI DI CRITICITÀ PRESENTI NEL TESTO UNIFICATO DEL DDL RECANTE “DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RECLUTAMENTO E STATO GIURIDICO DEI RICERCATORI UNIVERSITARI ...”

Art. 2, c. 5. Il CUN ritiene che per l’istituzione delle borse di ricerca sarebbe ragionevole finanziare con questo strumento le borse di studio per studenti di dottorato di ricerca che ne siano privi, ed essendo la durata tipica dei progetti biennale, ritiene opportuno elevare il limite da 18 a 24 mesi, con possibile progressione remunerativa.

Art. 5, c. 1. Il CUN ritiene fermamente che il concorso di accesso alla possibile carriera accademica non debba in alcun modo prevedere come requisito di accesso alcun titolo al di là di quello del Dottorato di ricerca.

Art. 5, c. 1 c. Il CUN, premesso d’avere sempre affermato che il principio della mobilità debba perseguirsi con meccanismi e risorse aggiuntive d’incentivazione, sia per le sedi sia per i singoli ricercatori, piuttosto che con prescrizioni perentorie, peraltro di dubbia legittimità, ritiene che il confronto con il contesto internazionale mostra che la previsione di un periodo di 5 anni consecutivi sia eccessiva per la rilevazione di una discontinuità di sede nella carriera di un ricercatore. Infine, ogni provvedimento andrebbe introdotto con gradualità, per evitare di penalizzare giovani che hanno maturato scelte prima dell’introduzione della norma stessa.

Art. 7, c. 4 e 5. Il CUN ritiene che la gestione del pregresso dovrebbe prevedere un finanziamento straordinario per una serie di bandi su un arco di 3-4 anni principalmente per professore di seconda fascia, ma anche per professore di prima fascia. Questa soluzione consentirebbe di includere nel sistema i meritevoli rimasti ai margini per 10-12 anni per mancanza di risorse, lasciando le posizioni di tenure track per i giovani della generazione futura.

(F: Oss Univ. maggio 2021)

 

SI È DIMESSO IL PRESIDENTE DELL'OSSERVATORIO DEI CONCORSI UNIVERSITARI

L'ex presidente ha spiegato: "La maggioranza, ma direi tutto il Parlamento, sta avallando una proposta di legge che legalizza il concorso universitario su misura, confezionato su una figura specifica. Leggo un passaggio del testo Torto-Melicchio, due deputati dei Cinque Stelle: 'Nei concorsi universitari si può introdurre l'indicazione di un profilo sulla base dell'attività di ricerca e della didattica nei macrosettori'. Sembra piuttosto chiaro. Le commissioni, che già oggi gestiscono i concorsi con vasto arbitrio, indicheranno la figura con il profilo adatto, a prescindere dal suo curriculum, dalle pubblicazioni realizzate. La riforma è disegnata su indicazione dei dipartimenti, con la benedizione della Conferenza dei rettori".

 

RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO. CORTE DI GIUSTIZIA UE. 7A SEZIONE. SENTENZA 03.06.21

La clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale in forza della quale è prevista, per quanto riguarda l'assunzione dei RICERCATORI UNIVERSITARI, la stipulazione di un contratto a tempo determinato per un periodo di tre anni, con una sola possibilità di proroga per un periodo massimo di due anni, subordinando, da un lato, la stipulazione di tali contratti alla condizione che siano disponibili risorse «per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti», e, dall'altro, la proroga di tali contratti alla «positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte», senza che sia necessario che tale normativa stabilisca i criteri oggettivi e trasparenti che consentano di verificare se la stipulazione e il rinnovo di tali contratti rispondano effettivamente a un'esigenza reale, se essi siano idonei a conseguire l'obiettivo perseguito e siano necessari a tal fine. (F: Oss. Univ. giugno 2021)

 

RECLUTAMENTO PER I RUOLI PROFESSORALI. UNA CONTINUA GESTIONE DELL’EMERGENZA DAVANTI ALLO SQUILIBRIO TRA POSTI DISPONIBILI E PERSONALE NECESSARIO

E’ innegabile che le difficoltà di un sistema di assunzioni poco alimentato sul piano delle risorse e farraginoso producano, nei singoli casi, episodi di «file» di attesa poi parzialmente risolte da assunzioni a mo’ di sanatoria di situazioni prolungatesi per anni, o di procedure di iscrizione poco «amichevoli» nei confronti di outsiders e candidati internazionali.  Costretti dal legislatore, quasi a mo’ di sfida, a sottoporsi a procedure valutative prima ancora di sapere per che cosa i risultati sarebbero stati utilizzati, nell’ultimo decennio i docenti italiani hanno comunque mostrato risultati di tutto rispetto. Spinti alla competizione per i fondi internazionali, i ricercatori di almeno parziale formazione italiana hanno chiarito che il problema non è tanto conquistarli quanto spenderli in maniera produttiva in un Paese che non ha investito in strutture all’altezza. Non coglie quasi per nulla nel segno scaricare sulla cattiva coscienza dei «baroni» problemi sorti dalla difficoltà a investire e dal rifiuto di progettare in modo coerente una crescita quantitativa delle nostre istituzioni universitarie. È su tali aspetti strutturali che invece una politica universitaria in grado di affrontare le tare storiche del nostro Paese dovrebbe concentrarsi.

Procedure di composizione della commissione e di preselezione dei requisiti di partecipazione più complesse, nella convinzione di evitare la loro elusione, hanno reso solo più frequente il ricorso alla giustizia amministrativa per impugnare gli esiti, mentre le inchieste internazionali sulla permeabilità alla corruzione di istruzione e università mostravano che proprio con la semplicità dei metodi e la trasparenza nei criteri si renderebbero più facili da accettare le decisioni delle commissioni giudicatrici (F: A. Mariuzzo, Il Mulino 28.05.21)

 

CARRIERE STANZIALI. UNA REGOLA GOVERNATA DAL RISPARMIO

La circolazione dei professori da un ateneo all’altro è diventata una chimera. Le carriere di regola iniziano e finiscono dove si è vinto il primo concorso. Destinare fondi alla mobilità è necessario. Senza osmosi tra le varie sedi e senza la possibilità di attrarre studiosi stranieri, gli atenei saranno destinati a languire.  Da molti anni, i concorsi li vincono, nella maggior parte dei casi, i candidati già incardinati nelle università che bandiscono il posto. Ciò comporta un risparmio notevolissimo. Per un posto di professore associato, ad es., se viene selezionato il candidato interno, l’ateneo paga solo la differenza del passaggio tra il vecchio e il nuovo status, liberando un budget da investire in almeno tre concorsi di pari livello. Ma se la preferenza cade su un candidato esterno l’intera cifra sarà assorbita dal nuovo arrivo. (F: CorSera luglio 2021)

 

NUMERO DI DOCENTI E RICERCATORI UNIVERSITARI SULLA BASE DELLA POPOLAZIONE

Nel Rapporto “Le Università per lo sviluppo dei territori” della Svimez è riportato il numero di docenti e ricercatori universitari sulla base della popolazione (v. grafico). La Calabria è tra le regioni con il rapporto più basso: poco più di 1docente/1000 abitanti contro gli oltre 2/1000 di Lazio, Toscana e Friuli Venezia Giulia. (F: CorCal agosto 2021)

 

 

QUALE UNIVERSITÀ E CDL SCEGLIERE PER DIVENTARE PROFESSORI DELLE MEDIE E DELLE SCUOLE SUPERIORI

Per insegnare nelle scuole secondarie, ossia le scuole medie e le scuole superiori, ogni corso di laurea dà la possibilità di insegnare una specifica materia in base alle diverse classi di concorso. Il decreto infatti stabilisce che, possono diventare professori tutte le persone che: hanno conseguito un titolo di laurea quinquennale (magistrale) o hanno concluso un corso di laurea specialistico (3 anni + 2 di specializzazione); sono in possesso dei 24 CFU in materie pedagogiche, psicologiche e metodologie dell’insegnamento. Naturalmente non tutte le classi di concorso, e le università per accedervi, danno le stesse possibilità di riuscire ad ottenere una cattedra, ma variano in base al corso di laurea scelto. Tra le classi di concorso più richieste troviamo: Scienze e Matematica (A26, A28); Fisica (A20); Inglese alle medie (A25); Italiano nelle scuole superiori (A12); Italiano, storia e geografia alle medie (A22); Fisica (A20). (F: M. Grassi, money 25.08.21)

 

 

DOTTORATO

 

PNRR E RICERCA. INTRODUZIONE DI DOTTORATI INNOVATIVI

Si prevede il potenziamento delle competenze di alto profilo, in modo particolare nelle aree delle Key Enabling Technologies, attraverso: 1) l’istituzione di programmi di dottorato dedicati, con il contributo e il coinvolgimento delle imprese; 2) Incentivi all’assunzione di ricercatori precari junior da parte delle imprese. È, inoltre prevista la creazione di un hub finalizzato alla valorizzazione economica della ricerca prodotta dai dottorati industriali, favorendo la creazione di spin-off. Nello specifico, la misura, implementata dal MUR, prevede l’attivazione di 5.000 borse di dottorato per 3 anni, con il cofinanziamento privato e l’incentivo all’assunzione di 20.000 assegnisti di ricerca o ricercatori da parte delle imprese.

Secondo la Flc Cgil non è chiaro cosa si intenda con la frase: «I programmi di dottorato saranno sottoposti a valutazione e confronto internazionale». Inoltre la definizione di «ricercatori precari junior» è un nuovo termine che dice già tutto da solo … Nella scheda inviata a Bruxelles si parla di 600 milioni di euro distinti in 450 milioni per le borse di dottorato (ma questo darebbe 90.000 euro per borsa, che è molto superiore alla quota media attuale) e 150 milioni per favorire l’assunzione di 20.000 “ricercatori precari junior” (il che fa 7.500 euro per ricercatore, una cifra irrisoria). La scheda inviata a Bruxelles chiarisce che gli incentivi consistono in detrazioni fiscali sul costo del lavoro. (F: Flc Cgil 24.06.21)

 

DOTTORATO IN INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Cinque percorsi di dottorato in intelligenza artificiale distribuiti su oltre 60 soggetti ospitanti, tra enti e università. Obiettivo: costruire comunità di giovani ricercatori in grado di dare impulso a ricerca e innovazione. Progetto coordinato da CNR e UniPisa. Supervisore un Consiglio di Coordinamento Nazionale e garante della visione scientifica, della qualità, della multidisciplinarità, delle linee guida.

