IN EVIDENZA
UNIVERSITÀ
ITALIANE QUARTE IN EUROPA E SETTIME AL MONDO NEL QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS
2019
L'Italia è al 4° posto in Europa (dopo Regno Unito,
Germania e Francia) e al 7° posto nel mondo per numero totale di università
incluse nella classifica di quest'anno. L'Università Sapienza è l'unico ateneo
italiano classificato primo al mondo in una disciplina: Studi Classici e Storia
Antica. L'Italia inoltre è al 3° posto in Europa dopo Regno Unito e Germania e
al 7° posto nel mondo per numero totale di posizioni occupate. La classifica
include ben 41 università italiane. L'area Scienze della vita - Medicina delle Università
italiane è la più rappresentata in questa classifica mondiale. Mentre nelle
singole discipline a classificarsi sono state Fisica e Astronomia, Medicina ed
Economia & Econometria. Più in particolare: il PoliMi è l'unica italiana
che si classifica tra le Top 10 in 3 discipline; l' UniBocconi è ottava al
mondo per Business & Management, guadagnando 2 posizioni rispetto allo
scorso anno. Sale di 11 posizioni anche in Finanza, conquistando il 18° posto e
mantiene il 16° in Economia. Il PoliTo entra per la prima volta nella
classifica di Ingegneria Mineraria, al 24° posto. Altri debutti eccellenti
quello dell'UniBo in Odontoiatria (44° posto) e dell'UniPi in Scienze
Bibliotecarie (50° posto). Sapienza, UniBo e UniPd sono le più rappresentate in
classifica. Le città italiane con più università classificate sono Milano (7),
Roma (4) e Pisa (3). Ben 18 università Italiane hanno ottenuto il riconoscimento
di essere classificate tra le prime 100 per 36 distinte discipline.
L'Italia, rispetto allo scorso anno, ha incrementato la
propria presenza in tutte le classifiche, sia tra le top 50 (erano 29 ora sono
34), sia tra le top 100 (erano 83 atenei ora sono 98) sia infine tra le top 200
(erano 213 ora sono 236).
È ancora la classifica QS a indicare gli atenei italiani i migliori quanto a capacità
di creare lavoro, la cosiddetta Employabiliy, dunque di offrire una
preparazione con la quale entrare più facilmente e velocemente nel mondo del
lavoro. Considerando tutto il mondo e tutte le discipline, i nostri fiori
all'occhiello sono il PoliMi (36° al mondo), seguito da Sapienza (98°) e
dall’Università Cattolica di Milano (101° a pari merito con una decina di
atenei stranieri). Al 4° posto c’è poi l’UniBo (111°), mentre a chiudere la Top
5 si trova il PoliTo (121°). (Fonte:
rainews.it 27-02-19)
FINANZIAMENTI E
ASSUNZIONI. DATI E CONGELATI
Per risalire la china non basta dire «aboliamo il numero
chiuso». In Parlamento solo nell’ultimo anno sono state presentate sette
diverse proposte di revisione della legge del 1999. Certo, il sistema dei test
a crocette meriterebbe un profondo ripensamento per essere certi di selezionare
davvero i più capaci e meritevoli. Ma se si vuole cambiare rotta bisogna
cominciare ad aprire il portafogli. L’università italiana è fra le più povere
d’Europa: in rapporto al Pil spendiamo lo 0,9 per cento contro l’1,2 per cento
della Germania, l’1,3 della Spagna, l’1,5 della Francia, per non parlare degli
inglesi che sfiorano il 2 per cento. Invece nell’ultima legge di Bilancio con
una mano sono stati dati più soldi (40 milioni all’università e 10 milioni alle
borse di studio), ma con l’altra sono stati congelati almeno fino a luglio per
via degli accantonamenti imposti ai vari ministeri. Ed è vero che in chiusura
d’anno sono state finalmente sbloccate 2.000 assunzioni per coprire i
pensionamenti del 2017, ma i 440 docenti in più del normale turnover concessi
alle università virtuose non solo tagliano fuori la maggior parte degli atenei
del Sud con i conti scassati dalla fuga di iscritti e dall’impossibilità di far
leva sulle rette, ma cominceranno ad arrivare non prima di dicembre per via del
blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione. (Fonte: M. Gabanelli e
O. Riva, CorSera Dataroom 22-01-19)
MENO ADEMPIMENTI E
TEMPI PIÙ RAPIDI PER L'AVVIO DI NUOVI CORSI DI LAUREA
Nuove linee guida per la valutazione delle attivazioni
avanzate dagli atenei, che il MIUR ha messo a punto insieme all'ANVUR. Uno
snellimento che si aggiunge a quello sui dottorati di ricerca.
In una lettera all'ANVUR, il capo dipartimento università
del MIUR, Giuseppe Valditara, annuncia «una significativa semplificazione dei
processi e dei protocolli di valutazione riguardanti l'accreditamento dei corsi
di studio universitari di nuova attivazione». Come? Sperimentando per un anno
una procedura ultra semplificata. Con tre indicazioni principali: limitare il
giudizio degli esperti nominati dall'Agenzia «alla verifica della coerenza
delle attività formative con i profili di uscita, dell'utilizzo di metodologie
didattiche aggiornate e flessibili, della qualificazione dei docenti e
dell'adeguatezza delle strutture»; attribuire la valutazione di ciascun corso a
tre esperti selezionati in base alle competenze disciplinari; ridurre i quesiti
a cui bisogna rispondere per promuovere o non la nuova attivazione. (Fonte: E.
Bruno, IlSole24Ore 01-03-19)
PERCHÉ IN ITALIA I
MEDICI SONO POCHI?
Con troppa facilità si è portati a individuare la causa
nel cosiddetto "numero chiuso" che regola l'accesso alle scuole
mediche. Personalmente considero il numero chiuso un grande strumento di
equità, quindi un grande strumento democratico perché consente l'accesso alle
scuole di medicina soltanto a chi supera il test d’ingresso. Non è detto che
chi lo supera sia migliore degli altri, ma sicuramente se lo supera non è perché
è figlio, nipote, cognato, amico, sodale, compagno di scuola o di partito,
amante di qualcuno. Questo, in Italia, rappresenta un buon successo per un
sistema di selezione, ma, si sa, è un tipo di successo che infastidisce molti. Perciò,
spesso e da più parti, si torna ad invocare l'abolizione del numero chiuso e,
dimenticando di essere in Italia, il ricorso a modelli francesi, svizzeri o
quant'altro come soluzione del problema. A mio avviso non rappresenterebbe una
soluzione, ma solo il ritorno a modelli (e vizi) antichi. Piuttosto, poiché il
numero dei posti disponibili ogni anno a Medicina non ci è imposto da nessuno, ma
è frutto di una scelta del governo sentite le parti interessate, per risolvere
il problema basterebbe un'assunzione di responsabilità corale di tutti i
soggetti preposti (ministri, rettori, ordini, ecc) nella corretta
determinazione della quantità di accessi alle scuole mediche di
specializzazione consentiti annualmente, aumentandone il numero in funzione di
una programmazione seria che valuti le esigenze calcolandole almeno a dieci
anni. Nonostante il concorso di entrata al corso di laurea in Medicina sia a
numero chiuso, per questioni di risorse vengono stanziati posti di formazione
specialistica solo per la metà dei laureati. Ergo: su circa 12mila laureati,
6mila ogni anno restano fermi, in attesa del concorso successivo o emigrano.
Intanto il carico di lavoro sui “fortunati” che c’è l’hanno fatta è il doppio.
(Fonte: L. Cobellis, lettera al CorSera 05-02-19)
“Mettere in atto una corretta programmazione per
garantire a ogni medico che si laurea una borsa di specializzazione o di
formazione in Medicina generale; modificare i test di accesso, rendendoli più
mirati alle materie di studio, e calibrandoli su argomenti ai quali gli
studenti si siano già approcciati durante gli ultimi anni delle superiori;
promuovere il recupero delle borse di studio abbandonate durante il percorso
formativo. No, invece, all’abolizione tout court del numero chiuso, che non
farebbe che ingrossare all’inverosimile l’“imbuto formativo”, che già oggi
imprigiona 10mila giovani medici, a cui è negata la prosecuzione della
formazione post-laurea, in una situazione di "limbo" fatta di
sostituzioni di Medicina generale e di continuità assistenziale, che non
permettono progressione di carriera e certezze nell'assunzione, dal momento che
in assenza di un titolo specialistico, si è "condannati" a non
partecipare ai concorsi pubblici. E no anche allo slittamento dello sbarramento
dopo il primo anno, misura che non farebbe altro che illudere i giovani”.
È questo, in estrema sintesi, il senso dell’Audizione
della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri (Fnomceo) presso la Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della
Camera dei Deputati, su alcune proposte di Legge che si propongono di regolare
l’accesso ai corsi universitari. (Fonte: quotidianosanità.it 06-02-19)
NECESSITÀ DI
REVISIONE DELLA NORMATIVA SULLA VALUTAZIONE DELLA RICERCA
È necessaria una revisione della normativa sulla
valutazione della ricerca e sull’accreditamento, mirata a una decisa
semplificazione e razionalizzazione, sulla base di nuovi criteri e finalità.
Per avviarsi ad ottenere questi risultati sono auspicabili alcuni interventi.
Occorre ripensare radicalmente struttura e funzioni dell’ANVUR, magari
inserendolo come specifica e autonoma sezione di un’agenzia nazionale di
valutazione del sistema dell’istruzione e della ricerca. Occorre rivedere le
modalità di composizione del comitato direttivo dell’ANVUR. A questo riguardo
si dovrebbe passare a un’agenzia di valutazione del sistema universitario con
un CdA strategico che imposti (in accordo con il Decisore politico) le regole e
gli indirizzi di gestione e che sostituisca l’attuale CD (in cui componenti
diventano di fatto esclusivamente dediti alla valutazione del sistema di cui
hanno fatto parte). Il CdA invece dovrebbe avere anche compiti di riflessione
sul sistema di valutazione. A questo si dovrebbe aggiungere una componente
Tecnico-Amministrativa che dovrebbe essere gestita da un Direttore Generale
competente e che dovrebbe sviluppare le modalità di attuazione di controllo e
di verifica. Si dovrebbe fortemente semplificare il sistema di valutazione come
sopra prefigurato riducendo gli adempimenti burocratici e modificando i
regolamenti di classificazione dei prodotti scientifici. Si deve eliminare la
distinzione fra fasce di riviste. Una rivista dotata di comitato scientifico
internazionale è già idonea ad accreditare le pubblicazioni ospitate. Occorre
valorizzare la interdisciplinarietà. Si dovrebbe attivare l’Anagrafe dei
Professori, Ricercatori e Prodotti Scientifici (ANPRePS prevista dalla legge
1/2009 e basata sulla consultazione pubblica svolta su tutti i docenti e
ricercatori nel 2013-14) che con un unico strumento consentirebbe in automatico
di avere tutti i dati di tutti i docenti e della loro produzione scientifica.
(Fonte: Dalla riflessione complessiva sul tema della valutazione che il Capo
Dipartimento MIUR Giuseppe Valditara ha inviato ai rettori. Red.ne Roars
06-02-19).
Commento. L'ANVUR
in carica, a partire dal presidente Paolo Miccoli, segnala come il cambio di
pelle istituzionale - un ente non più vigilato dal MIUR, ma un suo ufficio -
potrebbe creare problemi con l'accreditamento europeo da parte dell'European
network quality assurance: "L'indipendenza è una questione cruciale per la
valutazione italiana e per il riconoscimento reciproco dei titoli di studio, il
governo deve stare attento a non togliere all'ANVUR la sua terzietà. Valditara
continua a dire che resteremo indipendenti". In serata, viste anche le
proteste del Movimento 5 Stelle, sulla questione è intervenuto lo stesso
ministro Marco Bussetti e ha dichiarato: "Sulla riforma del sistema di
valutazione dell'Università, della Ricerca e della Scuola si stanno ancora
facendo approfondimenti tecnici. La bozza di lavoro prevede un rigoroso
rispetto dell'autonomia degli enti preposti, oggi ANVUR e Invalsi. Il MIUR
garantisce una salvaguardia integrale degli attuali livelli occupazionali con
un'attenzione particolare sull'assorbimento del precariato storico".
(Fonte: Rep)
TURNOVER DEI
DOCENTI. MIGRAZIONI DEGLI STUDENTI. CONFRONTI NORD-SUD
Grazie all’effetto cumulativo della diminuzione e
dell’invecchiamento dei docenti (nel triennio 2012/2014 il turnover è stato del
15% nelle Isole, del 20% nel Sud, del 24% nel Centro e del 29% al Nord), della
diminuzione dei corsi di studio e dei posti di dottorato (28% nel Sud, contro
una media nazionale del -11%), della diminuzione delle borse di studio e
dell’aumento delle tasse (del 90% fra 2006 e 2016), le immatricolazioni nel Sud
diminuiscono più che nel Nord.
Fra il 2008 e il 2016 il rapporto fra immatricolati e
maturi dell’anno precedente è sceso di un punto al Nord, di tre al Centro e di
quattro nel Sud, dove già era più basso. Gli studenti più forti economicamente
e culturalmente, inoltre, migrano verso il Nord in maniera progressivamente più
intensa: il totale degli immatricolati meridionali negli atenei del Nord è
cresciuto dalla quota del 17% nell’anno accademico 2005-2006 a quella del 24%
nel 2015-2016. (Fonte: D.
Borrelli, M. Stazio, Rivista
Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018, Numero monografico http://www.rtsa.eu/ )
CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI
QS WORLD
UNIVERSITY RANKINGS 2019 BY SUBJECT
La classifica QS World University Rankings 2019 by
subject valuta la qualità di oltre 1200 atenei di tutto il mondo rispetto a 5
macroaree disciplinari, suddivise al loro interno in 48 singole discipline.
