IN EVIDENZA
TUTTO QUELLO CHE NON
AVREMMO MAI AVUTO SENZA L’UNIONE EUROPEA. AD
ESEMPIO ERASMUS
ERASMUS. Dal 1987 le partenze annuali sono centuplicate e
9 milioni di studenti hanno visto le loro vite cambiate: età media 24 anni,
accolti in 5.000 istituti di 33 Paesi diversi, fra gli altri 843.000 italiani.
Nel 2021-2027 partiranno altri 12 milioni di giovani. Terminati gli studi,
cercheranno un lavoro nel mercato unico europeo. (Fonte: M. Gabanelli e L. Offeddu
https://tinyurl.com/y6tmmoao CorSera 20-05-19)
RAPPORTO DI ALMALAUREA SUL
PROFILO DEI LAUREATI E SULLA LORO CONDIZIONE OCCUPAZIONALE. UNA SINTESI
Il “Rapporto sul profilo del laureati 2019” prende in esame i risultati
di oltre 280.000 laureati nel 2018, mentre il “Rapporto sulla condizione
occupazionale” analizza circa 640.000 laureati di primo o secondo livello del
2013, 2015 e 2017 contattati qualche anno dopo la laurea.
Immatricolazioni. Dopo un
calo riscontrato fino all’anno accademico 2013/14, dall’anno successivo sono
aumentate fino ad arrivare al +9,3% del 2017/18 rispetto al 2013/14. Nonostante
questo, gli atenei dal 2003/2004 hanno visto ridurre il numero degli iscritti
complessivamente di 40.000 matricole, segno che i valori della ripresa non
hanno ancora compensato i precedenti cali. Rispetto all’anno accademico
2003/2004 le immatricolazioni sono in calo per tutte le aree disciplinari
eccetto le aree scientifiche, nelle quali si rileva un aumento del 13%.Contesto familiare e formazione dei genitori. Non solo persiste, ma aumenta in modo considerevole, passando dal 25,5% del 2008 al 29,9% del 2018, il fenomeno legato al fatto che i giovani provenienti da famiglie nelle quali almeno un genitore è laureato siano spinti a frequentare l’Università. Il fenomeno si acuisce in modo evidente se si guardano i dati suddivisi per tipologia di laurea, che vedono il 42% degli iscritti a una laurea magistrale a ciclo unico provenire da una famiglia nella quale almeno un genitore è laureato.
Riuscita negli studi. Migliora il dato di riuscita negli studi, che in media prevede un’età di 25,8 anni in chi consegue una laurea che vede una diminuzione netta dal 2008 (età media 27 anni) spiegata però in parte dalla riforma che ha introdotto le lauree triennali, mentre resta sostanzialmente costante la media dei voti di laurea.
Innovazioni didattiche. L’introduzione di esperienze all’estero e di tirocini lavorativi, vede il numero di studenti coinvolti in decisa crescita. Dall’8% di esperienze all’estero del 2008 al 11,3% del 2018 e dal 53% di tirocini curricolari del 2008 al 59,3% del 2018, con una sostanziale soddisfazione degli interessati rispetto all’esperienza. In flessione, al contrario, il numero degli studenti lavoratori, che passa dal 74,7% del 2008 al 65,4% del 2018
Condizione occupazionale dei laureati. Il livello occupazionale a un anno dalla laurea vede il 72% di occupati tra i laureati di primo livello e il 69,7% tra quelli di secondo livello, dati che indicano un aumento di circa il 6,4% per i primi e di 4,2% per i secondi rispetto ai dati del 2014, aumento che comunque non riesce a colmare la contrazione avvenuta tra il 2008 e il 2014.
A cinque anni dal conseguimento del titolo i laureati magistrali occupati sono in percentuale maggiore tra i settori dell’ingegneria (93,2%), economico statistico (89,6%), medico sanitario (89,3%), scientifico (89,0%), mentre i livelli più bassi di occupabilità si riscontrano nel campo letterario (77,5%) e giuridico (75,2%). (Fonte: G. Spanevello, sussidiario.net 08-06-19)
“È PIÙ FACILE FARE L’ELENCO DELLE COSE CHE NON VANNO TAGLIATE: ISTRUZIONE E CULTURA”
Di quello che era il suo piano per tagliare la spesa
pubblica – “Ormai ha cinque anni”, ricorda il prof. Cottarelli – alcune cose
sono state fatte, ma tanto resta comunque da tagliare. “È più facile fare
l’elenco delle cose che non vanno
tagliate: istruzione e cultura”. Per tirarsi fuori dalle secche di una crescita
risicata un governo politico dovrebbe a piene mani agire sulla burocrazia che
frena la vivacità delle imprese italiane. “La burocrazia sta distruggendo
lentamente l’economia italiana – ha attaccato Cottarelli – le nostre imprese
hanno spese che le concorrenti estere non hanno”. Il costo delle pratiche arriva
a “35 miliardi di euro l’anno”, niente a che vedere con competitor come
Germania o Francia. “Burocrazia – ha aggiunto Cottarelli – significa tempi
d’attesa molto lunghi: nel doing business noi italiani siamo al 51esimo posto,
abbiamo avanti tutti i paesi avanzati tranne il Belgio. Questo riduce
drasticamente gli investimenti”. A
frenare gli investitori – soprattutto quelli stranieri – si mette anche una
tassazione meno attraente rispetto a quella di altre economie e una giustizia
che si muove come un bradipo. “Il funzionamento della giustizia civile è
fondamentale per un’economia – ha spiegato il professore – In media un processo
in Italia dura più di sette anni; in Germania 2 anni e un mese, in Spagna 2
anni e due mesi. In Francia 3 anni e cinque mesi”. (Fonte: WIRED 26-05-19)
SOLLEVATA Q.L.C. SULLA NATURA DISCREZIONALE, ANZICHÉ VINCOLATA, DELLA CHIAMATA IN RUOLO COME PROFESSORI DI 1^ O 2^ FASCIA, DEI RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO
Il TAR Calabria
(ordinanza 30-04-19, n. 858 https://tinyurl.com/yxkzadgs ) solleva questione di legittimità
costituzionale dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 (c.d. legge
Gelmini, recante la riforma del sistema universitario) nella parte in cui
prevede che la scelta di attivare, o non, la procedura di valutazione dei ricercatori
a tempo indeterminato, finalizzata alla loro chiamata nel ruolo di professore
di prima o di seconda fascia, sia subordinata a una scelta discrezionale
dell’Università, anziché costituire oggetto di un diritto del ricercatore
stesso (come è, invece, previsto, dall’art. 24, comma 5, della stessa legge,
per la categoria dei ricercatori a tempo determinato). Con l’ordinanza in
rassegna, la sezione I del TAR per la Calabria rimette alla Corte costituzionale la questione concernente lo status dei
ricercatori a tempo indeterminato per i quali – una volta ottenuta l’abilitazione nazionale, ma a
differenza di quanto la stessa legge prevede per i ricercatori a tempo determinato –
l’attivazione della successiva procedura di valutazione (finalizzata alla loro chiamata in ruolo come
professori di prima o di seconda fascia) non costituisce un “diritto”, ma è subordinata ad
una scelta discrezionale dell’università.
DOTTORATO. POSTI E
BORSE
Secondo una ricerca dell’Adi - l’Associazione dottorandi
e dottori di ricerca italiani - dal 2007 a oggi i posti disponibili si sono ridotti del 43,4%.
Nel solo segmento che riguarda il 2018 la disponibilità è scesa del 3,5%
rispetto all’anno precedente, passando dai 9288 posti del 2017 agli 8960
dell’anno seguente. Nel 2010 i dottorati senza borsa di studio erano il 30,9%,
al giorno d’oggi sono solo il 16,9%: una flessione che non va letta in modo
positivo, come sembra in apparenza: non è la copertura delle borse a essere
aumentata, ma sono i posti banditi a essere diminuiti, senza che sia avvenuto
un rimpiazzo di quelli senza borsa. Nei primi dieci atenei per numeri di posti
banditi il calo è stato del 40% l’anno. Per quanto riguarda la distribuzione
delle borse, lo studio dell’Adi rileva il solito problema di un’Italia a due velocità.
Dal 2007 a oggi il taglio dei posti di dottorato ha infatti colpito
maggiormente Centro e Sud: il Nord ne ha persi il 37%, un dato che al Centro
sale al 41,2% e al Sud si attesta al 55,5% di posti tagliati, che si traduce in
un posto su tre nelle università del Nord e addirittura un posto su due in
quelle del Meridione. (Fonte: G. Bitetto, thevision.com 17-05-19)
FINANZIAMENTI ALLA
RICERCA IN EUROPA
Nel suo annuale rapporto, Global R&D Funding
Forecast, dalla rivista specializzata R&D Magazine, dice che di soldi
l’Europa nella scienza ne mette sempre meno degli altri. In un secolo, come Il
Bo Live ha avuto già modo di documentare, il nostro continente è passato dal
primo al terzo posto fra le grandi aree del mondo. Nel 2018 gli investimenti
europei in R&S (di tutta l’Europa esclusa la Russia), calcolati a parità di
potere di acquisto delle monete, sono stati meno della metà di quelli della
regione asiatica (di tutta l’Asia escluso il Medio oriente, ma con in più
l’Oceania).
È ormai evidente: l’asse scientifico del mondo si è
spostato dall’Oceano Atlantico al Pacifico.Il fatto è che l’Europa è terza – sia in termini assoluti che in termini relativi (intensità di spesa) – anche se la mettiamo a confronto con i due singoli paesi che investono di più in R&S: la Cina e gli Stati Uniti. I dati sono relativi al 2018. Le cose non vanno molto meglio per la sola Unione Europea, che nel 2018 ha investito – stando al R&D Magazine –, il 2,1% del suo Prodotto interno lordo in ricerca e sviluppo. La percentuale è praticamente simile a quella della Cina e nettamente inferiore a quella degli Stati Uniti. Ma il dato più significativo è che mentre in Cina gli investimenti crescono a ritmo sostenutissimo e negli Stati Uniti a ritmo sostenuto, in Europa l’aumento della spesa è mediocre. (Fonte: P. Greco, IlBo 21-05-19)
SEMPRE PIÙ AMPIO
IL GAP TRA DOMANDA ED OFFERTA DI OCCUPAZIONE
Nel triennio 2014-2016, il 31,6% delle assunzioni ha
riguardato personale sovraistruito rispetto al ruolo da ricoprire. Percentuale
che sale al 34,3% se l’assunto ha meno di 29 anni. Quindi i più giovani, quando
riescono a trovare un lavoro, spesso rischiano di essere troppo istruiti per
quel tipo di occupazione. Emblematico è l’esempio dei neolaureati nei call
center. Ma, allo stesso tempo, chi cerca lavoro non ha le competenze giuste per
quello che le aziende cercano, cioè un lavoratore sempre più qualificato e con
esperienza. Così ecco nel 2018 la caccia ad analisti e progettisti di software
risultata difficile nel 60,7% dei casi, o quella di elettrotecnici e tecnici
programmatori, con difficoltà di reperimento per il 58,6% e il 56,2% dei casi.
Il Rapporto Excelsior 2018, realizzato da Unioncamere con Anpal sul mercato del
lavoro in Italia, è una fotografia amara che mostra come il gap tra domanda ed
offerta di occupazione nel nostro Paese sia sempre più ampio. Le cifre: su
4.553.980 assunzioni previste dalle aziende nel 2018, per il 26% dei casi è
stato difficile trovare il profilo cercato, un dato cresciuto di 5 punti
rispetto al 2017. I settori più in sofferenza e quindi più pronti ad assumere
sono quello del commercio e dei servizi - turismo, ristorazione, logistica e
sanità - dove nel 2018 sono state previste 1.638.550 entrate e dove nei
prossimi 5 anni, il fabbisogno sarà il 25% del totale. Si cercavano commessi e
camerieri, cuochi e addetti alle attività di amministrazione e back-office,
insegnanti di lingue e traduttori. E nei prossimi anni, in vista
dell’invecchiamento della popolazione, ci sarà sempre più necessità di medici e
infermieri: previsto un fabbisogno di quasi 400mila unità. Nel 2018 mancavano
anche tecnici, operai e professionisti altamente specializzati soprattutto
nell’industria metalmeccanica, in quella informatica e nelle telecomunicazioni:
sempre più serviranno saldatori e tecnici elettronici, meccanici e ingegneri
elettrotecnici, tecnici programmatori e ingegneri energetici e meccanici,
riparatori e montatori di macchine industriali, conduttori di mezzi pesanti e
camion. Il nuovo presidente Anpal: «In futuro la domanda di lavoro sarà
prevalentemente basata sulle high skills, specialmente nelle aree delle Data
Science, cioè analytics, predictive analytics, machine learning, artificial
intelligence». (Fonte: C. Voltattorni, Corr. Econ. 04-05-19
ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE
ABILITAZIONE
SCIENTIFICA NAZIONALE E CRITERIO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLE
PUBBLICAZIONI
Con la sentenza del 3 maggio 2019, n. 5633, il TAR Lazio,
Roma, Sez. III bis, ha specificato che la commissione nominata per il
conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale, laddove preveda come
criterio di valutazione della qualità delle pubblicazioni un criterio oggettivo
correlato al mero dato numerico delle citazioni, faccia cattivo uso del potere
discrezionale di cui è titolare, in quanto il giudizio della qualità delle
pubblicazioni è un giudizio più articolato che deve tener conto di altri
elementi (originalità, rigore metodologico e carattere innovativo), che in
nessun caso possono essere ritenuti sussistenti sulla base del numero delle
citazioni, non potendosi, inoltre, in alcun modo contestare che il mero dato
numerico possa essere condizionato da elementi esogeni quali la data di
pubblicazione dei lavori scientifici, la lingua in cui sono stati scritti, la
diffusione delle riviste in cui sono stati pubblicati o nel caso di monografie
la rilevanza e la diffusione della casa editoriale e la specificità degli
argomenti oggetto delle suddette pubblicazioni.
