domenica 7 novembre 2021

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE N. 3 2020

 IN EVIDENZA

 

D.L. RILANCIO 19.05 n. 34. MISURE PER UNIVERSITÀ, RICERCA E DIRITTO ALLO STUDIO

Art. 236. Il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) è incrementato, per l’anno 2021 di 250 mln e per l'anno 2022 di 300 mln di euro. Il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università è incrementato per l'anno 2021 di 100 mln e, a decorrere dall'anno 2022, di 200 mln di euro.

Misure per studenti. Aumento degli studenti che beneficiano della no tax area, dagli attuali 300 mila a 500 mila; sconto sulle tasse per altri 250 mila studenti. In totale, saranno 750 mila quelli che beneficeranno del taglio delle tasse universitarie, 1 su 2.

Vedi anche tutte le altre misure che riguardano l’Università e la Ricerca pubblica nel collegamento https://www.dinamopress.it/news/universita-ricerca-cosa-ce-nel-decreto-rilancio-cosa-manca/ (20.05.20)

 

COME IL D.L. n. ro 22 08.04.2020 “SOSPENDE” L’AUTONOMIA UNIVERSITARIA COSTITUZIONALMENTE GARANTITA

Una riflessione ... approfondita si imporrebbe sul concetto della “democrazia ai tempi dell’emergenza” e sui limiti alla sospensione della Costituzione, ma essa travalicherebbe il senso di questo breve intervento volto a sottolineare, ancora una volta, la cedevolezza di alcuni istituti in ragione della presunta emergenza. Ci riferiamo, in particolare, alle recenti disposizioni emanate con D.L. n. 22 dell’8 aprile 2020, che, fra l’altro, nel tentativo, a nostro giudizio molto maldestro, di “sostenere” il sistema universitario italiano in un momento particolarmente delicato (tutti gli Atenei sono praticamente chiusi, le lezioni del secondo semestre si tengono esclusivamente da remoto, ma anche gli esami, quelli orali e talvolta anche quelli scritti, si tengono online, non senza perplessità e incertezze perché l’infrastruttura tecnologica non consente di verificare la correttezza e trasparenza della prova, il personale tecnico amministrativo lavora da casa, le biblioteche sono chiuse, ecc.), “sospende” l’autonomia universitaria costituzionalmente garantita, sancendo il rinvio al termine dell’emergenza sanitaria del rinnovo di tutte le cariche accademiche (monocratiche e collegiali) in itinere degli Atenei (confrontare, a questo proposito, l’art. 7 del Decreto Legge). Il legislatore non si limita a prevedere, come pure poteva e doveva fare, che i singoli Atenei, a loro discrezione e con delibera degli organi preposti, potevano procedere al rinvio delle elezioni degli organi in scadenza nel periodo dell’emergenza, ma, cosa ben più grave, ne ordina direttamente la sospensione, privando le Università di ogni discrezionalità al riguardo, procedendo a estendere il regime di prorogatio degli attuali titolari delle cariche e provvedendo, altresì, a individuare gli eventuali sostituti che, nella pienezza dei poteri, esercitano le relative attribuzioni. L’estensore della norma ha conoscenza molto profonda del sistema universitario (non fosse altro perché fa riferimento al decano dei docenti di prima fascia, figura del tutto sconosciuta ai non addetti ai lavori), ma nel tentativo, a giudizio di chi scrive molto mal riuscito, di non gravare i singoli Atenei anche della organizzazione “a distanza” delle procedure elettorali, ha finito per “abbattere” ogni residuo dubbio sulla cedevolezza dell’autonomia universitaria e sull’uso strumentale che di detta autonomia viene fatto nel dibattito politico, accademico e, da ultimo, ma non per ultimo, fra i giuspubblicisti. La lezione che mi pare si possa correttamente trarre dalla disposizione pubblicata ieri nella Gazzetta Ufficiale, conferma, ancora una volta, quanto il Maestro Antonio Ruggeri da tempo va sostenendo in ordine alla confusione che regna sotto il cielo del diritto costituzionale in Italia (e in particolare nel sistema delle fonti). (F: S. Regasto, Roars 22.04.20)

 

LETTERA APERTA A CONTE, MANFREDI E AZZOLINA SU VQR, TELEDIDATTICA E OPEN ACCESS

I promotori dell’appello in lettera aperta, forte del consenso di circa 1400 firmatari, hanno rivolto al presidente Conte, al ministro Manfredi e a tutti i vertici istituzionali del comparto università e ricerca le seguenti richieste: 1. Sospendere immediatamente l’esercizio della VQR, che nelle condizioni attuali comporterebbe un insensato dispendio organizzativo e un aggravio insostenibile per docenti e tecnici-amministrativi; 2. Considerare la didattica a distanza (DAD) un’opzione del tutto eccezionale per far fronte all’emergenza in corso, che si potrà sfruttare per migliorare la qualità dell’insegnamento, ma senza forzature o frettolose fughe in avanti. 3. Allineare l’Italia alle pratiche di scienza aperta già presenti in Europa, ovvero: a) Approvare la proposta di legge Gallo (che riconosce agli autori scientifici italiani, sia pure con alcuni limiti, il diritto, paragonabile a quello già goduto dai ricercatori francesi, tedeschi, belgi e olandesi, di mettere gratuitamente a disposizione del pubblico il loro lavoro anche edito, trascorso un periodo di tempo non superiore a un anno); b) Promuovere e finanziare lo sviluppo di piattaforme teledidattiche basate su software libero, sullo sviluppo di competenze informatiche locali e sulla custodia attenta dei dati di studenti e docenti. (F: V. Pinto et al., Roars 30.03.20)

 

IL PRECARIATO NELL’INSEGNAMENTO E NELLA RICERCA NELLE UNIVERSITÀ

La legge 240/2010 ha introdotto, al posto dei ricercatori a tempo indeterminato (RTI), due diverse figure di ricercatori a tempo determinato: i ricercatori di tipo B (ad oggi poco meno di 4mila, inseriti in un percorso di tenure triennale che dovrebbe stabilizzarli, se abilitati, come Professori Associati) ed i ricercatori di tipo A (ad oggi poco più di 4mila, triennali precari con al massimo la possibilità di un rinnovo biennale). Entrambe queste figure sono oggi contrattualizzate individualmente, al di fuori dello statuto giuridico della docenza universitaria (nella quale erano invece inseriti i RTI), con un rapporto di lavoro di natura subordinata di diritto privato regolato in termini generali dalla legge 240/2010, ma in termini specifici e assai variabili in base ai regolamenti dei diversi Atenei (in alcuni casi, anche molto diversi). Per entrambe queste figure è previsto un obbligo di attività didattica, molto variabile a seconda dei regolamenti di ateneo.

I dottorandi di ricerca (oggi meno di 9mila) sono una figura istituzionalmente ibrida tra studio e lavoro: formalmente studenti in un percorso di alta formazione, pagano tasse universitarie ed accedono ai relativi servizi, ma svolgono anche attività di ricerca, hanno l’obbligo di un “impegno esclusivo e a tempo pieno” e versano contributi presso la Gestione Separata INPS come i lavoratori parasubordinati. Il loro obblighi didattici sono assai variabili.

Gli assegnisti di ricerca e i borsisti post-dottorato (stabili in questi anni intorno alle 15mila unità) sono precari assunti con contratti di diritto privato per compiti esclusivi sulla ricerca di durata variabile tra uno e tre anni. La maggior parte degli Atenei consente comunque loro di svolgere docenze considerandole attività esterne al proprio contratto di lavoro (subordinandole quindi ad un limite di reddito o a un limite orario annuo, molto variabile tra le sedi, e all’autorizzazione del proprio responsabile scientifico). A questi si aggiungono diverse migliaia di borse di ricerca (di importo e durata molto variabile, con fondi esterni) e docenze a contratto (circa 25mila, ma, come detto, in parte svolte da assegnisti e dottorandi, in parte da professionisti autonomi o impiegati presso aziende e amministrazioni pubbliche).

Queste decine di migliaia di precari hanno pagato più di altri questo lungo decennio di tagli e di contrazione del sistema universitario. Si tratta di un’intera generazione di giovani ricercatori e docenti che non può esser semplicemente messa da parte, non solo per l’ovvio rispetto dei loro diritti, ma anche per la salvaguardia dell’interesse collettivo di chi ha investito sulla loro formazione e sul loro lavoro.

Un rilancio ed un’espansione del sistema universitario dovrà obbligatoriamente prevedere un diverso e più equilibrato sistema di reclutamento e inquadramento delle attività di didattica e di ricerca, ma sarà naturalmente necessaria una fase transitoria, che attivi specifici percorsi di stabilizzazione rivolti agli attuali precari dell’università che permetta loro di essere valutati in percorsi certi ed oggettivi e quindi stabilizzati nel quadro di una revisione complessiva dei ruoli e del reclutamento. (F: Flc Cgil 25.05.20)

 

CORSI DI LAUREA IN MEDICINA. CdS: LA DAD “UTILE A SOSTITUIRE” ANCHE LE ATTIVITÀ PRATICHE E DI TIROCINIO

Secondo certi agguerriti studi legali, secondo il Consiglio di Stato e secondo il D.L. 8 aprile 2020 n. 22, la didattica a distanza (DAD) nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia permetterebbe di scavalcare tutte le reticenze degli atenei ad accogliere un numero più elevato di studenti (causate da “vizio di sottostima o inadeguatezza dell’offerta formativa”) essendo tale didattica ritenuta idonea anche per le attività pratiche o di tirocinio. Dunque, la capacità di accoglienza degli atenei sarebbe secondo i giudici del CdS un ostacolo superato e insieme sarebbe implicitamente superabile l’autonomia degli atenei nel giudicare a quanti studenti possano essi responsabilmente fornire la recettività strutturale e umana utile a un serio corso di laurea in Medicina (in Medicina non in Filosofia). L’affermazione del CdS che le Università “sono autorizzate” a predisporre corsi ed esami on-line visto che “la più efficace ed economica didattica a distanza” è “utile a sostituire, almeno per i primi 4 anni, la frequenza alle lezioni ed alle esercitazioni svolte in modalità frontale” è un segnale che affiderei all’interpretazione dei cultori del diritto mentre non ho dubbi sul giudizio dei medici. (PSM, maggio 2020)   

 

CRISI EPIDEMICA E PROBLEMA DELLE PREVISIONI NEL CAMPO DELL’EPIDEMIOLOGIA COMPUTAZIONALE

Per quanto concerne la crisi epidemica il problema non va posto nei termini di “cosa abbiano fatto gli esperti per prevedere questa crisi”. L’outbreak dell’epidemia ha delle similitudini con l’avvenimento di un terremoto, dove non abbiamo accesso allo stato del sistema e per questo non è possibile fare una previsione puntuale, ma dove è possibile monitorare cosa succede e adottare delle politiche di prevenzione adeguate. Ad esempio, il servizio di monitoraggio dei terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica, che qualche deputato buontempone ha anche proposto di smantellare per non aver previsto il terremoto dell’Aquila, è preposto proprio a fare questo lavoro: e lo fa in maniera egregia.

In altre parole, che si potesse scatenare una epidemia a livello globale del tipo Covid-19 e che questo evento avesse una probabilità non trascurabile era noto da alcuni lustri. Questo per una serie di fattori, dall’aumento della promiscuità tra uomo e specie selvatiche allo sviluppo di un mondo interconnesso globale cui abbiamo assistito nell’ultimo ventennio. Tuttavia, la “previsione” di quando e dove una epidemia del genere sarebbe scoppiata non era (né sarà mai) possibile perché non si avevano, non si hanno e non si avranno a disposizione dati rilevanti per prevedere un avvenimento del genere. Un uragano si fotografa con i satelliti, la trasmissione di un virus dall’animale all’uomo no, come non si osserva il movimento delle faglie tettoniche.

Quello che invece è possibile fare è intervenire in maniera pronta quando l’epidemia ha iniziato la sua diffusione, perché è solo in quel momento che è possibile avere dei dati sul suo sviluppo. Ed è questo il campo dell’epidemiologia computazionale, in cui si sviluppano modelli di diffusione su reti complesse e si riescono a fare delle previsioni se si hanno a disposizione i big data che riguardano il numero dei malati, la mobilità delle persone, ecc. In questo senso le previsioni hanno un carattere simile a quelle della meteorologia in cui si osserva il sistema ad un certo tempo e si integrano le equazioni della fluido-dinamica e della termodinamica appropriatamente semplificate per calcolare il tempo domani. Il connubio tra potenza di calcolo (supercomputers) e big data gioca un ruolo fondamentale in entrambi i casi. (F: F. Sylos Labini, Roars 24.05.20)

 

 

CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI

 

TIMES HIGHER EDUCATION IMPACT RANKINGS

The Times Higher Education Impact Rankings are the only global performance tables that assess universities against the United Nations’ Sustainable Development Goals (SDGs). THE uses calibrated indicators to provide comprehensive and balanced comparisons across 3 broad areas: research, outreach and stewardship.

