IN
EVIDENZA
LO «SKILL GAP» È UN FENOMENO
ATTUALE. POCHI ISCRITTI ALLE FACOLTÀ
LEGATE ALL’INFORMATICA
«Sono posti di lavoro pregiati e qualificanti quelli nell’Information and communications technology
(Ict), che richiedono oggi un percorso di aggiornamento sostenuto e veloce.
Ma c’è un evidente problema di non soddisfacimento di domanda di queste
professioni e questo problema arriva da lontano, dagli anni 2000». Il prologo
alla presentazione dei risultati dell’Osservatorio delle Competenze Digitali
2018 (condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia in
collaborazione con il Miur e l’Agid) è di Franco Patini, membro del Comitato
scientifico dello stesso Osservatorio e di Confindustria Digitale.
Lo «skill gap», così come lo si definiva alla fine degli anni '90, è un
fenomeno attuale e si manifesta attraverso criticità ben definite: pochi i
laureati in materie scientifiche e non sufficienti a soddisfare la domanda di
impiego delle aziende impegnate a cavalcare la trasformazione digitale; pochi
iscritti alle facoltà legate all’informatica; formazione non adeguata alla
velocità di aggiornamento delle competenze che il mercato richiede; scarsa
comunicazione fra aziende, famiglie e territorio; offerte di lavoro non sempre
attrattive. «Senza queste professionalità - dice Patini - non si fa
trasformazione digitale e non c’è piano di sviluppo che tenga: l’onda lunga
delle nuove competenze, e di quelle digitali in particolare, deve invece
arrivare ovunque, anche alle medie e piccole imprese dei distretti meno
sviluppati. Se la situazione non si sblocca, subito, il problema rimarrà tale
anche fra dieci anni». Il gap fra domanda e offerta è dimostrato da numeri che
vedono nel 2018 un fabbisogno delle aziende oscillante fra le 12.800 e le
20.500 figure, mentre l’Università dovrebbe laurearne poco più di 8.500
rispetto ai 7.700 del 2017. Gli specialisti in informatica e ingegneria
informatica (Info), invece, si fermano a 4.460. (Fonte: G. Rusconi, IlSole24Ore
17-01-19)
LA RIVISTA NATURE RAVVISA UN CONCRETO PERICOLO DI PERDITA DI AUTONOMIA DELLA
SCIENZA ANCHE IN ITALIA
Alcuni
giorni fa la rivista Nature ha inserito l’Italia in una lista di Paesi europei
in cui la libertà di ricerca è sotto minaccia per due ragioni: non c’è un
finanziamento adeguato; ci sono tentativi di controllare la ricerca, di usarla
come un terreno di conquista politica. Impossibile non ricordare, allora,
alcuni recenti episodi italiani: la rimozione del presidente dell’ASI, quella
di tutti i membri del Consiglio superiore di sanità e anche le dimissioni di 4
su 5 degli illustri scienziati della commissione che deve dare indicazioni sui
nomi dei responsabili degli enti di ricerca italiani. Molti fanno notare che
abbiamo un problema. Non voglio entrare nel merito specifico, ma sulle modalità
con cui queste decisioni sono state prese: senza preavviso, senza nessuna
apparente argomentazione e senza alcun riconoscimento di quanto fatto finora,
sia che fossero meriti o demeriti eventuali. (Fonte: T. Pievani,
ilbolive.unipd.it 10-12-18)
UNA COMMISSIONE AL LAVORO PER REVISIONARE LA LEGGE 240/2010
Si sta delineando la
composizione di una Commissione che dovrebbe lavorare a un testo unico per
l’Università, partendo dall’esistente pletora di norme e leggi che sul tema si
sono accumulate nel corpus giuridico italiano. Una Commissione annunciata poche
settimane fa nell’ambito di una riunione della CRUI, mai ufficializzata in
maniera pubblica ma, evidentemente, reale. Speriamo che si arrivi a una vera
svolta per il sistema universitario. Tuttavia abbiamo già vissuto una legge di
riforma calata dall’alto (per opera degli stessi individui oggi in cabina di
regia, a cominciare da Giuseppe Valditara), definita senza aver ascoltato chi
lavora e opera per il bene di un’università che forma la nuova classe che
guiderà il Paese e in grado di essere competitiva con le università straniere.
Siamo convinti che i tempi del “non disturbate il manovratore” siano trascorsi
ampiamente, e ciò che è avvenuto tra il 2008 e il 2011 (gli accordi non scritti
e non detti tra il ministro allora in carica e la CRUI) non debba ripetersi. I
nominativi dei componenti la Commissione
sopra menzionata si leggono qui. (Fonte: medium.com/unimind 31-12-18)
PUNTI ORGANICO. IL NUOVO GOVERNO
HA CONFERMATO LE REGOLE DI RIPARTIZIONE INTRODOTTE DAL GOVERNO MONTI NEL 2012
È stato pubblicato il “DM dei criteri e del contingente assunzionale
delle Università statali per l’anno 2018”, che però non comporta una crescita
complessiva, ma solo un travaso da un ateneo all’altro. Infatti, i 2.038 punti
organico ripartiti corrispondono ad un turn-over del 100%: solo mettendo a
dieta qualcuno è possibile che qualcun altro vada “ben oltre il normale turn
over” (alcuni esempi: Bergamo (310%), Politecnico di Milano (237%), Milano
Bicocca (186%), Varese Insubria (143%).
Fino al 2012 ogni ateneo con i conti in regola, secondo i parametri
contabili del MIUR, era libero, al pari di altre pubbliche amministrazioni, di
avere disponibilità del “proprio” turnover. Dal 2012, una norma prevista da un
decreto-legge del Governo Monti ha tolto agli atenei tale autonomia, prevedendo
che i pensionamenti avvenuti in un ateneo A possano essere conteggiati come
turnover di un ateneo B, se B ha un bilancio ancora più solido del (pur
virtuoso) ateneo A secondo un complicato algoritmo. Il meccanismo, è di fatto
un unicum nella pubblica amministrazione e comporta che gli indicatori di
bilancio dipendano in maniera significativa dalle entrate derivanti dalle tasse
degli studenti.
Tali norme dovute al Governo Monti sono state applicate da tutti i
governi che da allora si sono succeduti: Letta, Renzi, Gentiloni. Con alcune
varianti. In particolare, anche a seguito delle proteste del mondo accademico e
di un ordine del giorno in precedenza presentato dal Movimento 5 Stelle contro
tali modalità di ripartizione, attraverso un DPCM il Governo Renzi (ministro
Giannini), pur mantenendo l’impostazione originaria, ha proceduto a
“calmierare” le evidenti distorsioni nel guadagno o perdita di punti organico
da parte di un singolo ateneo, introducendo alcune clausole di salvaguardia,
peraltro non particolarmente incisive, clausole poi confermate dal Governo
Gentiloni (ministro Fedeli).
Il 28 dicembre 2018 il governo gialloverde ha varato un nuovo DPCM, a
firma Conte, che detta le modalità di attribuzione delle facoltà assunzionali
per i prossimi tre anni. Ebbene, il nuovo governo ha confermato pienamente le
regole di ripartizione dei punti organico introdotte dal Governo Monti nel 2012
e applicate da allora da tutti gli altri governi. In particolare, è stata
confermata la circostanza che i pensionamenti di un ateneo possano essere
attribuiti ad un’altra università. L’unica novità è nelle clausole di
salvaguardia: viene infatti eliminato ogni limite superiore al guadagno, a
spese di altri atenei, di punti organico di un singolo ateneo, e portata al
-50% (nel 2014 era -40%) la perdita massima del turnover di un ateneo virtuoso
rispetto al turnover medio nazionale.
La ri-edizione del “decreto Monti”, peraltro con l’eliminazione di
qualunque clausola di salvaguardia superiore, ha riproposto ed anzi amplificato
gli squilibri denunciati gli scorsi anni. Così abbiamo, come mostrato in Tabella, atenei con un turnover del
663% (Università Stranieri di Siena), un vero record nella pubblica
amministrazione, quasi 7 volte oltre la media nazionale del turnover (pari al
100% a partire dal 2018), e al contempo atenei che, sebbene “virtuosi”, debbono
accontentarsi di un turnover quasi dimezzato rispetto al complesso degli altri
atenei. Dalla tabella si capisce perché pur avendo indicatori peggiori Udine si
prende più (in relazione ai pensionamenti) di Napoli. Il Delta premiale è
totalmente slegato dal numero di pensionamenti. Quindi ci perdono di più le
università che nell’anno 2017 hanno avuto un numero maggiore di pensionamenti.
PERCHÉ DA NOI I LAUREATI SONO
POCHI E CRESCONO MENO CHE ALTROVE?
Un’analisi dettagliata delle
statistiche OCSE contiene una buona notizia ed una cattiva. La buona notizia e’
che anche da noi le nuove generazioni si laureano di più. Tra i 55-64 anni solo
il 12 percento degli italiani è laureato, un po’ più di 1 su 10, mentre tra i
25 -34 anni il numero è più che raddoppiato a 27 %, tra i giovani quasi uno su
tre è laureato. La cattiva notizia è che se ci paragoniamo con il mondo
industrializzato, non solo gli italiani meno giovani sono il fanalino di coda
delle lauree, ma tra i più giovani il gap si sta allargando. Perdiamo terreno
nei confronti di tutta la OCSE, ma colpisce quanto ne perdiamo nei confronti di
un paese come la Corea che parte da livelli simili ai nostri per i meno
giovani, ma che per i giovani è diventato l’assoluto record mondiale: 7 giovani
coreani su 10 sono laureati.
Perché da noi i laureati sono pochi e crescono meno che
altrove? Il “ diritto allo studio “ (leggi la università è troppo cara) è un
falso problema: le rette sono tutt’altro che proibitive (meno di 2 mila
euro/anno) e uno studente con pochi mezzi che passa il test di selezione al
Politecnico le paga in maniera molto ridotta e viene ospitato nelle case dello
studente gestite dal Politecnico. I veri problemi sono due che si rafforzano a
vicenda: manca la domanda di laureati da parte delle aziende e l’offerta di
laureati da parte delle università è inadeguata.
Le aziende italiane non
assumono molti laureati perché sono troppo piccole. Una piccola azienda non ha
bisogno di laureati, lavora l’imprenditore che assume periti industriali più o
meno specializzati; il commercialista segue la parte fiscale e contabile, la
informatica la segue uno studio esterno, la direzione personale non serve – le
paghe le fa un servizio esterno.
La seconda ragione è la non
ottima qualità della formazione dei laureati, riconosciuta dai datori di lavoro
ma non dai docenti. Un laureato in ingegneria al politecnico di Milano o in
economia alla Bocconi trova sempre lavoro alla laurea e gli stipendi sono
migliori dei non laureati. Questo perché sono più bravi a progettare un sofware
o conoscono meglio la finanza? Non necessariamente. La ragione è che i datori
di lavoro sanno che sono stati selezionati duramente (e quindi sono già “più
bravi“), sanno ragionare bene, risolvere i problemi e hanno imparato (in verità poche) soft skills.
Accade anche in una altra decina di
università italiane ma non in gran parte delle altre 60 perché le università
insegnano il problem solving a livelli elementari e zero soft skills.
Questi due problemi si
rafforzano a vicenda: se le aziende aumentassero la domanda si contenderebbero
i pochi laureati migliori con stipendi migliori (oggi un neo laureato del
Politecnico guadagna meno di un neo ingegnere cinese) e ci sarebbe una salutare
corsa alle università migliori, stimolando l’aumento della qualità. Se le
università sfornassero laureati con le skills giuste, le migliori aziende
aumenterebbero la loro competitività e l’economia crescerebbe. (Fonte: R.
Abravanel, meritocrazia.corriere.it
14-12-18)
NUMERO CHIUSO. AVERE PIÙ
STUDENTI MA IL PAESE DEVE INVESTIRE SUL CAPITALE UMANO
Nel corso di una audizione davanti alla Commissione Cultura e
Istruzione della Camera, il rettore dell'Università Sapienza Eugenio Gaudio, è intervenuto
per conto della Crui, "La volontà è aumentare la platea degli studenti -
ha affermato il rettore - ma negli ultimi 10 anni c'è stato un definanziamento
per oltre il 10% degli atenei che in termini reali è stato di oltre il 20%.