Leggi il testo completo: TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 3
maggio 2019, n. 5633, https://www.osservatoriouniversita.unimib.it/752-2/
15-05-19.
CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI
U-MULTIRANK 2019 COVERS 49
HIGHER EDUCATION INSTITUTIONS FROM ITALY
In its 2019 edition, U-Multirank covers 49 higher education
institutions from Italy:
• Italian higher education institutions show a strong performance in
the dimension of Research. • 5 Italian institutions with the highest numbers of top positions ( ‘A’ scores) are the same as in 2018. Bocconi University has the highest number of ‘A’ scores (15) amongst all Italian institutions, followed by IMT School for Advanced Studies Lucca (13), the Free University of Bolzano (12), Sant’Anna School of Advanced Studies (11), and the Polytechnic University of Milan (11).
• 6 Italian higher education institutions are included in the global Top 25 performer lists that U-Multirank shows on 10 selected indicators. The University Guglielmo Marconi is a global Top 25 performer both in International Joint Publications and Regional Joint Publications; Luiss Guido Carli scores highly both in Co-Publications with Industrial Partners and in Income from Continuous Professional Development activities. Both the Free University of Bolzano and the University of Camerino are Top Performers in International Orientation of Study Programmes. IMT School for Advanced Studies Lucca is a Top 25 performer in Interdisciplinary Publications, Bocconi University in Income from Continuous Professional Development. (Fonte: www.umultirank.org )
CULTURA DEL DIGITALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
IL LENTO PROCESSO
DI “AUMENTO DIGITALE” DEL SISTEMA DELLA FORMAZIONE
Cosa sta facendo concretamente o farà il Governo per
colmare il digital gap della scuola italiana? Poco o nulla si scorge
all’orizzonte oltre al primo ed esiguo stanziamento (35 milioni di euro per il
2019 contro più di 450 milioni del governo Renzi nel biennio 2016-2018) e alle
misure annunciate dal sottosegretario Salvatore Giuliano (istituzione di un
comitato scientifico del PNSD (Piano Nazionale Scuola digitale) e la creazione
delle “equipe territoriali formative“).Se si prende in considerazione l’indice
complessivo DESI 2018 (Digital Economy and Society Index), mediante il quale la
Commissione europea definisce il livello di attuazione dell’Agenda digitale da
parte dei singoli paesi membri dell’unione, ci accorgiamo che l’Italia si
colloca al venticinquesimo posto su ventotto Stati. L’Italia è in gravissimo
ritardo rispetto alla media europea soprattutto alla formazione del capitale
umano e all’uso dei servizi internet. Questi dati non sono astratti ma hanno
una ricaduta molto concreta sulla vita di tutti noi, soprattutto sul tempo che
perdiamo in pratiche burocratiche “analogiche” che potremmo di molto abbreviare
attraverso buone soluzioni Web. Perché il Governo non si attiene alla linee di
attuazione del PNSD e del Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti
2016-2019, sbloccando le poste di bilancio che “La buona scuola” aveva
ipotizzato per il biennio 2019 e 2020? Il processo di “aumento digitale” della
scuola e del sistema della formazione potrebbe avere una parte importante, anzi
fondamentale, nel miglioramento dell’efficienza del nostro sistema sociale e
produttivo, perché potrebbe colmare almeno il gap competenze digitali (la
scuola) e long life l’Università (l’istruzione superiore e l’università) che
l’indice Desi indica come una delle cause più gravi dell’arretratezza italiana
rispetto all’Europa. Per l’Università, i Software SIDI (Sistema Informativo
Dell'Istruzione) o i vari software offerti dal CINECA al MIUR, le home page di
riferimento spesso ci riportano ai software degli anni 80. Inoltre si rileva
l’astruso e kafkiano iter burocratico che regola il funzionamento di questi già
obsoleti e macchinosi software.
Altre domande al Governo su Scuola digitale:Quando sarà realizzato il cablaggio in banda ultralarga di tutte le scuole italiane?
Quando saranno completati i piani di investimento relativi al Piano Nazionale Scuola Digitale e al Piano Nazionale di formazione dei docenti in materia di tecnologie didattiche di cui abbiamo detto più sopra?
Basteranno 120 “docenti/formatori digitali” per completare una riforma che circa 8000 “animatori digitali” e i loro “team dell’innovazione” – figure istituite dal Piano Nazionale Scuola Digitale – non sono riusciti a far decollare? (Fonte: P. M. Ferri, agendadigitale/eu 02-05-19)
IMPIEGO DI CHATBOT
NELLE UNIVERSITÀ
L’impiego di CHATBOT da parte delle Università può
fornire informazioni utili durante la fase di immatricolazione e non solo.
L’Intelligenza Artificiale viene in aiuto, per questi scopi, nella forma di un
chatbot, un’interfaccia conversazionale intelligente, sempre disponibile e
capace di comprendere domande poste in linguaggio naturale. Cos’è un chatbot e
perché migliora l’interazione studente-università: i chatbot in generale
sono software progettati per simulare una conversazione con un essere umano. Il
loro funzionamento può essere algoritmico, cioè seguire un insieme anche ampio
di regole rigide e parole chiave per guidare l’utente all’interno di un menu ad
albero. (Fonte: agendadigitale 24-04-19)
DOT-E, LA
COMMUNITY PER GLI STUDENTI ERASMUS, FONDATA DA DUE GIOVANI ITALIANI
Dot-E è la prima community di Erasmus viaggiatori in
Europa. Attraverso la piattaforma ogni utente può cercare nuovi amici nella
città in cui andrà, farsi consigliare, trovare ospitalità, e parallelamente
diventare un ‘dotter’ offrendo questo stesso supporto ad altri studenti. Dot-E
permette di vivere al meglio questa esperienza, mettendo a disposizione uno
strumento che facilità l’incontro e l’amicizia, il superamento di diverse
difficoltà e se si vuole, di rimanere in contatto oltre l’Erasmus. Per chi sia
in partenza o semplicemente curioso, questo è il sito https://www.doterasmus.com/ .
L’ISTITUTO
CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE E PER LE INFORMAZIONI
BIBLIOGRAFICHE (ICCU). PER UNA NUOVA CULTURA DEL DIGITALE
A partire dalla sua costituzione, nel 1975, con la
nascita del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, come si chiamava
allora, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e
per le informazioni bibliografiche (ICCU) ha avuto il compito di individuare e
segnalare tutti i libri posseduti dalle biblioteche italiane, a partire dalle
più grandi o rappresentative.
E’ con questo obiettivo che nel 1986, dopo anni di
sperimentazione e di studio, nacque SBN, la rete informatizzata di servizi
bibliografici nazionali, coordinata dall’ICCU, alla quale sono collegate
biblioteche dello Stato, degli enti locali, delle università, della Chiesa e di
privati che partecipano alla creazione del catalogo collettivo nazionale in
linea gestito dall’Istituto. Questo risultato è stato raggiunto grazie a una
strategia di cooperazione tra biblioteche di diversa titolarità amministrativa,
a garanzia dello sviluppo di servizi di uguale livello su tutto il territorio
nazionale. Nell’intento di migliorare la conoscenza delle raccolte bibliografiche
e di semplificarne l’accesso per l’utente, l’Istituto ha promosso e coordinato
negli stessi anni anche la realizzazione delle basi dati nazionali relative al
censimento dei manoscritti e alle edizioni italiane del XVI secolo.A supporto dell’attività di catalogazione, l’ICCU ha – come da statuto – la responsabilità di indirizzare, produrre, adattare alla realtà italiana e diffondere le norme, le linee guide e gli standard per la catalogazione delle diverse tipologie di materiali che compongono il patrimonio culturale del nostro paese, e per la loro digitalizzazione per la più ampia fruizione in ambito nazionale e internazionale. Il Transcribathon è un’iniziativa di crowdsourcing promossa da European Foundation al fine di arricchire le risorse già presenti su European 1914-1918 grazie alla trascrizione dei testi e alla geolocalizzazione effettuata dai partecipanti. L’ICCU ha tradotto in italiano le interfacce della piattaforma, le linee guida e il materiale informativo per diffonderlo presso tutta la comunità degli istituti culturali italiani interessati all’uso e al riuso delle risorse digitali a fini didattici. (Fonte: S. Buttò, agendadigitale.eu 16-05-19)
DOCENTI. RICERCATORI
DIMUNUZIONE DEL
NUMERO E AUMENTO DELL’ETÀ MEDIA DEI DOCENTI UNIVERSITARI
A riaccendere i riflettori sulla lenta e inesorabile
fuoriuscita di professori subita dalle nostre università ci pensa ora un focus
del MIUR. I cui numeri lasciano pochi dubbi: tra il 2010/2011 e il 2017/2018
l’intero corpo docente si è ridotto dell’8,6%. Che diventa -20,5% (-26,4%
al Centro Italia) se ci focalizziamo sugli ordinari e -21,6% se ci spostiamo
sui ricercatori. In controtendenza invece associati e assegnisti di ricerca che
crescono, rispettivamente, del 17,7% e del 6,7%. Ma è un aumento insufficiente
a riportare in pareggio il bilancio tra uscite ed entrate di personale.
Risultato: la piramide che fotografa la realtà universitaria italiana ha una
base sempre più larga ed è sempre più bassa. Ormai gli ordinari rappresentano
il 18,9% del totale. A fronte del 29,9% di associati e 51,3% di ricercatori e
assegnisti. C’è poi un fattore anagrafico da tenere presente. Visto che tra
concorsi bloccati, punti organico rimasti inoptati e abilitazioni scadute o
prossime alla scadenza, l’età media dei professori ordinari ha raggiunto quota
52 anni. In un range che va dai 47 anni dei ricercatori ai 59 degli ordinari.
Includendo gli “assegnisti” la media scende a 48 anni. (Fonte: E. Bruno,
IlSole24Ore 14-05-19)
SANZIONI
DISCIPLINARI A CARICO DEI DOCENTI UNIVERSITARI
Le sanzioni disciplinari irrogabili ai professori e ai
ricercatori universitari sono disciplinate dal R.D. n. 1592/1933. L’iter di
accertamento della responsabilità e di irrogazione delle sanzioni è
disciplinato dall’art. 10 della Legge n. 240/2010 e s.m.i. Per le sanzioni di
competenza del Collegio di disciplina (superiori alla “censura”) è perentorio
solo il termine finale di 180 giorni per la conclusione del procedimento, di
cui al comma 5 del citato art. 10, decorrenti dal momento in cui il Rettore
trasmette gli atti al Collegio di disciplina. Tanto afferma il Consiglio di
Stato con le sentenze n. 2378 e 2379/2019. (Fonte: M. Asaro,
quotidianogiuridico.it 24-04-19)
PROCEDURA
CONCORSUALE POSTO PROFESSORE-RINNOVAZIONE ATTI-AFFIDAMENTO O MENO A NUOVA
COMMISSIONE GIUDICATRICE
Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2019, n. 2238.
Sentenza.
In merito alla questione se, in seguito all'annullamento
giurisdizionale di atti di una procedura concorsuale, la rinnovazione degli
atti vada, o meno, affidata a — ed effettuata da — una commissione giudicatrice
in una composizione diversa da quella dell'organo collegiale che aveva
proceduto a compiere le operazioni annullate dal giudice amministrativo, essa
va risolta considerando che la scelta in ordine alla sostituzione necessaria, o
meno, della commissione di concorso in seguito all'annullamento giurisdizionale
dei suoi atti non si fonda sull'applicazione necessaria di un preciso comando
legislativo, ma comporta la valutazione discrezionale delle circostanze che
hanno portato all'annullamento degli atti. Infatti, non ogni errore
procedimentale comporta la necessità di rinnovare la commissione, in quanto
tale scelta costituisce, piuttosto, una sorta di «extrema ratio», alla quale
ricorrere solo in caso di dimostrata necessità, anche in termini di rispetto
del principio di non aggravamento del procedimento. Di conseguenza, la
rimozione della commissione di concorso è giustificata solo quando il suo
operato abbia ingenerato dubbi sulla sua capacità di operare con
l'indispensabile trasparenza (cfr. in condivisi termini generali Consiglio di
Stato, Sez. VI, 11 marzo 2015, n. 1248), secondo una valutazione che pertanto,
in assenza dell’accoglimento dei relativi vizi dedotti sulla composizione nel
giudizio di cognizione, rientra nella sfera di valutazioni di opportunità
dell’amministrazione interessata. (Fonte: www.osservatoriouniversita.unimib.it
28-04-19)
COME LA CORTE
COSTITUZIONALE CANCELLA L’INCOMPATIBILITÀ DEL CONIUGE (IL RAPPORTO DI CONIUGIO
È COSA DIVERSA DAL RAPPORTO DI PARENTELA O AFFINITÀ) AI FINI DELLA CHIAMATA DEI
PROFESSORI UNIVERSITARI
“Se, da un lato, la comune residenza coniugale
costituisce elemento di garanzia dell’unità familiare, dall’altro lato, la
presenza dell’elemento volontaristico può rendere eludibile e, quindi, priva di
effetti, la eventuale previsione normativa dell’incandidabilità del coniuge,
frustrandone così le stesse finalità. Appare dunque più aderente alle esigenze
qui in gioco un bilanciamento che affidi la finalità di garantire
l’imparzialità, la trasparenza e la parità di trattamento nelle procedure
selettive a meccanismi meno gravosi, attinenti ai componenti degli organi cui è
rimessa la valutazione dei candidati. Come già osservato, nell’art. 51 cod.
proc. civ. è stata individuata l’espressione dell’obbligo costituzionale
d’imparzialità nelle procedure di accesso all’impiego pubblico. E in tale
articolo, là dove lo si è voluto, il coniugio è esplicitamente regolato,
accanto al rapporto di parentela e di affinità fino al quarto grado. È inoltre
significativo che, in altri sistemi giuridici vicini al nostro, da un lato,
vengono promossi percorsi accademici che favoriscono l’unità familiare, e
dall’altro lato, che qui maggiormente rileva, l’esigenza di preservare
l’accesso alla carriera accademica da possibili condizionamenti è soddisfatta
attraverso meccanismi diversi dalla drastica previsione dell’incandidabilità.