Al momento, due i “cicli” in programma, per gli anni 2021/2022 e 2022/2023, con un numero complessivo di 194 borse di studio di durata triennale dal valore complessivo di oltre 14,5 milioni di euro, messi a disposizione da CNR e MIUR. F: brainfactor  03.07.21 https://www.phd-ai.it/

 

 

FINANZIAMENTI. SPESE

 

FONDO DA €600 MILIONI PER SOSTENERE LE ATTIVITÀ DI RICERCA

Dal PNRR un fondo da €600 milioni sarà destinato a sostenere le attività di ricerca di un massimo di 2.100 giovani ricercatori sul modello dei bandi European Research Council (ERC) «al fine di consentire loro di maturare una prima esperienza di responsabilità di ricerca». Una parte del contributo sarà vincolata all'assunzione di almeno un ricercatore "non-tenure-track"; un'altra quota, invece, sarà vincolata a brevi periodi di mobilità in Italia o all'estero per attività di ricerca o didattica. (F: E. Bruno, IlSole24Ore 19.06.21)

 

DECISO DALL’ESECUTIVO DOVE ANDRANNO LE RISORSE PER FINANZIARE LA SCIENZA

Il 28 maggio 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge n. 77, recante «Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure». Desta viva preoccupazione, rileva Roars, quanto prevede l’art. 64 dell’articolato, intitolato riproponendo la parolina magica: «Semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca ed ulteriori misure attuative del PNRR nel campo della ricerca». Oggi, facendosi letteralmente beffe, con il placet della legge, dell’art. 33 della Costituzione, la ministra Messa potrà nominare chi vorrà nel neocostituito Comitato Nazionale per la Valutazione della Ricerca. Non un cavallo, ma nessuno potrà impedirle di nominare un drappello di scudieri di provata vicinanza politica. Con la scusa delle sorti magnifiche e progressive che ci regalerà il PNRR (se faremo come dice chi eroga le risorse che in esso scorrono), in un Parlamento nel quale l’assembramento di governo non conosce più voci critiche, può succedere davvero di tutto. Anche che si finga di non vedere che la scienza finanziata nei prossimi anni non sarà più libera, ma asservita alla politica e ai suoi sempre mutevoli e cangianti equilibri.

In sintesi, con il nuovo Comitato Nazionale per la Valutazione della Ricerca (CNVR) (DL 77 28.05.21, art. 64) negli anni a venire l’idea che la Scienza debba esser libera da ingerenze politiche, scolpita nel 1° comma dell’art. 33 Cost., viene letteralmente violentata. (F: Red.ne Roars 07.06.21 https://tinyurl.com/r5vrxnps)

 

FINANZIAMENTI ATTRAVERSO LE AZIONI MARIE SKŁODOWSKA-CURIE

La Commissione europea ha annunciato nuovi bandi a sostegno della formazione e dello sviluppo delle competenze e della carriera dei ricercatori nell'ambito delle azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA), il programma faro dell'UE per il finanziamento di dottorati e formazione post-dottorato nel quadro di Orizzonte Europa. Nel 2021, in particolare, saranno erogati circa €822 milioni attraverso le azioni Marie Skłodowska-Curie nei 5 indirizzi principali del programma di lavoro: reti di dottorato MSCA (€402,95 milioni) per la formazione di dottorandi nel mondo accademico e in altri settori, tra cui l’industria e le imprese; borse di studio post-dottorato MSCA (€242 milioni) per i ricercatori disposti a portare avanti progetti di ricerca di frontiera e innovazione; gli scambi di personale MSCA (€72,5 milioni), bando che sarà aperto il 7 ottobre 2021 con scadenza il 9 marzo 2022; COFUND MSCA (€89 milioni) per il cofinanziamento dei programmi di dottorato e borse di studio post-dottorato. (F: Comunicato stampa https://ec.europa.eu/ 22.06.21)

 

DDL “DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTIVITÀ E RICERCA E DI RECLUTAMENTO DEI RICERCATORI NELLE UNIVERSITÀ E NEGLI EPR”. ART.5, C. 1 B BIS PER GLI STRACCIONI DELLA PA  

ART.5, C. 1 B bis: “Ai componenti della commissione giudicatrice non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.”

L’ultima sorpresa apparsa in questo DDL è di prevedere che la qualità della valutazione avvenga a costo zero, in tempi in cui il governo si guadagna le mani libere per decidere chi valuterà nei prossimi anni i fondi per la ricerca italiana.

Commento di Roars: “Il Piano Nazionale per il Reclutamento al Ribasso è dunque pronto ... sta solo a noi accettarlo supinamente, per conclamare un ormai acquisito status di straccioni della PA (come non ricordare la vicenda degli scatti?) o, per una volta, reagire .. , comprendendo che in questo sciagurato processo legislativo non è solo in gioco la nostra dignità professionale”. E lasciamo che sia l’immaginazione del lettore a catturare i tratti del volto del prestigioso professore straniero chiamato a servire la mission dell’eccellenza nel reclutamento dei ricercatori italici, quando apprenderà che, per servire la causa del reclutamento nel sistema universitario italiano, egli, oltre a perdere tempo prezioso, dovrà metter mano al portafoglio”.

Commento di Patrizio Dimitri 28 Giugno 2021: “Beh è comprensibile che non abbiano previsto compensi per i commissari … sappiamo bene che i nostri politici sono da sempre abituati a non ricevere compensi, rimborsi o agevolazioni di alcun genere, dobbiamo adeguarci!!!” (F: Red.ne Roars 22.06.21).

 

CONSULTA: “LE REGIONI NON POSSONO FINANZIARE CON LE RISORSE DESTINATE AI LEA (LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA) IL PAGAMENTO DI DOCENTI PER NUOVO CORSO DI LAUREA”

Con il provvedimento la Corte Costituzionale ha bocciato in parte la legge della Regione Veneto con cui è stata stipulata una convenzione quindicennale con l’Università degli studi di Padova per sostenere l’attivazione di un corso di laurea a ciclo unico in medicina e chirurgia nella città di Treviso, con l’assunzione degli oneri da parte della Regione per la chiamata dei professori di ruolo e a contratto. In ogni caso “la declaratoria di illegittimità costituzionale non incide né sull’attivazione del corso, già avvenuta, né sulla sua prosecuzione, avendo l’Università di Padova già, comunque sia, garantito la copertura dei posti di docenza, nonché dei relativi oneri, «nel quadro delle disponibilità ordinarie di docenza, attraverso una riorganizzazione dell’offerta formativa delle professioni sanitarie”. (F: quot.sanità 28.06.21)

 

DATI OCSE SU SPESA IN R&S. RICERCATORI OGNI MILLE OCCUPATI

Mentre l’Italia spende in ricerca e sviluppo poco più dell’1,4% del suo PIL, in Francia questa percentuale è del 2,2%, in Germania del 3,1% e nel Regno Unito dell’1,7%. Siamo a livelli inferiori rispetto alla media UE, che si attesta intorno al 2,2%.

Secondo i dati OCSE, in Italia ci sono 6 ricercatori ogni 1000 occupati. In Francia sono 10,9, in Germania 9,7, nel Regno Unito 9,4 e in Spagna 7,1. Inoltre, i nostri ricercatori sono più anziani rispetto a quelli degli altri Paesi. (F: scienzainrete 28.07.21)

 

OSSERVAZIONI SUL SUL FONDO DI FINANZIAMENTO ORDINARIO (FFO) DEGLI ATENEI

Nello schema di decreto sul fondo di finanziamento ordinario (FFO) degli atenei c’è un aumento delle risorse complessive, ma con un’inflazione cumulata di + del 12% gli €8,4 miliardi di oggi raggiungono sostanzialmente quelli del 2009, €7,5 MLD. Inoltre la quota base di finanziamento cala ancora (- di €4,2 MLD). La % delle risorse premiali diventa il 28,6% di tutto il FFO, contro il 27,2% dello scorso anno ed il 19,5% del 2014, al netto dei dipartimenti d’eccellenza (€271 milioni) sommando i quali si raggiunge il 31,8% delle risorse complessive, il suo massimo storico. La componente legata al costo standard è di €1,8 MLD (con un + di €150 mln, 8% in più del 2020, dal 40 al 44% della quota base complessiva. La quota storica tocca il minimo di €2 miliardi (- €407 mln rispetto al 2020, con un - di oltre il 16%, dimezzata rispetto al 2014). (F: Flc Cgil 29.07.21)

 

 

LAUREE–DIPLOMI-FORMAZIONE POST LAUREA–OCCUPAZIONE

 

RAPPORTO ALMALAUREA 2021

Laureati sempre più giovani. Cala ancora l’età alla laurea, per il complesso dei laureati nel 2020, pari a 25,8 anni. Età ridotta in misura apprezzabile rispetto all’ordinamento universitario precedente alla Riforma D.M. n. 509/1999, che ha continuato a decrescere fino al 2018 per poi rimanere pressoché costante (era 26,9 anni nel 2010). Anche la regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato recentemente un miglioramento costante e marcato, seppure nell’ultimo anno per effetto della proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19. Nel 2020 la percentuale raggiunge il 58,4% (era il 39,0% nel 2010).

Donne oltre la metà dei laureati. Le donne, che da tempo costituiscono oltre la metà dei laureati in Italia, rappresentano tra quelli del 2020 il 58,7% del totale. Tale quota risulta tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni. Si rileva una forte differenziazione nella composizione per genere dei vari ambiti disciplinari. Le donne, che sono più regolari negli studi e più coinvolte degli uomini in esperienze che hanno effetti positivi sul piano occupazionale (in particolare fanno più tirocini), sono però più penalizzate nell’inserimento lavorativo. A un anno dalla laurea a parità di altre condizioni, la probabilità di trovare una occupazione per gli uomini è del 17,8% superiore a quella delle donne. Superiore è anche la retribuzione: di 89 euro, sempre a parità di condizioni e sempre a favore degli uomini.

Contesto socio-culturale determinante. Nel Rapporto emerge che, tra i laureati, sono sovra rappresentati quanti provengono da ambienti familiari favoriti sul piano socio-culturale. Il 30,7% ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario (nel 2010 era il 26,5%). Il contesto familiare di origine condiziona le scelte formative e professionali dei giovani. In particolare, tra chi ha almeno un genitore laureato, il 20,1% dei laureati completa gli studi nello stesso gruppo disciplinare di uno dei genitori (è il 35,5% tra i percorsi a ciclo unico, quelli che portano più spesso alla libera professione). 18.06.21

 

II LAVORO E GLI STIPENDI DEI LAUREATI

Tasso d’occupazione (in %) e stipendi a 5 anni dalla laurea per laureati magistrali a ciclo unico. Anno d’indagine 2020 (Fonte: Sole e AlmaLaurea 21.06.21)



 

LAUREE ABILITANTI PER TUTTE LE PROFESSIONI CHE NE FARANNO RICHIESTA

Novità sul disegno di legge “Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti” (atto Camera 2751). Il testo è composto da cinque articoli: il primo rende direttamente abilitanti le lauree magistrali a ciclo unico in odontoiatria e protesi dentaria (classe LM-46), in farmacia e farmacia industriale (classe LM-13), in medicina veterinaria (classe LM-42) e in psicologia (classe LM-51). Il secondo interviene invece sulle lauree professionalizzanti in professioni tecniche per l'edilizia e il territorio (classe LP-01), in professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali (classe LP-02) e in professioni tecniche industriali e dell'informazione (classe LP-03) che abiliteranno all'esercizio delle professioni, correlate ai singoli corsi di studio, di geometra laureato, di agrotecnico laureato, di perito agrario laureato e di perito industriale laureato. Questi articoli non sono cambiati durante il passaggio in commissione. Diverso invece il destino dell'articolo 3, che va a modificare l'esame di laurea per renderlo più “professionalizzante”, come spiega Manuel Tuzi, relatore in commissione del provvedimento: “sarà predisposta una commissione paritetica tra mondo delle professioni e mondo accademico per la corretta definizione degli esami di stato, che saranno contestuali alla laurea e non più successivi”. (F: M. Damiani, ItaliaOggi 16.06.21)

 

CORSI DI LAUREA A NUMERO CHIUSO E ORIENTAMENTO

Delle 4.970 lauree che compongono l'intera offerta formativa per l'anno accademico 2021/22 oltre il 36% (e cioè 1.837) presenta l'ingresso contingentato. Di queste, 1.066 sono ad accesso programmato locale e 771 nazionale.