First 10 Universities classified 2020: 1. University of Auckland. New Zealand – 2. University of Sydney. Australia – 3. Western Sydney Univ. Australia – 4. La Trobe Univ. Australia – 5. Arizona State Univ. (Tempe). USA – 6. Univ. of Bologna https://tinyurl.com/yckqablp, Italy - 7. Univ. of British Columbia. Canada – 8. Univ. of Manchester. UK – 9. King’s College London. UK – 10. RMIT Univ. Australia. (F: THE maggio 2020)

 

ROUND UNIVERSITY RANKING (RUR)

RUR is a world university ranking, which measures performance of 1100 leading world universities by 20 indicators across 4 key missions: teaching, research, international diversity and financial sustainability. The ranking is published by RUR Rankings Agency and based in Moscow, Russia.

Tabella. Le università italiane nella classifica RUR. In questa classifica 2020 e nelle precedenti non compare l'università di Bologna.

 

CLASSIFICA DELLE UNIVERSITÀ PER INGEGNERIA 2020: LE MIGLIORI IN ITALIA

Quali Università sono ai vertici del ranking? Anche per quest’anno il CENSIS ha elaborato la classifica dei migliori atenei italiani in cui studiare Ingegneria. I parametri sono i rapporti internazionali che ha stretto l’università e la progressione di carriera degli studenti. La classifica è stata divisa in due parti: una prima per le lauree triennali e una seconda per le lauree specialistiche. (F: https://www.tutored.me/it/classifica-universita-ingegneria-2020)

A) Classifica delle Università per Ingegneria 2020: le lauree triennali.

In questa prima classifica rientrano i corsi di laurea in Ingegneria Civile, Ingegneria Ambientale, Ingegneria dell’Informazione e Ingegneria Industriale.

1. LUIC Cattaneo di Varese, 105 punti

2. Politecnico di Torino, 104 punti

3. Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 103 punti.

4. Università di Bergamo 103 punti

5. Libera Università di Bolzano, 93,5 punti

6. Politecnico di Milano, 99,5 punti

7. Università di Pavia, 99,5 punti

8. Università delle Marche, 99 punti

9. Università di Parma, 98,5 punti

10. Università di Bologna, 97, 5 punti

11. Università di Trento, 94, 5 punti

12. Politecnico di Bari, 93, 5 punti

13. Campus Bio-Medico di Roma, 93,5 punti

14. Università di Cagliari, 92 punti

15. Università di Ferrara, 92 punti

16. Università di Genova, 91,5 punti

17. Università La Sapienza di Roma, 91,5 punti

18. Università di Catanzaro, 91 punti

19. Università di Perugia, 90 punti

20. Università di Trieste, 89,5 punti

21. Università di Siena, 89,5 punti

22. Università della Basilicata, 88,5 punti

23. Università Roma Tre, 88 punti

24. Università di Udine, 87,5 punti

25. Università di Firenze, 87 punti

26. Università dell'Insubria, 85,5 punti

27. Università di Padova, 84,5 punti

28. Università del Salento, 84 punti

29. Università de L'Aquila , 83,5 punti

30. Università di Roma Tor Vergata, 81,5 punti

31. Università della Calabria, 81,5 punti

32. Università di Palermo, 81 punti

33. Università del Sannio, 81 punti

34. Enna - Kore di Enna, 73,5

B) Classifica delle Università per Ingegneria: lauree specialistiche.

1. Migliorando la situazione rispetto alle lauree triennali, Il Politecnico di Milano conquista una prima posizione con 110 punti.

2. La seconda posizione in classifica spetta  all'Università degli Studi di Pavia: 100,5 punti.

3. Al terzo posto troviamo l'università di Trento con 100 punti.

4. LIUC di Varese raggiunge il quarto posto con 99 punti.

5. Università di Bergamo, 97,5 punti

6. Università di Genova, 97,5 punti

7. Università de L'Aquila, 97 punti

8. L'Università degli Studi di Padova raggiunge l'ottavo posto con 96,5 punti.

9. Al nono posto troviamo l'Alma Mater Studiorum di Bologna, con un punteggio di 96 punti.

10. Decimo posto per il Politecnico di Torino, con 94 punti.

 

 

CRISI EPIDEMICA DA CORONAVIRUS. SARS-COV-2. COVID-19

 

JORGE BERGOGLIO:

“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca … ci siamo tutti.”

 

ONE HEALTH. INTERVISTA ALLA SCIENZIATA ILARIA CAPUA

Caprotti: È dimostrata la sua teoria della salute circolare, la sua campagna mondiale per affermare che siamo parte di un unico sistema, noi umani, gli animali e le piante (One Health). Risponde Capua: «Sì, è chiaro che tutto è interconnesso. Le faccio un esempio in sintesi: l’epidemia di Ebola del 2014 si è verificata in Guinea perché avevano deforestato per piantare dei palmeti. I pipistrelli che stavano dentro la foresta si sono trasferiti nei palmeti dove non erano minacciati da predatori. Quindi gli uomini che andavano a raccogliere i frutti del palmeto, oltre ai frutti portavano a casa anche i pipistrelli e li davano da cucinare alle mogli. Una donna incinta si è infettata. Le hanno praticato il taglio cesareo: medici ed ostetriche sono stati contagiati. Queste connessioni tra ambiente e salute vanno esaminate e occorre valutare come impedire rotture di un sistema il cui equilibrio va mantenuto per salvaguardare la salute di tutti. Le deforestazioni sono molto pericolose e possono produrre eventi catastrofici». (F: www.giuseppecaprotti.it 30.03.20)

 

COVID-19, ONE HEALTH E ... DINTORNI

L' "Universal Medicina", tanto cara ai nostri "Antichi Padri" e oggi denominata "One Health", costituisce l'ennesimo esempio della straripante "anglofonizzazione" della nostra lingua e si traduce letteralmente in "Una Sola Salute". Mediante tale concetto, che è al tempo stesso un fondamentale principio, si sottolinea l'indissolubile legame fra salute umana, salute animale e salute dell'ambiente, che sono reciprocamente interconnesse in quella che viene altresì definita la "triangolazione uomo-animali-ambiente". Ed è appunto in questo triangolo che andrebbero correttamente inquadrate le relazioni fra qualsivoglia agente patogeno, virale o di altra natura, ed il suo ospite, tanto più alla luce dell'inoppugnabile dato secondo cui oltre il 70% delle malattie infettive emergenti sarebbero causate da agenti a comprovato o sospetto potenziale zoonosico, vale a dire capaci di trasferirsi dagli animali all'uomo, attuando il cosiddetto "salto di specie".

Anche SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile della CoViD-19, non costituirebbe un'eccezione alla sopra citata "regola", avendo trovato per l'appunto la propria culla d'origine nei pipistrelli per passare successivamente ad una specie "intermedia" e di lì all'uomo, avviando quella drammatica catena di contagi interumani che ha oramai causato (dati di oggi 01.06.20) 6.185.523 casi confermati totali, 372.303 decessi totali di cui 33.417 in Italia (https://tinyurl.com/ty5cee3).

Un recentissimo lavoro sperimentale riporta che i gatti sarebbero suscettibili nei confronti dell'infezione da SARS-CoV-2, che dagli stessi potrebbe trasmettersi con una certa facilità ad altri felini, dal che si desume che il gatto potrebbe aver svolto il ruolo di "ospite intermedio", acquisendo il virus dai pipistrelli per poi trasmetterlo all'uomo. Al momento attuale, è bene sottolinearlo, questa è soltanto un'ipotesi, per confermare o confutare la quale servono ulteriori studi. Porre la giusta enfasi sul concetto di "una sola salute" si traduce in una parallela enfasi sull'altrettanto fondamentale concetto della collaborazione intersettoriale o, per meglio dire, della collaborazione multidisciplinare. Mai come in questi tempi di CoViD-19, infatti, i Medici e i Veterinari (come il sottoscritto e la scienziata Ilaria Capua) sono chiamati a operare "in simbiosi" al fine di poter fornire risposte "evidence-based" (anche e non solo) ai cruciali interrogativi sull'origine del virus SARS-CoV-2. Historia Magistra Vitae e, sulla scorta di questo imperituro viatico, andrebbe debitamente narrata al grande pubblico la lunga quanto affascinante Storia della Medicina Veterinaria. Le radici di noi Medici Veterinari sono fortemente compenetrate, infatti, con la storia delle malattie infettive, prima fra tutte la peste bovina, una grave ed altamente contagiosa e diffusiva malattia che nel diciottesimo secolo falcidiava le mandrie del Vecchio Continente. La peste bovina, dichiarata ufficialmente eradicata dal Pianeta nel 2011 a seguito dei grandi successi conseguiti attraverso le vaccinazioni di massa della popolazione bovina afro-asiatica, costituisce infatti la "ragion storica" alla base della nascita delle Facoltà di Medicina Veterinaria, prima fra tutte quella di Lione, in Francia, seguita a ruota da quelle di Torino e Bologna. Quanto sopra - a fronte degli ulteriori, illuminanti esempi che si potrebbero fare - per sottolineare e ribadire il cruciale ed imprescindibile ruolo nonché la grande tradizione culturale che accreditano la Medicina Veterinaria Pubblica e, con essa, la ricerca scientifica in ambito di Sanità Pubblica Veterinaria quali primi attori, insieme ai Medici ed ai Ricercatori in campo biomedico (e non solo) nella complessa ed articolata gestione della pandemia da SARS-CoV-2. Questa rappresenta, in ultima analisi, l'ennesimo e quanto mai drammatico esempio di un'emergenza sanitaria che trova origine nelle cosiddette "interfacce ecologiche" che mettono in reciproca connessione gli animali selvatici con quelli domestici e con l'uomo nel nostro "villaggio globale". (F: G. Di Guardo, Università di Teramo, maggio 2020)

 

L’UNIVERSITÀ NELLA CRISI DA COVID-19. INTERVISTA AL MINISTRO MANFREDI

In quest'intervista, il ministro ha risposto via mail alle domande per spiegare quale futuro attende i quasi due milioni di studenti e i circa 150 mila, tra docenti e personale tecnico-amministrativo, che lavorano nelle università. «Il piano di restare è articolato e comincerà ad essere applicato non appena terminerà il lockdown, con una ripartenza progressiva». Le lezioni continueranno ad essere telematiche? «Ci sarà una fase di affiancamento tra modalità in presenza e online. Anche per le ore di laboratorio e gli esami, valuteremo caso per caso. Laddove sarà necessaria la presenza, garantiremo le massime condizioni di sicurezza per docenti, studenti e personale tecnico e amministrativo». Gli esami di giugno saranno, in parte, già in aula? «Il quando lo valuteremo giorno dopo giorno. Avvicinandoci progressivamente alla normalità, cominceranno selettivamente gli esami in presenza». Sugli esami a distanza, un mese fa, l'università italiana era dubbiosa. Com'è oggi? «Tutte le università stanno consentendo di sostenere esami di profitto e di laurea online. Al 20 marzo erano stati svolti 70 mila esami di profitto, per lo più orali, e 30 mila esami di laurea. Anche per gli scritti stiamo avviando le prime sessioni, e a breve saremo a regime». Un dubbio riguardava l'identificazione, a distanza, degli studenti: è possibile? Un altro la loro maturità: affronteranno l'esame da casa come se avessero di fronte la commissione? «Sull'identificazione, ogni ateneo ha le sue modalità, che stanno funzionando bene. Ho poi rilevato un grande rigore nell'accertamento delle competenze, e grande serietà da parte degli studenti di tutte le università». L'età media dei docenti è alta: questo ha complicato l'introduzione cosi veloce della tele-didattica? «Assolutamente no. I non-nativi digitali hanno reagito benissimo. I numeri lo dimostrano. Ed io che faccio parte di questa categoria, ne sono molto orgoglioso. Tra gli episodi, di queste ultime settimane, che più mi hanno colpito, in positivo, ci sono le prime lauree a distanza e l'insolita inaugurazione dell'anno accademico a Padova, in streaming». (F: F. Margiocco, Secolo XIX 02.04.20)