L'Italia è al 4° posto in Europa (dopo UK, Germania e Francia) e al 7°posto nel
mondo per numero totale di università incluse, 41 in tutto, nel ranking di
quest'anno. Vedi le tabelle https://tinyurl.com/y4r2g48k .
LE DISCIPLINE IN
CUI ECCELLONO LE MIGLIORI UNIVERSITÀ ITALIANE NEL QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS
BY SUBJECT 2019
Di seguito si trova la classifica completa (prime 50
posizioni) delle migliori Università italiane per disciplina.
Studi Classici e Storia Antica: Sapienza (1° al mondo);
Art e Design: Politecnico di Milano (6° al mondo);
Ingegneria Civile e Strutturale: Politecnico di Milano
(7° al mondo);
Ingegneria Meccanica e Aeronautica: Politecnico di Milano
(7° al mondo);
Business e Management: Università Bocconi (8° al mondo);
Archeologia: Sapienza (11° al mondo);
Architettura: Politecnico di Milano (11° al mondo);
Economia: Università Bocconi (16° al mondo);
Finanza e Contabilità: Università Bocconi (18° al mondo);
Ingegneria Elettrica e Elettronica: Politecnico di Milano
(23° al mondo);
Ingegneria Mineraria: Politecnico di Torino (24° al
mondo);
Farmacia e Farmacologia: Università degli Studi di Milano
(34° al mondo);
Fisica e Astronomia: La Sapienza (34° al mondo);
Scienze politiche: UNINT- Università degli Studi Internazionali
di Roma (34° al mondo);
Anatomia e Fisiologia: UNIPD - Università degli Studi di
Padova (36° al mondo);
Informatica: Politecnico di Milano (37° al mondo);
Scienze Bibliotecarie: Sapienza (43° al mondo);
Ingegneria Chimica: Politecnico di Milano (44° al mondo);
Odontoiatria: UNIBO - Università di Bologna (44° al
mondo);
Sociologia: European University Institute - Firenze, (45°
al mondo);
Lingue moderne: UNIBO - Università di Bologna (46° al
mondo);
Scienze Agro-Forestali: UNIBO - Università di Bologna
(46° al mondo);
Scienze Veterinarie: Università degli Studi di Milano
(48° al mondo).
Per le facoltà/dipartimenti non presenti in questo elenco
non è possibile dare una collocazione precisa visto che sono fuori dalle prime
50 posizioni della classifica. Sappiamo però che tra le migliori Università per
chi vuole studiare Giurisprudenza sono consigliate quella di Pavia e La
Cattolica Sacro Cuore, mentre per Medicina sono consigliate l’Università di
Napoli Federico II e l’Alma Mater Studiorum di Bologna.
THE’s ASIA-PACIFIC
UNIVERSITY RANKING 2019
Japan is the most represented nation, with 103
universities featured. China is in second place with 72 universities. Other
countries with a strong presence in the ranking are Australia (35
universities), Taiwan (32), South Korea (29) and Thailand (14). The University
of Melbourne is again the only university outside Asia to crack the top five,
claiming third place (one up from fourth last year). The other universities
featured in the top five are Tsinghua University (in first place), the National
University of Singapore (second place), the Hong Kong University of Science and
Technology (fourth place) and the University of Hong Kong (fifth place).
(Fonte: THE 22-02-19)
CULTURA DEL DIGITALE E DELL’INNOVAZIONE
IL DEEP LEARNING
(APPRENDIMENTO PROFONDO) STA MORENDO?
La provocazione arriva da Karen Hao, reporter sui temi
dell’intelligenza artificiale della rivista MIT Technology Review, che in un
servizio ha illustrato alcune interessanti evidenze emerse dall’analisi di
16.625 articoli scientifici – specifici sull’AI/Artificial Intelligence –
pubblicati dai ricercatori negli ultimi 25 anni (dal 1993 a Novembre 2018).
Pedro Domingos, professore di informatica presso
l’Università di Washington (autore di The Master Algorithm) ha dato la sua
risposta alla reporter della MIT Technology Review spiegando che ogni decennio
la ricerca “cambia rotta”: le reti neurali hanno avuto il loro boom di
interesse alla fine degli anni ’50 e negli ’60, gli anni ’70 hanno visto gli
scienziati concentrarsi su vari approcci cosiddetti simbolici, i sistemi basati
sulla conoscenza hanno dominato negli anni ’80, le reti bayesiane negli anni
’90, nei primi anni 2000 sono tornate in voga le reti neurali… e poi è arrivato
il tempo del deep learning. Tempo che, se dovessimo prendere per assodata la
ciclicità decennale, starebbe volgendo al termine.
In realtà la risposta alla domanda “Il deep learning sta
morendo?” non esiste. La verità è che i ricercatori stanno cercando, ormai
dagli anni ’50, di replicare l’intelligenza umana. E nessuno ancora ci è
riuscito! (Fonte: N. Boldrini, www.ai4business.it
04-02-19)
SERVE UN’ALLEANZA
ACCADEMIA-INDUSTRIA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Daniele Nardi, professore ordinario di Intelligenza
Artificiale presso l’università Sapienza di Roma, sta organizzando il convegno
“Ital-IA” in programma il 18-19 marzo presso l’Auditorium della Tecnica di
Confindustria. ”Ci auguriamo comunque che la kermesse fornisca spunti, stimoli
e indicazioni consentendo ad accademia e industria di incontrarsi e collaborare
insieme su progetti comuni”. Continuano gli approfondimenti di Start Magazine
su obiettivi e sfide dell’Intelligenza artificiale. L’Italia è in una posizione
molto buona a livello mondiale per la ricerca nel settore dell’Intelligenza
artificiale, malgrado i limitati investimenti nel settore. Quello che serve
però è un collegamento sempre più stretto tra mondo accademico e industria. Per
saperne di più https://tinyurl.com/y3yxg9um (Fonte:
A. Sperandio, startmag.it 16-02-19)
DOCENTI. RICERCATORI
INCARICHI EXTRA
ISTITUZIONALI CONNESSI ALLA FINALITÀ DIDATTICA
L’Ordine degli Ingegneri della provincia di Bologna
sostiene la formazione come processo e costrutto integrato di competenze,
prendendo le distanze da chi vorrebbe ridurre l’insegnamento a blocchi di
sapere distinti o a casacche separate. Una posizione netta contro quanti
pensano di “cancellare” la possibilità per i professori universitari di portare
avanti possibili incarichi extra istituzionali connessi alla finalità
didattica.
E’ questo in sintesi il messaggio portato dal Presidente
dell’Ordine degli Ingegneri di Bologna ing. Andrea Gnudi in qualità di relatore
al Congresso USPUR (Unione Sindacale Professori e Ricercatori Universitari).
L’incontro si è svolto il 20 ottobre presso l’Accademia delle Scienze
dell’Istituto di Bologna alla presenza di docenti universitari, avvocati e
altri professionisti. Chiamato a far luce sul “rapporto consulenza/professione”
Gnudi ha affermato di “Non condividere una contrapposizione tra le due
istituzioni, Ordini Professionali ed Università, che hanno tutto l’interesse a
lavorare insieme per la formazione dei professionisti del futuro”. E ancora:
“Da sempre a Bologna vige un rapporto di buon vicinato, non ci sono steccati.
Ci può e ci deve essere collaborazione, in una generale condivisione di
intenti, anche tra professionisti con casacche e ruoli diversi. Ribadiamo anche
per il futuro la volontà di una collaborazione tra docenti universitari e
Ordini professionali, a vantaggio del patrimonio culturale da trasmettere alle
nuove generazioni”. (Fonte: www.ordingbo.it 02-01-19)
ADEGUAMENTO
STIPENDIALE DEI DOCENTI UNIVERSITARI PREVISTO DAL PRIMO GENNAIO 2019, DI CIRCA
IL 3,48% (anche per RTDA e b)
La riforma Madia (DLgs 75 del 25 maggio 2017),
all’articolo 23 comma 16 prevede una modifica della Legge 165 del 2001
(articolo 3, comma 2), nel quale i ricercatori universitari a tempo determinato
sono pienamente inclusi nel personale in regime di diritto pubblico
(rivedendo/integrando/precisando sulla questione la cosiddetta riforma Gelmini,
la legge 240 del 2010, che sembrava invece considerare gli RTD come personale
in regime di diritto privato). Tenendo quindi conto di questa precisazione
normativa, e che il trattamento economico annuo lordo onnicomprensivo spettante
ai ricercatori a tempo determinato è definito sia per gli RTD-a che per gli RTD-b
sulla base di quello spettante ai ricercatori a tempo indeterminato (nello
stesso regime di impegno), gli adeguamenti ISTAT si devono pienamente applicare
a entrambe queste figure di ricercatori.
Si precisa, nelle esemplificazioni degli adeguamenti
previsti (intorno al 3,48%) sulle retribuzioni lorde, che l’aumento mensile
dovrebbe essere intorno ai 75 euro per gli stipendi più bassi (RTD-a e RTI con
anzianità minima), intorno agli 85 euro per gli RTD-b (e gli RTI con una decina
di anni di anzianità), intorno ai 110 euro per i PA appena entrati in ruolo
sino ad arrivare a quasi 200 euro per i PO al termine della propria carriera.
(Fonte: FlcCgil 22-02-19)
PRESENZA DI DONNE
NEL CORPO DOCENTE UNIVERSITARIO
Dato nazionale.
L’analisi della situazione attuale (al 15 gennaio 2019, dati MIUR) indica che
in tutti i ruoli universitari di docenza (professore ordinario, PO, professore
associato, PA, ricercatore a tempo indeterminato, RTI, ricercatore a tempo
determinato di tipo B, RTD-b, ricercatori a tempo determinato di tipo A, RTD-a),
su 53.995 docenti, 20.470 sono donne con una percentuale che si aggira intorno
al 38%. Se si effettua un’analisi numerica per ruoli si osserva che le donne
rappresentano il 44% degli RTD-a, il 41% degli RTD-b, il 49% degli RTI e si
assiste a una diminuzione al 38% nei PA e a una più forte nei PO toccando il
24%.
Dato per università
con oltre 1.500 docenti. L’analisi delle università italiane con un numero
di docenti superiore ai 1.500 non evidenzia grandi differenze rispetto al dato
nazionale, con variazioni nelle posizioni di PO che vanno dal 21% (Palermo) al
28% (Milano Statale e Torino); nelle posizioni PA si va dal 35 (Palermo) al 43%
(Milano Statale, Torino e Bologna); nelle posizioni di ricercatore, facendo
un’analisi sulle tre tipologie RTI, RTD-b e RTD-a, si raggiunge in media la
parità di genere con una variazione tra il 45% (Napoli) ed il 51% (Milano
Statale) di donne. Il dato nazionale sulle tre categorie di ricercatori si
attesta intorno al 47% di donne. (Fonte: F. Nestola, ilbolive.unipd.it 30-01-19)
DISPARITÀ DI
TRATTAMENTO TRA RICERCATORI DI TIPO B
In questi ultimi anni, in attuazione della L. 240/2010 si
è venuta a creare una disparità di trattamento economico tra Ricercatori ex
art. 24 c. 3, lett. b) (“RTD-b”) sia all’interno di un singolo Ateneo, sia tra
Atenei diversi. A tal proposito si osserva che a tutt’oggi esistono RTD-b
“privilegiati” dall’incremento del trattamento economico pari al 20% e RTD-b
che, pur avendo la medesima qualifica professionale, pur svolgendo la stessa
mansione e carico didattico, non ricevono e non hanno ricevuto alcun incremento
stipendiale.
La legge 240/2010 all’art. 24 c. 8 pone, infatti, tutti
gli Atenei italiani nella possibilità di incrementare fino al 30% il
trattamento economico dei ricercatori RTD-b (Ricercatori senior) rispetto a
quanto percepito dai ricercatori RTD-a (Ricercatori junior). Invece, le Leggi
di Bilancio del 2016, 2018 e anche 2019, attraverso il Piano di Reclutamento
Straordinario dei Ricercatori RTD-b (DM 78 del 18.02.2016 e DM 168 del
28.02.2018), hanno previsto e prevedranno un finanziamento di 58.624,55 € a
ricercatore, pari, quindi, a un incremento stipendiale del solo 20%.
In tale quadro normativo, le università italiane
risultano divise in: Università che hanno corrisposto l’aumento a tutti gli RTD-b
(alcune anche del 30%) e Università che hanno corrisposto l’aumento del 20%
solo agli RTD-b assunti su piano straordinario, provocando così una
significativa discriminazione di natura economica tra RTD-b all’interno dello
stesso Ateneo.
In breve. La L. 240/2010 ha creato disparità di
trattamento economico tra RicercatoriTD-b sia in un singolo Ateneo sia tra Atenei
diversi. Infatti esistono RTD-b “privilegiati” da aumento stipendiale del 20% e
RTD-b che pur con medesima qualifica e mansione non ricevono tale aumento.
(Fonte: Lettera al MIUR del segretario nazionale
dell’Uspur 23-02-19)
DOTTORATO
SEMPLIFICAZIONE
DELLE PROCEDURE PER L’ACCREDITAMENTO DEI DOTTORATI
“Il Consiglio Universitario Nazionale, presa visione
delle ‘Linee Guida per l’accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato’,
esprime apprezzamento per la semplificazione delle procedure operata. In
particolare, per quel che riguarda il requisito A4, “qualificazione del
collegio dei docenti”, rileva con soddisfazione l’assenza di ogni riferimento
ai risultati conseguiti nell’esercizio della VQR dai docenti interessati,
procedura che, come rilevato ripetutamente da questo Consesso, configurerebbe
un uso improprio degli esiti della VQR, oltretutto di necessità non sincroni
rispetto all’accreditamento dei corsi di dottorato.” (Fonte: Red.ne Roars
01-03-19)
DOTTORATO. BORSE DI RICERCA
Tra le novità delle linee guida MIUR per l’accreditamento dei dottorati
vi è anche che il numero di borse di dottorato o di forme di finanziamento
equivalenti deve essere pari ad almeno il 75% dei posti disponibili e che a
ciascun dottorando, con o senza borsa, va comunque assicurato un budget per
attività di ricerca non inferiore al 10% dell'importo della borsa, così da
sostenerne la mobilità nazionale e internazionale e le spese relative al
percorso formativo. Inoltre, a ciascun dottorando con borsa deve essere garantito
un importo aggiuntivo massimo pari al 50% del valore totale, per soggiorni di
ricerca all'estero fino a un massimo di 18 mesi. Per saperne di più sulle nuove
linee guida https://tinyurl.com/y624cpjd .
