mercoledì 24 aprile 2019

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE N. 2 06-03-2019







IN EVIDENZA



UNIVERSITÀ ITALIANE QUARTE IN EUROPA E SETTIME AL MONDO NEL QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2019

L'Italia è al 4° posto in Europa (dopo Regno Unito, Germania e Francia) e al 7° posto nel mondo per numero totale di università incluse nella classifica di quest'anno. L'Università Sapienza è l'unico ateneo italiano classificato primo al mondo in una disciplina: Studi Classici e Storia Antica. L'Italia inoltre è al 3° posto in Europa dopo Regno Unito e Germania e al 7° posto nel mondo per numero totale di posizioni occupate. La classifica include ben 41 università italiane. L'area Scienze della vita - Medicina delle Università italiane è la più rappresentata in questa classifica mondiale. Mentre nelle singole discipline a classificarsi sono state Fisica e Astronomia, Medicina ed Economia & Econometria. Più in particolare: il PoliMi è l'unica italiana che si classifica tra le Top 10 in 3 discipline; l' UniBocconi è ottava al mondo per Business & Management, guadagnando 2 posizioni rispetto allo scorso anno. Sale di 11 posizioni anche in Finanza, conquistando il 18° posto e mantiene il 16° in Economia. Il PoliTo entra per la prima volta nella classifica di Ingegneria Mineraria, al 24° posto. Altri debutti eccellenti quello dell'UniBo in Odontoiatria (44° posto) e dell'UniPi in Scienze Bibliotecarie (50° posto). Sapienza, UniBo e UniPd sono le più rappresentate in classifica. Le città italiane con più università classificate sono Milano (7), Roma (4) e Pisa (3). Ben 18 università Italiane hanno ottenuto il riconoscimento di essere classificate tra le prime 100 per 36 distinte discipline.

L'Italia, rispetto allo scorso anno, ha incrementato la propria presenza in tutte le classifiche, sia tra le top 50 (erano 29 ora sono 34), sia tra le top 100 (erano 83 atenei ora sono 98) sia infine tra le top 200 (erano 213 ora sono 236).

È ancora la classifica QS a indicare gli atenei italiani i migliori quanto a capacità di creare lavoro, la cosiddetta Employabiliy, dunque di offrire una preparazione con la quale entrare più facilmente e velocemente nel mondo del lavoro. Considerando tutto il mondo e tutte le discipline, i nostri fiori all'occhiello sono il PoliMi (36° al mondo), seguito da Sapienza (98°) e dall’Università Cattolica di Milano (101° a pari merito con una decina di atenei stranieri). Al 4° posto c’è poi l’UniBo (111°), mentre a chiudere la Top 5 si trova il PoliTo (121°).  (Fonte: rainews.it 27-02-19)



FINANZIAMENTI E ASSUNZIONI. DATI E CONGELATI

Per risalire la china non basta dire «aboliamo il numero chiuso». In Parlamento solo nell’ultimo anno sono state presentate sette diverse proposte di revisione della legge del 1999. Certo, il sistema dei test a crocette meriterebbe un profondo ripensamento per essere certi di selezionare davvero i più capaci e meritevoli. Ma se si vuole cambiare rotta bisogna cominciare ad aprire il portafogli. L’università italiana è fra le più povere d’Europa: in rapporto al Pil spendiamo lo 0,9 per cento contro l’1,2 per cento della Germania, l’1,3 della Spagna, l’1,5 della Francia, per non parlare degli inglesi che sfiorano il 2 per cento. Invece nell’ultima legge di Bilancio con una mano sono stati dati più soldi (40 milioni all’università e 10 milioni alle borse di studio), ma con l’altra sono stati congelati almeno fino a luglio per via degli accantonamenti imposti ai vari ministeri. Ed è vero che in chiusura d’anno sono state finalmente sbloccate 2.000 assunzioni per coprire i pensionamenti del 2017, ma i 440 docenti in più del normale turnover concessi alle università virtuose non solo tagliano fuori la maggior parte degli atenei del Sud con i conti scassati dalla fuga di iscritti e dall’impossibilità di far leva sulle rette, ma cominceranno ad arrivare non prima di dicembre per via del blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione. (Fonte: M. Gabanelli e O. Riva, CorSera Dataroom 22-01-19)



MENO ADEMPIMENTI E TEMPI PIÙ RAPIDI PER L'AVVIO DI NUOVI CORSI DI LAUREA

Nuove linee guida per la valutazione delle attivazioni avanzate dagli atenei, che il MIUR ha messo a punto insieme all'ANVUR. Uno snellimento che si aggiunge a quello sui dottorati di ricerca.

In una lettera all'ANVUR, il capo dipartimento università del MIUR, Giuseppe Valditara, annuncia «una significativa semplificazione dei processi e dei protocolli di valutazione riguardanti l'accreditamento dei corsi di studio universitari di nuova attivazione». Come? Sperimentando per un anno una procedura ultra semplificata. Con tre indicazioni principali: limitare il giudizio degli esperti nominati dall'Agenzia «alla verifica della coerenza delle attività formative con i profili di uscita, dell'utilizzo di metodologie didattiche aggiornate e flessibili, della qualificazione dei docenti e dell'adeguatezza delle strutture»; attribuire la valutazione di ciascun corso a tre esperti selezionati in base alle competenze disciplinari; ridurre i quesiti a cui bisogna rispondere per promuovere o non la nuova attivazione. (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 01-03-19)



PERCHÉ IN ITALIA I MEDICI SONO POCHI?

Con troppa facilità si è portati a individuare la causa nel cosiddetto "numero chiuso" che regola l'accesso alle scuole mediche. Personalmente considero il numero chiuso un grande strumento di equità, quindi un grande strumento democratico perché consente l'accesso alle scuole di medicina soltanto a chi supera il test d’ingresso. Non è detto che chi lo supera sia migliore degli altri, ma sicuramente se lo supera non è perché è figlio, nipote, cognato, amico, sodale, compagno di scuola o di partito, amante di qualcuno. Questo, in Italia, rappresenta un buon successo per un sistema di selezione, ma, si sa, è un tipo di successo che infastidisce molti. Perciò, spesso e da più parti, si torna ad invocare l'abolizione del numero chiuso e, dimenticando di essere in Italia, il ricorso a modelli francesi, svizzeri o quant'altro come soluzione del problema. A mio avviso non rappresenterebbe una soluzione, ma solo il ritorno a modelli (e vizi) antichi. Piuttosto, poiché il numero dei posti disponibili ogni anno a Medicina non ci è imposto da nessuno, ma è frutto di una scelta del governo sentite le parti interessate, per risolvere il problema basterebbe un'assunzione di responsabilità corale di tutti i soggetti preposti (ministri, rettori, ordini, ecc) nella corretta determinazione della quantità di accessi alle scuole mediche di specializzazione consentiti annualmente, aumentandone il numero in funzione di una programmazione seria che valuti le esigenze calcolandole almeno a dieci anni. Nonostante il concorso di entrata al corso di laurea in Medicina sia a numero chiuso, per questioni di risorse vengono stanziati posti di formazione specialistica solo per la metà dei laureati. Ergo: su circa 12mila laureati, 6mila ogni anno restano fermi, in attesa del concorso successivo o emigrano. Intanto il carico di lavoro sui “fortunati” che c’è l’hanno fatta è il doppio. (Fonte: L. Cobellis, lettera al CorSera 05-02-19)

“Mettere in atto una corretta programmazione per garantire a ogni medico che si laurea una borsa di specializzazione o di formazione in Medicina generale; modificare i test di accesso, rendendoli più mirati alle materie di studio, e calibrandoli su argomenti ai quali gli studenti si siano già approcciati durante gli ultimi anni delle superiori; promuovere il recupero delle borse di studio abbandonate durante il percorso formativo. No, invece, all’abolizione tout court del numero chiuso, che non farebbe che ingrossare all’inverosimile l’“imbuto formativo”, che già oggi imprigiona 10mila giovani medici, a cui è negata la prosecuzione della formazione post-laurea, in una situazione di "limbo" fatta di sostituzioni di Medicina generale e di continuità assistenziale, che non permettono progressione di carriera e certezze nell'assunzione, dal momento che in assenza di un titolo specialistico, si è "condannati" a non partecipare ai concorsi pubblici. E no anche allo slittamento dello sbarramento dopo il primo anno, misura che non farebbe altro che illudere i giovani”.

È questo, in estrema sintesi, il senso dell’Audizione della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) presso la Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, su alcune proposte di Legge che si propongono di regolare l’accesso ai corsi universitari. (Fonte: quotidianosanità.it 06-02-19) 



NECESSITÀ DI REVISIONE DELLA NORMATIVA SULLA VALUTAZIONE DELLA RICERCA

È necessaria una revisione della normativa sulla valutazione della ricerca e sull’accreditamento, mirata a una decisa semplificazione e razionalizzazione, sulla base di nuovi criteri e finalità. Per avviarsi ad ottenere questi risultati sono auspicabili alcuni interventi. Occorre ripensare radicalmente struttura e funzioni dell’ANVUR, magari inserendolo come specifica e autonoma sezione di un’agenzia nazionale di valutazione del sistema dell’istruzione e della ricerca. Occorre rivedere le modalità di composizione del comitato direttivo dell’ANVUR. A questo riguardo si dovrebbe passare a un’agenzia di valutazione del sistema universitario con un CdA strategico che imposti (in accordo con il Decisore politico) le regole e gli indirizzi di gestione e che sostituisca l’attuale CD (in cui componenti diventano di fatto esclusivamente dediti alla valutazione del sistema di cui hanno fatto parte). Il CdA invece dovrebbe avere anche compiti di riflessione sul sistema di valutazione. A questo si dovrebbe aggiungere una componente Tecnico-Amministrativa che dovrebbe essere gestita da un Direttore Generale competente e che dovrebbe sviluppare le modalità di attuazione di controllo e di verifica. Si dovrebbe fortemente semplificare il sistema di valutazione come sopra prefigurato riducendo gli adempimenti burocratici e modificando i regolamenti di classificazione dei prodotti scientifici. Si deve eliminare la distinzione fra fasce di riviste. Una rivista dotata di comitato scientifico internazionale è già idonea ad accreditare le pubblicazioni ospitate. Occorre valorizzare la interdisciplinarietà. Si dovrebbe attivare l’Anagrafe dei Professori, Ricercatori e Prodotti Scientifici (ANPRePS prevista dalla legge 1/2009 e basata sulla consultazione pubblica svolta su tutti i docenti e ricercatori nel 2013-14) che con un unico strumento consentirebbe in automatico di avere tutti i dati di tutti i docenti e della loro produzione scientifica. (Fonte: Dalla riflessione complessiva sul tema della valutazione che il Capo Dipartimento MIUR Giuseppe Valditara ha inviato ai rettori. Red.ne Roars 06-02-19).

Commento. L'ANVUR in carica, a partire dal presidente Paolo Miccoli, segnala come il cambio di pelle istituzionale - un ente non più vigilato dal MIUR, ma un suo ufficio - potrebbe creare problemi con l'accreditamento europeo da parte dell'European network quality assurance: "L'indipendenza è una questione cruciale per la valutazione italiana e per il riconoscimento reciproco dei titoli di studio, il governo deve stare attento a non togliere all'ANVUR la sua terzietà. Valditara continua a dire che resteremo indipendenti". In serata, viste anche le proteste del Movimento 5 Stelle, sulla questione è intervenuto lo stesso ministro Marco Bussetti e ha dichiarato: "Sulla riforma del sistema di valutazione dell'Università, della Ricerca e della Scuola si stanno ancora facendo approfondimenti tecnici. La bozza di lavoro prevede un rigoroso rispetto dell'autonomia degli enti preposti, oggi ANVUR e Invalsi. Il MIUR garantisce una salvaguardia integrale degli attuali livelli occupazionali con un'attenzione particolare sull'assorbimento del precariato storico". (Fonte: Rep)



TURNOVER DEI DOCENTI. MIGRAZIONI DEGLI STUDENTI. CONFRONTI NORD-SUD

Grazie all’effetto cumulativo della diminuzione e dell’invecchiamento dei docenti (nel triennio 2012/2014 il turnover è stato del 15% nelle Isole, del 20% nel Sud, del 24% nel Centro e del 29% al Nord), della diminuzione dei corsi di studio e dei posti di dottorato (28% nel Sud, contro una media nazionale del -11%), della diminuzione delle borse di studio e dell’aumento delle tasse (del 90% fra 2006 e 2016), le immatricolazioni nel Sud diminuiscono più che nel Nord.

Fra il 2008 e il 2016 il rapporto fra immatricolati e maturi dell’anno precedente è sceso di un punto al Nord, di tre al Centro e di quattro nel Sud, dove già era più basso. Gli studenti più forti economicamente e culturalmente, inoltre, migrano verso il Nord in maniera progressivamente più intensa: il totale degli immatricolati meridionali negli atenei del Nord è cresciuto dalla quota del 17% nell’anno accademico 2005-2006 a quella del 24% nel 2015-2016. (Fonte: D. Borrelli, M. Stazio, Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018, Numero monografico http://www.rtsa.eu/ )





CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI



QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2019 BY SUBJECT

La classifica QS World University Rankings 2019 by subject valuta la qualità di oltre 1200 atenei di tutto il mondo rispetto a 5 macroaree disciplinari, suddivise al loro interno in 48 singole discipline. L'Italia è al 4° posto in Europa (dopo UK, Germania e Francia) e al 7°posto nel mondo per numero totale di università incluse, 41 in tutto, nel ranking di quest'anno. Vedi le tabelle https://tinyurl.com/y4r2g48k  .