 

RAPPORTO DELL’IMPERIAL COLLEGE: «IN ITALIA SALVATE 38 MILA VITE» DALLA COVID-19

«Troviamo che il rallentamento della crescita dei decessi segnalati quotidianamente in Italia sia coerente con un impatto significativo degli interventi attuati diverse settimane prima. In Italia, stimiamo che il numero di riproduzione effettiva, Rt, sia sceso a quasi 1 intorno al momento del blocco (11 marzo), anche se con un alto livello di incertezza», così scrivono gli scienziati dell’Imperial College di Londra. In particolare «in Italia e in Spagna, dove l’epidemia è in fase avanzata, sono stati evitati rispettivamente 38.000 [13.000-84.000] e 16.000 [5.400-35.000] morti». L’intervallo tra parentesi si riferisce a una forbice statistica: significa che nel nostro Paese ad oggi (31.03.20) grazie alle misure di contenimento sono stati evitati un numero di morti che va da un minimo di 13 mila a un massimo di 84 mila, dove 38 mila è il valore medio più credibile. «Questi numeri danno solo i decessi evitati che si sarebbero verificati fino al 31 marzo. Se dovessimo includere i decessi degli individui attualmente infetti in entrambi i modelli, che potrebbero verificarsi dopo il 31 marzo, allora i decessi evitati sarebbero sostanzialmente più elevati» aggiungono gli scienziati, secondo i quali le misure sono riuscite a ridurre il tasso di trasmissione del Covid-19 dal 3,87 iniziale a poco più di 1 (affinché l’epidemia si fermi e il virus scompaia deve scendere sotto 1). (F: E. Tebano, CorSera 31.03.20)

 

ORIGINI DEL SARS-COV2. UNO STUDIO SU NATURE

Le origini del Sars-CoV-2 sono databili ben oltre un secolo fa e non possono che essere naturali, nello specifico riconducibili ai pipistrelli di una grotta in una delle aree più incontaminate della Cina: la provincia dello Yunnan. Eppure, da quei pipistrelli non derivava “nessun pericolo di contagio” all’indirizzo di esseri umani secondo Nature. Rimasto «incubato» a lungo, solo 70 anni fa il virus si è separato dai volatili, dando avvio a una lunga strada di mutazioni e trasmissioni ad altri animali (tra cui gli ormai famosi pangolini), che gli ha permesso di arrivare fino allo scenario attuale.

Cruciali, nei suddetti passaggi, le specifiche proteine che si sono svincolate dai pipistrelli, e hanno mostrato la capacità di aggredire le cellule umane. (F: M. Ciotola, Money 07.05.20)

 

SONO IN PIÙ DI 400 A SEGUIRE A LIVELLO ALTO IL DOSSIER CORONAVIRUS. MENTRE L’INCOMBENTE BUROCRAZIA PARALIZZA LE ATTIVITÀ ECONOMICHE

Mi sia consentito concludere con Il Resto del Carlino: "Tra emergenza e ripartenza, fase uno e fase due, un dato è certo: il numero di consulenti, componenti di comitati straordinari e decisori politici ordinari che seguono, a livello alto, il dossier Coronavirus supera le 400 persone". Posto che, per quanto consta, in Francia c'è solo il Direttore Generale della Sanità che si raccorda con il Presidente Emmanuel Macron; e in Germania tutto fa capo a Robert Kock, capo dell'Agenzia federale per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive, non vi è dubbio che, come al solito, siamo... i primi della classe!

Per l’incombente burocrazia “abbiamo anche decine di miliardi congelati da decenni per opere pubbliche programmate e definite, ma non eseguite a causa delle infinite autorizzazioni necessarie, spesso non concesse anche per il timore dei singoli funzionari di essere inquisiti dalla magistratura, e che, quindi, sono indotti a richiedere innumerevoli visti di controllo a scanso di proprie responsabilità; dall'altro ancora, privati cittadini che, per iniziare una qualsiasi attività, sono costretti ad attendere tempi inaccettabili per le necessarie autorizzazioni. La conclusione è un blocco delle attività economiche del Paese (il presidente eletto di Confindustria, Carlo Bonomi, intervistato nel corso della trasmissione televisiva "che tempo che fa" del 19.04.20, ha dichiarato che vi sono 35 miliardi accantonati per la realizzazione di alcune "grandi opere" e che per l'inizio dei lavori di esecuzione si prevedono 10-15 anni necessari per gli adempimenti burocratici), la riluttanza degli operatori stranieri ad investire in Italia (anche in considerazione dei tempi biblici delle decisioni giudiziarie) e la fuga all'estero di operatori economici e di "cervelli" italiani”. (F: M. Jacchia, intervento a riunione del Rotary Club BoEst, Bologna, notiziario RC BoEst 19-20 aprile 2020)

 

INTERVISTA AL PROF. POMARA SULL’UTILITÀ DEGLI ESAMI AUTOPTICI NELLO STUDIO DELLA PATOGENESI DELLA COVID-19

Professor Somara è vero che lei ed alcuni suoi colleghi vi state organizzando contro la circolare che di fatto non vuole le autopsie per i morti di Covid-19? «Ci stiamo organizzando contro il lockdown della scienza. Siamo una trentina. Medici legali e anatomopatologi biochimici, anestesisti e clinici medici di Foggia, Trieste, della Sapienza di Roma, Catania, Messina e Torino. Abbiamo deciso di fare da soli, visto che lo Stato non vuole utilizzare le nostre conoscenze». E che cosa state facendo? «Stiamo collezionando le autopsie fatte nei nostri rispettivi istituti, che sono poche e quasi tutte ordinate dall’autorità giudiziaria. Mettiamo assieme gruppi di ricerca, informazioni preziose, stiamo attentissimi a quello che pubblicano gli altri scienziati nel mondo e studiamo i tessuti sotto varie forme: le loro alterazioni, la biochimica, la patologia molecolare ... ». Cristoforo Pomara è il più giovane ordinario di Medicina legale d’Italia, dirige l’Istituto di Medicina legale di Catania ed è l’autore di un trattato di tecniche autoptiche forensi studiato in tutto il mondo. Chi finanzia le vostre ricerche? «Finora è stato autofinanziamento, adesso ha deciso di darci una mano una fondazione catanese. Fra noi ci stiamo dividendo i compiti a seconda del tipo di laboratorio di cui disponiamo e dei contributi che possiamo dare. Lo scopo è cercare di capire il più possibile su questo virus: più studi i tessuti più puoi intervenire meglio e velocemente».

Perché in Italia le autopsie non si fanno? «Perché c’è questa circolare del ministero della salute che dice espressamente “non si dovrebbero fare” e in sostanza questo vuol dire che chi ordina di farle, cioè direzioni sanitarie e magistrati, si assume la responsabilità in caso di contagio fra i medici. Quindi le dispongono in pochissimi. So che ne hanno fatte alcune a Bergamo, a Milano. Vorrei ricordare che il nostro sistema prevede l’obbligatorietà dell’autopsia a fini diagnostici quando non si conosce esattamente la causa della morte». «Io come ricercatore — e con me il nostro gruppo dei 30 medici legali — chiedo a mani giunte di rivedere questa circolare e mettere i ricercatori nelle condizioni di poter studiare la fisiopatologia della morte, cioè la catena della morte». (F: G. Fasano, CorSera 23.05.20)

 

 

CULTURA DEL DIGITALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA. TELEDIDATTICA (DIDATTICA DISTANZA – DAD)

 

TELEDIDATTICA. L’88% DELLE ATTIVITÀ DIDATTICHE EROGATE ONLINE DA FINE MARZO

Un’indagine della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) di fine marzo scorso, dunque in piena pandemia, ha mostrato come l’88% del complesso delle attività didattiche delle università sia stato trasferito online e che più di metà degli atenei erogava già più del 96% dei corsi previsti con strumenti di teledidattica: una risposta, decisa e approntata localmente, indice di uno straordinario grado di efficienza organizzativa e di dedizione individuale di studenti e docenti. Risposta e risultati tanto più straordinari, specie se si considera lo scarso livello di digitalizzazione e di alfabetizzazione informatica che caratterizzano il Paese (ed in primis la sua pubblica amministrazione). Ma, nonostante tutto, il Paese reagisce sempre con abnegazione e in modo efficiente e rapido alle emergenze: l’università, in silenzio, ne ha dato prova in questi mesi. (F: FQ 26.05.20)

 

SONDAGGIO SULLA DIDATTICA TELEMATICA. L’OPINIONE DEGLI STUDENTI

In base a un sondaggio di universita.it ben il 62% degli studenti non ha dubbi: la lezione in aula è certamente migliore di quella online. Ma il 38% manterrebbe almeno una modalità mista. Di questi un 11% preferisce la lezione da remoto. (F: universita.it 19.05.20)

 

IL SISTEMA UNIVERSITARIO È RIUSCITO AD EROGARE IN MODALITÀ TELEMATICA PIÙ DEL 90% DEI CORSI PREVISTI

Lettera 150, una comunità di illustri professori e ricercatori di varie discipline coordinata da Giuseppe Valditara, ha messo a confronto esperienze e risultati della sperimentazione avviata in vari atenei. Ecco cosa è emerso. In un momento di emergenza per il Paese, il sistema universitario è riuscito ad erogare in modalità telematica più del 90% dei corsi previsti. La didattica online svolta nell’ultimo mese in tutta Italia ha dimostrato che, con un investimento tecnologico modesto e con infrastrutture predisposte praticamente senza preavviso, è possibile fornire una formazione universitaria a distanza di buon livello. È difficile credere che questa esperienza non lasci tracce significative.

L’esperienza che stiamo vivendo mostra che una didattica online, se correttamente utilizzata, può rendere l’Università più flessibile e pronta a rispondere alle esigenze educative del Paese, in temi di grandi trasformazioni e sfide. L’emergenza ha portato i professori a guadagnare una maggiore familiarità con strumenti telematici che permettono un contatto interattivo con gli studenti. Alla vigilia di una Fase 2, in cui anche l’Università avvierà un graduale rientro nella normalità, una tale esperienza non può e non deve andare dispersa. Emerge un quadro complessivo in cui la didattica online è un “moltiplicatore” delle possibilità di insegnamento di un Ateneo. Consente una partecipazione, che va incoraggiata, di professori stranieri a lezioni e seminari. Le attività online saranno preziose anche nell’ambito del programma European University, che auspicabilmente aprirà la strada ad una nuova Università Europea distribuita. Gioca inoltre un ruolo fondamentale per raggiungere studenti lavoratori, studenti provenienti da aree lontane e a basso tasso di sviluppo economico (Africa, sud America) dando opportunità competitive rispetto ad altre università straniere. È strategica per contribuire al completamento della formazione del personale universitario locale (o dei quadri nazionali), rafforzare relazioni locali (science diplomacy) con benefici a cascata sul sistema di relazioni del Paese (imprese, cultura). (F: A. Aloisio, formiche.it 22.04.20)

 

DIDATTICA A DISTANZA. VERSO UNA BRAVE NEW UNIVERSITY?

Appare immediatamente evidente come la didattica online non possa e non debba sostituire il ruolo della didattica in presenza, che rimane strumento formativo essenziale. Così come gli esami devono essere normalmente frontali. Vanno tuttavia identificati quei settori e quei ruoli in cui la lezione online può offrire un valore paragonabile rispetto alla lezione ex cathedra. Si deve aprire una riflessione sullo sviluppo di corsi “blended”, ossia parte in presenza, parte online in interattivo, parte in differita. In taluni casi, la lezione online mette a disposizione del professore strumenti più sofisticati in modo sinergico e complementare (si pensi a tool numerici, simulazioni, grafica avanzata) e diventa addirittura complementare a quella tradizionale. La didattica online semplifica la logistica e renderà possibili corsi di laurea “orizzontali” che spaziano su più discipline e che possono svolgersi in poli diversi dell’Ateneo, assai spesso sparsi sul territorio. Può essere molto utile per alcune lezioni di dottorato, consentendo una partecipazione, che va incoraggiata, di autorevoli colleghi anche stranieri a lezioni e seminari. L’approccio telematico funge da catalizzatore di un processo di federazione fra Atenei e dipartimenti, nel rispetto delle rispettive autonomie, auspicata dall’art. 3 della Legge 240/2010 e poco applicata, dando vita a corsi inter-ateneo e a dottorati di interesse nazionale.