(Fonte: fasi.biz/it 05-03-19)
I SETTORI DI
IMPIEGO DEI DOTTORI DI RICERCA ANDATI ALL’ESTERO
“Tra i dottori che lavorano all’estero è più elevata la
quota di professori o ricercatori presso università e di ricercatori presso
enti pubblici di ricerca (rispettivamente il 13% e il 7,4% contro il 4,3% e il
2,4% in Italia)”. Nello specifico, “il 35,6% e il 20,7% dell’occupazione
all’estero è impiegata rispettivamente nel settore dell’istruzione
universitaria e della ricerca pubblica, mentre in Italia l’occupazione in queste
attività economiche presenta quote molto più contenute (21,8% e 8,6%
rispettivamente), privilegiando maggiormente rispetto all’estero il settore
dell’istruzione non universitaria, dove trova impiego il 18,4% degli occupati
in Italia (3% degli occupati all’estero), e il settore della pubblica
amministrazione e della sanità (18,1% degli occupati in Italia e 3,6% di quelli
all’estero).
FINANZIAMENTI
FINANZIAMENTO
DEGLI ATENEI. CONFRONTI NORD-SUD
Nella generale diminuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario
(FFO) - e grazie alla decisione di attribuire una parte cospicua dello stesso
con la quota “premiale” - fra il 2008 e il 2017 gli Atenei del Nord hanno
complessivamente perduto “solo” il 4,2%, contro il circa 10% del Centro/Sud e
l’oltre il quinto perso dalle università delle Isole (l’università di Messina
ha subito, ad esempio, un taglio del 27%). Più recentemente, grazie alle regole
stabilite per i cosiddetti “dipartimenti d’eccellenza”, fra i 352 dipartimenti
ammessi alla seconda fase del finanziamento, soltanto 5 si trovano nelle Isole
e 49 in tutto il Sud. Fra i 180 ammessi al finanziamento c’è un leggero
riequilibrio: il 58,89% dei dipartimenti (106) si concentra al Nord, il 27,22%
(49) al Centro e il 13,89% (25) al Sud e nelle Isole. (Fonte: D. Borrelli, M. Stazio, Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018)
FINANZIAMENTI E
POSTI IN PREMIO AI “VIRTUOSI”
I virtuosi devono essere premiati e chi virtuoso non è,
deve essere punito ricevendo meno finanziamenti.
Questa è la ricetta prima teorizzata e quindi negli
ultimi anni messa in atto nel sistema universitario e della ricerca, e questo è
quello che sta facendo anche l’attuale governo. A bene vedere le misure
adottate dal Governo, non comportano una crescita complessiva dell’organico, ma
solo un travaso da un ateneo all’altro: mentre alcuni atenei ci guadagnano,
altri saranno costretti a ridurre ulteriormente il loro organico. In pratica
c’è una ripartizione delle risorse che segue una direttrice Sud-Nord: è come se
nel corso del 2019 l’equivalente di 280 ricercatori dovesse abbandonare gli
atenei meridionali per essere trasferito nelle più ricche università
settentrionali. Il governo Monti stabilì che i pensionamenti avvenuti in un
ateneo A possono essere rimpiazzati da assunzioni in un ateneo B, se B ha un
bilancio più solido del (più virtuoso) ateneo A. In questa maniera gli atenei
milanesi incamerano l’equivalente di 168 ricercatori in aggiunta al rimpiazzo
dei propri pensionamenti: si tratta di un organico “sottratto” agli atenei del
Centro-Sud (Napoli, Palermo e Roma). (Fonte: F. Sylos Labini, agendadigitale.eu 17-01-19)
IL CUN SULLA
RIDUZIONE DELLE RISORSE
La presidente del CUN così si è rivolta alle autorità di
governo: “È indubbio che l'Università, la Ricerca scientifica e, più
ampiamente, la Cultura, paiono ormai fra gli ambiti che con maggiore facilità
sono chiamati a confrontarsi con misure di riduzione delle risorse nonché a
soffrire interventi normativi contingenti, spesso cangianti, capaci di
comprometterne lo sviluppo, mentre essi richiederebbero, al contrario, azioni
coordinate e informate che sappiano essere, nel rispetto delle libertà
dell'insegnamento e della ricerca, di loro sostegno e di loro rafforzamento.
Soprattutto, essi richiederebbero un ribaltamento delle politiche di
sottofinanziamento, degli ultimi dieci anni oltreché attenzioni qualificate
presso tutte le sedi politico-amministrative. Il disconoscimento del valore
della conoscenza e delle competenze è e sarà ragione di indebolimento
dell'intero Paese”. (Fonte: C. Barbati, pres.te CUN, Roars 28-01-19)
LAUREE - DIPLOMI - FORMAZIONE POST LAUREA - OCCUPAZIONE
LUCI E OMBRE SULLE
LAUREE
Le statistiche ci consegnano diversi segni più. Non solo
rispetto al 1999 ma anche sul 2004 quando il sistema del "3+2" ha
assunto la formulazione attuale (lauree triennali più magistrali biennali
oppure a ciclo unico). Da allora la regolarità degli studi è più che
triplicata, passando dal 15,3% al 51,1% del 2017; l'aumento della frequenza
alle lezioni è salita dal 55,4% al 69,0%, l'età media alla laurea è scesa da
27,8 anni a 26. E i laureati nella fascia di età sono arrivati al 26,7%, contro
il 10% pre-riforma. Ancora pochi però. Come gli iscritti totali che, dopo il
boom post-riforma, hanno ripreso a scendere.
Ma il quadro si fa fosco se ci concentriamo sugli sbocchi
lavorativi. Come dimostra l'ultima indagine di AlmaLaurea sulla condizione
occupazionale dei laureati. Innanzitutto perché il 58,6% prosegue con la
magistrale, che viene percepita come più spendibile sul mercato. Del restante
40,4% che non prosegue, a un anno dal titolo risulta occupato il 71,1%: di
questi, il 56,0% ha un contratto a tempo indeterminato, il 52,8% fa un lavoro
coerente con il titolo di studio e guadagna 1.107 euro netti mensili. Tutti
valori al di sotto dei livelli pre-crisi e comunque inferiori alle magistrali.
A chiedere una riflessione sul "3+2" è il presidente di AlmaLaurea.
Al Sole 24 Ore del Lunedì, Ivano Dionigi sottolinea: «Se il 58% si iscrive alla
magistrale è evidente che il sistema delle lauree triennali non è decollato.
Serviva un titolo triennale finito che a 21-22 anni permettesse ai giovani di
immettersi sul mercato del lavoro. Ma per riuscirci - aggiunge - servivano dei
corsi parametrati sulla domanda e non sull'offerta.» (Fonte: E. Bruno,
IlSole24Ore 21-01-19)
LA NECESSITÀ DI UN
TAGLIANDO DELLE LAUREE TRIENNALI
“Purtroppo si è pensato più a tutelare le posizioni dei
docenti che le esigenze degli studenti», sottolinea I. Dionigi, presidente di
AlmaLaurea, a proposito del mancato decollo delle lauree triennali. A suo
giudizio, una via d'uscita potrebbe arrivare ora dalle professionalizzanti al
debutto quest'anno. Un auspicio condiviso dal segretario generale della CRUI,
Alberto De Toni: «Con le professionalizzanti che sono realmente tali si
potrebbe immaginare un tagliando delle triennali», dice. Invitando tutti a
essere meno drastici nel giudizio su quello che chiama "3 e 2"». «Il
"3 e 2" - spiega il rettore di Udine - nasceva per rispondere a tre
esigenze: allinearci al sistema europeo del bachelor triennale e del master
biennale, ridurre i tassi di abbandoni, dare mobilità di scelta sia geografica
che sui contenuti. E tutti e tre - chiosa - sono stati portati a casa». Sulla
stessa lunghezza d'onda anche il padre della riforma, Luigi Berlinguer, che
suggerisce di distinguere «da corso di laurea a corso di laurea», e invita il
governo «a utilizzare la prossima ministeriale che si svolgerà in Italia per
rilanciare l'idea di un titolo realmente europeo che consenta ai nostri ragazzi
di accedere al mercato professionale dell'intera Ue».(Fonte: E. Bruno,
IlSole24Ore 21-01-19)
ISCRITTI ALLE
UNIVERSITÀ TELEMATICHE: 81.172 CONTRO 48.025 DI CINQUE ANNI FA
Da una parte, secondo gli ultimi dati Eurostat, l'Italia
è ancora penultima in Europa riguardo al numero dei laureati nella fascia 15/61
anni (16.3 per cento contro il 27,7 per cento della media europea nella fascia
25/34 (26,4 per cento contro 32,8 per cento della media). Dall'altra però
crescono gli iscritti alle università telematiche: dall’ultima rilevazione MIUR
sono 81.172 contro 48.025 di cinque anni fa, ovvero circa il 5 per cento dei
1.659.855 italiani che nel 2018 risultano iscritti all’università. (Fonte: La
Repubblica 22-01-19)
IL CONCORDATO DELLE LAUREE
Con un accordo fra il ministro Bussetti e il suo omologo
il cardinal Versaldi, l'Italia e la Santa Sede hanno reciprocamente
riconosciuto i titoli di laurea e dottorato rilasciati dalle rispettive
università sulla base della Convenzione di Lisbona. Siamo in presenza di un
atto storicamente importante e politicamente significativo. Perché fa crollare
un pezzo del muro ideologico eretto nel 1873, quando furono soppresse le
facoltà di teologia nelle università italiane. La convenzione che viene ora
applicata fra Italia e Vaticano riguarda tutte le lauree, salvo quelle in
teologia che passeranno da un canale concordatario sperabilmente semplificato.
(Fonte: A. Melloni, La Repubblica 16-02-19)
ELIMINARE IL
NUMERO CHIUSO? PREVISTO UN AUMENTO DI OTTO VOLTE DEL NUMERO DI STUDENTI CHE
S’ISCRIVE ALL’AREA SANITARIA
Il numero di studenti che si iscrive all'area sanitaria
aumenterebbe di otto volte eliminando il numero chiuso nelle università. Per
poterli accogliere, sarebbe necessario un ingente investimento sulle strutture
e sul personale. È quanto affermato da Marco Abate, consigliere del Consiglio
nazionale universitario (CUN), in audizione in Commissione cultura alla Camera,
sul ddl 812 che prevede l'introduzione di un modello di accesso alle università
alla francese, per il quale sia prevista un'ammissione per tutti al primo anno
e una prova per passare al secondo. Comunque, secondo il CUN, «ci sono degli
interventi necessari; sicuramente è utile, e sarebbe benvenuto, un aumento
significativo dei posti disponibili: abbiamo bisogno di più laureati, anche in
ambito sanitario, e un aumento contemperato con le risorse disponibili. Serve
poi un capillare intervento di orientamento e una revisione delle prove
d'accesso. Infine bisognerebbe fare una migliore regolazione del meccanismo
degli scorrimenti». (Fonte: ItaliaOggi 23-01-19)
IL MANTENIMENTO DI
UN NUMERO CHIUSO PER L’ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ CONDIZIONE NECESSARIA PER
MANTENERE UNO STANDARD QUALITATIVO ACCETTABILE NELLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE
Per la situazione in cui versa, oggi, il nostro sistema
dell’alta formazione, il mantenimento di un numero chiuso per l’accesso
all’università rappresenta a nostro parere – seppur con molto rammarico – la
condizione necessaria, anche se di per sé non sufficiente, per mantenere uno
standard qualitativo accettabile nelle attività di formazione e di ricerca
condotte dai nostri istituti.
Rimuovere questa limitazione significa non soltanto non
risolvere i problemi strutturali dell’università italiana, ma probabilmente peggiorarli
ulteriormente. In fin dei conti, il mantenimento o meno di un numero chiuso in
ingresso rappresenta solo una scelta finale, in larga misura ineludibile, che
deriva dalla mancata risoluzione – a monte – di una questione di carattere più
generale, che investe il ruolo che si ritiene l’università e la ricerca debbano
occupare all’interno del contesto socio-economico nazionale.
Come potenziare i nessi università-impresa sia sul fronte
della formazione di capitale umano ad elevata qualificazione che poi trova
un’adeguata collocazione all’interno del tessuto economico, sia su quello della
ricerca che poi si traduce in un up-grading tecnologico ed organizzativo dei
nostri sistemi d’impresa? Se la risposta a questa domanda si orienta nel senso
di individuare percorsi di avvicinamento fra due sistemi ancora, per molti
versi, troppo distanti, occorre allora strutturare un piano di azione per
l’università che preveda al contempo, com’è evidente, importanti investimenti
per rafforzarne la mission in questa direzione. E se questa fosse la scelta,
una scelta com’è evidente di medio-lungo termine, allora si può prefigurare in
prospettiva futura l’abolizione del numero chiuso, oggi purtroppo – a nostro
parere – ancora una scelta per molti versi obbligata. Gli strumenti utilizzati
per la programmazione degli accessi spesso non garantiscono gli esiti
desiderati perché mal costruiti; gli studi sulla loro validità (concorrente e
predittiva) e sulla loro affidabilità sono ancora pochi e dovrebbero essere
incrementati al fine di migliorare le metriche di valutazione oggi adottate.