LE DISCIPLINE IN CUI ECCELLONO LE MIGLIORI UNIVERSITÀ ITALIANE NEL QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS BY SUBJECT 2019

Di seguito si trova la classifica completa (prime 50 posizioni) delle migliori Università italiane per disciplina.

Studi Classici e Storia Antica: Sapienza (1° al mondo);

Art e Design: Politecnico di Milano (6° al mondo);

Ingegneria Civile e Strutturale: Politecnico di Milano (7° al mondo);

Ingegneria Meccanica e Aeronautica: Politecnico di Milano (7° al mondo);

Business e Management: Università Bocconi (8° al mondo);

Archeologia: Sapienza (11° al mondo);

Architettura: Politecnico di Milano (11° al mondo);

Economia: Università Bocconi (16° al mondo);

Finanza e Contabilità: Università Bocconi (18° al mondo);

Ingegneria Elettrica e Elettronica: Politecnico di Milano (23° al mondo);

Ingegneria Mineraria: Politecnico di Torino (24° al mondo);

Farmacia e Farmacologia: Università degli Studi di Milano (34° al mondo);

Fisica e Astronomia: La Sapienza (34° al mondo);

Scienze politiche: UNINT- Università degli Studi Internazionali di Roma (34° al mondo);

Anatomia e Fisiologia: UNIPD - Università degli Studi di Padova (36° al mondo);

Informatica: Politecnico di Milano (37° al mondo);

Scienze Bibliotecarie: Sapienza (43° al mondo);

Ingegneria Chimica: Politecnico di Milano (44° al mondo);

Odontoiatria: UNIBO - Università di Bologna (44° al mondo);

Sociologia: European University Institute - Firenze, (45° al mondo);

Lingue moderne: UNIBO - Università di Bologna (46° al mondo);

Scienze Agro-Forestali: UNIBO - Università di Bologna (46° al mondo);

Scienze Veterinarie: Università degli Studi di Milano (48° al mondo).

Per le facoltà/dipartimenti non presenti in questo elenco non è possibile dare una collocazione precisa visto che sono fuori dalle prime 50 posizioni della classifica. Sappiamo però che tra le migliori Università per chi vuole studiare Giurisprudenza sono consigliate quella di Pavia e La Cattolica Sacro Cuore, mentre per Medicina sono consigliate l’Università di Napoli Federico II e l’Alma Mater Studiorum di Bologna.



THE’s ASIA-PACIFIC UNIVERSITY RANKING 2019

Japan is the most represented nation, with 103 universities featured. China is in second place with 72 universities. Other countries with a strong presence in the ranking are Australia (35 universities), Taiwan (32), South Korea (29) and Thailand (14). The University of Melbourne is again the only university outside Asia to crack the top five, claiming third place (one up from fourth last year). The other universities featured in the top five are Tsinghua University (in first place), the National University of Singapore (second place), the Hong Kong University of Science and Technology (fourth place) and the University of Hong Kong (fifth place). (Fonte: THE 22-02-19)





CULTURA DEL DIGITALE E DELL’INNOVAZIONE



IL DEEP LEARNING (APPRENDIMENTO PROFONDO) STA MORENDO?

La provocazione arriva da Karen Hao, reporter sui temi dell’intelligenza artificiale della rivista MIT Technology Review, che in un servizio ha illustrato alcune interessanti evidenze emerse dall’analisi di 16.625 articoli scientifici – specifici sull’AI/Artificial Intelligence – pubblicati dai ricercatori negli ultimi 25 anni (dal 1993 a Novembre 2018).

Pedro Domingos, professore di informatica presso l’Università di Washington (autore di The Master Algorithm) ha dato la sua risposta alla reporter della MIT Technology Review spiegando che ogni decennio la ricerca “cambia rotta”: le reti neurali hanno avuto il loro boom di interesse alla fine degli anni ’50 e negli ’60, gli anni ’70 hanno visto gli scienziati concentrarsi su vari approcci cosiddetti simbolici, i sistemi basati sulla conoscenza hanno dominato negli anni ’80, le reti bayesiane negli anni ’90, nei primi anni 2000 sono tornate in voga le reti neurali… e poi è arrivato il tempo del deep learning. Tempo che, se dovessimo prendere per assodata la ciclicità decennale, starebbe volgendo al termine.

In realtà la risposta alla domanda “Il deep learning sta morendo?” non esiste. La verità è che i ricercatori stanno cercando, ormai dagli anni ’50, di replicare l’intelligenza umana. E nessuno ancora ci è riuscito! (Fonte: N. Boldrini, www.ai4business.it 04-02-19)



SERVE UN’ALLEANZA ACCADEMIA-INDUSTRIA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Daniele Nardi, professore ordinario di Intelligenza Artificiale presso l’università Sapienza di Roma, sta organizzando il convegno “Ital-IA” in programma il 18-19 marzo presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria. ”Ci auguriamo comunque che la kermesse fornisca spunti, stimoli e indicazioni consentendo ad accademia e industria di incontrarsi e collaborare insieme su progetti comuni”. Continuano gli approfondimenti di Start Magazine su obiettivi e sfide dell’Intelligenza artificiale. L’Italia è in una posizione molto buona a livello mondiale per la ricerca nel settore dell’Intelligenza artificiale, malgrado i limitati investimenti nel settore. Quello che serve però è un collegamento sempre più stretto tra mondo accademico e industria. Per saperne di più https://tinyurl.com/y3yxg9um (Fonte: A. Sperandio, startmag.it 16-02-19)





DOCENTI. RICERCATORI



INCARICHI EXTRA ISTITUZIONALI CONNESSI ALLA FINALITÀ DIDATTICA

L’Ordine degli Ingegneri della provincia di Bologna sostiene la formazione come processo e costrutto integrato di competenze, prendendo le distanze da chi vorrebbe ridurre l’insegnamento a blocchi di sapere distinti o a casacche separate. Una posizione netta contro quanti pensano di “cancellare” la possibilità per i professori universitari di portare avanti possibili incarichi extra istituzionali connessi alla finalità didattica.

E’ questo in sintesi il messaggio portato dal Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Bologna ing. Andrea Gnudi in qualità di relatore al Congresso USPUR (Unione Sindacale Professori e Ricercatori Universitari). L’incontro si è svolto il 20 ottobre presso l’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna alla presenza di docenti universitari, avvocati e altri professionisti. Chiamato a far luce sul “rapporto consulenza/professione” Gnudi ha affermato di “Non condividere una contrapposizione tra le due istituzioni, Ordini Professionali ed Università, che hanno tutto l’interesse a lavorare insieme per la formazione dei professionisti del futuro”. E ancora: “Da sempre a Bologna vige un rapporto di buon vicinato, non ci sono steccati. Ci può e ci deve essere collaborazione, in una generale condivisione di intenti, anche tra professionisti con casacche e ruoli diversi. Ribadiamo anche per il futuro la volontà di una collaborazione tra docenti universitari e Ordini professionali, a vantaggio del patrimonio culturale da trasmettere alle nuove generazioni”. (Fonte:  www.ordingbo.it 02-01-19)



ADEGUAMENTO STIPENDIALE DEI DOCENTI UNIVERSITARI PREVISTO DAL PRIMO GENNAIO 2019, DI CIRCA IL 3,48% (anche per RTDA e b)

La riforma Madia (DLgs 75 del 25 maggio 2017), all’articolo 23 comma 16 prevede una modifica della Legge 165 del 2001 (articolo 3, comma 2), nel quale i ricercatori universitari a tempo determinato sono pienamente inclusi nel personale in regime di diritto pubblico (rivedendo/integrando/precisando sulla questione la cosiddetta riforma Gelmini, la legge 240 del 2010, che sembrava invece considerare gli RTD come personale in regime di diritto privato). Tenendo quindi conto di questa precisazione normativa, e che il trattamento economico annuo lordo onnicomprensivo spettante ai ricercatori a tempo determinato è definito sia per gli RTD-a che per gli RTD-b sulla base di quello spettante ai ricercatori a tempo indeterminato (nello stesso regime di impegno), gli adeguamenti ISTAT si devono pienamente applicare a entrambe queste figure di ricercatori.

Si precisa, nelle esemplificazioni degli adeguamenti previsti (intorno al 3,48%) sulle retribuzioni lorde, che l’aumento mensile dovrebbe essere intorno ai 75 euro per gli stipendi più bassi (RTD-a e RTI con anzianità minima), intorno agli 85 euro per gli RTD-b (e gli RTI con una decina di anni di anzianità), intorno ai 110 euro per i PA appena entrati in ruolo sino ad arrivare a quasi 200 euro per i PO al termine della propria carriera. (Fonte: FlcCgil 22-02-19)



PRESENZA DI DONNE NEL CORPO DOCENTE UNIVERSITARIO

Dato nazionale. L’analisi della situazione attuale (al 15 gennaio 2019, dati MIUR) indica che in tutti i ruoli universitari di docenza (professore ordinario, PO, professore associato, PA, ricercatore a tempo indeterminato, RTI, ricercatore a tempo determinato di tipo B, RTD-b, ricercatori a tempo determinato di tipo A, RTD-a), su 53.995 docenti, 20.470 sono donne con una percentuale che si aggira intorno al 38%. Se si effettua un’analisi numerica per ruoli si osserva che le donne rappresentano il 44% degli RTD-a, il 41% degli RTD-b, il 49% degli RTI e si assiste a una diminuzione al 38% nei PA e a una più forte nei PO toccando il 24%.

Dato per università con oltre 1.500 docenti. L’analisi delle università italiane con un numero di docenti superiore ai 1.500 non evidenzia grandi differenze rispetto al dato nazionale, con variazioni nelle posizioni di PO che vanno dal 21% (Palermo) al 28% (Milano Statale e Torino); nelle posizioni PA si va dal 35 (Palermo) al 43% (Milano Statale, Torino e Bologna); nelle posizioni di ricercatore, facendo un’analisi sulle tre tipologie RTI, RTD-b e RTD-a, si raggiunge in media la parità di genere con una variazione tra il 45% (Napoli) ed il 51% (Milano Statale) di donne. Il dato nazionale sulle tre categorie di ricercatori si attesta intorno al 47% di donne. (Fonte: F. Nestola, ilbolive.unipd.it  30-01-19)



DISPARITÀ DI TRATTAMENTO TRA RICERCATORI DI TIPO B

In questi ultimi anni, in attuazione della L. 240/2010 si è venuta a creare una disparità di trattamento economico tra Ricercatori ex art. 24 c. 3, lett. b) (“RTD-b”) sia all’interno di un singolo Ateneo, sia tra Atenei diversi. A tal proposito si osserva che a tutt’oggi esistono RTD-b “privilegiati” dall’incremento del trattamento economico pari al 20% e RTD-b che, pur avendo la medesima qualifica professionale, pur svolgendo la stessa mansione e carico didattico, non ricevono e non hanno ricevuto alcun incremento stipendiale.

La legge 240/2010 all’art. 24 c. 8 pone, infatti, tutti gli Atenei italiani nella possibilità di incrementare fino al 30% il trattamento economico dei ricercatori RTD-b (Ricercatori senior) rispetto a quanto percepito dai ricercatori RTD-a (Ricercatori junior). Invece, le Leggi di Bilancio del 2016, 2018 e anche 2019, attraverso il Piano di Reclutamento Straordinario dei Ricercatori RTD-b (DM 78 del 18.02.2016 e DM 168 del 28.02.2018), hanno previsto e prevedranno un finanziamento di 58.624,55 € a ricercatore, pari, quindi, a un incremento stipendiale del solo 20%.

In tale quadro normativo, le università italiane risultano divise in: Università che hanno corrisposto l’aumento a tutti gli RTD-b (alcune anche del 30%) e Università che hanno corrisposto l’aumento del 20% solo agli RTD-b assunti su piano straordinario, provocando così una significativa discriminazione di natura economica tra RTD-b all’interno dello stesso Ateneo.

In breve. La L. 240/2010 ha creato disparità di trattamento economico tra RicercatoriTD-b sia in un singolo Ateneo sia tra Atenei diversi. Infatti esistono RTD-b “privilegiati” da aumento stipendiale del 20% e RTD-b che pur con medesima qualifica e mansione non ricevono tale aumento.

(Fonte: Lettera al MIUR del segretario nazionale dell’Uspur 23-02-19)





DOTTORATO



SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE PER L’ACCREDITAMENTO DEI DOTTORATI

“Il Consiglio Universitario Nazionale, presa visione delle ‘Linee Guida per l’accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato’, esprime apprezzamento per la semplificazione delle procedure operata. In particolare, per quel che riguarda il requisito A4, “qualificazione del collegio dei docenti”, rileva con soddisfazione l’assenza di ogni riferimento ai risultati conseguiti nell’esercizio della VQR dai docenti interessati, procedura che, come rilevato ripetutamente da questo Consesso, configurerebbe un uso improprio degli esiti della VQR, oltretutto di necessità non sincroni rispetto all’accreditamento dei corsi di dottorato.” (Fonte: Red.ne Roars 01-03-19)



DOTTORATO. BORSE DI RICERCA

Tra le novità delle linee guida MIUR per l’accreditamento dei dottorati vi è anche che il numero di borse di dottorato o di forme di finanziamento equivalenti deve essere pari ad almeno il 75% dei posti disponibili e che a ciascun dottorando, con o senza borsa, va comunque assicurato un budget per attività di ricerca non inferiore al 10% dell'importo della borsa, così da sostenerne la mobilità nazionale e internazionale e le spese relative al percorso formativo. Inoltre, a ciascun dottorando con borsa deve essere garantito un importo aggiuntivo massimo pari al 50% del valore totale, per soggiorni di ricerca all'estero fino a un massimo di 18 mesi. Per saperne di più sulle nuove linee guida https://tinyurl.com/y624cpjd .

