lunedì 11 maggio 2020

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE n.ro 2 Marzo 2020





IN EVIDENZA  



LA PANDEMIA DA CORONAVIRUS EVIDENZIA LA ZONA DI CONFINE, TRA SCIENZA, POLITICA E SOCIETÀ, CHE RAPPRESENTA OGGI LA FRONTIERA DELL’ATTUALE RICERCA

Il Coronavirus SARS-Cov2 è come un uragano, ormai nel pieno del suo sviluppo, che sta investendo tutto il mondo (una pandemia ha detto l’OMS) ma che, a differenza di un fenomeno meteorologico, può essere attenuato da decisioni politiche e comportamenti individuali opportuni. Il problema è però che nel caso specifico non c’è un protocollo ben definito da seguire e dunque tutto s’improvvisa sull’onda dell’emergenza. Tuttavia, il fatto che l’intervento esterno possa cambiare l’evoluzione del fenomeno fa sì che questo sia molto diverso da un urgano che si sviluppa a prescindere. Si entra cioè nella zona di confine, tra scienza, politica e società, che rappresenta oggi la frontiera dell’attuale ricerca: quando la ricerca cessa dunque di essere solamente accademica ma riguarda direttamente ognuno di noi e quando lo scienziato diventa il necessario interlocutore per prendere decisioni politiche e per spiegarle alla collettività. (F: F. Sylos Labini, Roars 13.03.20)



TRASMISSIONE DEL SARS-COV-2 CAUSA DELLA COVD-19

Sembra più che plausibile che il caso o i casi iniziali d’infezione da 2019-nCoV (SARS-CoV-2) abbiano avuto origine da un “serbatoio” animale, analogamente ai due coronavirus della SARS e della MERS, che avrebbero compiuto il famigerato "salto di specie" passando rispettivamente all'uomo dai pipistrelli e da cammelli e dromedari.

Come normalmente avviene per tutte le infezioni da virus respiratori, la trasmissione del contagio da pazienti infetti a individui sani si realizza a seguito di stretti, prolungati e/o reiterati contatti fra gli uni e gli altri. Ciò rende facilmente comprensibile come proprio nella Repubblica Popolare Cinese possa aver avuto la propria culla d’origine (anche) quest’ultima epidemia, che al pari di tutte le altre causate da virus respiratori - influenzavirus e coronavirus della SARS, tanto per citare due esempi eloquenti - avrebbe “beneficiato” di una serie di condizioni “ottimali”, rappresentate per l’appunto dall'eccessiva densità demografica umana e animale, dall'elevata promiscuità uomini-animali, nonché da certi stili di vita e abitudini alimentari. Queste avrebbero agito come fattori in

grado di “metter le ali” al virus 2019-nCoV, alla medesima stregua di quanto già fatto nel caso dei virus influenzali e della SARS. (F: G. Di Guardo, Info Universitarie https://twitter.com/univtrends 31.01.20)



SCIENCE IS BECOMING MORE OPEN WHILE CITIES ARE LOCKED DOWN AND BORDERS ARE CLOSED

The China National Knowledge Infrastructure launched a free website and called for scientists to publish research on the coronavirus with open access. Shortly after, the prominent scientific journal Nature issued an editorial urging all coronavirus researchers to “keep sharing, stay open”. So while cities are locked down and borders are closed in response to the coronavirus outbreak, science is becoming more open. This openness is already making a difference to scientists’ response to the virus and has the potential to change the world. But it’s not as simple as making every research finding available to anyone for any purpose. Without care and responsibility, there is a danger that open science can be misused or contribute to the spread of misinformation. (F: Xin Xu, UWN 21.03.20)



UN NUOVO MINISTERO PER L’UNIVERSITÀ E LA RICERCA SCIENTIFICA

Occorre aver presente alcuni degli effetti che la scelta fatta dal presidente Conte (la nomina del presidente della Conferenza dei rettori italiani prof. Gaetano Manfredi a ministro dell'Università e della Ricerca scientifica) ha già prodotto e si tratta, quel che più conta, di effetti duraturi. Mi riferisco all'istituzione di un nuovo specifico ministero per l'Università e la Ricerca scientifica e non certo per la creazione di una poltrona ministeriale in più. Il nuovo assetto istituzionale restituisce infatti centralità e protagonismo a un comparto, quello dell'Università e della Ricerca, decisivo per lo sviluppo del Paese e per la formazione delle sue classi dirigenti. Tale specifica funzione di un ministero per l'Università è stata finora posta in ombra dall'enorme mole di problemi di assetto, sindacali. economico sociali, del mondo della pubblica istruzione che, peraltro, non potrà non giovarsi dell'esistenza di un dicastero interamente ad esso dedicato. Una fruttuosa sinergia tra i Ministeri sarà comunque necessaria su alcuni temi trasversali, primo tra tutti quello davvero cruciale per il Sistema Paese della formazione degli insegnanti. (L. d'Alessandro, Il Mattino 30.01.20)



«L’INFORMAZIONE DISPONIBILE CRESCE; MA NON È DETTO CHE CON ESSA STIA CRESCENDO ANCHE LA CONOSCENZA»

«Nella vita della comunità universitaria, nei rapporti con i maestri e con i propri simili, ma soprattutto negli incontri con i propri “dissimili”, si amplia l’orizzonte della ragione, in un vero confronto con l’“altro da sé”, e si creano le premesse per un pensiero critico, libero e innovativo.

Oggi come sempre, è sulla capacità di un pensiero libero e critico del cittadino, in tutti i rami del sapere e del fare a cui ciascuno è specificamente chiamato, che si gioca la partita della democrazia. Questa affermazione, valida in ogni epoca, lo è ancor di più oggi in considerazione dello scuotimento tellurico che la diffusione dei nuovi media sta provocando non solo sul sistema dell’informazione, ma anche sulla stessa capacità di conoscenza del genere umano (Buccellati).

È vero che con gli sviluppi della tecnologia cresce l’informazione disponibile. E questo è una indiscutibile e straordinaria potenzialità della nostra epoca: news, enciclopedie, libri open access e intere biblioteche open source sono mezzi a disposizione di tutti, di valore inestimabile.

L’informazione disponibile cresce; ma non è detto che con essa stia crescendo anche la conoscenza. La missione dell’università da sempre è stata più alta e più ampia. Chiamata anche, ma non solo, a elaborare e fornire dati, nozioni e informazioni; vocata anche, ma non solo, a offrire una pur necessaria formazione professionale: l’università non è solo fucina del «sapere». Tutto questo – pur essendo moltissimo – è solo “il vestibolo della conoscenza”, come direbbe John Henri Newman». (F: M. Cartabia, dal Discorso all’inaugurazione dell’A.A. di UniMi, scienzainrete

04-02-20)



A RISCHIO LA RICERCA SCIENTIFICA BIOMEDICA SE NON SI VOGLIONO SCONTENTARE GLI ANIMALISTI

In campo biomedico il governo mortifica le ragioni della comunità scientifica pur di non scontentare gli animalisti. Sembra un paradosso, proprio adesso che gli scienziati sono in prima linea nella battaglia contro il coronavirus, ma non lo è. La decisione che fa gridare allo scandalo è la proroga di un solo anno concessa allo studio, a fini sperimentali, degli effetti delle droghe sugli animali. Il provvedimento, contenuto nel decreto Milleproroghe e quindi in vigore, permette ai gruppi di ricerca di andare avanti fino a dicembre. A partire dal prossimo gennaio questi studi saranno da considerare illegali a meno che, come auspicano i ricercatori, non saranno nel frattempo rimosse le restrizioni che sono già costate all’Italia la procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea. Questi divieti, che ci trasciniamo dal 2014 con un susseguirsi di moratorie dal sapore pilatesco, non sono presenti negli altri Paesi europei. (F: S. Pargoletti, linkiesta 19.03.20)



IL TAR LAZIO AFFERMA L’INDISPENSABILITÀ DEL NUMERO CHIUSO A MEDICINA

Con sentenza del 18 marzo 2020, n. 3370, il TAR Lazio, Roma, Sez. III, ha ribadito che il c.d. numero chiuso è reso indispensabile dall’esigenza di assicurare, per la formazione di professionalità adeguate, che l’accesso alla facoltà di “Medicina e Chirurgia” sia subordinato alla congruità del rapporto fra numero di studenti e idoneità delle strutture, sotto il profilo non solo della didattica, ma anche della disponibilità di laboratori e della possibilità di avviare adeguate esperienze cliniche, nonché di accedere alle specializzazioni. Non ultima, infine, (ferma restando la priorità delle esigenze sopra indicate) è la finalità di assicurare – anche in considerazione della libera circolazione di professionisti in ambito U.E. – la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi, da commisurare al fabbisogno nazionale, sul presupposto che vi sia un potenziale bilanciamento fra medici formati in altri Paesi dell’Unione, operanti in Italia, e medici italiani trasferiti in ambito comunitario. (F: Osservatorio Università 23.03.20)



PERCHÈ SECONDO UN CRITICO PARERE SOCIOLOGICO LA “NEOVALUTAZIONE” PRODUCE NORMALIZZAZIONE DEL SAPERE E “DOPING BIBLIOMETRICO DI MASSA”

Ma conviene davvero un’università allineata e isomorfa all’ambiente in cui opera? “Da un punto di vista ecologico, – spiegava Neil Postman 40 anni fa – nulla è buono in sé […] Quello che rende buona o utile una cosa è l’esistenza d’una forza opposta che la tenga sotto controllo”. La formazione dovrebbe funzionare come un termostato per la società: la sua virtù sarebbe innescare forze opposte e in controtendenza a quelle correnti, cioè – nelle parole di Postman – “offrire una controargomentazione, il rovescio della medaglia”. Insomma, l’università ha un ruolo ecologico più che teleologico, non promuove cioè un obiettivo definito ma mantiene nel sistema un equilibrio plurale di differenze preservando spiragli di “controargomentazione”. Voglio ricordare le parole del Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno: “quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo anche il privilegio di essere liberi”.

Noi sappiamo bene che la neovalutazione produce normalizzazione del sapere e “doping bibliometrico di massa” da quando siamo tutti indotti a privilegiare “lo scrivere e il pubblicare a scapito del leggere e studiare” (Mats Alvesson). Né ci sfugge che la neovalutazione è il braccio armato di una “nuova ragione del mondo” (Dardot e Laval) che consiste nella “generalizzazione della concorrenza come norma di comportamento e dell’impresa come modello di soggettivazione”.

Solo così si spiega l’affermazione paradossale, che spesso sentiamo ripetere, per cui anche una cattiva valutazione sarebbe comunque da preferire all’assenza di valutazione. Se ci riflettiamo, ciò significa che non si valuta davvero per fini scientifici, ma per governare le condotte secondo un disegno di ortopedia cognitiva che mira a modificare l’ethos del ricercatore onde trasformarlo in vero e proprio imprenditore della ricerca.

Altro mito d’oggi è il finanziamento cosiddetto premiale. Questi premi alle presunte strutture meritevoli sono un cavallo di Troia, sono come i bocconi di carne che i ladri lanciano ai cani da guardia per poter svaligiare indisturbati una casa. La nostra casa comune, l’università, è da anni svaligiata. E credere che i sistemi valutativi premiali servano a garantirne la qualità è come pensare che la funzione dei ladri sia quella di cibare i nostri cani.

La via d’uscita ci sarebbe e ce l’ha mostrata proprio Etienne de la Boétie: “Voi potreste liberarvi se provaste non [dico] a liberarvene, ma soltanto a volerlo fare. Decidetevi a non servire più, ed eccovi liberi”. (F: D. Borrelli, Roars 28.01.20)





CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI 



QS WORLD UNIVERSITY RANKING 2020. LE UNIVERSITÀ ITALIANE NELLA CLASSIFICA

L’Italia si classifica quarta come miglior sistema universitario in Europa, superata solo da Francia, Paesi Bassi, Germania e Svizzera. Le università italiane che sono riuscite a entrare nella Top 10 di settore sono otto. La Sapienza di Roma perde il primo posto per gli Studi classici e Storia Antica lasciando lo scettro a Oxford. Ma per chi vuole studiare storia antica e le discipline umanistiche, l’Italia offre 6 dei migliori atenei al mondo. All’8° posto troviamo la Normale di Pisa, l’Università di Bologna al 19°, Tor Vergata al 32° (ma nel 2019 era al 7°) e l’Università Statale di Milano al 39°. Nella top ten globale si trova anche la Bocconi di Milano per il corso in Business e Management, che sale di una posizione, arrivando così al 7° posto. Da mettere in risalto anche l’ottima performance del Politecnico di Milano che compare al 7° posto tra le migliori 10 facoltà al mondo di Architettura. Ma il Politecnico lo ritroviamo anche al 6° posto per Arte e Design, al 7° per Ingegneria civile e strutturale e al 9° per Ingegneria meccanica, aeronautica e industriale.