L’attuale regolazione delle situazioni che precludono la partecipazione alle
procedure di chiamata costituisce, dunque, il risultato di un bilanciamento non
irragionevole tra la pluralità degli interessi in gioco. La disposizione
censurata non si pone, dunque, in contrasto con il parametro di cui all’art. 3
Cost., né lede i principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97
Cost.” (Fonte: Corte Cost., sentenza interpretativa di rigetto 78/2019 del 9
aprile 2019)
IL PIANO STRAORDINARIO PER LA
PROGRESSIONE IN CARRIERA DEI RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO IN POSSESSO DI
ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE
A proposito di ricercatori a tempo indeterminato, il MIUR ha pubblicato
il 24 maggio sul proprio sito il Dm 364 dell'11 aprile 2019, con cui adotta il
Piano straordinario per la progressione di carriera, che fa perno proprio sull'articolo
24, comma 6, della legge 240/2010. Le relative risorse sono state previste
dall'ultima legge di bilancio a valere sul Fondo per il finanziamento ordinario
delle università, mediante le quali poter operare, in deroga alle vigenti
facoltà assunzionali, la progressione di carriera dei ricercatori universitari
a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, nel
limite di 10 milioni di euro a decorrere dal 2020.
Queste risorse vengono assegnate alle istituzioni universitarie statali,
comprese quelle ad ordinamento speciale, al fine di consentire circa 676
progressioni di carriera dei ricercatori. Vengono assegnate in parte in misura
fissa per ogni istituzione e in parte in ragione del numero di ricercatori in
servizio al 31/12/2018. (Fonte: www.MIUR.gov.it/ 24-05-19)
DOTTORATO
I POSTI PER
DOTTORI DI RICERCA DIMEZZATI IN DIECI ANNI
Secondo l’VIII indagine Adi su dottorato e postdoc,
presentata al Senato, i tagli di risorse economiche si sono fatti sentire
pesantemente nel mondo dell’università negli ultimi anni. Secondo le
elaborazioni che l’ADI ha condotto su dati ministeriali, dopo il timido aumento
registrato l’anno precedente, i posti di dottorato banditi in Italia nel 2018
registrano una flessione: dai 9288 del 2017 agli 8960 dell’anno seguente
(-3,5%). Dal 2007, anno precedente alla conversione in legge del decreto
Gelmini, i posti di dottorato banditi si sono ridotti addirittura del 43,4%. E
per il Sud Italia le conseguenze sono state più nette. La riduzione dei posti messi
a bando non è infatti uniforme sul territorio italiano: dal 2007 al 2018 il
Nord ne ha persi il 37%, il Centro il 41,2% ed il Mezzogiorno il 55,5%. Questa
dinamica non fa che aumentare le differenze che già esistevano tra le tre
grandi macroaree del Paese: oggi il Nord conta il 48,2% del totale dei
dottorati banditi in Italia, il Centro il 29.6% ed il Mezzogiorno il 22.2%. E
il futuro sembra davvero poco promettente. Secondo l’indagine ADI, il 56,2% dei
dottori di ricerca è destinato ad uscire dal mondo accademico dopo uno o più
assegni. (Fonte: V. Santarpia, CorSera 09-05-19)
DOTTORI DI RICERCA IN SCIENZE
SOCIALI E UMANE. UNO STUDIO SULLA MOBILITÀ
Uno studio pubblicato sulla rivista “International Journal of
Computational Economics and Econometrics” dall’Istituto di ricerca sulla
crescita economica sostenibile del Consiglio nazionale delle ricerche
(Cnr-Ircres) ha individuato le principali motivazioni che promuovono o
ostacolano la mobilità dei dottori di ricerca (Ddr) in Scienze sociali e umane.
Secondo i dati analizzati, solo l’1,3% dei ricercatori in Scienze
sociali e umane stranieri sceglie l’Italia per il conseguimento del dottorato,
a fronte di percentuali nettamente maggiori registrate in Germania (11%), Regno
Unito (7,5%) e Francia (7%), paesi che emergono come mete preferite anche dagli
italiani che decidono di trasferirsi dopo il dottorato e che rimangono
all’estero: il 12% resta in Inghilterra, il 10% in Germania, il 5,5% in
Francia. In questi Paesi si rileva, inoltre, una maggiore stabilità contrattuale
rispetto all’Italia: solo il 18% dei Ddr in queste discipline in Italia ha un
contratto permanente, contro il 65% in Francia, il 63% in Gran Bretagna, il 40%
in Germania. Sono soprattutto i fattori economici a influire. (Fonte: aise
04-06-19)
FINANZIAMENTI
EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC).
DAL 2007 A OGGI SONO STATI CIRCA 9.000 I PROGETTI SELEZIONATI PER IL
FINANZIAMENTO MEDIANTE CONCORSI PUBBLICI E OLTRE 110.000 GLI ARTICOLI
PUBBLICATI
L’European Research Council (ERC), cioè l’agenzia dell'Unione europea
dedicata al supporto della ricerca scientifica, è nata nel 2007, all’interno
del Settimo programma quadro. Quest’agenzia è un elemento distintivo di
Horizon2020 e, negli anni, ha finanziato numerosi progetti. Ogni anno infatti,
l’ERC seleziona e finanzia i ricercatori migliori e più creativi di tutte le
nazionalità e età per realizzare progetti in Europa. Dal 2007 a oggi sono stati
circa 9.000 i progetti selezionati per il finanziamento mediante concorsi
pubblici e oltre 110.000 gli articoli pubblicati in riviste scientifiche
internazionali che riconoscono il sostegno del’ERC. Finanziamenti che hanno
portato anche alcuni prestigiosi premi. Sei borsisti infatti hanno vinto il
premio Nobel, quattro la medaglia Fields e cinque i premi Wolf. L’ERC mette a
disposizione tre tipologie diverse di grant: Starting Grants (StG),
Consolidator Grants (CoG) ed Advanced Grants (AdG). Il primo è destinato a
ricercatori “emergenti” di qualsiasi nazionalità, cioè con minimo due e massimo
sette anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di
ricerca (o di un altro titolo equipollente). La durata del finanziamento è fino
a 5 anni e l’importo fino a 1,5 milioni di euro.
Il consolidator grant invece mira, come dice il nome stesso, a
supportare i ricercatori che stanno consolidando il proprio team o progetto di
ricerca indipendente. L’esperienza richiesta quindi dev’essere dai 7 ai 12 anni
e il finanziamento può arrivare fino ai 2 milioni di euro.C’è infine l’advanced grant, cioè la borsa pensata per supportare ricercatori già affermati a livello internazionale. La durata è sempre fino ai 5 anni e l’importo fino a 2,5 milioni di euro.
Nel solo 2018, il Consiglio Europeo della ricerca ha finanziato 403 starting grant, 291 consolidator grant e 222 advanced grant. Per quest’ultimo grant le richieste di finanziamento sono state 2.052, quindi il tasso di successo è stato del 10,8%. Sono stati 20 gli Stati coinvolti in Advanced Grant sempre nel 2018, e le borse sono finite a progetti di 29 nazionalità diverse. (Fonte: A. Massariolo, IlBo 06-06-19)
INVESTIMENTI IN
RICERCA E SVILUPPO. IL C.D. PARADOSSO ITALIANO: AL DIMINUIRE DELL'INVESTIMENTO,
AUMENTA LA QUALITÀ DELLA RICERCA
L'investimento pubblico in ricerca e sviluppo (R&S)
nel 2008 si aggirava intorno ai 10 miliardi di euro. Nel 2016 era sceso a 8,7
miliardi. L'Italia nel 2017 ha investito circa l'1,3% del Pil in ricerca,
quando la media europea si assestava intorno al 2%. Troppo lontani per
competere con chi tra i Paesi europei ha fatto meglio (la Germania, con il 3%,
la Francia, con il 2,2%).
Alison Abbott, senior correspondent dall'Europa per la
rivista scientifica Nature, ha sottolineato il paradosso italiano. A partire
dal 2005, la ricerca italiana ha aumentato la propria presenza nell'eccellenza
scientifica mondiale, ovvero nel 10% di pubblicazioni scientifiche più citate.
Non solo, in rapporto alla spesa in R&S, l'Italia produce più pubblicazioni
di qualsiasi altro Paese dell'Unione Europea, seconda solo al Regno Unito. Il
miracolo italiano è che al diminuire dell'investimento, sembra aumentare la
qualità della ricerca. Alison Abbott, da osservatrice esterna, fa notare che
tra le differenze strutturali che separano l'Italia dagli altri Paesi europei,
ce n'è una che risalta più di altre: “In Italia manca un'organizzazione che
possa programmare l'agenda scientifica del Paese”, commenta Abbott. “L'Italia
dovrebbe munirsi di un'Agenzia nazionale per la ricerca scientifica che
garantisca continuità e stabilità alle politiche per la ricerca”. Sono tre
secondo Alison Abbott i fattori che maggiormente impattano negativamente sulla
ricerca italiana: la mancanza di stabilità nelle istituzioni, che dovrebbero
garantire una pianificazione sul lungo termine; il basso numero di scienziati,
dipendente certamente dagli scarsi finanziamenti, e la scarsa trasparenza nel
modo in cui vengono prese decisioni in ambito scientifico. A questo si aggiunge
un sentimento diffuso di sfiducia e di ostilità nei confronti della scienza,
che a volte ha preso forma concreta persino nelle aule dei tribunali, in cui
sono state prese decisioni basate su consulenze scientificamente non informate.
Alison Abbott fa menzione esplicitamente al caso Xylella. Sembra sempre più urgente l'introduzione di un'istituzione
a sostegno della programmazione della ricerca sul lungo periodo e della
diffusione della cultura scientifica. (Fonte: F. Suman, IlBo 21-05-19)
FONDI PER
MIGLIORAMENTI ECONOMICI
Portavoce della ministra Bongiorno: “Per la
contrattazione collettiva nazionale dei dipendenti pubblici e per i
miglioramenti economici del personale in regime di diritto pubblico (come anche
i docenti universitari): 1.100 mln €
per il 2019; 1.425 mln € per il
2020; 1.775 mln € a decorrere
dal 2021”.
IL CUN CHIEDE AL
MINISTRO BUSSETTI DI RIVEDERE LA NORME CHE LEGANO GLI AUMENTI DEL FABBISOGNO AL
PIL
Una delle misure di rilancio dell’università di cui si
vanta il governo è l’aumento del turnover oltre i limite del cento per cento
previsto dalla legge di Bilancio 2019. Finalmente da quest’anno le università
con i conti a posto potranno tornare ad assumere più professori e ricercatori
di quelli che vanno in pensione. Ma nella stessa legge di Bilancio in cui il
governo libera finalmente gli atenei da ogni vincolo nelle assunzioni è
contenuta una norma che lega loro le mani con un nuovo laccio invisibile.
Quale? Quello del calcolo del cosiddetto fabbisogno finanziario.
A lanciare l’allarme è stato il CUN, che in una mozione
indirizzata al ministro Bussetti, al vice ministro Fioramonti, ai capi di
gabinetto Valditara e Chinè, sottolinea come nella finanziaria licenziata a
dicembre dal Parlamento si vincolino gli atenei a nuove norme di sostenibilità
ancor più severe di quelle precedenti. Mentre finora il fabbisogno degli atenei
era calcolato sulla base di quello dell’anno prima più il 3%, per il periodo
dal 2019 al 2025 le università statali avranno diritto a un incremento massimo
pari al tasso di crescita reale del Pil nel DEF. «Il sistema potrebbe anche
funzionare se crescessimo di diversi punti percentuali – commenta il relatore
del documento CUN -, ma con tassi di crescita come quelli attuali, che al netto
dell’inflazione superano di poco lo zero virgola, non riusciamo neanche a
coprire gli aumenti degli stipendi se si ipotizza di utilizzare tutto il
turnover concesso dal Ministero». Vincolare gli aumenti del fabbisogno universitario alla crescita del Pil in un momento di contrazione drammatico come quello attuale significa mettere agli atenei un cappio al collo della spesa corrente. Un risultato aggravato dal fatto che, già adesso, ma ancor di più nei prossimi anni, sul bilancio degli atenei si faranno sentire gli effetti finanziari dello sblocco degli stipendi (che d’ora in poi saranno soggetti ad adeguamento Istat), degli scatti ogni due anni anziché tre, dei piani straordinari di reclutamento dei ricercatori e dei cosiddetti Dipartimenti di Eccellenza. (Fonte: O. Riva, CorSera 30-04-19)
Per i PRIN si dovrebbe celebrare l’attesa più lunga di
sempre degli unici finanziamenti disponibili per la ricerca di base italiana.