(Fonte: fasi.biz/it 05-03-19)



I SETTORI DI IMPIEGO DEI DOTTORI DI RICERCA ANDATI ALL’ESTERO

“Tra i dottori che lavorano all’estero è più elevata la quota di professori o ricercatori presso università e di ricercatori presso enti pubblici di ricerca (rispettivamente il 13% e il 7,4% contro il 4,3% e il 2,4% in Italia)”. Nello specifico, “il 35,6% e il 20,7% dell’occupazione all’estero è impiegata rispettivamente nel settore dell’istruzione universitaria e della ricerca pubblica, mentre in Italia l’occupazione in queste attività economiche presenta quote molto più contenute (21,8% e 8,6% rispettivamente), privilegiando maggiormente rispetto all’estero il settore dell’istruzione non universitaria, dove trova impiego il 18,4% degli occupati in Italia (3% degli occupati all’estero), e il settore della pubblica amministrazione e della sanità (18,1% degli occupati in Italia e 3,6% di quelli all’estero).





FINANZIAMENTI



FINANZIAMENTO DEGLI ATENEI. CONFRONTI NORD-SUD

Nella generale diminuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) - e grazie alla decisione di attribuire una parte cospicua dello stesso con la quota “premiale” - fra il 2008 e il 2017 gli Atenei del Nord hanno complessivamente perduto “solo” il 4,2%, contro il circa 10% del Centro/Sud e l’oltre il quinto perso dalle università delle Isole (l’università di Messina ha subito, ad esempio, un taglio del 27%). Più recentemente, grazie alle regole stabilite per i cosiddetti “dipartimenti d’eccellenza”, fra i 352 dipartimenti ammessi alla seconda fase del finanziamento, soltanto 5 si trovano nelle Isole e 49 in tutto il Sud. Fra i 180 ammessi al finanziamento c’è un leggero riequilibrio: il 58,89% dei dipartimenti (106) si concentra al Nord, il 27,22% (49) al Centro e il 13,89% (25) al Sud e nelle Isole. (Fonte: D. Borrelli, M. Stazio, Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018)



FINANZIAMENTI E POSTI IN PREMIO AI “VIRTUOSI”

I virtuosi devono essere premiati e chi virtuoso non è, deve essere punito ricevendo meno finanziamenti.

Questa è la ricetta prima teorizzata e quindi negli ultimi anni messa in atto nel sistema universitario e della ricerca, e questo è quello che sta facendo anche l’attuale governo. A bene vedere le misure adottate dal Governo, non comportano una crescita complessiva dell’organico, ma solo un travaso da un ateneo all’altro: mentre alcuni atenei ci guadagnano, altri saranno costretti a ridurre ulteriormente il loro organico. In pratica c’è una ripartizione delle risorse che segue una direttrice Sud-Nord: è come se nel corso del 2019 l’equivalente di 280 ricercatori dovesse abbandonare gli atenei meridionali per essere trasferito nelle più ricche università settentrionali. Il governo Monti stabilì che i pensionamenti avvenuti in un ateneo A possono essere rimpiazzati da assunzioni in un ateneo B, se B ha un bilancio più solido del (più virtuoso) ateneo A. In questa maniera gli atenei milanesi incamerano l’equivalente di 168 ricercatori in aggiunta al rimpiazzo dei propri pensionamenti: si tratta di un organico “sottratto” agli atenei del Centro-Sud (Napoli, Palermo e Roma). (Fonte: F. Sylos Labini, agendadigitale.eu 17-01-19)



IL CUN SULLA RIDUZIONE DELLE RISORSE

La presidente del CUN così si è rivolta alle autorità di governo: “È indubbio che l'Università, la Ricerca scientifica e, più ampiamente, la Cultura, paiono ormai fra gli ambiti che con maggiore facilità sono chiamati a confrontarsi con misure di riduzione delle risorse nonché a soffrire interventi normativi contingenti, spesso cangianti, capaci di comprometterne lo sviluppo, mentre essi richiederebbero, al contrario, azioni coordinate e informate che sappiano essere, nel rispetto delle libertà dell'insegnamento e della ricerca, di loro sostegno e di loro rafforzamento. Soprattutto, essi richiederebbero un ribaltamento delle politiche di sottofinanziamento, degli ultimi dieci anni oltreché attenzioni qualificate presso tutte le sedi politico-amministrative. Il disconoscimento del valore della conoscenza e delle competenze è e sarà ragione di indebolimento dell'intero Paese”. (Fonte: C. Barbati, pres.te CUN, Roars 28-01-19)





LAUREE - DIPLOMI - FORMAZIONE POST LAUREA - OCCUPAZIONE



LUCI E OMBRE SULLE LAUREE

Le statistiche ci consegnano diversi segni più. Non solo rispetto al 1999 ma anche sul 2004 quando il sistema del "3+2" ha assunto la formulazione attuale (lauree triennali più magistrali biennali oppure a ciclo unico). Da allora la regolarità degli studi è più che triplicata, passando dal 15,3% al 51,1% del 2017; l'aumento della frequenza alle lezioni è salita dal 55,4% al 69,0%, l'età media alla laurea è scesa da 27,8 anni a 26. E i laureati nella fascia di età sono arrivati al 26,7%, contro il 10% pre-riforma. Ancora pochi però. Come gli iscritti totali che, dopo il boom post-riforma, hanno ripreso a scendere.

Ma il quadro si fa fosco se ci concentriamo sugli sbocchi lavorativi. Come dimostra l'ultima indagine di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. Innanzitutto perché il 58,6% prosegue con la magistrale, che viene percepita come più spendibile sul mercato. Del restante 40,4% che non prosegue, a un anno dal titolo risulta occupato il 71,1%: di questi, il 56,0% ha un contratto a tempo indeterminato, il 52,8% fa un lavoro coerente con il titolo di studio e guadagna 1.107 euro netti mensili. Tutti valori al di sotto dei livelli pre-crisi e comunque inferiori alle magistrali. A chiedere una riflessione sul "3+2" è il presidente di AlmaLaurea. Al Sole 24 Ore del Lunedì, Ivano Dionigi sottolinea: «Se il 58% si iscrive alla magistrale è evidente che il sistema delle lauree triennali non è decollato. Serviva un titolo triennale finito che a 21-22 anni permettesse ai giovani di immettersi sul mercato del lavoro. Ma per riuscirci - aggiunge - servivano dei corsi parametrati sulla domanda e non sull'offerta.» (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 21-01-19)



LA NECESSITÀ DI UN TAGLIANDO DELLE LAUREE TRIENNALI

“Purtroppo si è pensato più a tutelare le posizioni dei docenti che le esigenze degli studenti», sottolinea I. Dionigi, presidente di AlmaLaurea, a proposito del mancato decollo delle lauree triennali. A suo giudizio, una via d'uscita potrebbe arrivare ora dalle professionalizzanti al debutto quest'anno. Un auspicio condiviso dal segretario generale della CRUI, Alberto De Toni: «Con le professionalizzanti che sono realmente tali si potrebbe immaginare un tagliando delle triennali», dice. Invitando tutti a essere meno drastici nel giudizio su quello che chiama "3 e 2"». «Il "3 e 2" - spiega il rettore di Udine - nasceva per rispondere a tre esigenze: allinearci al sistema europeo del bachelor triennale e del master biennale, ridurre i tassi di abbandoni, dare mobilità di scelta sia geografica che sui contenuti. E tutti e tre - chiosa - sono stati portati a casa». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il padre della riforma, Luigi Berlinguer, che suggerisce di distinguere «da corso di laurea a corso di laurea», e invita il governo «a utilizzare la prossima ministeriale che si svolgerà in Italia per rilanciare l'idea di un titolo realmente europeo che consenta ai nostri ragazzi di accedere al mercato professionale dell'intera Ue».(Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 21-01-19)



ISCRITTI ALLE UNIVERSITÀ TELEMATICHE: 81.172 CONTRO 48.025 DI CINQUE ANNI FA

Da una parte, secondo gli ultimi dati Eurostat, l'Italia è ancora penultima in Europa riguardo al numero dei laureati nella fascia 15/61 anni (16.3 per cento contro il 27,7 per cento della media europea nella fascia 25/34 (26,4 per cento contro 32,8 per cento della media). Dall'altra però crescono gli iscritti alle università telematiche: dall’ultima rilevazione MIUR sono 81.172 contro 48.025 di cinque anni fa, ovvero circa il 5 per cento dei 1.659.855 italiani che nel 2018 risultano iscritti all’università. (Fonte: La Repubblica 22-01-19)



IL CONCORDATO  DELLE LAUREE

Con un accordo fra il ministro Bussetti e il suo omologo il cardinal Versaldi, l'Italia e la Santa Sede hanno reciprocamente riconosciuto i titoli di laurea e dottorato rilasciati dalle rispettive università sulla base della Convenzione di Lisbona. Siamo in presenza di un atto storicamente importante e politicamente significativo. Perché fa crollare un pezzo del muro ideologico eretto nel 1873, quando furono soppresse le facoltà di teologia nelle università italiane. La convenzione che viene ora applicata fra Italia e Vaticano riguarda tutte le lauree, salvo quelle in teologia che passeranno da un canale concordatario sperabilmente semplificato. (Fonte: A. Melloni, La Repubblica 16-02-19)



ELIMINARE IL NUMERO CHIUSO? PREVISTO UN AUMENTO DI OTTO VOLTE DEL NUMERO DI STUDENTI CHE S’ISCRIVE ALL’AREA SANITARIA

Il numero di studenti che si iscrive all'area sanitaria aumenterebbe di otto volte eliminando il numero chiuso nelle università. Per poterli accogliere, sarebbe necessario un ingente investimento sulle strutture e sul personale. È quanto affermato da Marco Abate, consigliere del Consiglio nazionale universitario (CUN), in audizione in Commissione cultura alla Camera, sul ddl 812 che prevede l'introduzione di un modello di accesso alle università alla francese, per il quale sia prevista un'ammissione per tutti al primo anno e una prova per passare al secondo. Comunque, secondo il CUN, «ci sono degli interventi necessari; sicuramente è utile, e sarebbe benvenuto, un aumento significativo dei posti disponibili: abbiamo bisogno di più laureati, anche in ambito sanitario, e un aumento contemperato con le risorse disponibili. Serve poi un capillare intervento di orientamento e una revisione delle prove d'accesso. Infine bisognerebbe fare una migliore regolazione del meccanismo degli scorrimenti». (Fonte: ItaliaOggi 23-01-19)



IL MANTENIMENTO DI UN NUMERO CHIUSO PER L’ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ CONDIZIONE NECESSARIA PER MANTENERE UNO STANDARD QUALITATIVO ACCETTABILE NELLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE

Per la situazione in cui versa, oggi, il nostro sistema dell’alta formazione, il mantenimento di un numero chiuso per l’accesso all’università rappresenta a nostro parere – seppur con molto rammarico – la condizione necessaria, anche se di per sé non sufficiente, per mantenere uno standard qualitativo accettabile nelle attività di formazione e di ricerca condotte dai nostri istituti.

Rimuovere questa limitazione significa non soltanto non risolvere i problemi strutturali dell’università italiana, ma probabilmente peggiorarli ulteriormente. In fin dei conti, il mantenimento o meno di un numero chiuso in ingresso rappresenta solo una scelta finale, in larga misura ineludibile, che deriva dalla mancata risoluzione – a monte – di una questione di carattere più generale, che investe il ruolo che si ritiene l’università e la ricerca debbano occupare all’interno del contesto socio-economico nazionale.