L’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna rientra tra i primi 100 atenei a livello globale in 21 discipline. 4 rientrano tra i primi 50 posti al mondo: Storia classica e antica al 19° posto; Lingue Moderne al 39° posto; Agraria al 39° posto e Odontoiatria al 40° posto. Guardando invece alle macro-aree del sapere, cioè i raggruppamenti tematici delle singole materie, l’Alma Mater è nella top 100 mondiale in tre casi: Arti e Scienze umane; Scienze sociali e Management e Scienze della vita e Medicina. (F: M. G. Ceccoli, Forbes 04.03.20)



MOST INTERNATIONAL UNIVERSITIES IN THE WORLD. SWITZERLAND IS HOME TO SOME OF THE MOST INTERNATIONAL UNIVERSITIES IN THE WORLD

Using data from the Times Higher Education World University Rankings (January 28, 2020) Top Five are: 1. City University of Hong Kong; 2. University of Hong Kong; 3. École Polytechnique Fédérale de Lausanne; 4. ETH Zurich; 5. Chinese University of Hong Kong.

It is no surprise that Switzerland is home to some of the most international universities in the world, given that it is surrounded by five countries (France, Italy, Germany, Austria, Liechtenstein) and situated in the heart of Europe.

École Polytechnique Fédérale de Lausanne has a particularly strong reputation in engineering with 13 engineering science programmes, and more recently it has become known for its work in the life sciences, as well as having strong computer science programmes. Students at the institution are given numerous opportunities to participate in exchange programmes with other universities in Switzerland and abroad. The university also offers an internship scheme for students enrolled at other internationally acclaimed universities to spend up to three months at one of its campus laboratories.

ETH Zurich is located in Switzerland’s largest city, Zurich, which, although expensive, is known for being very safe. The main spoken language is Swiss German but the university also offers courses in English. The institution has more than 19,000 students from over 120 countries and is the top university in continental Europe. The university focuses on teaching and research in the STEM subjects, and 21 Nobel prizes have been awarded to students and teachers at the institution. One of the most famous alumni is Albert Einstein. (F: 2020 Times Higher Education Rankings)



QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS VALUTA LE UNIVERSITÀ IN BASE ALLE CHANCE DI LAVORO PER I LORO LAUREATI

La classifica di QS (Quacquarelli Symonds) World University Rankings ha valutato 758 atenei nel mondo sulla base della possibilità di occupazione che garantiscono. Spopolano le strutture statunitensi. Dopo il Mit c’è Stanford e poi la University of California di Los Angeles (Ucla). In Europa la prima è Cambridge (ottava), seguita da Oxford (decima) e dall’Eth di Zurigo (17esima). La prima italiana, il Politecnico di Milano, è nella top 50 al 41° posto. Guadagna cinque posizioni la Sapienza, al 93° posto. Il Politecnico di Torino avanza, rientrando nel range 111-120 da 121-130 e l’Università Cattolica è poco distante, nel range 121-130. Tra le prime 250 ci sono l’università di Padova (151-160), di Pisa (161-170), la Statale di Milano e le università di Torino e di Trento (tutte 201-250). La Federico II di Napoli è nella fascia 251-300, mentre tra la 301 e la 500 compaiono Ca’ Foscari, Pavia, Tor Vergata, Milano-Bicocca e Verona. (F: C. Maconi, Money 02.03.20)





CULTURA DEL DIGITALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA  



RIDOTTO APPRENDIMENTO E ANSIA NEGLI STUDENTI CAUSATI DA TECNODIPENDENZA

Una ricerca dell’Università Statale di Milano e della Swansea University (GB), pubblicata sul Journal of Computer Assisted Learning, rileva che l’abuso di Internet riduce le capacità di apprendimento degli studenti universitari e ne aumenta l’ansia.

Secondo gli autori, emerge “una relazione negativa tra dipendenza da Internet e motivazione: i soggetti fortemente dipendenti da Internet hanno ammesso di avere maggiori difficoltà a organizzare lo studio in modo produttivo e di essere più preoccupati per gli esami”. La dipendenza dal web sarebbe inoltre associata a “un senso di solitudine che renderebbe ancora più difficile studiare” perché “incide sulla percezione della vita universitaria”. La minore interazione sociale legata alla dipendenza da Internet – avvertono gli studiosi – acuisce il senso di solitudine e di conseguenza “riduce la motivazione a impegnarsi in un ambiente caratterizzato da un forte coinvolgimento sociale come quello accademico”.

“I risultati suggeriscono che gli studenti con una forte dipendenza da Internet potrebbero essere a rischio di demotivazione e quindi di prestazioni inferiori”, afferma Phil Reed dell’ateneo gallese. “La dipendenza da Internet compromette una serie di capacità come il controllo degli impulsi, la pianificazione e la sensibilità alla ricompensa. Tali lacune potrebbero rendere più difficile lo studio”, sottolinea Roberto Truzoli della Statale milanese. (F: corriereuniv.it 31.01.30)



GOOGLE SCHOLAR, UN AIUTO PER LA RICERCA DI MATERIALI SCIENTIFICI

Google Scholar è un motore di ricerca liberamente accessibile che consente di trovare testi della letteratura accademica tramite parole chiave. Si tratta di un servizio pensato appositamente per il mondo dell’educazione, per ricercatori e studiosi che necessitano di integrare le proprie conoscenze con libri, articoli, tesi di dottorato e così via, che altrimenti sarebbero difficilmente reperibili.

Per effettuare una qualsiasi ricerca non è necessario essere registrati al sito, tuttavia puoi creare un tuo profilo Google Scholar per usufruire di un servizio più completo. Accedere al tuo nuovo account sarà semplicissimo e Libero Tecnologia ti mostra come farlo in pochi rapidi click: tutto ciò di cui necessiti è essere in possesso di un account Google (o Gmail) per accedere alla piattaforma e cominciare a creare la tua libreria.

Per prima cosa collegati al sito web http://www.scholar.google.it; a questo punto clicca sull’icona a forma di tocco accademico per accedere alla sezione il mio profilo e compila il modulo di Citation che si aprirà; una volta inseriti i tuoi dati, il tuo campo di interesse e il tuo sito web se ne possiedi uno, passa alla finestra degli articoli per aggiungere sia le tue pubblicazioni sia tutti gli articoli relativi alle tue attività. Infine scegli quali dati rendere visibili, come e con quale frequenza aggiornare il tuo profilo, e le impostazioni relative alle preferenze di ricerca, come quali risultati visualizzare o se mostrare i link alle biblioteche originali. (F: Libero/tecnologia)



UNIVERSITÀ TELEMATICHE: IL DECRETO DEL MIUR. UNIVERSITÀ ONLINE ED E-LEARNING

Un decreto del Ministero dell'Istruzione, datato 23 dicembre 2019, ha previsto che a partire dall'anno accademico 2020/2021 per una serie di discipline debba essere prevista la sola istituzione di corsi di studio c.d. convenzionali, ovvero erogati interamente in presenza, ovvero che prevedono - per le attività diverse dalle attività pratiche e di laboratorio - una limitata attività didattica erogata con modalità telematiche, in misura non superiore a un decimo del totale.

Tra coloro che non potranno più frequentare corsi online, ci sono i futuri laureandi in scienze dell'educazione e della formazione, in scienze e tecniche psicologiche, in servizio sociale, in psicologia e in scienze pedagogiche. La modifica sarà attiva solo per le nuove immatricolazioni.

Per alcune classi di laurea che prevedono, per il perseguimento di specifici obiettivi formativi, particolari attività pratiche e di tirocinio, ovvero che comportino la frequenza di laboratori ad alta specializzazione, è prevista anche la possibilità di istituire, oltre a corsi di studio convenzionale, anche corsi di studio con modalità mista, con erogazione telematica di una quota significativa delle attività formative, comunque non superiore ai due terzi. In questa seconda categoria rientra un numero corposo di insegnamenti, previsti in apposito allegato: si tratta dei corsi di laurea in biotecnologie e scienze biologiche, architettura, farmacia, fisica, chimica, biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche e molto altro. (F: Studio Cataldi 02.02.20)



MODALITÀ DI FORMAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA. IL PESSIMISMO DEI “TECNO-SCETTICI”

«All’ottimismo dei sostenitori della democratizzazione della società, che sarebbe stata indotta dalla potenza di una capillare tecnologia ora alla portata di molti, si contrappone il pessimismo dei tecno-scettici, di cui parla Yascha Mounk. Le ricche analisi dei fenomeni che si stanno diffondendo in rete evidenziano tre fondamentali pericoli per il cittadino, che si trova “solo” nella rete: la polarizzazione dell’opinione pubblica, la sua eterodirezione e la disinformazione. Sono note le osservazioni svolte per primo da Cass Sunstein nel suo famoso libro #Republic a proposito delle “echo chambers” che si formano sui social, dove gli utenti si circondano di persone che incontrano il loro gusto, ascoltano argomenti che già interessano loro e sono esposti a punti di vista che già sono loro congeniali. Le “gated communities” in cui si tende a rinchiudersi nei social sono antitetiche alla “società aperta” di popperiana memoria, così essenziali al confronto democratico.

In un tale contesto, il cittadino in rete non incontra solo i suoi pari e i suoi simili, ma è altresì esposto alla “deliberata creazione e condivisione di informazioni false o manipolate, tesa a ingannare o fuorviare l’auditorio, allo scopo di procurare danni o guadagni politici, personali e finanziari”, [come sottolineato dalle indagini condotte ad esempio dal parlamento britannico in seguito allo scandalo di Cambridge Analytica]. Gli strumenti sono il targeting e il nudging, resi possibili grazie alla profilazione di ciascuno di noi, che si realizza con la sterminata raccolta di dati che volontariamente forniamo alle varie piattaforme attraverso l’uso quotidiano degli strumenti informatici. Le piattaforme tecnologiche non sono spazi vuoti o ambiti neutrali (A. Simoncini) e attraverso di esse il cittadino è esposto alla disinformazione e alle notizie false, dove sempre maggiore è la difficoltà a distinguere i fatti e le opinioni. Grazie alla potenza delle tecnologie contemporanee, oggi ciò che viene pubblicizzato e propagandato – vero o falso che sia – “è molto più in vista che la realtà da sostituire”. Nel percorso di conoscenza, oggi, c’è un serio problema di rapporto con i dati di realtà». (F: M. Cartabia, dal Discorso all’inaugurazione dell’ A.A. di UniMi, scienzainrete 04-02-20)



ARTICIAL INTELLIGENCE. THE IMPLICATIONS FOR HIGHER EDUCATION

The implications for higher education: AI could extend the possibilities for delivering teaching. As futurist and innovation adviser Martin Hamilton (pictured) noted upon taking the stage during the session, virtual reality can be used to create learning environments that are inaccessible in the physical realm.

“Let’s say you are doing a nuclear safety course,” he said. “We want to visit Chernobyl, but not only is it ruinously expensive for a big group of people, it is also dangerous. And there are places that you can’t go to, like Palmyra. Isis, Daesh, blew up the temples at Palmyra – they don’t exist anymore. But they exist in 3D. They exist in the digital realm.”

Mr Hamilton forecast that AI might change how we think of the campus, facilitating more sophisticated and immersive distance learning. He noted that the opportunities were immense – but he also urged caution.

There are ethical concerns that universities must be aware of when using AI: data must be safeguarded and designers must be aware of users’ sentiments and values when creating student-facing systems. Diversity in design teams is critical in order to mitigate this, Mr Hamilton argued.