Più che abolire i test di accesso per i corsi a numero programmato, che per le
considerazioni sopra riportate restano irrinunciabili, si ritiene che occorra
investire maggiori risorse al fine di migliorarne il funzionamento. (Fonte:
Documento della Conferenza delle Regioni illustrato da Monica Barni nel corso
di un'audizione alla commissione Cultura della Camera il 14 febbraio 2019)
LAUREATI E
DIPLOMATI ITALIANI ALL’ESTERO
Dal 2006 al 2018 sono aumentati del 64,7% i nostri
concittadini che hanno preso la residenza in un altro Paese. La maggioranza di
loro sono giovani o giovani adulti: ha tra i 18 e i 34 anni il 37% dei
trasferiti nel 2017, ultimo anno per cui ci sono i dati (elaborati dalla Fondazione
Migrantes sulla base dell’Anagrafe dei residenti all’estero), mentre un altro
25% ha tra i 35 e i 49 anni. Sono rispettivamente 48 mila e 32 mila persone in
soli 12 mesi (l’equivalente degli abitanti di Lecco e Vibo Valentia). Dati
comunque sottostimati: il Ministero degli Esteri calcola che solo nel distretto
di Londra, dove sono registrati 320 mila italiani, ce ne siano in realtà 700
mila. «Abbiamo cresciuto ormai due generazioni che grazie alla loro formazione
hanno un’identità europea» spiega la ricercatrice Delfina Licata che ha curato
il Rapporto 2018 Italiani nel mondo per Migrantes. Basti pensare al progetto
Erasmus: nel 1987 vi avevano partecipato 3.244 universitari da 11 Paesi, nel
2017 41 mila solo tra gli italiani. «Solo il 30% di chi va via è laureato, il
34,6% ha la licenza media, un altro 34,8% il diploma». (Fonte: E. Tebano,
CorSera 24-01-19)
AMPLIARE GLI
ACCESSI ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE. LO CHIEDONO I CHIRURGHI
“È positivo che, dopo anni di silenzio sul tema, si sia
aperto un dibattito e la politica si stia interrogando sulla questione della
carenza di medici e chirurghi nei nostri ospedali. Fino a quando non offriremo
condizioni di lavoro migliori e prospettive di carriera allettanti i nostri
giovani professionisti continueranno a cercare opportunità all’estero. Non è
nostra intenzione entrare nella polemica in corso sul numero chiuso
all’università, ci preme sottolineare l’esigenza che ha il comparto sanitario
italiano di formare medici specialisti. E’ questa la vera emergenza”. Lo
dichiara il presidente Paolo De Paolis, insieme al direttivo della Società
Italiana di Chirurgia. (Fonte: Quotidiano Sanità 02-02-19)
INCARICO DI MEDICO
DI BASE ANCHE A LAUREATI CHE NON HANNO COMPLETATO LA SPECIALIZZAZIONE
Il numero dei medici di famiglia è destinato a diminuire
ancora e drasticamente nei prossimi anni per effetto dei pensionamenti, ma
arriva una norma che ha l’obiettivo di sostenere il settore: anche i laureati
in Medicina che non avranno ancora completato il corso di formazione in Medicina
generale, potranno ricevere l’incarico di medico di base fino al 31 dicembre
2021, per un totale di 4.150 medici nel triennio. La norma è contenuta nel dl
Semplificazioni, approvato in via definitiva. Grazie alla norma approvata -
secondo una stima del ministero della Salute per l’ANSA – potranno essere
disponibili da subito 982 medici che frequentano l’ultimo anno di corso del
triennio 2016-19. Negli anni successivi, la platea di medici in formazione che
potranno entrare in attività come medici di famiglia (esclusi eventuali
abbandoni) aumenterà: saranno 1.075 per il triennio 2017-20 (frequentanti il
secondo e terzo anno) e 2.093 per il triennio 2018-21 (del primo, secondo e
terzo anno), per un totale appunto di 4.150 medici fino al 2021. Commenta il segretario
generale della Federazione italiana dei medici di Medicina generale (Fimmg),
Silvestro Scotti, ricordando che sono 43mila i medici di base ad oggi attivi e
che 15mila di questi andranno in pensione nei prossimi 5 anni. Il punto,
spiega, “è che tale norma anticipa l’entrata in attività dei medici che si
stanno formando, ma non aumenta il numero finale dei medici che entreranno nel
sistema. Il nodo resta quindi la necessità di aumentare le borse di studio per
il corso in Medicina generale”. Posizione condivisa dalla Federazione nazionale
degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri: “Apprezziamo
l’attenzione del ministro – afferma il presidente Filippo Anelli – ma l’unico
intervento risolutivo è mantenere 2.000 borse di studio l’anno per 10 anni per
i corsi di Medicina generale post laurea” destinati alla formazione dei medici
di base. (Fonte: giornalelavoce.it 09-02-19)
LAUREE
UMANISTICHE, ALTRO CHE LAUREE INUTILI, IMPARIAMO DAGLI INGLESI.
Esempi. La più importate donna manager britannica, Emma
Walsmley, a capo del colosso farmaceutico GlaxoSmithKline, è laureata in
lettere classiche a Oxford. La donna più famosa della finanza, Helena
Morrissey, ha fatto filosofia a Cambridge. La direttrice della comunicazione di
Mittal (il gruppo dell’acciaio che si è comprato l’Ilva), Nicola Davidson, è
una pianista classica diplomata in musica, che poi ha cominciato la carriera
facendo comunicazione finanziaria.
L’attuale ambasciatrice a Roma, Jill Morris, è laureata
in lingue e letterature straniere. Il predecessore, Christopher Prentice, aveva
fatto lettere classiche (a Oxford). La metà degli avvocati inglesi non ha fatto
legge: hanno solo seguito un corso di specializzazione, dopo essersi laureati
magari in storia o in lettere. Un principe del foro, un QC (Queen’s Counsel),
laureato in letteratura, sosteneva di recente l’abolizione tout court della
facoltà di legge, perché inutile. Molto meglio, diceva, aver studiato
humanities e poi essersi specializzati. (Fonte: Corriere Università 02-03-19)
LA SCHEDA SUA-CDS
La SCHEDA SUA-CdS è stata ideata come luogo unitario in
cui far confluire e razionalizzare le informazioni sull’attività e il controllo
della qualità dei corsi di studio, a beneficio delle Università, degli
studenti, e «delle famiglie»(?). In pratica, la scheda si compila attraverso un
sito dedicato. (Fonte: G. S., Roars 07-02-19)
Commento. Se qualcuno ritenesse urgente fornire ai
migliaia di corsi di laurea in Italia uno strumento più decoroso, funzionale,
si eviterebbe almeno che innumerevoli ore di docenti universitari siano spese
ogni anno solo per venire a capo di un sito con una qualità che non si
accetterebbe neppure nel blog amatoriale di un ragazzino ... Ogni volta che uno
strumento informatico, per un motivo o per l’altro, fa perdere tempo, questo è
il segno che è sbagliato. Non so quanto è costato questo sito, ma è bene essere
collaborativi e generosi. Ecco dunque una proposta al Ministero: pagatemi la
metà e lo faccio nuovo in un mese, molto migliore (Fonte: G. Salmeri,
agendadigitale.eu 14-12-18)
NUOVO ACCESSO
GIURISPRUDENZIALE A CORSO DI LAUREA
Da tempo ad Architettura il numero di matricole che
partecipano al test d’ingresso è pari o inferiore ai posti indicati nei bandi
via via emanati. In questa facoltà il test è complesso e prevede un risultato
minimo di 20 punti. Quest’anno in tutta Italia sono rimasti fuori 1.763
studenti, e le aule delle facoltà di Architettura oggi sono semivuote. Il
Tribunale regionale del Lazio, partendo dal caso di Roma Tre, ha disposto di
far riaprire le graduatorie per tutti i 1.763 studenti esclusi sul territorio
nazionale. (Fonte: stranotizie.it 14-02-19).
Commento di M.M. su twitter: Interroghiamoci su che
studente sarà uno che ha preso meno di 20/100 al test. Almeno triplichiamogli
le tasse.
“PRACTICAL PHILOSOPHERS”
O CPO (CHIEF PHILOSOPHY OFFICER)
L’ultima tendenza nelle aziende delle Silicon Valley e
che comincia a dilagare in tutto il mondo è reclutare laureati in filosofia
come manager o per consulenze esterne. Si chiamano appunto “practical philosophers”,
o CPO (Chief Philosophy Officer), e sono destinati ad avere una grande
influenza nella cultura aziendale, scansando i numeri per rimettere al centro
l’uomo. Ecco l’identikit di questa nuova figura manageriale. In che modo un
filosofo può aiutare un’impresa? Dice un articolo di Startupbusiness dedicato a
questa nuova figura: “Il pensiero filosofico è l’arma che può aiutare le
imprese, soprattutto quelle innovative, a coniugare le opportunità di business
con i valori aziendali, implementando codici etici nell’organizzazione
aziendale o lavorando agli obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. I
filosofi in azienda aiutano leader e manager a interrogarsi sul ruolo che
giocano i propri prodotti e servizi rispetto al quadro globale, per capire non
solo se qualcosa può o meno avere senso o funzionare sul mercato ma anche se ce
ne sia o meno il bisogno.” (Fonte: university2business.it 15-02-19)
RECLUTAMENTO
CHIARIMENTI DEL
CAPO DIPARTIMENTO ALTA FORMAZIONE E RICERCA MIUR SU NUMERO CHIUSO E
RECLUTAMENTO
A proposito dei dati pubblicati da M. Gabanelli e O. Riva
nell’articolo del CorSera del 23 gennaio è intervenuto tempestivamente con
chiarimenti e messe a punto il Capo Dipartimento Alta Formazione e Ricerca MIUR,
prof. G. Valditara in una lettera al CorSera che merita di essere riprodotta di
seguito.
“Nel servizio pubblicato sul Corriere della Sera del 23
gennaio si affrontano due temi importanti, quello del basso numero di laureati
in Italia e del numero chiuso; quello dell'insufficiente quantità di docenti
universitari in un contesto peraltro di risorse scarse. Quanto al numero
chiuso, è intenzione di questo ministero allargare il numero degli iscritti a
Medicina anche per rispondere a oggettive esigenze del sistema sanitario.
L'articolo non considera tuttavia adeguatamente una importante novità contenuta
nell'ultima Finanziaria, vale a dire i 220 punti organico in più rispetto al
turnover che per la prima volta dopo oltre 10 anni segneranno una inversione di
tendenza del nostro sistema universitario: saranno cioè aggiuntivi rispetto al
turnover e dunque rappresentano un primo segnale di fiducia in una università
risanata nei conti che ora ha necessità di crescere anche negli organici.
Purtroppo l'articolo si chiude con due notizie inesatte: questi punti organico
in più saranno pienamente spendibili già nel 2019 e non subiranno alcun blocco
delle assunzioni. Inoltre non penalizzeranno le università del Sud, andranno a
quelle università (molte proprio al Sud) che avranno meno docenti e più risorse
a disposizione da spendere. Si tratta di un principio di normale buona
amministrazione. Si dimenticano inoltre nel pezzo i 1.500 ricercatori di fascia
B, 200 in più rispetto al passato governo, che verranno assunti, sempre grazie
all'ultima Finanziaria, proprio nel 2019. Ad ulteriore chiarimento, aggiungo
che nei fatti dal MIUR non vi sarà nel 2019 alcun blocco delle assunzioni posto
che le università, come di consueto, faranno avere i dati relativi ai loro
bilanci non prima di aprile, e dunque i punti organico 2019 non saranno
distribuiti dal ministero prima di maggio; saranno pertanto di fatto
trasformati in concorsi non prima di autunno avanzato. Infine nel 2019 si
procederà all'assunzione di quegli oltre 2.000 punti organico assegnati a
dicembre 2018. (Fonte: G. Valditara, CorSera 25-01-19)
RICERCA
RETTORI CONTRO IL
PROGETTO DI RIDIMENSIONARE L’ANVUR
Alla lettera ai rettori del capo Dipartimento Giuseppe
Valditara che rendeva noto agli atenei il progetto del ministero
dell'Università e della ricerca di ridimensionare l'ANVUR, di accorparlo
all'Invalsi (valutazione scolastica), di togliergli poteri e responsabilità
("un ente inquisitorio che ha imposto la dittatura dell'algoritmo", è
la frase del testo diventata logo), molti rettori hanno risposto. Valditara
aveva assicurato che la sua lettera era stata ben accolta dai "magnifici
dell'università", ma al primo controllo si scopre che le cose non stanno
così. Gli atenei del Nord-Est, compatti, hanno difeso l'ANVUR e contestato la
proposta di riforma, in alcuni casi con inaspettata durezza. All'inaugurazione
dell'Anno accademico il rettore di Ca' Foscari (Venezia), Michele Bugliesi, ha
detto: "La valutazione negli ultimi dieci anni è stata una dei cardini
della conduzione del sistema universitario italiano e tale deve restare, così
come è in tutti i Paesi dove la ricerca e l'innovazione sono strumenti
fondamentali di progresso. Per essere efficace la valutazione deve rimanere
riferita a soli parametri di qualità e non condizionata da obiettivi politici
di redistribuzione delle risorse. Deve rimanere terza rispetto al decisore
politico ed essere affidata a un'agenzia indipendente composta da pari, unici
soggetti in grado di esprimere pareri competenti e affidabili". Il rettore
dell'Università di Trieste, Maurizio Fermeglia, premettendo che le sue
considerazioni saranno "severe", ha scritto in risposta: "Il
documento risulta molto confuso e affronta il tema a livelli diversi senza
approfondirne alcuno. Lancia qua e là affermazioni, a volte anche sbagliate,
senza di fatto proporre alcuna soluzione percorribile a fronte delle
problematiche, certamente esistenti, relative al processo di valutazione".