Come potenziare i nessi università-impresa sia sul fronte della formazione di capitale umano ad elevata qualificazione che poi trova un’adeguata collocazione all’interno del tessuto economico, sia su quello della ricerca che poi si traduce in un up-grading tecnologico ed organizzativo dei nostri sistemi d’impresa? Se la risposta a questa domanda si orienta nel senso di individuare percorsi di avvicinamento fra due sistemi ancora, per molti versi, troppo distanti, occorre allora strutturare un piano di azione per l’università che preveda al contempo, com’è evidente, importanti investimenti per rafforzarne la mission in questa direzione. E se questa fosse la scelta, una scelta com’è evidente di medio-lungo termine, allora si può prefigurare in prospettiva futura l’abolizione del numero chiuso, oggi purtroppo – a nostro parere – ancora una scelta per molti versi obbligata. Gli strumenti utilizzati per la programmazione degli accessi spesso non garantiscono gli esiti desiderati perché mal costruiti; gli studi sulla loro validità (concorrente e predittiva) e sulla loro affidabilità sono ancora pochi e dovrebbero essere incrementati al fine di migliorare le metriche di valutazione oggi adottate. Più che abolire i test di accesso per i corsi a numero programmato, che per le considerazioni sopra riportate restano irrinunciabili, si ritiene che occorra investire maggiori risorse al fine di migliorarne il funzionamento. (Fonte: Documento della Conferenza delle Regioni illustrato da Monica Barni nel corso di un'audizione alla commissione Cultura della Camera il 14 febbraio 2019)



LAUREATI E DIPLOMATI ITALIANI ALL’ESTERO

Dal 2006 al 2018 sono aumentati del 64,7% i nostri concittadini che hanno preso la residenza in un altro Paese. La maggioranza di loro sono giovani o giovani adulti: ha tra i 18 e i 34 anni il 37% dei trasferiti nel 2017, ultimo anno per cui ci sono i dati (elaborati dalla Fondazione Migrantes sulla base dell’Anagrafe dei residenti all’estero), mentre un altro 25% ha tra i 35 e i 49 anni. Sono rispettivamente 48 mila e 32 mila persone in soli 12 mesi (l’equivalente degli abitanti di Lecco e Vibo Valentia). Dati comunque sottostimati: il Ministero degli Esteri calcola che solo nel distretto di Londra, dove sono registrati 320 mila italiani, ce ne siano in realtà 700 mila. «Abbiamo cresciuto ormai due generazioni che grazie alla loro formazione hanno un’identità europea» spiega la ricercatrice Delfina Licata che ha curato il Rapporto 2018 Italiani nel mondo per Migrantes. Basti pensare al progetto Erasmus: nel 1987 vi avevano partecipato 3.244 universitari da 11 Paesi, nel 2017 41 mila solo tra gli italiani. «Solo il 30% di chi va via è laureato, il 34,6% ha la licenza media, un altro 34,8% il diploma». (Fonte: E. Tebano, CorSera 24-01-19)



AMPLIARE GLI ACCESSI ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE. LO CHIEDONO I CHIRURGHI

“È positivo che, dopo anni di silenzio sul tema, si sia aperto un dibattito e la politica si stia interrogando sulla questione della carenza di medici e chirurghi nei nostri ospedali. Fino a quando non offriremo condizioni di lavoro migliori e prospettive di carriera allettanti i nostri giovani professionisti continueranno a cercare opportunità all’estero. Non è nostra intenzione entrare nella polemica in corso sul numero chiuso all’università, ci preme sottolineare l’esigenza che ha il comparto sanitario italiano di formare medici specialisti. E’ questa la vera emergenza”. Lo dichiara il presidente Paolo De Paolis, insieme al direttivo della Società Italiana di Chirurgia. (Fonte: Quotidiano Sanità 02-02-19)



INCARICO DI MEDICO DI BASE ANCHE A LAUREATI CHE NON HANNO COMPLETATO LA SPECIALIZZAZIONE

Il numero dei medici di famiglia è destinato a diminuire ancora e drasticamente nei prossimi anni per effetto dei pensionamenti, ma arriva una norma che ha l’obiettivo di sostenere il settore: anche i laureati in Medicina che non avranno ancora completato il corso di formazione in Medicina generale, potranno ricevere l’incarico di medico di base fino al 31 dicembre 2021, per un totale di 4.150 medici nel triennio. La norma è contenuta nel dl Semplificazioni, approvato in via definitiva. Grazie alla norma approvata - secondo una stima del ministero della Salute per l’ANSA – potranno essere disponibili da subito 982 medici che frequentano l’ultimo anno di corso del triennio 2016-19. Negli anni successivi, la platea di medici in formazione che potranno entrare in attività come medici di famiglia (esclusi eventuali abbandoni) aumenterà: saranno 1.075 per il triennio 2017-20 (frequentanti il secondo e terzo anno) e 2.093 per il triennio 2018-21 (del primo, secondo e terzo anno), per un totale appunto di 4.150 medici fino al 2021. Commenta il segretario generale della Federazione italiana dei medici di Medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, ricordando che sono 43mila i medici di base ad oggi attivi e che 15mila di questi andranno in pensione nei prossimi 5 anni. Il punto, spiega, “è che tale norma anticipa l’entrata in attività dei medici che si stanno formando, ma non aumenta il numero finale dei medici che entreranno nel sistema. Il nodo resta quindi la necessità di aumentare le borse di studio per il corso in Medicina generale”. Posizione condivisa dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri: “Apprezziamo l’attenzione del ministro – afferma il presidente Filippo Anelli – ma l’unico intervento risolutivo è mantenere 2.000 borse di studio l’anno per 10 anni per i corsi di Medicina generale post laurea” destinati alla formazione dei medici di base. (Fonte: giornalelavoce.it  09-02-19)



LAUREE UMANISTICHE, ALTRO CHE LAUREE INUTILI, IMPARIAMO DAGLI INGLESI.

Esempi. La più importate donna manager britannica, Emma Walsmley, a capo del colosso farmaceutico GlaxoSmithKline, è laureata in lettere classiche a Oxford. La donna più famosa della finanza, Helena Morrissey, ha fatto filosofia a Cambridge. La direttrice della comunicazione di Mittal (il gruppo dell’acciaio che si è comprato l’Ilva), Nicola Davidson, è una pianista classica diplomata in musica, che poi ha cominciato la carriera facendo comunicazione finanziaria.

L’attuale ambasciatrice a Roma, Jill Morris, è laureata in lingue e letterature straniere. Il predecessore, Christopher Prentice, aveva fatto lettere classiche (a Oxford). La metà degli avvocati inglesi non ha fatto legge: hanno solo seguito un corso di specializzazione, dopo essersi laureati magari in storia o in lettere. Un principe del foro, un QC (Queen’s Counsel), laureato in letteratura, sosteneva di recente l’abolizione tout court della facoltà di legge, perché inutile. Molto meglio, diceva, aver studiato humanities e poi essersi specializzati. (Fonte: Corriere Università 02-03-19)



LA SCHEDA SUA-CDS

La SCHEDA SUA-CdS è stata ideata come luogo unitario in cui far confluire e razionalizzare le informazioni sull’attività e il controllo della qualità dei corsi di studio, a beneficio delle Università, degli studenti, e «delle famiglie»(?). In pratica, la scheda si compila attraverso un sito dedicato. (Fonte: G. S., Roars 07-02-19)

Commento. Se qualcuno ritenesse urgente fornire ai migliaia di corsi di laurea in Italia uno strumento più decoroso, funzionale, si eviterebbe almeno che innumerevoli ore di docenti universitari siano spese ogni anno solo per venire a capo di un sito con una qualità che non si accetterebbe neppure nel blog amatoriale di un ragazzino ... Ogni volta che uno strumento informatico, per un motivo o per l’altro, fa perdere tempo, questo è il segno che è sbagliato. Non so quanto è costato questo sito, ma è bene essere collaborativi e generosi. Ecco dunque una proposta al Ministero: pagatemi la metà e lo faccio nuovo in un mese, molto migliore (Fonte: G. Salmeri, agendadigitale.eu 14-12-18)



NUOVO ACCESSO GIURISPRUDENZIALE A CORSO DI LAUREA

Da tempo ad Architettura il numero di matricole che partecipano al test d’ingresso è pari o inferiore ai posti indicati nei bandi via via emanati. In questa facoltà il test è complesso e prevede un risultato minimo di 20 punti. Quest’anno in tutta Italia sono rimasti fuori 1.763 studenti, e le aule delle facoltà di Architettura oggi sono semivuote. Il Tribunale regionale del Lazio, partendo dal caso di Roma Tre, ha disposto di far riaprire le graduatorie per tutti i 1.763 studenti esclusi sul territorio nazionale. (Fonte: stranotizie.it 14-02-19).

Commento di M.M. su twitter: Interroghiamoci su che studente sarà uno che ha preso meno di 20/100 al test. Almeno triplichiamogli le tasse.



“PRACTICAL PHILOSOPHERS” O CPO (CHIEF PHILOSOPHY OFFICER)

L’ultima tendenza nelle aziende delle Silicon Valley e che comincia a dilagare in tutto il mondo è reclutare laureati in filosofia come manager o per consulenze esterne. Si chiamano appunto “practical philosophers”, o CPO (Chief Philosophy Officer), e sono destinati ad avere una grande influenza nella cultura aziendale, scansando i numeri per rimettere al centro l’uomo. Ecco l’identikit di questa nuova figura manageriale. In che modo un filosofo può aiutare un’impresa? Dice un articolo di Startupbusiness dedicato a questa nuova figura: “Il pensiero filosofico è l’arma che può aiutare le imprese, soprattutto quelle innovative, a coniugare le opportunità di business con i valori aziendali, implementando codici etici nell’organizzazione aziendale o lavorando agli obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. I filosofi in azienda aiutano leader e manager a interrogarsi sul ruolo che giocano i propri prodotti e servizi rispetto al quadro globale, per capire non solo se qualcosa può o meno avere senso o funzionare sul mercato ma anche se ce ne sia o meno il bisogno.” (Fonte: university2business.it 15-02-19)





RECLUTAMENTO



CHIARIMENTI DEL CAPO DIPARTIMENTO ALTA FORMAZIONE E RICERCA MIUR SU NUMERO CHIUSO E RECLUTAMENTO

A proposito dei dati pubblicati da M. Gabanelli e O. Riva nell’articolo del CorSera del 23 gennaio è intervenuto tempestivamente con chiarimenti e messe a punto il Capo Dipartimento Alta Formazione e Ricerca MIUR, prof. G. Valditara in una lettera al CorSera che merita di essere riprodotta di seguito.

“Nel servizio pubblicato sul Corriere della Sera del 23 gennaio si affrontano due temi importanti, quello del basso numero di laureati in Italia e del numero chiuso; quello dell'insufficiente quantità di docenti universitari in un contesto peraltro di risorse scarse. Quanto al numero chiuso, è intenzione di questo ministero allargare il numero degli iscritti a Medicina anche per rispondere a oggettive esigenze del sistema sanitario. L'articolo non considera tuttavia adeguatamente una importante novità contenuta nell'ultima Finanziaria, vale a dire i 220 punti organico in più rispetto al turnover che per la prima volta dopo oltre 10 anni segneranno una inversione di tendenza del nostro sistema universitario: saranno cioè aggiuntivi rispetto al turnover e dunque rappresentano un primo segnale di fiducia in una università risanata nei conti che ora ha necessità di crescere anche negli organici. Purtroppo l'articolo si chiude con due notizie inesatte: questi punti organico in più saranno pienamente spendibili già nel 2019 e non subiranno alcun blocco delle assunzioni. Inoltre non penalizzeranno le università del Sud, andranno a quelle università (molte proprio al Sud) che avranno meno docenti e più risorse a disposizione da spendere. Si tratta di un principio di normale buona amministrazione. Si dimenticano inoltre nel pezzo i 1.500 ricercatori di fascia B, 200 in più rispetto al passato governo, che verranno assunti, sempre grazie all'ultima Finanziaria, proprio nel 2019. Ad ulteriore chiarimento, aggiungo che nei fatti dal MIUR non vi sarà nel 2019 alcun blocco delle assunzioni posto che le università, come di consueto, faranno avere i dati relativi ai loro bilanci non prima di aprile, e dunque i punti organico 2019 non saranno distribuiti dal ministero prima di maggio; saranno pertanto di fatto trasformati in concorsi non prima di autunno avanzato. Infine nel 2019 si procederà all'assunzione di quegli oltre 2.000 punti organico assegnati a dicembre 2018. (Fonte: G. Valditara, CorSera 25-01-19)





RICERCA



RETTORI CONTRO IL PROGETTO DI RIDIMENSIONARE L’ANVUR

Alla lettera ai rettori del capo Dipartimento Giuseppe Valditara che rendeva noto agli atenei il progetto del ministero dell'Università e della ricerca di ridimensionare l'ANVUR, di accorparlo all'Invalsi (valutazione scolastica), di togliergli poteri e responsabilità ("un ente inquisitorio che ha imposto la dittatura dell'algoritmo", è la frase del testo diventata logo), molti rettori hanno risposto. Valditara aveva assicurato che la sua lettera era stata ben accolta dai "magnifici dell'università", ma al primo controllo si scopre che le cose non stanno così. Gli atenei del Nord-Est, compatti, hanno difeso l'ANVUR e contestato la proposta di riforma, in alcuni casi con inaspettata durezza. All'inaugurazione dell'Anno accademico il rettore di Ca' Foscari (Venezia), Michele Bugliesi, ha detto: "La valutazione negli ultimi dieci anni è stata una dei cardini della conduzione del sistema universitario italiano e tale deve restare, così come è in tutti i Paesi dove la ricerca e l'innovazione sono strumenti fondamentali di progresso. Per essere efficace la valutazione deve rimanere riferita a soli parametri di qualità e non condizionata da obiettivi politici di redistribuzione delle risorse. Deve rimanere terza rispetto al decisore politico ed essere affidata a un'agenzia indipendente composta da pari, unici soggetti in grado di esprimere pareri competenti e affidabili". Il rettore dell'Università di Trieste, Maurizio Fermeglia, premettendo che le sue considerazioni saranno "severe", ha scritto in risposta: "Il documento risulta molto confuso e affronta il tema a livelli diversi senza approfondirne alcuno. Lancia qua e là affermazioni, a volte anche sbagliate, senza di fatto proporre alcuna soluzione percorribile a fronte delle problematiche, certamente esistenti, relative al processo di valutazione". Il documento "confeziona in diversi punti affermazioni generiche", altre che "si potrebbero facilmente ritrovare nel blog Roars", altre ancora "ovvie per tutti quelli che hanno un minimo di confidenza con la letteratura internazionale sulla valutazione". C'è anche una voce del Sud, nel dibattito sulla valutazione. È quella del rettore dell'Università di Salerno, Aurelio Tommasetti, convinto che "l'esperienza della Valutazione della ricerca abbia avuto un valore strategico per gli atenei meridionali". Scrive Tommasetti: "Ci ha offerto una base e uno stimolo per rinnovare modelli operativi del corpo docente e strategie efficaci per la direzione degli atenei". Ancora, in modo chiaro: "E' necessario conservare questo nucleo centrale di valutazione nazionale, l'autonomia e l'eccellenza dell'Agenzia di valutazione, per potere operare con efficacia e soprattutto avere dati e risultati certificati". La Conferenza dei rettori sta elaborando un documento unitario in risposta alla lettera del capo Dipartimento Valditara e al progetto di riforma della valutazione. (Fonte: C. Zunino, R.it Scuola 25-02-19)