“Orientazione” è la piattaforma web per le scuole e gli alunni che sarà operativa da ottobre 2021. Collegandosi al portale www.orientazione.it  ogni ragazzo può fare una «prova di posizionamento» e scoprire a che livello è la sua preparazione nelle stesse aree in cui si svolgono i Tolc (Test online CISIA). Alla fine del test, oltre al dettaglio sulle risposte esatte e sbagliate, lo studente può scoprire anche dove si è posizionato rispetto al punteggio medio di quel Tolc e, di fatto, autorientarsi. Il progetto coinvolge 62 università e 4mila scuole superiori. (F: Sole Scuola24)

 

STUDIO DI UNIONCAMERE E ANPAL. LAUREE PER TROVARE FACILMENTE LAVORO NEI PROSSIMI CINQUE ANNI

Studio di Unioncamere e ANPAL: fra il 2021 e il 2025 il fabbisogno di laureati in Italia sarà attorno a 1,2 milioni di unità,  in media, fra i 228 mila e i 239 mila laureati l’anno, e riguarderà per il 61-62% il settore privato, per il 38-39% la pubblica amministrazione.

Le lauree per trovare facilmente lavoro nei prossimi 5 anni secondo lo studio: 1° area economico-statistica (36-40 mila laureati l’anno). 2° area giuridica e politico-sociale (39 mila l. a.). 3° medico-sanitaria (33-35mila l. a.) con una crescente domanda dovuta all’invecchiamento della popolazione e all’adeguamento dei sistemi sanitari a seguito della pandemia. 4° ingegneristica (31-35mila l. a.). (F: www.proiezionidiborsa.it/  13.06.21)

 

LE LAUREE PIÙ RICHIESTE DAL MONDO DEL LAVORO E DELLE IMPRESE

Secondo lo studio “Previsioni dei Fabbisogni Occupazionali e Professionali in Italia a Medio Termine” a cura del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere le lauree più richieste dal mondo del lavoro e delle imprese tra il 2021 e il 2025 saranno quelle che daranno più contributo alla trasformazione digitale e all'ecosostenibilità, che dovrebbero coinvolgere tra il 26% e il 29% dei lavoratori in azienda e nel settore pubblico. Saranno quelle che si occupano di Meccatronica e Robotica, Salute e benessere, Education e Cultura, Mobilità, Logistica, Energia. Ecco la classifica degli indirizzi di studio che coinvolgeranno più lavoratori: Economico - Statistico, Giuridico e Politico-Sociale (fino a 39.900 unità), Medico-Sanitario (fino a 35.500 unità), Ingegneristico (fino a 34.600). SEGUONO Insegnamento e Formazione (25.000), Letterario, Filosofico, Storico e Artistico (13.000), poi Architettura, Urbanistico e Territoriale (13.400 unità). (F: skuola.net e

Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere 28.07.21)

 

UNIVERSITY REPORT 2021 DELL’OSSERVATORIO JOB PRICING. LAUREE PER TROVARE LAVORO PIÙ FACILMENTE

Secondo l’University Report 2021 dell’Osservatorio Job Pricing le migliori lauree con cui trovare lavoro sono: Scienze biologiche, Scienze giuridiche, Scienze fisiche. Scienze mediche, Ingegneria Gestionale. Un altro fattore da tenere in considerazione quando si parla di lauree con cui trovare lavoro più facilmente, e che fanno guadagnare di più, è la scelta tra università private e pubbliche. Infatti, sebbene le prime abbiano rette molto più alte, offrono anche un ritorno economico superiore del 12% rispetto ad un ateneo pubblico e del 2% rispetto ad un politecnico. Nello specifico i laureati all’interno di un’università privata arrivano a percepire un RAL di 43.045 €, nei politecnici di 42.369 €, mentre nelle università pubbliche solamente di 38.350 €. (F: M-G., Money 23.06.21)

 

LA RIFORMA DEGLI ITS. UN GRANDE PASSO PER LA FORMAZIONE

In un’intervista al Sole 24 Ore, la ministra per gli Affari Regionali non ha mancato di esprimere la propria soddisfazione per il via libera di Montecitorio alla riforma. “L’approvazione è un passo davvero importante, andiamo verso una legge moderna, utilissima per i giovani, per le imprese, e per il sistema Paese”, ha spiegato Gelmini. “Il testo della proposta di legge nasce da un’iniziativa parlamentare mia e della collega Aprea (Valentina, deputata di Forza Italia e responsabile del dipartimento Istruzione, ndr), alla quale sono stati accorpati testi presentati da altri gruppi. Ringrazio il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, senza il suo contributo non avremmo avuto questa accelerazione. E ringrazio Confindustria, le associazioni datoriali e delle imprese. Abbiamo scritto una bella pagina”.

Gelmini ha poi spiegato il senso della riforma. “Vogliamo far fronte alla crescente domanda di figure specializzate da parte delle imprese e vogliamo gettare le basi per attuare il PNRR evitando che le risorse stanziate possano essere sprecate. La formazione professionalizzante deve diventare la chiave per il futuro, per dare prospettive certe ai nostri giovani e per permettere alle imprese di trovare le figure che non riescono a reperire”. Per questo “siamo intervenuti in questa direzione. Non a caso il PNRR destina 1,5 miliardi agli ITS, venti volte più del finanziamento annuale pre-Covid, con l’obiettivo di raddoppiare il numero di iscritti, attualmente pari a 18.750 frequentanti e 5.250 diplomati all’anno: l’obiettivo è far lievitare, e di molto, questi numeri”.

Non è tutto. “È stata poi trovata una sintesi virtuosa sull’accreditamento nazionale delle Fondazioni ITS, per le quali la norma nazionale prevede gli standard minimi da adottare d’intesa con le Regioni”. (F: formiche.net luglio 2021)

 

ISTITUTI TECNICI SUPERIORI. Riforma 1.2: Riforma del sistema ITS. Investimento 1.5: Sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (ITS)

Il PNRR prevede un investimento significativo, €1,5 miliardi, e una Riforma strettamente intrecciata, che riguarda gli Istituti Tecnici Superiori. Obiettivi della Riforma sono

- rafforzare il sistema ITS estendendo il modello organizzativo e didattico anche ad altri contesti formativi: - consolidare gli ITS nel sistema ordinamentale dell’Istruzione terziaria professionalizzante; - rafforzare la presenza attiva degli ITS nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori; - semplificare la governance degli ITS; - ampliare il numero degli ITS; - incrementare il numero di iscritti; - integrare i percorsi ITS con il sistema universitario delle lauree professionalizzanti.

Il coordinamento fra le scuole professionali, gli ITS e le imprese sarà assicurato replicando il "modello Emilia Romagna" dove collaborano scuole, università e imprese.

L’investimento 1.5 con un finanziamento ragguardevole (un miliardo e mezzo fino al 2025) vista l’attuale dimensione del sistema ITS (18.750 frequentanti e 5.250 diplomati all’anno) ha la finalità di dare gambe alla riforma attraverso specifici interventi che partiranno nel 2021 e si concluderanno nel 2025. In particolare gli obiettivi di questa misura sono i seguenti: - Incremento del numero di ITS; - Potenziamento dei laboratori con tecnologie 4.0; - Formazione dei docenti perché siano in grado di adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali; - Raddoppio del numero di studenti iscritti in ITS e di conseguenza il numero di diplomati; - Sviluppo di una piattaforma digitale nazionale per le offerte di lavoro rivolte agli studenti in possesso di qualifiche professionali.

Particolarmente rilevante è l’intervento sugli ITS che di fatto si intende trasformare in Enti di formazione professionale terziaria scollegate dalle scuole (che fino ad oggi è l’ente promotore e soggetto pubblico di riferimento) e in cui la presenza di Università e degli Enti di Ricerca si trasforma in collaborazione invece che soggetti necessari per la costituzione degli Istituti. Nella versione finale il pesante intervento sugli ITS è stato mitigato con un riferimento esplicito al modello dell’Emilia Romagna “dove collaborano scuole, università e imprese” che comunque non sembra in grado di modificare l’indirizzo delle misure proposte. (F: Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani  https://tinyurl.com/yaueesju giugno 2021)

 

POSSONO VALERE ANCHE COME LAUREE I NUOVI DIPLOMI DELLE ACCADEMIE PER L'ISTRUZIONE TECNICA SUPERIORE (ITS ACADEMY)

In Italia solo il 28,9% dei giovani ottiene un titolo di studio terziario contro una media europea del 40,5% (Istat). Ragione n. ro 1 la scarsità di forme di istruzione terziaria a carattere professionalizzante. Il PNRR investe sugli ITS per avere nel 2026 10.500 diplomati (solo 3% in più con un titolo di studio terziario).

Gli ITS si chiameranno «ITS Academy» e si occuperanno della «formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze» e daranno un diploma che, nel caso di corso triennale, è equivalente a quello della laurea, nelle discipline che riguardano i trasporti, l’edilizia, il turismo, il made in Italy, i servizi alle imprese, le tecnologie della vita e la transizione ecologica e l’ICT. Sarà votata alla Camera in prima lettura la legge che riforma gli ITS, istituti tecnici superiori, e li trasforma in una vera e propria «seconda gamba» dell’istruzione terziaria: si tratta di percorsi con almeno il 30 per cento di laboratori e tirocinii. Dopo tredici anni di esperimenti a livello locale, gli Its diventeranno - dopo l’approvazione anche da parte del Senato - una realtà nazionale, con regole uniformi, requisiti minimi e standard di qualità condivisi. E con un diploma che sarà valido per i concorsi pubblici e riconosciuto anche dal ministero dell’Istruzione. E’ del resto uno dei progetti che sono scritti nel PNRR, e di cui il premier Mario Draghi aveva parlato nel suo discorso di insediamento. Lo scopo è quello di raddoppiare il numero degli iscritti che al momento non tocca i quindicimila.

Uno dei temi più delicati, oltre alla ridefinizione delle aree in cui operano, è il rapporto con le regioni che hanno la formazione professionale come loro competenza esclusiva. Gli ITS potranno essere solo e soltanto Fondazioni composte almeno da un Istituto tecnico e professionale della provincia; una struttura formativa accreditata dalla Regione; un’impresa che usi tecnologie dell’area di riferimento dell’ITS; un dipartimento universitario o - e questa è una novità - un ente di ricerca pubblico o privato operante nell’area tecnologica di riferimento. Dovranno contribuire al patrimonio dell’ITS e avere un’esperienza nel campo dell’innovazione.

Il testo unico di riforma degli ITS è stato criticato fortemente da imprese e regioni. Si attende quindi un confronto politico. (F: CorSera Università 03.07.21)

 

MONITORAGGIO NAZIONALE INDIRE SUGLI ISTITUTI TECNICI SUPERIORI (ORA ITS ACADEMY)

L'annuale monitoraggio nazionale INDIRE sugli Istituti Tecnici Superiori (ITS) dimostra anche questa volta che il sistema funziona. L'80% dei diplomati ITS ha infatti trovato lavoro a un anno dal diploma, il 92% degli occupati in un'area coerente con il percorso di studi. Il dato è riferito al 2020, l'anno dell'inizio della pandemia, che ha seriamente scosso il mondo dell'economia e del lavoro in tutto il mondo. La rilevazione ha analizzato 201 percorsi terminati nel 2019, erogati da 83 Fondazioni ITS su 104 costituite al 31 dicembre 2019 con 5.097 studenti e 3.761 diplomati.

Un risultato complessivo migliore di quanto registrato dall'Università italiana, che secondo l'ultimo rapporto del consorzio AlmaLaurea (che si riferisce al 2019), si ferma a poco più del 70% di laureati occupati nello stesso arco temporale. L'80% dei diplomati ITS ha lavoro a 1 anno dal diploma, il 92% in area coerente con il percorso studi. Dato INDIRE riferito al 2020. Meglio dell'università, che secondo l'ultimo rapporto AlmalLaurea (riferito al 2019) è di poco + del 70% di laureati occupati nello stesso arco temporale.