“Who here has an AI strategy?” he asked the audience. Just a few hands were raised. In five years’ time, might that have changed? As Mr Hamilton implied, it might well have to. (F: THE 06.02.20)



ABILITÀ COMUNICATIVA E RICHIESTA DI CONOSCENZE NELLA FORMAZIONE ONLINE

Spostare le tradizionali attività di apprendimento sul web è una tendenza riscontrabile e anche acclarata nel concreto diuturno operare delle istituzioni sociali delegate alla generazione e consolidamento delle conoscenze e competenze (scuola, università, “agenzie formative” diffuse).

Seppur il sistema scolastico - universitario sembri aver colto la portata della rivoluzione digitale, resta parzialmente sondato il tema della qualità degli apprendimenti che non sembrano aver sollecitato sensibili cambiamenti rispetto agli asset principali della comunicazione didattica offline. In altri termini, nonostante ingenti risorse organizzative e finanziarie (il riferimento prioritario è agli Avvisi M.I.U.R. su fondi P.O.N. 2014-2020) siano state stanziate e tutt’ora siano previste dai bilanci degli Atenei e delle Istituzioni scolastiche autonome, la strategia, rappresentativa dell’impalcatura innovativa sul versante tecnico-strumentale, della convergenza di tutti i media verso il “linguaggio” digitale e le correlate pratiche didattiche, sta producendo nei fruitori l’idea secondo la quale l’utilizzo globale di tutti i mezzi di comunicazione sia, di per sé, occasione di autentica conoscenza ed opportunità di consistente assimilazione dei saperi, inconfutabilmente utili alla costruzione del bagaglio culturale personale e spendibili sul mercato delle professioni. Allo stato, in verità, non sono disponibili dati che possano confortare tali convinzioni sull’affermata valenza performativa della formazione on line crossmediale. Si tratta di un’abilità comunicativa che non corrisponde appieno alla richiesta di conoscenze di cui l’umanità ha bisogno, da un lato, e, dall’altro, la dissolvenza di “contenuti” a fronte dell’esaltazione morfologica e toponomastica del sapere che impedisce di mettere a frutto le attitudini di base: “memoria, immaginazione e disinteresse interessato”. (F: G. Dursi, agenda digitale 22.02.20)





DOCENTI. RICERCATORI   



RAPPORTO DOCENTI-STUDENTI

Un Dossier Flc-Cgil ricorda che il rapporto docenti-studenti in Italia è di 1 a 20 (considerando anche i docenti precari a contratto), mentre la media Ocse risulta 16. Non solo: l'emergenza è anche sul diritto allo studio. Nel 2017-18 solo il 34,5% degli studenti idonei ad ottenere un posto letto ne ha beneficiato. Il costo dell'alloggio incide per il 38% delle spese totali sostenute da oltre 570mila fuorisede. In Italia, poi, solo l'11% degli studenti iscritti beneficia di una borsa di studio contro il 25% in Germania, il 30% in Spagna, il 40% in Francia e l'80% nei paesi scandinavi. Sono oltre 7.500 gli studenti rimasti esclusi dall'assegnazione di una borsa di studio nell'ultimo anno  pur avendone diritto. (F: Flc-Cgil 11.02.20)



RICERCATORI A TD. IL CONSIGLIO DI STATO HA SOLLEVATO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE IMPORTANTI QUESTIONI PREGIUDIZIALI SUL LORO RAPPORTO DI LAVORO

I giudici del Consiglio di Stato ritengono corretta la scelta del legislatore di riservare il primo accesso all’insegnamento universitario a contratti a tempo determinato in una posizione professionale, quella di ricercatore, che non è mai suscettibile di assunzione diretta a tempo indeterminato, neanche concorsuale. Tuttavia, i quesiti dei ricercatori ricorrenti alla Corte Ue, accolti dal Consiglio di Stato come giudice di ultima istanza, partono dai dubbi che lo stesso giudice del rinvio pregiudiziale riconosce possano essere fondati; ovvero che questo sistema di legittimo reclutamento a tempo determinato non consente da un lato alcuna misura idonea a prevenire e sanzionare l’abusivo ricorso alla contrattazione a termine, e, dall’altro, crea una discriminazione rispetto ai ricercatori degli Enti pubblici di ricerca, che rientrano tra i soggetti destinatari delle procedure di stabilizzazione previste dalla riforma Madia. In definitiva, secondo il giudice amministrativo, potrebbe esserci una violazione del diritto dell’Unione europea e, in particolare, delle clausole 4 e 5 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva comunitaria 1999/70. Sarà pertanto la Corte Ue a fornire quelle risposte di tutela effettiva del precariato pubblico anche nei settori di alta specializzazione professionale, che finora il legislatore nazionale ha impedito potessero essere trovate nell’ordinamento interno. (F: V. De Michele, FQ 12.02.20)



ATTIVITÀ EXTRALAVORATIVE NON AUTORIZZATE O NON AUTORIZZABILI DA PARTE DI PUBBLICI DIPENDENTI COMPRESI I PROFESSORI UNIVERSITARI

In merito, la Corte dei Conti con sentenza del 3/02/20, n. 11, Sez. Giur. Regione Lombardia, ha sancito che, in tema di violazione dell’art. 53, co. 6-7bis, del d.lgs. n.165 del 2001, il criterio guida deve basarsi su un dato fattuale basilare e due indici sintomatici: (1) il dato fattuale basilare è dato dalla frequenza temporale dell’attività ‘consulenziale’ svolta con continuità, assiduità e sistematicità nell’anno solare e/o in più anni, tale da diventare abituale e dunque “professionale”, ovvero un ulteriore “lavoro stabile”; (2) l’indice sintomatico reddituale dell’importo dell’attività svolta, se da attività extralavorative si consegue un reddito superiore a quello derivante dall’impiego pubblico da professore; (3) l’indice sintomatico della apertura di partita IVA: nel merito la Corte ha più volte ribadito che professionalità dell’attività non è desumibile dalla mera tenuta di una partita IVA, ma dal suo consapevole e abituale utilizzo per lo svolgimento di una attività libero professionale, cioè non meramente occasionale. (F: Osservatorio sull’università 22.02.20)



DIETROFRONT DEL GOVERNO SULLA STABILIZZAZIONE DEI RICERCATORI PRECARI

Mentre il decreto milleproroghe approvato al Senato apriva ad una nuova stabilizzazione per i lavoratori della pubblica amministrazione, contemporaneamente era inopinatamente escluso da questa possibilità il personale degli enti di ricerca mediante un emendamento del Governo ad un altro provvedimento, in discussione anch’esso al Senato, relativo alla conversione in legge del decreto di sdoppiamento del MIUR.

Al di là del fatto singolare, a dir poco, che una legge appena votata sia di fatto modificata contemporaneamente da un altro provvedimento, il segnale politico sembra essere chiaro quanto regressivo: mentre il sindacato chiede l’estensione della stabilizzazione al personale precario di ricerca e didattica dell’università, il Governo produce un atto di “omologazione” di verso contrario tra università e ricerca, sottraendo la possibilità agli enti di beneficiare della nuova norma di stabilizzazione. (F: FlcCgil 27.02.20)



RENDICONTAZIONE DELL’IMPEGNO DIDATTICO DEI PROFESSORI E DEI RICERCATORI

Nel D.L. “Cura Italia”, l’art. 101 (Misure urgenti per la continuità dell’attività formativa delle Università e delle Istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica) comma 2, prevede che nel periodo di sospensione della frequenza delle attività didattiche, le attività formative e di servizio agli studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonché le attività di verifica dell’apprendimento svolte o erogate con modalità a distanza secondo le indicazioni delle università di appartenenza, sono computate ai fini dell’assolvimento dei compiti istituzionali, e sono valutabili ai fini dell’attribuzione degli scatti biennali, nonché ai fini della valutazione per l’attribuzione della classe stipendiale successiva. Detta disposizione è altresì applicabile anche ai ricercatori a tempo determinato ai fini della valutazione, dell’assolvimento degli obblighi contrattuali, ai fini del computo dei crediti formativi universitari, previa attività di verifica dell’apprendimento nonché ai fini dell’attestazione della frequenza obbligatoria. (17.03.20)





DOTTORATO  



ATTESA DA OLTRE UN ANNO, FORSE SI SBLOCCA LA RIFORMA DEI DOTTORATI

Il ministro Manfredi ha scelto di porre tra i primi atti del suo dicastero proprio la riforma dei dottorati, in stand-by da oltre un anno. Il contesto con cui Manfredi deve confrontarsi lo fotografa l’Istat con un’indagine ripresa nell’annuario statistico 2019. In un contesto generale che vede lavorare il 93,8% dei dottori di ricerca del 2012 e il 93,7% del 2014, sono sempre di più quelli che decidono di lasciare il nostro Paese dopo aver conseguito il titolo. Tant’è che il 15,9% dei dottori del 2012 e il 18,5% dei dottori del 2014 dichiara di vivere abitualmente all’estero, percentuali superiori di 4,3 punti rispetto alla precedente indagine. In genere si tratta di talenti che partono a caccia di un’occupazione migliore rispetto a quella offerta dall’Italia, dove a  registrare l’occupabilità maggiore è Ingegneria industriale e dell’informazione (con il 98,3% a 6 anni dal titolo e il 96,3 a 4 anni) mentre più contenuti sono le chances offerte dalle Scienze politiche e sociali (qui l’occupazione dei dottori del 2012 scende al 90,7%). Nella maggior parte dei casi (24,1%) si tratta di posti all’interno delle università (51,1% con un contratto da dipendente e 36,6% con assegno di ricerca). A cui si aggiunge il 17,3% nel settore della pubblica amministrazione e sanità, il 17% in quello dell’istruzione e formazione non universitaria e il 13,6% in un istituto di ricerca pubblico o privato.

Il provvedimento atteso dovrebbe consentire agli atenei di avviare in primavera il prossimo ciclo di dottorati che a quanto pare raccoglierà più di un suggerimento di quelli contenuti nella “bozza” Fioramonti. A cominciare dall’introduzione del dottorato di interesse nazionale che potrà contare anche sui 10 milioni del Fondo di finanziamento ordinario che rientrano nella disponibilità del ministro. Stesso discorso per l’idea di promuovere i consorzi tra atenei (purché ognuno finanzi almeno una borsa di dottorato) e per la previsione che ogni docente faccia parte al massimo di due collegi (di cui uno interdisciplinare). (F: E. Bruno, IlSole24Ore 21.01.20)



DOTTORATO DI RICERCA E TITOLARITÀ DELL’ASSEGNO DI RICERCA. IDONEITÀ PER L’ASN

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 19/10/2018, n. 10158. É illegittimo il giudizio di inidoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN) a professore di seconda fascia espresso in ragione della valutazione negativa dei titoli scientifici posseduti dal candidato (dottorato di ricerca e titolarità dell’assegno di ricerca) – nonostante il giudizio unanime più che positivo sulla produzione scientifica del candidato, della quale sono sottolineati a più riprese il carattere dell’originalità ed ‘innovatività’ – allorquando per altri due candidati la valutazione positiva sulla maturità scientifica è stata fondata su titoli accademici qualitativamente inferiori (dottorato di ricerca e contratti di docenza), con ciò emergendo un’evidente disparità di trattamento nonché una motivazione sotto tale profilo del tutto irragionevole e contraddittoria. (F: La Legge per Tutti)





FINANZIAMENTI. SPESE  



IL SOTTOFINANZIAMENTO DELL’UNIVERSITÀ

Che l’Italia spenda poco per l’istruzione terziaria ormai è noto. Il rapporto dell’Ocse Education at a glance 2019 lo dice chiaramente: con il suo 0,57% del Pil impiegato sull’università il nostro Paese è in coda alla pari con l’Irlanda (0,57%). E difficilmente il quadro muterà a breve se pensiamo che nel 2019 il Ffo - e cioè la principale fonte di finanziamento degli atenei - ha toccato quota 7,45 miliardi e quest’anno dovrebbe assestarsi sui 7,62. Per poi risalire a 7,67 miliardi nel 2021 e 7,71 nel 2022. Una dote a cui si aggiungerà il centinaio di milioni previsti dal milleproroghe. Pochi per invertire la rotta.

