domenica 16 giugno 2019

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE N. 4 16-06-2019



IN EVIDENZA

TUTTO QUELLO CHE NON AVREMMO MAI AVUTO SENZA L’UNIONE EUROPEA. AD ESEMPIO ERASMUS

ERASMUS. Dal 1987 le partenze annuali sono centuplicate e 9 milioni di studenti hanno visto le loro vite cambiate: età media 24 anni, accolti in 5.000 istituti di 33 Paesi diversi, fra gli altri 843.000 italiani. Nel 2021-2027 partiranno altri 12 milioni di giovani. Terminati gli studi, cercheranno un lavoro nel mercato unico europeo. (Fonte: M. Gabanelli e L. Offeddu  https://tinyurl.com/y6tmmoao  CorSera 20-05-19)







 RAPPORTO DI ALMALAUREA SUL PROFILO DEI LAUREATI E SULLA LORO CONDIZIONE OCCUPAZIONALE. UNA SINTESI

Il “Rapporto sul profilo del laureati 2019” prende in esame i risultati di oltre 280.000 laureati nel 2018, mentre il “Rapporto sulla condizione occupazionale” analizza circa 640.000 laureati di primo o secondo livello del 2013, 2015 e 2017 contattati qualche anno dopo la laurea.
Immatricolazioni. Dopo un calo riscontrato fino all’anno accademico 2013/14, dall’anno successivo sono aumentate fino ad arrivare al +9,3% del 2017/18 rispetto al 2013/14. Nonostante questo, gli atenei dal 2003/2004 hanno visto ridurre il numero degli iscritti complessivamente di 40.000 matricole, segno che i valori della ripresa non hanno ancora compensato i precedenti cali. Rispetto all’anno accademico 2003/2004 le immatricolazioni sono in calo per tutte le aree disciplinari eccetto le aree scientifiche, nelle quali si rileva un aumento del 13%.
Contesto familiare e formazione dei genitori. Non solo persiste, ma aumenta in modo considerevole, passando dal 25,5% del 2008 al 29,9% del 2018, il fenomeno legato al fatto che i giovani provenienti da famiglie nelle quali almeno un genitore è laureato siano spinti a frequentare l’Università. Il fenomeno si acuisce in modo evidente se si guardano i dati suddivisi per tipologia di laurea, che vedono il 42% degli iscritti a una laurea magistrale a ciclo unico provenire da una famiglia nella quale almeno un genitore è laureato.
Riuscita negli studi. Migliora il dato di riuscita negli studi, che in media prevede un’età di 25,8 anni in chi consegue una laurea che vede una diminuzione netta dal 2008 (età media 27 anni) spiegata però in parte dalla riforma che ha introdotto le lauree triennali, mentre resta sostanzialmente costante la media dei voti di laurea.
Innovazioni didattiche. L’introduzione di esperienze all’estero e di tirocini lavorativi, vede il numero di studenti coinvolti in decisa crescita. Dall’8% di esperienze all’estero del 2008 al 11,3% del 2018 e dal 53% di tirocini curricolari del 2008 al 59,3% del 2018, con una sostanziale soddisfazione degli interessati rispetto all’esperienza. In flessione, al contrario, il numero degli studenti lavoratori, che passa dal 74,7% del 2008 al 65,4% del 2018
Condizione occupazionale dei laureati. Il livello occupazionale a un anno dalla laurea vede il 72% di occupati tra i laureati di primo livello e il 69,7% tra quelli di secondo livello, dati che indicano un aumento di circa il 6,4% per i primi e di 4,2% per i secondi rispetto ai dati del 2014, aumento che comunque non riesce a colmare la contrazione avvenuta tra il 2008 e il 2014.
A cinque anni dal conseguimento del titolo i laureati magistrali occupati sono in percentuale maggiore tra i settori dell’ingegneria (93,2%), economico statistico (89,6%), medico sanitario (89,3%), scientifico (89,0%), mentre i livelli più bassi di occupabilità si riscontrano nel campo letterario (77,5%) e giuridico (75,2%). (Fonte: G. Spanevello, sussidiario.net 08-06-19)

“È PIÙ FACILE FARE L’ELENCO DELLE COSE CHE NON VANNO TAGLIATE: ISTRUZIONE E CULTURA”

Di quello che era il suo piano per tagliare la spesa pubblica – “Ormai ha cinque anni”, ricorda il prof. Cottarelli – alcune cose sono state fatte, ma tanto resta comunque da tagliare. “È più facile fare l’elenco delle cose che non vanno tagliate: istruzione e cultura”. Per tirarsi fuori dalle secche di una crescita risicata un governo politico dovrebbe a piene mani agire sulla burocrazia che frena la vivacità delle imprese italiane. “La burocrazia sta distruggendo lentamente l’economia italiana – ha attaccato Cottarelli – le nostre imprese hanno spese che le concorrenti estere non hanno”. Il costo delle pratiche arriva a “35 miliardi di euro l’anno”, niente a che vedere con competitor come Germania o Francia. “Burocrazia – ha aggiunto Cottarelli – significa tempi d’attesa molto lunghi: nel doing business noi italiani siamo al 51esimo posto, abbiamo avanti tutti i paesi avanzati tranne il Belgio. Questo riduce drasticamente gli investimenti”.  A frenare gli investitori – soprattutto quelli stranieri – si mette anche una tassazione meno attraente rispetto a quella di altre economie e una giustizia che si muove come un bradipo. “Il funzionamento della giustizia civile è fondamentale per un’economia – ha spiegato il professore – In media un processo in Italia dura più di sette anni; in Germania 2 anni e un mese, in Spagna 2 anni e due mesi. In Francia 3 anni e cinque mesi”. (Fonte: WIRED 26-05-19)

SOLLEVATA Q.L.C. SULLA NATURA DISCREZIONALE, ANZICHÉ VINCOLATA, DELLA CHIAMATA IN RUOLO COME PROFESSORI DI 1^ O 2^ FASCIA, DEI RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO

Il TAR Calabria (ordinanza 30-04-19, n. 858 https://tinyurl.com/yxkzadgs ) solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 (c.d. legge Gelmini, recante la riforma del sistema universitario) nella parte in cui prevede che la scelta di attivare, o non, la procedura di valutazione dei ricercatori a tempo indeterminato, finalizzata alla loro chiamata nel ruolo di professore di prima o di seconda fascia, sia subordinata a una scelta discrezionale dell’Università, anziché costituire oggetto di un diritto del ricercatore stesso (come è, invece, previsto, dall’art. 24, comma 5, della stessa legge, per la categoria dei ricercatori a tempo determinato). Con l’ordinanza in rassegna, la sezione I del TAR per la Calabria rimette alla Corte costituzionale la questione concernente lo status dei ricercatori a tempo indeterminato per i quali – una volta ottenuta l’abilitazione nazionale, ma a differenza di quanto la stessa legge  prevede per i ricercatori a tempo determinato – l’attivazione della successiva procedura di valutazione (finalizzata alla loro chiamata in ruolo come professori di prima o di seconda fascia) non costituisce un “diritto”, ma è subordinata ad una scelta discrezionale dell’università.

DOTTORATO. POSTI E BORSE

Secondo una ricerca dell’Adi - l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani - dal 2007 a oggi  i posti disponibili si sono ridotti del 43,4%. Nel solo segmento che riguarda il 2018 la disponibilità è scesa del 3,5% rispetto all’anno precedente, passando dai 9288 posti del 2017 agli 8960 dell’anno seguente. Nel 2010 i dottorati senza borsa di studio erano il 30,9%, al giorno d’oggi sono solo il 16,9%: una flessione che non va letta in modo positivo, come sembra in apparenza: non è la copertura delle borse a essere aumentata, ma sono i posti banditi a essere diminuiti, senza che sia avvenuto un rimpiazzo di quelli senza borsa. Nei primi dieci atenei per numeri di posti banditi il calo è stato del 40% l’anno. Per quanto riguarda la distribuzione delle borse, lo studio dell’Adi rileva il solito problema di un’Italia a due velocità. Dal 2007 a oggi il taglio dei posti di dottorato ha infatti colpito maggiormente Centro e Sud: il Nord ne ha persi il 37%, un dato che al Centro sale al 41,2% e al Sud si attesta al 55,5% di posti tagliati, che si traduce in un posto su tre nelle università del Nord e addirittura un posto su due in quelle del Meridione. (Fonte: G. Bitetto, thevision.com 17-05-19)

FINANZIAMENTI ALLA RICERCA IN EUROPA

Nel suo annuale rapporto, Global R&D Funding Forecast, dalla rivista specializzata R&D Magazine, dice che di soldi l’Europa nella scienza ne mette sempre meno degli altri. In un secolo, come Il Bo Live ha avuto già modo di documentare, il nostro continente è passato dal primo al terzo posto fra le grandi aree del mondo. Nel 2018 gli investimenti europei in R&S (di tutta l’Europa esclusa la Russia), calcolati a parità di potere di acquisto delle monete, sono stati meno della metà di quelli della regione asiatica (di tutta l’Asia escluso il Medio oriente, ma con in più l’Oceania).
È ormai evidente: l’asse scientifico del mondo si è spostato dall’Oceano Atlantico al Pacifico.
Il fatto è che l’Europa è terza – sia in termini assoluti che in termini relativi (intensità di spesa) – anche se la mettiamo a confronto con i due singoli paesi che investono di più in R&S: la Cina e gli Stati Uniti. I dati sono relativi al 2018. Le cose non vanno molto meglio per la sola Unione Europea, che nel 2018 ha investito – stando al R&D Magazine –, il 2,1% del suo Prodotto interno lordo in ricerca e sviluppo. La percentuale è praticamente simile a quella della Cina e nettamente inferiore a quella degli Stati Uniti. Ma il dato più significativo è che mentre in Cina gli investimenti crescono a ritmo sostenutissimo e negli Stati Uniti a ritmo sostenuto, in Europa l’aumento della spesa è mediocre. (Fonte: P. Greco, IlBo 21-05-19)

SEMPRE PIÙ AMPIO IL GAP TRA DOMANDA ED OFFERTA DI OCCUPAZIONE

Nel triennio 2014-2016, il 31,6% delle assunzioni ha riguardato personale sovraistruito rispetto al ruolo da ricoprire. Percentuale che sale al 34,3% se l’assunto ha meno di 29 anni. Quindi i più giovani, quando riescono a trovare un lavoro, spesso rischiano di essere troppo istruiti per quel tipo di occupazione. Emblematico è l’esempio dei neolaureati nei call center. Ma, allo stesso tempo, chi cerca lavoro non ha le competenze giuste per quello che le aziende cercano, cioè un lavoratore sempre più qualificato e con esperienza. Così ecco nel 2018 la caccia ad analisti e progettisti di software risultata difficile nel 60,7% dei casi, o quella di elettrotecnici e tecnici programmatori, con difficoltà di reperimento per il 58,6% e il 56,2% dei casi. Il Rapporto Excelsior 2018, realizzato da Unioncamere con Anpal sul mercato del lavoro in Italia, è una fotografia amara che mostra come il gap tra domanda ed offerta di occupazione nel nostro Paese sia sempre più ampio. Le cifre: su 4.553.980 assunzioni previste dalle aziende nel 2018, per il 26% dei casi è stato difficile trovare il profilo cercato, un dato cresciuto di 5 punti rispetto al 2017. I settori più in sofferenza e quindi più pronti ad assumere sono quello del commercio e dei servizi - turismo, ristorazione, logistica e sanità - dove nel 2018 sono state previste 1.638.550 entrate e dove nei prossimi 5 anni, il fabbisogno sarà il 25% del totale. Si cercavano commessi e camerieri, cuochi e addetti alle attività di amministrazione e back-office, insegnanti di lingue e traduttori. E nei prossimi anni, in vista dell’invecchiamento della popolazione, ci sarà sempre più necessità di medici e infermieri: previsto un fabbisogno di quasi 400mila unità. Nel 2018 mancavano anche tecnici, operai e professionisti altamente specializzati soprattutto nell’industria metalmeccanica, in quella informatica e nelle telecomunicazioni: sempre più serviranno saldatori e tecnici elettronici, meccanici e ingegneri elettrotecnici, tecnici programmatori e ingegneri energetici e meccanici, riparatori e montatori di macchine industriali, conduttori di mezzi pesanti e camion. Il nuovo presidente Anpal: «In futuro la domanda di lavoro sarà prevalentemente basata sulle high skills, specialmente nelle aree delle Data Science, cioè analytics, predictive analytics, machine learning, artificial intelligence». (Fonte: C. Voltattorni, Corr. Econ. 04-05-19


ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE E CRITERIO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLE PUBBLICAZIONI

Con la sentenza del 3 maggio 2019, n. 5633, il TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, ha specificato che la commissione nominata per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale, laddove preveda come criterio di valutazione della qualità delle pubblicazioni un criterio oggettivo correlato al mero dato numerico delle citazioni, faccia cattivo uso del potere discrezionale di cui è titolare, in quanto il giudizio della qualità delle pubblicazioni è un giudizio più articolato che deve tener conto di altri elementi (originalità, rigore metodologico e carattere innovativo), che in nessun caso possono essere ritenuti sussistenti sulla base del numero delle citazioni, non potendosi, inoltre, in alcun modo contestare che il mero dato numerico possa essere condizionato da elementi esogeni quali la data di pubblicazione dei lavori scientifici, la lingua in cui sono stati scritti, la diffusione delle riviste in cui sono stati pubblicati o nel caso di monografie la rilevanza e la diffusione della casa editoriale e la specificità degli argomenti oggetto delle suddette pubblicazioni.
Leggi il testo completo: TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 3 maggio 2019, n. 5633,  https://www.osservatoriouniversita.unimib.it/752-2/ 15-05-19.


CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI

U-MULTIRANK 2019 COVERS 49 HIGHER EDUCATION INSTITUTIONS FROM ITALY

In its 2019 edition, U-Multirank covers 49 higher education institutions from Italy:
• Italian higher education institutions show a strong performance in the dimension of Research.
• 5 Italian institutions with the highest numbers of top positions ( ‘A’ scores) are the same as in 2018. Bocconi University has the highest number of ‘A’ scores (15) amongst all Italian institutions, followed by IMT School for Advanced Studies Lucca (13), the Free University of Bolzano (12), Sant’Anna School of Advanced Studies (11), and the Polytechnic University of Milan (11).
• 6 Italian higher education institutions are included in the global Top 25 performer lists that U-Multirank shows on 10 selected indicators. The University Guglielmo Marconi is a global Top 25 performer both in International Joint Publications and Regional Joint Publications; Luiss Guido Carli scores highly both in Co-Publications with Industrial Partners and in Income from Continuous Professional Development activities. Both the Free University of Bolzano and the University of Camerino are Top Performers in International Orientation of Study Programmes. IMT School for Advanced Studies Lucca is a Top 25 performer in Interdisciplinary Publications, Bocconi University in Income from Continuous Professional Development. (Fonte: www.umultirank.org )


CULTURA DEL DIGITALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA

IL LENTO PROCESSO DI “AUMENTO DIGITALE” DEL SISTEMA DELLA FORMAZIONE

Cosa sta facendo concretamente o farà il Governo per colmare il digital gap della scuola italiana? Poco o nulla si scorge all’orizzonte oltre al primo ed esiguo stanziamento (35 milioni di euro per il 2019 contro più di 450 milioni del governo Renzi nel biennio 2016-2018) e alle misure annunciate dal sottosegretario Salvatore Giuliano (istituzione di un comitato scientifico del PNSD (Piano Nazionale Scuola digitale) e la creazione delle “equipe territoriali formative“).Se si prende in considerazione l’indice complessivo DESI 2018 (Digital Economy and Society Index), mediante il quale la Commissione europea definisce il livello di attuazione dell’Agenda digitale da parte dei singoli paesi membri dell’unione, ci accorgiamo che l’Italia si colloca al venticinquesimo posto su ventotto Stati. L’Italia è in gravissimo ritardo rispetto alla media europea soprattutto alla formazione del capitale umano e all’uso dei servizi internet. Questi dati non sono astratti ma hanno una ricaduta molto concreta sulla vita di tutti noi, soprattutto sul tempo che perdiamo in pratiche burocratiche “analogiche” che potremmo di molto abbreviare attraverso buone soluzioni Web. Perché il Governo non si attiene alla linee di attuazione del PNSD e del Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti 2016-2019, sbloccando le poste di bilancio che “La buona scuola” aveva ipotizzato per il biennio 2019 e 2020? Il processo di “aumento digitale” della scuola e del sistema della formazione potrebbe avere una parte importante, anzi fondamentale, nel miglioramento dell’efficienza del nostro sistema sociale e produttivo, perché potrebbe colmare almeno il gap competenze digitali (la scuola) e long life l’Università (l’istruzione superiore e l’università) che l’indice Desi indica come una delle cause più gravi dell’arretratezza italiana rispetto all’Europa. Per l’Università, i Software SIDI (Sistema Informativo Dell'Istruzione) o i vari software offerti dal CINECA al MIUR, le home page di riferimento spesso ci riportano ai software degli anni 80. Inoltre si rileva l’astruso e kafkiano iter burocratico che regola il funzionamento di questi già obsoleti e macchinosi software.
Altre domande al Governo su Scuola digitale:
Quando sarà realizzato il cablaggio in banda ultralarga di tutte le scuole italiane?
Quando saranno completati i piani di investimento relativi al Piano Nazionale Scuola Digitale e al Piano Nazionale di formazione dei docenti in materia di tecnologie didattiche di cui abbiamo detto più sopra?
Basteranno 120 “docenti/formatori digitali” per completare una riforma che circa 8000 “animatori digitali” e i loro “team dell’innovazione” – figure istituite dal Piano Nazionale Scuola Digitale – non sono riusciti a far decollare? (Fonte: P. M. Ferri, agendadigitale/eu 02-05-19)

IMPIEGO DI CHATBOT NELLE UNIVERSITÀ

L’impiego di CHATBOT da parte delle Università può fornire informazioni utili durante la fase di immatricolazione e non solo. L’Intelligenza Artificiale viene in aiuto, per questi scopi, nella forma di un chatbot, un’interfaccia conversazionale intelligente, sempre disponibile e capace di comprendere domande poste in linguaggio naturale. Cos’è un chatbot e perché migliora l’interazione studente-università: i chatbot in generale sono software progettati per simulare una conversazione con un essere umano. Il loro funzionamento può essere algoritmico, cioè seguire un insieme anche ampio di regole rigide e parole chiave per guidare l’utente all’interno di un menu ad albero. (Fonte: agendadigitale 24-04-19)

DOT-E, LA COMMUNITY PER GLI STUDENTI ERASMUS, FONDATA DA DUE GIOVANI ITALIANI

Dot-E è la prima community di Erasmus viaggiatori in Europa. Attraverso la piattaforma ogni utente può cercare nuovi amici nella città in cui andrà, farsi consigliare, trovare ospitalità, e parallelamente diventare un ‘dotter’ offrendo questo stesso supporto ad altri studenti. Dot-E permette di vivere al meglio questa esperienza, mettendo a disposizione uno strumento che facilità l’incontro e l’amicizia, il superamento di diverse difficoltà e se si vuole, di rimanere in contatto oltre l’Erasmus. Per chi sia in partenza o semplicemente curioso, questo è il sito https://www.doterasmus.com/  .

L’ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE E PER LE INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE (ICCU). PER UNA NUOVA CULTURA DEL DIGITALE

A partire dalla sua costituzione, nel 1975, con la nascita del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, come si chiamava allora, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU) ha avuto il compito di individuare e segnalare tutti i libri posseduti dalle biblioteche italiane, a partire dalle più grandi o rappresentative.
E’ con questo obiettivo che nel 1986, dopo anni di sperimentazione e di studio, nacque SBN, la rete informatizzata di servizi bibliografici nazionali, coordinata dall’ICCU, alla quale sono collegate biblioteche dello Stato, degli enti locali, delle università, della Chiesa e di privati che partecipano alla creazione del catalogo collettivo nazionale in linea gestito dall’Istituto. Questo risultato è stato raggiunto grazie a una strategia di cooperazione tra biblioteche di diversa titolarità amministrativa, a garanzia dello sviluppo di servizi di uguale livello su tutto il territorio nazionale. Nell’intento di migliorare la conoscenza delle raccolte bibliografiche e di semplificarne l’accesso per l’utente, l’Istituto ha promosso e coordinato negli stessi anni anche la realizzazione delle basi dati nazionali relative al censimento dei manoscritti e alle edizioni italiane del XVI secolo.
A supporto dell’attività di catalogazione, l’ICCU ha – come da statuto – la responsabilità di indirizzare, produrre, adattare alla realtà italiana e diffondere le norme, le linee guide e gli standard per la catalogazione delle diverse tipologie di materiali che compongono il patrimonio culturale del nostro paese, e per la loro digitalizzazione per la più ampia fruizione in ambito nazionale e internazionale. Il Transcribathon è un’iniziativa di crowdsourcing promossa da European Foundation al fine di arricchire le risorse già presenti su European 1914-1918 grazie alla trascrizione dei testi e alla geolocalizzazione effettuata dai partecipanti. L’ICCU ha tradotto in italiano le interfacce della piattaforma, le linee guida e il materiale informativo per diffonderlo presso tutta la comunità degli istituti culturali italiani interessati all’uso e al riuso delle risorse digitali a fini didattici. (Fonte: S. Buttò, agendadigitale.eu 16-05-19)


DOCENTI. RICERCATORI

DIMUNUZIONE DEL NUMERO E AUMENTO DELL’ETÀ MEDIA DEI DOCENTI UNIVERSITARI

A riaccendere i riflettori sulla lenta e inesorabile fuoriuscita di professori subita dalle nostre università ci pensa ora un focus del MIUR. I cui numeri lasciano pochi dubbi: tra il 2010/2011 e il 2017/2018 l’intero corpo docente si è ridotto dell’8,6%. Che diventa -20,5% (-26,4% al Centro Italia) se ci focalizziamo sugli ordinari e -21,6% se ci spostiamo sui ricercatori. In controtendenza invece associati e assegnisti di ricerca che crescono, rispettivamente, del 17,7% e del 6,7%. Ma è un aumento insufficiente a riportare in pareggio il bilancio tra uscite ed entrate di personale. Risultato: la piramide che fotografa la realtà universitaria italiana ha una base sempre più larga ed è sempre più bassa. Ormai gli ordinari rappresentano il 18,9% del totale. A fronte del 29,9% di associati e 51,3% di ricercatori e assegnisti. C’è poi un fattore anagrafico da tenere presente. Visto che tra concorsi bloccati, punti organico rimasti inoptati e abilitazioni scadute o prossime alla scadenza, l’età media dei professori ordinari ha raggiunto quota 52 anni. In un range che va dai 47 anni dei ricercatori ai 59 degli ordinari. Includendo gli “assegnisti” la media scende a 48 anni. (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 14-05-19)

SANZIONI DISCIPLINARI A CARICO DEI DOCENTI UNIVERSITARI

Le sanzioni disciplinari irrogabili ai professori e ai ricercatori universitari sono disciplinate dal R.D. n. 1592/1933. L’iter di accertamento della responsabilità e di irrogazione delle sanzioni è disciplinato dall’art. 10 della Legge n. 240/2010 e s.m.i. Per le sanzioni di competenza del Collegio di disciplina (superiori alla “censura”) è perentorio solo il termine finale di 180 giorni per la conclusione del procedimento, di cui al comma 5 del citato art. 10, decorrenti dal momento in cui il Rettore trasmette gli atti al Collegio di disciplina. Tanto afferma il Consiglio di Stato con le sentenze n. 2378 e 2379/2019. (Fonte: M. Asaro, quotidianogiuridico.it  24-04-19)

PROCEDURA CONCORSUALE POSTO PROFESSORE-RINNOVAZIONE ATTI-AFFIDAMENTO O MENO A NUOVA COMMISSIONE GIUDICATRICE

Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2019, n. 2238. Sentenza.
In merito alla questione se, in seguito all'annullamento giurisdizionale di atti di una procedura concorsuale, la rinnovazione degli atti vada, o meno, affidata a — ed effettuata da — una commissione giudicatrice in una composizione diversa da quella dell'organo collegiale che aveva proceduto a compiere le operazioni annullate dal giudice amministrativo, essa va risolta considerando che la scelta in ordine alla sostituzione necessaria, o meno, della commissione di concorso in seguito all'annullamento giurisdizionale dei suoi atti non si fonda sull'applicazione necessaria di un preciso comando legislativo, ma comporta la valutazione discrezionale delle circostanze che hanno portato all'annullamento degli atti. Infatti, non ogni errore procedimentale comporta la necessità di rinnovare la commissione, in quanto tale scelta costituisce, piuttosto, una sorta di «extrema ratio», alla quale ricorrere solo in caso di dimostrata necessità, anche in termini di rispetto del principio di non aggravamento del procedimento. Di conseguenza, la rimozione della commissione di concorso è giustificata solo quando il suo operato abbia ingenerato dubbi sulla sua capacità di operare con l'indispensabile trasparenza (cfr. in condivisi termini generali Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 marzo 2015, n. 1248), secondo una valutazione che pertanto, in assenza dell’accoglimento dei relativi vizi dedotti sulla composizione nel giudizio di cognizione, rientra nella sfera di valutazioni di opportunità dell’amministrazione interessata. (Fonte: www.osservatoriouniversita.unimib.it  28-04-19)

COME LA CORTE COSTITUZIONALE CANCELLA L’INCOMPATIBILITÀ DEL CONIUGE (IL RAPPORTO DI CONIUGIO È COSA DIVERSA DAL RAPPORTO DI PARENTELA O AFFINITÀ) AI FINI DELLA CHIAMATA DEI PROFESSORI UNIVERSITARI