Il documento "confeziona in diversi punti affermazioni generiche",
altre che "si potrebbero facilmente ritrovare nel blog Roars", altre
ancora "ovvie per tutti quelli che hanno un minimo di confidenza con la
letteratura internazionale sulla valutazione". C'è anche una voce del Sud,
nel dibattito sulla valutazione. È quella del rettore dell'Università di
Salerno, Aurelio Tommasetti, convinto che "l'esperienza della Valutazione
della ricerca abbia avuto un valore strategico per gli atenei
meridionali". Scrive Tommasetti: "Ci ha offerto una base e uno
stimolo per rinnovare modelli operativi del corpo docente e strategie efficaci
per la direzione degli atenei". Ancora, in modo chiaro: "E'
necessario conservare questo nucleo centrale di valutazione nazionale,
l'autonomia e l'eccellenza dell'Agenzia di valutazione, per potere operare con
efficacia e soprattutto avere dati e risultati certificati". La Conferenza
dei rettori sta elaborando un documento unitario in risposta alla lettera del
capo Dipartimento Valditara e al progetto di riforma della valutazione. (Fonte:
C. Zunino, R.it Scuola 25-02-19)
UNIVERSITÀ E
RICERCA. I NUMERI DELLA CRISI
«L’Italia - è il grido d’allarme di E. Gaudio, rettore
della Sapienza alla cerimonia di inaugurazione del 716° anno accademico -
investe per l’alta formazione 100 euro per abitante, la Germania 300 e la Corea
del Sud più di 600. Il numero complessivo dei docenti under 40 anni risulta
dimezzato rispetto al 2008, l’età media dei docenti ordinari è di 56 anni
mentre l’edilizia universitaria per aule e laboratori non viene finanziata da
10 anni». Insomma, di fondi non ce ne sono e il sistema universitario italiano
non può crescere. Lo stesso vale per la ricerca: gli enti pubblici del settore
hanno perso in poco più di dieci anni qualcosa come 400 milioni di
finanziamenti dal MIUR, il solo CNR si è visto ridurre il budget ministeriale
di 150 milioni rispetto al 2002. Il confronto con gli altri Paesi è impietoso:
spendiamo in ricerca e sviluppo meno della metà della Francia e un quarto della
Germania. Il numero dei ricercatori nelle università scende drasticamente da
anni: tra il 2008 e oggi se ne sono persi 10 mila. (Fonte: Il Messaggero
17-01-19)
SISTEMA UNIVERSITARIO
L’IRRIGIDIMENTO
DEL SISTEMA DI COMUNICAZIONE MINA L’EFFICACIA DELLA TERZA MISSIONE DEGLI ATENEI
Si usa sovente il concetto improprio di
"trasferimento tecnologico" per identificare il rapporto esistente
tra la "scienza" degli atenei e le "applicazioni
tecnologiche" dell'industria. Dietro vi è una visione della società dei
cilindri (l'università, l'industria, il paese) che comunicano tra di loro
mediante una rete più o meno complessa, con flussi di trasferimento
sostanzialmente unidirezionali (il paese trasferisce fondi, scarsi, agli
atenei; gli atenei formano i laureati che auspicabilmente si occuperanno nelle
imprese; le università trasferiscono le loro scoperte scientifiche alle imprese
in cambio di denaro; le industrie vorrebbero orientare la formazione ma le
università sovente sono reticenti; se lo vogliono fare il complesso delle norme
vigenti non lo consente, e così via). Nella sostanza però molti di questi
scambi avvengono solo in linea teorica e i sottosistemi non comunicano tra di
loro. Più regole e sedicenti "facilitatori" s'inseriscono e più
s'irrigidisce il sistema. E' altresì facile immaginare quanto sia fallimentare
questo modello alla luce della corrente rivoluzione industriale dell'industria
4.0, tutta basata sulla comunicazione e interconnessioni tra "fare le
cose" e trasmissione di informazioni in rete dati. Pertanto la domanda
finale è come si può valutare l'efficacia della cosiddetta "terza missione
degli atenei" se s'irrigidisce il sistema di comunicazione tra i vari
attori della società italiana? (Fonte: Relazione a Congresso Uspur, Bologna
20-10-18)
RETE DELLE
UNIVERSITÀ PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Agenda 2030 promossa dalle Nazioni Unite nel 2015, con i
suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile noti come Sdgs (Sustainable development goals), è una sfida ambiziosa anche
se parlare di sostenibilità in università non è un tema nuovo: molti atenei
internazionali si occupano di politiche ambientali da almeno vent'anni. Grazie
però alla recente costituzione di reti di collaborazione internazionale tra le
università l'impegno sociale e ambientale è cresciuto sensibilmente. E anche in
Italia, nonostante si sia partiti in ritardo, l'accelerazione è stata
considerevole. Ideata nel 2013 e lanciata ufficialmente nel 2015 in seno alla CRUI,
la Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus) coinvolge oggi 62
atenei e rappresenta una piattaforma di condivisione di esperienze e promozione
di progetti di ricerca, didattica e attività concrete da mettere in pratica nei
nostri campus. (Fonte: E. Morello, Buone Notizie CorSera 05-02-19)
STUDENTI. DIRITTO ALLO STUDIO. TASSE UNIVERSITARIE
DIRITTO ALLO
STUDIO
Sul versante del diritto allo studio universitario le
risorse FIS, pur restando insufficienti a garantire l’accesso alla borsa di
studio alla totalità degli studenti idonei in tutte le Regioni, erano comunque
cresciute negli ultimi anni. La finanziaria di quest’anno, che ha previsto
l’accantonamento e la conseguente indisponibilità di 30 mln di Euro, con una
riduzione delle risorse effettivamente disponibili di oltre il 12%, rischia di
vanificare lo sforzo, anche finanziario, fatto da molte Regioni e di far
riemergere la categoria dello studente idoneo non beneficiario di borsa di
studio in realtà che negli ultimi anni erano riuscite a soddisfare la totalità
degli studenti aventi diritto.
Occorre poi considerare che le borse del diritto allo
studio universitario hanno ancora valori medi nettamente più bassi della media
degli altri paesi europei e che, in assenza di servizi aggiuntivi - quali mense
e residenze - in grado di soddisfare i bisogni essenziali a prezzi contenuti,
non risultano sufficienti al mantenimento degli studenti.
Il numero di posti alloggio nelle residenze universitarie
non è ancora sufficiente a coprire la domanda degli studenti fuori sede che
sono costretti a rivolgersi ad affitti di mercato, spesso a canoni troppo
elevati per le loro disponibilità e ad alloggiare in abitazioni non sempre
provviste delle garanzie di sicurezza previste dalla normativa e spesso
affittate con contratti irregolari. (Fonte: Documento della Conferenza delle
Regioni illustrato da Monica Barni nel corso di un'audizione alla commissione
Cultura della Camera il 14 febbraio 2019)
QUALI
CARATTERISTICHE AVRÀ IL NUOVO ESAME DI STATO
Sarà un esame in cui sono cancellate le discipline: e non
ci tragga in inganno la bidisciplinarità di facciata della seconda prova
scritta, in realtà solo una giustapposizione di materie diverse. Inoltre, nel
decreto che norma il colloquio orale, l’avvertenza ai docenti di “evitare una
rigida distinzione tra le discipline” è chiarissima. Ed è proprio per
raggiungere questo obiettivo che è stata eliminata la terza prova. È la
vittoria del mito efficientista delle competenze, di un’idea di scuola
ancillare ad un lavoro inteso non come dignità dell’individuo, ma acritica
esecutività. La finalità è semplificare e impoverire il possesso dei saperi
piegandoli all’apprendimento certificato di prestazioni strumentali:
- un esame in cui viene cancellata la possibilità per gli
studenti di svolgere un tema libero a partire da una traccia di storia, di
attualità o legata alla propria specifica tipologia di scuola ed in cui la
scrittura viene vincolata nello stretto perimetro di un’argomentazione
preconfezionata, dove ciò che conta non è cosa si dice, ma come lo si dice e se
lo si dice nel rispetto di un format imposto;
- un esame che obbliga gli studenti a un colloquio orale
nullificato, in cui prima la busta, il quiz, la sorte, poi lo ‘spunto’ estratto
dal candidato daranno il via ad un parlare senza contenuti, senza riferimenti
culturali. L’esame del problem solving, che premia la destrezza estemporanea
dello studente capace di passare da uno spunto ad un altro (sarebbe questa
l’interdisciplinarità?) e affida invece l’onere, l’invenzione del problem
setting alla commissione, che dovrà dedicare un’apposita sessione alla
preparazione dei quesiti: un lavoro tanto complesso e meticoloso quanto
inutile, affidato alle scarne prescrizioni di un decreto e ai documenti del 15
maggio;
- un esame che concretizza i frutti di una visione
asfittica ed avariata della valutazione.
In tanta approssimazione – una normativa a singhiozzo,
pubblicata pochi mesi prima della prova, in totale assenza di consultazione –
due sono le considerazioni che emergono prioritariamente.
La prima: l’operazione è evidentemente tesa a imporre una
sterzata radicale e autoritaria alle programmazioni e alla didattica dei
docenti, partendo direttamente dalle conclusioni del percorso. Si impongono
agli insegnanti cambiamenti che pregiudicano l’esercizio della libertà di
insegnamento attraverso una rivisitazione degli obiettivi finali, obbligando ad
adeguarsi ad essi ex lege.
La seconda: la banalizzazione dell’esame, la sua meccanizzazione,
l’allontanamento dalla centralità delle conoscenze e del loro rigore
scientifico, l’acquisizione dell’alternanza scuola-lavoro nella valutazione
sommativa, la retorica delle competenze, costruita sull’inganno epistemologico
della cultura della modernità. (Fonte: Red.ne Roars 15-02-19)
SCELTE DEI DIPLOMATI ALLA CONCLUSIONE DELLA SCUOLA
SECONDARIA DI 2° GRADO IN TERMINI DI PERFORMANCE UNIVERSITARIE E LAVORATIVE A
UN ANNO E A TRE ANNI
Il Rapporto 2019 sulla Condizione occupazionale e
formativa dei diplomati di scuola secondaria di secondo grado, realizzato da
AlmaDiploma e dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, fotografa le scelte
compiute dai diplomati alla conclusione della scuola secondaria di secondo
grado in termini di performance universitarie e lavorative nell’immediato (a un
anno) e in un più lungo periodo (a tre anni). Il 66,8% dei diplomati si iscrive
all’università e opta per un percorso di studi economico-sociale. A un anno dal
diploma il 35,5% lavora, in particolare chi è uscito dagli istituti
professionali. Chi ha svolto attività di Alternanza scuola-lavoro e stage
durante gli studi, ha il 40,6% in più di probabilità di lavorare una volta
terminati gli studi.
Tra chi prosegue gli studi con l’iscrizione
all’università, la motivazione principale è di natura lavorativa (68,2%): il
45,0% dei diplomati intende infatti migliorare le opportunità di trovare
lavoro, il 22,1% ritiene che la laurea sia necessaria per trovare lavoro e
l’1,1% dichiara di essersi iscritto non avendo trovato alcun impiego. Il 30,2%
è spinto invece dal desiderio di potenziare la propria formazione culturale.
La tendenza è confermata all’interno di tutti i tipi di
diploma. In particolare, il 49,5% dei tecnici dichiara di essersi iscritto per
migliorare le possibilità di trovare lavoro; è il 43,7% per i liceali e 37,1%
per i professionali. Per i liceali, più di altri, l’iscrizione all’università
viene vissuta come una necessità per accedere al mercato del lavoro (26,2%; è
pari al 12,2% per i tecnici e 15,9% per i professionali). Infine, la
prosecuzione degli studi è dettata dal desiderio di migliorare la propria
formazione per il 41,4% dei professionali, rispetto al 28,1% dei liceali e al
34,1% dei tecnici.
Fra i diplomati che hanno invece terminato con il diploma
la propria formazione, il 29,3% indica, come motivo principale della non
prosecuzione, la difficoltà di conciliare studio e lavoro. Il 24,8% dichiara
invece di non essere interessato a proseguire ulteriormente la formazione,
mentre il 13,0% è interessato ad altra formazione. Infine, il 12,9% lamenta
motivi economici. (Fonte: www.giornaledellepmi.it
31-01-19)
STUDENTI. COSTI
PER FUORISEDE
Secondo il rapporto di Federconsumatori, gli studenti
universitari meridionali spendono mediamente 6.767,23 euro l’anno per affitto,
trasporto pubblico, alimentazione, casa, libri di testo, materiale didattico e
tasse universitarie. Si tratta di un dato in contrazione rispetto all’anno
precedente: infatti, nel 2016 sono stati spesi 6.984,54 euro, esattamente il
3,11% in più rispetto al 2017. I dati meridionali sono certamente più bassi
rispetto a quelli osservati nelle altre circoscrizioni: infatti, al Nord sono
8.134,82 gli euro spesi dalle famiglie dei fuorisede universitari, mentre ammontano
a 8.405,22 euro al Centro. Negli affitti si riscontrano differenze notevoli tra
le tre macroaree geografiche del Paese: se al Centro Italia il costo medio
mensile di una camera sfiora i 400 euro per la singola ed è di quasi 250 euro
per la doppia, al Nord tali costi ammontano rispettivamente a 363,6 euro e 219
euro. Decisamente più contenute le spese per chi studia nelle città del Sud: in
media il costo è di 251,5 euro al mese per la camera singola e di quasi 161
euro per la doppia. (Fonte: S. G. Grasso, QdS 24-01-19)
INDIRIZZO LICEALE
E TECNICO-PROFESSIONALE. PREFERITO IL PRIMO
In Italia la maggiore parte degli adolescenti si iscrive
al liceo, circa il 55,3% nel 2018, un aumento di circa il 2% rispetto all’anno
precedente. Il valore è nettamente più alto rispetto a quello del sistema
scolastico tedesco dove ciò che si potrebbe definire come l’analogo istituto
del liceo, ovvero Gymnasium (che va dagli 11 ai 17 anni circa), è frequentato
solo da un terzo degli studenti.