UNIVERSITÀ E RICERCA. I NUMERI DELLA CRISI

«L’Italia - è il grido d’allarme di E. Gaudio, rettore della Sapienza alla cerimonia di inaugurazione del 716° anno accademico - investe per l’alta formazione 100 euro per abitante, la Germania 300 e la Corea del Sud più di 600. Il numero complessivo dei docenti under 40 anni risulta dimezzato rispetto al 2008, l’età media dei docenti ordinari è di 56 anni mentre l’edilizia universitaria per aule e laboratori non viene finanziata da 10 anni». Insomma, di fondi non ce ne sono e il sistema universitario italiano non può crescere. Lo stesso vale per la ricerca: gli enti pubblici del settore hanno perso in poco più di dieci anni qualcosa come 400 milioni di finanziamenti dal MIUR, il solo CNR si è visto ridurre il budget ministeriale di 150 milioni rispetto al 2002. Il confronto con gli altri Paesi è impietoso: spendiamo in ricerca e sviluppo meno della metà della Francia e un quarto della Germania. Il numero dei ricercatori nelle università scende drasticamente da anni: tra il 2008 e oggi se ne sono persi 10 mila. (Fonte: Il Messaggero 17-01-19)





SISTEMA UNIVERSITARIO



L’IRRIGIDIMENTO DEL SISTEMA DI COMUNICAZIONE MINA L’EFFICACIA DELLA TERZA MISSIONE DEGLI ATENEI

Si usa sovente il concetto improprio di "trasferimento tecnologico" per identificare il rapporto esistente tra la "scienza" degli atenei e le "applicazioni tecnologiche" dell'industria. Dietro vi è una visione della società dei cilindri (l'università, l'industria, il paese) che comunicano tra di loro mediante una rete più o meno complessa, con flussi di trasferimento sostanzialmente unidirezionali (il paese trasferisce fondi, scarsi, agli atenei; gli atenei formano i laureati che auspicabilmente si occuperanno nelle imprese; le università trasferiscono le loro scoperte scientifiche alle imprese in cambio di denaro; le industrie vorrebbero orientare la formazione ma le università sovente sono reticenti; se lo vogliono fare il complesso delle norme vigenti non lo consente, e così via). Nella sostanza però molti di questi scambi avvengono solo in linea teorica e i sottosistemi non comunicano tra di loro. Più regole e sedicenti "facilitatori" s'inseriscono e più s'irrigidisce il sistema. E' altresì facile immaginare quanto sia fallimentare questo modello alla luce della corrente rivoluzione industriale dell'industria 4.0, tutta basata sulla comunicazione e interconnessioni tra "fare le cose" e trasmissione di informazioni in rete dati. Pertanto la domanda finale è come si può valutare l'efficacia della cosiddetta "terza missione degli atenei" se s'irrigidisce il sistema di comunicazione tra i vari attori della società italiana? (Fonte: Relazione a Congresso Uspur, Bologna 20-10-18)



RETE DELLE UNIVERSITÀ PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Agenda 2030 promossa dalle Nazioni Unite nel 2015, con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile noti come Sdgs (Sustainable development goals), è una sfida ambiziosa anche se parlare di sostenibilità in università non è un tema nuovo: molti atenei internazionali si occupano di politiche ambientali da almeno vent'anni. Grazie però alla recente costituzione di reti di collaborazione internazionale tra le università l'impegno sociale e ambientale è cresciuto sensibilmente. E anche in Italia, nonostante si sia partiti in ritardo, l'accelerazione è stata considerevole. Ideata nel 2013 e lanciata ufficialmente nel 2015 in seno alla CRUI, la Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus) coinvolge oggi 62 atenei e rappresenta una piattaforma di condivisione di esperienze e promozione di progetti di ricerca, didattica e attività concrete da mettere in pratica nei nostri campus. (Fonte: E. Morello, Buone Notizie CorSera 05-02-19)





STUDENTI. DIRITTO ALLO STUDIO. TASSE UNIVERSITARIE



DIRITTO ALLO STUDIO

Sul versante del diritto allo studio universitario le risorse FIS, pur restando insufficienti a garantire l’accesso alla borsa di studio alla totalità degli studenti idonei in tutte le Regioni, erano comunque cresciute negli ultimi anni. La finanziaria di quest’anno, che ha previsto l’accantonamento e la conseguente indisponibilità di 30 mln di Euro, con una riduzione delle risorse effettivamente disponibili di oltre il 12%, rischia di vanificare lo sforzo, anche finanziario, fatto da molte Regioni e di far riemergere la categoria dello studente idoneo non beneficiario di borsa di studio in realtà che negli ultimi anni erano riuscite a soddisfare la totalità degli studenti aventi diritto.

Occorre poi considerare che le borse del diritto allo studio universitario hanno ancora valori medi nettamente più bassi della media degli altri paesi europei e che, in assenza di servizi aggiuntivi - quali mense e residenze - in grado di soddisfare i bisogni essenziali a prezzi contenuti, non risultano sufficienti al mantenimento degli studenti.

Il numero di posti alloggio nelle residenze universitarie non è ancora sufficiente a coprire la domanda degli studenti fuori sede che sono costretti a rivolgersi ad affitti di mercato, spesso a canoni troppo elevati per le loro disponibilità e ad alloggiare in abitazioni non sempre provviste delle garanzie di sicurezza previste dalla normativa e spesso affittate con contratti irregolari. (Fonte: Documento della Conferenza delle Regioni illustrato da Monica Barni nel corso di un'audizione alla commissione Cultura della Camera il 14 febbraio 2019)



QUALI CARATTERISTICHE AVRÀ IL NUOVO ESAME DI STATO

Sarà un esame in cui sono cancellate le discipline: e non ci tragga in inganno la bidisciplinarità di facciata della seconda prova scritta, in realtà solo una giustapposizione di materie diverse. Inoltre, nel decreto che norma il colloquio orale, l’avvertenza ai docenti di “evitare una rigida distinzione tra le discipline” è chiarissima. Ed è proprio per raggiungere questo obiettivo che è stata eliminata la terza prova. È la vittoria del mito efficientista delle competenze, di un’idea di scuola ancillare ad un lavoro inteso non come dignità dell’individuo, ma acritica esecutività. La finalità è semplificare e impoverire il possesso dei saperi piegandoli all’apprendimento certificato di prestazioni strumentali:

- un esame in cui viene cancellata la possibilità per gli studenti di svolgere un tema libero a partire da una traccia di storia, di attualità o legata alla propria specifica tipologia di scuola ed in cui la scrittura viene vincolata nello stretto perimetro di un’argomentazione preconfezionata, dove ciò che conta non è cosa si dice, ma come lo si dice e se lo si dice nel rispetto di un format imposto;

- un esame che obbliga gli studenti a un colloquio orale nullificato, in cui prima la busta, il quiz, la sorte, poi lo ‘spunto’ estratto dal candidato daranno il via ad un parlare senza contenuti, senza riferimenti culturali. L’esame del problem solving, che premia la destrezza estemporanea dello studente capace di passare da uno spunto ad un altro (sarebbe questa l’interdisciplinarità?) e affida invece l’onere, l’invenzione del problem setting alla commissione, che dovrà dedicare un’apposita sessione alla preparazione dei quesiti: un lavoro tanto complesso e meticoloso quanto inutile, affidato alle scarne prescrizioni di un decreto e ai documenti del 15 maggio;

- un esame che concretizza i frutti di una visione asfittica ed avariata della valutazione.

In tanta approssimazione – una normativa a singhiozzo, pubblicata pochi mesi prima della prova, in totale assenza di consultazione – due sono le considerazioni che emergono prioritariamente.

La prima: l’operazione è evidentemente tesa a imporre una sterzata radicale e autoritaria alle programmazioni e alla didattica dei docenti, partendo direttamente dalle conclusioni del percorso. Si impongono agli insegnanti cambiamenti che pregiudicano l’esercizio della libertà di insegnamento attraverso una rivisitazione degli obiettivi finali, obbligando ad adeguarsi ad essi ex lege.

La seconda: la banalizzazione dell’esame, la sua meccanizzazione, l’allontanamento dalla centralità delle conoscenze e del loro rigore scientifico, l’acquisizione dell’alternanza scuola-lavoro nella valutazione sommativa, la retorica delle competenze, costruita sull’inganno epistemologico della cultura della modernità. (Fonte: Red.ne Roars 15-02-19)



SCELTE  DEI DIPLOMATI ALLA CONCLUSIONE DELLA SCUOLA SECONDARIA DI 2° GRADO IN TERMINI DI PERFORMANCE UNIVERSITARIE E LAVORATIVE A UN ANNO E A TRE ANNI

Il Rapporto 2019 sulla Condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria di secondo grado, realizzato da AlmaDiploma e dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, fotografa le scelte compiute dai diplomati alla conclusione della scuola secondaria di secondo grado in termini di performance universitarie e lavorative nell’immediato (a un anno) e in un più lungo periodo (a tre anni). Il 66,8% dei diplomati si iscrive all’università e opta per un percorso di studi economico-sociale. A un anno dal diploma il 35,5% lavora, in particolare chi è uscito dagli istituti professionali. Chi ha svolto attività di Alternanza scuola-lavoro e stage durante gli studi, ha il 40,6% in più di probabilità di lavorare una volta terminati gli studi.

Tra chi prosegue gli studi con l’iscrizione all’università, la motivazione principale è di natura lavorativa (68,2%): il 45,0% dei diplomati intende infatti migliorare le opportunità di trovare lavoro, il 22,1% ritiene che la laurea sia necessaria per trovare lavoro e l’1,1% dichiara di essersi iscritto non avendo trovato alcun impiego. Il 30,2% è spinto invece dal desiderio di potenziare la propria formazione culturale.

La tendenza è confermata all’interno di tutti i tipi di diploma. In particolare, il 49,5% dei tecnici dichiara di essersi iscritto per migliorare le possibilità di trovare lavoro; è il 43,7% per i liceali e 37,1% per i professionali. Per i liceali, più di altri, l’iscrizione all’università viene vissuta come una necessità per accedere al mercato del lavoro (26,2%; è pari al 12,2% per i tecnici e 15,9% per i professionali). Infine, la prosecuzione degli studi è dettata dal desiderio di migliorare la propria formazione per il 41,4% dei professionali, rispetto al 28,1% dei liceali e al 34,1% dei tecnici.

Fra i diplomati che hanno invece terminato con il diploma la propria formazione, il 29,3% indica, come motivo principale della non prosecuzione, la difficoltà di conciliare studio e lavoro. Il 24,8% dichiara invece di non essere interessato a proseguire ulteriormente la formazione, mentre il 13,0% è interessato ad altra formazione. Infine, il 12,9% lamenta motivi economici. (Fonte: www.giornaledellepmi.it 31-01-19)



STUDENTI. COSTI PER FUORISEDE

Secondo il rapporto di Federconsumatori, gli studenti universitari meridionali spendono mediamente 6.767,23 euro l’anno per affitto, trasporto pubblico, alimentazione, casa, libri di testo, materiale didattico e tasse universitarie. Si tratta di un dato in contrazione rispetto all’anno precedente: infatti, nel 2016 sono stati spesi 6.984,54 euro, esattamente il 3,11% in più rispetto al 2017. I dati meridionali sono certamente più bassi rispetto a quelli osservati nelle altre circoscrizioni: infatti, al Nord sono 8.134,82 gli euro spesi dalle famiglie dei fuorisede universitari, mentre ammontano a 8.405,22 euro al Centro. Negli affitti si riscontrano differenze notevoli tra le tre macroaree geografiche del Paese: se al Centro Italia il costo medio mensile di una camera sfiora i 400 euro per la singola ed è di quasi 250 euro per la doppia, al Nord tali costi ammontano rispettivamente a 363,6 euro e 219 euro. Decisamente più contenute le spese per chi studia nelle città del Sud: in media il costo è di 251,5 euro al mese per la camera singola e di quasi 161 euro per la doppia. (Fonte: S. G. Grasso, QdS 24-01-19)



INDIRIZZO LICEALE E TECNICO-PROFESSIONALE. PREFERITO IL PRIMO

In Italia la maggiore parte degli adolescenti si iscrive al liceo, circa il 55,3% nel 2018, un aumento di circa il 2% rispetto all’anno precedente. Il valore è nettamente più alto rispetto a quello del sistema scolastico tedesco dove ciò che si potrebbe definire come l’analogo istituto del liceo, ovvero Gymnasium (che va dagli 11 ai 17 anni circa), è frequentato solo da un terzo degli studenti.