“Se, da un lato, la comune residenza coniugale costituisce elemento di garanzia dell’unità familiare, dall’altro lato, la presenza dell’elemento volontaristico può rendere eludibile e, quindi, priva di effetti, la eventuale previsione normativa dell’incandidabilità del coniuge, frustrandone così le stesse finalità. Appare dunque più aderente alle esigenze qui in gioco un bilanciamento che affidi la finalità di garantire l’imparzialità, la trasparenza e la parità di trattamento nelle procedure selettive a meccanismi meno gravosi, attinenti ai componenti degli organi cui è rimessa la valutazione dei candidati. Come già osservato, nell’art. 51 cod. proc. civ. è stata individuata l’espressione dell’obbligo costituzionale d’imparzialità nelle procedure di accesso all’impiego pubblico. E in tale articolo, là dove lo si è voluto, il coniugio è esplicitamente regolato, accanto al rapporto di parentela e di affinità fino al quarto grado. È inoltre significativo che, in altri sistemi giuridici vicini al nostro, da un lato, vengono promossi percorsi accademici che favoriscono l’unità familiare, e dall’altro lato, che qui maggiormente rileva, l’esigenza di preservare l’accesso alla carriera accademica da possibili condizionamenti è soddisfatta attraverso meccanismi diversi dalla drastica previsione dell’incandidabilità. L’attuale regolazione delle situazioni che precludono la partecipazione alle procedure di chiamata costituisce, dunque, il risultato di un bilanciamento non irragionevole tra la pluralità degli interessi in gioco. La disposizione censurata non si pone, dunque, in contrasto con il parametro di cui all’art. 3 Cost., né lede i principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost.” (Fonte: Corte Cost., sentenza interpretativa di rigetto 78/2019 del 9 aprile 2019)

IL PIANO STRAORDINARIO PER LA PROGRESSIONE IN CARRIERA DEI RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO IN POSSESSO DI ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE

A proposito di ricercatori a tempo indeterminato, il MIUR ha pubblicato il 24 maggio sul proprio sito il Dm 364 dell'11 aprile 2019, con cui adotta il Piano straordinario per la progressione di carriera, che fa perno proprio sull'articolo 24, comma 6, della legge 240/2010. Le relative risorse sono state previste dall'ultima legge di bilancio a valere sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università, mediante le quali poter operare, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, la progressione di carriera dei ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, nel limite di 10 milioni di euro a decorrere dal 2020.
Queste risorse vengono assegnate alle istituzioni universitarie statali, comprese quelle ad ordinamento speciale, al fine di consentire circa 676 progressioni di carriera dei ricercatori. Vengono assegnate in parte in misura fissa per ogni istituzione e in parte in ragione del numero di ricercatori in servizio al 31/12/2018. (Fonte: www.MIUR.gov.it/ 24-05-19)


DOTTORATO

I POSTI PER DOTTORI DI RICERCA DIMEZZATI IN DIECI ANNI

Secondo l’VIII indagine Adi su dottorato e postdoc, presentata al Senato, i tagli di risorse economiche si sono fatti sentire pesantemente nel mondo dell’università negli ultimi anni. Secondo le elaborazioni che l’ADI ha condotto su dati ministeriali, dopo il timido aumento registrato l’anno precedente, i posti di dottorato banditi in Italia nel 2018 registrano una flessione: dai 9288 del 2017 agli 8960 dell’anno seguente (-3,5%). Dal 2007, anno precedente alla conversione in legge del decreto Gelmini, i posti di dottorato banditi si sono ridotti addirittura del 43,4%. E per il Sud Italia le conseguenze sono state più nette. La riduzione dei posti messi a bando non è infatti uniforme sul territorio italiano: dal 2007 al 2018 il Nord ne ha persi il 37%, il Centro il 41,2% ed il Mezzogiorno il 55,5%. Questa dinamica non fa che aumentare le differenze che già esistevano tra le tre grandi macroaree del Paese: oggi il Nord conta il 48,2% del totale dei dottorati banditi in Italia, il Centro il 29.6% ed il Mezzogiorno il 22.2%. E il futuro sembra davvero poco promettente. Secondo l’indagine ADI, il 56,2% dei dottori di ricerca è destinato ad uscire dal mondo accademico dopo uno o più assegni. (Fonte: V. Santarpia, CorSera 09-05-19)

DOTTORI DI RICERCA IN SCIENZE SOCIALI E UMANE. UNO STUDIO SULLA MOBILITÀ

Uno studio pubblicato sulla rivista “International Journal of Computational Economics and Econometrics” dall’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ircres) ha individuato le principali motivazioni che promuovono o ostacolano la mobilità dei dottori di ricerca (Ddr) in Scienze sociali e umane.

Secondo i dati analizzati, solo l’1,3% dei ricercatori in Scienze sociali e umane stranieri sceglie l’Italia per il conseguimento del dottorato, a fronte di percentuali nettamente maggiori registrate in Germania (11%), Regno Unito (7,5%) e Francia (7%), paesi che emergono come mete preferite anche dagli italiani che decidono di trasferirsi dopo il dottorato e che rimangono all’estero: il 12% resta in Inghilterra, il 10% in Germania, il 5,5% in Francia. In questi Paesi si rileva, inoltre, una maggiore stabilità contrattuale rispetto all’Italia: solo il 18% dei Ddr in queste discipline in Italia ha un contratto permanente, contro il 65% in Francia, il 63% in Gran Bretagna, il 40% in Germania. Sono soprattutto i fattori economici a influire. (Fonte: aise 04-06-19)


FINANZIAMENTI

EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC). DAL 2007 A OGGI SONO STATI CIRCA 9.000 I PROGETTI SELEZIONATI PER IL FINANZIAMENTO MEDIANTE CONCORSI PUBBLICI E OLTRE 110.000 GLI ARTICOLI PUBBLICATI

L’European Research Council (ERC), cioè l’agenzia dell'Unione europea dedicata al supporto della ricerca scientifica, è nata nel 2007, all’interno del Settimo programma quadro. Quest’agenzia è un elemento distintivo di Horizon2020 e, negli anni, ha finanziato numerosi progetti. Ogni anno infatti, l’ERC seleziona e finanzia i ricercatori migliori e più creativi di tutte le nazionalità e età per realizzare progetti in Europa. Dal 2007 a oggi sono stati circa 9.000 i progetti selezionati per il finanziamento mediante concorsi pubblici e oltre 110.000 gli articoli pubblicati in riviste scientifiche internazionali che riconoscono il sostegno del’ERC. Finanziamenti che hanno portato anche alcuni prestigiosi premi. Sei borsisti infatti hanno vinto il premio Nobel, quattro la medaglia Fields e cinque i premi Wolf. L’ERC mette a disposizione tre tipologie diverse di grant: Starting Grants (StG), Consolidator Grants (CoG) ed Advanced Grants (AdG). Il primo è destinato a ricercatori “emergenti” di qualsiasi nazionalità, cioè con minimo due e massimo sette anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente). La durata del finanziamento è fino a 5 anni e l’importo fino a 1,5 milioni di euro.
Il consolidator grant invece mira, come dice il nome stesso, a supportare i ricercatori che stanno consolidando il proprio team o progetto di ricerca indipendente. L’esperienza richiesta quindi dev’essere dai 7 ai 12 anni e il finanziamento può arrivare fino ai 2 milioni di euro.
C’è infine l’advanced grant, cioè la borsa pensata per supportare ricercatori già affermati a livello internazionale. La durata è sempre fino ai 5 anni e l’importo fino a 2,5 milioni di euro.
Nel solo 2018, il Consiglio Europeo della ricerca ha finanziato 403 starting grant, 291 consolidator grant e 222 advanced grant. Per quest’ultimo grant le richieste di finanziamento sono state 2.052, quindi il tasso di successo è stato del 10,8%. Sono stati 20 gli Stati coinvolti in Advanced Grant sempre nel 2018, e le borse sono finite a progetti di 29 nazionalità diverse. (Fonte: A. Massariolo, IlBo 06-06-19)

INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO. IL C.D. PARADOSSO ITALIANO: AL DIMINUIRE DELL'INVESTIMENTO, AUMENTA LA QUALITÀ DELLA RICERCA

L'investimento pubblico in ricerca e sviluppo (R&S) nel 2008 si aggirava intorno ai 10 miliardi di euro. Nel 2016 era sceso a 8,7 miliardi. L'Italia nel 2017 ha investito circa l'1,3% del Pil in ricerca, quando la media europea si assestava intorno al 2%. Troppo lontani per competere con chi tra i Paesi europei ha fatto meglio (la Germania, con il 3%, la Francia, con il 2,2%).
Alison Abbott, senior correspondent dall'Europa per la rivista scientifica Nature, ha sottolineato il paradosso italiano. A partire dal 2005, la ricerca italiana ha aumentato la propria presenza nell'eccellenza scientifica mondiale, ovvero nel 10% di pubblicazioni scientifiche più citate. Non solo, in rapporto alla spesa in R&S, l'Italia produce più pubblicazioni di qualsiasi altro Paese dell'Unione Europea, seconda solo al Regno Unito. Il miracolo italiano è che al diminuire dell'investimento, sembra aumentare la qualità della ricerca. Alison Abbott, da osservatrice esterna, fa notare che tra le differenze strutturali che separano l'Italia dagli altri Paesi europei, ce n'è una che risalta più di altre: “In Italia manca un'organizzazione che possa programmare l'agenda scientifica del Paese”, commenta Abbott. “L'Italia dovrebbe munirsi di un'Agenzia nazionale per la ricerca scientifica che garantisca continuità e stabilità alle politiche per la ricerca”. Sono tre secondo Alison Abbott i fattori che maggiormente impattano negativamente sulla ricerca italiana: la mancanza di stabilità nelle istituzioni, che dovrebbero garantire una pianificazione sul lungo termine; il basso numero di scienziati, dipendente certamente dagli scarsi finanziamenti, e la scarsa trasparenza nel modo in cui vengono prese decisioni in ambito scientifico. A questo si aggiunge un sentimento diffuso di sfiducia e di ostilità nei confronti della scienza, che a volte ha preso forma concreta persino nelle aule dei tribunali, in cui sono state prese decisioni basate su consulenze scientificamente non informate. Alison Abbott fa menzione esplicitamente al caso Xylella. Sembra sempre più urgente l'introduzione di un'istituzione a sostegno della programmazione della ricerca sul lungo periodo e della diffusione della cultura scientifica. (Fonte: F. Suman, IlBo 21-05-19)

FONDI PER MIGLIORAMENTI ECONOMICI

Portavoce della ministra Bongiorno: “Per la contrattazione collettiva nazionale dei dipendenti pubblici e per i miglioramenti economici del personale in regime di diritto pubblico (come anche i docenti universitari): 1.100 mln per il 2019; 1.425 mln per il 2020; 1.775 mln a decorrere dal 2021”.

IL CUN CHIEDE AL MINISTRO BUSSETTI DI RIVEDERE LA NORME CHE LEGANO GLI AUMENTI DEL FABBISOGNO AL PIL

Una delle misure di rilancio dell’università di cui si vanta il governo è l’aumento del turnover oltre i limite del cento per cento previsto dalla legge di Bilancio 2019. Finalmente da quest’anno le università con i conti a posto potranno tornare ad assumere più professori e ricercatori di quelli che vanno in pensione. Ma nella stessa legge di Bilancio in cui il governo libera finalmente gli atenei da ogni vincolo nelle assunzioni è contenuta una norma che lega loro le mani con un nuovo laccio invisibile. Quale? Quello del calcolo del cosiddetto fabbisogno finanziario.
A lanciare l’allarme è stato il CUN, che in una mozione indirizzata al ministro Bussetti, al vice ministro Fioramonti, ai capi di gabinetto Valditara e Chinè, sottolinea come nella finanziaria licenziata a dicembre dal Parlamento si vincolino gli atenei a nuove norme di sostenibilità ancor più severe di quelle precedenti. Mentre finora il fabbisogno degli atenei era calcolato sulla base di quello dell’anno prima più il 3%, per il periodo dal 2019 al 2025 le università statali avranno diritto a un incremento massimo pari al tasso di crescita reale del Pil nel DEF. «Il sistema potrebbe anche funzionare se crescessimo di diversi punti percentuali – commenta il relatore del documento CUN -, ma con tassi di crescita come quelli attuali, che al netto dell’inflazione superano di poco lo zero virgola, non riusciamo neanche a coprire gli aumenti degli stipendi se si ipotizza di utilizzare tutto il turnover concesso dal Ministero».
Vincolare gli aumenti del fabbisogno universitario alla crescita del Pil in un momento di contrazione drammatico come quello attuale significa mettere agli atenei un cappio al collo della spesa corrente. Un risultato aggravato dal fatto che, già adesso, ma ancor di più nei prossimi anni, sul bilancio degli atenei si faranno sentire gli effetti finanziari dello sblocco degli stipendi (che d’ora in poi saranno soggetti ad adeguamento Istat), degli scatti ogni due anni anziché tre, dei piani straordinari di reclutamento dei ricercatori e dei cosiddetti Dipartimenti di Eccellenza. (Fonte: O. Riva, CorSera 30-04-19)



Per i PRIN si dovrebbe celebrare l’attesa più lunga di sempre degli unici finanziamenti disponibili per la ricerca di base italiana.
I decreti di ammissione al finanziamento PRIN 2017 sono fermi. Si dice a causa della notevole quantità di accesso agli atti e di ricorsi che hanno investito il MIUR. Al momento (09-05-19) di decreti di ammissione ne è uscito soltanto uno, quello per il settore PE4 che è stato pubblicato dopo 2 mesi e mezzo (7 marzo 2019) dall’approvazione della graduatoria (21 dicembre 2019). A oltre tre mesi di distanza dalla pubblicazione delle graduatorie dei settori LS8, SH6 e PE3, non ci sono notizie dei decreti di ammissione, e si moltiplicano le voci di accesso agli atti e ricorsi da parte delle unità che sono state escluse.
Gli Atenei si sono messi sulla difensiva: non c’è nessuna certezza di ricevere i finanziamenti indicati nelle graduatorie. Quindi fermi tutti! E nel frattempo il MIUR trova il tempo di scrivere un decreto per scoraggiare l’accesso agli atti. (Fonte: Red.ne Roars 09-05-19)