Ovviamente, il nuovo approccio richiede un format diverso del corso, tempi diversi di interazione con gli studenti, un nuovo concetto di svolgimento di ‘”esercitazione” e di “esami”. Il ruolo del professore universitario è quello di portare la ricerca nell’insegnamento: le misure in laboratorio, in presenza, sono un valore aggiunto insostituibile in tutte le discipline. Tuttavia, il training sull’uso di strumentazione anche sofisticata può essere agevolmente fatto online. È una strada complessa, che, se percorsa con responsabilità e senso critico, ci può portare a una brave new University.

 (F: A. Aloisio, formiche.it 22.04.20)

 

CAMERA DEI DEPUTATI. SERVIZIO STUDI. LE MISURE ADOTTATE A SEGUITO DELL'EMERGENZA CORONAVIRUS (COVID-19) PER IL MONDO DELL’ISTRUZIONE (SCUOLA, ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE, UNIVERSITÀ, ISTITUZIONI AFAM)

A seguito dell'emergenza COVID-19, sono state sospese, dal 5 marzo 2020, su tutto il territorio nazionale, le attività didattiche in presenza nei servizi educativi per l'infanzia, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università, nelle istituzioni AFAM. Al contempo, è stata attivata la didattica a distanza. Per fronteggiare tale situazione, sono stati assunti diversi interventi volti a contemperare la tutela della salute degli studenti e del personale scolastico e universitario con la salvaguardia del diritto allo studio, al contempo garantendo gli stessi da eventuali effetti pregiudizievoli derivanti dalla sospensione delle attività didattiche in presenza. (leggi tutto https://tinyurl.com/ycgtrmz4 24 maggio 2020)

 

SCUOLA E DIDATTICA A DISTANZA: UNA RIFLESSIONE

Nella sola dimensione del virtuale nessuna scuola è davvero possibile. Una dimensione che, nel presente e nel futuro, non può che riprodurne faticosamente un inefficace simulacro, costituendosi, all'interno della relazione educativa, come un'inauspicabile eccezione, una torsione pedagogica epocale. Se il lavoro dei docenti dovesse essere definitivamente incastonato nella cornice giuridica del lavoro agile allora avremmo compiuto l’ultimo passo verso l’aziendalizzazione non solo della scuola ma della stessa relazione educativa che sostanzia ogni attività d’insegnamento e apprendimento. Una didattica a distanza ordinaria e normata come smart working, di cui in questi giorni difficilissimi e straordinari i “piazzisti dell’istruzione” vaticinano le meraviglie progressive costruendosi proficue rendite di posizione, se concepita come più produttiva e competitiva, dunque preferibile a quella in presenza, e resa interscambiabile e fungibile, diventerebbe esclusivamente funzionale al suo prodotto, magari misurato da un Invalsi sempre più computer based, finalmente senza le fastidiose scorie emotive e affettive del nostro imperfetto e soggettivo sentire, lavorare, imparare, vivere. Ma avverrebbe con effetti professionali e antropologici devastanti. Perché chiuderebbe davvero e in modo definitivo il circolo vizioso - ‘competenze’ - ‘apprendimento’ - ‘tecnologia digitale’ - nella dimensione univoca e alienante del ‘capitale umano’. (F: A. Angelucci, Roars 11.04.20)

 

TELEDIDATTICA NON GRADITA

Quest'anno avevo 43 studenti (forse) al mio corso e non ne ho visto in faccia nessuno. Parlavo ad uno schermo con tutti silenziati/video spento e con metà che probabilmente faceva altro (tanto venivano registrate). Francamente, tanto valeva avessi fatto lezioni per corrispondenza stile Scuola Radio Elettra della mia infanzia. Insomma, uno schifo ... Io sono professore a contratto dal 2009, ma se rimarrà questo orrore di telematica il prossimo anno il mio corso se lo scordano. Grazie a Dio non ho certo bisogno dell'euro simbolico che mi davano per i 3 CFU del mio corso (con voti stellari in commissione paritetica da parte degli studenti). Se insegnavo era per il contatto umano e poter trasmettere dal vivo i miei 30 anni di esperienza nella ricerca, e quindi la soddisfazione di vedere che almeno qualcuno si appassionava veramente. Se devo farlo a puntate stile serie TV tramite MS Teams, a questo punto mi risparmio la fatica ... (F:  CountBrass, FQ 26.05.20)

 

 

DOCENTI. RICERCATORI

 

CAMERA DEI DEPUTATI. SERVIZIO STUDI. INTERVENTI PER I PROFESSORI E I RICERCATORI UNIVERSITARI

I più recenti interventi riguardanti i professori e i ricercatori universitari sono stati adottati per fronteggiare l'emergenza sanitaria COVID-19. Si veda l'apposito tema. Inoltre, nella legislatura in corso, l'azione legislativa è stata indirizzata principalmente ad elevare le facoltà assunzionali delle università e introdurre disposizioni per agevolare il ricambio generazionale, a tal fine anche incrementando le risorse del Fondo per il finanziamento ordinario (FFO). E' stata, altresì, aumentata la durata dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN). Al contempo, sono state abrogate le disposizioni istitutive del "Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta", destinato al reclutamento per chiamata diretta di professori universitari. Negli anni precedenti, una delle principali novità aveva riguardato le modifiche al trattamento stipendiale di professori e ricercatori, con effetto economico a decorrere dal 2020. (leggi tutto https://tinyurl.com/yan7kzb7 24 maggio 2020)

 

CASSAZIONE. AI RICERCATORI PRECARI SPETTA LA STESSA ANZIANITÀ E PROGRESSIONE STIPENDIALE DEI RICERCATORI DI RUOLO

Il lavoratore precario che ha lavorato per la stessa amministrazione in un arco temporale con diversi contratti a tempo determinato non può essere trattato in maniera deteriore rispetto al lavoratore assunto a tempo indeterminato. Vale il contrario solo se sussistono ragioni oggettive che giustificano la disparità. A ribadire questo assunto è la Sezione lavoro della Cassazione con l'ordinanza 7705, depositata il 6 aprile 2020, in relazione alla richiesta di riconoscimento dell'anzianità e della progressione stipendiale di alcuni ricercatori a tempo determinato. (F: S24 08.04.20)

 

RECLUTAMENTO E PROGRESSIONE DI CARRIERA NELLA DOCENZA UNIVERSITARIA. DUE PROPOSTE

In date recenti (23 e 25 maggio) sono state rese note due diverse proposte (A e B, vedi sotto) per il reclutamento e la progressione di carriera nella docenza universitaria.

Nella A si prevede o la valutazione dell’ateneo o il concorso per il passaggio nel ruolo di PA per i RTD e nel ruolo di PO per i PA.

Nella B si prevede il Passaggio dei RTD in un ruolo unico della docenza con progressioni stipendiali in base a valutazione periodica.

Entrambe le proposte non sono nuove e si ripetono periodicamente dal secolo scorso. A parte il ruolo unico (cavallo di battaglia pluridecennale del CNU e del CIPUR), la valutazione locale d’ateneo come alternativa al concorso (proposta A) si pone come eccezione nell’ambito della PA e come tale è di applicazione problematica.

In ambito USPUR si è talora ventilata informalmente l’abolizione dei concorsi nell’università sostituiti dalla cooptazione responsabile. Anche in questo caso, è praticabile tale eccezione nell’ambito della PA? Una legge in merito sarebbe costituzionalmente inattaccabile? (F: PSM 27.05.20).

Seguono in sintesi le proposte sopra ricordate:

A) Proposta del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria (23.05.20)

I passaggi da ricercatore a TD a Professore di seconda fascia (PA) e da Professore di seconda fascia a Professore di prima fascia (PO) possono avvenire previo conseguimento dell’Abilitazione Scientifica e valutazione dell’Ateneo o per Concorso.

In particolare: I professori di seconda fascia in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale alla prima fascia di cui all’articolo 16 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, acquisita in qualunque anno pregresso, che abbiano svolto attività in campo universitario, così come definite al comma 2,  per  almeno sedici  anni, di cui almeno otto in qualità di  professori di seconda fascia, possono, a  domanda, richiedere al  proprio ateneo di essere valutati ai fini della immissione nella prima fascia del ruolo dei professori.

B) Proposta della Flc Cgil (25.05.20)

Il reclutamento nei ruoli universitari deve avvenire attraverso un’unica figura a tempo determinato, focalizzata sulla ricerca (RTD, ricercatore a tempo determinato) e inserita in un percorso di tenure track per il passaggio possibile alla docenza di ruolo.

Per la docenza un unico inquadramento professionale: un ruolo unico della docenza universitaria, con stessi doveri e diritti, soggetta a valutazione periodica non comparativa per la progressione stipendiale (che tenga conto della ricerca, della didattica, della gestione). Ciò consentirebbe anche di separare in modo chiaro il reclutamento dalla progressione di carriera e dal trasferimento di sede.

 

 

DOTTORATO

 

DOTTORI DI RICERCA. PERSISTE LA DISCRIMINAZIONE COME INSEGNANTI NELLA SCUOLA

Il Gruppo V.I.Ph.D., per Valorizzazione Italiana del Dottorato di ricerca, si batte, con sindacati e politica, per il riconoscimento, anzitutto nella scuola, dell’autentico significato e valore di quello che è il più alto titolo di studio ottenibile, valido internazionalmente e ovunque considerato come attestazione della massima competenza disciplinare possibile. Abbiamo più volte ricordato l’assurdità per cui i dottori di ricerca sono considerati esperti nella propria materia e nella didattica della propria materia al punto da essere chiamati a tenere i corsi di formazione per gli aspiranti insegnanti di scuola, nei diversi percorsi di abilitazione, ma non possono partecipare a tali corsi come studenti, né tantomeno considerarsi abilitati all’insegnamento. Come dire che l’istruttore di guida non ha la patente che egli stesso rilascia. Questa discriminazione e contraddizione, lungi dall’essere stata sanata, si è ripresentata in modo ancor più eclatante nel recentissimo bando per il concorso straordinario, pubblicato in G.U. lo scorso 28 aprile.

L’organizzazione in Settori Scientifico-Disciplinari (S.S.D.) è il metodo, riconosciuto nel sistema italiano, per l’organizzazione e la nomenclatura delle discipline culturali e scientifiche.

Il riconoscimento dell’afferenza al S.S.D. è dato da esperti di pari livello, individuati nel sistema italiano come Docenti Ordinari o Associati del sistema universitario, sulla base della valutazione della produzione scientifica e professionale del soggetto richiedente, oppure attraverso il dottorato di ricerca, che è organizzato per Settori Scientifico-Disciplinari e riporta nel nome stesso del dottorato svolto l’S.S.D. di riferimento. Il riconoscimento d’appartenenza al S.S.D. di riferimento è, inoltre, titolo preferenziale per l’insegnamento universitario in qualità di docente a contratto (docente precario), è quindi un’abilitazione all’insegnamento ai massimi livelli di organizzazione formativa dello Stato italiano.

Perché, se già esiste una certificazione ufficiale dell’abilità a insegnare ai massimi livelli, quello stesso titolo non viene riconosciuto come garanzia di insegnamento scolastico di qualità? Perché chi possiede tale certificazione può insegnare agli insegnanti cosa e come insegnare, ma non può accedere ai concorsi di abilitazione? Perché chi possiede tale certificazione può addirittura essere presidente di commissione o commissario nei concorsi scolastici ma non candidato? (F: Red.ne orizzontescuola 05-05-20)

 

 

FINANZIAMENTI. SPESE

 

INVESTIRE NELLA FORMAZIONE E NELLA RICERCA UNIVERSITARIA MEDICA. RILANCIARE I POLICLINICI UNIVERSITARI

Un’attenzione particolare va rivolta alla formazione medica, che richiede immediatamente il ripensamento delle modalità di ingresso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e in tutte le professioni sanitarie. La forte carenza di medici e di personale delle professioni sanitarie nelle strutture ospedaliere, emerso in maniera drammatica durante la fase 1 dell’emergenza sanitaria in atto, ha varie concause, ma ora è evidente a tutti la necessità di ampliare l’accesso sia ai corsi di laurea che alle scuole di specializzazione nell’ambito medico e sanitario. Ampliare l’accesso alle facoltà di medicina pone ancora di più in risalto la necessità di un investimento significativo nella formazione e nella ricerca universitaria e quindi nel rilancio dei “Policlinici universitari”, che essendo strutture particolarmente complesse e costose, considerato il forte definanziamento subito dalle università, da anni sono spinti a favorire il rapporto con il sistema sanitario regionale e quindi sempre più a privilegiare le attività assistenziali, pure necessarie, rispetto alle altre finalità istituzionali di ricerca e formazione. Proprio in una ottica di valorizzazione e rilancio dei Policlinici universitari si colloca il protocollo sottoscritto il 23 aprile 2020 dalle OO.SS. e dai ministri della Sanità e dell’Università e la Ricerca. (F: FlcCgil 25.05.20)

 

PER ALITALIA 3 MILIARDI, IL DOPPIO DELLA SPESA PER LA SCUOLA

Costerà ai contribuenti tre miliardi, il doppio di quello che lo Stato si accinge a spendere per la scuola, tenere in vita Alitalia con la respirazione artificiale. E la cosa ancora più incredibile è che su questa misura si registra una vasta convergenza tra maggioranza e opposizione (soli contrari IV, +Europa e Azione). (F: P. Ichino 20.05.20)

 

 

LAUREE – DIPLOMI - FORMAZIONE POST LAUREA – PROFESSIONI - OCCUPAZIONE

 

UNIVERSITY REPORT 2020. QUANTO VALE IL TITOLO DI STUDIO NEL MERCATO DEL LAVORO?