Un’elaborazione dell’università di Bergamo sulla distribuzione del Ffo 2019 ci aiuta a inquadrare meglio i termini del sottofinanziamento appena citato e a capire come questo si trasformi in sotto-dimensionamento. Gli atenei sotto-finanziati e sotto-dimensionati sono tanto al Sud quanto al Nord, confermando che gli squilibri non riguardano una mera e sterile contrapposizione tra le due aree del Paese, ma sono diffusi ed eterogenei dal punto di vista territoriale. Gli atenei con la quota di Ffo per singolo studente più bassa sono gli stessi che hanno il rapporto docenti/allievi più alto. E si trovano uno al settentrione (Bergamo), l’altro al meridione (l’Orientale di Napoli). Gli effetti del sottofinanziamento italiano cominciano a vedersi anche sulle discusse (soprattutto dai rettori) classifiche internazionali. Prendiamo il ranking 2020 del Times Higher Education (THE). Ebbene le prime 50 posizioni sono occupate da realtà che hanno un rapporto studenti-staff pari a 13,8 che sale a 16,2 per le prime 100. Laddove le università tricolori presenti nella graduatoria del THE hanno in media più di 26 allievi per staff. Non stupiamoci poi che - se escludiamo Sant’Anna e Normale di Pisa - la prima italiana (UniBo) arrivi solo al 168° posto e la seconda (UniPd) addirittura oltre quota 200. (F: E. Bruno, IlSole24Ore 28.02.20)



SPESA PER ISTRUZIONE TERZIARIA. CONFRONTO NORD-SUDITALIA E ITALIA-OCSE

Da una parte gli atenei del Nord al quale va il 42,3% delle risorse destinate dallo Stato alle università, dall’altra le università del Sud che si fermano al 21%, mentre a Sicilia e Sardegna va l’11% del Fondo di finanziamento ordinario, principale strumento di finanziamento del sistema universitario. Così accade che l’ateneo di Bari nel 2019 riceva 188 milioni, Palermo 199, mentre Bologna arrivi a ricevere 412 milioni, Padova 318 milioni, Torino 294 milioni e Firenze 245 milioni. Alcune voci di spesa in precedenza finanziate con appositi capitoli di bilancio – ad esempio il fondo per la programmazione triennale o le risorse per le borse di studio post laurea – sono ora ricomprese nel Ffo.

Numeri che paragonati al resto d’Europa ci vedono in fondo alla classifica. La spesa per l’istruzione terziaria per studente in Italia è inferiore del 30% rispetto alla media dei paesi Ocse. Considerando la spesa in rapporto al prodotto interno lordo (Pil), la differenza è ancora più ampia: l’Italia spende lo 0,96% contro l’1,55% della media dei paesi Ocse. La quota di spesa a carico del settore pubblico in Italia è oramai stabilmente inferiore alla media dei paesi Ocse, mentre quella sostenuta direttamente dalle famiglie, pari al 27%, è più alta di oltre 5 punti percentuali rispetto alla media dei paesi Ocse. (F: FQ 22.01.20)



PER FINANZIARE L’ASSUNZIONE DI 1.600 RICERCATORI SI ATTINGE ALLA DOTAZIONE FINANZIARIA DI PARTENZA DELL’AGENZIA NAZIONALE DELLA RICERCA

Attraverso l’istituzione di una nuova Agenzia nazionale (ANR) il governo pensava di «potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati». Per farlo le attribuiva una dote finanziaria di 25 milioni di euro per il 2020, 200 milioni per il 2021 e 300 milioni per il 2022. Ma, a poco più di un mese dalla sua nascita, l’ANR si vede già tagliare i fondi: una parte delle risorse in bilancio per l’anno prossimo serviranno infatti a “coprire” l’assunzione di 1.607 giovani ricercatori previsto da un emendamento dello stesso esecutivo al milleproroghe. Insomma, da una parte si dà alla ricerca pubblica e dall’altra si toglie. L’emendamento governativo al decreto milleproroghe punta ad aprire le porte degli atenei ai giovani, introducendo due modifiche al sistema di reclutamento universitario. La prima assicura l’assunzione di 1.607 ricercatori di tipo b (quelli cioè che possono poi fare carriera) nell’arco del triennio 2020-2022. La seconda consente di promuovere, a partire dal 2022, 1.034 ricercatori (a tempo indeterminato e in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale) al ruolo di professore associato. Per riuscirci serviranno 12,4 milioni quest’anno, 96,5 il prossimo e 111, 5 nel 2022. Risorse che verranno ripartite tra le università con due successivi decreti del ministero dell’Università. L’emendamento al milleproroghe attinge alla dotazione finanziaria di partenza dell’Agenzia nazionale della ricerca, di fatto dimezzandola. Il ministro Manfredi promette di correre ai ripari più avanti. (F: E. Bruno, IlSole24Ore 06.02.20)



LE UNIVERSITÀ ITALIANE PIÙ CAPACI DI CONQUISTARE I FONDI HORIZON 2020

Nella capacità d’intercettare e raccogliere i fondi europei per la ricerca scientifica, nell’ambito del programma comunitario Horizon 2020, eccellono, in generale, gli atenei settentrionali. Rincorrono faticosamente quelli del Meridione. Con qualche sorpresa. La Bocconi è costretta a cedere il passo alla Federico II di Napoli, Sapienza di Roma corre fino a collocarsi nella top five, superando ampiamente il risultato di Milano-Bicocca, Università di Milano e Università di Torino. Su tutti svetta il Politecnico del capoluogo lombardo, che dal 2014, anno di partenza di Horizon 2020, ha raccolto più di 127 milioni di euro. (F: N. Ronchetti, IlSole24Ore 19.03.20)





LAUREE -  DIPLOMI - FORMAZIONE POST LAUREA - OCCUPAZIONE  



LAUREATI IN EUROPA E IN ITALIA. DATI EUROSTAT 2017

Circa 4,8 milioni gli universitari che si sono laureati nel 2017 in Europa. Un terzo dei laureati (34%) ha conseguito una laurea in scienze sociali, giornalismo, informazione, economia, amministrazione o diritto. Numerosi sono stati anche i laureati in ingegneria, produzione e istruzione (15% dei laureati), salute e benessere (14%), arti e discipline umanistiche (11%), scienze naturali, matematica, statistica e tecnologie dell’informazione e comunicazione (TIC) (11%) e istruzione (9%).

In Italia nel 2017 si sono laureati in 373.775: in materie economico-giuridiche 72.239 studenti, 

59.878 in quelle umanistiche, 55.483 in ingegneria, 51.302 in ambito sanitario, 46.409 in scienze sociali e giornalismo, 27.734 in scienze naturali, 12.320 sono stati i laureati nei settori che afferiscono alla formazione e 3.784 in tecnologia dell’informazione.

Lo comunica Eurostat, che pubblica alcuni dati sull’istruzione di livello universitario in Europa, in concomitanza con la Giornata internazionale dell’educazione. Le scelte sul percorso di studi ovviamente variano enormemente nei singoli Paesi. (F: G. B., agensir.it 24.01.20)



UNA CRITICA AL 3+2

A cosa serve la laurea triennale? A nulla, scrive M. Bocola. Perché sia nei concorsi pubblici sia per l’assunzione nelle aziende pubbliche e private si richiede la laurea magistrale. Dalla nascita della formula 3+2 la situazione occupazionale per alcuni corsi di laurea si è aggravata e non ha portato alcun vantaggio. Sul sistema dei crediti (180 per le lauree triennali e 120 per le lauree magistrali) si è creata una grande confusione, come pure per la differenza tra media aritmetica degli esami e media ponderata degli esami (quest’ultima tiene conto del peso dei crediti negli esami). Questo ingenera un calcolo che penalizza molto il voto finale di laurea che molti Atenei calcolano fino a un massimo di quattro punti. Occorrerebbe mettere seriamente mano a una ristrutturazione dei corsi di studio, a una rimodulazione del sistema di calcolo della media degli esami di profitto, alla eliminazione dei crediti con il ritorno al metodo pre-riforma (molto semplice e lineare) e soprattutto tornare al vecchio ciclo unico di studi universitari che ha dato sempre nel passato buoni frutti.

(F: M. Bocola, tecscuola 21.01.20)



LA FUTURA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO DIDATTICO A GIURISPRUDENZA. ACCORPATI STORIA E ISTITUZIONI DEL DIRITTO ROMANO

Giurisprudenza si prepara a modificare l’assetto di alcuni insegnamenti fondamentali. A partire da settembre 2020, Storia del diritto romano diventerà un unico esame con Istituzioni di diritto romano, si accorperà in questo modo il diritto pubblico romano a quello privato. Sarà attivato, dunque, un nuovo insegnamento che si chiamerà Storia del diritto romano privato e pubblico (la denominazione è da definire) che sostituirà al primo semestre i ‘vecchi’ esami di Storia ed Istituzioni che fino ad ora sono state discipline separate con esami separati. La prima impressione rimanda l’immagine di un ‘ridimensionamento’ delle discipline storiche. Si può parlare in questi termini? “Non c’è alcun ridimensionamento – risponde la prof.ssa Carla Masi Doria, docente di Storia del diritto romano – Piuttosto un modo nuovo di vedere il diritto romano, una modalità diversa”. (F: ateneapoli.it 24.01.20)



ISTRUZIONE TERZIARIA NEI LAVORATORI ITALIANI

Secondo l’ultimo rapporto Eurostat, i lavoratori italiani sono in coda in Europa per livello di istruzione: solo il 23,4% degli occupati (meno di uno su quattro) possiede infatti una laurea. Se in Italia la quota dei lavoratori laureati è del 23,4%, raggiunge il 30,6% in Germania, il 43,3% in Francia, il 47,2% in Gran Bretagna. La media europea è del 36,8%. Se invece si analizza il dato annuale riferito al 2018, i lavoratori italiani tra i 20 e i 64 anni che hanno al massimo la licenza media sono il 30,1% degli occupati a fronte di appena il 16,3% dell'Europa. (F: bresciatoday.it 02.02.20)



DATI SULLE RICHIESTE DI LAUREATI DA PARTE DEL MERCATO DEL LAVORO

La domanda di laureati raggiunge il 18,3% del totale, passando dalle 68mila assunzioni programmate nel gennaio 2019 alle 84mila previste per l’inizio del 2020. Per quanto riguarda le lauree più richieste, cresce la domanda di laureati negli indirizzi di Architettura (+45,2% rispetto a gennaio 2019), seguono poi Economia (+33,6%), Ingegneria civile e ambientale (+29%), Ingegneria elettronica e dell’informazione (+27,9%) ed infine l’indirizzo Scientifico, Matematico e Fisico (+25,4%). Per quanto riguarda i settori alla ricerca di laureati, segnaliamo in particolare l’incremento nel mondo delle costruzioni (+18% le entrate previste rispetto a gennaio 2019), i servizi a contenuto specialistico e consulenziale di supporto alle imprese (+19,9%) e i servizi informatici e di telecomunicazione (+16,3%). In flessione, invece, le assunzioni programmate per l'inizio del 2020 rispetto al 2019 nei settori della chimica, della farmaceutica, della plastica e della gomma (nel complesso -13,8%), nel comparto moda (-7,5%) e nella metalmeccanica e nella meccatronica (rispettivamente - 4,1% e -3,1%). (F: Bollettino mensile del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal 02.02.20)



L’INDIRIZZO BIOMEDICO TRA LE OPZIONI DEI LICEI IN VISTA DELL’ACCESSO Al CDL IN MEDICINA

«Inserire l’indirizzo biomedico tra le opzioni dei licei classici e scientifici come primo passo verso il superamento del numero chiuso nell’accesso ai corsi universitari di medicina. Lo prevede il nostro disegno di legge sottoscritto da tutti i senatori leghisti». Ad annunciarlo è il senatore della Lega Mario Pittoni, presidente della commissione Istruzione del Senato, da sempre sostenitore della sperimentazione avviata dal liceo Leonardo da Vinci di Reggio Calabria e primo firmatario del ddl. «I ragazzi - spiega Pittoni - possono verificare quanto sono portati a tale tipo di studi. Si tratta di un filtro qualitativo in grado da una parte di contenere i numeri e dall’altra di giustificare nuovi investimenti, così da non dover escludere chi merita». (F: S24 10.02.20)



I MEDICI POTRANNO LAVORARE FINO A 70 ANNI E GLI SPECIALIZZANDI ESSERE INQUADRATI A TD GIÀ DAL TERZO ANNO

Nel decreto 1000proroghe figurano una serie di interventi destinati al settore della sanità. In particolare l’obiettivo è disciplinare i meccanismi di entrata e di uscita dal mondo del lavoro stante l’introduzione di quota 100. Per questa ragione un emendamento del governo stabilisce la facoltà per i medici di restare in servizio anche una volta superati i 40 anni di attività, ma comunque non oltre i 70 anni di età. Via libera anche alla misura che consente ai medici specializzandi di essere inquadrati a tempo determinato e con orario parziale già dal terzo anno di corso.