I decreti di ammissione al finanziamento PRIN 2017 sono
fermi. Si dice a causa della notevole quantità di accesso agli atti e di
ricorsi che hanno investito il MIUR. Al momento (09-05-19) di decreti di
ammissione ne è uscito soltanto uno, quello per il settore PE4 che è stato
pubblicato dopo 2 mesi e mezzo (7 marzo 2019) dall’approvazione della
graduatoria (21 dicembre 2019). A oltre tre mesi di distanza dalla
pubblicazione delle graduatorie dei settori LS8, SH6 e PE3, non ci sono notizie
dei decreti di ammissione, e si moltiplicano le voci di accesso agli atti e
ricorsi da parte delle unità che sono state escluse.Gli Atenei si sono messi sulla difensiva: non c’è nessuna certezza di ricevere i finanziamenti indicati nelle graduatorie. Quindi fermi tutti! E nel frattempo il MIUR trova il tempo di scrivere un decreto per scoraggiare l’accesso agli atti. (Fonte: Red.ne Roars 09-05-19)
LAUREE–DIPLOMI-FORMAZIONE POST LAUREA-OCCUPAZIONE
DOTTORI MA NON
ANCORA MEDICI
Siamo Dottori in Medicina e Chirurgia, ma non siamo
ancora medici. Questo perché, dopo sei anni di studi, per ottenere
l’abilitazione fino ad ora ogni laureato era tenuto a svolgere tre mesi di
tirocinio professionalizzante e, successivamente, una prova finale scritta
indetti tramite bando ministeriale.
Solitamente tale bando era emanato nel
mese di gennaio e chiuso ai primi di marzo, per permettere un’adeguata
organizzazione sia degli studenti sia delle università.
Attualmente ci troviamo in un vuoto normativo dettato dal
fatto che il D.M. 9 Maggio 2018, n.o 58, approvato un anno fa dal precedente ministro
dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) Valeria Fedeli, dopo 10 mesi è
ancora in fase di valutazione da parte dell’attuale ministro Marco Bussetti.Si è creato di conseguenza un consistente gruppo di laureati in Medicina e Chirurgia che a 3 mesi dalla data prevista per l’Esame di abilitazione alla professione di Medico-Chirurgo non ha alcuna notizia in merito alle modalità dello stesso. Parliamo di più di 2.000 futuribili Medici che non hanno la benché minima idea né notizia in merito all’esame che permetterebbe loro di divenire Professionisti della Salute, condizione imprescindibile per poter accedere al mondo del lavoro.
Tra il 2019 ed il 2021 è previsto un maxi pensionamento della componente medica: si parla di 25.000 medici pronti alla pensione, il quale comporta un deficit non indifferente.
A fronte di queste esigenze da parte dello Stato, ci chiediamo come sia possibile restare indifferenti di fronte ad un test dalle modalità e dalla bibliografia ignote, il quale è stato stimato possa portare alla bocciatura di almeno il 30% dei candidati all’abilitazione; tutto ciò in un clima di carenza di medici italiani. (Fonte: Red.ne Roars 19-04-19).
Aggiornamento. Il bando 2018/2019 è stato emanato il 2 maggio 2019 https://www.MIUR.gov.it/-/bando-di-ammissione-dei-medici-alle-scuole-di-specializzazione-di-area-sanitaria-per-l-a-a-2018-2019. Articolo 6 (Prova d’esame) 1. La prova d’esame si svolge in modalità informatica ed è identica a livello nazionale. Essa consiste in una prova scritta che prevede la soluzione di 140 quesiti a risposta multipla, ciascuno dei quali con cinque possibili risposte. 2. Ai fini della preparazione alle prove e in relazione ai temi di studio si specifica quanto segue: i quesiti vertono su argomenti caratterizzanti il Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e su argomenti legati ai settori scientifico disciplinari di riferimento delle diverse tipologie di scuola, di cui all’Allegato 4 che costituisce parte integrante del presente decreto; la prova è composta in misura prevalente da quesiti inerenti alla valutazione, nell’ambito di scenari predefiniti mono e/o interdisciplinari - ad ognuno dei quali corrispondono da un minimo di 1 a un massimo di 5 quesiti -, di dati clinici, diagnostici, analitici, terapeutici ed epidemiologici. (Fonte: MIUR.gov.it 02-05-19).
Segue su Twitter.
Numero chiuso per Medicina. Ci sarà un incremento dei posti a disposizione per
accedere al corso di laurea in Medicina? Ministro Bussetti: «Ci sarà un aumento
del 20%; saranno complessivamente 11.600 posti, 1.900 in più solo per Medicina
rispetto all'anno passato».
RT A cosa serve aumentare il numero di studenti se non
aumentano i posti per le Scuole di Specialità medica? Nel 2018: >16k
laureati e 6700 posti per le Scuole di Specialità. Più posti per Medicina senza
risorse per le Università = peggiore istruzione + più precariato #demagogia.
(Fonte: https://tinyurl.com/yxnftzos 07-0619)
ISTRUZIONE
TERZIARIA. DATI EUROSTAT
Eurostat rende noto che a fronte di una media europea del
40,7%, ha una laurea soltanto il 27,8% dei giovani in fascia d’età 30-34 anni.
Peggio di noi fa soltanto la Romania, con una percentuale di giovani laureati
pari al 24,6%. Nel Nord Europa, invece, si raggiungono casi di Paesi sopra il
50%, come l’Irlanda, che può vantare una media pari al 56,3%. (Va poi
considerato che in altri Paesi si annoverano tra i laureati anche tutti quelli
che hanno un titolo di istruzione superiore o educazione terziaria compreso
quello dato dalle numerose scuole professionali universitarie – ad es.
Fachhochschulen tedesche - che da noi sono ancora molto poche. PSM). Sul basso
numero di “dottori” in Italia pesano i finanziamenti ridotti rispetto al Pil,
lo scarso orientamento, l’alta dispersione di studenti, le tasse troppo alte,
la mancanza di borse di studio, il ridimensionamento dei ricercatori e il
taglio del numero di docenti. C’è poi un’ulteriore ragione per lo scarso numero
di laureati: quello delle disponibilità economiche degli studenti. In Italia,
la media dell’ammontare delle tasse universitarie annuali è attorno ai 1.300
euro, la terza più alta in tutta Europa, e solo l’11% degli iscritti riesce a
ottenere una borsa di studio.
Marcello Pacifico (Anief): Il problema è complessivo,
perché il 20% degli italiani continua ad avere solo la terza media; inoltre,
ogni anno oltre 100 mila alunni iniziano le superiori senza che arrivino mai
alla maturità, e non è un caso se l’Italia ha il record di giovani Neet (Not in
Education, Employment or Training). Poi, anche l’Università è vittima della
politica al risparmio sul fronte della formazione e della conoscenza: è una
precisa scelta assecondata da tutti i Governi degli ultimi anni. Così oggi,
rispetto al Prodotto interno lordo, spendiamo appena lo 0,9% contro l’1,2%
della Germania, l’1,3% della Spagna, l’1,5% della Francia e poco meno del 2%
dell’Inghilterra. Quando si evidenzia il basso numero di laureati nella nostra
Penisola, è inevitabile che si associ all’ancora troppo alto abbandono degli
studi: l’Italia – commenta Orizzonte Scuola – è ai primi posti, facendo
registrare una percentuale pari al 14,5% di giovani in fascia 18-24 anni che
lasciano i banchi senza raggiungere nemmeno la maturità, mentre il dato medio
europeo è 10,6%. (Fonte: imgpress.it 08-05-19)
PER CHI ASSUME
LAUREATI O DOTTORI DI RICERCA ECCELLENTI SGRAVI FINO A 8 MILA EURO
Il beneficio è previsto a favore dei datori di lavoro
privati che effettuano entro il 31 dicembre 2019 assunzioni a tempo
indeterminato. Lo Stato mette a disposizione 50 milioni di euro per il 2019 e
20 per il 2020 per chi assume giovani laureati o dottori di ricerca eccellenti.
I giovani laureati devono aver avuto una carriera universitaria brillante e
finita da poco. Devono avere la laurea magistrale, ottenuta nel periodo
compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 con la votazione di 110 e
lode e con una media ponderata di almeno 108/110. E devono aver conseguito il
titolo entro i 30 anni di età. Oppure devono aver conseguito un dottorato di
ricerca, ottenuto nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno
2019 e prima del compimento del trentaquattresimo anno di età. L’agevolazione
prevede lo sgravio totale annuale dei contributi previdenziali a carico del
datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, entro
il limite massimo di 8 mila euro per ogni assunzione effettuata. La durata è di
12 mesi a decorrere dalla data di assunzione, che comunque deve essere
effettuata entro il 31 dicembre 2019. (Fonte: bcc-lavoce.it 21-05-19)
INDAGINE
IULM-CENTOMARCA-ADECO «FORMAZIONE DEI NEOLAUREATI ED ESIGENZE D’IMPRESA»
Dall’indagine «Formazione dei neolaureati ed esigenze
d’impresa», realizzata dall’università Iulm di Milano in collaborazione con
Centromarca e Adecco, centrata sulle valutazioni effettuate da 115 manager di
aziende medio-grandi alla fine del 2018 nei settori, tra gli altri,
metalmeccanica, elettronica, trasporti, industria alimentare, emergono
risultati sorprendenti. Contrariamente a certe narrazioni mediatiche, la laurea
magistrale è una forte carta da giocare per entrare in azienda, secondo il 76%
delle risposte. La condizione ottimale è quando questa laurea è in Economia per
il 78,6% dei dirigenti d’azienda oppure in Ingegneria, scelta dal 71,4% dei
manager. Figurano bene anche lauree considerate più «deboli», come Lingue,
preferita dal 21,4% delle risposte. Stessa percentuale anche per Scienze della
comunicazione. «L’industria di marca ha bisogno di giovani laureati per
alimentare la sua vocazione all’innovazione e la costante evoluzione della sua
offerta. E la ricerca Iulm offre indicazioni preziose per la predisposizione di
programmi formativi sempre più in sintonia con le esigenze del mercato del
lavoro e del Paese» racconta Ivo Ferrario, direttore delle relazioni esterne di
Centromarca. La sintesi è che università e imprese lavorano sempre più a
stretto contatto, per poter favorire una generazione che, secondo i dati, vuole
più flessibilità e tempo libero, anche a costo di rinunciare alla sicurezza
dell’impiego. (Fonte: M. Muzio, corriere.it/economia/lavoro/cards 04-05-19)
NUOVE PROSPETTIVE PER LE LAUREE
UMANISTICHE?
Secondo Mark Cuban, come riporta un articolo di CorCom, i lavoratori
altamente qualificati decideranno quel che vogliono ottenere e le reti neurali
provvederanno a prendersi cura dei problemi pratici e di codifica. I lavoratori
poco qualificati, d’altra parte, troveranno posti in cui dovranno etichettare i
dati che vengono utilizzati per addestrare l’intelligenza artificiale, in
maniera simile al modo in cui oggi il lavoratore di un magazzino organizza i
prodotti sugli scaffali. Certo al momento, la laurea in informatica è in cima alla
classifica di quelle più richieste e anche più pagate, ma “tra vent’anni, se
sei un programmatore, potresti essere senza lavoro” dice sempre Cuban, che
aggiunge ‘i benefici a breve termine di un corso di informatica saranno presto
superati dai guadagni a lungo termine di una laurea in discipline umanistiche.
Creatività, collaborazione, capacità comunicative: queste cose sono molto
importanti e faranno la differenza tra farcela o no’. Che le lauree umanistiche
stiano ritornando in voga, dopo anni in cui sono state trascurate, lo
dimostrano anche altre indicazioni che arrivano dal mondo del lavoro: ne è un
esempio il rilancio della laurea in filosofia, conseguente alla nascita della
figura aziendale del ‘practical philosopher’, un profilo che aiuta le aziende
ad affrontare le nuove sfide poste dall’intelligenza artificiale e da una
realtà sempre più complessa, a migliorare la propria cultura aziendale, a
coniugare le opportunità di business con un’innovazione al servizio dell’uomo,
a raggiungere obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. (Fonte:
university2business.it 03-06-19)
IL PROFILO DEI LAUREATI ALLA
UNIBO
Dai dati di AlmaLaurea sul profilo dei laureati all’Università di
Bologna emerge innanzitutto la forte attrattività dell’Alma Mater. Il 45,9% dei
laureati UniBo proviene infatti da fuori regione, in crescita rispetto al 43,2%
dello scorso anno e più del doppio rispetto alla media nazionale che si ferma
22,7%. In particolare, è fuori sede il 40,4% dei laureati triennali e il 54,8%
dei laureati magistrali biennali. Cresce poi il numero di laureati con
cittadinanza estera, complessivamente pari al 5,4% (erano il 4,9% lo scorso
anno), con una forte presenza (8,3% contro il 4,9% di media nazionale) tra i
laureati magistrali. Molto sopra la media nazionale i numeri dei laureati in
corso dell'UniBo: il 65,7% chiude gli studi entro i tempi previsti contro una
media nazionale che si ferma al 53,6%. In particolare si laurea in corso il
67,6% di chi si iscrive a un corso di laurea triennale (53,9% la media nazionale)
e il 68,9% di che sceglie un corso di laurea magistrale biennale (60,1% la
media nazionale). L'età media alla laurea è 25,2 anni per il complesso dei
laureati, nello specifico di 23,9 anni per i laureati di primo livello e di
26,7 anni per i magistrali biennali. Altro punto di forza che emerge dai dati è
il numero di laureati che ha svolto un'esperienza di studio all'estero, che
arriva al 16,7% contro una media nazionale che si ferma invece all'11,3%. I
laureati Unibo del 2013 contattati a cinque anni dalla laurea sono invece
6.962. Tra questi, il tasso di occupazione è pari all’87% (85,5% il dato
nazionale). Gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il
52,4%, mentre gli occupati che svolgono un lavoro non standard sono il 19,9%.