Con 409 voti a favore, 7 contrari e 4 astensioni, Montecitorio ha dato via libera al testo unificato delle proposte di legge sulla ridefinizione della missione e dell’organizzazione degli Istituti tecnici superiori in attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

“La riforma degli ITS Academy, il post diploma non universitario, è un risultato storico che aiuterà sempre di più ragazzi e famiglie nonché il sistema produttivo del Paese. Non a caso passa sostanzialmente all’unanimità”, commenta Gabriele Toccafondi, deputato di IV e relatore del provvedimento“. L’Aula della Camera ha votato all’unanimità un testo che non rivoluziona o stravolge il sistema – che funziona – ma lo aiuta a crescere, rispondendo ai bisogni di nuove figure professionali, migliorando l’orientamento e la conoscenza dello strumento nonché la spendibilità del titolo di studio. Occorre svolgere ancora molto lavoro per migliorare il rapporto tra ITS Academy e sistema universitario. (F: Cor Com luglio 2021)

 

ESAMI A DISTANZA

Il TAR Lazio (sent. n. 5797 17.05.21) ha confermato la legittimità della nota della Direzione generale della formazione universitaria del MIUR, con la quale il MUR ha respinto la proposta di modifica regolamentare dell’Università Telematica “Pegaso”, che prevedeva in via generalizzata e permanente esami di profitto anche a distanza e non in presenza. (F: Oss. Univ. maggio 2021)

 

LE CRITICITÀ IN ISTRUZIONE E RICERCA SECONDO ADI, ASSOCIAZIONE DOCENTI E DIRIGENTI SCOLASTICI ITALIANI

La 4^ Missione Istruzione e Ricerca del PNRR vede allocati complessivi €30,88 MLD ed è

suddivisa in 2 componenti: 1. M4C1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università per €19,4 MLD. 2. M4C2- Dalla ricerca all’impresa per €11,44 MLD. L’ADI ha messo  preliminarmente in evidenza tutte le criticità esistenti in istruzione e ricerca, così indicate:

1. Carenze strutturali nell’offerta di servizi di educazione e istruzione primari (carenza dei servizi per l’infanzia in particolare nidi d’infanzia, ridotto tempo pieno alla scuola primaria).

2. Gap nelle competenze di base, alto tasso di abbandono scolastico e divari territoriali. Il tasso di abbandono scolastico raggiunge il 3,8% nelle scuole secondarie di 1° grado, dove è fortemente correlato alle condizioni socioeconomiche ed aumenta considerevolmente nei cicli di istruzione successiva. La percentuale di giovani compresi tra 18 e 24 anni che hanno un livello di istruzione non superiore a quello secondario di primo grado è, in Italia, del 14,5% rispetto alla media europea del 10%. Gli studenti italiani di 15 anni si collocano al di sotto della media OCSE in lettura, matematica e scienze.

3. Bassa percentuale di adulti con un titolo di studio terziario. La percentuale di popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario è pari al 28% rispetto alla media del 44% nei paesi OCSE.

4. Silos mismatch tra istruzione e domanda di lavoro. Circa il 33% delle imprese italiane lamentano difficoltà di reclutamento, mentre sono il 31% i giovani fino a 24 anni  che non hanno un’occupazione ma la cercano. Allo stesso tempo, solo l’1,7% degli studenti terziari si iscrive a corsi di istruzione professionalizzante (ITS), che pure hanno prodotto in anni recenti esiti occupazionali significativi (più di 80% di occupati a un anno dal diploma).

5.Basso livello di spesa in Ricerca e Sviluppo.

6.Basso numero di ricercatori e perdita di talenti.

7.Ridotta domanda d’innovazione.

8.Limitata integrazione dei risultati della ricerca nel sistema produttivo.

(F: Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani  https://tinyurl.com/yaueesju giugno 2021)

 

FNOMCEO: A OGNI LAUREATO IN MEDICINA DEVE CORRISPONDERE UNA BORSA DI SPECIALIZZAZIONE O PER LA MEDICINA GENERALE

Il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), in apertura del Comitato centrale, ha espresso "soddisfazione per l'accordo, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, per la ridefinizione dei fabbisogni di medici specialisti da formare nel triennio 2020/2023: si tratta, in totale, di oltre 38.900 posti nelle Scuole, 13.000 in più rispetto al triennio precedente. L'accordo prevede la formazione per l'anno accademico 2020-21 di almeno 13.507 nuovi medici specializzati, di altri 13.311 per l'anno accademico 2021-22 e di altri 12.124 per l'anno accademico 2022-23. Questo aumento dei posti, da solo, non riuscirà tuttavia a risolvere il problema dell'imbuto formativo, creato e ampliato dalla discrepanza tra il numero dei laureati, in crescita, e la disponibilità, inferiore, dei contratti per le Scuole di Specializzazione e le borse per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale". Secondo Il presidente della Fnomceo, “anche quest'anno, e quello dopo, e quello dopo ancora, un medico su quattro non riuscirà ad entrare, e andrà a ingrossare le file dei "camici grigi, inoccupati, sottooccupati o disoccupati. Ora occorre un colpo di reni, per mettere finalmente in atto quella riforma da tante parti auspicata, che a ogni laurea in Medicina faccia corrispondere, per legge, una borsa nelle Scuole o al Corso di Formazione per la Medicina Generale". (F: Sole24 05.06.21)

 

LE RIFORME DELLA REGOLAMENTAZIONE DELLE PROFESSIONI DOVREBBERO SEGUIRE PRINCIPI SPECIFICI PER OGNI MERCATO

Secondo il principio di auto-regolamentazione sono spesso le stesse organizzazioni professionali a definire le norme che regolano la pratica professionale attraverso i cosiddetti codici deontologici.

Si tratta di un principio che si fonda sull’idea che solo i professionisti stessi abbiano le competenze necessarie a valutare la qualità dei candidati e l’adeguatezza delle norme di comportamento. Se questa idea poteva essere valida in passato (e spesso in un passato molto lontano), ci sembra che nella maggior parte dei casi non lo sia più oggi. Riforme che potrebbero migliorare l’efficacia della regolamentazione professionale devono ovviamente essere disegnate in modo specifico per ogni mercato, ma si possono forse individuare alcuni principi generali. Per esempio, andrebbe ripensata la composizione delle commissioni d’esame riducendo il peso dei rappresentanti delle professioni al loro interno per ridurre i conflitti di interesse. Si dovrebbe anche garantire il completo anonimato degli esaminandi, magari abolendo gli orali laddove previsti, per limitare pratiche nepotistiche. Infine, il principio di auto-regolamentazione dovrebbe essere abbandonato, soprattutto per quanto riguarda la definizione delle norme di pratica professionale e il relativo potere sanzionatorio. (lavoce.info 08.06.21)

 

 

RICERCA

 

DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEI MINISTRI DELLA RICERCA DEL G20

In data 6 agosto 2021, i Ministri della Ricerca dei Paesi del G20 riuniti, per la prima volta, a Trieste, in un incontro presieduto dal Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, al quale hanno preso parte anche organizzazioni internazionali quali l’Ocse e l’Unesco, hanno concluso i lavori adottando una “Dichiarazione congiunta sulla valorizzazione della ricerca, dell’istruzione superiore e della digitalizzazione per una ripresa forte, sostenibile, resiliente e inclusiva”. Il documento si conclude con questa dichiarazione sulla cooperazione internazionale nella ricerca: “Riconosciamo che la cooperazione internazionale nella ricerca è di fondamentale importanza per il progresso della scienza e per risolvere le sfide sociali e globali, che non possono essere risolte da un solo Paese”.  Per questa ragione, integrando la Dichiarazione con un Allegato di buone pratiche, i Ministri della Ricerca dei Paesi del G20 hanno evidenziato l’esigenza di “incoraggiare il continuo scambio e il rafforzamento della collaborazione e della cooperazione in ricerca e istruzione superiore a livello internazionale”. (F: Oss. Univ. 31.08.21)

 

5 EDITORI NEL MONDO CONTROLLANO LA RICERCA ACCADEMICA

E’ stata una ricercatrice kazaka, Alexandra Elbakyan, a lanciare l’idea di un sito, di un aggregatore di materiale scientifico, donato dagli autori. O raccolto in mille altri modi. Alcuni al limite delle vaghe ed improbabili normative internazionali. In poco tempo, Sci-Hub è diventato un immenso database di conoscenze: oggi ci sono ottantacinque milioni di articoli, saggi, report e libri. Disponibili per chiunque. Ma, ovviamente, Alexandra Elbakyan ed il suo progetto sono subito entrati nel mirino di interessi potenti. In un settore, la ricerca accademica, che è controllata da appena cinque editori nel mondo. Cinque. Che ovviamente determinano il prezzo dei lavori che vendono. Prezzi – va ricordato, e lo ha fatto per ultima l’Electronic Frontier Foundation – che non hanno la minima giustificazione sul piano dei costi di produzione, diciamo così: visto che, solo per dirne una, la valutazione degli studiosi, necessaria prima di ogni eventuale pubblicazione, avviene quasi sempre a titolo gratuito. Almeno negli States. Prezzi proibitivi, si diceva. Al punto che qualche tempo fa, l’università di Harvard – che ha un bilancio di 35 milioni di dollari – se ne uscì con un comunicato che sapeva di avvertenza: i costi dei contratti con le case editrici scientifiche per noi stanno diventando insostenibili. (F: S. Bocconetti, il manifesto 07.06.21)

 

COME VERIFICARE LA QUALITÀ DEL PROCESSO DI SELEZIONE SEGUITO DA UNA RIVISTA PRESENTE NELLE LISTE VALIDE PER L’ABILITAZION SCIENTIFICA NAZIONALE

Un metodo per verificare la qualità del processo di selezione seguito da una rivista consiste nell’inviare un paper deliberatamente farcito di errori grossolani e di verificare poi se il paper viene pubblicato. Il metodo è già stato sperimentato da diversi ricercatori. Uno di questi ricercatori è un certo Bradley Allf, il quale ha raccontato la sua esperienza sul sito Undark, e l’autore (D. Drago) di questo articolo pubblicato su Roars la evidenzia come segue.

Il buon Allf ha spedito un “fake-article” alla rivista “US-China Education Review A”. L’articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2020 ed è tuttora liberamente accessibile sul sito della rivista (ultimo accesso: 10/6/2021). Oltre che dallo stesso Allf, l’articolo risulta firmato anche da Jesse B. Pinkman e da Walter H. White. Pinkman e White sono due personaggi della serie televisiva “Breaking Bad”. Pare sia una serie abbastanza famosa, sebbene io non abbia mai visto una puntata. Quindi anche io avrei potuto non accorgermi che i nomi degli autori erano sospetti.

L’articolo è costellato da affermazioni surreali. Per esempio, a pag. 159 il malcapitato lettore apprende che la craniotomia, eseguita sugli studenti, è uno degli strumenti utilizzati nella ricerca svolta da Allf e soci (inesistenti) per verificare l’efficacia dei nuovi metodi di insegnamento. A pag. 160 si legge che la città di Albuquerque (New Mexico) si trova nell’Arcipelago delle Galapagos e che anticamente il New Mexico confinava con le Galapagos. Rimarchevole anche la seguente affermazione a pag. 162: “Although we did not record the cloacal temperature for the participants involved in the study, we are confident that it had a minimal effect on the data” (sic!).