In Italia solo il 19,3% della popolazione ha un titolo di studio accademico, contro il 36,9% medio dei paesi OECD (OCSE). Se si considerano i giovani (25-34enni) si sale al 27,7% contro il 44,5% della media OECD. “I giovani italiani hanno bisogno di ulteriori incentivi per iscriversi all’università e per laurearsi. In Italia, gli adulti con un’istruzione terziaria guadagnano il 39% in più rispetto agli adulti con un livello d’istruzione secondario superiore, rispetto al 57% in più, in media, nei diversi Paesi dell’OCSE”. (OECD, Education at a glance 2019).

Ma come possiamo quantificare con precisione il “Return on investment” del percorso universitario? Lo University Report è uno studio di carattere divulgativo sul “valore” dell’Istruzione nel mercato del lavoro italiano, con attenzione particolare alla formazione universitaria. Il report, quest’anno alla quinta edizione, è stato sviluppato col supporto di Spring Professional, società di consulenza internazionale di The Adecco Group, specializzata nella ricerca e selezione di Middle Manager e Professional. Il Database di riferimento è costituito da oltre 450mila profili retributivi di lavoratori del settore privato rilevati dall’Osservatorio JobPricing, tra i quali circa 100mila profili di lavoratori laureati.

Per misurare la “convenienza” dello studio universitario, l’Osservatorio JobPricing elabora ogni anno l’indice University Payback Index (UPI), che esprime il n. ro di anni necessario per ripagare gli investimenti (v. Tabella). Si considera il costo totale sostenuto nell'arco del periodo universitario e per ogni anno di lavoro si determina il beneficio economico del possesso di un titolo di studio universitario. (F: Rep https://tinyurl.com/y8sauedp 20.05.20)

 

 

LAUREA MAGISTRALE LM/41 - MEDICINA E CHIRURGIA. I LAUREATI IN POSSESSO DI GIUDIZIO D’IDONEITÀ DEL TIROCINIO PRATICO-VALUTATIVO SONO ABILITATI ALLA PROFESSIONE

Le università potranno con proprio decreto rettorale modificare il regolamento didattico di ateneo, disciplinante gli ordinamenti dei singoli corsi di studio della classe Lm/41-Medicina e Chirurgia, che in termini di valore abilitante del titolo accademico rilasciato, produrrà i sui effetti immediatamente, quindi per tutti i titoli rilasciati da quel momento in poi. E quanto prevede il decreto del ministero dell'università in materia di adeguamento dell'ordinamento didattico della classe di laurea magistrale Lm/41 - Medicina e Chirurgia, di cui al decreto del 16 marzo 2007 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 20 aprile. Il provvedimento, quindi, rende attuativa la disposizione contenuta nel decreto legge del 17 marzo 2020, n.18 che abolisce l'esame di abilitazione alla professione medica. Inoltre, con la circolare del 25 marzo numero 0008610, il medesimo ministero chiariva che i laureati in medicina in possesso di giudizio d’idoneità del tirocinio pratico valutativo sono da ritenersi abilitati alla professione. Nella circolare poi si fa anche riferimento allo svolgimento per l'anno 2020 delle sessioni di tirocinio pratico-valutativo. Il documento precisa che alla luce delle difficoltà operative derivanti dall'emergenza in atto, la data di avvio della prima sessione del tirocinio pratico valutativo è fissata al 22 giugno 2020. Ora, al fine del completamento della riforma, resasi necessaria per via dell'aggravarsi della crisi sanitaria, manca solo che ogni rettore emani un provvedimento ad hoc per la modifica del regolamento di ateneo fermo restando quanto disposto dal Decreto legge del 17 marzo 2020, n. 18 per cui l'abolizione trova già applicazione anche alle lauree magistrali della classe Lm-41 anno accademico 2018/2019 i cui esami finali devono essere ancora eventualmente sostenuti, nonché alle lauree magistrali della classe Lm-41 per le sessioni d'esame finale dell'anno accademico 2019/2020. (F: ItaliaOggi 24.04.20)

 

RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI CONSEGUITE ALL’ESTERO. SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Con sentenza del 20 aprile 2020, n. 2495, il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha chiarito che, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 13, direttiva 2013/55/Ue, che ha modificato la direttiva 2005/36 (sul riconoscimento delle qualifiche professionali), sono riconoscibili in modo automatico i titoli di formazione previsti da tale direttiva e rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che “la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (cfr. più di recente Corte giustizia UE, sez. III, 06/12/2018, n. 675). Di conseguenza, laddove il richiedente sia in possesso del titolo di studio richiesto – la laurea conseguita in Italia (ex sé rilevante, senza necessità di mutuo riconoscimento reciproco) –  sia della qualificazione abilitante all’insegnamento –  conseguita presso un paese europeo –  non sussistono i presupposti per negare il riconoscimento, dal momento che il Ministero è chiamato unicamente a verificare, ai fini del rilascio del titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro, che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno. (F: Osserv. Univ. 24.04.20)

 

DATI OECD SULL’ISTRUZIONE IN ITALIA

In Italia la spesa complessiva in istruzione (dalla scuola primaria all’università) è pari al 3,6% del PIL, quota inferiore alla media OECD del 5%. Per i titoli di studio terziari l’Italia investe il 25% in meno della media dei Paesi OECD.

In Italia il tasso d’abbandono prematuro di istruzione e formazione è superiore al resto della UE: 14,5% e in crescita, dato ben superiore al 10,6% medio europeo. In Italia i NEET, i giovani 20-34enni che non studiano e non lavorano, nel 2018 erano il 28,9%, a fronte di una media europea del 16,5%.

 

 

RICERCA (1)

 

«DALLA SCIENZA UNA LEZIONE DI UMILTÀ». INTERVISTA A FABIOLA GIANNOTTI

Prima direttrice donna del CERN, il più importante centro di ricerca al mondo per lo studio dei componenti della materia di cui l’universo e noi stessi siamo costituiti, per lei hanno in sostanza cambiato le regole: visto che lo statuto del centro non prevedeva la riconferma, le hanno dato un secondo mandato che partirà il prossimo anno. Con l’esperimento Atlas, dove ha guidato 3 mila ricercatori di 28 nazioni diverse, ha «catturato» il bosone di Higgs.

La scienza in questo particolare momento storico, nonostante la diffusione virale di false verità, sembra avere raccolto un consenso anche in Paesi storicamente inclini all’anti-scienza. Anche la politica ha riconosciuto il primato della scienza nell’emergenza pandemica. Cosa potremmo fare per capitalizzare questo vantaggio?

«La crisi ha ridato alla scienza un ruolo di primo piano. I governi si avvalgono dei consigli di comitati scientifici e i cittadini si interessano all’opinione di virologi, epidemiologi, immunologi e altri scienziati. Questo approccio dovrebbe essere la normalità anche in assenza di crisi. La scienza non deve essere invocata solo quando ci sono emergenze, dovrebbe essere una delle voci che i governi ascoltano ogniqualvolta devono prendere decisioni in campi in cui le conoscenze scientifiche sono rilevanti. Sostenere finanziariamente la ricerca scientifica in tutti i campi, e rendere perenne il supporto di comitati scientifici ai governi, sono elementi cruciali per evitare crisi future».

«La ricerca scientifica è uno dei fondamenti del progresso, e quindi dell’economia e dello sviluppo sostenibile della società. Senza le conoscenze che vengono dalla ricerca scientifica il progresso prima o poi stagna. E la storia ci insegna che spesso le grandi svolte vengono proprio dalla ricerca di base. L’elettronica moderna non esisterebbe senza la conoscenza della meccanica quantistica e i Gps non funzionerebbero senza la conoscenza della relatività. Queste scoperte sono rivoluzionarie e possono cambiare il corso dell’umanità. Spesso però ci vogliono decenni fra lo sviluppo di una nuova idea e la sua fruizione quotidiana. La scienza richiede tempo e investimenti continui, non si può sostenerla una tantum».

«Il CERN promuove l’open science, la scienza aperta a tutti, sin dai tempi della sua nascita nel 1953. Infatti, la Convenzione che stabilisce la fondazione del CERN, ratificata dai Paesi fondatori (tra cui l’Italia) in quell’anno, sancisce che i risultati che il nostro centro di ricerca produce devono essere disponibili a tutti. La nostra Convenzione quindi promuoveva l’open science ante litteram più di 65 anni fa! Sulla base di questo principio, il Web, che fu sviluppato al CERN nel 1989 da Tim Berners-Lee e collaboratori, è stato reso disponibile a tutti gratuitamente. La open science è quindi nel Dna del CERN. La condivisione aperta dell’informazione, dei dati, delle tecnologie e delle competenze è uno strumento importante per far progredire la scienza stessa e le conoscenze dell’umanità, per contribuire a risolvere i problemi della società e per ridurre il divario fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo».

Esiste una lezione che il mondo delle particelle subatomiche può fornire alla vita di tutti i giorni e alla società moderna?

«Una lezione di umiltà. Ricchi o poveri, potenti o deboli, siamo tutti fatti degli stessi atomi e gli atomi sono tutti fatti delle stesse particelle elementari, gli elettroni e i quark. La natura è democratica, e il virus ne è un esempio». (F. M. Sideri, Corriere Innovazione 05.2020)

 

DUE RILEVANTI CONTRIBUTI SCIENTIFICI

Un anticorpo utile contro il coronavirus in un paziente che aveva avuto la Sars riesce a bloccare non solo il coronavirus responsabile della Sars, ma anche il nuovo Sars-Cov-2 causa della Covid-19. Individuato da un gruppo di ricerca internazionale composto anche da italiani e guidato da Davide Corti.

Scoperto il meccanismo molecolare con cui i tumori ingannano le cellule NK, «natural killer». I ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, insieme all’Università di Genova e con il sostegno di Airc, hanno svelato come si attiva il check-point inibitore PD-1 sulle cellule NK. Lo studio è pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology.

 

SCIENZA APERTA. LETTERA DI AISA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Nel suo ultimo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica ha detto chiaramente che la scienza e la cultura devono essere disponibili per tutti. In queste settimane di emergenza da pandemia si sono moltiplicati gli appelli di biblioteche, enti finanziatori e rappresentanti di Stati alle multinazionali dell’editoria scientifica per abbattere le barriere economiche e giuridiche all’accesso alle loro banche dati. Alcuni hanno risposto positivamente rendendo provvisoriamente accessibile quanto ritenuto strettamente necessario a contrastare la pandemia. Si tratta però di misure temporanee e limitate. Abbiamo invece bisogno di un cambiamento radicale e duraturo dell’intero sistema. In una Lettera di AISA (Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta) al Presidente della Repubblica si indicano due priorità: a) Riformare la proprietà intellettuale e il diritto d’autore. b) Cambiare il sistema della valutazione dell’università e della ricerca scientifica. Tale sistema, in Italia più che in altri Paesi, si è fatto insostenibile. Comprime l’autonomia nonché la libertà dell’università e della ricerca scientifica. Appiattisce e uniforma il pensiero. Spinge alla competizione invece che alla cooperazione. Aumenta in modo esponenziale la burocrazia. Dissipa risorse pubbliche e tempo che, soprattutto in questo periodo, dovrebbero essere investiti in altre direzioni. Occorre rendere il sistema dell’università e della ricerca scientifica più aperto, più cooperativo e più solidale. (F: Red.ne Roars 03.04.20)

 

L’IMPORTANZA DELLO EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC) PER LA RICERCA ITALIANA ED EUROPEA

La polemica divampata sui media italiani, a seguito delle recenti dimissioni dello scienziato Mauro Ferrari da Presidente dello European Research Council (ERC), tende a dipingere quest’ultimo come un organismo gestito da burocrati europei, che finanzia una ricerca fine a se stessa e avulsa dai problemi della società, primo fra tutti l’attuale drammatica emergenza Covid-19. Si tratta di una visione profondamente distorta e fuorviante. In un quadro in cui la grande maggioranza dei finanziamenti europei per la ricerca è finalizzata a obiettivi di interesse industriale o sociale a breve termine. 300 ricercatori italiani sottoscrivono: «L’ERC è un baluardo per la ricerca». L’ERC è l’unica agenzia europea che finanzia la ricerca senza che vi sia un indirizzo deciso dall’alto, dunque esclusivamente sulla base delle idee e delle domande poste dai ricercatori stessi.