Svolge un lavoro autonomo il 19,7%. Il lavoro part-time coinvolge il 15,7%
degli occupati. (Fonte: AlmaLaurea, XXI Rapporto sul Profilo e sulla Condizione
occupazionale dei laureati)
RECLUTAMENTO
RECLUTAMENTO E
CARRIERE DEI PRECARI
Con un tour ad aprile e maggio di assemblee negli atenei
i Ricercatori Determinati stanno ponendo al centro il tema di un reclutamento
ordinato e ciclico e una riforma del pre-ruolo necessaria per dare certezza e
stabilità agli organici di ricerca e docenza. Ad oggi, solo il 9,2% dei precari
universitari riesce a raggiungere il ruolo di professore a tempo indeterminato:
gli altri escono dal sistema; un intervento urgente è necessario, ma questo non
può essere altro che un investimento su università e ricerca in linea con quello
delle grandi democrazie europee. FLC CGIL e ADI proseguono, insieme a tante
realtà locali, la mobilitazione dei Ricercatori Determinati in un calendario di
assemblee diffuse con l’obiettivo di discutere dei contenuti delle proposte in
campo e rafforzare la partecipazione e la mobilitazione dei precari della
ricerca e della didattica universitaria. Si legge in farodiroma.it che nel mese
di maggio in Parlamento verrà incardinata una Proposta di Legge su pre ruolo
unico e già in Commissione Istruzione si sta discutendo un piano di
riarticolazione del reclutamento universitario. (Fonte: farodiroma.it 04-05-19)
RICERCA
PUBBLICAZIONI A
PAGAMENTO SU RIVISTE COMPIACENTI: SPESI 2,5 MILIONI. DUEMILA I RICERCATORI
COINVOLTI
Professori e ricercatori italiani hanno speso oltre 2,5
milioni di dollari per pubblicare articoli sulle cosiddette 'riviste
predatorie', alias giornali specialistici che promettono di rispettare gli
standard tradizionali dell'editoria scientifica e invece fanno passare per
buona qualsiasi cosa, fornendo un servizio di pubblicazioni a pagamento privo
di controlli e di qualsiasi valore. Qualche esempio clamoroso? L'ultimo della
serie è una ricerca fasulla che ricalca pari pari una puntata della serie Star
Trek, e che è stata accettata e pubblicata senza colpo ferire.
La clamorosa e (questa, invece sì) certificata scoperta
arriva grazie allo studio condotto da un ricercatore pisano, Mauro Sylos Labini
del dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Pisa, con Manuel
Bagues dell'Università di Warwick in Inghilterra e da Natalia Zinovyeva
dell'Università di Aalto in Finlandia. I tre ricercatori hanno esaminato i
curricula di 46mila loro colleghi e professori che hanno partecipato alla prima
edizione dell'Abilitazione Scientifica Nazionale del 2012-13, una procedura che
serve per partecipare ai concorsi per diventare professore nelle università
italiane. I risultati della loro analisi sono stati appena pubblicati su un
numero monografico della rivista Research Policy dedicato al tema delle cattive
pratiche scientifiche. (Fonte: P. Zerboni, quotidiano.net 24-04-19)
RACCOLTA DEI DATI
SULLE PUBBLICAZIONI
La maggior parte degli atenei (e alcuni enti di ricerca)
dispongono oggi di uno strumento (si chiama IRIS) per la raccolta dei dati
sulle pubblicazioni, (ed eventualmente sui progetti e sulle attività di terza
missione) interoperabile con i grandi database europei: Dart Europe per le tesi
di dottorato, OpenAIRE per le pubblicazioni derivanti da progetti finanziati
dalla Commissione Europea, ORCID e tutti i motori di ricerca e di
indicizzazione del mondo open. D’altro canto le tipologie di pubblicazione in
una ricerca che è sempre più fondata sul mezzo digitale si moltiplicano, così
come le forme e le versioni che circolano (preprint*, postprint**, versioni
editoriali). Mutano i requisiti che erano tipici del mondo cartaceo e che nel
digitale perdono di significato. Questa differenza è stata ben colta a livello
europeo, ad esempio da Wellcome Trust (ente finanziatore della ricerca nel
Regno Unito) che mette a disposizione dei ricercatori dei progetti che finanzia
la piattaforma Wellcome open su cui
pubblicare i propri risultati, e di piattaforme come canali di pubblicazione
per le ricerche finanziate parla anche Plan S nelle linee guida per l’implementazione.
A 11 anni di distanza dalla legge sulla istituzione di un’anagrafe
nazionale e sulla base delle esperienze maturate in Italia e in Europa l’anagrafe
deve avere alcune caratteristiche imprescindibili indicate da https://tinyurl.com/y2cgsv97 . (Fonte: P. Galimberti, Roars
30-05-19)
IL CASO XYLELLA
“Il caso Xylella
è un esempio da manuale di come l’ambiguità politica e dei mass media abbia
alimentato credenze fasulle, che hanno arrecato immensi danni all’agricoltura e
all’economia pugliese”, così afferma Marco Cappato, leader dell’Associazione
Luca Coscioni, che si dichiara al fianco del gruppo SeTA, composto da
scienziati di chiara fama e che ha come suo referente il prof. Enrico Bucci.
Anche il prof. Roberto Defez, membro del CNR e consigliere dell’Associazione
Coscioni, aggiunge la sua voce contro la disinformazione e a favore della
ricerca scientifica, ricordando che, come i ricercatori pugliesi dicono da
tempo, anche l’EFSA ha smentito quanto affermato sia dalla Procura leccese che
da innumerevoli negazionisti, ovvero che il batterio Xylella è datato settembre 2013 grazie al lavoro della dott.ssa
Maria Saponari e che un ulivo infetto non può essere curato ma dev’essere
isolato ed eradicato. (Fonte: cno.it 17-05-19)
PATTO TRASVERSALE PER LA SCIENZA
Fornire uno scudo alla ricerca contro la diffusione di notizie false,
che possono danneggiare la salute delle persone. Questo è l’obiettivo del Patto
trasversale per la scienza, un’iniziativa, sostenuta dai medici Roberto Burioni
e Guido Silvestri per promuovere l’informazione scientifica corretta e
combattere bufale e fake news, fra cui il collegamento vaccini-autismo, il
negazionismo dell’hiv e altre forme di pseudoscienza e pseudomedicina. Il
patto, siglato nel gennaio 2019 dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e
dal fondatore del Movimento 5 stelle Beppe Grillo, è stato presentato il 5
giugno 2019 durante l’11esima Italian Conference on Aids e Antiviral Research
all’Università Statale di Milano. Il Patto per la scienza consiste in un
appello che è rivolto a tutte le forze politiche: queste si devono impegnare a
riconoscere e difendere la scienza come valore universale per l’umanità che non
può essere distorto per ragioni politiche o elettorali. Alla data del 4 giugno
2019, il patto è già stato sottoscritto da circa 6mila persone, fra cui medici
e scienziati, come il farmacologo Silvio Garattini, politici (già 5 partiti
piccoli hanno aderito) e giornalisti, per esempio Enrico Mentana. Non mancano
associazioni e istituzioni, fra cui l’Università Vita-Salute San Raffaele di
Milano, la Emory University di Atlanta, l’Associazione Luca Coscioni. (Fonte:
V. Rita, WIRED 05-06-19)
CNR. UN CDA IN CUI LA
RAPPRESENTANZA DI CHI FA RICERCA NELL’ENTE È SOTTORAPPRESENTATA
Mentre non è per nulla chiaro quali miglioramenti alla missione del
CNR, cioè fare ricerca, hanno portato i membri del CdA nominati dalla politica
(nessuno è interessato alla valutazione dell’operato di questi membri e del
loro apporto alla mission dell’ente) essi hanno sicuramente dato un contributo
alla gestione del miliardo di euro all’anno che passa per il CNR e per i suoi
8200 dipendenti. Dunque, oltre il danno di avere un CdA in cui la
rappresentanza di chi fa ricerca nell’ente era prima assente ed ora
sottorappresentata, vi è la beffa di un CdA di nomina politica che, come dice
Mocella, non è abituato a discutere le scelte che arrivano dai soggetti
politici: un bel capolavoro di conflitti di interesse! Si poteva far di meglio:
ad esempio si sarebbe potuto adottare il modello di governance del prestigioso
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dove è la comunità scientifica interna
che esprime i vertici dell’ente e dove, come si vede dai risultati, c’è una
grande attenzione alle qualità della ricerca e alle istanze dei ricercatori.
Non era questo, evidentemente, lo scopo di chi ha ideato la riforma dell’ente
che invece mirava, anche in questo bistrattato settore, all’occupazione delle
istituzioni pubbliche, a partire dai loro vertici, da parte dei partiti.
(Fonte: F. Sylos Labini, Roars 06-06-19)
SISTEMA UNIVERSITARIO
DATI DA STUDIO
EURISPES SULLE UNIVERSITÀ NON STATALI
A fronte di un totale di 67 università statali, in Italia
oggi si contano 30 realtà non statali legalmente riconosciute, delle quali 11
università telematiche. Gli iscritti complessivi agli atenei non statali
italiani sono 176.158 (92.677 donne; 6.100 stranieri), di cui 27.339
immatricolati; 35.627 sono i laureati l’anno (19.837 donne; 1.378 stranieri).
Considerando la serie storica dal 2012, nel comparto non
statale risultano in aumento costante gli iscritti complessivi e gli iscritti
stranieri, i laureati complessivi, i laureati stranieri. Nell’università
statale il trend evidenzia, invece, dal 2012/2013 una flessione degli iscritti
ai corsi di laurea; gli immatricolati hanno ripreso a crescere nel 2015/16 e
nel 2016/17; la tendenza non si osserva per gli studenti stranieri, in costante
crescita. Considerando che negli atenei statali italiani gli iscritti sono 1.478.522 e i laureati nel 2016 sono stati 276.172, si calcola che nelle università non statali studia il 10,6% degli iscritti italiani e viene prodotto l’11,4% dei laureati in Italia. Nelle università non statali le donne rappresentano il 52,6% degli iscritti, in quelle statali il 55,9%.
Per quanto concerne invece gli studenti stranieri, sono il 3,5% negli atenei non statali ed il 4,7% in quelli statali. Negli atenei non statali italiani il personale docente e ricercatore (docenti di ruolo, ricercatori a tempo indeterminato e determinato, titolari di assegni di ricerca, docenti a contratto) è composto da 11.133 unità (con un 64,2% di professori a contratto), il personale non docente (tecnici-amministrativi, dirigenti di prima e seconda fascia, collaboratori linguistici) da 5.107 unità.
(Fonte: blogsicilia.it 24-04-19)
PARTIRANNO (?) LE
UNIVERSITÀ DI SERIE A: SARANNO AL NORD E LE DECIDERÀ ANVUR
In una bozza di DM resa nota da Roars (“Partono le
università di serie A”) si apprende che dovrebbe partire il sistema
universitario a due velocità. Per gli atenei di Serie A, ci sarà libertà di
sperimentare nuovi organi di governo, la possibilità di costituire dipartimenti
in deroga alle numerosità minime, libertà di istituire corsi di laurea e corsi
di dottorato senza onerosi accreditamenti. Ma soprattutto tanta libertà di
differenziare il trattamento dei docenti: incentivi per trasferimenti anche
entro le regioni, via libera alle doppie affiliazioni di docenti in servizio
presso atenei stranieri, gestione locale delle chiamate dirette, negoziazione
dei compiti didattici e di ricerca, maggiori possibilità di sperimentare forme
premiali e incentivi economici per differenziare gli stipendi. Una bozza di DM
che il MIUR ha trasmesso alla CRUI per un parere è anticipata da Roars (https://tinyurl.com/y3ar4ldr ). Si tratta del DM con cui si dà
attuazione all’art.1 comma 2 della Legge Gelmini, che prevede che le
“università virtuose” potranno sperimentare propri modelli funzionali e
organizzativi. Nella bozza di decreto si definiscono quali sono le università
virtuose: quelle con indicatori di bilancio stabili e sostenibili; con
risultati di elevato livello nel campo della didattica e nel campo della
ricerca. Torna prepotentemente in primo piano il ruolo di Anvur. (Fonte: Red.ne
Roars 10-05-19)
Al post di Roars “Partono le università di serie A”
replica il prof. Valditara: “il documento è semplicemente una prima bozza
elaborata da un gruppo di lavoro coordinato dal direttore Livon e composto da
diversi docenti. È il primo atto di un dibattito che sarà certamente
approfondito e che per mia volontà dovrà coinvolgere tutte le componenti
accademiche, il Cun e la Crui. (Fonte: Red.ne Roars 11-05-19)
RITIRATA LA BOZZA
DEL PROGETTO SULL’“AUTONOMIA RESPONSABILE” DEGLI ATENEI
E’ scomparsa l'"autonomia responsabile" degli
atenei con i bilanci a posto. Lo dice lo stesso capo Dipartimento
dell'Università, Giuseppe Valditara: "Bozza ritirata". In quel testo,
inviato dagli uffici del ministero alla Conferenza dei rettori a inizio maggio,
si prevedeva che gli atenei pubblici italiani sani sul piano finanziario e ben
certificati nel campo della didattica e della ricerca potessero ottenere una
serie di libertà fin qui negate: assunzioni dall'estero, nuovi dipartimenti, gestione
più discrezionale di premi e incentivi per i docenti. Queste libertà nella
"bozza Valditara" restavano negate alle università con il risanamento
incompiuto. Il contesto politico, lo scontro pre-elettorale tra Lega e Cinque
Stelle, le molte resistenze registrate in accademia e infine il contrasto con
il direttore generale Livon hanno spinto l'ex relatore della Legge Gelmini a
ritirare il progetto. "Ora le priorità sono la Valutazione della qualità
della ricerca", fa sapere Valditara, "i dottorati e la riforma dei
Prin". Sono, quest'ultimi, i progetti di rilevante interesse nazionale.