Scegliere l’indirizzo liceale a scapito degli istituti
tecnico-professionali (iscrizioni in calo del 15,1% nell’ultimo anno) è una
tendenza molto diffusa in Italia e che non sembra essere premiata né da un
particolare coinvolgimento degli studenti (uno su tre tra i liceali abbandona
precocemente gli studi) né dal mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione
giovanile è infatti salito al 31,9%, uno tra i più alti d’Europa e a grande
distanza sia dalla media europea (6,8%) che tedesca (6%). (Fonte: V. Fonzo,
aise.it 18-02-19)
VARIE
UNA NUOVA
ASSOCIAZIONE VUOLE ANCHE AFFERMARE L'AUTONOMIA DELLA SCIENZA RISPETTO ALLA
POLITICA
L'associazione "Italia
Stato di diritto", presentata ufficialmente lo scorso 18 gennaio a
Milano, è composta da avvocati,
docenti di materie giuridiche e professionisti che lavorano quotidianamente con
il diritto, è stata creata per difendere i principi della democrazia liberale
che hanno ispirato la Costituzione e l'UE. Tra gli obiettivi palesati sul sito:
diffondere la conoscenza di principi importanti e non sempre conosciuti (come
la divisione dei poteri, l'essenzialità dei partiti e la necessità che abbiano
una vita interna democratica); descrivere le ragioni della democrazia
rappresentativa e i rischi di un uso distorto degli strumenti di democrazia
diretta; ricordare che il rispetto dei trattati internazionali e dei patti
sottoscritti con gli altri Stati dell'Unione Europea è necessario affinché il
rapporto tra Stati non regredisca all'uso della forza; affermare l'autonomia
della scienza rispetto alla politica. (Fonte: G. Lax, studiocataldi.it
28-01-19)
PERCHÉ RIPENSARE
L’ECONOMIA - PER UNA RIFORMA DELL’UNIVERSITÀ
Il 5 dicembre si è tenuto presso il Dipartimento di
Economia dell’Università Roma Tre l’evento “Perché ripensare l’Economia - per
una riforma dell’Università”, organizzato da Rethinking Economics Italia. Come
è facile capire, la domanda che ha dato il titolo all’evento travalica le
questioni interne alle mura accademiche e ha a che fare con l’intero destino
della nostra società. L’urgenza di ripensare l’economia infatti non è solo una
rivendicazione di un sempre più largo gruppo di studenti e ricercatori in giro
per il mondo, ma una vera e propria necessità politica, che riguarda tutti noi
e determinerà le possibilità stesse della nostra civiltà di superare la crisi
sociale, ambientale ed economica che stiamo attraversando. Gravi
disuguaglianze, una crescita ingiusta e stagnante, la precarietà che è
diventata la cifra di un’intera generazione, emigrazioni di massa, un ambiente
sull’orlo del collasso, i popoli in preda a una rivolta sociale.
Questi, nota G. Guzzi nell’articolo, sono solo alcuni dei
sintomi che denotano una crisi di portata storica, che nei prossimi anni
modificherà radicalmente il profilo delle nostre società, ma di cui l’economia
mainstream, ossia quella insegnata e divulgata nelle maggiori università e dai
principali mass media, non solo ignora le cause ma sembra anche aver
contribuito ad esacerbare gli effetti.
Ma, commenta giannini61 in coda all’articolo di Guzzi,
dire che il modello neoclassico non è adatto a spiegare l’economia significa
non averlo compreso, se non nella esemplificazione didattica di un corso di
Economia 1. Come dicevano i “vecchi” maestri, che certo non erano dei
fondamentalisti dell’economia marginalista, il mainstream è un mostro con tante
teste, e tanti, in questi ultimi cento anni, hanno provato a decapitarlo, senza
grande successo. Quello che fa fallire l’economia non è il suo fondamento
epistemologico, ma l’inettitudine di una classe politica becera ed ignorante che
non sa sfruttarne gli insegnamenti. (Fonte: G. Guzzi, IlSole24Ore 16-01-19)
UNA PROPOSTA PER
COLTIVARE IL MERITO
Per coltivare il merito negli spazi del sapere bisogna
tornare a far uso di una discrezionalità protetta dalle leggi e gerarchicamente
orientata. Si tratta di riaffidare alla responsabilità umana, legittimata dal
principio di autorità, il compito di selezionare la nuova classe dirigente
accademica, mandando in soffitta un sistema formativo fatto di procedure
asettiche e di controlli burocratici che non hanno scongiurato l’infiltrazione
del familismo e della corruzione. Significa rilegittimare tutte le posizioni
apicali, che sono state espropriate della loro potestà discrezionale e
trasformate in centri di burocrazia autoreferente, in nome di un egualitarismo
malsano, monopolizzato da corpi intermedi malati. Significa, ancora, rimettere
il magistero, di qualunque disciplina, nella posizione di valutare, in piena
autonomia e senza conseguenze giudiziarie, i premi e le promozioni nella scala
gerarchica funzionali allo sviluppo del sapere. (Fonte: A. Barbano, Il Foglio
27-01-19)
UN DOCUMENTO DI
DICIOTTO PROFESSORI UNIVERSITARI ESPERTI DI ECONOMIA E INGEGNERIA DEI TRASPORTI
SULLA TAV
“La pubblicazione delle Analisi Benefici-Costi svolte dal
gruppo di esperti MIT presieduto dal prof. Ponti sul collegamento ferroviario
Torino – Lione e, prima, sulla linea AC Genova-Milano (Terzo valico dei Giovi)
ha consentito di constatare - alla totalità dei 18 esperti intervenuti in
argomento - i molti errori (costi indebitamente imputati all'opera) ed
omissioni (benefici non considerati o stimati in modo almeno discutibile) della
metodologia applicata. Si tratta di errori ed omissioni messi in evidenza, che
rendono del tutto arbitrarie le conclusioni negative raggiunte. Rafforza queste
convinzioni la preoccupante Relazione tecnico-giuridica (avv. Pucciarello) che
accompagna l'analisi costi benefici della Torino-Lione, che a nostro avviso
avrebbe dovuto essere tenuta in conto anche nelle valutazioni della
Benefici-Costi, in quanto le valutazioni giuridiche evidenziano i possibili
costi della non realizzazione del progetto. Alcuni di questi sono certi (penali
e ripristino dei territori su cui si svolgono i lavori in corso), altri
probabili, secondo l'avv. Pucciarello del MIT, che riguardano non solo la
restituzione o la rinuncia ai contributi UE, ma anche i potenziali danni che i
Paesi europei potrebbero imputare all'Italia per la soluzione di continuità di
un corridoio della rete TEN-T, deliberato dal Parlamento europeo e dal
Consiglio europeo col voto favorevole dell'Italia, con un Regolamento europeo
cioè con fonte giuridica non derogabile neanche dal Parlamento italiano con sua
legge”. (Fonte: IlSole24Ore 20-02-19)
UNIVERSITÀ IN ITALIA
UNIBO. ARRIVA LA
LAUREA IN INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’intelligenza artificiale entra nelle aule
dell’Università degli Studi di Bologna. Per l’anno accademico 2019/2020 l’Alma
Mater ha infatti istituito il corso di laurea magistrale internazionale in
‘Artificial Intelligence’, il secondo in Italia dopo quello della ‘Sapienza’ di
Roma, volto a formare dei professionisti in questa disciplina. Inoltre, ad
aprile l’ateneo bolognese aprirà il nuovo Centro di ricerca per l'intelligenza
e la digitalizzazione della conoscenza, sottolineando l’interesse verso questo
campo di ricerca ritenuto fondamentale per il futuro. Nel 2022, Bologna
ospiterà la prossima edizione della IJCAI-ECAI, la più grande conferenza
scientifica sui temi dell'intelligenza artificiale. (Fonte: Skytg24 07-02-19)
UNIBO. STARTUP DAY
SUPPORTA LA CULTURA IMPRENDITORIALE
Con lo StartUp Day l’ateneo bolognese, supporta da ormai
5 anni la cultura imprenditoriale tra i giovani studenti e neolaureati,
attraverso un programma che trova il suo momento conclusivo nell’evento in
programma il prossimo 18 maggio a Palazzo Re Enzo: all’appello l’ecosistema
dell’innovazione, università e imprese del territorio, studenti e alumni,
startup, business angels, venture capitalist, investitori e altre realtà nazionali e internazionali che
sostengono e finanziano il mondo dell’imprenditorialità. L’appuntamento di
maggio è in realtà solo la tappa finale dell’iniziativa promossa dall’Ateneo
emiliano e che ogni anno comincia con una Call for Ideas in due round al
termine della quale le migliori 30 idee selezionate ottengono un tavolo per le
sessioni di team meeting durante l’evento. Quest’anno l’iniziativa è partita
con una novità: la community ambassador StartUp Day. La rete è un progetto
strategico che mira a coinvolgere studenti e neolaureati di ogni campus e corso
di laurea, incentivandoli a promuovere lo StartUp Day e i valori
dell’imprenditorialità in tutta l’università di Bologna. (Fonte:
university2business.it 11-02-19)
SCUOLE
D’ECCELLENZA
Tutte le scuole d’eccellenza sono equiparate a università.
Hanno perciò personale docente proprio e sono finanziate su un fondo distinto
dall’FFO (Fondo di finanziamento ordinario) delle altre università. Nel 2018 le
scuole d’eccellenza hanno ricevuto 105 milioni (39 la SNS, 31 il S. Anna, 22 la
SISSA, 7 l’IMT e 6 lo IUSS), contro un totale di 6886 delle altre università.
Insieme le scuole di eccellenza sono la ventiseiesima università italiana per
finanziamento totale (la prima è Roma Sapienza, con 483 milioni). Dal punto di
vista didattico, bisogna distinguere due modelli diversi. SISSA e IMT
conferiscono solo diplomi di dottorato di ricerca, mentre IUSS, Normale ed il
Sant’Anna conferiscono sia dottorati (detti perfezionamenti) sia diplomi di
corso ordinario. Questi ultimi sono aggiuntivi rispetto alle lauree (triennale
e specialistica) dell’università di Pavia e Pisa. Gli studenti devono superare
in corso gli esami universitari (con la media del 27 e nessun voto sotto il 24)
e superare anche esami aggiuntivi, tenuti da professori della Scuola. (Fonte:
G. Federico, noisefromamerika.org 11-02-19)
ISTANZE DELLE
REGIONI NELLA PROGRAMMAZIONE DELLE UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA IN AMBITO
AUTONOMIA RAFFORZATA
Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avanzato
richieste al governo di più attenzione al territorio nella programmazione delle
università e della ricerca nell'ambito del dossier dell'autonomia rafforzata
regionale. Luca Zaia, Attilio Fontana e Stefano Bonaccini, i presidenti
rispettivamente di Veneto, Lombardia ed Emilia, hanno avanzato la richiesta di
un coordinamento delle università dei rispettivi territori, «nel rispetto
dell'autonomia» delle stesse istituzioni, così da integrare l'attività
didattica nell'interazione con il tessuto produttivo del territorio. Una
curvatura della didattica, dunque, che dovrebbe interessare solo alcuni corsi e
che comunque non potrà prescindere dall'accordo con i singoli atenei, la cui
autonomia è presidiata dalla Costituzione.
Sull'altro piatto della bilancia è prevista la
possibilità che le regioni finanzino posti in deroga rispetto all'organico
degli atenei. Sempre le regioni potranno disporre integrazioni salariali per il
personale, aggiuntive rispetto al trattamento previsto a normativa vigente.
Novità anche per la ricerca: con particolare attenzione
al sostegno e allo sviluppo delle attività di impresa e delle startup, le
regioni chiedono la partecipazione alla programmazione delle attività di
ricerca scientifica e tecnologica per i settori di maggior ricaduta per la
produttività del territorio. (Fonte: A. Ricciardi, ItaliaOggi 12-02-19)
UE. ESTERO
2019 QS WORLD
UNIVERSITY RANKINGS
Africa. South
Africa remains the continent’s dominant higher education ecosystem. Seven South
African universities see 113 departments ranked, accounting for well over half
of the continent’s total. But 24 of South Africa’s departments drop in rank
while only 20 improve in rank.
Asia. In Asia,
Singapore remains dominant at the very top of the rankings, with 14 departments
among the top 10 of the 48 subject tables. But China continues to increase its
competitiveness, recording a higher share of top-50 departments than ever.
Australia. The
Australian sector still remains home to numerous outstanding subject providers.
Australian National University in particular performs strongly, ranking among
the global top 10 for seven different subjects – a year-on-year increase of
three.
Latin America.
Of the 555 Latin American university departments ranked, 129 have declined in
rank, while 89 have improved their rank, constituting “systemic relative
decline”, QS says. Latin American representation at the top-50, top-100 and
top-200 level has also decreased year-on-year.
Middle East. QS
ranked 145 departments across eight Middle Eastern nations, an increase of 60%
on last year, with 33 departments improving their rank, and 18 departments
declining in rank. Saudi Arabia remains the region’s dominant higher education
system. Some 56 of its departments are ranked, and 28 of the 33 top-200 ranks
achieved by Middle Eastern universities are attributable to Saudi Arabian
institutions.
North America.
The United States’ higher education system has continued to decline, losing
almost 20% of its top rankings for its departments in a year, and recording
deeper deteriorations in liberal arts disciplines. But Harvard University
remains the world’s outstanding university, ranking number one in 12 subjects,
closely followed by Massachusetts Institute of Technology, ranking first in 11
subjects. Canada’s higher education sector has consolidated its status as the
world’s third best in terms of research performance. In total, 557 Canadian
university departments are ranked. A total of 123 departments drop in rank,
while 139 improve their rank.
CONFRONTO CON
L’ESTERO. PRESENZA DI DONNE NEL CORPO DOCENTE UNIVERSITARIO
Regno Unito. In
media il numero di professoresse nella più alta fascia di docenza si attesta
intorno al 22%, leggermente al di sotto delle percentuali italiane (ma la
percentuale sarebbe decisamente al di sotto di quelle italiane se nel conteggio
fossero incluse anche le posizioni di PA).