Scegliere l’indirizzo liceale a scapito degli istituti tecnico-professionali (iscrizioni in calo del 15,1% nell’ultimo anno) è una tendenza molto diffusa in Italia e che non sembra essere premiata né da un particolare coinvolgimento degli studenti (uno su tre tra i liceali abbandona precocemente gli studi) né dal mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile è infatti salito al 31,9%, uno tra i più alti d’Europa e a grande distanza sia dalla media europea (6,8%) che tedesca (6%). (Fonte: V. Fonzo, aise.it 18-02-19)





VARIE



UNA NUOVA ASSOCIAZIONE VUOLE ANCHE AFFERMARE L'AUTONOMIA DELLA SCIENZA RISPETTO ALLA POLITICA

L'associazione "Italia Stato di diritto", presentata ufficialmente lo scorso 18 gennaio a Milano, è composta da avvocati, docenti di materie giuridiche e professionisti che lavorano quotidianamente con il diritto, è stata creata per difendere i principi della democrazia liberale che hanno ispirato la Costituzione e l'UE. Tra gli obiettivi palesati sul sito: diffondere la conoscenza di principi importanti e non sempre conosciuti (come la divisione dei poteri, l'essenzialità dei partiti e la necessità che abbiano una vita interna democratica); descrivere le ragioni della democrazia rappresentativa e i rischi di un uso distorto degli strumenti di democrazia diretta; ricordare che il rispetto dei trattati internazionali e dei patti sottoscritti con gli altri Stati dell'Unione Europea è necessario affinché il rapporto tra Stati non regredisca all'uso della forza; affermare l'autonomia della scienza rispetto alla politica. (Fonte: G. Lax, studiocataldi.it 28-01-19)



PERCHÉ RIPENSARE L’ECONOMIA - PER UNA RIFORMA DELL’UNIVERSITÀ

Il 5 dicembre si è tenuto presso il Dipartimento di Economia dell’Università Roma Tre l’evento “Perché ripensare l’Economia - per una riforma dell’Università”, organizzato da Rethinking Economics Italia. Come è facile capire, la domanda che ha dato il titolo all’evento travalica le questioni interne alle mura accademiche e ha a che fare con l’intero destino della nostra società. L’urgenza di ripensare l’economia infatti non è solo una rivendicazione di un sempre più largo gruppo di studenti e ricercatori in giro per il mondo, ma una vera e propria necessità politica, che riguarda tutti noi e determinerà le possibilità stesse della nostra civiltà di superare la crisi sociale, ambientale ed economica che stiamo attraversando. Gravi disuguaglianze, una crescita ingiusta e stagnante, la precarietà che è diventata la cifra di un’intera generazione, emigrazioni di massa, un ambiente sull’orlo del collasso, i popoli in preda a una rivolta sociale.

Questi, nota G. Guzzi nell’articolo, sono solo alcuni dei sintomi che denotano una crisi di portata storica, che nei prossimi anni modificherà radicalmente il profilo delle nostre società, ma di cui l’economia mainstream, ossia quella insegnata e divulgata nelle maggiori università e dai principali mass media, non solo ignora le cause ma sembra anche aver contribuito ad esacerbare gli effetti.

Ma, commenta giannini61 in coda all’articolo di Guzzi, dire che il modello neoclassico non è adatto a spiegare l’economia significa non averlo compreso, se non nella esemplificazione didattica di un corso di Economia 1. Come dicevano i “vecchi” maestri, che certo non erano dei fondamentalisti dell’economia marginalista, il mainstream è un mostro con tante teste, e tanti, in questi ultimi cento anni, hanno provato a decapitarlo, senza grande successo. Quello che fa fallire l’economia non è il suo fondamento epistemologico, ma l’inettitudine di una classe politica becera ed ignorante che non sa sfruttarne gli insegnamenti. (Fonte: G. Guzzi, IlSole24Ore 16-01-19)



UNA PROPOSTA PER COLTIVARE IL MERITO

Per coltivare il merito negli spazi del sapere bisogna tornare a far uso di una discrezionalità protetta dalle leggi e gerarchicamente orientata. Si tratta di riaffidare alla responsabilità umana, legittimata dal principio di autorità, il compito di selezionare la nuova classe dirigente accademica, mandando in soffitta un sistema formativo fatto di procedure asettiche e di controlli burocratici che non hanno scongiurato l’infiltrazione del familismo e della corruzione. Significa rilegittimare tutte le posizioni apicali, che sono state espropriate della loro potestà discrezionale e trasformate in centri di burocrazia autoreferente, in nome di un egualitarismo malsano, monopolizzato da corpi intermedi malati. Significa, ancora, rimettere il magistero, di qualunque disciplina, nella posizione di valutare, in piena autonomia e senza conseguenze giudiziarie, i premi e le promozioni nella scala gerarchica funzionali allo sviluppo del sapere. (Fonte: A. Barbano, Il Foglio 27-01-19)



UN DOCUMENTO DI DICIOTTO PROFESSORI UNIVERSITARI ESPERTI DI ECONOMIA E INGEGNERIA DEI TRASPORTI SULLA TAV

“La pubblicazione delle Analisi Benefici-Costi svolte dal gruppo di esperti MIT presieduto dal prof. Ponti sul collegamento ferroviario Torino – Lione e, prima, sulla linea AC Genova-Milano (Terzo valico dei Giovi) ha consentito di constatare - alla totalità dei 18 esperti intervenuti in argomento - i molti errori (costi indebitamente imputati all'opera) ed omissioni (benefici non considerati o stimati in modo almeno discutibile) della metodologia applicata. Si tratta di errori ed omissioni messi in evidenza, che rendono del tutto arbitrarie le conclusioni negative raggiunte. Rafforza queste convinzioni la preoccupante Relazione tecnico-giuridica (avv. Pucciarello) che accompagna l'analisi costi benefici della Torino-Lione, che a nostro avviso avrebbe dovuto essere tenuta in conto anche nelle valutazioni della Benefici-Costi, in quanto le valutazioni giuridiche evidenziano i possibili costi della non realizzazione del progetto. Alcuni di questi sono certi (penali e ripristino dei territori su cui si svolgono i lavori in corso), altri probabili, secondo l'avv. Pucciarello del MIT, che riguardano non solo la restituzione o la rinuncia ai contributi UE, ma anche i potenziali danni che i Paesi europei potrebbero imputare all'Italia per la soluzione di continuità di un corridoio della rete TEN-T, deliberato dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo col voto favorevole dell'Italia, con un Regolamento europeo cioè con fonte giuridica non derogabile neanche dal Parlamento italiano con sua legge”. (Fonte: IlSole24Ore 20-02-19)





UNIVERSITÀ IN ITALIA



UNIBO. ARRIVA LA LAUREA IN INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’intelligenza artificiale entra nelle aule dell’Università degli Studi di Bologna. Per l’anno accademico 2019/2020 l’Alma Mater ha infatti istituito il corso di laurea magistrale internazionale in ‘Artificial Intelligence’, il secondo in Italia dopo quello della ‘Sapienza’ di Roma, volto a formare dei professionisti in questa disciplina. Inoltre, ad aprile l’ateneo bolognese aprirà il nuovo Centro di ricerca per l'intelligenza e la digitalizzazione della conoscenza, sottolineando l’interesse verso questo campo di ricerca ritenuto fondamentale per il futuro. Nel 2022, Bologna ospiterà la prossima edizione della IJCAI-ECAI, la più grande conferenza scientifica sui temi dell'intelligenza artificiale. (Fonte: Skytg24 07-02-19)



UNIBO. STARTUP DAY SUPPORTA LA CULTURA IMPRENDITORIALE

Con lo StartUp Day l’ateneo bolognese, supporta da ormai 5 anni la cultura imprenditoriale tra i giovani studenti e neolaureati, attraverso un programma che trova il suo momento conclusivo nell’evento in programma il prossimo 18 maggio a Palazzo Re Enzo: all’appello l’ecosistema dell’innovazione, università e imprese del territorio, studenti e alumni, startup, business angels, venture capitalist, investitori e altre  realtà nazionali e internazionali che sostengono e finanziano il mondo dell’imprenditorialità. L’appuntamento di maggio è in realtà solo la tappa finale dell’iniziativa promossa dall’Ateneo emiliano e che ogni anno comincia con una Call for Ideas in due round al termine della quale le migliori 30 idee selezionate ottengono un tavolo per le sessioni di team meeting durante l’evento. Quest’anno l’iniziativa è partita con una novità: la community ambassador StartUp Day. La rete è un progetto strategico che mira a coinvolgere studenti e neolaureati di ogni campus e corso di laurea, incentivandoli a promuovere lo StartUp Day e i valori dell’imprenditorialità in tutta l’università di Bologna. (Fonte: university2business.it 11-02-19)



SCUOLE D’ECCELLENZA

Tutte le scuole d’eccellenza sono equiparate a università. Hanno perciò personale docente proprio e sono finanziate su un fondo distinto dall’FFO (Fondo di finanziamento ordinario) delle altre università. Nel 2018 le scuole d’eccellenza hanno ricevuto 105 milioni (39 la SNS, 31 il S. Anna, 22 la SISSA, 7 l’IMT e 6 lo IUSS), contro un totale di 6886 delle altre università. Insieme le scuole di eccellenza sono la ventiseiesima università italiana per finanziamento totale (la prima è Roma Sapienza, con 483 milioni). Dal punto di vista didattico, bisogna distinguere due modelli diversi. SISSA e IMT conferiscono solo diplomi di dottorato di ricerca, mentre IUSS, Normale ed il Sant’Anna conferiscono sia dottorati (detti perfezionamenti) sia diplomi di corso ordinario. Questi ultimi sono aggiuntivi rispetto alle lauree (triennale e specialistica) dell’università di Pavia e Pisa. Gli studenti devono superare in corso gli esami universitari (con la media del 27 e nessun voto sotto il 24) e superare anche esami aggiuntivi, tenuti da professori della Scuola. (Fonte: G. Federico, noisefromamerika.org 11-02-19)



ISTANZE DELLE REGIONI NELLA PROGRAMMAZIONE DELLE UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA IN AMBITO AUTONOMIA RAFFORZATA

Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avanzato richieste al governo di più attenzione al territorio nella programmazione delle università e della ricerca nell'ambito del dossier dell'autonomia rafforzata regionale. Luca Zaia, Attilio Fontana e Stefano Bonaccini, i presidenti rispettivamente di Veneto, Lombardia ed Emilia, hanno avanzato la richiesta di un coordinamento delle università dei rispettivi territori, «nel rispetto dell'autonomia» delle stesse istituzioni, così da integrare l'attività didattica nell'interazione con il tessuto produttivo del territorio. Una curvatura della didattica, dunque, che dovrebbe interessare solo alcuni corsi e che comunque non potrà prescindere dall'accordo con i singoli atenei, la cui autonomia è presidiata dalla Costituzione.

Sull'altro piatto della bilancia è prevista la possibilità che le regioni finanzino posti in deroga rispetto all'organico degli atenei. Sempre le regioni potranno disporre integrazioni salariali per il personale, aggiuntive rispetto al trattamento previsto a normativa vigente.

Novità anche per la ricerca: con particolare attenzione al sostegno e allo sviluppo delle attività di impresa e delle startup, le regioni chiedono la partecipazione alla programmazione delle attività di ricerca scientifica e tecnologica per i settori di maggior ricaduta per la produttività del territorio. (Fonte: A. Ricciardi, ItaliaOggi 12-02-19)





UE. ESTERO



2019 QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 

Africa. South Africa remains the continent’s dominant higher education ecosystem. Seven South African universities see 113 departments ranked, accounting for well over half of the continent’s total. But 24 of South Africa’s departments drop in rank while only 20 improve in rank.

Asia. In Asia, Singapore remains dominant at the very top of the rankings, with 14 departments among the top 10 of the 48 subject tables. But China continues to increase its competitiveness, recording a higher share of top-50 departments than ever.

Australia. The Australian sector still remains home to numerous outstanding subject providers. Australian National University in particular performs strongly, ranking among the global top 10 for seven different subjects – a year-on-year increase of three.

Latin America. Of the 555 Latin American university departments ranked, 129 have declined in rank, while 89 have improved their rank, constituting “systemic relative decline”, QS says. Latin American representation at the top-50, top-100 and top-200 level has also decreased year-on-year.

Middle East. QS ranked 145 departments across eight Middle Eastern nations, an increase of 60% on last year, with 33 departments improving their rank, and 18 departments declining in rank. Saudi Arabia remains the region’s dominant higher education system. Some 56 of its departments are ranked, and 28 of the 33 top-200 ranks achieved by Middle Eastern universities are attributable to Saudi Arabian institutions.

North America. The United States’ higher education system has continued to decline, losing almost 20% of its top rankings for its departments in a year, and recording deeper deteriorations in liberal arts disciplines. But Harvard University remains the world’s outstanding university, ranking number one in 12 subjects, closely followed by Massachusetts Institute of Technology, ranking first in 11 subjects. Canada’s higher education sector has consolidated its status as the world’s third best in terms of research performance. In total, 557 Canadian university departments are ranked. A total of 123 departments drop in rank, while 139 improve their rank.



CONFRONTO CON L’ESTERO. PRESENZA DI DONNE NEL CORPO DOCENTE UNIVERSITARIO

Regno Unito. In media il numero di professoresse nella più alta fascia di docenza si attesta intorno al 22%, leggermente al di sotto delle percentuali italiane (ma la percentuale sarebbe decisamente al di sotto di quelle italiane se nel conteggio fossero incluse anche le posizioni di PA).