LAUREE–DIPLOMI-FORMAZIONE POST LAUREA-OCCUPAZIONE

DOTTORI MA NON ANCORA MEDICI

Siamo Dottori in Medicina e Chirurgia, ma non siamo ancora medici. Questo perché, dopo sei anni di studi, per ottenere l’abilitazione fino ad ora ogni laureato era tenuto a svolgere tre mesi di tirocinio professionalizzante e, successivamente, una prova finale scritta indetti tramite bando ministeriale. Solitamente tale bando era emanato nel mese di gennaio e chiuso ai primi di marzo, per permettere un’adeguata organizzazione sia degli studenti sia delle università.
Attualmente ci troviamo in un vuoto normativo dettato dal fatto che il D.M. 9 Maggio 2018, n.o 58, approvato un anno fa dal precedente ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) Valeria Fedeli, dopo 10 mesi è ancora in fase di valutazione da parte dell’attuale ministro Marco Bussetti.
Si è creato di conseguenza un consistente gruppo di laureati in Medicina e Chirurgia che a 3 mesi dalla data prevista per l’Esame di abilitazione alla professione di Medico-Chirurgo non ha alcuna notizia in merito alle modalità dello stesso. Parliamo di più di 2.000 futuribili Medici che non hanno la benché minima idea né notizia in merito all’esame che permetterebbe loro di divenire Professionisti della Salute, condizione imprescindibile per poter accedere al mondo del lavoro.
Tra il 2019 ed il 2021 è previsto un maxi pensionamento della componente medica: si parla di 25.000 medici pronti alla pensione, il quale comporta un deficit non indifferente.
A fronte di queste esigenze da parte dello Stato, ci chiediamo come sia possibile restare indifferenti di fronte ad un test dalle modalità e dalla bibliografia ignote, il quale è stato stimato possa portare alla bocciatura di almeno il 30% dei candidati all’abilitazione; tutto ciò in un clima di carenza di medici italiani. (Fonte: Red.ne Roars 19-04-19).
Aggiornamento. Il bando 2018/2019 è stato emanato il 2 maggio 2019 https://www.MIUR.gov.it/-/bando-di-ammissione-dei-medici-alle-scuole-di-specializzazione-di-area-sanitaria-per-l-a-a-2018-2019. Articolo 6 (Prova d’esame) 1. La prova d’esame si svolge in modalità informatica ed è identica a livello nazionale. Essa consiste in una prova scritta che prevede la soluzione di 140 quesiti a risposta multipla, ciascuno dei quali con cinque possibili risposte. 2. Ai fini della preparazione alle prove e in relazione ai temi di studio si specifica quanto segue: i quesiti vertono su argomenti caratterizzanti il Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e su argomenti legati ai settori scientifico disciplinari di riferimento delle diverse tipologie di scuola, di cui all’Allegato 4 che costituisce parte integrante del presente decreto; la prova è composta in misura prevalente da quesiti inerenti alla valutazione, nell’ambito di scenari predefiniti mono e/o interdisciplinari - ad ognuno dei quali corrispondono da un minimo di 1 a un massimo di 5 quesiti -, di dati clinici, diagnostici, analitici, terapeutici ed epidemiologici. (Fonte: MIUR.gov.it 02-05-19).

Segue su Twitter. Numero chiuso per Medicina. Ci sarà un incremento dei posti a disposizione per accedere al corso di laurea in Medicina? Ministro Bussetti: «Ci sarà un aumento del 20%; saranno complessivamente 11.600 posti, 1.900 in più solo per Medicina rispetto all'anno passato».

RT A cosa serve aumentare il numero di studenti se non aumentano i posti per le Scuole di Specialità medica? Nel 2018: >16k laureati e 6700 posti per le Scuole di Specialità. Più posti per Medicina senza risorse per le Università = peggiore istruzione + più precariato #demagogia. (Fonte: https://tinyurl.com/yxnftzos 07-0619)

ISTRUZIONE TERZIARIA. DATI EUROSTAT

Eurostat rende noto che a fronte di una media europea del 40,7%, ha una laurea soltanto il 27,8% dei giovani in fascia d’età 30-34 anni. Peggio di noi fa soltanto la Romania, con una percentuale di giovani laureati pari al 24,6%. Nel Nord Europa, invece, si raggiungono casi di Paesi sopra il 50%, come l’Irlanda, che può vantare una media pari al 56,3%. (Va poi considerato che in altri Paesi si annoverano tra i laureati anche tutti quelli che hanno un titolo di istruzione superiore o educazione terziaria compreso quello dato dalle numerose scuole professionali universitarie – ad es. Fachhochschulen tedesche - che da noi sono ancora molto poche. PSM). Sul basso numero di “dottori” in Italia pesano i finanziamenti ridotti rispetto al Pil, lo scarso orientamento, l’alta dispersione di studenti, le tasse troppo alte, la mancanza di borse di studio, il ridimensionamento dei ricercatori e il taglio del numero di docenti. C’è poi un’ulteriore ragione per lo scarso numero di laureati: quello delle disponibilità economiche degli studenti. In Italia, la media dell’ammontare delle tasse universitarie annuali è attorno ai 1.300 euro, la terza più alta in tutta Europa, e solo l’11% degli iscritti riesce a ottenere una borsa di studio.
Marcello Pacifico (Anief): Il problema è complessivo, perché il 20% degli italiani continua ad avere solo la terza media; inoltre, ogni anno oltre 100 mila alunni iniziano le superiori senza che arrivino mai alla maturità, e non è un caso se l’Italia ha il record di giovani Neet (Not in Education, Employment or Training). Poi, anche l’Università è vittima della politica al risparmio sul fronte della formazione e della conoscenza: è una precisa scelta assecondata da tutti i Governi degli ultimi anni. Così oggi, rispetto al Prodotto interno lordo, spendiamo appena lo 0,9% contro l’1,2% della Germania, l’1,3% della Spagna, l’1,5% della Francia e poco meno del 2% dell’Inghilterra. Quando si evidenzia il basso numero di laureati nella nostra Penisola, è inevitabile che si associ all’ancora troppo alto abbandono degli studi: l’Italia – commenta Orizzonte Scuola – è ai primi posti, facendo registrare una percentuale pari al 14,5% di giovani in fascia 18-24 anni che lasciano i banchi senza raggiungere nemmeno la maturità, mentre il dato medio europeo è 10,6%. (Fonte: imgpress.it 08-05-19)

PER CHI ASSUME LAUREATI O DOTTORI DI RICERCA ECCELLENTI SGRAVI FINO A 8 MILA EURO

Il beneficio è previsto a favore dei datori di lavoro privati che effettuano entro il 31 dicembre 2019 assunzioni a tempo indeterminato. Lo Stato mette a disposizione 50 milioni di euro per il 2019 e 20 per il 2020 per chi assume giovani laureati o dottori di ricerca eccellenti. I giovani laureati devono aver avuto una carriera universitaria brillante e finita da poco. Devono avere la laurea magistrale, ottenuta nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 con la votazione di 110 e lode e con una media ponderata di almeno 108/110. E devono aver conseguito il titolo entro i 30 anni di età. Oppure devono aver conseguito un dottorato di ricerca, ottenuto nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 e prima del compimento del trentaquattresimo anno di età. L’agevolazione prevede lo sgravio totale annuale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, entro il limite massimo di 8 mila euro per ogni assunzione effettuata. La durata è di 12 mesi a decorrere dalla data di assunzione, che comunque deve essere effettuata entro il 31 dicembre 2019. (Fonte: bcc-lavoce.it 21-05-19)

INDAGINE IULM-CENTOMARCA-ADECO «FORMAZIONE DEI NEOLAUREATI ED ESIGENZE D’IMPRESA»

Dall’indagine «Formazione dei neolaureati ed esigenze d’impresa», realizzata dall’università Iulm di Milano in collaborazione con Centromarca e Adecco, centrata sulle valutazioni effettuate da 115 manager di aziende medio-grandi alla fine del 2018 nei settori, tra gli altri, metalmeccanica, elettronica, trasporti, industria alimentare, emergono risultati sorprendenti. Contrariamente a certe narrazioni mediatiche, la laurea magistrale è una forte carta da giocare per entrare in azienda, secondo il 76% delle risposte. La condizione ottimale è quando questa laurea è in Economia per il 78,6% dei dirigenti d’azienda oppure in Ingegneria, scelta dal 71,4% dei manager. Figurano bene anche lauree considerate più «deboli», come Lingue, preferita dal 21,4% delle risposte. Stessa percentuale anche per Scienze della comunicazione. «L’industria di marca ha bisogno di giovani laureati per alimentare la sua vocazione all’innovazione e la costante evoluzione della sua offerta. E la ricerca Iulm offre indicazioni preziose per la predisposizione di programmi formativi sempre più in sintonia con le esigenze del mercato del lavoro e del Paese» racconta Ivo Ferrario, direttore delle relazioni esterne di Centromarca. La sintesi è che università e imprese lavorano sempre più a stretto contatto, per poter favorire una generazione che, secondo i dati, vuole più flessibilità e tempo libero, anche a costo di rinunciare alla sicurezza dell’impiego. (Fonte: M. Muzio, corriere.it/economia/lavoro/cards 04-05-19)

NUOVE PROSPETTIVE PER LE LAUREE UMANISTICHE?

Secondo Mark Cuban, come riporta un articolo di CorCom, i lavoratori altamente qualificati decideranno quel che vogliono ottenere e le reti neurali provvederanno a prendersi cura dei problemi pratici e di codifica. I lavoratori poco qualificati, d’altra parte, troveranno posti in cui dovranno etichettare i dati che vengono utilizzati per addestrare l’intelligenza artificiale, in maniera simile al modo in cui oggi il lavoratore di un magazzino organizza i prodotti sugli scaffali. Certo al momento, la laurea in informatica è in cima alla classifica di quelle più richieste e anche più pagate, ma “tra vent’anni, se sei un programmatore, potresti essere senza lavoro” dice sempre Cuban, che aggiunge ‘i benefici a breve termine di un corso di informatica saranno presto superati dai guadagni a lungo termine di una laurea in discipline umanistiche. Creatività, collaborazione, capacità comunicative: queste cose sono molto importanti e faranno la differenza tra farcela o no’. Che le lauree umanistiche stiano ritornando in voga, dopo anni in cui sono state trascurate, lo dimostrano anche altre indicazioni che arrivano dal mondo del lavoro: ne è un esempio il rilancio della laurea in filosofia, conseguente alla nascita della figura aziendale del ‘practical philosopher’, un profilo che aiuta le aziende ad affrontare le nuove sfide poste dall’intelligenza artificiale e da una realtà sempre più complessa, a migliorare la propria cultura aziendale, a coniugare le opportunità di business con un’innovazione al servizio dell’uomo, a raggiungere obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. (Fonte: university2business.it 03-06-19)

IL PROFILO DEI LAUREATI ALLA UNIBO

Dai dati di AlmaLaurea sul profilo dei laureati all’Università di Bologna emerge innanzitutto la forte attrattività dell’Alma Mater. Il 45,9% dei laureati UniBo proviene infatti da fuori regione, in crescita rispetto al 43,2% dello scorso anno e più del doppio rispetto alla media nazionale che si ferma 22,7%. In particolare, è fuori sede il 40,4% dei laureati triennali e il 54,8% dei laureati magistrali biennali. Cresce poi il numero di laureati con cittadinanza estera, complessivamente pari al 5,4% (erano il 4,9% lo scorso anno), con una forte presenza (8,3% contro il 4,9% di media nazionale) tra i laureati magistrali. Molto sopra la media nazionale i numeri dei laureati in corso dell'UniBo: il 65,7% chiude gli studi entro i tempi previsti contro una media nazionale che si ferma al 53,6%. In particolare si laurea in corso il 67,6% di chi si iscrive a un corso di laurea triennale (53,9% la media nazionale) e il 68,9% di che sceglie un corso di laurea magistrale biennale (60,1% la media nazionale). L'età media alla laurea è 25,2 anni per il complesso dei laureati, nello specifico di 23,9 anni per i laureati di primo livello e di 26,7 anni per i magistrali biennali. Altro punto di forza che emerge dai dati è il numero di laureati che ha svolto un'esperienza di studio all'estero, che arriva al 16,7% contro una media nazionale che si ferma invece all'11,3%. I laureati Unibo del 2013 contattati a cinque anni dalla laurea sono invece 6.962. Tra questi, il tasso di occupazione è pari all’87% (85,5% il dato nazionale). Gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il 52,4%, mentre gli occupati che svolgono un lavoro non standard sono il 19,9%. Svolge un lavoro autonomo il 19,7%. Il lavoro part-time coinvolge il 15,7% degli occupati. (Fonte: AlmaLaurea, XXI Rapporto sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati)