Svizzera.
Sommando PO e PA, si raggiunge circa il 21% fortemente al di sotto della
percentuale italiana.
Danimarca. Il
dato disponibile per l’università di Copenhagen (riferito al termine del 2015)
indica una percentuale di donne PO pari al 22%; una percentuale anche inferiore
è invece riportata per l’università di Aahrus con il 17%.
Germania.
Mostra un dato nazionale medio intorno al 22% di donne in posizione da
professore con le due principali università di Monaco di Baviera, la TUM e la
LMU che mostrano percentuali di donne nel ruolo di professore tra il 18 ed il
22%, rispettivamente.
Francia. Mostra
un 18% di donne nella categoria più alta di professori ma considerando solo le
discipline scientifiche (unici dati disponibili del 2018) e perciò è
ipotizzabile una percentuale decisamente più elevata considerando anche le
discipline umanistiche.
Stati Uniti. Ad
esempio per la Brown University e Princeton, nella più alta categoria di
professori, il 25% di questi sono donne. Quasi identiche percentuali sono
riportate per la Columbia University e per la Stanford University. Stessi
numeri per la Harward.
Consiglio Europeo
delle Ricerche (ERC). Se si effettua un’analisi delle tre tipologie di
finanziamenti individuali dal 2007 al 2016, si osserva che vince un ERC
Starting Grant il 27% di donne, vince un Consolidator Grant il 28% di donne e
vince un Advanced Grant soltanto il 14% di donne. (Fonte: F. Nestola,
ilbolive.unipd.it 30-01-19)
FRANCE IS
PREPARING TO IMPLEMENT A NATIONAL, MULTI-YEAR RESEARCH PLAN
France is preparing to implement a national, multi-year
research plan for the first time – a move warmly welcomed by the heads of the
country’s major research agencies, writes Barbara Casassus for Nature. The
details of the programme, unveiled by French Prime Minister Edouard Philippe on
1 February, are yet to be defined, but the government says that it will protect
research funding, boost the reCRUItment of early-career scientists and help
France to stand out in an increasingly competitive global research landscape.
The programme should cut bureaucracy and give scientists more resources,
allowing them to better plan for the future and freeing up more time for
research, said Phillippe, who announced the move in Paris at an event
celebrating the 80th anniversary of France’s National Centre for Scientific
Research (CNRS), Europe’s largest basic-research agency. (Fonte: UWN 15-02-19)
GERMANIA. IL
SISTEMA DELL’ISTRUZIONE: GYMNASIUM, REALSCHULE, HAUPSCHULE, FACHHOCHSCHULE
Il sistema scolastico tedesco, a differenza di quello
italiano, è pensato per indirizzare gli studenti già dagli 11 anni in poi. Da
quell’età in poi per essere accettati in un liceo bisogna superare una
selezione basata sui voti ricevuti fino a quel momento durante gli anni della
Grundschule (elementari) e altri elementi, sempre più stringenti nel corso
degli anni. Solo un terzo degli studenti, ovvero quelli aventi una media dei
voti in matematica e tedesco tra 2 e 2,5 (la scala dei voti è invertita va dal
5 all’1, dove 1 è massimo), salvo eccezioni, può frequentare il Gymnasium. In
alcuni Länder, come Sassonia e Brema, l’accesso ai licei è possibile solo
tramite raccomandazione da parte della Grundschule o attraverso un esame o una
lezione di prova. Solo il 33% degli studenti riesce a essere ammesso al
Gymnasium, gli altri, invece, sono normalmente incoraggiati a iscriversi alla
Realschule (i corrispettivi degli istituti tecnici italiani) o alla Haupschule
(la scuola professionale). In Germania il sistema universitario si è ormai
omologato agli standard europei. Per accedervi è necessario un diploma di
maturità. Tuttavia esistono anche le cosiddette Fachhochschulen a cui è più
facile accedere nel caso in cui si provenga da una Realschule. Non esistono
esami di ammissione (salvo per alcune facoltà a numero chiuso, come medicina).
(Fonte: V. Fonzo, aise.it 18-02-19)
UK. IL COSTO
SBALORDITIVO DELL’ECCELLENZA
The TEF (Teaching Excellence Framework) is now in its
third year but still has some way to go before suspicion around its methodology
and benefits subsides. Last year, the Westminster government announced plans to
evolve the scheme to include a detailed assessment of universities’ performance
in 34 specific subject areas, evaluating them on student satisfaction and
retention as well as graduate employment. Now policymakers are being asked to
reconsider, following a warning from vice-chancellors that such detailed
testing of subjects could push the cost
of the exercise to the sector up to an eye-watering £37.6 million each time.
They argue that increased cost to universities and taxpayers, alongside
problematic methodology overall, “risk undermining the subject’s purpose”.
(Fonte: A. McKie, THE 25-02-19)
UK. A LONDRA UNA UNIVERSITÀ CHE
OFFRE UN SOLO CORSO DI LAUREA
A partire dal prossimo anno è la novità nel panorama accademico
britannico, ma soprattutto perché questa laurea sarà a cavallo fra materie
umanistiche e scientifiche. L’ateneo si chiamerà London Interdisciplinary School e già dal nome se ne comprende
l’approccio: non più steccati fra i saperi, ma un unico corso che fonde scienze
e humanities, arte e tecnologia. Un’iniziativa che nasce da una precisa
richiesta del mondo delle imprese: e infatti fra gli sponsor ci sono gruppi
come McKinsey, il gigante della consulenza, e la Virgin di Richard Branson.
Perché il problema, anche in Inghilterra, è trovare laureati con le competenze
giuste, che oggi significano non tanto iper-specializzazione quanto capacità di
essere trasversali. Dunque letterati che sappiano leggere un bilancio o
ingegneri capaci di pensare filosoficamente, ma soprattutto persone in grado di
«risolvere problemi complessi». (Fonte: L. Ippolito, CorSera Università
04-03-19)
LIBRI. RAPPORTI. SAGGI
IL SISTEMA
UNIVERSITARIO NELLE ANALISI DEL CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE-BIENNIO
2017-2019.
Studio effettuato
dal CUN. Gennaio 2019.
Il Consiglio Universitario Nazionale intende qui
rappresentare e sottoporre all’attenzione e alle riflessioni delle comunità
scientifiche e accademiche, nonché delle sedi istituzionali competenti, quelle
che si sono affermate e continuano a proporsi tra le principali questioni
aperte del nostro sistema universitario nel corso del biennio gennaio 2017 -
gennaio 2019. Non tutte le problematiche per le quali il sistema universitario
attende soluzioni e risposte saranno dunque fatte oggetto di considerazioni
dedicate in questa relazione biennale. A motivo di sollecitazioni, esterne e
interne, le istanze della semplificazione, della modernizzazione del sistema, e
perciò della sua flessibilità e della sua internazionalizzazione, hanno
impegnato l’Organo in estese analisi dedicate, fra l’altro, all’adeguamento
dell’offerta formativa, perché ne sia assicurata la capacità di meglio
rispondere alle nuove esigenze dei contesti anche sovranazionali. Il testo completo
dello studio nel seguente link https://tinyurl.com/y6ll9fct .
CRITICAL
PERSPECTIVES ON DIGITAL TECHNOLOGIES IN HIGHER EDUCATION
A cura di Deborah Lupton, Inger Mewburn, Pat Thomson. Ed.
Routledge, 2017, 172 pg.
Academic work, like many other professional occupations,
has increasingly become digitised. This book brings together leading scholars
who examine the impacts, possibilities, politics and drawbacks of working in
the contemporary university, using digital technologies. Contributors take a
critical perspective in identifying the implications of digitisation for the
future of higher education, academic publishing protocols and platforms and
academic employment conditions, the ways in which academics engage in their
everyday work and as public scholars and relationships with students and other
academics. The book includes accounts of using digital media and technologies
as part of academic practice across teaching, research administration and
scholarship endeavours, as well as theoretical perspectives. The contributors
span the spectrum of early to established career academics and are based in
education, research administration, sociology, digital humanities, media and
communication. (Fonte: Presentazione dell’editore)
LA VALUTAZIONE COME DISPOSITIVO CENTRALE DI
UNA NUOVA FORMA DI GOVERNAMENTALITÀ
In generale,
negli ultimi trenta anni circa, i sistemi universitari europei hanno dovuto
affrontare riforme radicali. Le politiche nazionali nel campo dell’istruzione
superiore si sono ispirate a un modello comune di «governance di sistema» -
sempre più influenzato dal confronto, implicito o esplicito, con quello
anglosassone - che ha portato le tradizionali modalità di gestione tipiche
dell’Europa continentale (modello gerarchico - burocratico) e quelle appunto
dei paesi anglosassoni (modello dell’autogoverno istituzionale) a convergere
verso un comune template: lo «stato valutatore». I pilastri su cui si basa tale
modello sono quelli del New Public Management (NPM), che è stato modulato,
declinato e reinterpretato in maniera sostanzialmente differente a seconda dei
diversi contesti istituzionali, dando vita a combinazioni peculiari e attivando
dinamiche spesso conflittuali, sia a livello di sistema sia di singola
istituzione universitaria. Schematicamente si possono identificare con: la
concessione di un’estesa autonomia istituzionale alle università; la
valutazione della qualità della ricerca e dell’insegnamento che ciascun ateneo
è in grado di offrire; l’introduzione di meccanismi competitivi di
finanziamento che premino il merito attraverso la “visualizzazione” dei
risultati ottenuti. In particolare, la valutazione è diventata, in tale quadro,
non solo una parola chiave per la qualità, ma anche il dispositivo centrale di
una nuova forma di governamentalità, attraverso la trasformazione dello Stato
centralista nello «Stato valutatore». (Fonte: E. Spanò, Rivista Trimestrale di
Scienza dell’Amministrazione, n. 1/2018, Numero monografico http://www.rtsa.eu/ )
IN BREVE (Gennaio - Marzo 2019)
L'Università, la Ricerca scientifica e, più ampiamente,
la Cultura, paiono ormai fra gli ambiti che con maggiore facilità sono chiamati
a confrontarsi con misure di RIDUZIONE DELLE RISORSE nonché a soffrire
interventi normativi contingenti, spesso cangianti, capaci di comprometterne lo
sviluppo. C. Barbati, pres.te CUN.
DOMANDA DI GIUSTIZIA. «È inutile rincorrerla con
incrementi di personale. Bisogna trovare adeguate deterrenze contro chi resiste
indebitamente in giudizio sapendo di avere torto». La soluzione è un sistema
«dove non esiste il divieto di reformatio in peius» (possibilità di aggravare
la condanna in Appello). P. Davigo, La Stampa.
Analisi triennale New Skills at Work di J.P. Morgan e
Università Bocconi ha evidenziato lo «SKILL MISMATCH», come lo chiamano gli
economisti. Abbiamo uno dei più consistenti livelli di «disallineamento» tra i
percorsi di studio scelti dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro (al
3° posto dopo Corea del Sud e Inghilterra). «Strabismo» che porta troppi
«dottori» a trovarsi senza lavoro. CorUniv.
INDENNIZZO AI DOCENTI UNIVERSITARI. Con i 50 milioni del
2018 ai 43.000 professori e ricercatori di ruolo in servizio a inizio 2018 e
anche nel periodo di BLOCCO STIPENDIALE (tra il 01.01.2011 e il 31.12.2015)
sono stati distribuiti tra i 1.250 e 1.429 euro pro capite. A cui entro il
15.03.19 deve seguire un 2° indennizzo compreso tra i 1.000 e i 1.143 euro.
NUMERO COMPLESSIVO DEI PROFESSORI ordinari (13.490) e
associati (20.720) in ruolo nelle università nel 2018. Dal 2012 a oggi sono
state presentate 129.000 domande di abilitazione scientifica nazionale per
insegnare negli atenei: in 64.503 casi è stata ottenuta l'abilitazione e in
14.468 l’assunzione. Sole24.
ACCREDITAMENTO DEI CORSI DI DOTTORATO. ll MIUR ha
semplificato le regole per gli atenei, riducendo di fatto il ruolo dell'ANVUR.
Per costituire un collegio docenti di dottorato basterà aver pubblicato almeno
3 prodotti scientifici su fonti qualificate e superato gli indicatori per
l'abilitazione scientifica nazionale per i professori associati. Senza più
spazio dunque per gli algoritmi applicati dall'ANVUR.
Nel mirino del Fondo monetario internazionale (FMI)
finiscono REDDITO DI CITTADINANZA e pensioni anticipate. Il reddito rischia di
essere un disincentivo al lavoro o di creare dipendenza dal welfare. QUOTA 100
potrebbe ridurre la crescita potenziale e aumentare i già elevati costi
pensionistici.
Centro Studi di Community Group. Indagine LaST. Indice
complessivo che misura accoglimento o opposizione a OPERE INFRASTRUTTURALI, es.
TAV. 3 gruppi: prevale (65,5%) quello dei «#Si0pere» con più consensi fra
LAUREATI, imprenditori e STUDENTI, 2°gruppo dei «#Si, con riserva» (26,6%),
3°gruppo per il no (7,9%) ha consensi fra chi ha basso titolo di studio,
disoccupati e STUDENTI.
DL SEMPLIFICAZIONI: Anche laureati in Medicina che non
hanno completato il corso di formazione in Medicina generale, potranno avere
l’incarico di medico di base fino al 31-12-21, per un totale di 4.150 medici
nel triennio. Fnomceo: L’unico intervento risolutivo è mantenere 2.000 borse
studio l’anno X 10 anni per i corsi di Medicina generale post laurea. lavoce.info
INTELLIGENZA ARTIFICIALE. In quali campi l’AI è più brava
degli esseri umani? Nell’analizzare enormi quantità di dati e riconoscere
similitudini (pattern) e anomalie, e a prevederle. Sembra una piccola qualità,
ma significa avere un impatto straordinario in tutti i compiti che richiedono
percezione e ripetitività. Foglio.