Svizzera. Sommando PO e PA, si raggiunge circa il 21% fortemente al di sotto della percentuale italiana.

Danimarca. Il dato disponibile per l’università di Copenhagen (riferito al termine del 2015) indica una percentuale di donne PO pari al 22%; una percentuale anche inferiore è invece riportata per l’università di Aahrus con il 17%.

Germania. Mostra un dato nazionale medio intorno al 22% di donne in posizione da professore con le due principali università di Monaco di Baviera, la TUM e la LMU che mostrano percentuali di donne nel ruolo di professore tra il 18 ed il 22%, rispettivamente.

Francia. Mostra un 18% di donne nella categoria più alta di professori ma considerando solo le discipline scientifiche (unici dati disponibili del 2018) e perciò è ipotizzabile una percentuale decisamente più elevata considerando anche le discipline umanistiche.

Stati Uniti. Ad esempio per la Brown University e Princeton, nella più alta categoria di professori, il 25% di questi sono donne. Quasi identiche percentuali sono riportate per la Columbia University e per la Stanford University. Stessi numeri per la Harward.

Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC). Se si effettua un’analisi delle tre tipologie di finanziamenti individuali dal 2007 al 2016, si osserva che vince un ERC Starting Grant il 27% di donne, vince un Consolidator Grant il 28% di donne e vince un Advanced Grant soltanto il 14% di donne. (Fonte: F. Nestola, ilbolive.unipd.it 30-01-19)



FRANCE IS PREPARING TO IMPLEMENT A NATIONAL, MULTI-YEAR RESEARCH PLAN

France is preparing to implement a national, multi-year research plan for the first time – a move warmly welcomed by the heads of the country’s major research agencies, writes Barbara Casassus for Nature. The details of the programme, unveiled by French Prime Minister Edouard Philippe on 1 February, are yet to be defined, but the government says that it will protect research funding, boost the reCRUItment of early-career scientists and help France to stand out in an increasingly competitive global research landscape. The programme should cut bureaucracy and give scientists more resources, allowing them to better plan for the future and freeing up more time for research, said Phillippe, who announced the move in Paris at an event celebrating the 80th anniversary of France’s National Centre for Scientific Research (CNRS), Europe’s largest basic-research agency. (Fonte: UWN 15-02-19)



GERMANIA. IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE: GYMNASIUM, REALSCHULE, HAUPSCHULE, FACHHOCHSCHULE

Il sistema scolastico tedesco, a differenza di quello italiano, è pensato per indirizzare gli studenti già dagli 11 anni in poi. Da quell’età in poi per essere accettati in un liceo bisogna superare una selezione basata sui voti ricevuti fino a quel momento durante gli anni della Grundschule (elementari) e altri elementi, sempre più stringenti nel corso degli anni. Solo un terzo degli studenti, ovvero quelli aventi una media dei voti in matematica e tedesco tra 2 e 2,5 (la scala dei voti è invertita va dal 5 all’1, dove 1 è massimo), salvo eccezioni, può frequentare il Gymnasium. In alcuni Länder, come Sassonia e Brema, l’accesso ai licei è possibile solo tramite raccomandazione da parte della Grundschule o attraverso un esame o una lezione di prova. Solo il 33% degli studenti riesce a essere ammesso al Gymnasium, gli altri, invece, sono normalmente incoraggiati a iscriversi alla Realschule (i corrispettivi degli istituti tecnici italiani) o alla Haupschule (la scuola professionale). In Germania il sistema universitario si è ormai omologato agli standard europei. Per accedervi è necessario un diploma di maturità. Tuttavia esistono anche le cosiddette Fachhochschulen a cui è più facile accedere nel caso in cui si provenga da una Realschule. Non esistono esami di ammissione (salvo per alcune facoltà a numero chiuso, come medicina). (Fonte: V. Fonzo, aise.it 18-02-19)



UK. IL COSTO SBALORDITIVO DELL’ECCELLENZA

The TEF (Teaching Excellence Framework) is now in its third year but still has some way to go before suspicion around its methodology and benefits subsides. Last year, the Westminster government announced plans to evolve the scheme to include a detailed assessment of universities’ performance in 34 specific subject areas, evaluating them on student satisfaction and retention as well as graduate employment. Now policymakers are being asked to reconsider, following a warning from vice-chancellors that such detailed testing of subjects could push the cost of the exercise to the sector up to an eye-watering £37.6 million each time. They argue that increased cost to universities and taxpayers, alongside problematic methodology overall, “risk undermining the subject’s purpose”. (Fonte: A. McKie, THE 25-02-19)



UK. A LONDRA UNA UNIVERSITÀ CHE OFFRE UN SOLO CORSO DI LAUREA

A partire dal prossimo anno è la novità nel panorama accademico britannico, ma soprattutto perché questa laurea sarà a cavallo fra materie umanistiche e scientifiche. L’ateneo si chiamerà London Interdisciplinary School e già dal nome se ne comprende l’approccio: non più steccati fra i saperi, ma un unico corso che fonde scienze e humanities, arte e tecnologia. Un’iniziativa che nasce da una precisa richiesta del mondo delle imprese: e infatti fra gli sponsor ci sono gruppi come McKinsey, il gigante della consulenza, e la Virgin di Richard Branson. Perché il problema, anche in Inghilterra, è trovare laureati con le competenze giuste, che oggi significano non tanto iper-specializzazione quanto capacità di essere trasversali. Dunque letterati che sappiano leggere un bilancio o ingegneri capaci di pensare filosoficamente, ma soprattutto persone in grado di «risolvere problemi complessi». (Fonte: L. Ippolito, CorSera Università 04-03-19)





LIBRI. RAPPORTI. SAGGI



IL SISTEMA UNIVERSITARIO NELLE ANALISI DEL CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE-BIENNIO 2017-2019.

Studio effettuato dal CUN. Gennaio 2019.

Il Consiglio Universitario Nazionale intende qui rappresentare e sottoporre all’attenzione e alle riflessioni delle comunità scientifiche e accademiche, nonché delle sedi istituzionali competenti, quelle che si sono affermate e continuano a proporsi tra le principali questioni aperte del nostro sistema universitario nel corso del biennio gennaio 2017 - gennaio 2019. Non tutte le problematiche per le quali il sistema universitario attende soluzioni e risposte saranno dunque fatte oggetto di considerazioni dedicate in questa relazione biennale. A motivo di sollecitazioni, esterne e interne, le istanze della semplificazione, della modernizzazione del sistema, e perciò della sua flessibilità e della sua internazionalizzazione, hanno impegnato l’Organo in estese analisi dedicate, fra l’altro, all’adeguamento dell’offerta formativa, perché ne sia assicurata la capacità di meglio rispondere alle nuove esigenze dei contesti anche sovranazionali. Il testo completo dello studio nel seguente link https://tinyurl.com/y6ll9fct .



CRITICAL PERSPECTIVES ON DIGITAL TECHNOLOGIES IN HIGHER EDUCATION

A cura di Deborah Lupton, Inger Mewburn, Pat Thomson. Ed. Routledge, 2017, 172 pg.

Academic work, like many other professional occupations, has increasingly become digitised. This book brings together leading scholars who examine the impacts, possibilities, politics and drawbacks of working in the contemporary university, using digital technologies. Contributors take a critical perspective in identifying the implications of digitisation for the future of higher education, academic publishing protocols and platforms and academic employment conditions, the ways in which academics engage in their everyday work and as public scholars and relationships with students and other academics. The book includes accounts of using digital media and technologies as part of academic practice across teaching, research administration and scholarship endeavours, as well as theoretical perspectives. The contributors span the spectrum of early to established career academics and are based in education, research administration, sociology, digital humanities, media and communication. (Fonte: Presentazione dell’editore)



LA VALUTAZIONE COME DISPOSITIVO CENTRALE DI UNA NUOVA FORMA DI GOVERNAMENTALITÀ

In generale, negli ultimi trenta anni circa, i sistemi universitari europei hanno dovuto affrontare riforme radicali. Le politiche nazionali nel campo dell’istruzione superiore si sono ispirate a un modello comune di «governance di sistema» - sempre più influenzato dal confronto, implicito o esplicito, con quello anglosassone - che ha portato le tradizionali modalità di gestione tipiche dell’Europa continentale (modello gerarchico - burocratico) e quelle appunto dei paesi anglosassoni (modello dell’autogoverno istituzionale) a convergere verso un comune template: lo «stato valutatore». I pilastri su cui si basa tale modello sono quelli del New Public Management (NPM), che è stato modulato, declinato e reinterpretato in maniera sostanzialmente differente a seconda dei diversi contesti istituzionali, dando vita a combinazioni peculiari e attivando dinamiche spesso conflittuali, sia a livello di sistema sia di singola istituzione universitaria. Schematicamente si possono identificare con: la concessione di un’estesa autonomia istituzionale alle università; la valutazione della qualità della ricerca e dell’insegnamento che ciascun ateneo è in grado di offrire; l’introduzione di meccanismi competitivi di finanziamento che premino il merito attraverso la “visualizzazione” dei risultati ottenuti. In particolare, la valutazione è diventata, in tale quadro, non solo una parola chiave per la qualità, ma anche il dispositivo centrale di una nuova forma di governamentalità, attraverso la trasformazione dello Stato centralista nello «Stato valutatore». (Fonte: E. Spanò, Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018, Numero monografico http://www.rtsa.eu/ )





IN BREVE (Gennaio - Marzo 2019)



L'Università, la Ricerca scientifica e, più ampiamente, la Cultura, paiono ormai fra gli ambiti che con maggiore facilità sono chiamati a confrontarsi con misure di RIDUZIONE DELLE RISORSE nonché a soffrire interventi normativi contingenti, spesso cangianti, capaci di comprometterne lo sviluppo. C. Barbati, pres.te CUN.



DOMANDA DI GIUSTIZIA. «È inutile rincorrerla con incrementi di personale. Bisogna trovare adeguate deterrenze contro chi resiste indebitamente in giudizio sapendo di avere torto». La soluzione è un sistema «dove non esiste il divieto di reformatio in peius» (possibilità di aggravare la condanna in Appello). P. Davigo, La Stampa.



Analisi triennale New Skills at Work di J.P. Morgan e Università Bocconi ha evidenziato lo «SKILL MISMATCH», come lo chiamano gli economisti. Abbiamo uno dei più consistenti livelli di «disallineamento» tra i percorsi di studio scelti dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro (al 3° posto dopo Corea del Sud e Inghilterra). «Strabismo» che porta troppi «dottori» a trovarsi senza lavoro. CorUniv.



INDENNIZZO AI DOCENTI UNIVERSITARI. Con i 50 milioni del 2018 ai 43.000 professori e ricercatori di ruolo in servizio a inizio 2018 e anche nel periodo di BLOCCO STIPENDIALE (tra il 01.01.2011 e il 31.12.2015) sono stati distribuiti tra i 1.250 e 1.429 euro pro capite. A cui entro il 15.03.19 deve seguire un 2° indennizzo compreso tra i 1.000 e i 1.143 euro.



NUMERO COMPLESSIVO DEI PROFESSORI ordinari (13.490) e associati (20.720) in ruolo nelle università nel 2018. Dal 2012 a oggi sono state presentate 129.000 domande di abilitazione scientifica nazionale per insegnare negli atenei: in 64.503 casi è stata ottenuta l'abilitazione e in 14.468 l’assunzione. Sole24.



ACCREDITAMENTO DEI CORSI DI DOTTORATO. ll MIUR ha semplificato le regole per gli atenei, riducendo di fatto il ruolo dell'ANVUR. Per costituire un collegio docenti di dottorato basterà aver pubblicato almeno 3 prodotti scientifici su fonti qualificate e superato gli indicatori per l'abilitazione scientifica nazionale per i professori associati. Senza più spazio dunque per gli algoritmi applicati dall'ANVUR.



Nel mirino del Fondo monetario internazionale (FMI) finiscono REDDITO DI CITTADINANZA e pensioni anticipate. Il reddito rischia di essere un disincentivo al lavoro o di creare dipendenza dal welfare. QUOTA 100 potrebbe ridurre la crescita potenziale e aumentare i già elevati costi pensionistici. 



Centro Studi di Community Group. Indagine LaST. Indice complessivo che misura accoglimento o opposizione a OPERE INFRASTRUTTURALI, es. TAV. 3 gruppi: prevale (65,5%) quello dei «#Si0pere» con più consensi fra LAUREATI, imprenditori e STUDENTI, 2°gruppo dei «#Si, con riserva» (26,6%), 3°gruppo per il no (7,9%) ha consensi fra chi ha basso titolo di studio, disoccupati e STUDENTI.



DL SEMPLIFICAZIONI: Anche laureati in Medicina che non hanno completato il corso di formazione in Medicina generale, potranno avere l’incarico di medico di base fino al 31-12-21, per un totale di 4.150 medici nel triennio. Fnomceo: L’unico intervento risolutivo è mantenere 2.000 borse studio l’anno X 10 anni per i corsi di Medicina generale post laurea. lavoce.info



INTELLIGENZA ARTIFICIALE. In quali campi l’AI è più brava degli esseri umani? Nell’analizzare enormi quantità di dati e riconoscere similitudini (pattern) e anomalie, e a prevederle. Sembra una piccola qualità, ma significa avere un impatto straordinario in tutti i compiti che richiedono percezione e ripetitività. Foglio.