Penso non serva aggiungere altro, gli interessati possono approfondire personalmente. Eviterei di farvi perdere tempo con sciocchezze di questo genere, se non fosse per il fatto che US-China Education Review A è presente nelle liste valide per l’ASN delle aree 13 e 14.

In un commento all’articolo F. Belardo riferisce che pare che la “rivista” US-China Education Review A abbia ritirato il contributo, senza lasciare alcuna traccia dello stesso. Chi lo volesse leggere, lo può comunque trovare qui: https://tinyurl.com/2eh23sd8.

(F: D. Drago, Roars 07.07.21)

 

NEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA LA RICERCA È ALL’INTERNO DELLA “QUARTA MISSIONE”, INSIEME ALL’ISTRUZIONE, SOTTO IL TITOLO “DALLA RICERCA ALL’IMPRESA”. IL PIANO ITALIANO È DA DUE A CINQUE VOLTE QUELLO DEGLI ALTRI GRANDI PAESI EUROPEI.

Come ricorda Irene Tinagli in una nota su “ItalianiEuropei”, il dibattito pubblico sull’adeguatezza della governance economica europea la accompagna dal suo avvio, che risale al Trattato di Maastricht del 1992 e al Patto di stabilità e crescita del 1997. Next Generation EU, del luglio 2020, rappresenta perciò una novità: di strumento, di contenuti, di procedure e di modalità di finanziamento, affidata a regole, valutazioni e controlli. Una novità complessa e articolata, difficilmente assimilabile con poche frasi ad effetto. Tanto più se la banalizzazione che ne viene fatta, relativamente al suo strumento più rilevante, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), è quella di un “serbatoio di risorse da spendere”. Nel Piano la ricerca trova posto all’interno della “quarta missione”, insieme all’Istruzione, sotto il titolo “Dalla ricerca all’impresa” che già indica l’obiettivo e prefigura i percorsi. Complessivamente oltre 11 miliardi di solo PNRR sui cinque anni, integrati da circa 1.5 di ReactEU e Fondo complementare. Quasi 13 miliardi, quindi, su una capienza complessiva di oltre 235.

In termini di risorse, e includendo i fondi ReactEU, il piano tedesco è pari a circa 28 miliardi, quello francese 41, collocandoli però come parte del piano di investimenti per complessivi 100 miliardi, approvato a settembre 2020, sotto il titolo “France Relance”, mentre quello spagnolo (l’altro grande paese beneficiario dei maggiori finanziamenti europei) è relativo ai soli circa 70 miliardi di sovvenzioni, avendo per il momento rinunciato a richiedere i prestiti. Al netto del Fondo complementare (basato su risorse nazionali) il piano italiano è relativo a circa 140 miliardi, ovvero da due a cinque volte quello degli altri grandi paesi europei. (F: Flc Cgil 23.06.21)

 

PNRR. NECESSITÀ DI INTERVENTI AGGIUNTIVI STRUTTURALI SUI MEZZI DI BILANCIO PER LA RICERCA DI BASE

Un ambito decisivo di intervento del PNRR in una società della conoscenza, come oggi si dice, e cioè quello dedicato a università, ricerca e impresa, a una prima scorsa appare certamente bisognoso di interventi aggiuntivi strutturali sui mezzi di bilancio propri del Paese, nel prossimo quinquennio, se si vuole portare l’università italiana ad agganciare sulla quota del Pil a sua disposizione almeno la Francia, se non l’irraggiungibile Germania; i paesi a noi più coerenti in termini di ambizione di sistema in Europa.

Il “piano Amaldi”, di cui molto si è discusso in questi mesi, che individuava credibilmente un fabbisogno a regime di 15 miliardi all’anno da qui a un quinquennio se si voleva agganciare la Francia per il finanziamento strutturale della formazione superiore in Italia, e più determinatamente con due terzi di questo fabbisogno orientati alla ricerca di base e un terzo a quella applicata, non pare essere “atterrato” nelle pagine del PNRR. Non solo nella quantità degli impegni previsti, ma più ancora della qualità degli stessi, sostanzialmente orientati alla ricerca applicata, evidentemente ritenuta congiunturalmente più urgente per far ripartire, “riprendere”, il sistema Italia. Degli 11,44 Ml previsti, 4,53 Ml sono direttamente vocati al “sostegno ai processi di innovazione trasferimento tecnologico” e al “potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione”. Il sostegno alla ricerca di base è diluito nei 6,91 Ml imputati al “rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese”, e il grosso di questa misura nel senso della ricerca di base probabilmente troverà espressione nei 2,4 Ml appostati per il Programma Nazionale Ricerca e i Progetti di Ricerca di Significativo Interesse Nazionale. Insomma non molto, se non poco, per un’idea di Università&Ricerca che ne custodisca la dimensione “formativa” e “critica” e di libera ricerca orientata alla curiosità, per tradurre dall’inglese. Che come sanno gli addetti ai lavori, o almeno quelli che ancora ci credono, non è agostinianamente una vana curiositas dispersiva di risorse, ma il vero motore, come campeggia sul frontone della mia università, la Federico II, «Ad scientiarum haustum et seminarium doctrinarum», ovvero «alla fonte delle scienze e al vivaio dei saperi». (F: E. Mazzarella, Roars 27.05.21)

 

PNRR E RICERCA. TRE LE CRITICITÀ PRINCIPALI SECONDO FLC CGIL

1. La ricerca sembra sempre più piegata alle esigenze dei privati in un’ottica R&S (anche piuttosto semplicistica). 2. La ricerca di base è marginale in tutto il progetto. 3. Il sottofinanziamento dei fondi ordinari di Università e EPR rimane pressoché immutato. 4. Le assunzioni dei ricercatori sono o legate alle dinamiche imposte dalle imprese o con contratti a termine legati a specifici progetti. Pochissime risorse sono specificatamente indicate per le assunzioni. 5. Permane un’estrema esiguità delle risorse indirizzate al diritto allo studio universitario, considerato il divario rispetto al contesto internazionale con le tasse tra le più alte e il numero di laureati tra i più bassi. (F: Flc Cgil 24.06.21)

 

PIANO NAZIONALE DELLE RICERCHE - PNR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) pone al governo del nostro Paese, e ai suoi molteplici gangli amministrativi, numerosi interrogativi sulla reale capacità di progettazione e di esecuzione, nei tempi previsti, di attività progettuali in grado di produrre impatti rilevanti e durevoli. Proprio per evitare di concentrarsi solo sui fondi messi a disposizione dal Piano e con l’obiettivo di impostare una crescita sistemica e duratura, la lettura del PNRR non può e non deve prescindere quindi dallo studio del PNR 2021-2027 (Piano Nazionale delle Ricerche), approvato al CIPE il 15 dicembre 2020. Il PNR, infatti, è il documento che orienta le politiche della Ricerca in Italia anche con riferimento al raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030 e ispirandosi alla recente Annual Sustainable Growth Strategy della Commissione Europea e allo European Green Deal.

Sei sono i grandi ambiti di Ricerca e innovazione individuati nel PNR: Salute; Cultura umanistica, creatività, trasformazioni sociali, società dell’inclusione; Sicurezza per i sistemi sociali; Informatica, industria, aerospazio; Clima, energia, mobilità sostenibile; Tecnologie sostenibili, agroalimentare, risorse naturali e ambientali. I sei grandi ambiti hanno dato origine a ben ventotto diverse aree di intervento, ciascuna declinata da uno specifico gruppo di lavoro costituito da esperti provenienti dal mondo dell’Università e degli Enti pubblici di ricerca, e dettagliata in articolazioni di ricerca. Il risultato ottenuto permette, quindi, di identificare con precisione specifici domini di importanza cruciale per il Paese, si pensi ad esempio a quelli della Cybersecurity, della Transizione Digitale, dell’Artificial Intelligence, delle Quantum Technologies, solo per citarne alcuni. (F: G. Pirlo,  Agenda Digitale 01.07.21)

 

PROCEDURA DI VALUTAZIONE DEI PROGETTI DI RICERCA PER L’EMERGENZA COVID. RITARDI E MANCATA TRASPARENZA

ROARS – anche per rispondere alle sollecitazioni dei suoi lettori – ha seguito da vicino le vicende della procedura per la presentazione di proposte progettuali di ricerca a valere sul Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR), con la quale il MUR il 27 maggio 2020 si era affrettato a finanziare “proposte di particolare rilevanza strategica, finalizzate ad affrontare le nuove esigenze e questioni sollevate dalla diffusione del virus SARS-Cov-2 e dell’infezione Covid-19”. I fondi pubblici messi a disposizione per finanziare l’iniziativa risultavano inferiori a quanto investito in iniziative similari portate celermente a termine da altri Paesi europei. Ma si trattava pur sempre di 21 milioni di euro, destinati secondo il bando a finanziare idee di ricerca raggruppate in tre macroaree: Life Sciences, Physics and Engineering, Social Sciences and Humanities.

Le tempistiche concesse ai ricercatori per confezionare le loro proposte erano assai strette, perché il bando stabiliva che l’inoltro delle proposte progettuali avrebbe dovuto avvenire entro il 27 giugno 2020, concedendo quindi solo 30 giorni dalla pubblicazione dell’avviso per mettere a punto l’idea di ricerca. Ma nemmeno l’opulenta dotazione di risorse finanziarie messe in campo dal MUR per concludere la selezione di progetti di ricerca finanziabili con l’urgenza scandita dalla pandemia in atto ha potuto scuotere il mesto incedere della burocrazia ministeriale di viale Trastevere.

A nulla sono valsi (ma nessuno, per la verità, si era illuso di sortire effetti) i pubblici richiami alla necessità di procedere in modo spedito alla definizione della procedura di selezione che ROARS ha lanciato ai primi di settembre 2020, alla fine di ottobre 2020, a fine gennaio 2021 e infine a metà marzo 2021. Il 14 maggio 2021 è comparso sul sito del MUR il decreto direttoriale firmato il 30 aprile 2021 dal direttore generale del MUR. Da questo decreto del capo della burocrazia ministeriale universitaria si apprende: che il panel è stato nominato dal MUR con Decreto Ministeriale n. 655 del 18 settembre 2020, registrato dall’U.C.B. il 28 settembre 2020 con il n. 585 e dalla Corte dei conti il 8 ottobre 2020 n.1977; che però il panel (forse per tentare di guadagnare tempo prezioso) ha tenuto la riunione di insediamento ancor prima che fosse emanato il decreto ministeriale del 18 settembre, già il 16 settembre, per poi riunirsi il 22 ottobre 2020 e giungere finalmente a redigere il verbale finale sulle valutazioni operate il 23 marzo 2021.

A quanto è dato sapere, al termine di questo lungo processo di valutazione, prolungatosi facendosi beffe dei termini urgenti che lo stesso Ministero si era imposto di seguire redigendo il bando, i proponenti dei progetti che non sono stati ritenuti finanziabili non hanno ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito all’esito negativo della valutazione, né hanno ricevuto, tramite il portale MUR attraverso cui si sottopongono le proposte, copia delle valutazioni ricevute dai panel con l’ausilio dei tre esperti di settore che ciascun trio di panelisti (tutti rimasti anonimi anche al termine della procedura) avrebbe dovuto interpellare per valutare nel merito le proposte esaminate. (F: Red.ne Roars 03.06.21)

 

ISTITUITO IL COMITATO NAZIONALE PER LA VALUTAZIONE DELLA RICERCA (CNVR)

DL 31.05.21 n. 77 Art. 64*, c. 1. Al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione, è istituito il Comitato nazionale per la valutazione della ricerca (CNVR) composto da 15 studiosi, italiani o stranieri di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, nominati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, tra i quali dieci componenti sono scelti dal Ministro dell'università e della ricerca nel rispetto del principio della parità di genere e gli altri cinque sono designati, uno ciascuno, dal presidente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca, dal presidente dell’European Research Council e dal presidente dell’European Science Foundation. Il Comitato è regolarmente costituito con almeno dieci componenti. (F: pdf_3_-2.pdf -money.it- 31.05.21).