RECLUTAMENTO

RECLUTAMENTO E CARRIERE DEI PRECARI

Con un tour ad aprile e maggio di assemblee negli atenei i Ricercatori Determinati stanno ponendo al centro il tema di un reclutamento ordinato e ciclico e una riforma del pre-ruolo necessaria per dare certezza e stabilità agli organici di ricerca e docenza. Ad oggi, solo il 9,2% dei precari universitari riesce a raggiungere il ruolo di professore a tempo indeterminato: gli altri escono dal sistema; un intervento urgente è necessario, ma questo non può essere altro che un investimento su università e ricerca in linea con quello delle grandi democrazie europee. FLC CGIL e ADI proseguono, insieme a tante realtà locali, la mobilitazione dei Ricercatori Determinati in un calendario di assemblee diffuse con l’obiettivo di discutere dei contenuti delle proposte in campo e rafforzare la partecipazione e la mobilitazione dei precari della ricerca e della didattica universitaria. Si legge in farodiroma.it che nel mese di maggio in Parlamento verrà incardinata una Proposta di Legge su pre ruolo unico e già in Commissione Istruzione si sta discutendo un piano di riarticolazione del reclutamento universitario. (Fonte: farodiroma.it 04-05-19)


RICERCA

PUBBLICAZIONI A PAGAMENTO SU RIVISTE COMPIACENTI: SPESI 2,5 MILIONI. DUEMILA I RICERCATORI COINVOLTI

Professori e ricercatori italiani hanno speso oltre 2,5 milioni di dollari per pubblicare articoli sulle cosiddette 'riviste predatorie', alias giornali specialistici che promettono di rispettare gli standard tradizionali dell'editoria scientifica e invece fanno passare per buona qualsiasi cosa, fornendo un servizio di pubblicazioni a pagamento privo di controlli e di qualsiasi valore. Qualche esempio clamoroso? L'ultimo della serie è una ricerca fasulla che ricalca pari pari una puntata della serie Star Trek, e che è stata accettata e pubblicata senza colpo ferire.
La clamorosa e (questa, invece sì) certificata scoperta arriva grazie allo studio condotto da un ricercatore pisano, Mauro Sylos Labini del dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Pisa, con Manuel Bagues dell'Università di Warwick in Inghilterra e da Natalia Zinovyeva dell'Università di Aalto in Finlandia. I tre ricercatori hanno esaminato i curricula di 46mila loro colleghi e professori che hanno partecipato alla prima edizione dell'Abilitazione Scientifica Nazionale del 2012-13, una procedura che serve per partecipare ai concorsi per diventare professore nelle università italiane. I risultati della loro analisi sono stati appena pubblicati su un numero monografico della rivista Research Policy dedicato al tema delle cattive pratiche scientifiche. (Fonte: P. Zerboni, quotidiano.net  24-04-19)

RACCOLTA DEI DATI SULLE PUBBLICAZIONI

La maggior parte degli atenei (e alcuni enti di ricerca) dispongono oggi di uno strumento (si chiama IRIS) per la raccolta dei dati sulle pubblicazioni, (ed eventualmente sui progetti e sulle attività di terza missione) interoperabile con i grandi database europei: Dart Europe per le tesi di dottorato, OpenAIRE per le pubblicazioni derivanti da progetti finanziati dalla Commissione Europea, ORCID e tutti i motori di ricerca e di indicizzazione del mondo open. D’altro canto le tipologie di pubblicazione in una ricerca che è sempre più fondata sul mezzo digitale si moltiplicano, così come le forme e le versioni che circolano (preprint*, postprint**, versioni editoriali). Mutano i requisiti che erano tipici del mondo cartaceo e che nel digitale perdono di significato. Questa differenza è stata ben colta a livello europeo, ad esempio da Wellcome Trust (ente finanziatore della ricerca nel Regno Unito) che mette a disposizione dei ricercatori dei progetti che finanzia la piattaforma Wellcome open su cui pubblicare i propri risultati, e di piattaforme come canali di pubblicazione per le ricerche finanziate parla anche Plan S nelle linee guida per l’implementazione.
A 11 anni di distanza dalla legge sulla istituzione di un’anagrafe nazionale e sulla base delle esperienze maturate in Italia e in Europa l’anagrafe deve avere alcune caratteristiche imprescindibili indicate da https://tinyurl.com/y2cgsv97 . (Fonte: P. Galimberti, Roars 30-05-19)

IL CASO XYLELLA

“Il caso Xylella è un esempio da manuale di come l’ambiguità politica e dei mass media abbia alimentato credenze fasulle, che hanno arrecato immensi danni all’agricoltura e all’economia pugliese”, così afferma Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni, che si dichiara al fianco del gruppo SeTA, composto da scienziati di chiara fama e che ha come suo referente il prof. Enrico Bucci. Anche il prof. Roberto Defez, membro del CNR e consigliere dell’Associazione Coscioni, aggiunge la sua voce contro la disinformazione e a favore della ricerca scientifica, ricordando che, come i ricercatori pugliesi dicono da tempo, anche l’EFSA ha smentito quanto affermato sia dalla Procura leccese che da innumerevoli negazionisti, ovvero che il batterio Xylella è datato settembre 2013 grazie al lavoro della dott.ssa Maria Saponari e che un ulivo infetto non può essere curato ma dev’essere isolato ed eradicato. (Fonte: cno.it 17-05-19)

PATTO TRASVERSALE PER LA SCIENZA

Fornire uno scudo alla ricerca contro la diffusione di notizie false, che possono danneggiare la salute delle persone. Questo è l’obiettivo del Patto trasversale per la scienza, un’iniziativa, sostenuta dai medici Roberto Burioni e Guido Silvestri per promuovere l’informazione scientifica corretta e combattere bufale e fake news, fra cui il collegamento vaccini-autismo, il negazionismo dell’hiv e altre forme di pseudoscienza e pseudomedicina. Il patto, siglato nel gennaio 2019 dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo, è stato presentato il 5 giugno 2019 durante l’11esima Italian Conference on Aids e Antiviral Research all’Università Statale di Milano. Il Patto per la scienza consiste in un appello che è rivolto a tutte le forze politiche: queste si devono impegnare a riconoscere e difendere la scienza come valore universale per l’umanità che non può essere distorto per ragioni politiche o elettorali. Alla data del 4 giugno 2019, il patto è già stato sottoscritto da circa 6mila persone, fra cui medici e scienziati, come il farmacologo Silvio Garattini, politici (già 5 partiti piccoli hanno aderito) e giornalisti, per esempio Enrico Mentana. Non mancano associazioni e istituzioni, fra cui l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, la Emory University di Atlanta, l’Associazione Luca Coscioni. (Fonte: V. Rita, WIRED 05-06-19)

CNR. UN CDA IN CUI LA RAPPRESENTANZA DI CHI FA RICERCA NELL’ENTE È SOTTORAPPRESENTATA

Mentre non è per nulla chiaro quali miglioramenti alla missione del CNR, cioè fare ricerca, hanno portato i membri del CdA nominati dalla politica (nessuno è interessato alla valutazione dell’operato di questi membri e del loro apporto alla mission dell’ente) essi hanno sicuramente dato un contributo alla gestione del miliardo di euro all’anno che passa per il CNR e per i suoi 8200 dipendenti. Dunque, oltre il danno di avere un CdA in cui la rappresentanza di chi fa ricerca nell’ente era prima assente ed ora sottorappresentata, vi è la beffa di un CdA di nomina politica che, come dice Mocella, non è abituato a discutere le scelte che arrivano dai soggetti politici: un bel capolavoro di conflitti di interesse! Si poteva far di meglio: ad esempio si sarebbe potuto adottare il modello di governance del prestigioso Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dove è la comunità scientifica interna che esprime i vertici dell’ente e dove, come si vede dai risultati, c’è una grande attenzione alle qualità della ricerca e alle istanze dei ricercatori. Non era questo, evidentemente, lo scopo di chi ha ideato la riforma dell’ente che invece mirava, anche in questo bistrattato settore, all’occupazione delle istituzioni pubbliche, a partire dai loro vertici, da parte dei partiti. (Fonte: F. Sylos Labini, Roars 06-06-19)


SISTEMA UNIVERSITARIO

DATI DA STUDIO EURISPES SULLE UNIVERSITÀ NON STATALI

A fronte di un totale di 67 università statali, in Italia oggi si contano 30 realtà non statali legalmente riconosciute, delle quali 11 università telematiche. Gli iscritti complessivi agli atenei non statali italiani sono 176.158 (92.677 donne; 6.100 stranieri), di cui 27.339 immatricolati; 35.627 sono i laureati l’anno (19.837 donne; 1.378 stranieri).
Considerando la serie storica dal 2012, nel comparto non statale risultano in aumento costante gli iscritti complessivi e gli iscritti stranieri, i laureati complessivi, i laureati stranieri. Nell’università statale il trend evidenzia, invece, dal 2012/2013 una flessione degli iscritti ai corsi di laurea; gli immatricolati hanno ripreso a crescere nel 2015/16 e nel 2016/17; la tendenza non si osserva per gli studenti stranieri, in costante crescita.
Considerando che negli atenei statali italiani gli iscritti sono 1.478.522 e i laureati nel 2016 sono stati 276.172, si calcola che nelle università non statali studia il 10,6% degli iscritti italiani e viene prodotto l’11,4% dei laureati in Italia. Nelle università non statali le donne rappresentano il 52,6% degli iscritti, in quelle statali il 55,9%.
Per quanto concerne invece gli studenti stranieri, sono il 3,5% negli atenei non statali ed il 4,7% in quelli statali. Negli atenei non statali italiani il personale docente e ricercatore (docenti di ruolo, ricercatori a tempo indeterminato e determinato, titolari di assegni di ricerca, docenti a contratto) è composto da 11.133 unità (con un 64,2% di professori a contratto), il personale non docente (tecnici-amministrativi, dirigenti di prima e seconda fascia, collaboratori linguistici) da 5.107 unità.
(Fonte: blogsicilia.it  24-04-19)

PARTIRANNO (?) LE UNIVERSITÀ DI SERIE A: SARANNO AL NORD E LE DECIDERÀ ANVUR

In una bozza di DM resa nota da Roars (“Partono le università di serie A”) si apprende che dovrebbe partire il sistema universitario a due velocità. Per gli atenei di Serie A, ci sarà libertà di sperimentare nuovi organi di governo, la possibilità di costituire dipartimenti in deroga alle numerosità minime, libertà di istituire corsi di laurea e corsi di dottorato senza onerosi accreditamenti. Ma soprattutto tanta libertà di differenziare il trattamento dei docenti: incentivi per trasferimenti anche entro le regioni, via libera alle doppie affiliazioni di docenti in servizio presso atenei stranieri, gestione locale delle chiamate dirette, negoziazione dei compiti didattici e di ricerca, maggiori possibilità di sperimentare forme premiali e incentivi economici per differenziare gli stipendi. Una bozza di DM che il MIUR ha trasmesso alla CRUI per un parere è anticipata da Roars (https://tinyurl.com/y3ar4ldr ). Si tratta del DM con cui si dà attuazione all’art.1 comma 2 della Legge Gelmini, che prevede che le “università virtuose” potranno sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi. Nella bozza di decreto si definiscono quali sono le università virtuose: quelle con indicatori di bilancio stabili e sostenibili; con risultati di elevato livello nel campo della didattica e nel campo della ricerca. Torna prepotentemente in primo piano il ruolo di Anvur. (Fonte: Red.ne Roars 10-05-19)
Al post di Roars “Partono le università di serie A” replica il prof. Valditara: “il documento è semplicemente una prima bozza elaborata da un gruppo di lavoro coordinato dal direttore Livon e composto da diversi docenti. È il primo atto di un dibattito che sarà certamente approfondito e che per mia volontà dovrà coinvolgere tutte le componenti accademiche, il Cun e la Crui. (Fonte: Red.ne Roars 11-05-19)

RITIRATA LA BOZZA DEL PROGETTO SULL’“AUTONOMIA RESPONSABILE” DEGLI ATENEI

E’ scomparsa l'"autonomia responsabile" degli atenei con i bilanci a posto. Lo dice lo stesso capo Dipartimento dell'Università, Giuseppe Valditara: "Bozza ritirata". In quel testo, inviato dagli uffici del ministero alla Conferenza dei rettori a inizio maggio, si prevedeva che gli atenei pubblici italiani sani sul piano finanziario e ben certificati nel campo della didattica e della ricerca potessero ottenere una serie di libertà fin qui negate: assunzioni dall'estero, nuovi dipartimenti, gestione più discrezionale di premi e incentivi per i docenti. Queste libertà nella "bozza Valditara" restavano negate alle università con il risanamento incompiuto. Il contesto politico, lo scontro pre-elettorale tra Lega e Cinque Stelle, le molte resistenze registrate in accademia e infine il contrasto con il direttore generale Livon hanno spinto l'ex relatore della Legge Gelmini a ritirare il progetto. "Ora le priorità sono la Valutazione della qualità della ricerca", fa sapere Valditara, "i dottorati e la riforma dei Prin". Sono, quest'ultimi, i progetti di rilevante interesse nazionale. (Fonte: C. Zunino, Rep Scuola 21-05-19)