I dati: oltre 9.500 progetti finanziati, molti dei quali hanno portato a importanti passi avanti nella ricerca, con oltre 150.000 articoli scientifici pubblicati in sedi editoriali prestigiose. Il finanziamento ERC è considerato dalle università e dalle istituzioni di ricerca internazionali come garanzia di assoluta qualità scientifica, tanto che si è sviluppata una forte competizione da parte delle università e centri di ricerca per assumerne i vincitori. Moltissimi vincitori di progetti ERC, inoltre, hanno ricevuto importanti riconoscimenti, compresi 7 premi Nobel. Nella cronica scarsità di finanziamenti per la ricerca del nostro Paese, in particolare per quella di base, l’ERC ha reso possibile a numerosi ricercatori italiani di talento di disporre di un finanziamento internazionalmente competitivo, attribuito con criteri trasparenti, scevri da condizionamenti politici. (F: il Napolista 15.05.20)

 

L’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA SCIENZA APERTA (AISA) HA PRESENTATO AL SENATO UNA MEMORIA SULL’ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA (UE) 2019/790, C.D. DIRETTIVA COPYRIGHT

Il tema della riforma del diritto d’autore riveste grande rilevanza per chi opera nel mondo della scienza e dell’università. L’AISA, insieme ad altri portatori di interesse, è stata ascoltata il 14 maggio in audizione informale presso la XIV Commissione permanente del Senato nell’ambito dei lavori sull’attuazione della direttiva (UE) 2019/790, nota anche come direttiva copyright (art. 9 dello schema di ddl n. 1721, Legge di delegazione europea 2019)). L’AISA ha trasmesso alla Commissione un’articolata memoria con proposte di modifica dell’art. 9 del ddl n. 1721. La memoria termina con tre considerazioni:

a) l’attuazione della direttiva copyright va vista in connessione sul DDL 1146 (Proposta Gallo) sull’accesso aperto che introduce un art. 42-bis nella legge sul diritto d’autore volto a conferire all’autore di un’opera scientifica il diritto inalienabile di ripubblicazione in Open Access;

b) i sussidi statali agli editori vanno visti come alternativi e non complementari al rafforzamento dei diritti di esclusiva;

c) le eccezioni o limitazioni (diritti degli utenti) previste dalla direttiva devono essere attuate in modo ampio in Italia (scienziati, docenti, studenti, associazioni di studiosi hanno bisogno di più libertà di accesso alle opere e materiali protetti da diritti d’autore e connessi). (F: Roars 22.05.20)

 

 

RICERCA (2). VALUTAZIONE DELLA RICERCA

 

AIMEZ-VOUS ANVUR?

L’ANVUR continua a valutare i “prodotti” (cioè oggetti in stile catena di montaggio, ora che “pubblicazioni” costituisce un termine ormai desueto) dei docenti non in base alla loro qualità intrinseca, ma a seconda della classe della rivista o del prestigio della casa editrice che li pubblica. In altre parole, involucro valutato al posto del contenuto, configurandosi una metonimia involontaria degna della migliore retorica. E procedendo innanzi, a quanto appare, si mette mano alla metodologia didattica, tra l’altro da usarsi per esigenze estranee non solo a quelle dell’aula, ma eventualmente estranee anche alla sensibilità del docente.

L’ANVUR fornisce l’incipit al rullo burocratico che sta permeando, dopo la secondaria, anche l’università. Una burocratizzazione ormai fuori controllo che alimenta sé stessa, nonostante ripetute promesse di un suo snellimento. Tra le new entry in tale senso, la “terza missione”: come principio in sé non disprezzabile, ma dopo la sua introduzione “soft”, essa è diventata prima di tutto un obbligo, almeno morale per i docenti, per non fare sfigurare il proprio dipartimento nelle valutazioni comparative. Essa però, terzo pilastro aggiunto a quelli della ricerca e della didattica, sottrae tempo ed energie al perseguimento dei primi due. Dopodiché si è aggiunta come ennesimo adempimento burocratico: gli eventi relativi non vanno semplicemente segnalati ed eventualmente messi in curriculum; piuttosto, devono essere inseriti per via esclusivamente digitale e secondo schemi predisposti dall’Amministrazione. In caso contrario, loro riconoscimento uguale a zero. Insomma, come in ogni burocrazia che si rispetti è la “carta” – materiale o virtuale, non fa differenza – a determinare la realtà e non viceversa. (F: A. Violante, Roars 01.05.20)

 

AL VAGLIO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELL’ANVUR

Con decreto del 26 marzo 2020, n. 2187, il TAR Lazio, Roma, Sez. III, con riferimento alle elezioni del nuovo Presidente dell’ANVUR, ha accolto in via cautelare l’istanza dei ricorrenti, ritenendo il gravame, ad una sommaria cognitio, assistito da idoneo fumus boni iuris sia con riguardo alla dedotta incompetenza del Presidente in luogo del Consiglio direttivo dell’ANVUR a recepire gli esiti della contestata elezione, sia in relazione alla lamentata insufficienza – al fine della maggioranza semplice suggerita nel parere del Miur in luogo di quella dei 2/3 prescritta dall’art. 7, D.P.R. 01.02.2010, n.76, nonché in relazione alla inidoneità del Consiglio direttivo operante in regime di prorogatio e non optimo iure – ad eleggere il suo Presidente, in tal modo compiendo atto esorbitante dalla mera gestione degli affari correnti tipica di tutti gli organismi in regime di porogatio. (F: Osservatorio sull’Università 03.04.20)

 

SERVE UNA PEER REVIEW SULLA PEER REVIEW?

Al momento non esiste ancora uno studio attendibile per capire se la peer review sia effettivamente garanzia della qualità di un lavoro scientifico. Un team di scienziati comprendente molti italiani ha in mente un nuovo protocollo per capire come migliorare la ricerca. Vedi Unlock ways to share data on peer review https://www.nature.com/articles/d41586-020-00500-y 20.05.20.

 

 

STUDENTI

 

LA CRISI EPIDEMICA E LE SUE CONSEGUENZE SULLE IMMATRICOLAZIONI ALL’UNIVERSITÀ

Il ministro per la Ricerca e l’Università, Gaetano Manfredi, ha dichiarato di temere un calo degli iscritti del 20 per cento. Secondo l’Osservatorio Talents Venture il calo delle immatricolazioni potrebbe essere dell’11 per cento, con circa 35 mila immatricolati in meno rispetto all’anno accademico 2019-2020. Se ciò accadesse, ne conseguirebbe un danno enorme sia in termini di peggioramento delle prospettive individuali sia per la società nel suo complesso. Secondo i dati Ocse (https://tinyurl.com/y8katp3y), nel 2018 in Italia il tasso di occupazione nella fascia di età 25-64 anni per chi ha conseguito un titolo di istruzione terziaria era dell’81 per cento, mentre per chi ha completato solo le scuole primarie e secondarie la percentuale scende al 71 per cento. Se si guarda al rendimento salariale, i dati Ocse rilevano un differenziale del 39 per cento per i laureati nella fascia di età 45-50 anni rispetto a coloro che hanno acquisito un titolo d’istruzione secondario superiore. Il vantaggio salariale è invece del 20 per cento tra i giovani di età compresa tra 25 e 34 anni.

Importanti cambiamenti per le università potrebbero derivare anche dal fatto che i timori relativi al contagio potrebbero limitare la propensione a spostarsi per studiare fuori regione. Gli studenti delle regioni meridionali, che negli anni passati andavano a studiare al Centro-Nord, in un momento di forte incertezza come quello attuale, potrebbero optare per università locali. Per capire l’importanza del fenomeno si consideri ad esempio, che nell’anno accademico 2018-2019, la percentuale di immatricolati fuori regione era del 39, 36 e 31 per cento, rispettivamente per Calabria, Puglia e Sicilia. Se ciò accadesse, gli atenei della Lombardia e dell’Emilia Romagna che, come si può vedere nel grafico sottostante, sono tra quelli che più attraggono gli studenti residenti nel Sud Italia, subirebbero una perdita significativa di immatricolati. (F: M. De Paola, lavoce.info 20.05.20)

 

TEST DI AMMISSIONE AI CORSI DI LAUREA IN MEDICINA. PER IL CDS LA DIDATTICA A DISTANZA È UTILE A SOSTITUIRE LA FREQUENZA ANCHE ALLE ESERCITAZIONI

Quest’anno saranno 13.500 gli ammessi al test, per i corsi di laurea in Medicina nelle università pubbliche, che si svolgerà il 1° settembre: si tratta di circa il 17% in più rispetto allo scorso anno. Finora i test previsti dagli atenei privati sono stati rimandati a data da destinarsi per l’emergenza coronavirus. In genere almeno 60 mila giovani partecipano alla prova: perciò il numero di esclusi è altissimo. E ogni anno migliaia di giovani provano a fare ricorso. In genere le motivazioni addotte riguardano la forma della prova, le imperfezioni nella somministrazione, l’incongruenza delle domande. Ma negli ultimi mesi stanno emergendo nuovi «filoni»: quello del calcolo errato del fabbisogno, delle borse di studio «avanzate» e non riassegnate e, ultimissimo, dovuto all’emergenza CoVid-19, quello della didattica online, che, specie secondo certi agguerriti studi legali e anche secondo il Consiglio di Stato, permetterebbe di scavalcare tutte le reticenze degli atenei ad accogliere un numero alto di studenti.

«Considerato – scrivono i giudici del Consiglio di Stato - che non è più ipotizzabile un problema di minore o insufficiente offerta formativa per inadeguata ricettività strutturale, dal momento che è ormai esplicitamente consentita una più efficace ed economica didattica a distanza, utile a sostituire, almeno per i primi quattro anni del corso di laurea, se unita ad idonea dotazione tecnologica, la frequenza alle lezioni ed alle esercitazioni svolte in modalità frontale: le Università, in particolare, sono autorizzate a predisporre corsi ed esami on-line, e non solo per il periodo dell’emergenza “Covid-19”». (F: CorSera 16.04.20) 

 

STUDENTI. FUORI CORSO E INDICE DI RITARDO

Il numero di fuori corso si è ridotto in modo deciso negli ultimi anni: nel 2002 finiva nei tempi solo il 12,7% degli studenti, adesso (nel 2018, ultimo dato disponibile) questa quota arriva al 53,6%. E si devono fare distinzioni tra le varie tipologie di corsi: conclude gli studi nei tempi previsti il 53,9% dei laureati di primo livello e il 60,1% dei laureati magistrali biennali. Questi dati, raccolti nel rapporto “Profilo dei laureati 2018” di AlmaLaurea, non vanno confusi con quelli relativi all’indice di ritardo. Con questo indice si misura, infatti, la quantità di ritardo accumulato rispetto alla durata ordinaria del corso. Nel 2002 si raggiungeva al 70%, oggi siamo al 30,5% medio. Si va dal 47% della facoltà giuridiche alle lauree delle professioni sanitarie (15,2% di ritardo medio). L’indice di ritardo (v. Tabella) ha valori fortemente differenziati in base all’area geografica: chi si laurea in un ateneo al Nord impiega il 21,5% in più rispetto alla durata normale del corso per concludere gli studi; è il 32,9% per chi si laurea al Centro e il 41,8% per chi si laurea al Sud o nelle Isole. I laureati che concludono l’università senza aver svolto alcuna attività lavorativa impiegano in media il 18,2% in più rispetto alla durata normale del corso, gli studenti-lavoratori il 30,5% in più, mentre i lavoratori-studenti, ossia coloro che hanno svolto attività lavorative continuative a tempo pieno per almeno la metà della durata degli studi, impiegano quasi il doppio della durata normale (l’88,7% in più). (F: truenumbers.it 07.05.20)

 

 

VARIE

 

BUROCRAZIA E STATO

La burocrazia, questa cancrena tutta italiana, si contende con l’evasione fiscale il primato del male assoluto del Paese (aggiuntovi il crimine organizzato, PSM), l’origine di tutte le disfunzioni, le disparità di trattamento, lo sconcerto e la paura dei cittadini di essere sanzionati per uno starnuto fuori posto, per essersi appoggiati a una panchina perché esausti dalla fila al supermercato o al banco dei pegni, ma anche le lungaggini per ottenere i finanziamenti per ripartire, i moduli da compilare per ottenerli, le difficoltà di produrre mascherine per riconversione aziendale, le start up bloccate dai timbri e dai bolli, la diffidenza delle banche, l’assenza di uno Stato unitario e risoluto.