 

LA RICERCA HA BISOGNO DI VALUTATORI ESPERTI

Nella realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per essere efficaci per la gestione dei denari pubblici, sarebbe utile prevedere una struttura che permetta l'effettiva applicazione delle migliori prassi di valutazione e selezione della ricerca. Non è sufficiente il ricorso al contributo di valutatori esperti per attuare un sistema di qualità per la valutazione Serve un ufficio in cui operino professionisti con competenze specifiche per lo svolgimento di questo lavoro che mettano gli esperti nella condizione di dare al meglio il proprio contributo e garantiscano la correttezza e la trasparenza del processo di selezione. (F: F. Pasinelli, Corr. Econ. 28.06.21)

 

VALUTAZIONE AL RISPARMIO E OPACA

La scelta esercitabile in via telematica prevedeva che l’avente diritto a rientrare nelle liste dei valutatori cui i GEV avrebbero potuto chiedere di valutare i prodotti della VQR, si dichiarasse pronto a valutare fino a 50 prodotti in modo completamente gratuito, oppure acconsentisse a farlo solo in cambio di (una non meglio specificata) retribuzione.

Quel che conta in questo processo di valutazione al risparmio, che pretende di valutare l’eccellenza a costo zero, è consentire ai capi della burocrazia anvuriana di farsi belli, mostrando che la costosa macchina della valutazione sa risparmiare su quanto non dovrebbe essere oggetto di risparmio, facendolo proprio sul fondamentale atto tecnico della valutazione. Proprio dove un’adeguata retribuzione servirebbe anche a garantire la qualità e la serietà delle valutazioni operate, e dove un meccanismo come quello escogitato nei fatti da ANVUR (chiedere formalmente al futuro valutatore se è disposto a valutare dietro compenso, o non, e poi nei fatti affidare la valutazione solo agli esperti dichiaratisi disposti a valutare gratis fino a 50 prodotti di ricerca, così mettendo in scena un ridicolo gioco delle tre carte) si commenta da solo. Rispecchiando fedelmente la serietà dell’intero processo di valutazione sulla cui base continueranno ad essere distribuite in Italia le eccellenti prebende dei dipartimenti dei “migliori”.

Inoltre in nome di una regoletta inserita in un D.P.R. del 2011 si continua a stendere un velo istituzionalmente (im)pietoso sull’operato delle commissioni di valutazione allo scoccare dei 4 mesi dalla prima pubblicazione dei giudizi. Valutare come si dovrebbe la qualità della ricerca costa tempo e fatica e non può non avere un costo. E chi valuta con scrupolo e rigore, terminato il suo lavoro, dovrebbe potersi dire orgoglioso che il frutto del suo impegno, svolto in scienza e coscienza, sia reso conoscibile alla comunità scientifica (pur se col filtro dell’anonimato). (F: Red.ne Roars 28.06.21 e 05.07.21)

 

RIUSCIRE A MODIFICARE I GENI DIRETTAMENTE NEL CORPO

Modifica dei geni. Studio storico: la convergenza mRna e Crispr in vivo funziona. I risultati pubblicati sul New England Joumal of Medicine mostrano per la prima volta che la terapia iniettata direttamente nel corpo cura una malattia ereditaria. E apre le speranze per un utilizzo più ampio. Un traguardo che si attendeva da quando Crispr/Cas9 è stato scoperto (e che è valso il Premio Nobel alle ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna). Riuscire a modificare i geni direttamente nel corpo apre la porta al trattamento di una gamma ben più ampia di malattie. E ora uno studio, pubblicato sul New England Joumal of Medicine, dimostra per la prima volta che ciò è possibile.  (F: F.C. Sole 01.07.21)

 

IL POTERE ANTIBATTERICO DELLA PENICILLINA SCOPERTO DA UN ITALIANO 33 ANNI PRIMA DI FLEMING

Il medico molisano Vincenzo Tiberio «in un articolo del 1895 scrive che alcune delle muffe - tra cui il Penicillium glaucum - producono molecole in grado di inibire lo sviluppo dei batteri: di fatto scopre il potere antibatterico della penicillina 33 anni prima di Alexander Fleming». E’ una delle storie raccontate nel libro “Geni nell'ombra: storia di grandi menti alle quali è stata soffiata l'idea” (Codice) delle giornaliste Milly Barba e Debora Serra. (F: Rep Venerdì luglio 2021)

 

DA RICERCATORI DEL MICHIGAN UN NUOVO METODO PER INDIVIDUARE LE MICROPLASTICHE OCEANICHE

Ricercatori dell'università del Michigan, grazie al sistema satellitare di navigazione globale Cyclone, o CYGNSS, hanno sviluppato un nuovo metodo per individuare le microplastiche oceaniche in tutto il mondo e tracciare i loro spostamenti nel tempo, fornendo una cronologia giorno per giorno di dove entrano nell'acqua, come si muovono e dove tendono ad accumularsi. Il lavoro svolto è stato recentemente pubblicato su IEEE Transactions on Geoscience and Remote Sensing. Si stima che circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrino nell'oceano ogni anno. (F: redgreen.website giugno 2021)

 

CENTRO RICERCHE ENRICO FERMI - CREF

Alla fine del 2019 il Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi” (CREF) è finalmente entrato in possesso dello storico complesso monumentale di via Panisperna, totalmente restaurato, come sede definitiva per le proprie attività. L’idea che ha spinto l’istituzione del Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche Enrico Fermi (Centro Ricerche Enrico Fermi - CREF) è stata quella di riportare la famosa ‘palazzina’ di Via Panisperna ad un utilizzo scientifico che onorasse la memoria di Enrico Fermi e del suo gruppo dei “ragazzi di via Panisperna” che, con le loro fondamentali scoperte, hanno dato un contributo cruciale alla fisica moderna. (F: cref.it agosto 2021)

 

 

SISTEMA UNIVERSITARIO

 

IL FALLIMENTO DEL PIÙ PROFONDO E MEDITATO TENTATIVO RIFORMATORE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO ITALIANO NELL’ETÀ REPUBBLICANA, IL D.D.L. 2314

Su Il Mulino (23.06.21) un articolo di Andrea Mariuzzo ricorda il d.d.l. 2314 che fu presentato dal ministro Luigi Gui nel 1965 e mai approvato fino alla fine della IV Legislatura nella primavera del 1968. Ad affossarlo era stata la radicalizzazione del conflitto studentesco allora montante, ma aveva ampie responsabilità anche l’atteggiamento di chiusura conservatrice di gran parte del corpo professorale. Era stato soprattutto questo a deludere chi, come Paolo Prodi ed esponenti e pensatori della cultura cattolica riformatrice e democratica a cui Prodi si rifaceva, si era impegnato per anni sul tema del rinnovamento degli alti studi in Italia con incontri, pubblicazioni, e lavoro a volte dietro le quinte, a volte in prima persona nelle commissioni attivate dal Parlamento. L’articolista ricorda anche la provocazione di Prodi (un annuncio economico in forma anonima, apparso su «Il Giorno» il 12 gennaio del 1969 e destinato a scatenare polemiche) che intendeva rappresentare questo stato d’animo.

Da un lato, essa era la presa di distanze da un modo di intendere la professione accademica come un universo separato dal resto della società, impenetrabile alle sollecitazioni di un mondo in continuo e rapido sviluppo. Dall’altro, costituiva la rivendicazione del ruolo positivo che l’intellettuale di professione, educato al tradizionale rigore della comunità degli studi universitari, poteva svolgere in una società in cui la sua figura non possedeva più il monopolio delle conoscenze specialistiche, ma era ancora in grado di produrle, maneggiarle e diffonderle. L’esigenza di una discontinuità nel modo di intendere la vita accademica nella complessa società contemporanea, insomma, non era separata dalla necessità di ribadire le ragioni che avevano condotto l’università a diventare, nel mondo occidentale, il luogo che custodiva, selezionava e certificava il sapere critico. (F: A. Mariuzzo, Il Mulino 23.06.21)

 

CORTE DEI CONTI. COMUNICATO STAMPA N. 34 DEL 26/05/2021. IL REFERTO SUL SISTEMA UNIVERSITARIO.

La spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse d’iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti. Il referto evidenzia, inoltre, profili di criticità nell’ambito della ricerca scientifica in Italia con particolare attenzione a quella del settore università:“nel periodo 2016-2019 l’investimento pubblico nella ricerca appare ancora sotto la media europea”, mentre le attività di programmazione, finanziamento ed esecuzione delle ricerche si caratterizzano “per la complessità delle procedure seguite, la duplicazione di organismi di supporto, nonché per una non sufficiente chiarezza sui criteri di nomina dei rappresentanti accademici in seno ai suddetti organismi. Risultano, poi, ancora poco sviluppati i programmi di istruzione e formazione professionale, le lauree professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia e trasporti, ingegneria, e mancano i laureati in discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione.

Per quanto riguarda la collaborazione tra università e settore produttivo privato, invece, appare positivo il ruolo svolto da uffici per il trasferimento tecnologico e imprese spin off, con un notevole incremento della spesa per la protezione della proprietà intellettuale, più che raddoppiata nel quadriennio 2016-2019, come è quasi raddoppiato il numero dei brevetti concessi riconducibile alle attività di ricerca delle università italiane. (F: Red.ne Roars 31.05.21)

 

DUE DISTINTI APPARATI PER LA FORMAZIONE SUPERIORE

Con la revisione degli ordinamenti didattici si avvia una scommessa. Può dar vita a ritocchi marginali dell’impianto attuale o proporre un’istituzione dal volto nuovo. L’attuale abbozzo non consente di fare previsioni. Il PNRR è consapevole che la complessità richiede conoscenze ampie nei primi anni, salvo ritornare alla specializzazione nelle lauree magistrali o nei dottorati. Una dicotomia nell’ambito di un unitario percorso di studio che potrebbe alterarne la linearità.

Se si ritiene di adeguare l’alta formazione alle esigenze del mercato, anche attraverso il connubio con gli istituti tecnici superiori e le imprese, sarebbe più semplice riconoscere che il concetto di ‘Universitas’ va consegnato alla storia e che la complessità richiede oggi due distinti apparati per la formazione superiore. Uno orientato al mercato, l’altro per coltivare il patrimonio culturale costitutivo dei nostri valori.