Serve una rivoluzione culturale del paese, puntando sulla formazione: se i
finanziamenti sono fermi è come se volessimo invitare a una cena per 6 persone,
ben 50 invitati: tutti rimarrebbero scontenti". Tra le soluzioni proposte
dal rettore, la valutazione del percorso pregresso dello studente, in particolare
nella scuola secondaria, tenendo conto del rendimento negli ultimi due tre
anni. "C'è infatti una stretta correlazione tra i risultati ottenuti nella
scuola secondaria e negli anni successivi", ha detto il rettore, il quale
ha anche sottolineato la correlazione tra i test di ammissione,
"migliorabili, e l'andamento degli studi" dei ragazzi all'università.
Infine, il rettore ha parlato dell'opportunità di potenziare l'orientamento
inserendo al 4° o 5° anno della scuola un ponte con l'Università, con studenti
che vanno in ateneo e i prof che vanno a scuola. Infine, a chi gli ha domandato
come avveniva ai suoi tempi, quando non c'era il numero chiuso, Gaudio,
laureato in Medicina e Chirurgia, ha rivelato che "l'80% dei miei colleghi
non è mai venuto a lezione e non ha mai visto un paziente prima di
laurearsi". (Fonte: telemia.it 16-01-19)
LEGGE DI BILANCIO 2019. BLOCCO DELLE ASSUNZIONI NELLE UNIVERSITÀ
La formulazione data nel primo
maxiemendamento alla Legge di Bilancio è stata cambiata. Il blocco dei concorsi
si riferisce ai “punti organico” futuri, derivanti dal turnover del 2018, che
saranno assegnati nel 2019.
La nuova formulazione è
diventata la seguente:
399. Per l'anno 2019, la Presidenza del Consiglio dei ministri, i
Ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali, in relazione
alle ordinarie facoltà assunzionali riferite al predetto anno, non possono
effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza
giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019. Per le università la
disposizione di cui al periodo precedente si applica con riferimento al 1° dicembre
2019 relativamente alle ordinarie facoltà assunzionali dello stesso anno. Sono
fatti salvi gli inquadramenti al ruolo di professore associato ai sensi
dell'articolo 24, comma 5, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che possono
essere disposti nel corso dell'anno 2019 al termine del contratto come
ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), della stessa legge.
Dall’ultimo periodo del comma 399
citato, si evince che per gli RTDB (Ricercatori a tempo determinato tipo B) la
norma non si applica. Per tutti i concorsi fatti con i “punti organico” derivanti
dal turnover la frase chiave è che la norma “ si applica con riferimento al 1°
dicembre 2019 relativamente alle ordinarie facoltà assunzionali dello stesso
anno”.
Il blocco dei concorsi anzidetti si riferisce
ai “punti organico” futuri, derivanti dal turnover di quest’anno, 2018, che
saranno assegnati nel 2019 (non si può farlo che nel 2019, deve ovviamente
prima terminare il 2018).
Poiché i punti organico relativi
al turnover di un dato anno sono di solito assegnati molto tardivamente, se ad
esempio, la futura distribuzione dei “punti organico” del 2018 fosse fatta nel
luglio 2019, la perdita sarebbe solo per quei pochi concorsi che gli Atenei
riuscissero a bandire in tempi da assoluto record nel 2019 stesso e si
concludessero, ancora più da record, ad esempio, a fine ottobre 2019. Si perderebbe solo 1 mese di anzianità e di
mancato incremento di stipendio. (Fonte: prof. Carlo Ferraro, lettera per la
mailing list del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria,
29-12-18)
CLASSIFICAZIONI
DEGLI ATENEI
GREEN METRIC WORLD UNIVERSITY
RANKINGS 2018
Anche quest'anno la Universitas Indonesia (UI) ha pubblicato il suo
GreenMetric World University Rankings 2018, ovvero la classifica delle
università più sostenibili al mondo. L'UI GreenMetric World University Rankings
è il primo e unico sistema di rating a livello globale che misura l'impegno di
ciascuna università partecipante nello sviluppo di un'infrastruttura ecologica
a partire da 6 indicatori (luogo e infrastruttura, energia e cambiamenti
climatici, rifiuti, acqua, trasporti e istruzione). All'edizione di quest'anno
hanno preso parte 719 università di 81 paesi, in aumento rispetto allo scorso
anno (nel 2017 avevano partecipato 619 università provenienti da 76 paesi), con
l'adesione di nuove nazioni come Belgio, Bulgaria, Costa Rica, Croazia, Malta. Qual
è l'università più sostenibile al mondo? A vincere l'edizione 2018 è la
Wageningen University & Research, nei Paesi Bassi, seguita dall'Università
di Nottingham, nel Regno Unito, mentre al terzo posto troviamo la University of
California, Davis, USA. E l'Italia come si posiziona? Un ottimo risultato è
stato raggiunto dall'Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna, il primo
istituto italiano della graduatoria, che si guadagna il 15° posto (rispetto al
29° dello scorso anno). In seconda posizione troviamo l’Università degli Studi
di Torino, che si piazza al 47° posto nella classifica mondiale.
Di seguito sono elencate le 27 università italiane nell’ordine in cui
sono presenti nella classifica di 719 università nel mondo.
15 Università degli studi di Bologna
47 Università degli Studi di Torino
88 Università Ca’ Foscari Venezia
98 Università degli Studi di Milano Bicocca
104 Politecnico di Torino
115 Politecnico di Milano
120 Università degli Studi di Genova – Savona Campus & Hanbury
Botanical Gardens
147 Università degli Studi dell’Aquila
196 Università di Trieste
204 Università degli Studi di Bari Aldo Moro
208 Università degli Studi di Perugia
214 Università degli Studi di Salerno
228 Università degli Studi di Brescia
229 Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (Luiss) Guido
Carli
273 Università Politecnica delle Marche
276 Università degli Studi di Ferrara
308 Università degli Studi Roma Tre
313 Università degli Studi di Padova
315 Università della Calabria
329 Università IUAV di Venezia
355 Università degli Studi di Roma Sapienza
387 Politecnico di Bari
436 Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
513 Università degli Studi di Udine
586 Università degli Studi di Firenze
655 Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
691 Università degli Studi di Macerata
(Fonte: http://greenmetric.ui.ac.id/overall-ranking-2018/;
www.casaeclima.com
09-01-19) )
CULTURA
DEL DIGITALE E DELL’INNOVAZIONE
ADOZIONE DELLE C.D. DIGITAL CREDENTIAL E DEGLI OPEN BADGE, ANCHE CON
L’APPLICAZIONE DELLA BLOCKCHAIN, PER VERIFICARE IN MODO DIGITALE LE COMPETENZE
E I RISULTATI OTTENUTI
Le tecnologie digitali
abilitano nuovi modelli di business che aprono il mercato della formazione a
nuovi soggetti con cui l’università deve confrontarsi. Quest’ultima
risponde sviluppando e integrando nei curricoli
nuove micro-credential e incrementando l’offerta di percorsi di sviluppo
personale e professionale per studenti e laureati. Si va quindi affermando
sempre più l’adozione delle cosiddette digital credential e degli open badge,
anche con l’applicazione della blockchain, per verificare in modo digitale le
competenze e i risultati ottenuti.
Basti pensare alle maggiori
piattaforme internazionali di corsi online aperti su larga scala, i MOOC
(Massive Open Online Courses), come edX e Coursera, o all’acquisizione di
Linda.com da parte di Linkedin o ancora a nuove piattaforme come
Deeplearning.ai dove, senza alcun rapporto con il mondo accademico, il
fondatore Andrew Ng è attualmente il docente con il maggior numero di studenti nel
mondo, per alcune delle competenze più ricercate in ambito IT.
A livello nazionale,
iniziative come il network Eduopen e l’adozione del digital credentialing,
ovvero la possibilità di attestare e verificare in modo digitale le competenze
e i risultati conseguiti, attraverso gli Open Badge vanno proprio in questa
direzione. A giugno 2018 la CRUI, nell’ambito dell’iniziativa “Università
Digitale”, ha indicato gli Open Badge e la piattaforma Bestr, sviluppata da
Cineca, come riferimenti nazionali per la rappresentazione e l’attestazione di
competenze (documento “Competenze Crediti Certificazioni” di giugno 2018). Ad
oggi, il 15% degli atenei statali ha già adottato gli Open Badge, le università
hanno pubblicato il 70% dei badge pubblicati sulla piattaforma Bestr.it e il
23% dei badge assegnati agli studenti è stato riconosciuto all’interno dei
sistemi di gestione della carriera sotto forma di crediti formativi
universitari (CFU).
La Blockchain può essere
intesa come una enorme lista globale di “registrazioni” distribuita in rete e
organizzata in maniera decentralizzata che tiene traccia delle transazioni che
avvengono tra diverse identità digitali della stessa persona. Tutti i
partecipanti a questa rete contribuiscono alla memorizzazione permanente dei
dati firmati e alla gestione della Blockchain, permettendo l’accesso alle
informazioni anche senza una copia locale di tutti dati. Nel 2016, il MIT Media
Lab ha proposto uno standard aperto e a prova di manomissione per il rilascio
di attestati, basato su Blockchain e denominato Blockcerts, che propone un
linguaggio comune per la rappresentazione delle attestazioni e permette il
controllo e la verifica veloce e disintermediata delle credential. Blockcerts
permette di verificare l’emissione di un titolo (ad esempio del titolo
accademico) utilizzando un certificato digitale che riflette le competenze e
conoscenze acquisite dal titolare senza la necessità di contattare
l’istituzione emittente, perché la prova crittografica è disponibile
pubblicamente in una transazione presente sulla Blockchain in maniera
inalterabile. (Fonte: M. Bertazzo e M. Cacciamani, agendadigitale.eu 11-12-18)
TRASFORMAZIONE DIGITALE E INTEGRAZIONE FRA UOMO E ROBOT NELLA VITA
QUOTIDIANA
I Paesi come la Cina che
credono nella Quarta rivoluzione industriale scommettono sulla trasformazione
digitale e sull'integrazione fra uomo e robot nella vita quotidiana. La quarta
rivoluzione industriale avviene nel cyberspace in cui Intelligenza artificiale,
telecomunicazioni e cloud producono dematerializzazione dei servizi offerti ma
si riflette anche nella realtà fisica popolata da robot, sempre più connessi al
mondo virtuale ma operativi in modo integrato con le persone.
L'anno scorso la Cina ha
installato 138mila robot, 1/3 del totale mondiale. Numero superiore alla somma
di quelli acquistati da Giappone (47mila), Sud Corea (39mila), Usa (33mila) Germania
(21mila). In classifica seguono Taiwan, Vietnam e Italia, che nel 2017 ha
arruolato 7.700 automi industriali, quasi il doppio della Francia a quota
4.900.
Le tecnologie abilitanti per
l'automazione del futuro comprendono robotica, intelligenza artificiale,
telecomunicazioni, data storage, ma anche i fattori umani saranno decisivi per
realizzare l'integrazione fra uomo e robot. Saranno importanti le competenze
dei laureati nelle materie scientifiche e tecnologiche ma anche quelle degli
umanisti che sappiano introdurre contenuti e cultura nei nuovi prodotti per
renderli davvero a misura d'uomo. L'Italia è una potenza industriale che parte
da una posizione di forza nel campo dell'automazione e può giocare un ruolo
importante. Ma sarà necessario colmare il divario sul numero di laureati
qualificati rispetto agli altri Paesi europei. I recenti dati sull'andamento
del piano Industria 4.55 dimostrano che a fronte di un grande investimento in
macchinari ancora le imprese italiane non hanno affrontato fino in fondo la
sfida della trasformazione digitale investendo nella formazione del personale e
nella riorganizzazione necessaria per poter essere pronti a realizzare il salto
di qualità. Dobbiamo fare presto, perché dalle rivoluzioni del passato abbiamo
certamente capito che uno degli effetti principali di queste discontinuità
tecnologiche è proprio sulla scuola, sull'istruzione e sulla conoscenza. Senza
questi pilastri la costruzione di Industria 4.0 rischia di essere troppo
fragile. (Fonte: C. Carrozza, Corr Innov 23-12-18)
FORMAZIONE SUPERIORE IN CYBER
SECURITY
La formazione superiore in cyber security avrà un ruolo centrale nei
prossimi anni per sostenere l’occupazione, oltre ad avere importanti
ripercussioni in termini di difesa e sicurezza nazionale.