“L’INPS deve essere un’istituzione indipendente dagli orizzonti, spesso molto limitati, del governo di turno, perché è il garante di un patto tra generazioni. Se avesse avuto questo ruolo negli anni ‘70 e ‘80 oggi non avremmo questa montagna di debito pubblico e le baby pensioni”. T. Boeri



CONCORDATO DELLE LAUREE. L'Italia e la Santa Sede hanno reciprocamente riconosciuto i titoli di laurea e dottorato rilasciati dalle rispettive università sulla base della Convenzione di Lisbona. La convenzione viene ora applicata per tutte le lauree, salvo quelle in teologia che passeranno da un canale concordatario sperabilmente semplificato. Rep.



CONFERENZA DELLE REGIONI. Ritiene urgente realizzare verifiche sistematiche della relazione fra test somministrati e successivo profitto universitario e anche su base di tali esiti progettare test migliori e più efficaci. I TEST DI ACCESSO PER I CORSI A NUMERO PROGRAMMATO restano irrinunciabili, ma occorre investire maggiori risorse per migliorarne il funzionamento.



Una piccola curiosità: c’è una notevole differenza tra il titolo italiano "DOTTORE" e quello tedesco "DOKTOR". Quest’ultimo è infatti riservato a coloro che hanno completato un dottorato di ricerca. Di conseguenza la Germania ha molti meno Dottori rispetto all’Italia". aise



Farmacista33 ha lanciato un sondaggio per conoscere che cosa pensano i farmacisti sull’ACCESO APERTO O CHIUSO AL CdL IN FARMACIA. A favore dell'accesso libero è stato il 29% dei rispondenti, il restante 71% ha espresso la sua preferenza per il numero chiuso. farmacista33.it  



TAV. 18 PROFESSORI UNIVERSITARI ESPERTI DI ECONOMIA E INGEGNERIA DEI TRASPORTI constatano i molti errori (costi indebitamente imputati all'opera) ed omissioni (benefici non considerati o stimati in modo almeno discutibile) della metodologia applicata, che rendono del tutto arbitrarie le conclusioni negative raggiunte dalla commissione Ponti https://tinyurl.com/y6mu95eb .



Rapporto Symbola-Unioncamere 2018. Al SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE E CREATIVO nel 2017 si deve il 6% della ricchezza prodotta in Italia: oltre 92 mld di . Inoltre, per ogni prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori. Risultato: lavoro per 1,5 milioni di persone, il 6,1 % degli occupati. Manif.



Il Regno Unito è uno dei maggiori beneficiari dei FINANZIAMENTI PER LA RICERCA nell'Unione Europea (tra il 2007e il 2013, ha ricevuto 8,8 miliardi di euro su un totale di 107 miliardi destinati alla ricerca). L’Italia è il quarto paese al mondo con cui il Regno Unito collabora di più in assoluto con un totale di 58.664 paper in collaborazione con un autore che risiede in Gran Bretagna.



Università San Raffaele. Sono circa 6.300 le richieste quest'anno a fronte dei 240 posti disponibili alla FACOLTÀ DI MEDICINA. Richiesti altri 80 posti, di cui 40 si aggiungeranno al corso di Medicina in italiano, oggi con 160 posti, e altri 40 al corso in medicina insegnato in inglese, adesso con 80 posti.



MIUR (nota 01-02-19  n. 3315) ha ridefinito le linee guida per l'ACCREDITAMENTO DELLE SEDI E DEI CORSI DI DOTTORATO adottate in data 14-04-17 (n. 11677), per quanto concerne la verifica dei prescritti requisiti. Le nuove linee guida fanno seguito a un confronto con l'ANVUR e mirano ad aggiornare e semplificare la procedura, nel rispetto dell'autonomia universitaria e degli enti di ricerca.



La L. 240/2010 ha creato DISPARITÀ DI TRATTAMENTO ECONOMICO tra RicercatoriTD-b sia in un singolo Ateneo sia tra Atenei diversi. Infatti esistono RTD-b “privilegiati” da aumento stpendiale del 20% e RTD-b che pur con medesima qualifica e mansione non ricevono tale aumento. Uspur.



Sentenza definitiva del TAR Lazio. Il VOTO DI LAUREA di per sé non costituisce un legittimo parametro di valutazione di un candidato perché, in effetti, il voto non ha lo stesso “peso” in tutti gli Atenei e in tutte le Università d’Italia. Il voto di laurea è, in buona sostanza, inutile e discriminante se richiesto e valutato in relazione alla partecipazione a un CONCORSO PUBBLICO.



MARKETISATION OF HIGHER EDUCATION, embodied by quality mechanisms, rankings, student satisfaction surveys and the like, has resulted in grade inflation, neither does it bear a positive effect on the quality of teaching and learning, and there are increasing signs that a shift away from the market model may be on the cards. UWN.



LAUREE PROFESSIONALIZZANTI. A fronte di 585 posti a disposizione per 14 lauree, alla data del 31 gennaio, risultavano pervenute 705 domande di accesso ai corsi a orientamento professionale. Pari al 121% del totale. Laddove gli immatricolati complessivi si sono fermati a quota 379 (65%). Nessun ateneo è riuscito a riempire tutti gli slot attivati. Sole24.



“Se il 58% s’iscrive alla magistrale è evidente che il SISTEMA DELLE LAUREE TRIENNALI non è decollato. Serviva un titolo triennale finito che a 21-22 anni permettesse ai giovani di immettersi sul mercato del lavoro. Ma per riuscirci servivano corsi parametrati sulla domanda e non sull'offerta”. I. Dionigi, pres.te AlmaLaurea.



UNIVERSITÀ TELEMATICHE. Crescono gli iscritti: da ultima rilevazione del MIUR sono 81.172 contro 48.025 di cinque anni fa, ovvero circa il 5% dei 1.659.855 italiani che nel 2018 risultano iscritti all’università. In USA Il 32% degli studenti di college segue corsi online.



Italian Physicist Fabiola Gianotti, director-general of CERN, tells The Guardian what it felt like to discover the Higgs boson: “The fact that 95% of the universe is dark, is unknown to us, is a major embarrassment for scientists today, but it’s also very exciting: it means there are many, many new things to discover.” UWN.



Modificare le cellule cerebrali, impiantarne di nuove e persino inserire dispositivi per avere una mente capace di sfruttare la capacità di calcolo di una macchina. Per ora è tutto in fase sperimentale, ma nel giro di vent'anni le INTERFACCE NEURALI (BCI = Brain Computer Interface) ci renderanno davvero degli esseri superiori. LINKIESTA.



Rapporto 2018 di Ministero Lavoro e Istat. DOTTORI di RICERCA (DdR). Quasi 1 su 5 (titolo conseguito nel 2014) finito il percorso, si trasferisce all’estero. Infatti, “a 4 anni dal conseguimento del titolo il 18,8% dei DdR occupati (1.872 su 9.974 occupati) lavora all’estero”. Nel 2010 all’estero il 14,7% degli occupati. Mete preferite: Regno Unito (21,2%), USA (14%), Germania (11,7%) e Francia (11,2%).



QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2019. Sapienza al 1° posto in Studi Classici e Storia Antica. PoliMi unica italiana tra le Top 10 in tre discipline. UniBocconi è 8° per Business & Management, 18° per Finanza, 16° per Economia. PoliTo al 24° per Ingegneria Mineraria, UniBo per Odontoiatria (44°), UniPi per Scienze Bibliotecarie (50°). UniBo e UniPd sono le più rappresentate.



Accordo tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la NASA sull’OSSERVAZIONE DELLA TERRA, che prevede la partecipazione di 7 candidati italiani l’anno al "NASA Postdoctoral Program (NPP)". Grande opportunità per DOTTORI DI RICERCA italiani, con ricadute sul Sistema Paese e per gli istituti universitari che aderiscono, in quanto la NASA offre contratti per posizioni post-doc presso i suoi laboratori per tutta la durata del progetto (fino a tre anni).



RICERCATORI AL CNR. C’è chi è arrivato a 10 anni di assegni e progetti a tempo, chi a 12, chi a 15. Chiedono di completare la stabilizzazione dei contratti prevista dalla legge Madia del 2017. In totale ci sarebbero 94,5 mln a disposizione, ma l’ente vorrebbe attingere i 20 mln di cofinanziamento dai 34,5 stanziati dal governo attuale, riducendo così la somma a disposizione. E anche le stabilizzazioni.



The UNITED STATES’ HIGHER EDUCATION SYSTEM is continuing to decline in the global rankings, losing almost 20% of top rankings for its university departments in the 2019 QS World University Rankings by Subject, which ranks more than 1,200 universities in 78 locations across 48 single subjects and five broad subject areas. UWN.



QS WUR said SWITZERLAND has become the world’s third-best HIGHER EDUCATION SYSTEM in terms of top-10 ranks, overtaking Australia. Impressive performances from ETH Zurich mean that only the United States and United Kingdom occupy more top-10 places.



2019 QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS BY SUBJECT. By country the US tops the list for number of TOP-10 DEPARTMENTS with 234, followed by the UK (137), Switzerland (22), Australia (18), Canada (15), Singapore (14), Netherlands (12), ITALY (6), Mainland China (4) and Sweden (4). UWN.



Vana la legge su BLOCCO ASSUNZIONI IN UNIVERSITÀ. Il blocco è solo per assunzioni su dotazione 2019, non su dotazione 2018. Ogni anno la dotazione arriva di solito a giugno/luglio. Ergo, visti i tempi tecnici dei concorsi nessun assunto su dotazione 2019 avrebbe comunque preso servizio prima di dicembre 2019.



Da UniFe PROPOSTA SPERIMENTALE PER SUPERARE IL N. RO CHIUSO: normale immatricolazione al CdL per chi supera il test d’ingresso nazionale, + apertura a 600 studenti che si potranno iscrivere e immatricolare solo dopo superati tutti gli esami del 1°semestre con media non inferiore a 27, pena l’esclusione dal corso.



Dati EUROSTAT. L’Italia ha % di LAUREATI tra le più basse dell’Ue: il 20,6% tra i 25-54enni che si abbatte all’11,5% nei 55-74enni, contro partner Ue come Francia (39,3% 22% nelle 2 fasce di età), Germania (29,4% e 25,6%), UK (45,1% e 33,3%), Spagna (39,9% e 23,5%). Ed è penultima prima della Romania nella classifica della % del numero di laureati nell’Ue.



EUROSTAT fa i conti del “GRADO DI ISTRUZIONE TERZIARIA” negli Stati membri. Emerge che più di un terzo (34%) dei 4,7 milioni di laureati nel 2016 nell’Ue si è laureato in scienze sociali, giornalismo, informazione, economia, amministrazione e legge. Altri settori di studio con proporzioni consistenti di laureati nel 2016 sono stati ingegneria, produzione e costruzione (15% di laureati), salute e benessere (14%), arte e scienze umane (11%), scienze naturali, matematica, statistica e Tecnologie informazione e comunicazione (ICT) (11%) e istruzione (9%).



In Italia il 30% dei cittadini non ha COMPETENZE DIGITALI. E nelle scuole c’è solo un computer ogni 8 alunni. Investiamo in ricerca e sviluppo l’1,3% del Pil, rispetto alla media europea che è del 2% . Una percentuale decisamente bassa soprattutto se paragonata alla Germania dove si investe il 2,9% del Prodotto interno lordo. Inoltre, fra la popolazione dai 25 ai 64 anni, solo l’8,3% è coinvolto in programmi di formazione. La media europea è del 10,8%.



Rapporto Federconsumatori. SPESA MEDIA ANNUALE PER STUDENTE al Sud per affitto, trasporto pubblico, alimentazione, casa, libri di testo, materiale didattico e tasse universitarie: 6.767,23 euro. Al Nord 8.134 euro, al Centro 8.405.



Nasce la RETE 4Eu+, di cui fanno parte Milano Statale, la Sorbona di Parigi, la Charles University di Praga e gli atenei di Copenhagen, Heidelberg e Varsavia. Coinvolti quasi 300 mila studenti e 26 mila docenti e ricercatori. Un'alleanza tra sei università europee per creare una nuova forma di collaborazione.



QUOTA 100. Allarme rosso nelle scuole, in Asl e ospedali per le molte richieste pervenute finora. Dalla cassa previdenziale di insegnanti e PROFESSORI UNIVERSITARI già pervenute 13.887 domande (da intero comparto della PA finora 28.738). Il MiSa stima a fine anno 4.500 i MEDICI per quota 100 da aggiungere ai ca. 6.000 che ogni anno lasciano con le vecchie regole.



Ricerca su rivista CELL. Studiosi dell'Università di Scienza e Tecnologia di Hefei (Cina) e della Medical School dell'Università del Massachusetts sono riusciti a dare una "super vista" a topi da laboratorio, che permette ad essi di vedere anche nel campo dell'infrarosso, cioè al buio.



STIPENDI MEDI A 1 ANNO DALLA LAUREA: 670 mese per psicologia, 863 per ambito letterario, 959 per il gruppo geo-biologico (AlmaLaurea). Impieghi scarsamente retribuiti e, solo a titolo comparativo, si tratta di stipendi quantitativamente paragonabili all'ammontare massimo dell'attuale REDDITO DI CITTADINANZA pari a 780 euro. Un reddito per il quale non è richiesto avere una laurea né aver speso soldi per frequentare le lezioni e prepararsi agli esami.