La separazione consentirebbe chiarezza di obiettivi per ciascuna entità. Consentirebbe anche di selezionare la docenza con vocazione appropriata all’una o all’altra finalità. Il docente universitario segue un ‘cursus honorum’ lontano da esperienze professionali. Non gli si può chiedere che dalla teoria passi alla pratica senza colpo ferire. Non è un caso se i tentativi fatti in questa direzione, fin da anni lontani, hanno avuto esiti fallimentari. Emblematica l’introduzione dei diplomi professionalizzanti, voluti da Ruberti negli anni ’80 e presto abbandonati per il deludente risultato. Il progetto si propone di consentire flessibilità nella progettazione dei corsi. Se l’obiettivo è rafforzare le competenze multidisciplinari, la loro organizzazione dovrebbe scaturire da ben più ampia riflessione. È un capitolo determinante per rimuovere le incrostazioni che riducono l’attrattiva dell’Università. (F: Flc Cgil 23.06.21)

 

IL MODELLO DI SISTEMA D’ISTRUZIONE SUPERIORE NEL PNRR

Dal PNRR emerge un modello di sistema d’istruzione superiore sostanzialmente funzionale a un recupero di ritardi nei confronti di altri sistemi «competitori» sul piano economico.  Questa parziale prospettiva non sembra tener abbastanza conto, nelle «voci di spesa», dei mutamenti richiesti alle università dall’emergere di tutta una serie di problemi sociali ed economici tradizionalmente non considerati compiti istituzionali dalle università. È questa, infatti, una delle tendenze che caratterizzano le trasformazioni in atto nei sistemi di formazione superiore. L’apertura alle nuove figure professionali, come si è visto, si esprime nel Piano attraverso l’accentuazione della rilevanza degli Istituti tecnici superiori. E tuttavia, un’altra apertura delle università che è sempre più richiesta riguarda la collaborazione diretta alla soluzione di problemi sociali, economici e culturali, propri ai territori circostanti, ma sovente collegati alle trasformazioni delle condizioni di vita della società globale. Questa nuova dimensione richiede profondi ripensamenti sia nell’organizzazione degli atenei, sia nelle attività al loro interno, con i conseguenti riflessi sulle diverse figure del mondo accademico. (F: R. Moscati, Il Mulino 13.08.21)

 

LA COSIDETTA TRASFORMAZIONE DELL’UNIVERSITÀ IN SENSO NEOLIBERALE

Redazione ROARS ha ripubblicato il testo dell’intervento di Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Valeria Grossi, rappresentanti di allieve e allievi della classe di Lettere, tenuto durante la cerimonia di consegna dei diplomi alla Normale di Pisa. Si riporta una parte del testo dove le diplomate chiariscono che cosa intendono per “processo di trasformazione dell’università in senso neoliberale”.

“Crediamo che sia oggi necessario cominciare descrivendo il contesto lavorativo, sociale e culturale in cui gran parte di noi è ormai inserita, contesto che negli ultimi 13 anni è stato investito da cambiamenti profondi. Questi cambiamenti, crediamo, la Scuola Normale non li ha semplicemente subiti, ma ha purtroppo contribuito a legittimarli. In termini generali, ci riferiamo al processo di trasformazione dell’università in senso neoliberale. Con questa espressione intendiamo un’università-azienda in cui l’indirizzo della ricerca scientifica segue la logica del profitto, in cui la divisione del lavoro scientifico è orientata a una produzione standardizzata, misurata in termini puramente quantitativi. Un’università in cui lo sfruttamento della forza-lavoro si esprime attraverso la precarizzazione sistemica e crescente; in cui le disuguaglianze sono inasprite da un sistema concorrenziale che premia i più forti e punisce i più deboli, aumentando i divari sociali e territoriali. Questa, che è una tendenza internazionale, si declina in Italia in maniera particolarmente violenta, accompagnandosi al drastico ridimensionamento dell’università pubblica.” (F: Red.ne Roars 26.07.21)

 

 

STUDENTI

 

LE IMMATRICOLAZIONI ALL'UNIVERSITÀ IN PIENA PANDEMIA SONO CRESCIUTE DEL 4,4 PER CENTO.

Sono sette stagioni, ormai, che i neoiscritti aumentano e il tasso di immatricolazione dei diciannovenni è tornato a quota 56,8 per cento, che poi è quello registrato tra il 2004 e il 2006, undici punti sopra il minimo del 2012-13. L'aspetto confortante, che si era già avvistato ma adesso il Censis lo mostra con la forza delle serie storiche, è che la crisi del 2008 è ormai cosa lontana. Aveva lasciato cicatrici anche sul sistema accademico. Soprattutto, qui non si è sentita la crisi della pandemia universale: la chiusura temporanea delle frontiere e la paura dei trasferimenti hanno agevolato l'iscrizione all'ateneo più vicino (e comunque nazionale). E l'università italiana osserva crescere la sua capacità attrattiva su chi oggi ha 19 anni e sta uscendo dall'ultimo ciclo scolastico. La classifica CENSIS, da vent'anni disponibile, dice che, anche grazie alle misure di welfare avviate sotto il Governo Conte e il Ministero Manfredi, le iscrizioni al primo anno accademico nella stagione appena conclusa - un 2020-2021 vissuto in piena pandemia - sono cresciute del 4,4 per cento. Scongiurata la paura del 2020-2021 pandemico: il tasso di iscrizione (56,8 per cento) torna ai livelli di inizio millennio. Bologna, Padova e Sapienza le prime tra i mega atenei. Nei grandi guida Perugia ed exploit di Salerno. Trento (medi), Camerino (piccoli) e Bolzano (non statali) hanno il punteggio più alto. La scelta universitaria è sempre più delle giovani donne. Nel 2020, a fronte di un tasso di immatricolazione maschile pari al 48,5 per cento, quello femminile è stato del 65,7 per cento. Le iscritte sono di più e crescono di più. Sotto il profilo territoriale, le matricole sono aumentate soprattutto nelle regioni del Centro (+7,7 per cento) e del Sud (+5 per cento). Nel Nord-Ovest la crescita è del 2 per cento. La maggioranza dei neoiscritti (34%) è nell'area economica-giuridica-sociale, il 29.9% in un corso STEM, il 19,8% in area artistica-letteraria-insegnamento, idem a Medicina, il 16,3% ad Agraria o Veterinaria.  (F: C. Zunino, La Repubblica 17.07.21)

 

GLI STUDENTI CONTINUANO A RITARDARE IL MOMENTO DELLA SCELTA UNIVERSITARIA

A dirlo è un’indagine che il Consorzio interuniversitario Cisia ha realizzato su una platea di 100mila partecipanti a un Tolc nel 2020 e che sarà presentata integralmente a ottobre. Da una sintesi realizzata ad hoc per Il Sole 24 Ore del Lunedì emerge che il 73% del campione ha deciso il corso di studi solo in quinta superiore o addirittura dopo la maturità. E più di uno su quattro (il 28%) ha confessato di averlo fatto solo all’ultimo momento utile. Numeri più che sufficienti, in un Paese che abbina il penultimo posto europeo per laureati nella fascia 30-34anni a un tasso di abbandoni universitari ancora a due cifre, a riaccendere i fari sul tema dell’orientamento. In attesa della riforma e dei fondi aggiuntivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Un altro campanello d’allarme suona se si passa a scandagliare chi sono stati i loro principali “influencer” quando si è trattato di individuare la facoltà giusta. In testa troviamo infatti i genitori (per la verità, più le madri che i padri), davanti agli amici. E solo in terza posizione, con il 18%, arrivano i docenti delle scuole. Una quota che sale al 33% se c’è di mezzo l’iscrizione a un corso Stem. Non può sorprendere, quindi, che il 12% degli interpellati, alla fine del primo semestre, sia già deluso della propria decisione. Tanto più che saliamo al 25% se restringiamo l’analisi agli studenti rimasti fuori da una graduatoria a numero chiuso e al 28% se ci limitiamo a esaminare chi avrebbe voluto iscriversi a un corso diverso ma non lo ha fatto. (F: E. Bruno ,IlSole24Ore 22.07.21

 

 

VARIE

 

GIOVANI LAUREATI, RICERCATORI, FINANZIAMENTI, RICERCA I TEMI PRINCIPALI DI UNA CONVERSAZIONE CON MARIA CRISTINA MESSA, MINISTRA DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA.

Cristiana Pulcinelli su scienzainrete pubblica una conversazione con la ministra Messa che tocca vari argomenti. Si riportano di seguito alcuni punti rilevanti evidenziati dalla ministra.

Intanto in premessa la ministra ha annunciato alcuni provvedimenti che si concretizzeranno presto: una accelerazione della carriera per i ricercatori, la parificazione dei percorsi in università ed enti di ricerca, l’accorpamento di esame di laurea e abilitazione per alcune professioni - oltre ai medici, veterinari, psicologi, farmacisti e odontoiatri, ma anche fisici, chimici, biologi.

Tra i problemi più urgenti sul tavolo della ministra c’è quello di aumentare la quota di giovani laureati nel nostro paese. In effetti, l’ultima indagine di Eurostat sull’istruzione universitaria ha rivelato che l’Italia è penultima tra i 27 paesi membri dell’Unione Europea per percentuale di cittadini tra 25 e 34 anni con un diploma di studio universitario: solo il 29%. Peggio di noi ha fatto solo la Romania, con il 27%, mentre Lussemburgo, Irlanda, Cipro, Lituania e Paesi Bassi hanno già superato l’obiettivo che l’Unione si è prefissata per il 2030, con più del 45% di laureati nella fascia di età 25-34 anni. «Per aumentare il numero di laureati è necessario sia accompagnare più giovani a iscriversi all’università sia incidere sul tasso di abbandono», spiega Messa, «dobbiamo investire in borse di studio perché non ci siano più meritevoli senza mezzi che non possono essere sostenuti a causa della mancanza di risorse, sostenere la realizzazione e l’ammodernamento di campus e alloggi affinché l’università non sia solo lezioni in aula ma sempre di più esperienza di vita».

Anche in base ai dati sui ricercatori siamo nelle retrovie, se paragonati a paesi simili al nostro. Secondo i dati OCSE, in Italia ci sono 6 ricercatori ogni mille occupati. In Francia sono 10,9, in .Germania 9,7, nel Regno Unito 9,4 e in Spagna 7,1. Inoltre, i nostri ricercatori sono più anziani rispetto a quelli degli altri Paesi. Secondo la ministra Messa su questo punto sarà cruciale il disegno di legge 2285, ora in discussione al Senato dopo essere stato approvato dalla Camera

Altro nodo cruciale è quello dei finanziamenti. Sempre secondo i dati dell’OCSE, mentre l’Italia spende in ricerca e sviluppo poco più dell’1,4% del suo PIL, in Francia questa percentuale è del 2,2%, in Germania del 3,1% e nel Regno Unito dell’1,7%. Siamo a livelli inferiori rispetto alla media UE, che si attesta intorno al 2,2%. Le risorse destinate a università e ricerca nel PNRR ammontano a circa €15 miliardi. Gran parte di questi fondi saranno destinati «al rafforzamento della ricerca e alla diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese», spiega Messa. «All’interno di questa voce sono racchiusi investimenti per il Fondo per il Programma Nazionale Ricerca (PNR) e progetti di Ricerca di Significativo Interesse Nazionale, finanziamenti per progetti presentati da giovani ricercatori, per partenariati allargati estesi a Università, centri di ricerca, imprese, per il potenziamento di strutture di ricerca e creazione di “campioni nazionali” di ricerca e sviluppo su tecnologie abilitanti, oltre alla creazione e al rafforzamento di “ecosistemi dell'innovazione”, e di "leader territoriali di ricerca e sviluppo"». In particolare 1,61 miliardi saranno destinati al finanziamento di massimo di 15 programmi di ricerca e innovazione nel periodo 2021-2026, realizzati da partenariati di università, centri di ricerca e imprese in linea con gli obiettivi del nuovo programma quadro di ricerca europeo Horizon Europe.

La Flc Cgl ha osservato che il PNRR si concentra soprattutto sulla ricerca applicata e industriale, trascurando la ricerca di base. Tuttavia Messa ricorda che i fondi del PNRR sono solo uno degli strumenti di finanziamento della ricerca universitaria e degli enti pubblici di ricerca: «Integrando i fondi nazionali con quelli del PNRR struttureremo i PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) con una dotazione annuale di circa 500 milioni  per bandi di ricerca, per giovani ricercatori aggiungiamo 600 milioni del Recovery ai 200 dei fondi strutturali, inoltre il nuovo Fondo italiano per la scienza è totalmente destinato alla ricerca fondamentale, con una dotazione di 50 milioni per il 2021 e 150 a partire dal prossimo anno».