Al momento, infatti, si registra nel nostro Paese una forte carenza di
docenti e ricercatori in questo settore ed è per questo che serve un piano
speciale per lo sviluppo della formazione superiore e della ricerca in cyber
security e l’istituzione del Centro Nazionale di Ricerca e Sviluppo per la
Cybersecurity, già previsto dal precedente governo. Solo seguendo queste direttrici
sarà possibile rendere realtà le affermazioni fatte nei giorni scorsi dal
ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio che, intervenendo agli Stati
generali di Consulenti del lavoro, si è detto convinto che “… negli anni ’60
avemmo le autostrade, ora dobbiamo lavorare alla creazione delle autostrade
digitali”. Per ottenere i risultati che il ministro per lo sviluppo economico
auspica è necessario fare investimenti
nella formazione digitale e soprattutto in cyber security. Tra l’altro,
questi investimenti permetterebbero di contribuire a ridurre una carenza di
forza lavoro a livello planetario. Di fatti, una compagnia statunitense
specializzata ha analizzato, nel 2018, i dati sull’occupazione provenienti da
media, analisti, fornitori, governi e organizzazioni a livello globale; da
questi dati è emerso che ci saranno 3,5 milioni di posizioni di cyber security
non occupate entro il 2021. Una simile analisi di un’altra azienda, nel 2016,
aveva previsto uno “skill shortage” di 2 milioni per il 2019. (Fonte: R. De
Nicola, P. Prinetto, www.agendadigitale.eu 08-01-19)
INFORMATION AND COMMUNICATIONS TECHNOLOGY (ICT). IL GAP FRA DOMANDA
E OFFERTA DI LAUREATI
Negli ultimi 5 anni la media è stabile nell’ordine delle 7/8mila figure
l’anno, ma i laureati specializzati in discipline informatiche sono solo il
2,3% del totale nazionale. E c’è un altro problema. «La tendenza a terminare
gli studi dopo la laurea triennale “Info” è ancora in crescita anche se meno
accentuata perché persiste la percezione della certezza dello sbocco
professionale. E al cospetto di immatricolazioni nelle facoltà Ict che
continuano ad aumentare corrisponde un forte tasso di abbondono nel percorso di
studi».
Si laurea infatti solo il 40% dei nuovi iscritti triennali e nel
computo complessivo fra tutti i percorsi di studio, su oltre 26mila iscritti
nel 2017 si sono laureati solo 7.700 studenti. Come invertire la tendenza?
L’istituzione di lauree mirate in materie come Data Science, Big Data e
cybersecurity è solo un primo passo. Il vero scoglio da superare «è la scarsa
percezione degli studenti circa l’utilizzo delle proprie competenze dentro
l’azienda, la convinzione che fare il compito dello sviluppatore sia unicamente
quello di creare app e non invece progettare applicazioni al servizio di
specifici processi». E non va infine dimenticato che le donne, attualmente,
rappresentano solo il 24% dei laureati Ict. (Fonte: M. Ferretti, IlSole24Ore
17-01-19)
DOCENTI
DIVIETO DI SVOLGERE
"ESERCIZIO DI ATTIVITÀ LIBERO-PROFESSIONALE” PER I DOCENTI UNIVERSITARI A
TEMPO PIENO
Un docente universitario a tempo pieno non può svolgere la libera
professione e/o attività professionali che le specifiche leggi sulle varie
professioni qualificano “esclusive”. Quel che il docente può fare è svolgere
attività professionali non riservate ai liberi professionisti, purché siano
connotate dall’occasionalità, non abbiamo un carattere organizzato e siano
state autorizzate dall'Università di appartenenza.
A chiarire il perimetro delle possibilità concesse ad un docente
universitario "di ruolo" ci ha pensato l'Anac, con la delibera
1049/2018 dello scorso 14 novembre, riferita al caso di aggiudicazione di una
gara ad un Raggruppamento Temporaneo di Professionisti (RTP) il cui mandante
era un professore universitario ordinario a tempo pieno non iscritto all’Albo
professionale dell’Ordine dei geologi bensì solamente all’Elenco Speciale.
L'Anac specifica, in merito, che: quanto alla nozione di il divieto previsto
per i docenti a tempo pieno include le attività professionali che le specifiche
leggi sulle varie professioni qualificano “esclusive” in quanto possono essere
svolte soltanto dai professionisti iscritti negli albi e che non si trovino in
situazione di incompatibilità. (Fonte: M. Peppucci, www.ingenio-web.it/
17-01-19)
A PROPOSITO DELLE CONSULENZE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI
Così si è espresso il capo
dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del MIUR, G.
Valditara: “Il Parlamento deve risolvere con una interpretazione autentica
della Legge la questione delle consulenze dei professori universitari che ha
fra l'altro drammaticamente coinvolto molti docenti dei Politecnici. Una del
tutto errata interpretazione della Legge ha bloccato una liberalizzazione che
il Legislatore volle in modo esplicito a iniziare dalla relazione tenuta
nell'aula del Parlamento. Anche su questo punto il Ministero ha offerto una
proposta concreta”.
(Fonte: Dal discorso tenuto
dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e
per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico
di Torino, dic. 2018)
NESSUN OBBLIGO DI ISCRIZIONE A ORDINI PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ
DIDATTICHE E DI RICERCA PER I PROFESSORI E RICERCATORI
Con la legge 3 del 11/01/2018
che ha riordinato le professioni sanitarie il Ministero della Salute, oltre
agli Ordini storicamente vigilati, assume anche la vigilanza dell’Ordine dei
Chimici e dell’Ordine dei Biologi. In particolare, l’Ordine dei Chimici viene
aperto ai Fisici e rinominato “Federazione nazionale degli Ordini dei Chimici e
dei Fisici”. La Federazione sembra ritenere, sulla base delle informazione
attualmente disponibili, che tutti i laureati in fisica, chimica, ingegneria
fisica e ingegneria matematica siano da considerare professionisti sanitari,
con conseguente obbligo di iscrizione all’ordine. Ciò varrebbe anche per i
dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni quali le Università e gli Enti di
Ricerca ma anche per chi opera nel privato. In un documento d’urgenza il CUN
“alla luce dei principi di libertà e autonomia di ricerca e insegnamento” dà un
parere radicalmente negativo sull’obbligatorietà dell’iscrizione.
Parere del CUN
I professori e ricercatori
universitari a tempo pieno e a tempo definito non possono ritenersi
soggetti ad alcun obbligo di
iscrizione a ordini per lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca
nonché di ogni altra attività intellettuale che non abbia carattere
professionale. Per quanto riguarda le attività professionali di competenza
della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici l'obbligo di
iscrizione, oggetto della nota, non può che riguardare esclusivamente
l'esercizio di attività finalizzate alla promozione della salute, alla
prevenzione e alla cura. (Fonte: Red.ne Roars 21-12-18)
PROCEDURA CONCORSUALE POSTO PROFESSORE-STRUTTURA BIFASICA. ILLECITA
L’ESCLUSIONE DI UN CANDIDATO PER LA SECONDA FASE
La procedura valutativa di cui
all'articolo 24 della legge 30-12-2010, n. 240, risulta strutturata in due
differenti fasi: una prima fase sostanzialmente comparativa; una seconda fase
valutativa della idoneità del candidato scelto. Nel caso di specie è stata indetta
la procedura valutativa per la copertura di un posto di professore ordinario
per il settore urologia. Alla procedura partecipavano due candidati, il
ricorrente e il controinteressato. All’esito della procedura valutativa svolta
dalla commissione istruttoria veniva individuato il nominativo del
controinteressato quale soggetto da sottoporre alla valutazione di cui all’art.
9 comma 2, e 10, comma 1, del citato regolamento di ateneo. Parte
controinteressata propone un’eccezione di inammissibilità del ricorso per
impugnazione di provvedimenti a carattere non definitivo. L’eccezione non può
trovare accoglimento. Occorre evidenziare che la procedura valutativa in
questione risulta strutturata in due differenti fasi: una prima fase
sostanzialmente comparativa; una seconda fase valutativa della idoneità del
candidato scelta. La prima fase, svolta per il tramite della commissione
istruttoria, consiste in una valutazione comparativa, nel caso di specie, tra
due candidati e si conclude con l’individuazione di un unico candidato, da
sottoporre alla seconda fase valutativa della idoneità del candidato ovvero
della proponibilità o meno della chiamata. La conclusione della prima fase
comporta, pertanto, l’esclusione di uno dei due candidati – nel caso di specie
il ricorrente – e può senz’altro essere qualificata come un provvedimento
lesivo della situazione giuridica soggettiva del concorrente. Parte ricorrente,
pertanto, vanta senz’altro un interesse diretto ad essere individuata ai fini
della partecipazione alla seconda fase della procedura in oggetto e la sua
esclusione comporta la lesione del suo interesse strumentale alla
partecipazione alla seconda fase della procedura o, comunque, alla procedura
valutativa. (Fonte: TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 17-12-18, n. 12226 Sentenza)
INCARICO DI INSEGNAMENTO.
CRITERI DI VALUTAZIONE
In tema di concorsi universitari per l'assegnazione di un incarico di
insegnamento, la previsione di preventiva fissazione dei criteri di valutazione
alla prima riunione deve essere inquadrata nell’ottica della trasparenza
amministrativa, la quale impone che l’attività di determinazione e
verbalizzazione dei criteri stessi intervenga in un momento nel quale non possa
sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni
concorrenti (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 marzo 2015 n. 1411;
TAR Lazio Roma, Sez. I, 10 gennaio 2017 n. 368). Conseguentemente, e applicando
le suindicate coordinate ermeneutiche alla varie fasi procedimentali in cui si
articolano le operazioni concorsuali successive all’ammissione dei
candidati-quali lo svolgimento e la correzione della prova scritta, la
valutazione dei titoli e l’espletamento della prova orale con relativa
valutazione-, deve convenirsi che i criteri di valutazione vanno fissati, per
ciascuna prova concorsuale, non oltre l’avvenuta attribuzione ai singoli
concorrenti del giudizio o del punteggio per i titoli o per altra prova
concorsuale, dal momento che il giudizio o punteggio assegnato in tali occasioni,
costituendo il risultato di un primo apprezzamento delle capacità professionali
dei candidati, ben potrebbe influenzare, attraverso la valorizzazione di alcuni
aspetti a scapito di altri, l’attività della commissione esaminatrice diretta
ad individuare i criteri di valutazione della successiva prova concorsuale,
rendendo concreto il pericolo che l’organo valutativo possa propendere per i
candidati allo stato ritenuti più promettenti (cfr. in tal senso TAR Trentino
Alto Adige, Bolzano, 11 marzo 2013, n. 88). (Fonte: TAR Campania, Napoli, Sez.
II, 5 gennaio 2019, n. 62. Osservatorio sull'Università 09-01-19) https://www.osservatoriouniversita.unimib.it/oggetti/?id=4454
FINANZIAMENTI
FINANZIAMENTI ALLA RICERCA
I dati li ha raccolti Eurostat, che ha appena pubblicato quelli
relativi al 2017. Anno in cui la ricerca in Italia ha potuto beneficiare di
finanziamenti per 23,4 miliardi di euro. Una cifra consistente in numeri
assoluti, la quarta più alta a livello europeo dopo Germania, Francia e Regno
Unito, che hanno investito rispettivamente 99, 50 e 38,9 miliardi. Molto
meno importante, invece, in termini di percentuale del Pil. Da questo punto di
vista, infatti, le cose non vanno così bene:
La barra blu rappresenta la
media europea del 2,07%. Questa la quota del prodotto interno lordo mediamente
dedicata all’innovazione a livello continentale.
La barra azzurra, invece, raffigura l’1,35% dell’Italia. Quota che ci
pone, appaiati all’Ungheria, appena fuori dalla top 10. Questo significa che
dal nostro Paese ci si potrebbe attendere uno sforzo maggiore per sostenere la
ricerca. Magari non ai livelli della Svezia, che stanzia il 3,33% del Pil.
Anche solo fare come la Francia, che nel 2017 ha investito il 2,25% della
ricchezza prodotta, non sarebbe male.
(Fonte: R. Saporiti, Wired 11-01-19)
FINANZIAMENTI ALLA RICERCA SECONDO IL M5S
“La ricerca – ricordano i
parlamentari del MoVimento – viene supportata dai 30 milioni di euro in più
all’anno per il CNR, che si aggiungono all’aumento di 10 milioni del FOE, oltre
ai 68 milioni già vincolati nei mesi scorsi da questo governo per assicurare
l’assunzione di oltre 2000 precari della ricerca, e rivendichiamo il
salvataggio dell’Istituto Levi-Montalcini”.