TRE GRANDI PROBLEMI DELL’UNIVERSITÀ IN UNA VISIONE RIFORMISTA NON CONVENZIONALE

I tre grandi problemi da affrontare sono sostanzialmente legati alle modalità di funzionamento, all’organizzazione (il sacro Graal di qualsiasi problema in questo paese, ma sempre disatteso – non è un caso che gli esperti siano sempre giuristi o economisti, mai coloro che studiano come far funzionare le cose…) e dipendono da una autonomia incompleta e dalla voracità del centralismo ministeriale.
Il primo problema è la mancanza di una vera autonomia che implichi anche la responsabilità e la possibilità di fallire. Contrariamente a quanto dovrebbe far supporre l’approvazione della cosiddetta autonomia universitaria, la realtà è una quantità imbarazzante di regole e norme che vincolano le decisioni e che si traducono in un controllo ossessivo della forma, spesso senza nessuna valutazione del supposto beneficio.
Per esempio, per molto tempo alle università pubbliche è stato di fatto quasi impedito di investire in comunicazione esterna anche qualora avessero scelto di destinare a ciò risorse proprie e questo non è che uno dei mille lacci e lacciuoli che riportano ai ministeri romani. Un altro aspetto riguarda l’autonomia didattica nella configurazione dei percorsi formativi.
I nostri corsi di laurea devono rispondere a delle tabelle astratte che fanno riferimento a settori disciplinari presenti solo nel nostro paese con questa formalizzazione pubblica. Queste tabelle sono frutto di rapporti di forza negli organi ai tempi della loro redazione. Oggi sono “tabelle della legge” e creano vincoli irragionevoli all’innovazione didattica, il tutto soprattutto a causa del valore legale del titolo di studio, altro simulacro di cui fare volentieri a meno.
È infatti il valore legale che impone una uniformità tra percorsi che forza all’utilizzo di tabelle astratte, quanto meno per alcuni percorsi di formazione. Su questo primo punto non sarebbe difficile intervenire. Si potrebbe per esempio consentire alle università di decidere se vogliono o non rimanere nell’alveo del valore legale del tutto o solo su alcuni percorsi, per esempio quelli a forte vocazione internazionale.
Inoltre, andrebbe creata una vera autonomia con un budget vincolato solo ad obiettivi, questi sì tassativi e ben misurati. Probabilmente gioverebbe una trasformazione per esempio in Fondazioni per inserire i giusti correttivi rispetto alla concessione di autonomia. Forse, alcune università potrebbero essere gestite male e fallire, ma altre potrebbero finalmente definire piani strategici che non siano esercizi di stile come accade oggi.
Il secondo problema è il deficit di imprenditorialità delle università italiane che ha radici ancora una volta in una regolazione assurda di stampo centralistico. Oggi, di fatto, la variabilità delle strutture retributive di docenti e non docenti è limitatissima ed esistono in molti atenei tetti arbitrari a prescindere dal contributo. Non è possibile per esempio definire una retribuzione ad hoc per reclutare docenti particolarmente capaci anche all’estero o ricompensare chi sia in grado di attrarre fondi e opportunità o abbia voglia di lavorare davvero di più.
Questa ipocrisia tutta del sistema pubblico italiano non ha alcuna ragione di esistere in un settore che non ha solo il ruolo di custodire l’esistente ma di stimolare il nuovo e il cambiamento. E non si tratta di meritocrazia, altro vuoto simulacro che si agita sempre quando si parla di università. È il mercato, che non deve certo definire cosa studiare, ma nemmeno rimanere fuori dalla porta dell’università, quasi fosse una cosa disdicevole.
Il terzo problema è la scarsa attenzione all’innovazione nel funzionamento operativo dell’università. L’innovazione deve diventare uno dei temi se non il tema centrale dell’attenzione nel disegno dei percorsi didattici, per esempio, affiancando alle consuete tesi di laurea lo sviluppo di business plan su idee generate nell’alveo del percorso di studi.
(Fonte. L. Solari, huffingtonpost.it  15-05-19)


STUDENTI-DIRITTO ALLO STUDIO- TASSE UNIVERSITARIE

NUMERO CHIUSO A MEDICINA. CONDIZIONI PER ESONERO DAL TEST DI AMMISSIONE

Con la sentenza del 16 aprile 2019 numero 4932, la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha ritenuto ammissibile la domanda di immatricolazione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia con esonero dal test di ammissione per coloro che abbiano già sostenuto esami in una diversa facoltà e abbiano maturato un numero di crediti formativi sufficienti per l’immatricolazione in anni successivi al primo, se gli esami sostenuti possono essere validamente riconosciuti e sempre che, per tale anno, si sia verificata una scopertura dei posti disponibili.
Dopo aver accolto l’istanza cautelare del ricorrente, il Tribunale decidendo nel merito, ha richiamato e sintetizzato i principi interpretativi desumibili dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 28 gennaio 2015 numero 1. I Giudici amministrativi romani hanno ritenuto tali principi adattabili al caso di specie e hanno dunque argomentato che, ove tali crediti sussistano e siano sufficienti per l’immatricolazione in anni successivi al primo, non c’è ragione per non ritenere doverosa detta immatricolazione senza reiterazione del test di primo accesso, all’unica ulteriore condizione della presenza di posti disponibili per mancata iscrizione degli idonei selezionati negli anni antecedenti, per trasferimenti in uscita o per rinunce agli studi. Il TAR Lazio successivamente, ha motivato la propria decisione anche richiamando la ratio riconosciuta al cosiddetto “numero chiuso“, così come esplicitata dalla copiosa giurisprudenza costituzionale (Sentenza Corte Costituzionale numero 302 dell’11 dicembre 2013 in tema di graduatoria unica nazionale; Ordinanza numero 307 del 20 luglio 2007; Sentenza numero 383 del 27 novembre 1998) e dalla risalente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, III Sezione, 12 giugno 1986. Dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria appena richiamata emerge, infatti, come il cosiddetto numero chiuso sia un “sistema indispensabile ad assicurare la formazione di professionalità adeguate e che, a tal fine, sia necessario tenere in considerazione il rapporto tra numero di studenti e idoneità delle strutture nonché la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi commisurati al fabbisogno medio nazionale”. (Fonte: https://www.scuderimottaeassociati.it  24-04-19)

PUÒ UN ATENEO INTRODURRE L’ACCESSO PROGRAMMATO LADDOVE NON PREVISTO DAL LEGISLATORE?

Con sentenza 13/05/19, n. 5932, il TAR Lazio, ha accolto il ricorso presentato dall’UDU contro l’accesso programmato previsto per facoltà non scientifiche. Leggete qui https://tinyurl.com/y368nwlc come un TAR motiva il non riconoscimento delle “peculiari esigenze didattiche degli insegnamenti linguistici impartiti che richiedono l’uso costante di strumenti scientifici dedicati quali le aule informatizzate e il laboratorio linguistico” che giustificano il numero chiuso.  

STUDENTI. NOTIZIE SU CONDIZIONI E DIFFICOLTÀ ECONOMICHE E SUGLI INCENTIVI DI CUI USUFRUISCONO

Notizie sulle difficoltà economiche degli studenti, specialmente di quelli fuori sede, e sui sacrifici che le famiglie devono accettare per poter mandare i propri figli negli atenei.
Negli ultimi dieci anni gli studenti provenienti da famiglie benestanti, quindi di livello medio-alto e spesso con genitori laureati, sono aumentati del 17% mentre il tasso di quelli appartenenti a famiglie di estrazione sociale più bassa e con redditi per niente alti è sceso al 30%.
Solo un terzo degli studenti universitari appartiene alla categoria dei fuori sede; questo significa che la maggioranza vive ancora nella propria famiglia. E tra questi, i pendolari sono davvero tantissimi: tre su quattro.
Questi i dati sugli incentivi di cui usufruiscono gli iscritti:
• Il 10% degli studenti godono dell’esenzione dalle tasse universitarie;
• L’8,7% degli studenti ottiene una borsa di studio;
• Il 3,2% degli studenti gode di posti letto e alloggi con agevolazioni messe a disposizione dagli enti garanti del diritto allo studio.
Sono sempre di più gli studenti che sono alla ricerca di lavoretti saltuari, part-time o a chiamata per aiutare le proprie famiglie a coprire i costi universitari.
Nonostante tutte le difficoltà logistiche e soprattutto economiche che tutti gli iscritti alle Università italiane incontrano, i nostri studenti sono tra i più bravi in Europa. Si distinguono infatti non solo per l’elevato tempo che spendono sui libri che con circa 44 ore settimanali supera di circa il 30% la media del tempo europea, ma anche per il fatto che più della metà, una volta raggiunta la laurea, è intenzionato a proseguire gli studi. (Fonte: G. Onofri, skuola.net 10-05-19)


VARIE

REPORTERS SANS FRONTIÈRES CLASSIFICA LA LIBERTÀ DI STAMPA NEL MONDO

Secondo Reporters Sans Frontières, “il numero dei paesi considerati sicuri, dove un giornalista può lavorare senza temere per la propria vita diminuisce ancora, mentre i regimi autoritari continuano ad aumentare il controllo sui media“. La notizia arriva in occasione della presentazione della classifica sulla libertà di stampa che l’organizzazione non governativa redige oramai dal 2012, sulla base di un questionario distribuito agli esperti di settore e un set di informazioni reperibili in rete. Come ogni anno, la classifica si riferisce ai 365 giorni precedenti: l’elenco appena presentato riguarda quindi la situazione nel 2018. Per accorgersi di quanto è grave la situazione, basta guardare la mappa allegata al report di Rsf: la maggior parte degli stati è colorata di arancione o rosso, due colori che segnalano un livello di allerta alto. Ma il colore che evidenzia la condizione peggiore per la libertà di stampa è il nero, che ricopre tutto il territorio cinese. Si salvano solo i paesi nordici, la Costa Rica, la Jamaica e la Nuova Zelanda: in questi luoghi, un giornalista non rischia la pena di morte, e la categoria non è considerata in pericolo quando esercita il suo mestiere. Cosa che succede invece a chi vive in Turkmenistan, che quest’anno ha rimpiazzato la Corea del Nord all’ultimo posto della graduatoria (oggi lo stato di Kim Jong-un è penultimo). In Europa, sono cinque gli stati dove i giornalisti hanno dovuto fare i conti con crescenti difficoltà rispetto agli anni precedenti: Serbia, Montenegro, Ungheria, Malta e Slovacchia. La situazione nel nostro paese resta sempre molto critica. L’Italia guadagna 3 punti ma non riesce a superare la 43esima posizione. Reporter Senza Frontiere giustifica la sua scelta citando la proposta del ministro dell’Interno Matteo Salvini di togliere la scorta a Roberto Saviano, gli attacchi dei politici del Movimento 5 stelle che hanno definito alcuni rappresentanti della categoria in modi poco lusinghieri, le continue minacce nei confronti di alcuni professionisti, soprattutto nel Sud Italia, e casi come quello di Paolo Borrometi. Il giornalista siciliano, collaboratore di Agi e fondatore de La Spia vive sotto scorta 24 ore al giorno dal 2013. L’unica buona notizia? Tutte queste persone secondo l’organizzazione continuano a svolgere il loro lavoro “con coraggio”.  (Fonte: G. Giacobini WIRED 18-04-19)

IL NUOVO ISTITUTO NAZIONALE BREVETTI VEDRÀ LA LUCE ENTRO L'ANNO

Giuseppe Valditara cita l'Università di Lovanio che grazie a una rete di spin-off, incubatori e parchi tecnologici, incassa ogni anno dai suoi brevetti 90 milioni di euro. «Le università italiane, tutte insieme, incassano meno di due milioni». La soluzione, dice il capo dell'Alta formazione del ministero dell'Istruzione, è creare un ufficio nazionale dei brevetti, una sorta di mini-Istituto italiano di tecnologia con il solo compito di valorizzare e portare sul mercato i risultati della ricerca degli atenei e degli enti pubblici. Sulla carta, l'ufficio c'è già: «Lo statuto è pronto, manca solo la firma del ministro. Sarà una fondazione e vedrà la luce entro l'anno». Il nuovo Istituto nazionale brevetti, dalla sua sede non ancora definita in una qualche città italiana, aiuterà i ricercatori a «trasformare le loro idee in prototipi industrializzabili» e sarà composto da ingegneri che dovranno, per ogni idea, capirne il potenziale, individuarne i mercati e trovare i finanziatori. (Fonte: F. Margiocco, SecoloXIX 23-05-19)

IMPORTANZA DELL’INSEGNAMENTO E DELLA PRATICA DELLA FILOSOFIA

Alla base dell’importanza dell’insegnamento e della pratica della filosofia per i giovani in via di formazione v’è, e vi deve essere, secondo F. Coniglione, un’idea di fondo: che la filosofia non possa caratterizzarsi solo come una disciplina specialistica che si rinserra nelle torri d’avorio dei dipartimenti universitari. Deve essere anche questo, ovviamente, perché senza il lavoro specialistico dei molti studiosi che di essa si occupano, finirebbe per trasformarsi in un vago e generico chiacchiericcio, intriso di luoghi comuni e pensieri già datati. Essa deve anche non solo aprirsi alla società, ma cercare di diventare la coscienza critica di uomini adulti che vogliono pensare sé stessi e il proprio mondo all’interno di una tradizione di pensiero che ha una ricchezza di motivi e di riflessioni che non cessano di essere attuali. Essa metta a tal fine a disposizione una sorta di “cassetta degli attrezzi” – fatta di idee, argomenti, riflessioni e meditazioni – dei quali l’uomo contemporaneo non può fare a meno, se non vuole sempre ricominciare d’accapo o correre il rischio di riscoprire l’acqua calda. Nell’universale riconoscimento di Sergio Marchionne come grande imprenditore, non è senza significato il fatto che si sia laureato in filosofia, con una tesi su Heidegger. (Fonte: F. Coniglione, Roars 27-05-19)