Di uno Stato che rappresenti la Nazione e non la consideri una entità da punire con la complicazione di procedure farraginose e la polverizzazione dell’autorità centrale nella discrezionalità degli apparati più periferici della pubblica amministrazione. Fino ai paradossi offensivi del buon senso comune, della sensibilità umana, che si esprime attraverso la comprensione, se necessario, prima ancora che con la sanzione. Disposizioni calate dall’alto e in contraddizione tra diverse fonti di promanazione e incertezza nella loro esecuzione: se l’autocertificazione prevede la voce “situazioni di necessità” si crea una sorta di limbo dove il termine ‘necessario’ è devoluto alla valutazione discrezionale di chi ne accerta la sussistenza. (F: F. Provinciali, mentepolitica 02.05.20)

 

ALL’ORIGINE DELLA BUROCRAZIA E DELLA CASTA DEL POTERE GIUDIZIARIO

Il terrore della discrezionalità della decisione politica è una costante nella nostra storia, perché si pensa, non senza qualche fondato motivo, che essa si trasformerebbe in una forma di incontrollabile dispotismo dei governanti. Per evitarlo, si è imbrigliata ogni decisione in una rete di

disposizioni legislative che avrebbero dovuto rendere “oggettiva” qualsiasi scelta del potere politico e che avrebbe dato la possibilità di perseguirne tutte le deviazioni ... Il risultato è stato una giungla di norme in cui muoversi diventa difficilissimo, con l’aggiunta che essendo queste state pensate come strumento per valutare “giuridicamente” qualsiasi comportamento si è consegnato un enorme potere di intervento ad ogni tipo di magistratura, civile, penale, amministrativa e contabile ...  Il risultato è che, al contrario dell’aurea massima del sistema costituzionale per cui con la divisione “il potere limita il potere”, abbiamo creato la follia di un potere che può tenere sotto scacco gli altri. Si è così alimentato un cortocircuito per cui il potere giudiziario è divenuto una casta. Niente affatto quel “potere neutro” che risolve i conflitti che insorgono fra gli altri poteri, secondo la teoria che si fa risalire a Montesquieu, ma un centro di presenza attiva nella lotta politica, almeno nei suoi vertici che si sono attribuiti questo compito. (F: P. Pombeni, mentepolitica 27.05.20)

 

 

UNIVERSITÀ IN ITALIA

 

L'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna ha raggiunto la sesta posizione a livello mondiale (e il primo posto a livello nazionale, v. tabella) nell'edizione 2020 del THE Impact Rankings, la classifica elaborata da Times Higher Education che valuta l’impatto degli atenei sul tessuto sociale e il loro impegno per lo sviluppo sostenibile. Il ranking include quest'anno 766 atenei di tutto il mondo (lo scorso anno erano 467): per ognuno sono considerate le azioni intraprese e le risorse investite nel dare risposta agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) proposti nell’Agenda 2030 adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Lo scorso anno l'Università di Bologna aveva conquistato il nono posto della classifica a livello mondiale: nella nuova edizione l'Ateneo scala quindi tre posizioni confermandosi saldamente nella top 10 del ranking, a fronte di un numero molto maggiore di atenei partecipanti. Confermato anche il primato già raggiunto lo scorso anno tra le università italiane in classifica.

Guardando al dettaglio degli indicatori presi in considerazione, l’Alma Mater ottiene ottimi risultati su tutti i fronti, con alcuni piazzamenti particolarmente rilevanti. L’Università di Bologna è terza al mondo nell'ambito dell'Obiettivo 16 “Pace, giustizia e istituzioni forti”, che misura la capacità di promuovere società pacifiche e più inclusive attraverso l'accesso alla giustizia per tutti e organismi efficienti, responsabili ed inclusivi. Quarta posizione, invece, per l'obiettivo 1 “Povertà zero”, che valuta iniziative e soluzioni pensate per eliminare la povertà estrema e garantire misure di protezione sociale per tutti. Quarto posto al mondo anche per l’Obiettivo 5 “Uguaglianza di genere”, che valuta l’attenzione alle politiche pensate per superare le disuguaglianze di genere, e per l’Obiettivo 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica”, dedicato a misurare, assieme alla qualità della ricerca in campo economico, la capacità degli atenei di offrire ai propri studenti e laureati occasioni di contatto con il mondo del lavoro. (F: UniBo Magazine 22.04.20)

Tabella. Università per lo sviluppo sostenibile: le migliori in Italia (F: THE):

 

 

UE. ESTERO

 

UK. LA SALUTE ECONOMICA DI PRESTIGIOSI ATENEI MINACCIATA DALLA PANDEMIA

Molte università del Regno Unito dipendono economicamente soprattutto dalle tasse pagate dai numerosi studenti stranieri (480mila), cinesi in testa (120mila), che pagano da 2 a 3 volte di più rispetto ai loro colleghi europei e britannici: tra 20-30mila sterline l'anno (da 23mila a 34 mila euro). Già ora le perdite 2019-2020 arrivano a 790 milioni di sterline (904 mln di euro). Il mancato guadagno 2020-2021 salirà a 6,9 miliardi di sterline (7,8 miliardi di euro) se gli studenti stranieri dovessero sparire dalle aule britanniche; una cifra pari al 17% del fatturato dell'intero settore (Le Monde). C'è il rischio, infatti, che da settembre, proprio a causa della crisi sanitaria causata dal coronavirus, numerosi studenti esteri decidano di rinunciare a mettersi in viaggio verso il Regno Unito per studiare in una delle sue prestigiose università, molto apprezzate nei propri paesi di origine. I vertici universitari britannici sono in allarme, tanto che l'organizzazione che rappresenta queste istituzioni, la Universities Uk, ha lanciato un SOS al governo del premier Boris Johnson per ottenere aiuto. Su 8mila giovani cinesi, soltanto il 27% prevede di partire per l'UK. (F: M. Oliveri, ItaliaOggi 07.05.20)

 

UK. A LOSS OF AUTONOMY. A “SERIOUS ASSAULT” ON UNIVERSITY INDEPENDENCE?

When student number controls were reintroduced in England earlier this month, many universities breathed a sigh of relief. The admissions free-for-all that could have seen prestigious institutions scoop up thousands of extra undergraduates at the expense of others would not happen. But do the new rules accompanying the number cap go too far? Today, we hear from those who fear that the Office for Students’ proposed new powers to fine those who “threaten the stability of England’s higher education sector during the crisis” are “alarmingly broad” and give too much clout to the regulator. One vice-chancellor calls the proposals “the equivalent of taking police state powers” and a “serious assault on university independence”. Yesterday, OfS chair Sir Michael Barber told MPs they had nothing to fear from what were rules to ensure “generosity of spirit” within the sector. 

(F: THE 19.05.20)

 

UK. L’UNIVERSITÀ DI CAMBRIDGE PIANIFICA DI TENERE LE LEZIONI ONLINE PER L’INTERO ANNO ACCADEMICO 2020-2021 A CAUSA DEL CORONAVIRUS

Un portavoce dell’ateneo ha dichiarato: “Dato che è probabile che il distanziamento sociale continuerà ad essere richiesto, l’università ha deciso che non ci saranno lezioni frontali durante il prossimo anno accademico”. Una notizia a prima vista scioccante che merita qualche riflessione, a partire dalla preoccupazione: sarà il coronavirus il killer dell’università così come la conosciamo da mille anni? A Cambridge si prevede già che le iscrizioni diminuiranno, con una riduzione del numero di studenti stranieri, invertendo così la tendenza degli ultimi anni di aumento continuo di iscritti in tutte le università del Regno Unito, specialmente di quelli provenienti dalla Cina. Ciò stabilmente crea per il sistema universitario britannico un flusso di entrate considerevole giacché gli studenti stranieri pagano tasse universitarie più elevate e queste entrate sono stimate in forte contrazione nel prossimo anno accademico. Appare evidente che l’Università di Cambridge, una delle più prestigiose al mondo – terza nello Shanghai ranking e settima nel QS university world global ranking – con i suoi 18.000 studenti di cui quasi 4.000 stranieri che provengono da 120 Paesi, può anche permettersi la flessione di un anno accademico, riducendo prestazioni e costi, in attesa della prevedibile ripresa nel 2022. Ma non per tutti valgono le stesse considerazioni (F:  F. Valataro, FQ 26.05.20)

 

USA. MOLTE UNIVERSITÀ E COLLEGE VORREBBERO APRIRE AD AGOSTO PER CHIUDERE IL SEMESTRE AUTUNNALE IN ANTICIPO

Nella previsione di una seconda ondata di contagi a partire dal tardo autunno, molte università e college americani stanno valutando di riaprire prima, già ad agosto, per chiudere il semestre autunnale in anticipo, e cioè non a Natale ma appunto per il Thanksgiving, che cade un mese prima: il 26 novembre. Così almeno hanno già annunciato di voler fare la University of South Carolina, la Notre Dame University (Indiana), la Rice (Texas) e la Creighton (Nebraska). La Rice è stata una delle prime scuole a muoversi in questa direzione: già il mese scorso – racconta il New York Times - ha inviato un’email ai suoi iscritti annunciando loro l’intenzione di procedere a tappe forzate, saltando anche la tradizionale pausa autunnale (autumn break) che farebbe perdere del tempo e soprattutto esporrebbe gli studenti che rientrano a casa a maggiori rischi di contagio. Quindi si riapre sì, con mascherine e classi dimezzate per via del distanziamento, ma si va di corsa. In modo da finire le lezioni prima di una recrudescenza dei contagi. (F: O. Riva, CorSera 21.05.20)

 

USA. INTERNATIONAL ENROLMENT DROP TO COST UNIVERSITIES US$4.5BN

United States colleges and universities are bracing for declines in international student enrolments in the coming autumn (fall) semester with a loss of up to US$4.5 billion in revenue, according to a pair of reports examining the impact of COVID-19 on US higher education (F: M. B. Marklein, UWN 31.05.20)

 

INDIA. WHY ARE STUDENTS PROTESTING AGAINST THE GOVERNMENT’S CONTROVERSIAL CITIZENSHIP AMENDMENT ACT

A recent wave of student resistance is spreading across Indian campuses, as universities, with their liberal orientation, and the priorities of the Modi government, with its majoritarian and neoliberal agenda, clash against each other. The reaction of the government to university unrest is a cause for serious concern. In December 2019, the Delhi police force, which is under the jurisdiction of the central government of prime minister Modi, beat up students protesting at Jamia Millia Islamia University (JMI), a public institution in Delhi. JMI students were protesting against the government’s controversial Citizenship Amendment Act. This act offers citizenship to immigrants belonging to Christian, Buddhist, Hindu, Jain, Parsi, and Sikh communities from Afghanistan, Bangladesh, and Pakistan, but does not include Muslims. It is a clear violation of the right to equality enshrined in the Indian constitution and the secular foundations of the country. This episode was followed by violence unleashed by masked miscreants, allegedly associated with the student organization affiliated with the ruling Bharatiya Janata Party (BJP) at JNU. Armed with sticks, the mob attacked students and faculty in January 2020. The stand taken by the JNU administration and the police after this attack provoked sharp criticism and demonstrations across the country. These events at JNU could be viewed as an example of the contradiction between the traditionally liberal orientation of universities and the rapid changes currently taking place under Modi’s Hindu nationalist administration. (F: International Higher Education, number 101, spring 2020)

 

 

LIBRI - RAPPORTI - SAGGI

 

SALUTE CIRCOLARE – UNA RIVOLUZIONE NECESSARIA

Autrice: Ilaria Capua, Ed. Egea, 2019, 118 pg.