In chiusura, i parlamentari
del MoVimento 5 Stelle bloccano le polemiche divampate nelle ultime 48 ore:
“Riguardo al blocco delle assunzioni deve essere chiaro come ne siano
esplicitamente esclusi gli RTD-B che divengono professori associati ed i
concorsi in atto. Per le altre categorie di docenti universitari, considerando
i normali tempi delle procedure, si tratterà di un ritardo di pochi mesi
rispetto alla normalità. La manovra include inoltre anche l’accantonamento di
una parte delle risorse, ma è importante spiegare che il rischio “tagli” è solo
virtuale. Deve essere chiaro infatti che per scongiurare la procedura di
infrazione, la commissione europea ha chiesto un accantonamento precauzionale
di ulteriori due miliardi di euro. Così come si è dovuto immaginare un
possibile aumento IVA che nei fatti non ci sarà mai, si son dovuti immaginare
dei fondi accatastabili da parte di ciascun ministero. Il MIUR ha deciso di
accantonare virtualmente 100 milioni dal comparto Università, perché è uno dei
fondi più consistenti, ma è un rischio sostenibile, poiché quei soldi saranno
pienamente a disposizione del Ministero già a luglio se l’Italia non avrà
scostamenti molto significativi rispetto alle pressioni della manovra di bilancio. (Fonte: Orizzonte Scuola
23-12-18)
AUMENTI ALLA RICERCA. UNA DELLE COSE CHE VORREMMO CHE LA POLITICA
FACESSE NEL 2019
Il ritocco contenuto nella
manovra (Legge di Bilancio) è ridicolo: appena 40 milioni per il Fondo di
finanziamento ordinario delle università che porta la spesa per le università
dallo 0,16% del Pil allo 0,16% del Pil. Appena lo 0,5% del totale, in linea con
i precedenti governi (anzi, appena al di sotto). Solo 10 milioni per gli altri
enti in un bacino complessivo da 7 miliardi annui. Non si possono mortificare i
precari delle università: nella legge di Bilancio c’è il blocco delle
assunzioni per gli atenei fino al 2020, un’autentica tragedia per i ricercatori
precari.
L’ultimo a bloccare il
turn-over fu Berlusconi. Si ferma tutto per raggranellare quattrini per redditi
di cittadinanza e pensionamenti anticipati. Nel frattempo il mondo
universitario viene mortificato con fantomatiche campagne anti-baronie (che
trovano buona sponda anche in tv) e altre perdite di tempo. Servirebbe un piano
serio che stabilizzi chi da anni negli atenei fa di tutto (e troppo, oltre alla
ricerca pura) e metta un sacco di soldi nel settore: l’obiettivo dovrebbe
essere toccare almeno il 2% del Pil, avvicinandosi alla media europea. Siamo
fermi all’1,29%. (Fonte: S. Cosimi, Wired.it 21-12-18)
LAUREE-DIPLOMI-FORMAZIONE
POST LAUREA-OCCUPAZIONE
LAUREE A ORIENTAMENTO PROFESSIONALE
Si
arricchisce di un nuovo passaggio il percorso che sta portando l’Italia ad avere
un titolo di studio che sia al tempo stesso terziario e professionalizzante.
Nei giorni scorsi è arrivato l’ok del Consiglio universitario nazionale (CUN)
all’istituzione di quattro nuove classi di laurea a orientamento professionale:
Professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali; Professioni tecniche
industriali e dell’informazione; Professioni tecniche paraveterinarie e
Professioni tecniche per l’edilizia e il territorio. Contestualmente, dallo
stesso CUN, è giunto il via libera ad altri cinque percorsi che interessano da
vicino il mondo delle professioni. Uno triennale (Scienza dei materiali) e
quattro magistrali (Data Science, Ingegneria dei materiali, Neuroscienze e - di
nuovo - Scienza dei materiali). Su tutte la palla passa ora al Miur. Per il
loro riconoscimento formale servirà infatti un decreto ministeriale da
sottoporre anche al vaglio del Parlamento. Viene dal CUN la previsione che le
nuove lauree attribuiscano 180 crediti (scambiabili tra l’altro con quelli
maturati frequentando un Its) e dalla richiesta al Miur di eliminare il vincolo
attualmente esistente di una sola specializzazione per ateneo. (Fonte: E.
Bruno, IlSole24Ore 11-12-19)
CARRIERA DEL DOCENTE MEDICO: 20 ANNI DI
STUDI E DI PRECARIATO
A fronte di
un forte decremento di professori ordinari (-32%: da 18.938 a 12.929) e di
ricercatori a tempo indeterminato (-37%: da 25.587 a 16.026), con una sostanziale
tenuta dei professori associati, registriamo solo una lenta acquisizione di
ricercatori B (soltanto 1.809 unità, nonostante il "piano straordinario
ricercatori B" introdotto con la legge finanziaria 2015), ben lontana –
anche laddove tutti acquisissero l'ASN e transitassero nel ruolo dei professori
associati – dal poter compensare la fuoriuscita di oltre 15.500 docenti di
ruolo! Il primo dato che salta immediatamente all'occhio è la sproporzione tra
il numero di assegnisti di ricerca e i ricercatori a tempo determinato.
Fenomeno che, in realtà, ha una semplice spiegazione: l'attivazione di un
assegno di ricerca non richiede all'Ateneo di "spendere" punti
organico (corrispondenti alle risorse da impiegare per il reclutamento di un
ricercatore) e costa anche molto di meno, per cui l'amministrazione
universitaria non ha particolari vantaggi nel reclutare un ricercatore A
rispetto ad un assegnista.
Il secondo
dato è che, se si vuole invertire la tendenza ed evitare la desertificazione
della docenza universitaria, è assolutamente necessario provvedere al più
presto ad avviare un grande piano pluriennale di reclutamento di ricercatori B,
la sola figura che, per l'attuale normativa, permette la stabilizzazione e
l'ingresso in ruolo dei tanti precari che stanno, con il loro lavoro ed
impegno, contribuendo in modo significativo all'esistenza stessa delle nostre
università. Servirebbero almeno 5000 posti all'anno per i prossimi 3 anni, in
modo da riportare nel 2021 la numerosità del corpo docente allo stesso livello
del 2010. Particolarmente seria appare la situazione nell'area medica, dove le
generazioni di trentenni e quarantenni vengono bruciate da un iter ad ostacoli.
Facciamo due conti: 6 anni per la laurea, 5 per la specializzazione, 3 per il
dottorato di ricerca, 3 di assegni o di ricercatore-A e poi 3 di ricercatore B.
In tutto un percorso di 20 anni di studi e di precariato - per un
"giovane" giunto ormai alla soglia dei 40 anni - che non è detto che
si traduca sempre in un'assunzione in ruolo. (Fonte: huffingtonpost.it
12-12-18)
PERCHÉ DA NOI I LAUREATI SONO POCHI
La buona notizia dalle statistiche
Ocse è che anche da noi le nuove generazioni si laureano di più. Tra i 55 e i
64enni solo il 12% degli italiani è laureato, un po’ più di 1 su 10, mentre tra
i 25 e i 34enni il numero è più che raddoppiato a 27%, quasi uno su tre è
laureato. La cattiva notizia è che se ci paragoniamo con il mondo
industrializzato, non solo gli italiani meno giovani sono il fanalino di coda
delle lauree, ma tra i più giovani il gap si sta allargando. Perdiamo terreno
nei confronti di tutta la Ocse, e colpisce quanto ne perdiamo nei confronti di
un Paese come la Corea che parte da livelli simili ai nostri per i meno
giovani, ma che per i giovani ha conquistato il record mondiale assoluto: 7
giovani coreani su 10 sono laureati. Perché da noi i laureati sono pochi e
crescono meno che altrove? Il «diritto allo studio» è un falso problema: le
rette sono tutt’altro che proibitive (meno di duemila euro l’anno) e uno
studente con pochi mezzi che passa il test di selezione al Politecnico le paga
in misura molto ridotta e viene ospitato nelle case dello studente. I veri
problemi sono due, che si rafforzano a vicenda: manca la domanda di laureati da
parte delle aziende e l’offerta di laureati da parte delle università è
inadeguata.
Come innescare il circolo
virtuoso domanda-qualità dell’offerta? Le aziende italiane che vogliono
crescere devono valorizzare meglio i laureati che oggi preferiscono a loro come
datori di lavoro le filiali delle multinazionali. Ma ci vogliono anche le
policies giuste per far fare il salto di qualità alle università, a partire
dalle 10 migliori: più quota «premiale» di finanziamenti alle università
migliori, più autonomia nella selezione e retribuzione dei docenti, maggiore
finanziamento privato, didattica più orientata a insegnare le competenze chiave
del ventunesimo secolo (problem solving, team work, comunicazione). (Fonte: R.
Abravanel, CorSera 13-12-18)
SGRAVI CONTRIBUTIVI A CHI ASSUME
LAUREATI CON 110 E LODE. CIRCA 70
MILIONI DI EURO A DISPOSIZIONE, 35 NEL 2019 E 35 NEL 2020,
Offrire sgravi contributivi per assumere i laureati con 110 e lode (per
essere davvero meritevole del bonus ci vuole anche una media ponderata del
108/110 negli anni universitari) credo sia una cattiva idea perché distorce gli
incentivi, sia per chi valuta gli studenti sia per le stesse imprese. Glà
attualmente le statistiche dimostrano come ci sia un divario tra i voti nelle
università del Nord e del Sud, con queste ultime che tendono a essere più
generose. Così la pressione sulle commissioni di laurea a concedere il voto massimo
e la lode, che già estate, aumenterà ulteriormente, visto che il titolo non
avrà più soltanto effetti onorifici ma pratici. E nessuno pensa che nel
premiare uno studente oltre quanto meriterebbe magari si fa un danno ad altri.
Inoltre gli imprenditori sono consapevoli di cosa hanno bisogno quando cercano
un certo profilo per la loro azienda, e sanno valutare il percorso universitario
dei candidati: ateneo, tempi, materie seguite, esperienze, lingue. Magari tra i
selezionati. il migliore non ha ottenuto 110 e lode, e può essere scavalcato da
chi viene assunto solo per risparmiare. Credo infine che le risorse debbano
essere investite per creare posti di lavoro in settori come la sicurezza
informatica, le biotecnologie, l'industria 4.0, Invece che per insegnare alle
imprese chi assumere, con il risultato di avere sempre più laureati in
competizione per una torta sempre più piccola. (Fonte: G. Immordino, Corsera
magazine 10-01-19)
L’ITALIA INVESTE PER L'ALTA
FORMAZIONE 100 EURO PER ABITANTE, LA GERMANIA 300
A un anno dal conseguimento della laurea è occupato il 71,7% dei
laureati triennali e il 73,9% di quelli magistrali, buone percentuali, che a
cinque anni dalla laurea salgono rispettivamente all'87,8% e all'87,3%. E
tuttavia rispetto alla media Ocse che si attesta al 30,3%, solo il 18,7% della
popolazione italiana adulta è laureata. Negli ultimi 10 anni i docenti
universitari sono diminuiti del 10% e il loro numero complessivo risulta ora
pari a un terzo di quelli inglesi e a meno della metà di quelli tedeschi.
Considerazioni positive e criticità del sistema universitario italiano sono
state tra gli argomenti al centro dell'intervento del rettore della Sapienza,
Eugenio Gaudio in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2018-2019. L'Italia,
è il grido d'allarme di Gaudio, investe per l'alta formazione 100 euro per
abitante, la Germania 300 e la Corea del Sud più di 600. «Solo l'investimento
in ricerca e innovazione - ha detto il rettore - può farci ripartire,
altrimenti l'Italia appare destinata ad un lento ma inesorabile declino».