SCIENZE UMANE. SONO IN CRISI SOPRATTUTTO NEI PAESI ANGLOSASSONI, MA VI SONO ANCHE PAESI IN CONTOTENDENZA COME LA CINA E SINGAPORE 

Le humanities sono chiamate anche spesso da noi scienze umane, ma all'estero le human sciences sono di regola le scienze sociali più quelle psicologiche. Si tratta di discipline umanistiche; humanités in Francia o Geisteswissenschaften in Germania: letteratura, filosofia, storia, religione, filologia, lingue, cui si possono aggiungere storia dell’arte, semiotica, arti visive e arti performative, inclusa la musica. Negli Stati Uniti sono humanities anche diritto e geografia umana. Si tratta dell'evoluzione moderna degli studia humanitatis che si strutturarono nel XV secolo, intorno a una comunicazione linguistica che tornava a essere usata come esplorazione conoscitiva del mondo. Allora si trattava di grammatica, retorica, poesia, storia, filosofia morale, greco antico e latino. Dopo la crisi economica del 2008, le immatricolazioni universitarie nei corsi di humanities in diversi Paesi di cultura occidentale e tecnologicamente avanzati sono progressivamente calate o precipitate, a vantaggio delle iscrizioni nei corsi di laurea STEM. Ma ci sono anche Paesi in controtendenza negli investimenti per le humanities, come ad esempio Singapore e la Cina. Non sono Paesi occidentali e non sono democrazie, per cui il paragone deve prendere in considerazione la logica politica delle scelte. A Singapore nel 2016 hanno stanziato 350 milioni di dollari in cinque anni per sviluppare humanities e social sciences. (Fonte: G. Corbellini, scienzainrete 05-06-19)


UNIVERSITÀ IN ITALIA

SDABOCCONI E POLIMI, DUE UNIVERSITÀ ITALIANE FRA LE SCUOLE CHE OFFRONO I MIGLIORI PROGRAMMI DI STUDIO PER MANAGER, LAUREATI E AZIENDE

Nella classifica Executive Education 2019 del Financial Times la SDABocconi eccelle nei corsi dedicati alle imprese e guadagna 3 posizioni rispetto al 2018, superata solo da Business school Iese di Barcellona (prima), dalla Duke Corporate Education del North Carolina e dall'Imd Business School di Losanna.
La School of Management del Politecnico di Milano nella stessa classifica si piazza all'80° posto (79° nei corsi «open», 80° in quelli «customized»), guadagnando due posizioni rispetto al ranking 2018. (Fonte: MF 04-06-19)

UNIBO. PER NUOVO POLO HI-TECH FEV SCEGLIE L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Il colosso tedesco FEV Group, che opera nel settore ingegneria e powetrain legato all’automotive, ha aperto il primo laboratorio privato di un’impresa estera all’interno dell’Università di Bologna.
Il “Green mobility research lab” svilupperà algoritmi predittivi per veicoli intelligenti con un focus sul risparmio energetico. Bologna era in competizione con altre proposte da USA, Romania e Polonia. Il Managing Director Michele Caggiano ha spiegato che Bologna è stata scelta per le elevate competenze nel controllo automatico, la presenza di aziende top nell’automotive (es. Lamborghini, Ferrari, Maserati) e per la nascita del nuovo Tecnopolo dei Big Data. 18 ricercatori verranno impiegati a regime nel laboratorio, in un’area di 400 mq. con un investimento iniziale di 600mila euro. Il Gruppo Fev era già presente in Emilia-Romagna con una filiale a Sant’Agata Bolognese (BO). (Fonte: http://www.investinemiliaromagna.eu 06-05-19)

UNIBO. LA CLASSIFICA CHE VALUTA LE POLITICHE GREEN DEGLI ATENEI PREMIA L'UNIVERSITÀ DI BOLOGNA PER IL SUO RUOLO DI COORDINATORE NAZIONALE

L'Università di Bologna è stata premiata come Most Active National Coordinator di GreenMetric, la classifica che valuta le politiche e le azioni green messe in campo dalle università di tutto il mondo. Il premio è stato assegnato in occasione del 5th International GreenMetric Workshop che si è tenuto allo University College di Cork (Irlanda). Dal 2017, nel suo ruolo di National Coordinator, l'Alma Mater rappresenta gli atenei italiani all'interno di GreenMetric e ha il compito di coordinare e raccogliere proposte di miglioramento alla struttura del ranking. Attività che i rappresentanti di GreenMetric hanno ora premiato nominando l'Università di Bologna come Most Active National Coordinator. Il premio è stato consegnato dalla Chairperson di GreenMetric Riri Fitri Sari al prorettore vicario dell'Alma Mater Mirko Degli Esposti. Nell'ultima edizione del ranking l'Università di Bologna si è confermato come primo ateneo in Italia per attenzione ai temi della sostenibilità ambientale e ha raggiunto il quindicesimo posto nella classifica generale, entrando così nella top 20 mondiale delle università green. (Fonte: unibomagazine 23-04-19)

UNIBO. L’UNIVERSITÀ AUMENTERÀ IL NUMERO DEL SUO PERSONALE DEL 10% IN METÀ ANNO

L’Università di Bologna si prepara a crescere. Come approvato dal Consiglio di Amministrazione, verranno presto banditi circa 300 concorsi per altrettanti posti di lavoro. Si parla di 276 assunzioni tra docenti ordinari, docenti associati e ricercatori a tempo indeterminato. A sentire le parole del rettore Francesco Ubertini durante una conferenza stampa: “Abbiamo (ad oggi n.d.r.) 2740 docenti e ricercatori”, quindi assumerne altri 276 “significa mobilitare un numero di unità pari al 10% del nostro personale”. Le assunzioni, rese possibili grazie al Fondo di finanziamento ordinario 2018, vedranno il bando iniziale di 112 posti per ricercatori a tempo determinato. Ben 93 concorsi saranno riservati agli “interni”, per il ruolo di professore associato, mentre altri 68 saranno aperti anche a chi non ha attualmente un contratto con l’Università, i cosiddetti “esterni”, per andare a riempire i posti di professore ordinario e associato. (Fonte: G. Rinaldi, faccecaso 06-05-19)

UNIBO. GENOMICA E PARAMETRI EMATOLOGICI: NUOVE INFORMAZIONI PER L’ADATTAMENTO AGLI STRESS AMBIENTALI DA RICERCHE SUL SUINO

Uno studio coordinato da ricercatori dell’Università di Bologna ha permesso di individuare i marcatori genetici che influenzano alcuni dei principali parametri ematologici nel suino, dal colesterolo ai trigliceridi fino ai livelli di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine nel sangue. La ricerca – pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature – fornisce nuove informazioni sulla capacità immunitaria e di resistenza agli stress ambientali di questa specie animale. Novità che hanno implicazioni non solo in campo zootecnico, ma anche per l’utilizzo del suino come modello animale in campo medico. (Fonte: magazine.unibo.it 23-05-19)

UNIBO. PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

L'Alma Mater di Bologna è nelle top 15 internazionali dei due ranking universitari "verdi”: il Times Higher Education (THE) Impact e Green Metric. Partiamo da Green Metric che "giudica" gli atenei in base a sei indicatori: contesto e infrastrutture (come aree boschive o dedicate alla vegetazione nel campus), energia e cambiamento climatico (tra cui uso delle rinnovabili e smart building), rifiuti (organici e inorganici), acqua (sia risparmio che riciclo), trasporti (parcheggi, navette e veicoli a emissioni zero), educazione e ricerca (inteso innanzitutto come corsi e fondi dedicati alla sostenibilità). Il ranking 2018 vede in testa, come l'anno prima, l'ateneo olandese di Wageningen davanti all'inglese Nottingham e all'americana California Davis. Per trovare la prima italiana - UniBo - bisogna scendere al 15° posto. Con altre tre italiane nella top 100: UniTo (47°), Ca' Foscari di Venezia (88°) e Milano Bicocca (98°).
Forte del 9° posto l'Alma Mater esce ancora meglio dal ranking di The Impact. Che esordisce quest'anno e pesa il successo delle università globali nel raggiungimento degli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile. In vetta stavolta troviamo la neozelandese Auckland, che precede due canadesi McMaster e British Columbia. Con altri due "volti noti" di casa nostra tra le prime 100: Padova al 16° posto e L'Aquila al 78°.
L'Alma Mater con il progetto Multicampus Sostenibile, che riguarda non solo l'ambiente ma anche l'energia, la mobilità e le persone, ha dato vita anche ad azioni concrete per una risposta ai principi che si sono affermati, negli ultimi anni, sullo Sviluppo Sostenibile, la Green Economy e i 17 Sustainable Development Goals (SDGs) dell'ONU per dettare l’agenda delle principali azioni fino al 2030. (Fonte: IlSole24Ore 27-05-19)

UNIFI. 57 CORSI DI LAUREA TRIENNALI, 9 CORSI MAGISTRALI A CICLO UNICO E 70 MAGISTRALI

57 corsi di laurea triennali, 9 corsi magistrali a ciclo unico e 70 magistrali. Sono i numeri dell’offerta formativa dell’Università di Firenze per il prossimo anno accademico, che è possibile consultare online. Nel 2019/2020 partono tre nuove lauree magistrali: Ingegneria gestionale, Advanced Molecular Sciences (in lingua inglese) e Biologia dell’ambiente e del comportamento. Per gli ultimi due corsi sono previste borse di studio che finanzieranno il percorso degli iscritti fuori sede. Cinque nuovi corsi a doppio titolo, inoltre, si avviano nel prossimo anno accademico e portano a 30 i percorsi internazionali proposti dall’Ateneo. In questo ambito, si rafforza in UniFi la collaborazione con l’università cinese Tongji di Shanghai, attiva per due corsi a doppio titolo. (Fonte: nove.firenze.it 09-06-19)

POLIMI. DA SOLO BREVETTA IL 15% DELLE INVENZIONI NAZIONALI

Milano è la città regina della creatività tricolore con quasi 32 mila tra brevetti e marchi depositati nel 2018. Qui ha sede anche il 20% delle circa diecimila startup innovative italiane. «E’ una regione con una lunga storia di imprenditorialità: oggi un giovane che ha un'ida e dice ai genitori che vuole tentare l'impresa, qui viene capito - ragiona Ferruccio Resta, rettore del Politenico di Milano, l'ateneo che da solo brevetta il 15% delle invenzioni nazionali -. Questa regione ha capito che innovare è l'unico modo per rimanere competitivi e attrarre talenti. Ecco, anche per il Politecnico l'innovazione non è uno degli scenari possibili o un think thank, ma una opzione già calata nella realtà, da valorizzare e raccontare». Con questo spirito è nata l'iniziativa del Politecnico con L'Economia del Corriere della Sera, che prende il nome di «Intelligenze reali» e che, a partire da lunedì 27 maggio, sulle pagine del settimanale economico «racconterà le storie, i talenti, le opportunità e le specificità dell'innovazione che qui trova casa». (Fonte: CorSera 24-05-19)


UE. ESTERO

GERMANIA. E’ IL PAESE EUROPEO CHE “CREDE DI PIÙ NELLA SCIENZA”

La Germania non solo ha già raggiunto l’obiettivo di Lisbona del 3,0% ma ha annunciato di recente un piano aggiuntivo di investimenti pari a 17 miliardi di euro spalmati negli anni che ci separano dal 2030. D’altra parte, con una spesa di oltre 123 miliardi di dollari, 1.000 istituzioni dedite alla ricerca, 400.000 ricercatori e 500 network e cluster, la Germania è di gran lunga il paese europeo che “crede di più nella scienza”. Ma non è il solo: è tutto un blocco di paesi che ruota intorno alla Germania e che segue il modello tedesco. Da Sud a Nord: la Slovenia investe il 2,6% del PIL in R&S; l’Austria il 3,2%; la Svizzera il 3,0; l’Olanda il 2,1%; la Danimarca il 3,1; la Svezia il 3,3% e la Finlandia il 3,5%. Questi paesi sono all’avanguardia nel mondo. E sono superati, in termini relativi, solo da Israele e Corea del Sud. È il resto dell’Europa che fatica. La Francia si ferma al 2,2%; il Regno Unito all’1,7% e l’Italia non va oltre l’1,3%. (Fonte: P. Greco, IlBo 21-05-19)