Proprio nei giorni in cui si discute del decreto milleproroghe che consente ai medici specializzandi di essere inquadrati a tempo determinato e con orario parziale già dal terzo anno di corso, non viene mascherata la preoccupazione degli Ordinari e dell’ex Rettore, Luigi Frati, nel riflettere sui cambiamenti del percorso formativo dei medici e del loro ingresso nel mondo del lavoro. Si tratta di un vero e proprio inquinamento del percorso specialistico, ricordando che la nostra Costituzione prevede che la Formazione universitaria risponda a logiche nazionali e non possa essere differenziata a livello regionale. «Si tratta di una mortificazione della formazione specialistica. Uno specializzando iscritto al terzo anno, dopo solo 24 mesi di specializzazione, è davvero pronto ad entrare nel mondo del lavoro esercitando una professione delicata e complessa come quella del cardiologo?». (F: Messaggero Salute 19.02.20)



I MEDICI NEL DECRETO MILLEPROROGHE

A partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica, i medici e i medici veterinari regolarmente iscritti sono ammessi alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita e collocati, all'esito positivo delle medesime procedure, in graduatoria separata. Le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio e nei limiti di spesa per il personale previsti dalla disciplina vigente, possono procedere fino al 31 dicembre 2022 all'assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale in ragione delle esigenze formative, di coloro che sono utilmente collocati in tale graduatoria. Inoltre, per garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e fronteggiare la carenza di medici specialisti, fino al 31 dicembre 2022 i dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale possono presentare domanda di autorizzazione per il trattenimento in servizio anche oltre il limite del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre il settantesimo anno di età. (F: FlcCgil 20.02.20)



MEDICINA. LE MISURE PER IL NUOVO ANNO ACCADEMICO. PARLA IL MINISTRO

Ministro Gaetano Manfredi, con la pubblicazione delle date dei test di Medicina, avete iniziato le procedure per il nuovo anno accademico. Con l’emergenza Coronavirus cambierà qualcosa?

«Abbiamo mantenuto le date per i test delle facoltà ad accesso programmato all’inizio di settembre, dal primo in poi. Del resto tutti gli Atenei italiani sono impegnati in questi giorni per garantire lezioni ed esami a tutti gli studenti evitando che si perda il trimestre».

E ci stanno riuscendo? «Sì, oltre il 50 per cento dei corsi è online e tutte le università entro la settimana prossima garantiranno esami e lauree a distanza». A settembre aumenterete i posti di Medicina, l’emergenza di questi giorni insegna che ci vorrebbero più forze e risorse per i medici.

«Quest’anno ci saranno circa 13.500 posti. Questa è la nostra richiesta alle Università. Ora i singoli Atenei ci daranno la loro disponibilità in termini di posti. La nostra richiesta è quella di passare dai quasi 12 mila posti dell’anno scorso a 13.500». Niente abolizione del numero chiuso, dunque, neppure in futuro? «No, lavoriamo sull’ampliamento dei posti, su un nuovo test e sull’orientamento». (F: G. Fregonara, CorSera 11.03.20)



LA LAUREA IN MEDICINA DIVENTA ABILITANTE PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS

La laurea in Medicina e Chirurgia diventa abilitante per l’emergenza coronavirus e a stabilirlo è il decreto Cura Italia, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. In particolare, oltre alle assunzioni straordinarie di medici e infermieri tra pensionati, precari e specializzandi, si prevede anche che la laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia sia di per sé abilitante. Questo stabilisce pertanto l’abolizione dell’Esame di Stato. Nel decreto si danno disposizioni sull’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo con la previsione che “il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia – Classe LM/41 abilita all’esercizio della professione di medico-chirurgo, previa acquisizione del giudizio di idoneità di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 maggio 2018, n. 58.” Inoltre si stabilisce, sempre all’articolo 102 del decreto, che “con decreto rettorale gli atenei dispongono l’adeguamento dei regolamenti didattici di ateneo disciplinanti gli ordinamenti dei corsi di studio della Classe LM/41-Medicina e Chirurgia. Per gli studenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto risultino già iscritti al predetto Corso di laurea magistrale, resta ferma la facoltà di concludere gli studi, secondo l’ordinamento didattico previgente, con il conseguimento del solo titolo accademico. In tal caso resta ferma, altresì, la possibilità di conseguire successivamente l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo, secondo le modalità di cui al comma 2.” Ma cosa dice il comma 2? Il comma 2 del suddetto articolo stabilisce che per i laureati in Medicina e Chirurgia il cui corso di laurea non prevedeva il tirocinio “si abilitano all’esercizio della professione di medico-chirurgo con il conseguimento della valutazione del tirocinio.” Il decreto stabilisce pertanto che la laurea è abilitante se il tirocinio è presente nel corso di studi. Per coloro i quali il tirocinio e la relativa valutazione di idoneità avviene post laurea è con il conseguimento dello stesso tirocinio che ci si abilita alla professione. Il tirocinio resta, ciò che viene eliminato è l’Esame di Stato al termine dello stesso. (F: T. Maddonni, Money 18.03.20)



SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE DI AREA SANITARIA. RACCOMANDAZIONE DEL CUN

Il CUN, consapevole della situazione dell’Area Sanitaria oggi acuita dall’emergenza COVID-19, per garantire il più alto livello di qualità nella formazione sanitaria, ha approvato un testo con il quale chiede un intervento del Ministro dell’Università e della Ricerca per ribadire il decisivo ruolo dell’Università nella formazione. Si chiede che non si crei disomogeneità nella formazione sanitaria fra le Regioni per mancanza di criteri condivisi di qualità, con un serio pericolo per la salute dei cittadini. (F: CUN 12.03.2020)





RECLUTAMENTO  



IL PREMIER CONTE ANNUNCIA L’ASSUNZIONE DI 1.600 RICERCATORI UNIVERSITARI

Il presidente del CdM, Giuseppe Conte, ha preso un impegno per stabilizzare un discreto numero di ricercatori che operano nei nostri atenei.  “Per immettere sin da subito nuovi giovani ricercatori nel sistema – ha detto il premier -, stiamo valutando, in sede di conversione in legge del Dl di proroga termini, la presentazione di un emendamento volto ad immettere immediatamente nel sistema 1.600 nuovi ricercatori“, aggiungendo che si interverrà con un piano organico quinquennale.

“Il reclutamento dei ricercatori a tempo indeterminato e l’istituzione du un albo dei ricercatori universitari, ora annunciato anche dal premier Conte, sarebbe un primo passo importante per sbloccare il sistema accademico”.“Ma anche una risposta concreta alla causa pendente presso la Corte di Giustizia europea sulla messa ad esaurimento del ruolo di ricercatore a tempo indeterminato, rispetto alla violazione della Direttiva n. 70/99 UE, attraverso la creazione di uno specifico albo nazionale rispettoso della Carte europea dei ricercatori”, ha dichiarato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. (F: E&F Repubblica 21.01.20)



CONCORSI RISERVATI A SOGGETTI ESTERNI ALL’UNIVERSITÀ

Consiglio di Stato sez. VI, 15/07/2019, n. 4975. Si desume dall’art. 18, comma 4, della legge n. 240/2010 l’esistenza di una causa ostativa alla partecipazione alla procedura selettiva per i candidati che siano stati titolari di un assegno di ricerca o di incarico di professore a contratto nella medesima università che ha indetto la selezione: il citato comma 4 dell’art. 18 deve essere interpretato nel senso di precludere la partecipazione alla procedura a tutti coloro che, a qualunque titolo, abbiamo prestato servizio presso l’Università, alla luce sia di una interpretazione letterale sia della ragione giustificatrice della norma, ciò anche laddove si sia in presenza della avvenuta sottoscrizione di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, riconducibile ad una prestazione di lavoro occasionale e autonoma. (F: La Legge per Tutti)



ASSUNZIONE DI LAUREATI. LE PROFESSIONI PIÙ RICHIESTE

Lo dicono i dati elaborati da Unionecamere e Anpal: assunzioni record per laureati e professionisti. Sono 461mila le assunzioni che si sono concretizzate nel solo mese di gennaio 2020. Una buona partenza, che supera di 4.5 punti percentuali i contratti siglati nello stesso mese dello scorso anno (441mila). Ventimila assunti in più a trainare il settore privato che, come confermano gli ultimi dati rielaborati da Unionecamere e Anpal, sta puntando molto della sua ricerca sui laureati arrivando ad assumerne l’80%. Capofila nella ricerca è la laurea in indirizzi architettonici con più del 45% in più rispetto a gennaio 2019. Seguono le materie economiche (+33.6%), ingegneria civile-ambientale-elettronica e dell’informazione (+28%) e gli indirizzi scientifico-matematici (+25%). (F: Bresciatoday 10.02.20)





RICERCA (1)  



SARS-COV-2. WHAT MIGHT MAKE THIS CORONAVIRUS SO CONTAGIOUS

A handful of genetic and structural analyses suggest SARS-CoV-2’s spike protein is activated by an enzyme found in lots of human tissues, including the lungs, liver and small intestines. That means that the virus has the potential to attack multiple organs, and it could explain some of the symptoms of the infection. Other research has shown that the spike protein binds to a particular receptor on human cells — angiotensin-converting enzyme 2 (ACE2). Both results, although early, hint at places where a treatment might target the virus. (Nature Briefing 09.03.20)



ITALY’S WAR OVER ANIMAL EXPERIMENTS

Italy’s top administrative court has suspended a European Research Council-funded experiment on monkeys, prompting researchers to warn that the country is becoming increasingly inhospitable to animal studies. The experiment, which uses macaques to better understand damage to the visual cortex, has faced sustained opposition from antivivisection groups, including threats received after the Ministry of Health released the research team’s names to campaigners. One academic said Italy was at “a turning point”, as restrictions on animal experiments have ramped up. The government is sensitive to the protesters – and the votes they represent, another said. (F: THE 06.02.20)



ATTACCO ALLA RICERCA BIOMEDICA. URGE APPLICARE LA DIRETTIVA EUROPEA 63/2010 SENZA RESTRIZIONI E PROROGHE

Nelle ultime settimane “si è scatenato un violento attacco alla ricerca biomedica, che usa come pretesto il termine ‘vivisezione’, pratica fuori legge in Italia e in tutta Europa, con l’obiettivo di precludere al nostro paese la pratica legale, strettamente regolamentata e delimitata, nota come sperimentazione animale”. Urge applicare la direttiva europea 63/2010 senza restrizioni e proroghe. Lo chiedono, in una lettera al premier Giuseppe Conte, quattro direttori scientifici di altrettante strutture di ricerca italiane a nome di tutti i ricercatori: l’Istituto Nazionale dei Tumori, l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, l’Ospedale San Raffaele di Milano e l’istituto Mario Negri di Milano.

L’Italia sta già affrontando una procedura d’infrazione per la direttiva europea 63/2010, che stabilisce le misure sulla protezione degli animali usati nelle sperimentazioni, per via delle “immotivate restrizioni” aggiunte a questa normativa, “sottoposte di anno in anno a moratoria”.

Ciò pone l’Italia, secondo i ricercatori, in una condizione “di inferiorità e manifesta inaffidabilità nei confronti dei colleghi europei”, e rischia di precludere l’accesso a fondi comunitari rendendo ancora più difficile la situazione della ricerca italiana e di tanti lavoratori. Scoraggerà anche il rientro di diversi ricercatori e ne spingerà altri ad abbandonare il Paese. (F: G. Minciotti, Sole24Zampe 11.02.20)



LA RICERCA DI UNA CURA CONTRO IL VIRUS SARS-COV-2 PASSA NECESSARIAMENTE DALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE

Per capire la patogenesi dell'infezione da Sars-Cov2 nell'uomo, l'efficacia dei trattamenti antivirali e gli eventuali effetti collaterali, o lo sviluppo dei vaccini, non esistono, né sono concepibili, vie "alternative" alla sperimentazione animale. Ora sappiamo che la proteina umana ACE2 è, nell'organismo, la porta d’ingresso del virus nelle nostre cellule: i topi che ne sono privi, infatti, risultano insensibili all'esposizione al virus. Scoperta possibile solo grazie agli animali, dato che non si potrebbe generare un essere umano senza ACE2.