(Fonte: Il Messaggero 17-01-19)
NUMERO
CHIUSO PER LE ISCRIZIONI IN MEDICINA
ACCESSO A MEDICINA. MIGLIORARE
L’ORIENTAMENTO ALLE SCUOLE SUPERIORI SENZA ABOLIRE IL NUMERO CHIUSO
Durante un
convegno sull’attuale sistema di accesso alla professione medica ospitato
dall’unione industriali di Napoli il rettore dell’università di Napoli Federico
II e presidente della Crui, Gaetano Manfredi, si è espresso contro l’abolizione
del numero chiuso a Medicina e invece per un miglioramento dell’orientamento
già alle scuole superiori “in modo che gli aspiranti medici siano
effettivamente solo coloro che hanno capacità e talento tali da seguire una
professione così complicata. Avremo, così, numeri più gestibili che ci
consentirebbero di superare il numero chiuso”. “Ogni anno in Italia ci sono
80mila giovani che partecipato ai test d’ingresso a medicina, parliamo di 1/4 o
1/3 delle persone che si iscrivono all’università. Con questi numeri – osserva
Manfredi – superare il numero chiuso è impossibile”. (Fonte: ildenaro.it
10.12-18)
RECLUTAMENTO
BLOCCO ASSUNZIONI IN UNIVERSITÀ
Il comma 208 del
maxiemendamento alla L. di Bilancio prevede il blocco delle assunzioni a tempo
indeterminato fino al 15 novembre 2019. Tra i più preoccupati i ricercatori di
Tipo B contrattualizzati nel 2016, ma con un post il viceministro
dell'Istruzione chiarisce che non sono inclusi nella norma. In particolare il rinvio
temporaneo delle assunzioni all’università non riguarda il passaggio
RTDb-Associati e le assunzioni su punti organico (PO) precedenti al 2019 o
straordinari. È una misura limitata solo a reclutamenti ordinari su PO 2019,
che si sarebbero solo realizzati nella seconda metà del 2019. (Fonte: FQ
20-12-18)
FIRMATO IL DECRETO SUI C.D. PUNTI-ORGANICO
Per il 2019 ne saranno
disponibili in tutto 2.038. Alle università è consentito di assumere almeno per
il 50% dei punti organico liberati. Gli atenei con una spesa di personale
inferiore all’80% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria
superiore a 1) possono superare il 110%. (Fonte: CorSera dicembre 2018)
PIANO STRAORDINARIO PER
RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO DI TIPO B
E’ presente nella Legge di bilancio un piano straordinario per 1.030
RTDB, finanziato con 20 milioni nel 2019 e 58,63 a partire dal 2020, finanziato
con risorse aggiuntive dell’FFO stanziate dal Governo. A questi si potranno
aggiungere 175 RTDB nel 2019 e 351 nel 2020, ma su risorse degli Atenei,
sull’FFO ordinario. In realtà, poiché
gli RTDB diventeranno, tempo 3 anni, professori associati, programmare un RTDB
significa dover calcolare a bilancio 0,7 POM. Il maggior costo di tale
passaggio è lasciato dal Governo a carico degli Atenei, sull’FFO ordinario. Gli
Atenei più accorti per i loro bilanci metteranno già in conto tale onere e se
tutti faranno così i concorsi non saranno 1.000 con possibilità di salire a
1.500, ma solo 736 finanziati dal Governo con possibilità di salire a 1.112 con
quelli finanziati dagli Atenei. (Fonte: C. Ferraro, Commento a legge di
bilancio, e-mail del 09-01-19)
ASSUNZIONE DI RICERCATORI IN
LEGGE DI BILANCIO. COMMENTI DI FLC CGIL
E DI ROARS
Legge di Bilancio. Art. 1 co. 400 (Assunzione di ricercatori di tipo b).
Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, è
incrementato di euro 20 milioni per l’anno 2019 e di euro 58,63 milioni annui a
decorrere dall’anno 2020, per l’assunzione di ricercatori di cui all’articolo
24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Con decreto del
MIUR, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le risorse sono ripartite tra le Università.
Si prevedono risorse aggiuntive per l’FFO da utilizzare per
l’assunzione di RTDb, per 20 milioni per il 2019 e 58,63 milioni per il 2020,
da distribuire agli atenei con un decreto da pubblicare entro sessanta giorni.
Commento di FlcCgil: Sono i 1.000
posti del piano straordinario per RTDb di cui si è parlato in questi mesi, che
rappresentano un intervento sul personale assolutamente insufficiente se
rapportato al numero di lavoratori precari presenti negli atenei e considerato
che oggi ci sono in ruolo circa 15.000 docenti e ricercatori in meno rispetto a
dieci anni fa (e almeno altrettanti tecnici e amministrativi). Si prevedono le
coperture economiche solo per gli ultimi mesi di stipendio del 2019 e poi, dal
2020, a regime. Da notare però che questo “piano straordinario” avviene nel
quadro dei punti budget assegnati ed è una facoltà, e non un obbligo, per gli
Atenei: infatti, “la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata
entro il 30 novembre di ciascun anno per le finalità assunzionali rimane a
disposizione per le altre finalità del FFO”.
La legge di stabilità (comma 400) assegna e finanzia 1.000 posti da RTD-b.
Dove sono gli altri 500? Nel comma 401.
401. A valere sul fondo per il finanziamento ordinario delle universita,
di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n.
537, come integrato dalla presente legge, nell’anno 2019 sono autorizzate, in
deroga alle vigenti facolta’ assunzionali:
a) assunzioni di ricercatori di cui all’articolo 24, comma 3, lettera
b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nel limite di spesa di 10 milioni di
euro per l’anno 2019 e di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020. […]
Commento di B.C. Montano (Roars 19-01-19):
Dalla lettura del comma mi pare evidente che i 10 milioni di cui sopra non
sono risorse aggiuntive, stanziate dalle legge di Bilancio e distribuite dal
MIUR agli atenei, ma costituiscono esclusivamente un limite massimo alla spesa (a
totale carico degli atenei) per l’assunzione di altri RTD-b, “oltre le
ordinarie facoltà assunzionali”.
In altre parole, in base a quello che c’è scritto nel testo della legge
di bilancio, il MIUR distribuirà un totale 750 punti organico, pari a 1500 RTD-b,
di cui però una parte (500 posti) sono posti a carico dei bilanci degli atenei.
D’altra parte, se non fosse così, sarebbe bastato aumentare lo stanziamento per
il comma 400 relativo al reclutamento straordinario, invece che “inventarsi”
questo comma 401.
A meno che … i 10 milioni vengano attinti dai 40 milioni che un altro
comma della legge di bilancio stanzia per aumentare l’FFO “libero”. Ma in tal
caso si assisterebbe al gioco delle tre carte: da una parte vengono stanziati
fondi per aumentare l’FFO non vincolato, come anche pubblicizzato sui
comunicati stampa, dall’altro si tolgono parte di quegli stessi soldi per
finanziare altre misure. Una specie di riedizione dei “carri armati di
Mussolini”.
RECLUTAMENTO. I PUNTI ORGANICO E
LA LIMITAZIONE DEL TURNOVER
Attualmente i punti organico sono distribuiti in due quote. Una prima
quota (che chiameremo quota “base”) assegna a ciascun Ateneo punti organico
corrispondenti al 50% dei propri pensionamenti dell’anno precedente. I
rimanenti punti organico, che saranno un po’ più del 50% dell’interno turnover
nazionale (a causa del caso particolare di Cassino che non riceve punti
organico “base”), sono inseriti in un jackpot a disposizione degli atenei
cosiddetti “virtuosi” che competono in base a un parametro dimensionato sulla
base delle spese per il personale. Ed ecco che nascono i paradossi. Per
esempio, il paradosso del vizio premiato e della virtù punita: una Università
“più virtuosa” può vedersi assegnato un turnover inferiore di una Università “meno
virtuosa”. Oppure il paradosso dell’asso pigliatutto, ovvero di come un ateneo
potrebbe accaparrarsi tutto il jackpot. Ma quale è la madre di tutti i
paradossi? È la limitazione del turnover. Nell’articolo
si mostra che cosa succerebbe se fosse rimossa, anche senza aumentare l’FFO e
senza rilassare i vincoli di virtuosità, anzi rendendoli più severi. (Fonte: D.
De Caro, Roars 14-01-19)
PUNTI ORGANICO SBLOCCATI
Scrive E. Bruno su IlSole 24Ore: Guardando la classifica, la distribuzione
sembra penalizzare gli atenei del Sud già a corto di risorse. E alcune critiche
in tal senso nei giorni scorsi sono state sollevate da più parti. Ma dal Miur
spiegano che non è così. E, soprattutto, che non c'è una volontà politica in
tal senso. Visto che la ripartizione dipende da un algoritmo introdotto sei
anni fa e non è collegata all'attribuzione di maggiori o minori fondi. Senza
dimenticare che, a fronte di un minor numero di studenti, gli atenei
meridionali hanno una percentuale più elevata di docenti. Che diventa ancora di
più alta se il rapporto viene calcolato sugli immatricolati dell'ultimo anno
accademico. A ogni modo, quel meccanismo potrebbe essere modificato nei
prossimi mesi. Così da assegnare i 220 punti organico aggiuntivi per il 2019 (e
dunque non sottoposti al blocco dei concorsi) e altrettanti per il 2020 sulla
base di criteri che prescindano dalle cessazioni e siano interamente vincolati
al rapporto spese per il personale/Ffo e alla sostenibilità dei conti. (Fonte,
E. Bruno, IlSole24Ore 14-01-19)
RICERCA
ALCUNI VENTILANO L’EROSIONE DELL’AUTONOMIA
DELLA RICERCA. IL TENTATIVO DELLA POLITICA DI IMPORSI SULLA SCIENZA
La percezione
sempre più diffusa nella comunità scientifica nazionale e internazionale è che
nel nostro paese la politica – nella fattispecie la maggioranza di governo –
tenti di mettere sotto tutela la scienza. Comunque vi è qualche campanello
d’allarme.
Quattro dal
comitato che seleziona la rosa di candidati da proporre al ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, si sono dimessi in. Nomi
importanti. A iniziare da Lamberto Maffei, neuroscienziato e già presidente
dell’Accademia dei Lincei: quella, per intenderci, fondata da Federico Cesi e
frequentata da Galileo Galilei. Fino a ieri Maffei era il presidente del
comitato. Si è dimessa anche Fabiola Gianotti, la prima donna a dirigere il
CERN di Ginevra, il più grande laboratorio di fisica delle alte energie del
mondo. E come lei si è dimessa Lucia Votano, che è stata la prima donna a
dirigere il più grande laboratorio sotterraneo di fisica, quello del Gran
Sasso. Ha rinunciato, infine, al suo incarico anche Aldo Sandulli, preside di
Giurisprudenza dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Già, le
motivazioni. I quattro dimissionari e anche il non dimissionario sostengono di
aver ricevuto pressioni inaccettabili da parte di ambienti del MIUR
riconducibili al suo titolare, il ministro Marco Bussetti. Pressioni che
riguardano i criteri di selezione della rosa da proporre allo stesso ministro
per la nomina del nuovo presidente dell’ASI. I cinque membri del comitato
ritengono inaccettabile questa pressione politica.
Nella
medesima giornata di ieri, 3 dicembre, un altro ministro, quello della salute,
la signora Giulia Grillo, ha revocato i 30 componenti non di diritto del
Consiglio Superiore di Sanità. È questo un organismo che coadiuva il ministro
nella definizione della politica sanitaria. È costituito da membri di diritto,
rappresentanti di istituzioni sanitarie, e da membri non di diritto, scelti dal
ministro. I 30 questa volta dimissionati erano stati nominati all’incirca un
anno fa. Molti tra loro fanno notare che la pratica della revoca è inedita e
che, pur essendo nella legittima disponibilità del ministro, loro non sono
stati né avvisati prima da Giulia Grillo né hanno avuto in sei mesi la
possibilità di parlarle. (Fonte: P. Greco, IlBo 04-12-18)
RESEARCHERS AND INSTITUTIONS ENCHAINED TO
LOCAL AND GLOBAL PUBLISHING OLIGOPOLIES
The Italian
governmental evaluation system enchains researchers and institutions to local
and global publishing oligopolies: while German, Swedish, Dutch and French
library consortia are canceling their ”big deal agreements”, the Italian
Consortium (CARE) and Elsevier reached an agreement entailing Hybrid Open
Access and a confidentiality clause. We need an EU-Wide copyright reform very different
from the Directive on Copyright currently under discussion. Learn from the
Italian experience: declarations and policies are not enough! Authors’ right is
not about a few monopolistic companies: it is about people. Research assessment
criteria should be freed from the grip of Big Business and Big Government, to
be given back to a technology-enhanced public use of reason. The raw
bibliometric data on which ANVUR’s evaluations and rankings are based are
neither open nor accessible. (Fonte: Red.ne Roars 11-12-18)
RICERCA MEDICA. IL COSTO DEI
RITARDI
Nei 21 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i
cosiddetti Irccs, lavorano 5.800 ricercatori (altri mille li supportano a
livello amministrativo). Sono medici, fisici, chimici, biologi, biotecnologi,
ingegneri, statistici ed epidemiologi che con i loro studi forniscono le cure
più innovative contro il cancro, le malattie rare e le degenerazioni
neurologiche. Quasi uno su due – ossia 2.500, più 500 amministrativi – è
precario da tre, cinque, quindici, vent’anni, e il contratto più diffuso è
quello co.co.co. Lo stipendio, legato al reperimento di contributi
ministeriali, fondi derivanti da bandi di ricerca pubblici e privati (come
Telethon e Airc), e proventi del 5 per mille, si aggira sui 1.200 euro netti al
mese, difficilmente supera i 1.600. Nessun paese europeo riserva un trattamento
così mortificante a una categoria che pubblica oltre 6 mila studi scientifici
l’anno sulle più prestigiose riviste internazionali (New England Journal of
Medicine, Lancet Oncology, CancerResearch, Clinical Cancer Research, Annals of
Oncology).