UK. A CAMBRIDGE CACCIA ALLE STREGHE, PROFESSORI CACCIATI, CURRICULA RISCRITTI, MONUMENTI RIMOSSI

Al St. Catharine's College di Cambridge una famosa campana esposta è stata rimossa dopo i dubbi che fosse stata utilizzata in una piantagione di schiavi. "Mentre facciamo delle indagini più dettagliate sulla provenienza della campana, è stata presa la decisione di eliminarla", hanno detto dal college. La settimana scorsa, Cambridge aveva avviato un'inchiesta senza precedenti della durata di due anni sui suoi legami con la tratta degli schiavi. Alcuni studiosi hanno sostenuto che l'iniziativa non è altro che un omaggio al politicamente corretto. Ha scritto sul Times il docente di Oxford Nigel Biggar: "Cambridge ha stabilito nuovi standard del politicamente corretto con l'annuncio di un'inchiesta sul modo in cui ha tratto beneficio dal commercio degli schiavi". Ma altre cose pazze stanno accadendo a Cambridge da qualche settimana. L'università ha sospeso il ciclo di lezioni di un famoso professore canadese, Jordan Peterson, 48 ore dopo che gli era stato offerto. Alcuni accademici e l'unione studentesca avevano protestato pubblicamente per l'invito rivolto a Peterson, reo di "islamofobia". Priyamvada Gopal aveva twittato: "Jordan Peterson sarà il mio collega? Niente di meglio per dimostrare il nostro impegno per la diversità e la decolonizzazione". Gli studenti avevano affisso una lista di "peccati" commessi da Peterson, come credere che "il privilegio bianco è una menzogna marxista". Poi Cambridge ha ritirato l'incarico a Noah Carl. Trecento professori e accademici di tutto il mondo avevano firmato una lettera aperta che denunciava la sua nomina e ne richiedeva l'immediata cacciata dal celebre ateneo. La "colpa" di Carl è quella di fare ricerca sulla razionalità delle paure dell'immigrazione. Un anno fa, Cambridge aveva anche annunciato l'intenzione dei professori di letteratura inglese di sostituire gli autori bianchi con gli scrittori neri, via gli occidentali e dentro i multikulti, facendo seguito alle proposte avanzate dal personale accademico in risposta alle richieste degli studenti di "decolonizzare" il curriculum. (Fonte: G, Motti, Il Foglio 09-05-19)

UK. PER GLI EUROPEI PREVISTO RADDOPPIO DELLE RETTE DOPO BREXIT

Dopo la Brexit, il governo britannico intende aumentare le tasse universitarie per gli studenti dei paesi dell’Unione Europea: facendole passare dalle 9.250 sterline l’anno attuali a circa 25.000 sterline annue, cioè quasi i 30.000 euro che poi è la retta pagata dagli studenti extracomunitari. Già così le università inglesi sono le più care d’Europa: ma sono anche le migliori d’Europa e fra le migliori del mondo, a cominciare da “Oxbridge”, l’acronimo con cui si identificano le due università rivali, puntualmente ai primi posti delle classifiche internazionali sull’istruzione accademica: per questo frotte di giovani europei vengono a studiare qui. Raddoppiare la retta, tuttavia, rischia di creare un grosso ostacolo: le università medesime prevedono che il numero di iscritti provenienti dal continente, attualmente 135.000, calerebbe di due terzi.
È una brutta notizia per i tanti italiani che sognano di prendere la laurea a Londra: al momento il nostro paese è il terzo maggiore fornitore europeo di studenti alle università britanniche, con quasi 15.000 iscritti (e sono italiani anche 5.000 docenti e ricercatori). Ma è una brutta notizia anche per il budget delle università: pur essendo soltanto il 6 per cento del totale degli iscritti, gli studenti degli altri paesi della Ue rappresentano un’importante fonte di finanziamenti per i college inglesi. Secondo indiscrezioni pubblicate dal Financial Times, il ministro dell’Istruzione Damian Hinds si accinge a introdurre l’aumento dall’anno accademico 2021-22. (Fonte: E. Francescini, Rep: 29-04-19)

SPAGNA. OTTENERE IL TITOLO ABILITANTE E STUDIARE IN SPAGNA

Ogni anno la Spagna accoglie circa 50.000 studenti stranieri. Tra i Paesi europei nei quali si concentra il maggior numero di studenti italiani che, dopo aver tentato il test di ingresso in Italia, scelgono di partire per l’estero per ottenere il titolo abilitante, la Spagna sta crescendo in numero di iscritti. Studiare in Spagna e anche viverci da studente, costa circa 9.000 euro l’anno in città come Madrid e Barcellona. Se invece si scelgono città universitarie come Valencia o Siviglia, anche queste molto ambite, il budget può scendere anche a 5.000/6.000 euro. Le università spagnole sono molto buone e per chi decide di studiare in Spagna la scelta è vasta. Le università più famose sono la Complutense di Madrid o la Ceu uno dei gruppi universitari più antichi della Spagna. A Madrid e Barcellona ci sono le business school di modello angloamericano, molto ambite dagli aspiranti manager. Queste scuole sono EAE, EISAF Business school, Instituto de Empresa, i cui costi sono allineati alle scuole dei ranking internazionali, che possono raggiungere i 100.000 dollari per un MBA. Per studiare in Spagna però bisogna conoscere sia lo spagnolo che il catalano nel caso in cui si intraprenda un percorso di studi a Barcellona. Per accedere all’università occorre una certificazione di lingua spagnola e un procedimento ministeriale grazie al quale si consegue la credencial del Uned. (Fonte: tecnicadella scuola 15-04-19)

USA. LO SCANDALO DELLE BUSTARELLE PER FARE AMMETTERE I PROPRI FIGLI NELLE SCUOLE PIÙ PRESTIGIOSE

Il 12 marzo, gli agenti dell'Fbi sono andati a cercare l'attrice Felicity Huffman di 56 anni nella sua villa di Hollywood e l'hanno portata via in manette. Rilasciata su cauzione di 250 mila dollari, si è dichiarata colpevole davanti al tribunale federale di Boston per trasferimenti di fondi illegali. E' stata incriminata per aver pagato 15 mila dollari al responsabile di una vasta rete di corruzione che falsificava i risultati degli esami o delle performance sportive dei figli dei ricchi per facilitare la loro ammissione nelle scuole o nelle università ultraselettive del Paese. Uno scandalo che ha scioccato l'America.
Nel caso di Felicity Huffman, le sue mazzette sarebbero servite a fare in modo che sua figlia Sofia, 18 anni, potesse superare il concorso di ammissione alla scuola delle arti di Los Angeles. La donna rischia dai 4 ai 10 mesi di prigione. Ai giudici ha detto che la figlia non sapeva assolutamente niente e che lei la ha tradita con questa azione e con le sue idee assolutamente sbagliate, secondo quanto ha riportato Le Figaro. Felicity Huffman è soltanto un piccolo pesce nella rete del procuratore che indaga sullo scandalo. Alcuni avevano pagato fino a 6,5 milioni di dollari per fare entrare i propri figli nei templi d'eccellenza. I migliori atenei americani hanno un tasso di ammissione molto basso: 4,6% a Harvard, 5% a Stanford, 5,5% a Princeton e Colombia, 6,2% a Yale. Su questo ha prosperato la società The Key di William «Rick» Singer, 58 anni, che diceva di aprire una porta laterale a chi aveva i mezzi. (Fonte: M. Oliveri, ItaliaOggi 17-04-19)

CINA. IL SIMBOLO DELLA SMART CITY È SHENZHEN, LA MEGALOPOLI CON LE INFRASTRUTTURE TECNOLOGICHE DELLA HUAWEI

Dal 115esimo piano del Ping An finance center, Shenzhen si vede piccola piccola. È il quarto grattacielo più alto al mondo ed è stato tirato su nel 2017, giusto in tempo per festeggiare il quarantesimo compleanno della città. “Prima qui non c’era niente: solo baracche e pescatori”, viene spiegato ai turisti che provano a sbirciare la metropoli guardandola da vetrate a 599,1 metri di altezza. La città, così come la si conosce ora, è stata fondata nel 1978 quando il governo comunista ha deciso che quel povero villaggio di fronte a Hong Kong sarebbe diventato la vetrina sul mondo di una Cina moderna e high-tech. Shenzhen oggi è popolata da 13 milioni di persone, una megalopoli zeppa di uffici e tutta orientata al business. Grazie alla sua vocazione tecnologica, negli ultimi anni la città del Guangdong è diventata anche il modello della smart city a livello internazionale. A fornire alla municipalità di Shenzhen le infrastrutture tecnologiche è Huawei, azienda simbolo della Cina del terzo millennio, che qui ha da sempre il suo quartier generale e ha fondato un mega-campus per la ricerca nella vicina Dongguan. (Fonte: WIRED 22-05-19)


LIBRI – RAPPORTI - SAGGI

IL DUBBIO NEI FONDAMENTI SCIENTIFICI

Autore: Francesco Primiceri. Ed. Aracne, collana Lo scrigno di Prometeo 2019, pg. 248.
Il testo affronta le ragioni che hanno portato la scienza a rivisitare le proprie strutture teoriche. La scienza moderna, fino al secolo scorso, è stata considerata come l’unica conoscenza certa poiché efficace, controllabile, condivisibile e, in quanto tale, affidabile e indubitabile. È proprio in forza dell’intreccio del metodo empirico e del metodo assiomatico che la fisica, in particolare, si presentava come sapere certo e definitivo. Oggi il pensiero scientifico si propone come ipotetico, revisionabile e fallibile, ma questo suo modo di procedere non vuol dire assolutamente che rinuncia al dominio dell’universo; al contrario, proprio per rendere più radicale il proprio dominio sulle cose, trasforma il proprio apparato concettuale: rinuncia a essere verità definitiva e incontrovertibile per poter meglio comprendere e dominare fenomeni nuovi. Il testo presenta non solo il processo di elaborazione dell’apparato concettuale, ma rileva anche come la scienza moderna, forte della sua posizione di dominio, supera un’antica opinione secondo la quale spettava ad essa il solo il compito di spiegare il “come” delle cose, mentre alla filosofia e alla teologia quello più ambizioso di spiegare il “perché”, ovvero le grandi questioni dell’essere.
(Fonte: presentazione dell’edtore, maggio 2019)

SCOPERTA. COME LA RICERCA SCIENTIFICA PUÒ AIUTARE A CAMBIARE L'ITALIA

Autore: Roberto Defez. Ed. Codice 2018, pg. 172.
La ricerca scientifica non è un lusso culturale, ma la più concreta opzione per dare un futuro al paese e alle nuove generazioni, e per far tornare una parte del fiume di giovani che abbiamo formato in Italia e che possono lavorare solo all'estero. Genera occupazione qualificata, sviluppo imprenditoriale, innovazione di prodotto, ma serve anche alla sicurezza nazionale, alla tutela del territorio e dei beni culturali. Intorno si fanno strada l'antiscienza e la nostalgia di un passato durissimo che in gran parte ignoriamo. Paghiamo il mancato rinnovamento vendendo le nostre aziende storiche. Eravamo i proprietari di piccoli ristoranti, poi ne siamo diventati i cuochi e ora semplici camerieri. Il metodo scientifico è il modo per risalire la china, per modernizzare il paese, per compiere scelte non ideologiche in tutti i campi. Per premiare il merito e non il clan, per liberare energie e guidare il nostro futuro. (Fonte: recensione dell’editore)

LA TIRANNIA DELLA VALUTAZIONE

Autrice: Angélique Del Rey. Traduttore: A. L. Carbone. Editore: Elèuthera 2018, pg. 189.
Oggi, in qualsiasi ambito sociale ci si trovi a interagire con gli altri, essere valutati in base a criteri ritenuti oggettivi appare non solo naturale ma persino desiderabile. Anzi, ricondurre l'individuo a un'entità misurabile che dia precisamente conto della propria efficienza e competenza è diventato l'imperativo che governa le nostre prestazioni e relazioni. Questa rincorsa al «merito» instaura peraltro un clima di estrema competitività tanto a livello sociale quanto a livello individuale. Oltretutto, smentendo clamorosamente i suoi fautori, questa ossessione valutativa sta creando, in nome dell'efficienza, una forma inedita di inefficacia, proprio perché comprime le differenze normalizzando i profili individuali. Come appunto dimostra questa articolata critica della meritocrazia – portata avanti in vari ambiti sociali, ma soprattutto nell'ambito del lavoro e dell'educazione – che contrappone al riduzionismo di un sistema iper-valutativo la complessità della vita e delle relazioni umane. (Fonte: presentazione dell’editore)

LE SCIENZE DIMENTICATE. COME LE DISCIPLINE UMANISTICHE HANNO CAMBIATO IL MONDO

Autori: Rens Bod e V. Poli. Editore Carocci, collana Frecce 2019, pg. 562. 
È ormai consolidata l'idea secondo cui tra scienze naturali e discipline umanistiche esista una netta distinzione: le prime cercherebbero di spiegare oggettivamente il mondo individuando principi e leggi generali, le seconde di interpretarlo in maniera soggettiva concentrandosi su particolari espressioni dell'essere umano; le prime sono empiriche, le seconde ermeneutiche. Eppure non è così. Prendendo in considerazione in una sola e coerente trattazione le principali discipline umanistiche (linguistica, storiografia, filologia, musicologia, teoria dell'arte ecc.), Rens Bod ne offre la prima storia generale dall'antichità al XX secolo e scardina le premesse di questa distinzione. Sin dalle origini e praticamente in tutte le civiltà (dalla Cina all'Europa, passando per l'Africa) tali discipline risultano accomunate proprio dalla ricerca di principi generali e pattern nel proprio oggetto di studio. Inoltre, alcune loro scoperte hanno trovato applicazioni nei più vari e inimmaginabili ambiti e avuto conseguenze tali da cambiare il mondo. Ciò spinge a considerarle scienze a tutti gli effetti - scienze umanistiche - e a rivendicare per Panini, Valla, Bopp e molti altri umanisti troppo spesso dimenticati un posto accanto a Galileo, Newton e Einstein. (Fonte: presentazione dell’editore)