Senza sperimentazione sui topi oggi non avremmo insulina orale, statine, farmaci contro la depressione; senza conigli e bovini, nessun vaccino contro il cancro della cervice uterina; senza scimmie, niente stimolazione cerebrale profonda per il Parkinson, niente neuro-prostetica per consentire a pazienti con lesioni spinali o sclerosi laterale amiotrofica di muovere arti altrimenti paralizzati, né vaccino contro epatite B, poliomielite o Ebola; senza conigli e maiali non ci sarebbero risonanza magnetica, pacemaker o dialisi renale. (F: E. Cattaneo, Il Mattino 18.03.20)



LA RICERCA DEVE ESSERE IN PARTE VINCOLATA NEGLI OBIETTIVI DALLE TASSE DEI CITTADINI?

Antonio Scurati, sulle pagine del Corriere, ha lamentato “l’asservimento di ricerca e insegnamento a logiche di mercato”, e afferma essere una menzogna (per “tutti noi docenti”) la “presunta” possibilità di un “sistema di valutazione oggettivo della conoscenza prodotta” e auspica un ritorno al principio costituzionale secondo cui “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.

Secondo Andrea Ichino, invece, vi è l’opportunità di una valutazione e la sostiene con una originale motivazione: “Siamo pagati dalle tasse dei cittadini e non vedo per quale motivo dovremmo essere liberi di fare ricerca che interessi solo a noi o che incrementi in modo insignificante l’ammontare di conoscenze che interessano a chi ci paga. O peggio, per quale motivo dovremmo poterci permettere di non fare alcuna ricerca. A maggior ragione se le risorse non sono infinite (una premessa che forse quelli di Roars non condividono) e quindi se queste risorse possono essere utilizzate per costruire ospedali o creare nuovi posti di lavoro invece che per i nostri stipendi. Chiedo ai firmatari dell’appello – continua Ichino -  se davvero pensano che a noi professori universitari possa essere concesso il diritto di fare quel che più ci piace senza alcun controllo e a spese di chi paga le tasse. Credo (o per lo meno spero) che non lo pensino, e quindi il problema non è se valutare, ma come valutare. (F: A. Ichino, Il Foglio 19.02.20)





RICERCA (2). VALUTAZIONE DELLA RICERCA



ANVUR RIBADISCE CHE NEI PROSSIMI MESI LE UNIVERSITÀ ITALIANE DOVRANNO DEDICARSI ALLA VQR

Research England, l’agenzia responsabile del Research Excellence Framework in Gran Bretagna, ha appena annunciato lo stop fino a data da destinarsi della valutazione delle università per lasciare che le università concentrino lo sforzo sulla battaglia al coronavirus. Invece sola, impavida di fronte alla pandemia, la nostra ANVUR continua la sua attività come se niente stesse accadendo nel Paese e nelle sue università. Tutto si può fermare, ma non l’ANVUR e la VQR. La pandemia ha sconvolto le strutture universitarie che stanno mettendo in campo uno sforzo enorme per salvare la didattica e ridurre al minimo i danni per gli studenti. Siamo in una emergenza che vede l’intero sistema universitario italiano costretto a convertirsi a sistemi di didattica a distanza, compresi esami e sessioni di laurea, e a sperimentare in modo massivo il lavoro a distanza per il personale tecnico e amministrativo. Di fronte a questa emergenza che nessuno ancora sa precisamente quanto durerà, e che avrà strascichi sugli anni a venire – basti pensare alle attività di recupero delle attività di laboratorio degli studenti – c’è una sola certezza: la VQR si farà e senza nessuno slittamento sulla conclusione dei lavori. E Roars ironizza: “Il neo-presidente ANVUR ha spiegato che la valutazione va fatta perché è indiscutibile che la valutazione è un valore in sé. Viene in mente l’adagio di Marx secondo cui la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Come nei bollettini di guerra del regime fascista, ANVUR rassicura il popolo universitario che tiene le posizioni e non arretrerà di un passo.” (F: Red.ne Roars 27.03.20)



LA VALUTAZIONE DI STATO DELLA RICERCA METTE IN PERICOLO LA LIBERTÀ ACCADEMICA, RECITA UN MANIFESTO DI RICERCATORI FRANCESI

In Francia più di 2700 ricercatori hanno adottato una singolare forma di protesta, candidandosi collettivamente alla presidenza della autorità di valutazione (HCERES). Nel manifesto della protesta si sostiene che la valutazione di stato della ricerca mette in pericolo la libertà accademica. La scienza si fonda infatti sull’orizzonte comune della ricerca della verità e presuppone l’autonomia di studiosi, ricercatori e docenti universitari rispetto al potere politico, economico o religioso. La libertà della ricerca deve essere garantita da mezzi efficaci. E la valutazione della ricerca condotta da organismi amministrativi, uno dei perni delle recenti fallimentari riforme della università, è un pericolo. Nel manifesto si legge che nella prassi, da secoli, i requisiti di qualità e originalità delle opere scientifiche sono garantiti dalla norma della controversia collegiale (la disputatio dei classici), vale a dire dalla discussione libera e in contraddittorio entro la comunità dei pari. Questo principio di gratificazione sociale fondato sul riconoscimento del valore intellettuale delle opere è irriducibile ad una “valutazione” amministrativa che riposi su un sistema di regole quantitative esterne, determinate dagli interessi degli investitori: ogni metrica normativa smette rapidamente di essere una mera misura per diventare essa stessa l’obiettivo da raggiungere. (F: Bollettino telematico di filosofia politica 21.01.20)



QUATTRO AUTORI SU ROARS SOSTENGONO CHE “UNA VALUTAZIONE CHE USA  STRUMENTI E CRITERI DI VALUTAZIONE OMOGENEI ALLO SCOPO DI COMPARARE ENTITÀ ETEROGENEE C’EST PLUS QU’UN CRIME, C’EST UNE FAUTE”

Con la valutazione di Stato il sapere smette di essere una entità vitale, dinamica e complessa e tende ad assomigliare sempre più a qualcosa di artificiale e vagamente necrofilo. Anziché promuovere una autentica cultura della valutazione, come pretendono i suoi corifei (a proposito, se siamo “solamente” 1000 perché irritarsene così tanto?), l’ANVUR di fatto conculca e quindi inibisce ogni pratica di riflessività esercitata autonomamente al di fuori delle sue regole e dei suoi criteri. Ne risulta una valutazione totalitaria e astratta, cioè (letteralmente) “tratta fuori (dal contesto delle situazioni esaminate così come dalla comunità di pratiche di riferimento)”, che è fatta al solo scopo di stabilire artificiosamente classifiche e benchmarking. Ma così la valutazione finisce proprio per negare la sua missione, che dovrebbe consistere nell’assegnare a ciascuno il giusto riconoscimento: e ciò perché converte tutte le ipotizzabili diversità qualitative in un’unica scala di differenze ordinali, nella quale ognuno si trova ad essere rappresentato come più o meno dotato rispetto agli altri di una certa qualità scelta d’autorità dall’ANVUR tra mille altre.

Una valutazione che usa  strumenti e criteri di valutazione omogenei allo scopo di comparare entità eterogenee “c’est plus qu’un crime, c’est une faute”. Ossia, prima ancora che un crimine contro la libertà di ricerca, è proprio un madornale errore di valutazione, un pretendere di riconoscere, che si arroga l’arbitrio, di fare a meno paradossalmente del conoscere. (F: F. Bertoni, D. Borrelli, M. Chiara Pievatolo, V.Pinto, Roars 04.03.20)



IL MINISTRO CORREGGERÀ LE LINEE GUIDA DELLA VQR E IL DM?

ANVUR ha scritto un bando VQR in palese contrasto con il dettato delle linee guida ministeriali, come osservato dal Consiglio Universitario Nazionale e dalla Flc Cgil. Il rischio di vedere la balena VQR3 spiaggiata dal TAR già prima della partenza, è concreto. Il ministro Manfredi, anziché chiedere ad ANVUR di riscrivere il bando secondo le linee guida contenute nel DM, si impegna a cambiare il DM. In che direzione? Verrà dato ascolto alle critiche della Flc Cgil e dell’area 10 (Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche)? Oppure, le contraddizioni tra bando e DM, verranno sanate riscrivendo il DM a immagine e somiglianza del bando? Per rispondere, abbiamo a disposizione un indizio: Manfredi si sarebbe impegnato a correggere il DM “senza però cambiare il cronoprogramma già indicato nelle linee guida“. Prepariamoci a vedere le poche innovazioni del DM firmato Fioramonti eliminate dal prossimo DM firmato Manfredi. Se così fosse, avremmo la conferma che a dettare la linea del MUR è e sarà sempre l’ANVUR, con il plauso di un disorientato CUN. (F: Red.ne Roars 13.02.20)



LA QUESTIONE DELL’OPEN ACCESS E LA NUOVA VQR

La nuova VQR pone una serie di condizioni agli atenei e ai ricercatori affinché garantiscano che i prodotti siano consultabili liberamente. Richiesta di per sé corretta. Peccato che sia retroattiva mentre attualmente molti lavori pubblicati sulle riviste più prestigiose si possono leggere solo a pagamento o comunque dopo un periodo di embargo di un paio d’anni. Gli editori come Elsevier e Springer non solo si fanno pagare per pubblicare un paper ma poi impongono alle università di sottoscrivere costosi abbonamenti per poterli leggere. «Se poi si vuole renderli immediatamente accessibili a tutti, bisogna sborsare altro denaro, perché le case editrici naturalmente si fanno pagare per liberare un prodotto dal copyright o dall’embargo», spiega il presidente del Consiglio universitario Antonio Vicino. «La questione dell’Open Access non può essere lasciata sulle spalle dei ricercatori ma va affrontata dal governo contrattando direttamente con gli editori. In Svezia lo hanno già fatto: prima hanno cancellato tutti gli abbonamenti; poi si sono seduti a un tavolo con Elsevier e hanno contrattato un prezzo ragionevole per renderli consultabili pubblicamente. Da noi invece si vuole fare l’Open Access senza soldi». (F: O. Riva, CorSera 21.03.20)



PARERI NEGATIVI SUL BANDO ANVUR PER L’ESERCIZIO VQR 2015-19

Il CUN critica a fondo il nuovo sistema di valutazione della qualità della ricerca (VQR) in base al quale viene ripartita una parte sempre più consistente dei già pochi fondi pubblici destinati all’accademia italiana: 1,5 miliardi circa su poco più di sette. «Il Consiglio universitario nazionale - si legge nelle conclusioni dell’adunanza del 16 gennaio - esprime un parere negativo sul bando ANVUR per l’esercizio VQR 2015-19, che contiene una serie di indicazioni farraginose che rischiano di complicare tutta la procedura senza però riuscire a offrire le necessarie garanzie metodologiche, e ne ritiene imprescindibile la revisione». E cosa succederà ora? Si andrà avanti come se nulla fosse o si cercherà una soluzione condivisa, con il rischio però di rallentare ulteriormente la macchina elefantiaca della valutazione? Si chiede O. Riva sul CorSera del 21.01.20.

Dopo quella del CUN arriva un’altra stroncatura per la nuova VQR. “Un sistema di valutazione da rifare. Fermiamo la VQR“ è il titolo del comunicato della Flc Cgil con il sottotitolo, poi, che rincara la dose, anticipando il possibile ricorso a iniziative legali. Anche se non risparmia le critiche ai singoli aspetti tecnici, la Flc Cgil sottolinea in primo luogo la necessità di un cambio di rotta: “chiediamo di fermare questa valutazione VQR, ritirando il decreto ministeriale e il bando e avviando un percorso di ridiscussione con l’insieme della comunità universitaria”. E aggiunge, in una nota successiva di marzo, che nella situazione di emergenza data dalla Covd-19 appare necessario sospendere la VQR, che al momento comporterebbe altresì un puro lavoro aggiuntivo burocratico, quando già la componente didattica e quella amministrativa è impegnata sopra ogni sforzo a far proseguire le attività didattiche e di ricerca.