Il 27 dicembre 2017 per il top dei nostri ricercatori è arrivata la
svolta: fine dei contratti precari e riconoscimento di un contratto specifico.
Solo che poi c’è voluto un altro anno perché amministrazione pubblica e
sindacati si mettessero d’accordo su come scriverlo quel contratto (27 dicembre
2018), e così nel frattempo i migliori 500 cervelli (quasi il 20%) hanno
lasciato i laboratori degli ospedali pubblici d’eccellenza per accasarsi nelle
più remunerative multinazionali farmaceutiche. Un tira e molla che ha di colpo
impoverito la ricerca di punta indipendente, quella che garantisce ogni anno le
terapie più all’avanguardia ad almeno 300 mila pazienti. (Fonte: S. Ravizza,
CorSera 07-01-19)
SISTEMA
UNIVERSITARIO
TRE FASI DELL’UNIVERSITÀ ITALIANA: AUTONOMIA IRRESPONSABILE, AUTONOMIA
VIGILATA, AUTONOMIA RESPONSABILE
Sono due le fasi che negli
ultimi 20 anni ha attraversato l'università italiana. La prima fase è stata
quella dell'autonomia irresponsabile con atenei che nella prima decade degli
anni 2000 erano arrivati, molti atenei, sull'orlo del fallimento. E non solo
per una cronica assenza di adeguati finanziamenti, ma innanzitutto per una
gestione non virtuosa dell'autonomia. La seconda fase è stata quella di una
autonomia vigilata, caratterizzata da controlli preventivi e da una
legislazione molto vincolistica. Possiamo dire con grande franchezza che il
sistema universitario italiano è ora un sistema sano, oso dire tra i più sano
della pubblica amministrazione italiana. A questo punto il momento per molte
università, purtroppo non ancora per tutte, di avviare una terza fase, quella
dell'autonomia responsabile. In questo senso il Ministero che qui rappresento
intende muoversi.
Due prime iniziative concrete.
Entro dicembre verrà varato il decreto che attribuisce i punti organico.
Approfittando del fatto che si raggiungerà a livello nazionale quest'anno il
100% del turn over ho proposto che si consenta alle università virtuose di
superare il limite del 110%. Inoltre il Ministero ha preparato un emendamento
che il Governo ha deciso di presentare nella Legge finanziaria. Consentirà a
carico dei bilanci delle università virtuose – tenuto cioè conto del rapporto
tra spese per il personale e FFO e dell'indice di sostenibilità finanziaria –
di incrementare notevolmente le proprie facoltà assunzionali senza più il
vincolo del 100% del turn over nazionale.
Non basta. Per quelle
università che hanno dimostrato di saper vincere la sfida di una
amministrazione sana, dobbiamo procedere all'attuazione dell'art. 1, comma 2,
della Legge 240/2010. Con gli organi rappresentativi del mondo accademico,
stiamo discutendo su come dare sostanza concreta all'autonomia, come recita
l'articolo 1, comma 2, autonomia organizzativa e funzionale. Altro tema che
riteniamo indispensabile e urgente: la semplificazione, per spazzare via lacci
e laccioli che penalizzano la vita di coloro che lavorano nell'ambito
dell'università. Sempre più è necessario consentire una flessibilità concreta
fra università e professore, concordata tra università e professore,
nell'impegno in ricerca e didattica. Quindi flessibilità nell'impegno tra
ricerca e didattica concordata tra università e professore.
(Fonte: Dal discorso tenuto
dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e
per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico
di Torino, dic. 2018)
ALTRI PROPOSITI DEL GOVERNO SU ANVUR, DOTTORATO, RICERCATORI, DIRITTO
ALLO STUDIO
Va rivisto il ruolo
dell'ANVUR. Da organismo di controllo preventivo e di controllo sulle attività
e sui processi, deve diventare – com'è laddove esistono sistemi analoghi – un
organismo di controllo sui risultati con meno burocrazia e meno complicati
algoritmi.
È ferma intenzione del
Ministro proporre percorsi di dottorato in collegamento stretto tra università
e imprese. È necessaria cioè una sempre maggiore integrazione della figura del
dottorato con l'impresa.
Il Governo intende risolvere
la questione dei ricercatori a tempo indeterminato. Si tratta di dare
finalmente attuazione a quanto era stato previsto dell'articolo 29, comma 9
della Legge 240 e che mai è stato attuato. Dobbiamo nel contempo aumentare lo
stanziamento per i ricercatori di fascia B. Per quanto riguarda il diritto allo
studio il MIUR si sta adoperando per riuscire ad erogare per la prima volta il
saldo del 2018 entro l'esercizio corrente.
(Fonte: Dal discorso tenuto
dal prof. Giuseppe Valditara - capo dipartimento per la formazione superiore e
per la ricerca del MIUR - all’inaugurazione dell’a.a. 2018-2019 del Politecnico
di Torino, dic. 2018)
STUDENTI.
TASSE UNIVERSITARIE
RAPPORTO STUDENTI-DOCENTI
Scrive l’Ufficio Stampa Miur al direttore de Il Mattino: Al Nord c'è un
rapporto studenti-docenti superiore rispetto al Sud, cioè ci sono meno
professori e più studenti. Dei docenti in servizio a fine 2018 e degli studenti
in corso, il 44% dei docenti e il 43,8% degli studenti appartiene alle Università
settentrionali, il 31,5% dei docenti e il 32,5% degli studenti alle Università
del Sud, il 24,5% dei docenti e il 23,8% degli studenti al Centro.
Chiunque può provare a rifare i conti, andando sul sito del Cineca e su
quello dell’Anagrafe Studenti
Questi i dati corretti:
DOCENTI: PIANTA ORGANICA AL 31/12/2018 espressa in punti
organico. (Fonte Cineca)
NORD: 44,0%
CENTRO: 24,5%
SUD: 31,5%
STUDENTI: ULTIMO A.A.
DISPONIBILE 2017-2018. (Fonte: Anagrafe studenti http://anagrafe.miur.it
)
Iscritti: 1.712.814
NORD: 43,8%
CENTRO: 23,8%
SUD: 32,5%
Questo è quello che s’ottiene (escludendo le Scuole a Ordinamento
Speciale e le Università private o telematiche): Il rapporto studenti/docenti
dunque non vede affatto il Nord sottodimensionato.
Risponde il direttore de Il Mattino: Si ringrazia il Miur per le
cortesi puntualizzazioni, le quali tuttavia non smentiscono i dati
dell'articolo e cioè che 280 posti per ricercatori - che si erano liberati
grazie al turn over negli atenei del Centro Sud - saranno assegnati ad atenei
del Nord. Le università del Sud sono mediamente (quindi con eccezioni)
danneggiate nell'attribuzione delle possibilità di assunzione non perché
abbiano i conti in disordine (soltanto Cassino è fuori dai parametri di
virtuosità) ma perché hanno minori entrate dal gettito delle tasse
universitarie.
(Fonte: Il Mattino 06-01-19)
INDAGINE EUROSTUDENT 2016-2018 SUGLI STUDENTI ITALIANI
Dall’Ottava Indagine
Eurostudent per il periodo 2016-2018 emerge il ritratto degli universitari
italiani. Dall’analisi dei dati raccolti appare evidente che gli studenti
italiani impegnano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della
media calcolata in Europa. Circa il 20% degli iscritti alla laurea magistrale
ha già partecipato a progetti di mobilità internazionale: una percentuale non
lontana dalla media complessiva europea.
Il tasso di disoccupazione a
lungo termine degli ex allievi Erasmus si ferma al 2% (equivalente alla metà
esatta di quello registrato fra gli studenti che non hanno partecipato al
programma, il 4%). Otto studenti su dieci (il 79%) si dichiarano soddisfatti
per la preparazione teorica data dall’università e per la sostenibilità del
carico di lavoro (il 63%). Quasi la metà degli studenti (il 45%) chiede di
poter avere una maggiore preparazione pratica, soprattutto nei corsi delle
lauree giuridiche (il 27,6%). Mentre, all’opposto, la valutazione è decisamente
positiva per i corsi che formano paramedici e insegnanti: risulta essere
soddisfatto oltre il 70% degli studenti. L’analisi dei dati evidenzia come i
giovani che provengono dalle famiglie meno agiate, pur di raggiungere
l’obiettivo del titolo di studio, facciano scelte compatibili con le proprie
risorse, come ad esempio Atenei o corsi di studio disponibili nel proprio
territorio di residenza, mantenendo così la percentuale del pendolarismo al
50%. I giovani tendono sempre più a scegliere l’università in base all’offerta di
borse di studio e di servizi per la didattica, meglio ancora se l’Ateneo
dovesse risultare inserito in un contesto urbano e sociale e tale da favorire
la possibilità di trovare un lavoro che aiuti a mantenersi. (Fonte: Corriere
Università 17-12-18)
ITALIA PRIMA AL MONDO PER NUMERO
DI ISCRITTE ALL’UNIVERSITÀ
L’Italia è prima al mondo per numero di donne che si iscrivono in
università e percorsi di formazione terziari. Lo dicono i dati dell’annuale
rapporto sul Global Gender Gap del World Economic Forum.
In Italia ci sono 136 donne per ogni 100 maschi iscritti
all’università. Il 17,4% della popolazione femminile, contro il 12,7% dei
maschi, completa il percorso di studi. Inoltre, a rafforzare il primato
femminile, c’è da sottolineare che è donna il 60% circa dei laureati con lode.
Tuttavia, a fronte di questo primato, il nostro Paese si trova al 118° posto
(su 140) per partecipazione femminile alla vita economica e siamo 126esimi per
parità di trattamento economico. (Fonte: P. Cirica, universityequipe.com
08-01-19)
VARIE
SCHEDA SUA-CDS. SE FA PERDERE MOLTO TEMPO, LO STRUMENTO INFORMATICO È
SBAGLIATO
La scheda SUA-CdS è stata
ideata come il luogo unitario in cui far confluire e razionalizzare le
informazioni riguardanti l’attività e il controllo della qualità dei corsi di
studio, a beneficio delle Università, degli studenti e «delle famiglie».
Se si ritenesse urgente
fornire ai migliaia di corsi di laurea in Italia uno strumento più decoroso,
funzionale, si eviterebbe almeno che innumerevoli ore di docenti universitari
siano spese ogni anno solo per venire a capo di un sito con una qualità che non
si accetterebbe neppure nel blog amatoriale di un ragazzino. Forse bisognerebbe
ricordare che la grande spinta alla nascita e all’evoluzione dell’informatica è
stata il desiderio di risparmiare tempo, per poterlo occupare in compiti più
intelligenti, attraenti, umani. Ogni volta che uno strumento informatico, per
un motivo o per l’altro, fa perdere tempo, questo è il segno che è sbagliato. (Fonte:
G. Salmeri, agendadigitale.eu 12-12-18)
RACCOMANDAZIONI EFFETTUATE A UN DOCENTE MINACCIA A PUBBLICO UFFICIALE
Cass. pen. Sez. VI,
28/09/2006, n. 5777 (rv. 236059): La raccomandazione a un docente universitario
per il superamento degli esami da parte di uno studente, in genere irrilevante
sul piano penale, assume la consistenza di una condotta illecita, che può dar
luogo alla commissione del reato di cui all’art. 336 cod. pen., quando è
accompagnata da comportamenti che esulano la semplice segnalazione e sfociano
nella pressione illecita. (In applicazione di tale principio, la Corte ha
ritenuto corretta la configurazione del reato di violenza e minaccia a pubblico
ufficiale, nella specie aggravato ai sensi dell’art. 7 L. n. 203 del 1991, nelle
raccomandazioni effettuate a docenti universitari da studenti, associati alla
malavita locale, in favore di propri colleghi, realizzate con atteggiamenti di
controllo dell’adesione alla segnalazione mediante la presenza allo svolgimento
degli esami e con modalità tali da far prospettare la minaccia di conseguenze
ritorsive ad opera di associazioni criminali operanti nell’ambiente
universitario). (Dichiara inammissibile, App. Messina, 30 giugno 2004). (Fonte:
Orizzonte scuola 19-12-18)
RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il Governo ha approvato sei
deleghe su proposta della ministra Giulia Bongiorno. Il primo obiettivo che la
Bongiorno intende raggiungere è quello di unificare tutte le disposizioni
vigenti in materia di pubblico impiego tramite l’elaborazione di un Testo
Unico.