“L’INPS deve essere un’istituzione indipendente dagli
orizzonti, spesso molto limitati, del governo di turno, perché è il garante di
un patto tra generazioni. Se avesse avuto questo ruolo negli anni ‘70 e ‘80
oggi non avremmo questa montagna di debito pubblico e le baby pensioni”. T.
Boeri
CONCORDATO DELLE LAUREE. L'Italia e la Santa Sede hanno
reciprocamente riconosciuto i titoli di laurea e dottorato rilasciati dalle
rispettive università sulla base della Convenzione di Lisbona. La convenzione
viene ora applicata per tutte le lauree, salvo quelle in teologia che
passeranno da un canale concordatario sperabilmente semplificato. Rep.
CONFERENZA DELLE REGIONI. Ritiene urgente realizzare
verifiche sistematiche della relazione fra test somministrati e successivo
profitto universitario e anche su base di tali esiti progettare test migliori e
più efficaci. I TEST DI ACCESSO PER I CORSI A NUMERO PROGRAMMATO restano
irrinunciabili, ma occorre investire maggiori risorse per migliorarne il
funzionamento.
Una piccola curiosità: c’è una notevole differenza tra il
titolo italiano "DOTTORE" e quello tedesco "DOKTOR".
Quest’ultimo è infatti riservato a coloro che hanno completato un dottorato di
ricerca. Di conseguenza la Germania ha molti meno Dottori rispetto all’Italia".
aise
Farmacista33 ha lanciato un sondaggio per conoscere che
cosa pensano i farmacisti sull’ACCESO APERTO O CHIUSO AL CdL IN FARMACIA. A
favore dell'accesso libero è stato il 29% dei rispondenti, il restante 71% ha
espresso la sua preferenza per il numero chiuso. farmacista33.it
TAV. 18 PROFESSORI UNIVERSITARI ESPERTI DI ECONOMIA E
INGEGNERIA DEI TRASPORTI constatano i molti errori (costi indebitamente
imputati all'opera) ed omissioni (benefici non considerati o stimati in modo
almeno discutibile) della metodologia applicata, che rendono del tutto
arbitrarie le conclusioni negative raggiunte dalla commissione Ponti https://tinyurl.com/y6mu95eb
.
Rapporto Symbola-Unioncamere 2018. Al SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE
E CREATIVO nel 2017 si deve il 6% della ricchezza prodotta in Italia: oltre 92
mld di €. Inoltre, per ogni € prodotto dalla cultura se ne
attivano 1,8 in altri settori. Risultato: lavoro per 1,5 milioni di persone, il
6,1 % degli occupati. Manif.
Il Regno Unito è uno dei maggiori beneficiari dei
FINANZIAMENTI PER LA RICERCA nell'Unione Europea (tra il 2007e il 2013, ha
ricevuto 8,8 miliardi di euro su un totale di 107 miliardi destinati alla
ricerca). L’Italia è il quarto paese al mondo con cui il Regno Unito collabora
di più in assoluto con un totale di 58.664 paper in collaborazione con un
autore che risiede in Gran Bretagna.
Università San Raffaele. Sono circa 6.300 le richieste
quest'anno a fronte dei 240 posti disponibili alla FACOLTÀ DI MEDICINA.
Richiesti altri 80 posti, di cui 40 si aggiungeranno al corso di Medicina in
italiano, oggi con 160 posti, e altri 40 al corso in medicina insegnato in
inglese, adesso con 80 posti.
MIUR (nota 01-02-19 n. 3315) ha
ridefinito le linee guida per l'ACCREDITAMENTO DELLE SEDI E DEI CORSI DI
DOTTORATO adottate in data 14-04-17 (n. 11677), per quanto concerne la verifica
dei prescritti requisiti. Le nuove linee guida fanno seguito a un confronto con
l'ANVUR e mirano ad aggiornare e semplificare la procedura, nel rispetto
dell'autonomia universitaria e degli enti di ricerca.
La L. 240/2010 ha creato DISPARITÀ DI TRATTAMENTO
ECONOMICO tra RicercatoriTD-b sia in un singolo Ateneo sia tra Atenei diversi.
Infatti esistono RTD-b “privilegiati” da aumento stpendiale del 20% e RTD-b che
pur con medesima qualifica e mansione non ricevono tale aumento. Uspur.
Sentenza
definitiva del TAR Lazio. Il VOTO DI LAUREA di per sé non
costituisce un legittimo parametro di valutazione di un candidato perché, in
effetti, il voto non ha lo stesso “peso” in tutti gli Atenei e in tutte le
Università d’Italia. Il voto di laurea è, in buona sostanza, inutile e discriminante se
richiesto e valutato in relazione alla partecipazione a un CONCORSO PUBBLICO.
MARKETISATION OF HIGHER EDUCATION, embodied by quality
mechanisms, rankings, student satisfaction surveys and the like, has resulted
in grade inflation, neither does it bear a positive effect on the quality of
teaching and learning, and there are increasing signs that a shift away from
the market model may be on the cards. UWN.
LAUREE PROFESSIONALIZZANTI. A fronte di 585 posti a
disposizione per 14 lauree, alla data del 31 gennaio, risultavano pervenute 705
domande di accesso ai corsi a orientamento professionale. Pari al 121% del
totale. Laddove gli immatricolati complessivi si sono fermati a quota 379
(65%). Nessun ateneo è riuscito a riempire tutti gli slot attivati. Sole24.
“Se il 58% s’iscrive alla magistrale è evidente che il
SISTEMA DELLE LAUREE TRIENNALI non è decollato. Serviva un titolo triennale
finito che a 21-22 anni permettesse ai giovani di immettersi sul mercato del
lavoro. Ma per riuscirci servivano corsi parametrati sulla domanda e non
sull'offerta”. I. Dionigi, pres.te AlmaLaurea.
UNIVERSITÀ TELEMATICHE. Crescono gli iscritti: da ultima
rilevazione del MIUR sono 81.172 contro 48.025 di cinque anni fa, ovvero circa
il 5% dei 1.659.855 italiani che nel 2018 risultano iscritti all’università. In
USA Il 32% degli studenti di college segue corsi online.
Italian Physicist Fabiola Gianotti, director-general of
CERN, tells The Guardian what it felt like to discover the Higgs boson: “The
fact that 95% of the universe is dark, is unknown to us, is a major
embarrassment for scientists today, but it’s also very exciting: it means there
are many, many new things to discover.” UWN.
Modificare le cellule cerebrali, impiantarne di nuove e
persino inserire dispositivi per avere una mente capace di sfruttare la
capacità di calcolo di una macchina. Per ora è tutto in fase sperimentale, ma
nel giro di vent'anni le INTERFACCE NEURALI (BCI = Brain Computer Interface) ci
renderanno davvero degli esseri superiori. LINKIESTA.
Rapporto 2018 di Ministero Lavoro e Istat. DOTTORI di
RICERCA (DdR). Quasi 1 su 5 (titolo conseguito nel 2014) finito il percorso, si
trasferisce all’estero. Infatti, “a 4 anni dal conseguimento del titolo il 18,8%
dei DdR occupati (1.872 su 9.974 occupati) lavora all’estero”. Nel 2010
all’estero il 14,7% degli occupati. Mete preferite: Regno Unito (21,2%), USA
(14%), Germania (11,7%) e Francia (11,2%).
QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2019. Sapienza al 1° posto
in Studi Classici e Storia Antica. PoliMi unica italiana tra le Top 10 in tre
discipline. UniBocconi è 8° per Business & Management, 18° per Finanza, 16°
per Economia. PoliTo al 24° per Ingegneria Mineraria, UniBo per Odontoiatria
(44°), UniPi per Scienze Bibliotecarie (50°). UniBo e UniPd sono le più
rappresentate.
Accordo tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la NASA
sull’OSSERVAZIONE DELLA TERRA, che prevede la partecipazione di 7 candidati
italiani l’anno al "NASA Postdoctoral Program (NPP)". Grande opportunità
per DOTTORI DI RICERCA italiani, con ricadute sul Sistema Paese e per gli
istituti universitari che aderiscono, in quanto la NASA offre contratti per
posizioni post-doc presso i suoi laboratori per tutta la durata del progetto
(fino a tre anni).
RICERCATORI AL CNR. C’è chi è arrivato a 10 anni di
assegni e progetti a tempo, chi a 12, chi a 15. Chiedono di completare la
stabilizzazione dei contratti prevista dalla legge Madia del 2017. In totale ci
sarebbero 94,5 mln a disposizione, ma l’ente vorrebbe attingere i 20 mln di
cofinanziamento dai 34,5 stanziati dal governo attuale, riducendo così la somma
a disposizione. E anche le stabilizzazioni.
The UNITED STATES’ HIGHER EDUCATION SYSTEM is continuing
to decline in the global rankings, losing almost 20% of top rankings for its
university departments in the 2019 QS World University Rankings by Subject,
which ranks more than 1,200 universities in 78 locations across 48 single
subjects and five broad subject areas. UWN.
QS WUR said SWITZERLAND has become the world’s third-best
HIGHER EDUCATION SYSTEM in terms of top-10 ranks, overtaking Australia.
Impressive performances from ETH Zurich mean that only the United States and
United Kingdom occupy more top-10 places.
2019 QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS BY SUBJECT. By country
the US tops the list for number of TOP-10 DEPARTMENTS with 234, followed by the
UK (137), Switzerland (22), Australia (18), Canada (15), Singapore (14),
Netherlands (12), ITALY (6), Mainland China (4) and Sweden (4). UWN.
Vana la legge su BLOCCO ASSUNZIONI IN UNIVERSITÀ. Il
blocco è solo per assunzioni su dotazione 2019, non su dotazione 2018. Ogni
anno la dotazione arriva di solito a giugno/luglio. Ergo, visti i tempi tecnici
dei concorsi nessun assunto su dotazione 2019 avrebbe comunque preso servizio
prima di dicembre 2019.
Da UniFe PROPOSTA SPERIMENTALE PER SUPERARE IL N. RO
CHIUSO: normale immatricolazione al CdL per chi supera il test d’ingresso
nazionale, + apertura a 600 studenti che si potranno iscrivere e immatricolare
solo dopo superati tutti gli esami del 1°semestre con media non inferiore a 27,
pena l’esclusione dal corso.
Dati EUROSTAT. L’Italia ha % di LAUREATI tra le più basse
dell’Ue: il 20,6% tra i 25-54enni che si abbatte all’11,5% nei 55-74enni,
contro partner Ue come Francia (39,3% 22% nelle 2 fasce di età), Germania
(29,4% e 25,6%), UK (45,1% e 33,3%), Spagna (39,9% e 23,5%). Ed è penultima
prima della Romania nella classifica della % del numero di laureati nell’Ue.
EUROSTAT fa i conti del “GRADO DI ISTRUZIONE TERZIARIA”
negli Stati membri. Emerge che più di un terzo (34%) dei 4,7 milioni di
laureati nel 2016 nell’Ue si è laureato in scienze sociali, giornalismo,
informazione, economia, amministrazione e legge. Altri settori di studio con
proporzioni consistenti di laureati nel 2016 sono stati ingegneria, produzione
e costruzione (15% di laureati), salute e benessere (14%), arte e scienze umane
(11%), scienze naturali, matematica, statistica e Tecnologie informazione e
comunicazione (ICT) (11%) e istruzione (9%).
In Italia il 30% dei cittadini non ha COMPETENZE
DIGITALI. E nelle scuole c’è solo un computer ogni 8 alunni. Investiamo in
ricerca e sviluppo l’1,3% del Pil, rispetto alla media europea che è del 2% .
Una percentuale decisamente bassa soprattutto se paragonata alla Germania dove
si investe il 2,9% del Prodotto interno lordo. Inoltre, fra la popolazione dai
25 ai 64 anni, solo l’8,3% è coinvolto in programmi di formazione. La media
europea è del 10,8%.
Rapporto Federconsumatori. SPESA MEDIA ANNUALE PER STUDENTE
al Sud per affitto, trasporto pubblico, alimentazione, casa, libri di testo,
materiale didattico e tasse universitarie: 6.767,23 euro. Al Nord 8.134 euro,
al Centro 8.405.
Nasce la RETE 4Eu+, di cui fanno parte Milano Statale, la
Sorbona di Parigi, la Charles University di Praga e gli atenei di Copenhagen,
Heidelberg e Varsavia. Coinvolti quasi 300 mila studenti e 26 mila docenti e
ricercatori. Un'alleanza tra sei università europee per creare una nuova forma
di collaborazione.
QUOTA 100. Allarme rosso nelle scuole, in Asl e ospedali
per le molte richieste pervenute finora. Dalla cassa previdenziale di
insegnanti e PROFESSORI UNIVERSITARI già pervenute 13.887 domande (da intero
comparto della PA finora 28.738). Il MiSa stima a fine anno 4.500 i MEDICI per
quota 100 da aggiungere ai ca. 6.000 che ogni anno lasciano con le vecchie
regole.
Ricerca su rivista CELL. Studiosi dell'Università di
Scienza e Tecnologia di Hefei (Cina) e della Medical School dell'Università del
Massachusetts sono riusciti a dare una "super vista" a topi da
laboratorio, che permette ad essi di vedere anche nel campo dell'infrarosso,
cioè al buio.
STIPENDI MEDI A 1 ANNO DALLA LAUREA: 670 € mese per psicologia, 863 per ambito
letterario, 959 per il gruppo geo-biologico (AlmaLaurea). Impieghi scarsamente
retribuiti e, solo a titolo comparativo, si tratta di stipendi
quantitativamente paragonabili all'ammontare massimo dell'attuale REDDITO DI
CITTADINANZA pari a 780 euro. Un reddito per il quale non è richiesto avere una
laurea né aver speso soldi per frequentare le lezioni e prepararsi agli esami.
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