(Fonte: C. Zunino, Rep Scuola 21-05-19)
TRE GRANDI
PROBLEMI DELL’UNIVERSITÀ IN UNA VISIONE RIFORMISTA NON CONVENZIONALE
I tre grandi problemi da affrontare sono sostanzialmente
legati alle modalità di funzionamento, all’organizzazione (il sacro Graal di
qualsiasi problema in questo paese, ma sempre disatteso – non è un caso che gli
esperti siano sempre giuristi o economisti, mai coloro che studiano come far
funzionare le cose…) e dipendono da una autonomia incompleta e dalla voracità
del centralismo ministeriale.
Il primo problema
è la mancanza di una vera autonomia che implichi anche la responsabilità e la
possibilità di fallire. Contrariamente a quanto dovrebbe far supporre
l’approvazione della cosiddetta autonomia universitaria, la realtà è una
quantità imbarazzante di regole e norme che vincolano le decisioni e che si
traducono in un controllo ossessivo della forma, spesso senza nessuna
valutazione del supposto beneficio.Per esempio, per molto tempo alle università pubbliche è stato di fatto quasi impedito di investire in comunicazione esterna anche qualora avessero scelto di destinare a ciò risorse proprie e questo non è che uno dei mille lacci e lacciuoli che riportano ai ministeri romani. Un altro aspetto riguarda l’autonomia didattica nella configurazione dei percorsi formativi.
I nostri corsi di laurea devono rispondere a delle tabelle astratte che fanno riferimento a settori disciplinari presenti solo nel nostro paese con questa formalizzazione pubblica. Queste tabelle sono frutto di rapporti di forza negli organi ai tempi della loro redazione. Oggi sono “tabelle della legge” e creano vincoli irragionevoli all’innovazione didattica, il tutto soprattutto a causa del valore legale del titolo di studio, altro simulacro di cui fare volentieri a meno.
È infatti il valore legale che impone una uniformità tra percorsi che forza all’utilizzo di tabelle astratte, quanto meno per alcuni percorsi di formazione. Su questo primo punto non sarebbe difficile intervenire. Si potrebbe per esempio consentire alle università di decidere se vogliono o non rimanere nell’alveo del valore legale del tutto o solo su alcuni percorsi, per esempio quelli a forte vocazione internazionale.
Inoltre, andrebbe creata una vera autonomia con un budget vincolato solo ad obiettivi, questi sì tassativi e ben misurati. Probabilmente gioverebbe una trasformazione per esempio in Fondazioni per inserire i giusti correttivi rispetto alla concessione di autonomia. Forse, alcune università potrebbero essere gestite male e fallire, ma altre potrebbero finalmente definire piani strategici che non siano esercizi di stile come accade oggi.
Il secondo problema è il deficit di imprenditorialità delle università italiane che ha radici ancora una volta in una regolazione assurda di stampo centralistico. Oggi, di fatto, la variabilità delle strutture retributive di docenti e non docenti è limitatissima ed esistono in molti atenei tetti arbitrari a prescindere dal contributo. Non è possibile per esempio definire una retribuzione ad hoc per reclutare docenti particolarmente capaci anche all’estero o ricompensare chi sia in grado di attrarre fondi e opportunità o abbia voglia di lavorare davvero di più.
Questa ipocrisia tutta del sistema pubblico italiano non ha alcuna ragione di esistere in un settore che non ha solo il ruolo di custodire l’esistente ma di stimolare il nuovo e il cambiamento. E non si tratta di meritocrazia, altro vuoto simulacro che si agita sempre quando si parla di università. È il mercato, che non deve certo definire cosa studiare, ma nemmeno rimanere fuori dalla porta dell’università, quasi fosse una cosa disdicevole.
Il terzo problema è la scarsa attenzione all’innovazione nel funzionamento operativo dell’università. L’innovazione deve diventare uno dei temi se non il tema centrale dell’attenzione nel disegno dei percorsi didattici, per esempio, affiancando alle consuete tesi di laurea lo sviluppo di business plan su idee generate nell’alveo del percorso di studi.
(Fonte. L. Solari, huffingtonpost.it 15-05-19)
STUDENTI-DIRITTO ALLO STUDIO- TASSE UNIVERSITARIE
NUMERO CHIUSO A
MEDICINA. CONDIZIONI PER ESONERO DAL TEST DI AMMISSIONE
Con la sentenza del 16 aprile 2019 numero 4932, la Terza
Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha ritenuto
ammissibile la domanda di immatricolazione al Corso di Laurea in Medicina e
Chirurgia con esonero dal test di ammissione per coloro che abbiano già
sostenuto esami in una diversa facoltà e abbiano maturato un numero di crediti
formativi sufficienti per l’immatricolazione in anni successivi al primo, se
gli esami sostenuti possono essere validamente riconosciuti e sempre che, per
tale anno, si sia verificata una scopertura dei posti disponibili.
Dopo aver accolto l’istanza cautelare del ricorrente, il
Tribunale decidendo nel merito, ha richiamato e sintetizzato i principi
interpretativi desumibili dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato 28 gennaio 2015 numero 1. I Giudici amministrativi romani hanno
ritenuto tali principi adattabili al caso di specie e hanno dunque argomentato
che, ove tali crediti sussistano e siano sufficienti per l’immatricolazione in
anni successivi al primo, non c’è ragione per non ritenere doverosa detta
immatricolazione senza reiterazione del test di primo accesso, all’unica
ulteriore condizione della presenza di posti disponibili per mancata iscrizione
degli idonei selezionati negli anni antecedenti, per trasferimenti in uscita o
per rinunce agli studi. Il TAR Lazio successivamente, ha motivato la propria
decisione anche richiamando la ratio riconosciuta al cosiddetto “numero
chiuso“, così come esplicitata dalla copiosa giurisprudenza costituzionale
(Sentenza Corte Costituzionale numero 302 dell’11 dicembre 2013 in tema di
graduatoria unica nazionale; Ordinanza numero 307 del 20 luglio 2007; Sentenza
numero 383 del 27 novembre 1998) e dalla risalente pronuncia della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea, III Sezione, 12 giugno 1986. Dalla
giurisprudenza nazionale e comunitaria appena richiamata emerge, infatti, come
il cosiddetto numero chiuso sia un “sistema indispensabile ad assicurare la
formazione di professionalità adeguate e che, a tal fine, sia necessario tenere
in considerazione il rapporto tra numero di studenti e idoneità delle strutture
nonché la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi commisurati al fabbisogno
medio nazionale”. (Fonte: https://www.scuderimottaeassociati.it 24-04-19)
PUÒ UN ATENEO INTRODURRE
L’ACCESSO PROGRAMMATO LADDOVE NON PREVISTO DAL LEGISLATORE?
Con sentenza 13/05/19, n. 5932, il TAR Lazio, ha accolto
il ricorso presentato dall’UDU contro l’accesso programmato previsto per
facoltà non scientifiche. Leggete qui https://tinyurl.com/y368nwlc
come un TAR motiva il non riconoscimento delle “peculiari esigenze
didattiche degli insegnamenti linguistici impartiti che richiedono l’uso
costante di strumenti scientifici dedicati quali le aule informatizzate e il
laboratorio linguistico” che giustificano il numero chiuso.
STUDENTI. NOTIZIE
SU CONDIZIONI E DIFFICOLTÀ ECONOMICHE E SUGLI INCENTIVI DI CUI USUFRUISCONO
Notizie sulle difficoltà economiche degli studenti,
specialmente di quelli fuori sede, e sui sacrifici che le famiglie devono
accettare per poter mandare i propri figli negli atenei.
Negli ultimi dieci anni gli studenti provenienti da
famiglie benestanti, quindi di livello medio-alto e spesso con genitori
laureati, sono aumentati del 17% mentre il tasso di quelli appartenenti a
famiglie di estrazione sociale più bassa e con redditi per niente alti è sceso
al 30%.Solo un terzo degli studenti universitari appartiene alla categoria dei fuori sede; questo significa che la maggioranza vive ancora nella propria famiglia. E tra questi, i pendolari sono davvero tantissimi: tre su quattro.
Questi i dati sugli incentivi di cui usufruiscono gli iscritti:
• Il 10% degli studenti godono dell’esenzione dalle tasse universitarie;
• L’8,7% degli studenti ottiene una borsa di studio;
• Il 3,2% degli studenti gode di posti letto e alloggi con agevolazioni messe a disposizione dagli enti garanti del diritto allo studio.
Sono sempre di più gli studenti che sono alla ricerca di lavoretti saltuari, part-time o a chiamata per aiutare le proprie famiglie a coprire i costi universitari.
Nonostante tutte le difficoltà logistiche e soprattutto economiche che tutti gli iscritti alle Università italiane incontrano, i nostri studenti sono tra i più bravi in Europa. Si distinguono infatti non solo per l’elevato tempo che spendono sui libri che con circa 44 ore settimanali supera di circa il 30% la media del tempo europea, ma anche per il fatto che più della metà, una volta raggiunta la laurea, è intenzionato a proseguire gli studi. (Fonte: G. Onofri, skuola.net 10-05-19)
VARIE
REPORTERS SANS
FRONTIÈRES CLASSIFICA LA LIBERTÀ DI STAMPA NEL MONDO
Secondo Reporters Sans Frontières, “il numero dei paesi
considerati sicuri, dove un giornalista può lavorare senza temere per la
propria vita diminuisce ancora, mentre i regimi autoritari continuano ad
aumentare il controllo sui media“. La notizia arriva in occasione della
presentazione della classifica sulla libertà di stampa che l’organizzazione non
governativa redige oramai dal 2012, sulla base di un questionario distribuito
agli esperti di settore e un set di informazioni reperibili in rete. Come ogni
anno, la classifica si riferisce ai 365 giorni precedenti: l’elenco appena
presentato riguarda quindi la situazione nel 2018. Per accorgersi di quanto è
grave la situazione, basta guardare la mappa allegata al report di Rsf: la
maggior parte degli stati è colorata di arancione o rosso, due colori che
segnalano un livello di allerta alto. Ma il colore che evidenzia la condizione
peggiore per la libertà di stampa è il nero, che ricopre tutto il territorio
cinese. Si salvano solo i paesi nordici, la Costa Rica, la Jamaica e la Nuova
Zelanda: in questi luoghi, un giornalista non rischia la pena di morte, e la
categoria non è considerata in pericolo quando esercita il suo mestiere. Cosa
che succede invece a chi vive in Turkmenistan, che quest’anno ha rimpiazzato la
Corea del Nord all’ultimo posto della graduatoria (oggi lo stato di Kim Jong-un
è penultimo). In Europa, sono cinque gli stati dove i giornalisti hanno dovuto
fare i conti con crescenti difficoltà rispetto agli anni precedenti: Serbia,
Montenegro, Ungheria, Malta e Slovacchia. La situazione nel nostro paese resta
sempre molto critica. L’Italia guadagna 3 punti ma non riesce a superare la
43esima posizione. Reporter Senza Frontiere giustifica la sua scelta citando la
proposta del ministro dell’Interno Matteo Salvini di togliere la scorta a
Roberto Saviano, gli attacchi dei politici del Movimento 5 stelle che hanno
definito alcuni rappresentanti della categoria in modi poco lusinghieri, le
continue minacce nei confronti di alcuni professionisti, soprattutto nel Sud
Italia, e casi come quello di Paolo Borrometi. Il giornalista siciliano,
collaboratore di Agi e fondatore de La Spia vive sotto scorta 24 ore al giorno
dal 2013. L’unica buona notizia? Tutte queste persone secondo l’organizzazione
continuano a svolgere il loro lavoro “con coraggio”. (Fonte: G. Giacobini WIRED 18-04-19)
IL NUOVO ISTITUTO
NAZIONALE BREVETTI VEDRÀ LA LUCE ENTRO L'ANNO
Giuseppe Valditara cita l'Università di Lovanio che
grazie a una rete di spin-off, incubatori e parchi tecnologici, incassa ogni
anno dai suoi brevetti 90 milioni di euro. «Le università italiane, tutte
insieme, incassano meno di due milioni». La soluzione, dice il capo dell'Alta
formazione del ministero dell'Istruzione, è creare un ufficio nazionale dei
brevetti, una sorta di mini-Istituto italiano di tecnologia con il solo compito
di valorizzare e portare sul mercato i risultati della ricerca degli atenei e
degli enti pubblici. Sulla carta, l'ufficio c'è già: «Lo statuto è pronto,
manca solo la firma del ministro. Sarà una fondazione e vedrà la luce entro
l'anno». Il nuovo Istituto nazionale brevetti, dalla sua sede non ancora
definita in una qualche città italiana, aiuterà i ricercatori a «trasformare le
loro idee in prototipi industrializzabili» e sarà composto da ingegneri che
dovranno, per ogni idea, capirne il potenziale, individuarne i mercati e
trovare i finanziatori. (Fonte: F. Margiocco, SecoloXIX 23-05-19)
IMPORTANZA
DELL’INSEGNAMENTO E DELLA PRATICA DELLA FILOSOFIA
Alla base dell’importanza dell’insegnamento e della
pratica della filosofia per i giovani in via di formazione v’è, e vi deve
essere, secondo F. Coniglione, un’idea di fondo: che la filosofia non possa
caratterizzarsi solo come una disciplina specialistica che si rinserra nelle
torri d’avorio dei dipartimenti universitari. Deve essere anche questo,
ovviamente, perché senza il lavoro specialistico dei molti studiosi che di essa
si occupano, finirebbe per trasformarsi in un vago e generico chiacchiericcio,
intriso di luoghi comuni e pensieri già datati. Essa deve anche non solo
aprirsi alla società, ma cercare di diventare la coscienza critica di uomini
adulti che vogliono pensare sé stessi e il proprio mondo all’interno di una
tradizione di pensiero che ha una ricchezza di motivi e di riflessioni che non
cessano di essere attuali. Essa metta a tal fine a disposizione una sorta di
“cassetta degli attrezzi” – fatta di idee, argomenti, riflessioni e meditazioni
– dei quali l’uomo contemporaneo non può fare a meno, se non vuole sempre
ricominciare d’accapo o correre il rischio di riscoprire l’acqua calda.