Redazione Roars fa notare che nonostante 4 consiglieri su 7, scaduti il 22.11, fossero in prorogatio, il consiglio direttivo dell’ANVUR ha ... pubblicato un bando che in diversi punti contraddice le linee guida del decreto ministeriale. Accettare supinamente il ... bando dell’ANVUR significherebbe certificare che la vera cabina di regia della politica universitaria si trova all’esterno del MIUR. (F: CorSera, FlcCgil, Roars 01.20)



“IS PEER REVIEW A GOOD IDEA?”

Un articolo [1], pubblicato da Remco Heesen e Liam Kofi Bright (H&B) sul British Journal for the Philosophy of Science (https://doi.org/10.1093/bjps/axz029 ), si intitola, e si domanda, “Is peer review a good idea?” E si risponde che no, non lo è. Più nello specifico, H&B comparano il sistema editoriale tuttora dominante, basato sul superamento di una double blind peer review come condizione necessaria per pubblicare articoli, con un sistema più snello, parzialmente ispirato a quanto avviene già in certe discipline quali la fisica, dove ormai è prassi comune depositare (e citare) i preprint degli articoli in repository ad accesso aperto (es. arXiv). Nello scenario prospettato da H&B, questa prassi diverrebbe lo standard di tutte le discipline – salvo che i “preprint” non andrebbero più chiamati né concepiti così: semplicemente, quando gli autori ritenessero pronto il loro manoscritto potrebbero ‘pubblicarlo’ caricandolo sul repository. In questo scenario le riviste non perirebbero (o almeno non necessariamente): semplicemente, cambierebbero funzione, operando non più una selezione degli articoli “a monte”, bensì (per esempio) selezionando “a valle” una serie di contributi su uno stesso tema, andando a formare delle antologie ragionate su un argomento ritenuto di interesse.

[1] Dato l’interesse che ha suscitato, l’articolo è stato messo a disposizione in accesso aperto dall’editore della rivista (Oxford University Press) fino al marzo 2020: https://tinyurl.com/rytdd83 .

(F: M. Viola, Roars 24.01.20)



SCIENTIFIC PAPERS. SOFTWARE SEARCHES OUT REPRODUCIBILITY ISSUES

Papers are getting more rigorous, but progress is slower than some researchers would like.

SciScore searches the text in papers’ methods sections for around 20 pieces of key information, which act as proxies for how rigorous the experiments are, and how easy it would be for other researchers to reproduce them.

The researchers who created SciScore analysed 1.58 million freely available life-sciences papers indexed in the PubMed Central database. They found that between 1997 and 2019, the average score across all papers more than doubled, from 2 out of 10 to 4.2. The study, posted on the preprint server bioRxiv on 18 January1, says this rise shows that scientists are increasingly including fine detail about their experiments. (F: Dalmeet Singh Chawla, Nature News 22.01.20) 



ROARS NON RISPARMIA CRITICHE AI CRITERI DI VALUTAZIONE QUANTITATIVI IMPOSTI DALL’ANVUR

Da alcuni mesi, i criteri ANVUR e i suoi effetti distorsivi sull’università sono anche al centro di un vivace dibattito tra gli storici della scienza italiani. Oggetto della querelle è un saggio apparso nel gennaio 2019 sulla rivista Isis a firma di Francesco Luzzini, studioso affiliato al Max Planck Institute for the History of Science di Berlino.

La seconda parte dell’articolo (“Bibliographical Distorsions, Distortive Habits: Contextualizing Italian Publications in the History of Science”) si concentra sul sistema di valutazione della ricerca introdotto in Italia nell’ultimo decennio, ed evidenzia come questo sistema abbia danneggiato la ricerca stessa e rafforzato – anziché arginare – il monopolio delle consorterie accademiche sugli spazi editoriali e, dunque, sul reclutamento universitario. Le considerazioni di Luzzini (che nel suo contributo cita anche numerosi articoli apparsi su Roars) si riferiscono in particolare alla storia della scienza; ma le questioni sollevate, com’è noto, interessano pressoché tutti cosiddetti settori “non bibliometrici”. L’introduzione delle famigerate mediane ASN e delle ancor più famigerate liste, con la draconiana suddivisione tra riviste “di fascia A” e “scientifiche”, ha infatti incentivato una cultura accademica dove la sede di pubblicazione di un lavoro conta molto di più della sua effettiva qualità. Ciò ha concentrato sempre più potere nelle mani dei curatori delle riviste “elette”, che – essendo quasi sempre professori universitari – in sede d’abilitazione e di concorso hanno potuto contare su uno strumento pressoché infallibile e apparentemente oggettivo per penalizzare certi candidati a vantaggio d’altri. (F: Red.ne Roars 31.01.20)





SISTEMA UNIVERSITARIO  



LA DENUNCIA DI ANTONIO SCURATI: UN INTRECCIO PERVERSO DI VALUTAZIONE ESASPERATA, BUROCRAZIA, E LOGICHE DI MERCATO AMMALA LA NOSTRA UNIVERSITÀ

Il prof. Antonio Scurati ha scritto sul Corriere della Sera un articolo che lancia un grido di allarme sullo stato di grave crisi in cui versa il nostro sistema universitario, esplicitando come l’origine dei mali possa essere individuata, per un verso, nella troppa burocrazia e, per un altro, nella gestione dei nuovi baroni, determinandosi così un crescente scollamento fra mondo accademico rispetto alla società. Scurati ci informa che più di duecento docenti universitari hanno sottoscritto un documento, definito dall’autore come drammatico, in cui si descrive l’università italiana odierna come un territorio ”gravemente contaminato da un incidente nucleare, una landa desolata, popolato di animali morenti”.

Secondo gli estensori del documento, infatti, il mutamento catastrofico che si è abbattuto sull’università negli ultimi decenni – un veleno sottile, una catastrofe al rallentatore – avrebbe sortito l’effetto non soltanto di devastarne il paesaggio istituzionale, ma anche quello di desertificare gli animi delle donne e degli uomini che ci lavorano.

Scurati afferma come con “l’inizio del nuovo millennio, la vita del professore è sprofondata in un universo kafkiano di parametri pseudo oggettivi, mediane, soglie, rating, metriche, decaloghi, indicatori, ‘somministrati’ da una pletora di organismi e protocolli – ANVUR, Invalsi, Ava, Gev, VQR, Asn – tramite i quali i burocrati del sapere vessano sistematicamente studenti e docenti, con l’unico risultato di spegnere in loro ogni autentico desiderio di conoscere, ogni libero impeto a sapere, ogni possibilità di fecondarsi reciprocamente nell’eterno e rinnovato mistero dell’insegnamento”.

Oltre alla legittima formulazione delle doglianze formulate con estrema capacità raffigurativa, occorre offrire alternative, proposte, soluzioni, andando francamente oltre il mero invito del prof. Scurati al ritorno alla Costituzione repubblicana che prevede che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Bisogna fare uno sforzo maggiore ed essere propositivi. Ci piacerebbe che, rilanciando il grido d’appello del documento su citato e dell’articolo di Scurati, il dibattito virasse sulla formulazione di proposte che, muovendo dalla necessità d’abbandono dalla logica della valutazione esasperata, riesca a individuare una migliore forma di reclutamento dei giovani docenti, agendo inoltre nella direzione, obbligata, della riduzione di quella spaccatura fra mondo accademico e società. (F: A. Pagliano, ilsussidiario.net 20.02.20)





STUDENTI  



IL RAPPORTO STUDENTI/STAFF NEI RANKING INTERNAZIONALI

Gli effetti del sottofinanziamento italiano cominciano a vedersi anche sulle discusse (soprattutto dai rettori) classifiche internazionali. Prendiamo il ranking 2020 del Times Higher Education (THE).

Le prime 50 posizioni sono occupate da realtà che hanno un rapporto studenti/staff pari a 13,8 che sale a 16,2 per le prime 100. Laddove le università tricolori presenti nella graduatoria del THE hanno in media più di 26 allievi per staff. Non stupiamoci poi che - se escludiamo Sant’Anna e Normale di Pisa - la prima italiana (Bologna) arrivi solo al 168° posto e la seconda (Padova) addirittura oltre quota 200. (F: Sole 28.02.20)





VARIE



STRALCIO DI UN ARTICOLO DIFFAMATORIO SULL’UNIVERSITÀ

“Una delle caratteristiche dell’università pubblica italiana è la corruzione che nasce, in misura preponderante, dalla mancanza di senso dello Stato dei suoi professori. Per decenni, molti concorsi universitari sono stati truccati o pilotati, e questo contribuisce a spiegare perché, in Italia, ci siano oggi centinaia di ricercatori e di professori universitari con profili scientifici bassi - secondo i criteri che vigono nelle più importanti università del mondo - e privi di internazionalizzazione. Per verificarlo, basta fare un giro sui siti internet delle università italiane e cliccare sui profili di tanti rettori, direttori di dipartimento e professori di ogni grado. Questa è una delle ragioni per cui i ricercatori universitari guadagnano così poco. Siccome la società italiana intuisce che l’università è corrotta, non s’indigna per il fatto che un ricercatore universitario bravissimo guadagni 1500 euro al mese, come la ricercatrice precaria che ha isolato il coronavirus”.

Commento. Su Il Messaggero dello 08/02 un articolo di A. Orsini (vedi sopra uno stralcio) diffama con veementi accuse di corruzione l’università pubblica e i professori universitari, senza un nome, un dato, un riferimento a sentenze. Qui invece il riferimento al diffamatore c’è: aorsini@luiss.it. (PSM)



CRITICITÀ STRUTTURALE ENDEMICA DEI PROCESSI DECISIONALI

"Il nostro Paese, l'Italia, sconta fattori di preoccupante criticità strutturale endemica: la lentezza dei processi attraverso i quali maturano le decisioni, l'estrema difficoltà della loro traduzione in programmi operativi chiari per certezza e coerenza degli obiettivi, l'insufficienza della visione strategica anche nel rispetto del principio di continuità, lo iato nella fase di attuazione, la pressoché totale mancanza della cultura della tempistica e della sensibilità alla verifica del raggiungimento degli obiettivi". Lo ha detto Alberto Avoli, procuratore generale della Corte dei Conti, aggiungendo che "su questo terreno fertile hanno radicato i loro virgulti la diffusione della corruzione, dell'evasione e dell'elusione fiscali, nonché il determinante consolidarsi di atteggiamenti di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni pubbliche". (F: ItaliaOggi 13.02.20)



NEWSWEEK CLASSIFICA I PRIMI 50 OSPEDALI NEL MONDO

In piena emergenza coronavirus Newsweek pubblica la classifica dei migliori ospedali del mondo 2020 e Niguarda di Milano risulta il primo in Italia e uno dei 50 migliori a livello internazionale. La classifica, comunica lo stesso Niguarda, è realizzata in collaborazione con Statista Inc. e Geoblue e prende in esame 21 Paesi (Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna, Svizzera, Olanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Israele, Sud Corea, Giappone, Singapore, India, Tailandia, Australia, Brasile). Come nell'edizione 2019, sul podio si posiziona la Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota, seguita dalla Cleveland Clinic e dal Massachusetts General Hospital di Boston. Accanto alle strutture Usa, "Niguarda si conferma leader nei trapianti di cuore con 34 interventi su 245. Il Cardiocenter, una delle cardiologie d'eccellenza del Paese, è sostenuto dalla raccolta fondi della Fondazione De Gasperis". (F: S24 04.03.20)





UNIVERSITÀ IN ITALIA



UNIBO. PRIMO ATENEO D’ITALIA PER NUMERO DI MATERIE PRESENTI NELLA TOP 100 DEL NUOVO QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS BY SUBJECT

L’Università di Bologna è il primo ateneo d’Italia per numero di materie presenti nella top 100 del nuovo QS World University Rankings by Subject. L’Alma Mater si posiziona tra i primi 100 atenei a livello globale in 21 discipline: un risultato che possono vantare solo 70 università al mondo. Il QS World University Rankings è una delle più prestigiose classifiche universitarie internazionali. La sua declinazione per discipline, pubblicata nell’edizione 2020, raccoglie informazioni su più di 13mila corsi di studio in quasi 1.400 atenei. Tra le 21 discipline dell’Università di Bologna presenti nella top 100 della nuova classifica, 4 rientrano tra i primi 50 posti al mondo: Classics & Ancient History al 19° posto, Modern Languages al 39°, Agriculture & Forestry al 39° e Dentistry al 40° posto. Guardando invece alle macro-aree del sapere, cioè i raggruppamenti tematici delle singole materie, l’Alma Mater è nella top 100 mondiale in tre casi: Arts & Humanities, Social Sciences & Management e Life Sciences & Medicine. (F: A. De Gregorio, CorSera 04.03.20)