«Inoltre - aggiunge la ministra - si tratta anche di valutare la ricerca. Per questo, con il decreto legge “Semplificazioni” è stato istituito il nuovo Comitato Nazionale per la Valutazione della Ricerca che prende il posto dell’attuale Comitato nazionale dei garanti per la ricerca, con una composizione più ampia e un rafforzamento delle competenze».

(F: C. Pulcinelli, scienzainrete 30.07.21)

 

IL MITO DELL’ECCELLENZA NELL’UNIVERSITÀ

Il mito dell’eccellenza nell’università si afferma nel momento in cui è necessario legittimare la diseguaglianza determinata dalle politiche di disinvestimento pubblico, e per valutare l’eccellenza

difficilmente si fa riferimento alle classifiche internazionali delle università, ricordando l’arbitrarietà dei criteri con cui esse sono stilate. Sono infatti fondamentali due fattori: la dotazione economica degli atenei e la loro grandezza in termini di iscritti e docenti. Le tante piccole e medie università italiane non potrebbero mai competere e quelle grandi hanno difficoltà anche perché caratterizzate da una forte missione di tipo “pubblico”. Forse varrebbe la pena di considerare se l’Università italiana non sia nei primi posti delle classifiche dei vari ranking non solo a causa delle questioni materiali a cui si accennava, ma anche in quanto spalmata su un territorio storicamente policentrico dal punto di vista istituzionale - culturale e costituzionalmente votato all’innalzamento del livello di istruzione di tutto il corpo sociale, tanto che se risultano poche le università italiane fra le top 100, molte sono invece, ad esempio rispetto alle spagnole e francesi, fra le top 500 e le top 1000.  Ecco perciò che, se guardiamo altri dati, l’immagine dell’università italiana cambia radicalmente: scopriamo cioè che l’Italia è uno dei paesi in cui università e ricerca sono meno finanziati in Europa e con un maggior rapporto studenti-docenti eppure gli studiosi sono fra i primi per produttività e circolazione delle loro opere. La fortuna all’estero dei cervelli in fuga è del resto – a ben vedere – la più evidente cartina di tornasole del livello medio dell’Università italiana. (F. S. Cingari, Roars 14.06.21)

 

COPYRIGHT INFRASTRUCTURE, L’INFRASTRUTTURA PER IL DIRITTO D’AUTORE

La copyright infrastructure è l’infrastruttura per il diritto d’autore: realizzarla è un intervento chiave per il futuro delle industrie culturali e dell’economia. E, a cascata, per la cultura del Paese. Le attività immateriali sono i pilastri dell’economia odierna. Lo ricorda, in apertura, il piano d’azione sulla proprietà intellettuale della Commissione Europea per sostenere la ripresa e la resilienza dell’UE. Le industrie ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale attualmente rappresentano quasi il 45% del PIL europeo e contribuiscono direttamente alla creazione di quasi il 30% di tutti i posti di lavoro. Tra queste sono comprese le industrie culturali di vari settori, che poggiano sul diritto d’autore. L’idea alla base della copyright infrastructure è semplice: far sì che la gestione dei diritti in era digitale funzioni come Internet. Verrebbe da dire: informazioni e servizi sui diritti d’autore devono essere raggiungibili “in un click”, se questa espressione non fosse di per sé riduttiva, in quanto discriminerebbe uno degli agenti principali in questa partita, le macchine. La tecnologia non deve essere vista come un qualcosa a esclusivo appannaggio delle Big Tech, ma anche come un alleato di tutti i creatori e titolari di diritti delle industrie dei contenuti. La copyright infrastructure diventa così lo strumento (tecnologico) che supporta sia titolari di diritti sia utilizzatori di contenuti a lavorare in sicurezza, in un mercato aperto, giusto e sostenibile per tutti. (F: P. Mazzucchi, Agenda digitale 08.06.21)

 

LA CORSA AL COMPUTER QUANTISTICO

È dell'università di Innsbruck il primo prototipo di computer quantistico "compatto", il più piccolo al mondo: due rack da 50 cm e 1,7 metri cubi di volume per una tecnologia che solitamente richiede dai 30 ai 50 metri quadri di spazio. Anche l'Italia è oggi impegnata concretamente nella corsa ai computer quantistici. Si chiama "Dart Wars" il progetto triennale sviluppato dai ricercatori dell'università di Milano-Bicocca e finanziato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con un budget di circa 1 milione di euro. (F: ecostampa luglio)

 

 

UNIVERSITÀ IN ITALIA

 

UNIBO. I PUNTI DI FORZA DELL’ATTRAZIONE

Il 45,6% dei laureati proviene da fuori regione, quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Anche il numero di laureati con cittadinanza estera, pari al 6,2% (erano il 5,6% lo scorso anno), è sopra la media nazionale del 3,9%. Il 67,2% dei laureati chiude gli studi entro i tempi previsti, mentre la media nazionale è del 58,4%. Altro punto di forza, che emerge dai dati AlmaLaurea, è il numero di laureati che ha svolto un'esperienza di studio all'estero: 16% contro una media nazionale dell'11,3%. (F: La Repubblica 01.07.21)

 

PASSAGGIO GARANTITO TRA ISTITUTI TECNICI POST DIPLOMA E LAUREE PROFESSIONALIZZANTI IN EMILIA-ROMAGNA

Passare da un ITS, Istituto tecnico superiore (post diploma), a un corso di laurea professionalizzante e viceversa, in Emilia-Romagna è possibile e facile. Grazie al lavoro di coordinamento della Regione e alle sinergie innescate tra Atenei e ITS, sono scattati gli accordi e le modalità di passaggio tra i percorsi delle lauree professionalizzanti dell’Università di Bologna in “Tecnologie dei sistemi informatici” e “Meccatronica” e gli ITS “Tecnico superiore per lo sviluppo software web e cloud (sede di Cesena)” e “Meccanica, Meccatronica, Motoristica, Packaging (sedi di Bologna e Rimini)”. E nuove “passerelle” sono allo studio in altri Atenei regionali.

Obiettivo è garantire il passaggio degli studenti e il riconoscimento del loro percorso formativo: i ragazzi diplomati agli ITS potranno infatti iscriversi alle lauree convalidando circa un anno e mezzo di percorso e viceversa le attività dei corsi di laurea saranno convalidate reciprocamente dagli ITS coinvolti. La Regione conferma inoltre l’impegno a promuovere ulteriori sinergie di questo tipo laddove gli obiettivi formativi siano simili e vi sia una progettazione condivisa dei percorsi. (F: laprimapagina.it 06.06.21)

 

 

UE. ESTERO

 

UK. IL LATINO ANCHE NELLA SCUOLA PUBBLICA

Il ministro dell'Istruzione G. Williamson ha stanziato 4 milioni di sterline per un progetto pilota di 4 anni che permetterà a 40 scuole inglesi di offrire lo studio del latino ai loro iscritti. In questo modo, ha spiegato, l'apprendimento del latino sarà esteso anche alla scuola pubblica. (F: La Stampa 27.07.21)

 

 

LIBRI - RAPPORTI – SAGGI

 

I CONTRATTI DI RICERCA DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE DOPO IL CASO DIASÒRIN S.P.A. - FONDAZIONE IRCCS S. MATTEO DI PAVIA: PEDRO, ADELANTE CON JUICIO ...

Autore: Paolo De Angelis. Federalismi, n. 13, 2021, pp. 336-356.

Dalla vicenda giurisdizionale commentata risulta che la struttura aperta dei contratti di ricerca comporta che, in generale, non si assiste a una limitazione nella scelta del partner e, conseguentemente, non essendovi il presupposto della possibile restrizione della concorrenza, viene meno anche ogni esigenza di tutela della stessa (ossia, di procedure a evidenza pubblica). Nel commento alla sentenza l’Autore distingue i casi in cui, in generale, non è necessario ricorrere ai principi in tema di tutela della concorrenza e ai successivi strumenti di garanzia (tutte le volte in cui l’attività̀ può essere svolta per altri soggetti alle stesse o similari condizioni), da quelli in cui tale condizione non verificandosi, e venendo meno il carattere aperto del contratto, è opportuno individuare degli strumenti di non troppa complessità che possano essere utilizzati per rispettare i principi in materia. (Dall'abstract a cura dell'Autore)

 

L’UNIVERSITÀ TRA DIDATTICA “TRADIZIONALE” ED E-LEARNING: ALLA “RICERCA” DI UNA NORMATIVA

Autore: Maurizio Ricci. Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2020, n. 4, pp. 51-65.

Analizzati il principio costituzionale di autonomia universitaria e la normativa sui doveri didattici dei docenti universitari, nel saggio si pongono in luce i ritardi nella regolamentazione della disciplina sull’attività̀ didattica a distanza e si suggeriscono alcune soluzioni.

 

LE PROCEDURE DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER RICERCATORE UNIVERSITARIO: SCORRIMENTO DELLA GRADUATORIA VS. INDIZIONE DI NUOVO CONCORSO

Autore: Fabio Ratto Trabucco. Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2020, n. 4, pp. 133-143.

L’A. dato conto dei principi costituzionali che regolano l’accesso all’impiego pubblico, intende affrontare gli interrogativi che attengono alla posizione dei ricercatori universitari a tempo determinato, ex art. 24, c. 3, l. n. 240/2010, cd. riforma Gelmini, vale a dire se sussista l’obbligo d’indire un nuovo concorso ovvero l’applicazione del principio di scorrimento della graduatoria già esistente e valida in presenza di vacanza nel relativo settore scientifico-disciplinare. (Dall'abstract a cura dell'Autore)

 

DARK ACADEMIA: HOW UNIVERSITIES DIE

Autore: Peter Fleming. Pluto Press, maggio 2021.

Un volume che così si presenta al lettore: “There is a strong link between the neoliberalisation of higher education over the last 20 years and the psychological hell now endured by its staff and students. While academia was once thought of as the best job in the world – one that fosters autonomy, craft, intrinsic job satisfaction and vocational zeal – you would be hard-pressed to find a lecturer who believes that now. Peter Fleming delves into this new metrics-obsessed, overly hierarchical world to bring out the hidden underbelly of the neoliberal university. He examines commercialisation, mental illness and self-harm, the rise of managerialism, students as consumers and evaluators, and the competitive individualism which casts a dark sheen of alienation over departments. Arguing that time has almost run out to reverse this decline, this book shows how academics and students need to act now if they are to begin to fix this broken system”.  'Flerning's books are sparklingly sardonic and hilariously angry' Guardian. (F: amazon.it)

 

OECD DIGITAL EDUCATION OUTLOOK 2021. PUSHING THE FRONTIERS WITH ARTIFICIAL INTELLIGENCE, BLOCKCHAIN AND ROBOTS

OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/589b283f-en. Published on June 08, 2021.

How might digital technology and notably smart technologies based on artificial intelligence (AI), learning analytics, robotics, and others transform education? This book explores such question. It focuses on how smart technologies currently change education in the classroom and the management of educational organisations and systems. The book delves into beneficial uses of smart technologies such as learning personalisation, supporting students with special learning needs, and blockchain diploma credentialing. It also considers challenges and areas for further research. The findings offer pathways for teachers, policy makers, and educational institutions to digitalise education while optimising equity and inclusivity.