Nell’universale riconoscimento di Sergio Marchionne come grande imprenditore,
non è senza significato il fatto che si sia laureato in filosofia, con una tesi
su Heidegger. (Fonte: F. Coniglione, Roars 27-05-19)
SCIENZE UMANE. SONO IN CRISI
SOPRATTUTTO NEI PAESI ANGLOSASSONI, MA VI SONO ANCHE PAESI IN CONTOTENDENZA
COME LA CINA E SINGAPORE
Le humanities sono chiamate anche spesso da noi scienze umane, ma
all'estero le human sciences sono di regola le scienze sociali più quelle
psicologiche. Si tratta di discipline umanistiche; humanités in Francia o
Geisteswissenschaften in Germania: letteratura, filosofia, storia, religione,
filologia, lingue, cui si possono aggiungere storia dell’arte, semiotica, arti
visive e arti performative, inclusa la musica. Negli Stati Uniti sono
humanities anche diritto e geografia umana. Si tratta dell'evoluzione moderna
degli studia humanitatis che si strutturarono nel XV secolo, intorno a una
comunicazione linguistica che tornava a essere usata come esplorazione
conoscitiva del mondo. Allora si trattava di grammatica, retorica, poesia,
storia, filosofia morale, greco antico e latino. Dopo la crisi economica del
2008, le immatricolazioni universitarie nei corsi di humanities in diversi
Paesi di cultura occidentale e tecnologicamente avanzati sono progressivamente
calate o precipitate, a vantaggio delle iscrizioni nei corsi di laurea STEM. Ma
ci sono anche Paesi in controtendenza negli investimenti per le humanities,
come ad esempio Singapore e la Cina. Non sono Paesi occidentali e non sono
democrazie, per cui il paragone deve prendere in considerazione la logica
politica delle scelte. A Singapore nel 2016 hanno stanziato 350 milioni di
dollari in cinque anni per sviluppare humanities e social sciences. (Fonte: G.
Corbellini, scienzainrete 05-06-19)
UNIVERSITÀ IN ITALIA
SDABOCCONI E POLIMI, DUE UNIVERSITÀ
ITALIANE FRA LE SCUOLE CHE OFFRONO I MIGLIORI PROGRAMMI DI STUDIO PER MANAGER,
LAUREATI E AZIENDE
Nella classifica Executive Education 2019 del Financial Times la
SDABocconi eccelle nei corsi dedicati alle imprese e guadagna 3 posizioni
rispetto al 2018, superata solo da Business school Iese di Barcellona (prima),
dalla Duke Corporate Education del North Carolina e dall'Imd Business School di
Losanna.
La School of Management del Politecnico di Milano nella stessa
classifica si piazza all'80° posto (79° nei corsi «open», 80° in quelli
«customized»), guadagnando due posizioni rispetto al ranking 2018. (Fonte: MF
04-06-19)
UNIBO. PER NUOVO
POLO HI-TECH FEV SCEGLIE L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
Il colosso tedesco FEV Group, che opera nel settore
ingegneria e powetrain legato all’automotive, ha aperto il primo laboratorio
privato di un’impresa estera all’interno dell’Università di Bologna.
Il “Green mobility research lab” svilupperà algoritmi
predittivi per veicoli intelligenti con un focus sul risparmio energetico.
Bologna era in competizione con altre proposte da USA, Romania e Polonia. Il
Managing Director Michele Caggiano ha spiegato che Bologna è stata scelta per
le elevate competenze nel controllo automatico, la presenza di aziende top
nell’automotive (es. Lamborghini, Ferrari, Maserati) e per la nascita del nuovo
Tecnopolo dei Big Data. 18 ricercatori verranno impiegati a regime nel
laboratorio, in un’area di 400 mq. con un investimento iniziale di 600mila
euro. Il Gruppo Fev era già presente in Emilia-Romagna con una filiale a
Sant’Agata Bolognese (BO). (Fonte: http://www.investinemiliaromagna.eu
06-05-19)
UNIBO. LA
CLASSIFICA CHE VALUTA LE POLITICHE GREEN DEGLI ATENEI PREMIA L'UNIVERSITÀ DI
BOLOGNA PER IL SUO RUOLO DI COORDINATORE NAZIONALE
L'Università di Bologna è stata premiata come Most Active
National Coordinator di GreenMetric, la classifica che valuta le politiche e le
azioni green messe in campo dalle università di tutto il mondo. Il premio è
stato assegnato in occasione del 5th International GreenMetric Workshop che si
è tenuto allo University College di Cork (Irlanda). Dal 2017, nel suo ruolo di
National Coordinator, l'Alma Mater rappresenta gli atenei italiani all'interno
di GreenMetric e ha il compito di coordinare e raccogliere proposte di
miglioramento alla struttura del ranking. Attività che i rappresentanti di
GreenMetric hanno ora premiato nominando l'Università di Bologna come Most
Active National Coordinator. Il premio è stato consegnato dalla Chairperson di
GreenMetric Riri Fitri Sari al prorettore vicario dell'Alma Mater Mirko Degli
Esposti. Nell'ultima edizione del ranking l'Università di Bologna si è
confermato come primo ateneo in Italia per attenzione ai temi della
sostenibilità ambientale e ha raggiunto il quindicesimo posto nella classifica
generale, entrando così nella top 20 mondiale delle università green. (Fonte:
unibomagazine 23-04-19)
UNIBO.
L’UNIVERSITÀ AUMENTERÀ IL NUMERO DEL SUO PERSONALE DEL 10% IN METÀ ANNO
L’Università di Bologna si prepara a crescere. Come
approvato dal Consiglio di Amministrazione, verranno presto banditi circa 300
concorsi per altrettanti posti di lavoro. Si parla di 276 assunzioni tra
docenti ordinari, docenti associati e ricercatori a tempo indeterminato. A
sentire le parole del rettore Francesco Ubertini durante una conferenza stampa:
“Abbiamo (ad oggi n.d.r.) 2740 docenti e ricercatori”, quindi assumerne altri
276 “significa mobilitare un numero di unità pari al 10% del nostro personale”.
Le assunzioni, rese possibili grazie al Fondo di finanziamento ordinario 2018,
vedranno il bando iniziale di 112 posti per ricercatori a tempo determinato.
Ben 93 concorsi saranno riservati agli “interni”, per il ruolo di professore
associato, mentre altri 68 saranno aperti anche a chi non ha attualmente un
contratto con l’Università, i cosiddetti “esterni”, per andare a riempire i
posti di professore ordinario e associato. (Fonte: G. Rinaldi, faccecaso
06-05-19)
UNIBO. GENOMICA E
PARAMETRI EMATOLOGICI: NUOVE INFORMAZIONI PER L’ADATTAMENTO AGLI STRESS
AMBIENTALI DA RICERCHE SUL SUINO
Uno studio coordinato da ricercatori dell’Università di
Bologna ha permesso di individuare i marcatori genetici che influenzano alcuni
dei principali parametri ematologici nel suino, dal colesterolo ai trigliceridi
fino ai livelli di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine nel sangue. La
ricerca – pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature –
fornisce nuove informazioni sulla capacità immunitaria e di resistenza agli stress
ambientali di questa specie animale. Novità che hanno implicazioni non solo in
campo zootecnico, ma anche per l’utilizzo del suino come modello animale in
campo medico. (Fonte: magazine.unibo.it 23-05-19)
UNIBO. PER LO
SVILUPPO SOSTENIBILE
L'Alma Mater di Bologna è nelle top 15 internazionali dei
due ranking universitari "verdi”: il Times Higher Education (THE) Impact e
Green Metric. Partiamo da Green Metric che "giudica" gli atenei in
base a sei indicatori: contesto e infrastrutture (come aree boschive o dedicate
alla vegetazione nel campus), energia e cambiamento climatico (tra cui uso
delle rinnovabili e smart building), rifiuti (organici e inorganici), acqua
(sia risparmio che riciclo), trasporti (parcheggi, navette e veicoli a
emissioni zero), educazione e ricerca (inteso innanzitutto come corsi e fondi
dedicati alla sostenibilità). Il ranking 2018 vede in testa, come l'anno prima,
l'ateneo olandese di Wageningen davanti all'inglese Nottingham e all'americana
California Davis. Per trovare la prima italiana - UniBo - bisogna scendere al
15° posto. Con altre tre italiane nella top 100: UniTo (47°), Ca' Foscari di
Venezia (88°) e Milano Bicocca (98°).
Forte del 9° posto l'Alma Mater esce ancora meglio dal
ranking di The Impact. Che esordisce quest'anno e pesa il successo delle
università globali nel raggiungimento degli obiettivi Onu di sviluppo
sostenibile. In vetta stavolta troviamo la neozelandese Auckland, che precede
due canadesi McMaster e British Columbia. Con altri due "volti noti"
di casa nostra tra le prime 100: Padova al 16° posto e L'Aquila al 78°.L'Alma Mater con il progetto Multicampus Sostenibile, che riguarda non solo l'ambiente ma anche l'energia, la mobilità e le persone, ha dato vita anche ad azioni concrete per una risposta ai principi che si sono affermati, negli ultimi anni, sullo Sviluppo Sostenibile, la Green Economy e i 17 Sustainable Development Goals (SDGs) dell'ONU per dettare l’agenda delle principali azioni fino al 2030. (Fonte: IlSole24Ore 27-05-19)
UNIFI. 57 CORSI DI LAUREA
TRIENNALI, 9 CORSI MAGISTRALI A CICLO UNICO E 70 MAGISTRALI
57 corsi di laurea triennali, 9 corsi magistrali a ciclo unico e 70
magistrali. Sono i numeri dell’offerta formativa dell’Università di Firenze per
il prossimo anno accademico, che è possibile consultare online. Nel 2019/2020
partono tre nuove lauree magistrali: Ingegneria gestionale, Advanced Molecular
Sciences (in lingua inglese) e Biologia dell’ambiente e del comportamento. Per
gli ultimi due corsi sono previste borse di studio che finanzieranno il
percorso degli iscritti fuori sede. Cinque nuovi corsi a doppio titolo,
inoltre, si avviano nel prossimo anno accademico e portano a 30 i percorsi
internazionali proposti dall’Ateneo. In questo ambito, si rafforza in UniFi la
collaborazione con l’università cinese Tongji di Shanghai, attiva per due corsi
a doppio titolo. (Fonte: nove.firenze.it 09-06-19)
POLIMI. DA SOLO
BREVETTA IL 15% DELLE INVENZIONI NAZIONALI
Milano è la città regina della creatività tricolore con
quasi 32 mila tra brevetti e marchi depositati nel 2018. Qui ha sede anche il
20% delle circa diecimila startup innovative italiane. «E’ una regione con una
lunga storia di imprenditorialità: oggi un giovane che ha un'ida e dice ai
genitori che vuole tentare l'impresa, qui viene capito - ragiona Ferruccio
Resta, rettore del Politenico di Milano, l'ateneo che da solo brevetta il 15%
delle invenzioni nazionali -. Questa regione ha capito che innovare è l'unico
modo per rimanere competitivi e attrarre talenti. Ecco, anche per il Politecnico
l'innovazione non è uno degli scenari possibili o un think thank, ma una
opzione già calata nella realtà, da valorizzare e raccontare». Con questo
spirito è nata l'iniziativa del Politecnico con L'Economia del Corriere della
Sera, che prende il nome di «Intelligenze reali» e che, a partire da lunedì 27
maggio, sulle pagine del settimanale economico «racconterà le storie, i
talenti, le opportunità e le specificità dell'innovazione che qui trova casa».
(Fonte: CorSera 24-05-19)
UE. ESTERO
GERMANIA. E’ IL
PAESE EUROPEO CHE “CREDE DI PIÙ NELLA SCIENZA”
La Germania non solo ha già raggiunto l’obiettivo di
Lisbona del 3,0% ma ha annunciato di recente un piano aggiuntivo di
investimenti pari a 17 miliardi di euro spalmati negli anni che ci separano dal
2030. D’altra parte, con una spesa di oltre 123 miliardi di dollari, 1.000 istituzioni
dedite alla ricerca, 400.000 ricercatori e 500 network e cluster, la Germania è
di gran lunga il paese europeo che “crede di più nella scienza”. Ma non è il
solo: è tutto un blocco di paesi che ruota intorno alla Germania e che segue il
modello tedesco. Da Sud a Nord: la Slovenia investe il 2,6% del PIL in R&S;
l’Austria il 3,2%; la Svizzera il 3,0; l’Olanda il 2,1%; la Danimarca il 3,1;
la Svezia il 3,3% e la Finlandia il 3,5%. Questi paesi sono all’avanguardia nel
mondo. E sono superati, in termini relativi, solo da Israele e Corea del Sud. È
il resto dell’Europa che fatica. La Francia si ferma al 2,2%; il Regno Unito
all’1,7% e l’Italia non va oltre l’1,3%. (Fonte: P. Greco, IlBo 21-05-19)
UK. A CAMBRIDGE
CACCIA ALLE STREGHE, PROFESSORI CACCIATI, CURRICULA RISCRITTI, MONUMENTI
RIMOSSI
Al St. Catharine's College di Cambridge una famosa
campana esposta è stata rimossa dopo i dubbi che fosse stata utilizzata in una
piantagione di schiavi. "Mentre facciamo delle indagini più dettagliate
sulla provenienza della campana, è stata presa la decisione di
eliminarla", hanno detto dal college. La settimana scorsa, Cambridge aveva
avviato un'inchiesta senza precedenti della durata di due anni sui suoi legami
con la tratta degli schiavi. Alcuni studiosi hanno sostenuto che l'iniziativa
non è altro che un omaggio al politicamente corretto. Ha scritto sul Times il
docente di Oxford Nigel Biggar: "Cambridge ha stabilito nuovi standard del
politicamente corretto con l'annuncio di un'inchiesta sul modo in cui ha tratto
beneficio dal commercio degli schiavi". Ma altre cose pazze stanno
accadendo a Cambridge da qualche settimana. L'università ha sospeso il ciclo di
lezioni di un famoso professore canadese, Jordan Peterson, 48 ore dopo che gli
era stato offerto. Alcuni accademici e l'unione studentesca avevano protestato
pubblicamente per l'invito rivolto a Peterson, reo di "islamofobia".