La riforma della Pubblica
Amministrazione prevede anche un riordino della dirigenza con l’obiettivo non
solo di incrementare la produttività ma anche di migliorare l’immagine della
PA. Tra le novità previste, una delle più importanti è quella che prevede
l’obbligo di concorso pubblico (svolto dalla SNA, Scuola nazionale
dell’amministrazione) per chi vuole diventare Dirigente della Pubblica
Amministrazione.
Un concorso riservato, come
detto in precedenza, ai dipendenti che negli ultimi tre anni si sono distinti
per il loro lavoro ottenendo le valutazioni migliori. Solamente una quota di
posti - non superiore al 50% del fabbisogno - sarà invece riservata al
personale esterno alla Pubblica Amministrazione.
Ci saranno nuove regole per
quanto riguarda la revoca degli incarichi dirigenziali; previste sanzioni anche
per la responsabilità disciplinare dei dirigenti pubblici, come ad esempio quelle
per coloro che non verificano l’effettiva presenza in servizio del personale
assegnato. (Fonte: Money.it 24-12-18)
IL TECNOPOLO DI BOLOGNA OSPITERÀ
IL CENTRO EUROPEO PER LE PREVISIONI METEREOLOGICHE A MEDIO TERMINE (ECMWF)
Dal 2019 saranno i supercomputer del Tecnopolo Bologna* a svolgere la funzione
del centro inglese di Reading in modo ancora più efficiente. Ogni giorno decine
di milioni di europei guardano le previsioni meteo sui propri telefonini; le
previsioni televisive spesso superano il numero di contatti raggiunto dai
telegiornali. Ma tutte queste scommesse sul futuro delle nuvole arrivano da un
solo punto: i potenti supercomputer del Centro Europeo per le Previsioni
Metereologiche a Medio Termine (ECMWF) di Reading, pochi chilometri a ovest di
Londra. Vengono distribuite a tutti i servizi meteo d’Europa e poi ciascuno
trasforma le informazioni numeriche ricevute. Il Tecnopolo di Bologna - grazie
a un investimento di 40 milioni di euro - è risultato il vincitore e ospiterà
la nuova generazione di supercomputer metereologici ECMWF europei già nel 2020.
Questi ultimi riusciranno a simulare l’atmosfera con quadretti 50 volte più
piccoli, di “appena” 5 km di lato. Questa migliore risoluzione permetterà di
diramare previsioni attendibili fino a 2 settimane di anticipo a partire dal
2025 e sarà in grado di monitorare con precisione lo stato del clima e di darci
informazioni sull’efficacia della nostra lotta al cambiamento climatico. Dopo
HPC4 Eni, il più veloce supercomputer industriale al mondo, l’eccellenza
informatica italiana avrà un nuovo primato mondiale. (Fonte: linkiesta
11-01-19)
*Tecnopolo di Bologna. ultimo tassello di quella rete di dieci
infrastrutture per la ricerca industriale e il trasferimento tecnologico che
rende la Regione Emilia-Romagna un unicum nel panorama nazionale di innovazione
capillare diffusa.
UNIVERSITÀ
IN ITALIA
CHANCE PER ATENEI ITALIANI DI COLLABORARE CON LE UNIVERSITÀ STRANIERE
A lanciare l’idea di una
«diplomazia della ricerca» è stato il 22 novembre scorso, nel corso del
convegno Esof organizzato alla Farnesina, il capo dipartimento Università del
Miur, Giuseppe Valditara. Ma, a quanto pare, siamo ben oltre la dichiarazione
di intenti. L’operazione - che coinvolge i ministeri degli Affari esteri e
dell’Istruzione, oltre alla Conferenza dei rettori e al Cnr - sta per
trasformarsi in un primo memorandum d’intesa. Che vede protagonista, come
controparte, il governo di Rabat. Il documento in corso di definizione punta
esplicitamente a rafforzare la cooperazione scientifica e accademica tra
l’Italia e il Marocco. Battendo ogni strada. L’intenzione è quella di andare
oltre lo scambio di docenti e ricercatori. Da qui la proposta di avviare doppie
lauree o titoli congiunti. Oppure di creare laboratori di ricerca e innovazione
o dipartimenti universitari. Fino all’apertura di vere e proprie sedi
distaccate. Tutto ciò che potrebbe servire alle aziende di casa nostra per fare
innovazione sul campo e intercettare i talenti del futuro prima dei loro
competitor. Continentali e non. In quest’ottica, il Marocco dovrebbe essere
solo il primo di un gruppo più ampio di partner strategici. (Fonte: E. Bruno,
IlSole24Ore 24-12-18)
UNIBO. UNIVERSITY OF BOLOGNA
The University of Bologna,
founded in 1088 is believed to be the world’s first and oldest university. This
university is still held in very high regard and has campuses in Bologna,
Cesena, Forli, Ravenna and Rimini, and including the international campus in
Buenos Aires, Argentina. Bologna can feel like a university town – there’s a
varied nightlife and a lot of live music, from classical opera to modern DJs
and bands. The University of Bologna is also responsible for the Bologna
Process, which is a series of agreements between European countries with the
aim of ensuring cooperation and comparability between the higher education
systems of Europe. In line with the university’s ample contributions over the
years, its long list of alumni includes Archbishop of Canterbury Thomas
Beckett, a number of Popes, Nobel Prize-winning inventor and engineer Guglielmo
Marconi and even Enzo Ferrari and Giorgio Armani, founders of their eponymous
worldwide brands. (Fonte: timeshighereducation.com 20-12-18)
UNIBO. NUOVO ACCORDO ATTUATIVO TRA UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E AZIENDA
OSPEDALIERA UNIVERSITARIA
I rapporti tra l’Università di
Bologna e l’Azienda ospedaliera universitaria Sant’Orsola si avvalgono di un
nuovo accordo attuativo che disciplina e regola le attività di ricerca,
didattica e assistenza che vedono coinvolta quotidianamente la comunità
universitaria dell’Alma Mater integrata in assistenza, unitamente al personale
dell’Azienda sanitaria..
“Le attività mediche prevedono
per docenti e ricercatori, personale TA, studenti, l’inscindibilità tra
assistenza, ricerca e didattica. Per la prima volta l’accordo disciplina questa
inscindibilità in tutte le sue forme, dedicando particolare attenzione agli
elementi distintivi dell’Università: didattica e ricerca” spiega il professor
Maurizio Sobrero. “Sul fronte della ricerca ci sarà un migliore e più chiaro
riconoscimento delle attività svolte e degli investimenti necessari alla loro
crescita e valorizzazione attraverso tutti gli strumenti disponibili – prosegue
il professore Sobrero – Per la prima volta ci sarà un’attenzione specifica alla
gestione sistematica dei diritti di proprietà intellettuale”. Per parte
aziendale si promuove la partecipazione del personale ospedaliero alla ricerca
a sostegno dell’attività clinica valorizzandone l’apporto intellettuale e
scientifico. Sul fronte della didattica ci sarà un pieno riconoscimento delle
attività formative nell’insieme dei vincoli necessari a programmare tutte le
attività del personale universitario in linea con le reali esigenze
assistenziali e si apriranno le strutture dell’azienda a nuove figure quali
visiting scholars e visiting professors per investire sempre di più
sull’internazionalizzazione. “Per la prima volta, inoltre, si definiscono in
maniera articolata le modalità di convenzionamento, si introduce la possibilità
di convenzionamento su progetto per cogliere specifiche opportunità legate alla
ricerca e alla didattica” – conclude il prof. Maurizio Sobrero. (Fonte: bologna2000.com
29-12-18)
UNIBO. VITTORIA DELL’AUTO EMILIA
4 A ENERGIA SOLARE AL WORLD SOLAR CHALLENGE 2018: 2700 KM SULLE STRADE
DELL'OREGON
Il team Onda Solare ha portato alla vittoria del World Solar Challenge
2018 l'auto Emilia 4, progettata e costruita con l'Università di Bologna: 2700
km sulle strade dell'Oregon, senza mai ricaricare all'alimentatore di corrente,
con un equipaggio di quattro piloti. La reputazione delle università americane
rende veramente rilevante la vittoria nei loro confronti. Gli altri team
avevano alle spalle centri come il Massachuset Institute of Technology o
l'Università del Minnesota...La macchina è stata interamente costruita dai
ragazzi che hanno partecipato. Da Morena Falcone ingegnere energetico, poi da
un ingegnere aerodinamico e dagli altri che sono tutti ingegneri meccanici ed
elettrici. Ogni singolo particolare è stato da loroi pensato, progettato,
realizzato, costruito e modificato. Il team ha vinto anche due premi
collaterali, il Mechanical Design Award e il Best Battery Pack Design Award,
che hanno premiato il design dal punto di vista meccanico e l'innovativa
batteria, su cui è in corso anche una richiesta di brevetto. L'Università di
Bologna questa volta si è veramente impegnata. E quando c'è l'impegno, i
risultati arrivano. Emilia 4 gareggiava con 4 passeggeri a bordo, a rotazione
fra un equipaggio composto da 8 persone. Dei 24 veicoli che hanno partecipato
alle prove, solo 13-14 sono stati ammessi alla gara su strada nelle due
categorie. Oltre agli italiani, c'erano australiani, canadesi, russi e tutti
gli altri erano americani (fra cui anche il secondo e il terzo classificati).
Prossimo appuntamento per Emilia 4 sarà il World Solar Challenge in Australia,
a ottobre 2019. (Fonte: cittaonline.com dicembre 2018)
UNIBO. UN PONTE TRA SCUOLA,
UNIVERSITÀ E IMPRESA
«Solo attraverso la conoscenza le imprese possono restare competitive»,
spiega Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati motor holding. È
il progetto di formazione permanente, promosso dalla Fondazione Ducati, insieme
agli istituti della città, dal Liceo Malpighi, alla Belluzzi-Fioravanti, Aldini-Valeriani,
all’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Un vero percorso di
cooperazione permanente. Che va dalla Fisica in Moto, il laboratorio
all’interno della fabbrica, visitato già da circa 71 mila studenti, al progetto
Desi, alla Summer school. All’Unibo Motostudent, arrivata terza alla
competizione tra moto elettriche nel 2018. «Un ponte tra scuola, università e
impresa, nell’alternanza scuola lavoro per i ragazzi si accendono molte
lampadine sulle scelte da fare», spiega Elena Ugolini, preside del Liceo
Malpighi e consigliere education di Fondazione Ducati. «La percezione che ci
sia un periodo di formazione e un periodo per il lavoro è tramontata. È un
mondo continuo», spiega il rettore di UniBo, Francesco Ubertini. Dal progetto Muner
al modello di formazione tedesco Desi, il piano Ducati for education. «Una
complementarietà tra scuola e impresa», sottolinea Carmela Palumbo, capo
dipartimento del Miur. (Fonte: N. Saldutti, CorSera 12-01-19)
UNINA. FS MOBILITY ACADEMY,
SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE PROMOSSA DALLE FERROVIE DELLO STATO ITALIANE, IN
COLLABORAZIONE CON L'ATENEO PARTENOPEO
Ingegneri, ma anche laureati in economia, marketing e matematica.
Ampliare il ventaglio dei corsisti è l'obiettivo che si pone la Federico II per
il futuro dell'Fs Mobility Academy scuola di alta formazione promossa dalle
Ferrovie dello Stato Italiane, in collaborazione con l'ateneo partenopeo,
dedicata ai tecnici e ai professionisti del trasporto e della mobilità.«La
partnership con Fs - spiega il rettore della Federico II Gaetano Manfredi -
rappresenta una straordinaria opportunità di un percorso post laurea di alta
specializzazione fortemente innovativo». Nell'ultimo trimestre (maggio-luglio)
i corsisti potranno partecipare a stage di 500 ore nelle società del gruppo Fs.