UNIPG. SITUAZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO

Tommaso Bori, capogruppo del PD a Palazzo Cesaroni, ricorda che «dall’introduzione della riforma Gelmini la sola Università degli studi di Perugia ha ridotto il proprio organico docente da 1144 a 878 unità, sostituito da contratti a tempo determinato. Ad oggi 114 i ricercatori a termine e 230 gli assegnisti di ricerca, a cui vanno aggiunti tantissimi rapporti di lavoro precario quali docenti a contratto, borsisti di ricerca, collaboratori a vario titolo. Con la precedente amministrazione universitaria i lavoratori precari hanno superato più del 50 percento di quelli stabili. Il 56,2 percento dei dottori di ricerca è destinato ad uscire dal mondo accademico dopo uno o più assegni, ben il 90,5 percento degli assegnisti verrà espulso dal sistema universitario. Scarsa, inoltre, è l’attenzione alle questioni di genere, visto che tra il personale stabile solo il 37 percento è di sesso femminile, percentuale che si riduce progressivamente man mano che si procede verso le posizioni apicali. I posti di dottorati – conclude Bori – sono passati dai 9.288 del 2017 agli 8.960 del 2018, con una riduzione del 3,5 percento in un anno. Il quadro complessivo è davvero preoccupante: dal 2007 i posti di dottorato banditi si sono ridotti addirittura del 43,4 percento e dallo scorso anno il 16,9 percento dei dottorati è senza borsa». (F: T. Bori, cityjournal.it 21.01.20)



UNIPR. PROGETTO LIGHTUP. PREOCCUPAZIONI PER LA LIBERTÀ DI RICERCA. SPERIMENTAZIONE ANIMALE SENZA ALTERNATIVE

"LightUp è un importante progetto di ricerca internazionale e i ricercatori coinvolti hanno sempre operato e operano nel pieno rispetto del quadro normativo ed etico nazionale e internazionale. Le prove richieste dal Consiglio di Stato sono già state presentate a tutti gli organi competenti durante l'iter per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie alla selezione e al finanziamento del progetto". Lo scrivono il rettore dell'università di Parma Paolo Andrei e il prorettore alla Ricerca Roberto Fornari dopo che l'ordinanza del Consiglio di Stato ha accolto l’istanza di sospensione in via cautelare delle attività di ricerca, in attesa che il ministero della Salute fornisca prova dell’impossibilità di trovare alternative alla sperimentazione animale. L’ordinanza sospende l’efficacia della precedente disposizione di primo grado del Tar del Lazio, in attesa della decisione amministrativa definitiva prevista per il 21 aprile 2020.

In attesa della pronuncia definitiva del Tar del Lazio, che dirà se il progetto potrà continuare, "ci preme farci portavoce della preoccupazione diffusa nella comunità scientifica per la crescente messa in discussione del principio costituzionale della libertà di ricerca; una preoccupazione espressa in diverse occasioni da voci di indiscussa autorevolezza. Ricordiamo solo che la prestigiosa rivista internazionale Science ha pubblicato sul suo sito un articolo sulla grave campagna di disinformazione messa in atto da alcune associazioni animaliste nei confronti del progetto LightUp, e che Elena Cattaneo, neuroscienziata di fama internazionale e senatrice a vita, si è pronunciata definendo il caso 'molto preoccupante”. (F: La Repubblica Parma 24.01.20)





UE. ESTERO  



UK. A OXFORD: “TOGLIAMO OMERO E VIRGILIO IN NOME DELLA DIVERSITÀ”

Adesso Oxford, da qualche anno al primo posto del World University Ranking delle migliori università, vuole rivedere lo studio dell’Iliade e dell’Odissea di Omero e dell’Eneide di Virgilio per facilitare la “diversity” nei litterae humaniores, uno dei corsi più antichi dell’università, insegnato da 900 anni e che ha visto tanti allievi illustri come Oscar Wilde e C. S. Lewis. Si tratta di rendere lo studio dei classici greci opzionale e non obbligatorio, come è ora. Racconta il Telegraph che la facoltà è divisa e che centinaia di studenti hanno firmato una petizione per sollecitare gli accademici a mantenere al loro posto Omero e Virgilio. Sarebbe l’ultima di una serie di “aperture” che la facoltà ha fatto per colmare il divario nei risultati tra i diversi gruppi di studenti. Rimuovere Omero e Virgilio aiuterebbe così ad “affrontare la disparità di genere”. La studiosa di classicità nonché laureata a Oxford, Daisy Dunn, si è rivolta così ai professori di Oxford: “Non vedo come togliere Omero e Virgilio possa servire a colmare il divario tra studenti di diversa provenienza”. Il compianto filosofo conservatore Roger Scruton in un articolo per il Times un anno fa aveva definito quanto sta accadendo a Oxford come un “indottrinamento senza dottrina”. (F: G. Meotti, Il Foglio 22.02.20)





LIBRI - RAPPORTI - SAGGI  



SALUTE CIRCOLARE. UNA RIVOLUZIONE NECESSARIA

Autore: Ilaria Capua, Ed. Egea 2019.

Un «conto alla rovescia» che si trasforma in un intrigante viaggio nel tempo — da Ippocrate ai novax, dalla peste nera alla creazione dei lazzaretti alla scoperta del ruolo della trasversalità e della circolarità nelle grandi conquiste della salute di cui oggi godiamo. I protagonisti di questo libro sono quei visionari, coraggiosi, determinati o solo fortunati, che in epoche diverse hanno scoperto, per caso o per intuito, universi così vasti da andare ben oltre i confini dell'immaginazione. Dalle loro storie emerge con chiarezza come la conoscenza e lo studio dei meccanismi che generano salute si espandano grazie alla potenza del pensiero laterale. È l'interdisciplinarietà che ha consentito di aprire campi immensi da esplorare e approfondire, andando con il tempo a costituire i pilastri della salute. La trasformazione digitale ci impone di ripensare alcuni percorsi e di proporne di nuovi e rivoluzionari, per arrivare a un maggior equilibrio con gli animali, con le piante e con l'ambiente che ci accoglie nel suo complesso. La sfida è quella di riconoscere che la salute è un sistema di vasi comunicanti, che può essere migliorato grazie a un'innovazione responsabile che miri a rigenerare l'equilibrio. Proprio come diceva Ippocrate. (F: Presentazione dell’editore)



MEDICI RIVOLUZIONARI, LA SCIENZA MEDICA A PADOVA DAL DUECENTO ALLA GRANDE GUERRA

Autore / Curatore: redazione de Il Bo Live. Ed. University Press, Padova 2019.

Il libro accompagna il lettore in un percorso lungo sette secoli, fatto di scoperte, inciampi e innovazioni rivoluzionarie. Tra le sue pagine il lettore troverà lo studente taciturno che nel Cinquecento si laurea a Padova e cambia il modo di fare anatomia. Si racconta di un astronomo che studia da dottore e di un medico accusato di eresia. Si narra il delitto di un professore, ucciso al tramonto dietro la Basilica del Santo. C’è la storia del medico che visita ogni officina, anche la più umile, per capire il rapporto tra lavoro e malattia. E poi quelle di tanti altri che con dedizione e ardore hanno scritto la storia della medicina. Come il primo libro, anche questo è ricchissimo di storie: sono più di 34 gli approfondimenti, ciascuno corredato da schede di approfondimento e da fotografie. Io stesso, leggendolo, ho scoperto degli aspetti che non conoscevo. In questi libri si fa divulgazione alta, uno storytelling scientifico che non rinuncia alla rigorosità scientifica, ma è in grado di raccontare delle storie non solo a un pubblico di esperti. (F: Presentazione dell’editore)



RESEARCH ASSESSMENT AND RECOGNIZED EXCELLENCE: SIMPLE BIBLIOMETRICS FOR MORE EFFICIENT ACADEMIC RESEARCH EVALUATIONS

Authors: Pierre Régibeau, Katharine E. Rockett. Economic Policy, Volume 31, Issue 88, October 2016, Pages 611–652.

Many countries perform research assessment of universities, although the methods differ widely. Significant resources are invested in these exercises. Moving to a more mechanical, metrics-based system could therefore create very significant savings. We evaluate a set of simple, readily accessible metrics by comparing real Economics departments to three possible benchmarks of research excellence: a fictitious department composed exclusively of former Nobel Prize winners, actual world-leading departments, and reputation-based rankings of real departments. We examine two types of metrics: publications weighted by the quality of the outlet and citations received. The publication-based metric performs better at distinguishing the benchmarks if it requires at least four publications over a six year period and allows for a top rate for a very small set of elite reviews. Cumulative citations received over two six-year review periods appear to be somewhat more consistent with our three benchmarks than within-period citations, although within-period citations still distinguish quality. We propose a simple evaluation process relying on a composite index with a journal-based and a citations-based component. We also provide rough estimates of the cost: assuming that all fields of research would be amenable to a similar approach, we obtain a total cost of about £12M per review period. (F: Abstract del saggio 28.02.20)



THE VALUE OF BIBLIOMETRIC DATABASES: DATA-INTENSIVE STUDIES BEYOND SEARCH AND DISCOVERY. Global Research Report

Authors: Jonathan Adams, David Pendlebury and Martin Szomszo.  Institute for Scientific Information https://tinyurl.com/utstunl -   .

In 2019, around 145,000 researchers from, on average, 139 countries working across a diversity of research disciplines interrogated the Web of Science each day to explore research information and discover key literature to inform current research.

In 1981 the Web of Science indexed approximately 500,000 papers (substantive academic articles and reviews) from 6,800 journals; this expanded substantially to 2.5 million papers sourced from 21,300 journals in 2019. This is a deep data resource for a wide range of analytic uses.

There are, however, few studies of how the Web of Science is used as a bibliographic database other than for the purposes of search and discovery. Our analysis shows that Web of Science is the primary source of publication and citation data for the majority of systematic research reviews across a broad range of disciplines and about twice as many research management and evaluation studies as any other source. Web of Science is the primary data source for such work in the USA, China, and most of western Europe. Countries where the Scopus database was more frequently acknowledged include Iran and Italy.

A key beneficiary of structured use of Web of Science bibliographic records are the biomedical researchers who have an established and structured approach to accessing raw material for reviews that inform the development and current state of research topics that are critical to human health and disease control. (F: Executive summary of the report, february 2020). Segue grafico





DANTE

Author: John Took. Princeton University Press 2020, 616 pp.

The book begins with a chapter of “historical considerations”, which plunges us immediately into blood and passion, a story of murder both nothing and everything to do with Dante, 50 years before his birth. Then comes a chapter of “biographical considerations”, which offers a sketch of Dante’s life, although not in any conventional mould: it would take some work to pick out from Dante the details in my first paragraph and line them up in neat chronological order. Here we already glimpse Took’s ambition to unpack the making not of Dante’s life but of his inner self. Then follow 10 substantial chapters in three parts, from the early years leading to the writing of Dante’s first great work, the Vita nova, to the middle years of the famed Convivio and then to the final years of the Divina Commedia, a journey in Dante’s “commitment to the being and becoming of the anxious subject”: that is, of understanding what it means to be truly human. (F: R. Moss, THE 12.03.20)

Asked why he has largely devoted his life to a single literary giant, Took responds: “T. S. Eliot used to say that when it comes to writing about great as distinct from lesser men, there is always a chance of finding something useful to say about them, for here especially there is ample room for manoeuvre.” Dante’s Divine Comedy, he goes on, works as “an essay in fundamental thoughtfulness”. Although it apparently offers an account of a journey through the three realms of the afterlife (hell, purgatory, paradise), it “is at a deeper level concerned with the structures of human consciousness”, and thus forms “an existential analytic preliminary” to engaging with whatever serious challenges we face on the plane of ethics and politics. (F: M. Reisz, THE 12.03.20)