Priyamvada Gopal aveva twittato: "Jordan Peterson sarà il mio collega?
Niente di meglio per dimostrare il nostro impegno per la diversità e la
decolonizzazione". Gli studenti avevano affisso una lista di
"peccati" commessi da Peterson, come credere che "il privilegio
bianco è una menzogna marxista". Poi Cambridge ha ritirato l'incarico a
Noah Carl. Trecento professori e accademici di tutto il mondo avevano firmato
una lettera aperta che denunciava la sua nomina e ne richiedeva l'immediata
cacciata dal celebre ateneo. La "colpa" di Carl è quella di fare ricerca
sulla razionalità delle paure dell'immigrazione. Un anno fa, Cambridge aveva
anche annunciato l'intenzione dei professori di letteratura inglese di
sostituire gli autori bianchi con gli scrittori neri, via gli occidentali e
dentro i multikulti, facendo seguito alle proposte avanzate dal personale
accademico in risposta alle richieste degli studenti di
"decolonizzare" il curriculum. (Fonte: G, Motti, Il Foglio 09-05-19)
UK. PER GLI
EUROPEI PREVISTO RADDOPPIO DELLE RETTE DOPO BREXIT
Dopo la Brexit, il governo britannico intende aumentare
le tasse universitarie per gli studenti dei paesi dell’Unione Europea:
facendole passare dalle 9.250 sterline l’anno attuali a circa 25.000 sterline
annue, cioè quasi i 30.000 euro che poi è la retta pagata dagli studenti
extracomunitari. Già così le università inglesi sono le più care d’Europa: ma
sono anche le migliori d’Europa e fra le migliori del mondo, a cominciare da
“Oxbridge”, l’acronimo con cui si identificano le due università rivali,
puntualmente ai primi posti delle classifiche internazionali sull’istruzione
accademica: per questo frotte di giovani europei vengono a studiare qui.
Raddoppiare la retta, tuttavia, rischia di creare un grosso ostacolo: le
università medesime prevedono che il numero di iscritti provenienti dal continente,
attualmente 135.000, calerebbe di due terzi.
È una brutta notizia per i tanti italiani che sognano di
prendere la laurea a Londra: al momento il nostro paese è il terzo maggiore
fornitore europeo di studenti alle università britanniche, con quasi 15.000
iscritti (e sono italiani anche 5.000 docenti e ricercatori). Ma è una brutta
notizia anche per il budget delle università: pur essendo soltanto il 6 per
cento del totale degli iscritti, gli studenti degli altri paesi della Ue
rappresentano un’importante fonte di finanziamenti per i college inglesi.
Secondo indiscrezioni pubblicate dal Financial Times, il ministro
dell’Istruzione Damian Hinds si accinge a introdurre l’aumento dall’anno
accademico 2021-22. (Fonte: E. Francescini, Rep: 29-04-19)
SPAGNA. OTTENERE
IL TITOLO ABILITANTE E STUDIARE IN SPAGNA
Ogni anno la Spagna accoglie circa 50.000 studenti
stranieri. Tra i Paesi europei nei quali si concentra il maggior numero di
studenti italiani che, dopo aver tentato il test di ingresso in Italia, scelgono
di partire per l’estero per ottenere il titolo abilitante, la Spagna sta
crescendo in numero di iscritti. Studiare in Spagna e anche viverci da
studente, costa circa 9.000 euro l’anno in città come Madrid e Barcellona. Se
invece si scelgono città universitarie come Valencia o Siviglia, anche queste
molto ambite, il budget può scendere anche a 5.000/6.000 euro. Le università
spagnole sono molto buone e per chi decide di studiare in Spagna la scelta è
vasta. Le università più famose sono la Complutense di Madrid o la Ceu uno dei
gruppi universitari più antichi della Spagna. A Madrid e Barcellona ci sono le
business school di modello angloamericano, molto ambite dagli aspiranti
manager. Queste scuole sono EAE, EISAF Business school, Instituto de Empresa, i
cui costi sono allineati alle scuole dei ranking internazionali, che possono
raggiungere i 100.000 dollari per un MBA. Per studiare in Spagna però bisogna
conoscere sia lo spagnolo che il catalano nel caso in cui si intraprenda un
percorso di studi a Barcellona. Per accedere all’università occorre una
certificazione di lingua spagnola e un procedimento ministeriale grazie al
quale si consegue la credencial del Uned. (Fonte: tecnicadella scuola 15-04-19)
USA. LO SCANDALO
DELLE BUSTARELLE PER FARE AMMETTERE I PROPRI FIGLI NELLE SCUOLE PIÙ PRESTIGIOSE
Il 12 marzo, gli agenti dell'Fbi sono andati a cercare
l'attrice Felicity Huffman di 56 anni nella sua villa di Hollywood e l'hanno
portata via in manette. Rilasciata su cauzione di 250 mila dollari, si è dichiarata
colpevole davanti al tribunale federale di Boston per trasferimenti di fondi
illegali. E' stata incriminata per aver pagato 15 mila dollari al responsabile
di una vasta rete di corruzione che falsificava i risultati degli esami o delle
performance sportive dei figli dei ricchi per facilitare la loro ammissione
nelle scuole o nelle università ultraselettive del Paese. Uno scandalo che ha
scioccato l'America.
Nel caso di Felicity Huffman, le sue mazzette sarebbero
servite a fare in modo che sua figlia Sofia, 18 anni, potesse superare il
concorso di ammissione alla scuola delle arti di Los Angeles. La donna rischia
dai 4 ai 10 mesi di prigione. Ai giudici ha detto che la figlia non sapeva
assolutamente niente e che lei la ha tradita con questa azione e con le sue
idee assolutamente sbagliate, secondo quanto ha riportato Le Figaro. Felicity
Huffman è soltanto un piccolo pesce nella rete del procuratore che indaga sullo
scandalo. Alcuni avevano pagato fino a 6,5 milioni di dollari per fare entrare
i propri figli nei templi d'eccellenza. I migliori atenei americani hanno un
tasso di ammissione molto basso: 4,6% a Harvard, 5% a Stanford, 5,5% a
Princeton e Colombia, 6,2% a Yale. Su questo ha prosperato la società The Key
di William «Rick» Singer, 58 anni, che diceva di aprire una porta laterale a
chi aveva i mezzi. (Fonte: M. Oliveri, ItaliaOggi 17-04-19)
CINA. IL SIMBOLO
DELLA SMART CITY È SHENZHEN, LA MEGALOPOLI CON LE INFRASTRUTTURE TECNOLOGICHE
DELLA HUAWEI
Dal 115esimo piano del Ping An finance center, Shenzhen
si vede piccola piccola. È il quarto grattacielo più alto al mondo ed è stato
tirato su nel 2017, giusto in tempo per festeggiare il quarantesimo compleanno
della città. “Prima qui non c’era niente: solo baracche e pescatori”, viene
spiegato ai turisti che provano a sbirciare la metropoli guardandola da vetrate
a 599,1 metri di altezza. La città, così come la si conosce ora, è stata
fondata nel 1978 quando il governo comunista ha deciso che quel povero
villaggio di fronte a Hong Kong sarebbe diventato la vetrina sul mondo di una
Cina moderna e high-tech. Shenzhen oggi è popolata da 13 milioni di persone,
una megalopoli zeppa di uffici e tutta orientata al business. Grazie alla sua
vocazione tecnologica, negli ultimi anni la città del Guangdong è diventata
anche il modello della smart city a livello internazionale. A fornire alla
municipalità di Shenzhen le infrastrutture tecnologiche è Huawei, azienda
simbolo della Cina del terzo millennio, che qui ha da sempre il suo quartier
generale e ha fondato un mega-campus per la ricerca nella vicina Dongguan.
(Fonte: WIRED 22-05-19)
LIBRI – RAPPORTI - SAGGI
IL DUBBIO NEI
FONDAMENTI SCIENTIFICI
Autore: Francesco Primiceri. Ed. Aracne, collana Lo
scrigno di Prometeo 2019, pg. 248.
Il testo affronta le ragioni che hanno portato la scienza
a rivisitare le proprie strutture teoriche. La scienza moderna, fino al secolo
scorso, è stata considerata come l’unica conoscenza certa poiché efficace,
controllabile, condivisibile e, in quanto tale, affidabile e indubitabile. È
proprio in forza dell’intreccio del metodo empirico e del metodo assiomatico
che la fisica, in particolare, si presentava come sapere certo e definitivo.
Oggi il pensiero scientifico si propone come ipotetico, revisionabile e
fallibile, ma questo suo modo di procedere non vuol dire assolutamente che
rinuncia al dominio dell’universo; al contrario, proprio per rendere più
radicale il proprio dominio sulle cose, trasforma il proprio apparato
concettuale: rinuncia a essere verità definitiva e incontrovertibile per poter
meglio comprendere e dominare fenomeni nuovi. Il testo presenta non solo il
processo di elaborazione dell’apparato concettuale, ma rileva anche come la
scienza moderna, forte della sua posizione di dominio, supera un’antica
opinione secondo la quale spettava ad essa il solo il compito di spiegare il
“come” delle cose, mentre alla filosofia e alla teologia quello più ambizioso
di spiegare il “perché”, ovvero le grandi questioni dell’essere.(Fonte: presentazione dell’edtore, maggio 2019)
SCOPERTA. COME LA
RICERCA SCIENTIFICA PUÒ AIUTARE A CAMBIARE L'ITALIA
Autore: Roberto Defez. Ed. Codice 2018, pg. 172.
La ricerca scientifica non è un lusso culturale, ma la
più concreta opzione per dare un futuro al paese e alle nuove generazioni, e
per far tornare una parte del fiume di giovani che abbiamo formato in Italia e
che possono lavorare solo all'estero. Genera occupazione qualificata, sviluppo
imprenditoriale, innovazione di prodotto, ma serve anche alla sicurezza
nazionale, alla tutela del territorio e dei beni culturali. Intorno si fanno
strada l'antiscienza e la nostalgia di un passato durissimo che in gran parte
ignoriamo. Paghiamo il mancato rinnovamento vendendo le nostre aziende
storiche. Eravamo i proprietari di piccoli ristoranti, poi ne siamo diventati i
cuochi e ora semplici camerieri. Il metodo scientifico è il modo per risalire
la china, per modernizzare il paese, per compiere scelte non ideologiche in
tutti i campi. Per premiare il merito e non il clan, per liberare energie e
guidare il nostro futuro. (Fonte: recensione dell’editore)
LA TIRANNIA DELLA
VALUTAZIONE
Autrice: Angélique Del Rey. Traduttore: A. L. Carbone.
Editore: Elèuthera 2018, pg. 189.
Oggi, in qualsiasi ambito sociale ci si trovi a
interagire con gli altri, essere valutati in base a criteri ritenuti oggettivi
appare non solo naturale ma persino desiderabile. Anzi, ricondurre l'individuo
a un'entità misurabile che dia precisamente conto della propria efficienza e
competenza è diventato l'imperativo che governa le nostre prestazioni e
relazioni. Questa rincorsa al «merito» instaura peraltro un clima di estrema
competitività tanto a livello sociale quanto a livello individuale. Oltretutto,
smentendo clamorosamente i suoi fautori, questa ossessione valutativa sta
creando, in nome dell'efficienza, una forma inedita di inefficacia, proprio
perché comprime le differenze normalizzando i profili individuali. Come appunto
dimostra questa articolata critica della meritocrazia – portata avanti in vari
ambiti sociali, ma soprattutto nell'ambito del lavoro e dell'educazione – che
contrappone al riduzionismo di un sistema iper-valutativo la complessità della
vita e delle relazioni umane. (Fonte: presentazione dell’editore)
LE SCIENZE DIMENTICATE. COME LE
DISCIPLINE UMANISTICHE HANNO CAMBIATO IL MONDO
Autori: Rens Bod e V. Poli. Editore Carocci, collana Frecce 2019, pg.
562.
È ormai consolidata l'idea secondo cui tra scienze naturali e
discipline umanistiche esista una netta distinzione: le prime cercherebbero di
spiegare oggettivamente il mondo individuando principi e leggi generali, le
seconde di interpretarlo in maniera soggettiva concentrandosi su particolari
espressioni dell'essere umano; le prime sono empiriche, le seconde
ermeneutiche. Eppure non è così. Prendendo in considerazione in una sola e
coerente trattazione le principali discipline umanistiche (linguistica,
storiografia, filologia, musicologia, teoria dell'arte ecc.), Rens Bod ne offre
la prima storia generale dall'antichità al XX secolo e scardina le premesse di
questa distinzione. Sin dalle origini e praticamente in tutte le civiltà (dalla
Cina all'Europa, passando per l'Africa) tali discipline risultano accomunate
proprio dalla ricerca di principi generali e pattern nel proprio oggetto di
studio. Inoltre, alcune loro scoperte hanno trovato applicazioni nei più vari e
inimmaginabili ambiti e avuto conseguenze tali da cambiare il mondo. Ciò spinge
a considerarle scienze a tutti gli effetti - scienze umanistiche - e a
rivendicare per Panini, Valla, Bopp e molti altri umanisti troppo spesso
dimenticati un posto accanto a Galileo, Newton e Einstein. (Fonte:
presentazione dell’editore)
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