«L'auspicio commenta Ennio Cascetta - è che gli studenti possano avere poi
delle opportunità di lavoro concrete all'interno del gruppo. E un'iniziativa
importante per Napoli, che vanta una delle scuole di ingegneria dei trasporti
più prestigiose. Il progetto dell'Fs Academy deve proseguire. La scommessa è
creare un canale stabile di formazione». (Fonte: Il Mattino 12-01-19)
A NAPOLI NASCERÀ LA SCUOLA SUPERIORE MERIDIONALE
A Napoli nascerà la Scuola
Superiore Meridionale. Pronti 50 milioni di euro. Organizzerà corsi di
dottorato di ricerca, master, ordinari e di laurea magistrale e nascerà
all'interno dell'Università Federico II e con la collaborazione di MIUR e
Federazione delle Scuole Superiori (S. Anna, Normale e Pavia). Bussetti: “Si
tratta di un'azione di sistema, attesa da decenni, con cui il Governo intende
estendere al Sud un modello formativo vincente che ci viene invidiato in tutto
il mondo”. (Fonte: napolitoday.it 13-12-18)
UNIPD. UNIVERSITY OF PADUA
The University of Padua was
founded in 1222 as a school of law. It is the second-oldest university in Italy
and the world's fifth oldest-surviving university. The university is made up of
32 departments and eight schools. It is also home to a university hospital, one
museum, a library, a school of excellence and 14 halls of residence. The
University of Padua is part of a network of historical research universities
known as the Coimbra Group. Other universities that are part of this network
are the University of Oxford, the University of Cambridge, Heidelberg
University, KU Leuven and the University of Salamanca. (Fonte:
timeshighereducation.com
20-12-18)
POLIMI. IL COMPETENCE CENTER DELLA LOMBARDIA GUIDATO DAL POLITECNICO PER
SOSTENERE LA TRASFORMAZIONE DIGITALE APRIRÀ NEL CAMPUS BOVISA
Si chiama "Made" il Competence center della Lombardia guidato
dal Politecnico, uno degli otto previsti a livello nazionale dal Piano
nazionale industria 4.0 - che aprirà a settembre all'interno del Campus Bovisa.
Frutto di una collaborazione fra più università (oltre a quello
milanese ci sono gli atenei di Bergamo, Brescia e Pavia) e di 39 imprese, nasce
grazie a un finanziamento di 22 milioni di euro, di cui 14 per attrezzature e
personale e 8 per progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico.
Metà arrivano dal ministero per lo Sviluppo economico, metà dai privati. «L'università
moderna è responsabile del territorio in cui è connessa e ha il compito di
trasferire e stimolare l'innovazione», spiega il rettore Ferruccio Resta
durante la presentazione al Politecnico, «Parliamo di un hub di incontro unico
per le tecnologie digitali applicate al manifatturiero - prosegue il rettore -
e abbiamo l'ambizione di diventare non solo un punto di riferimento nazionale,
ma di andare anche oltre i confini». Sono circa il 45 per cento le imprese che
ancora non sanno come funziona una fabbrica 4.0. «Le aziende che si rivolgeranno
a "Made" saranno supportate in un percorso di crescita e di adozione
di nuove tecnologie digitali a copertura dell'intero ciclo del prodotto».
(Fonte: T. De Giorgio, CorSera Milano 12-01-19)
UE.
ESTERO
‘VIENNA DECLARATION’. SIGNED BY
RECTORS’ BODIES OF 10 NATIONS
Representatives of rectors’ conferences from Germany, Italy, Croatia,
Poland, Switzerland, Slovenia, Slovakia, Serbia and the Czech Republic met with
Universities Austria or UNIKO, Austria’s association of university heads, in
mid-December to take stock of growing trends in society towards
‘pseudo-science’ and ‘pseudo-facts’. Representatives from Hungary had also been
invited but refrained from attending.
In their ‘Vienna Declaration’, the participants of the meeting state
that they are “firmly convinced that the basic values of higher education
reflect the achievements of enlightenment”. Academic freedom and integrity in
teaching and research as well as students and academic staff having a say in
the running of institutions are seen as key elements in the functioning of
universities. The rectors also stress the significance of the Magna Charta
Universitatum, signed in 1988 by 388 university heads from across Europe and
marking the 900th birthday of Italy’s University of Bologna. Here, they refer
to the holistic concept of education emphasised in the Charta. (Fonte: UWN
24-12-18)
ALBANIA. PER LE PROTESTE DEGLI
STUDENTI CONTRO LA CONTROVERSA LEGGE DEL 2015 SI DIMETTE IL MINISTRO
DELL’ISTRUZIONE
Albania’s education and science minister, mathematician Lindita
Nikolla, has resigned amid nationwide protests by thousands of students. The
government says that it would meet many of the students’ requests for cheaper
and better-quality higher education, but it has stopped short of repealing a
controversial 2015 law that protesters say is the source of many of the
problems plaguing Albanian academia. The law aimed to improve education by
allowing more private money and spreading funding around, but critics say that
it has ultimately undermined quality by treating universities as businesses.
(Fonte: Nature Briefing 17-01-19)
UK RESEARCH ELITE SPEND £49 MILLION ON PRE-REF JOB CUTS
The holiday season is almost
here, but many UK university staff are feeling a distinct lack of festive
cheer. Recent announcements about potential job cuts at Bangor and Cardiff
universities raise the spectre of the financial challenges looming over other
universities in 2019. Huge hikes in staff pension payments await, as do
spiralling visa costs for enrolling non-UK European Union staff post-Brexit.
Institutions will also wonder if EU enrolments will fall off a cliff if
students lose access to student loans after Brexit. It’s little wonder that UK
universities have been tightening their belts, but the scale of the
redundancies and severance payments paid to staff, as revealed by Times Higher Education,
may surprise many readers, with almost £50 million spent on this last year by
Russell Group institutions alone. But is this efficiency drive something more?
Many will suspect that some of the costs may be linked to a cull of
‘underperforming’ staff ahead of the 2021 research excellence framework
deadline. And some will worry that the REF ‘game-playing’ has just begun.
(Fonte: THE 20-12-18)
UK. GLI ATENEI SI PAGANO LA
POLIZIA
Londra. Un quinto delle università britanniche spendono migliaia di
sterline ogni anno per pagare degli agenti che proteggano gli studenti dalla
criminalità comune. Secondo quanto rivelato ieri dal quotidiano Times sono ben
27 gli atenei che hanno deciso di contribuire al budget delle forze di polizia
in cambio di controlli più accurati e costanti all'interno dei campus, divenuti
facile target di ladri, spacciatori e predatori sessuali. Negli ultimi tre armi
sono stati spesi oltre due milioni di sterline per garantire maggiore sicurezza
agli studenti e per l'anno prossimo la spesa prevista è di un milione e
duecentomila sterline. La sola università di Northampton ha stanziato 775mila
sterline per finanziare nel prossimo triennio un sergente e cinque agenti di
pattuglia nel suo nuovo campus. (Fonte: E. Orsini, Il Giornale 06-01-19)
UK. UNIVERSITIES WARN ‘NO DEAL’
BREXIT WILL HIT CRUCIAL FUNDING STREAMS
UK universities have warned the country’s government that leaving the
European Union without a deal is “one of the biggest threats” the institutions
have ever faced. In an open letter published on 4 January, leaders of groups
representing 150 UK institutions urge the government to commit to replacing
important EU sources of research funding that would become immediately
inaccessible to UK researchers in the event of a ‘no deal’ Brexit. Britain is
scheduled to leave the EU on 29 March, but a deal on the terms of its departure
is yet to be fully agreed. Members of the UK Parliament are expected to vote on
a proposed deal later this month. Unless an agreement is secured, British
scientists will become ineligible for prestigious European Research Council
(ERC) grants and some parts of the Marie Skłodowska-Curie Actions programme,
which promotes researcher mobility. The university groups estimate that
together, these sources would be worth €1.3 billion (US$1.5 billion) to UK
researchers over the next two years. (Fonte: E. Gibney, Nature Briefing
04-01-19)
BRASILE. RUMOURS SWIRL AS
BOLSONARO TAKES OFFICE
Ever since Jair Bolsonaro’s election last year, higher education in
Brazil has been fearful about what impact the far-right president might have on
universities once he took office. Today, our reporter Rachel Pells reports on
the alarm bells being sounded over claims that candidates for postgraduate
scholarships might be forced to take an “ideology” test in the future. Although
Brazil’s postgraduate funding body has said that no such tests are planned,
academics say that the claims – which stemmed from an article in a newspaper on
mooted education reforms – are symptomatic of how the new administration is
creating an atmosphere of “panic and intimidation” by leaking policy rumours.
(Fonte: THE 15-01-19)
LIBRI.
RAPPORTI. SAGGI
LA RICERCA OPERATIVA. Finalità e
metodi
Autore: Alessio Drivet. Ed. Aracne. Gennaio 2019. 220 pg.
Il volume si colloca all’interno della vasta produzione relativa al
tema della “ricerca operativa” ed è caratterizzato da un approccio non
accademico, ma più orientato verso l’analisi pragmatica della disciplina.
L’esigenza di presentare l’argomento in modo semplice e accessibile è stata
perseguita cercando di limitare al minimo indispensabile l’uso di formule e
teoremi. L’attenzione è invece focalizzata sia sul concetto di modello che
sull’esposizione degli algoritmi fondamentali. Una parte dell’opera è dedicata
all’uso dei software, in quanto solo con essi è possibile affrontare e
risolvere problemi complessi. (Fonte: Sintesi dell’editore)
LA «GRANDE TRASFORMAZIONE»
DELL’UNIVERSITÀ ITALIANA
Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018 (Numero
monografico http://www.rtsa.eu/
)
Introduzione di Davide Borrelli, Marialuisa Stazio:
Nell'introdurre questo numero monografico sulla “grande trasformazione”
dell'università negli ultimi anni, il nostro contributo fa il bilancio della
situazione italiana, valutando l'impatto delle politiche recentemente adottate
sulla problematica condizione dell'istruzione superiore nel nostro Paese.
Emerge un quadro fortemente critico e negativo: l'adozione delle logiche
gestionali del New Public Management all'interno dell'università italiana (ad
esempio, mediante il “mito razionalizzato” della qualità e i sistemi di
valutazione premiale) non solo fallisce l'obiettivo di ampliare il bacino di
utenza della formazione terziaria, ma tende a produrre effetti perversi e
disfunzionali che moltiplicano le forme di dominazione e di comando all'interno
del sistema della ricerca scientifica e accentuano gli squilibri e le
differenze territoriali.
I seguenti articoli del numero monografico sono disponibili qui.
Monica Canino: La certificazione di qualità dell‘istruzione
universitaria dopo le nuove indicazioni ministeriali.
Alessandra
Decataldo: Valutare la didattica
universitaria: considerazioni sui principi ispiratori e sui processi.
Valentina
Martino: Terza Missione e cultura delle
università. Note per una sociologia del patrimonio accademico.
Andrea
Lombardinilo: Università del rischio e
mobilità accademica: la drammatizzazione mediale della violenza.
Emilia Ferone,
Sara Petroccia: Il capitalismo accademico
nell‘università europea della conoscenza
Francesca Coin:
L‘inadeguatezza del digital academic..
Emanuela Spanò:
Sedotte e valutate: la meritocrazia
nell‘auto-rappresentazione delle feminae academiche..
Enrico Mauro: Il ricercatore scientifico «comme un être
sans passé»: ancora sugli “effetti collaterali” della “valutazione”
meritocratica della ricerca..
Davide
Borrelli, Renato Fontana, Cristina Sofia, Elena Valentini: Le
tribolazioni del ricercatore tra ingiunzioni valutative e pratiche di cura di
sé.
L’UOMO SENZA FRONTIERE. Vita e
scoperte di Albert Einstein
Autore: Jeremy Bernstein. Ed. Il Saggiatore 2012. 217 pg.
«Nel novembre del 1919 Albert Einstein diventò lo scienziato più famoso
del mondo e tale sarebbe rimasto per tutto il resto della sua vita. Non sarebbe
mai più stato un semplice privato cittadino.» Albert Einstein è una delle
figure più emblematiche del nostro tempo. Anche dopo più di cinquant’anni dalla
sua scomparsa, le sue scoperte sono considerate da molti la più audace
avventura intrapresa dall’uomo con le sole risorse dell’intelligenza. La teoria
della relatività ha consentito a Einstein di prevedere fenomeni che avvengono
nel cosmo quanto nel mondo atomico e subatomico. Il ritratto che prende forma
nelle pagine di Bernstein è estremamente vivido, le spiegazioni delle teorie
semplici e lineari, mentre il grande scienziato si rivela ai nostri occhi anche
come uomo: timido e trasognato, ma anche risoluto nella convinzione della
validità delle proprie scoperte.
IN BREVE
LICEI SCIENTIFICI A INDIRIZZO
BIOMEDICO. Via libera del MIUR al
percorso sperimentale dei licei scientifici a indirizzo biomedico. 2 istituti, 1 a Milano e 1 a Corsico. Accanto
al canonico orario del liceo, sono previste 50 ore di lezione aggiuntive, 20
tenute da docenti di scienze, 20 da medici scelti dagli Ordini e 10 sul campo
presso strutture sanitarie.
ERASMUS+. PRIMATO
DELL'UNIVERSITÀ DI PADOVA. L’ateneo di Padova primo in Veneto, secondo in
Italia (dietro Bologna) e quarto in Europa (dopo Granada e Madrid) per numero
di studenti all'estero con Erasmus+: 1.870. Il Gazzettino 18-01.-19.