Nelle pagine di Ilaria Capua, la scienza assume i tratti dello stupore, della meraviglia: sì, l’uomo ha raggiunto tutto questo, grazie alla ricerca del limite, dell’inimmaginabile. Magari viaggiando tanto «come ha fatto Vesalio, il Copernico della medicina, l’autore, a 28 anni (!) del De humani corporis fabrica, pubblicato nel 1543 e rimasto per secoli la Bibbia dell’anatomia». In Vesalio si può riconoscere il ritratto dell’uomo di scienza, visionario e giramondo, creativo (le idee contano) e moderno: viaggia a cavallo dal Belgio, alla Spagna, all’Italia, per finire in Svizzera dove fa stampare le sue tavole anatomiche e rivoluziona l’anatomia a 28 anni: «Un vero homo europaeus, un po’ come accade agli studenti di oggi con il programma Erasmus – dice Capua – un esempio per tutti. Ai ragazzi raccomando sempre: muovetevi, studiate, rischiate, qualcosa accadrà. Importante è che non stiate fermi. E, se le donne sapranno farsi avanti e assumersi nuove responsabilità, saranno il motore del cambiamento». Le possibilità attuali di movimento sono un’altra freccia all’arco della ricerca: «La scoperta origina quasi sempre da un processo di comprensione e di sfruttamento di opportunità al di fuori dei confini nazionali (e mentali), senza dimenticare le potenzialità infinite della libera circolazione dei dati scientifici». È stato proprio da questa certezza che Ilaria Capua ha raggiunto la ribalta internazionale: «Fin dagli anni all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie a Legnaro (Pd), decisi di condividere la sequenza genetica di un virus che avevamo appena decodificato su una piattaforma ad accesso libero aperta a tutti gli scienziati, ovunque lavorassero». Dati in comune per condividere la ricerca, così come dovrebbe accadere per i 17 Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite, e come Ilaria Capua ha recentemente scritto, in una lettera a quattro mani con Enrico Giovannini, su Nature. Le vie della ricerca sono infinite perché la salute è un bene universale, senza tempo. (F: M. L. Colledani, IlSole24Ore 02.09.19)

 

IL DOPO

Autrice: Ilaria Capua. Ed. Mondadori. 2020. 144 pg.

In un momento imprecisato del 2019 si è verificato un evento biologico di eccezionale rarità: un virus animale ha fatto un salto di specie arrivando nell’uomo. Dalla metropoli cinese di Wuhan, il SARS-CoV-2 si è diffuso rapidamente in oltre duecento Paesi. È ciò che gli esperti chiamano «pandemia». Nell’attesa di soluzioni e strategie per la crisi sanitaria, economica e finanziaria in corso, Ilaria Capua, una delle voci più autorevoli della virologia internazionale, prova a buttare cuore e sguardo oltre questo tempo di mezzo e a mettere a fuoco sia le cause sia le opportunità che esso nasconde.

Secondo l’autrice, infatti, si può considerare la comparsa del SARS-CoV-2 uno stress test, in grado di misurare le fragilità del nostro sistema. Questo patogeno dalle dimensioni infinitesimali ha messo l’umanità intera di fronte al disequilibrio creato nel rapporto con la natura, alla riscoperta della propria dimensione terrena e della caducità che le è connaturata, all’arbitrarietà dell’organizzazione sociale che si è data, delle sue scale di valori, del concetto stesso di salute pubblica. In altre parole, ha preso tutto ciò che ritenevamo certo, indiscutibile, e ce l’ha mostrato per quello che è: una scelta, basata su una visione parziale delle cose.

Uno dei motti di Ilaria Capua è: «Every cloud has a silver lining», ogni nuvola ha una cornice d’argento. Se è vero anche una pandemia, mentre ci scuote dalle radici, ha qualcosa da insegnarci. Per esempio, che dobbiamo modificare il nostro atteggiamento nei confronti della natura e della biodiversità, ponendoci come guardiani anziché invasori. Che la tecnologia, se riusciamo a non esserne schiavi, può essere lo strumento straordinario che ci permette di difendere la socialità anche in tempi di distanziamento fisico. Che, se vogliamo una società informata, matura, la scienza non può essere messa all’angolo, ma deve tornare ad avere un ruolo centrale nella conoscenza.

Se non vogliamo farci travolgere, insomma, dobbiamo considerare i segnali che questo evento storico sta facendo emergere, riflettere sul dopo e ripensare il mondo. Perché è a questo che stiamo andando incontro: a un mondo nuovo. (F: Presentazione dell’editore)

 

INSEGNARE (E VIVERE) AL TEMPO DEL VIRUS

Autore: Federico Bertoni. Ed. Nottetempo collana Semi 2020. Pg. 46.

Insegnare (e vivere) ai tempi del virus non è il semplice diario dell'emergenza didattica in cui si sono trovate a vivere le scuole e le università italiane. E' anche e soprattutto una riflessione su cosa potrebbe accadere dopo l'emergenza, nel caso in cui scuole e università decidano di cogliere la dubbia opportunità dell'insegnamento online per applicare una politica profondamente intrisa di disuguaglianza. I più avvantaggiati, in grado di pagarsi tasse e trasferte, ritornerebbero al metodo classico della lezione in presenza: colloqui diretti con professore, seminari, incontri e vita in comune. I meno avvantaggiati, non potendo permettersi di frequentare, sarebbero costretti all'assenza di corpo, di contatto, di comunità. Un ascensore sociale al contrario, una disuguaglianza per decreto, di cui è necessario preoccuparsi da subito. Con una scrittura cristallina e partecipe, l'autore indica anche spunti di mobilitazione che potrebbero già ora costituire un'efficace risposta intellettuale e politica. Non è una questione corporativa o settoriale: ciò che accade nelle scuole e nelle università riguarda tutti, per il presente immediato così come per il futuro a lungo termine del nostro Paese. (F: Presentazione dell’editore)

Nell’università neoliberale gli studenti non sono cittadini che reclamano il diritto al sapere ma clienti da soddisfare, consumatori di beni e servizi, acquirenti di un prodotto che dovranno vendere a loro volta nel mercato globale. E qui la parola magica è blended. […] Blended non designa un tipo di whisky ma un regime misto tra didattica in presenza e didattica a distanza che promette di essere il business del futuro. […] Fase 1, l’emergenza: Le università attivano a tempo di record la didattica a distanza, la cui unica alternativa sarebbe il blocco completo; Fase 2, la crisi: Dal prossimo anno accademico, virus permettendo, molti atenei adottano una modalità blended per compensare l’inevitabile calo delle immatricolazioni, soprattutto dei fuori sede; Fase 3, il business: Il sistema va a regime e si trasforma nel business perfetto: docenti “riproducibili” a piacere; investitori e provider di servizi informatici che si fregano le mani; studenti che pagano le tasse ma che non gravano fisicamente su aule, strutture e costi di gestione. Poi un bel giorno arriverà la fase 4, quella in cui raccoglieremo i cocci. Se uno degli obiettivi dichiarati dell’università dell’eccellenza è dare voti, stilare classifiche, distinguere atenei di serie A e di serie B (e dunque studenti di serie A e di serie B), la modalità blended realizzerà un’automatica selezione di classe: da un lato lezioni in presenza riservate a studenti privilegiati (cioè non lavoratori, di buona famiglia, capaci di sostenere un affitto fuori sede), e dall’altro corsi online destinati a studenti confinati dietro uno schermo e nei più remoti angoli d’Italia (F: L. Illetterati, Il Mattino Padova 11.05.20).

 

VALUTARE E PUNIRE

Autrice: Valeria Pinto. Ed. Cronopio, Napoli 2012, pp. 190.

Nel libro Valeria Pinto, filosofa e docente alla Federico II di Napoli, ha sostenuto che la valutazione non riguarda solo l’università e la scuola, ma il governo neoliberale dell’essere umano. Qui si mette in opera una critica della cultura della valutazione: dei suoi presupposti ideologici, della sua retorica e delle sue pratiche concrete. Interrogazione filosofica e analisi del presente concorrono a portare allo scoperto le tecnologie invisibili, la rivoluzione silenziosa che sta cambiando il significato della conoscenza nella “società della conoscenza”.

In un momento così teso e denso di contraddizioni etiche, in cui parole come ‘merito’, ‘qualità e quantità’, ‘istruzione’, ‘ruolo sociale’ o anche ‘valutazione’, ‘eccellenza’, guidano il controllo della conoscenza (vedi scuola e università), “Valutare e punire” è un vero e proprio intervento teorico nell’attualità. Diviso in dodici capitoli cerca di mettere a fuoco i criteri, i nuovi significati e le nuove pratiche di valutazione che governano le nostre condotte. (F: Presentazione dell’editore)

 

FAKE NEWS SCIENTIFICHE – CRISI D'IMMAGINE PER LA RICERCA?

Autore: Claudio Colaiacomo, federalismi.it - ISSN 1826-3534. n. 11/2020. pg. 188-195.

La comunicazione scientifica verso il grande pubblico è stata per lungo tempo una priorità di secondo livello per gran parte degli scienziati e delle istituzioni. Negli ultimi anni lo scenario è radicalmente cambiato. I social media hanno esposto risultati di ricerca, dati e letteratura accademica a un pubblico mai immaginato prima. Questo rappresenta da un lato una grande opportunità per la scienza collaborativa, ma dall'altro l'impennata di fake news e teorie complottiste racconta una storia ben diversa e può persino contribuire al discredito di scienza e scienziati. In questo articolo si prendono in considerazione rischi ed opportunità di un nuovo scenario dove la ricerca non avviene più dietro le porte chiuse del mondo accademico e delle comunità scientifiche ma piuttosto in un'arena accessibile al largo pubblico. La comunicazione scientifica non è più la parte marginale del lavoro di uno scienziato ma diventa un veicolo per rendere i risultati scientifici accessibili al grande pubblico e di conseguenza contribuire a una società più informata e consapevole del valore della ricerca scientifica. (F: Abstract del saggio)

Sommario: 1. Introduzione. 2. Scienza ufficiale e non. 3. Origine della Scholarly Communication e del Peer Review. 4. Bufale scientifiche. 5. La pratica della “retraction” a garanzia di autorevolezza 6. La scienza fuori della comunità scientifica. 7. Conclusioni.

 

MEDICI RIVOLUZIONARI. LA SCIENZA MEDICA DAL DUECENTO ALLA GRANDE GUERRA

Autore/Curatore: Redazione de Il Bo Live. Collana I Libri de Il Bo Live, Padova University Press, 2019, pg. 244.

La medicina moderna non nasce in un tempo, ma in un luogo: la città di Padova. Tra le aule della sua università, tra le mura del teatro anatomico, in mezzo alle piante officinali dell’Orto botanico e, chiaramente, nei suoi ospedali, è lì che prendono forma quei saperi sui quali ancora oggi si imperniano la teoria e la pratica medica. Medici rivoluzionari. La scienza medica a Padova dal Duecento alla Grande guerra accompagna il lettore in un percorso lungo sette secoli, fatto di scoperte, inciampi e innovazioni rivoluzionarie. Tra le sue pagine il lettore troverà lo studente taciturno che nel Cinquecento si laurea a Padova e cambia il modo di fare anatomia. Si racconta di un astronomo che studia da dottore e di un medico accusato di eresia. Si narra il delitto di un professore, ucciso al tramonto dietro la Basilica del Santo. C’è la storia del medico che visita ogni officina, anche la più umile, per capire il rapporto tra lavoro e malattia. E poi quelle di tanti altri che con dedizione e ardore hanno scritto la storia della medicina. "Leggere questo volume è soprattutto scoprire aspetti, talora poco conosciuti, di medici rivoluzionari che hanno sfidato lo status quo mettendo in dubbio nozioni date per acquisite da secoli" scrive Rosario Rizzuto.

"Da Girolamo Fabrici d’Acquapendente, con il primo teatro anatomico stabile del mondo, al suo allievo William Harvey, che descriverà il sistema circolatorio, ad Andrea Vesalio, con le splendide tavole dedicate al corpo umano, A tanti altri ancora. Non c’è dubbio: il cuore pulsante della medicina moderna batte a Padova" scrive Pietro Greco. (F: Presentazione dell’editore, aprile 2020)

 

L'ATTIVITÀ DI RICERCA UNIVERSITARIA NELLE SCIENZE SOCIALI E LA NUOVA DISCIPLINA SUI DATI PERSONALI

Autore: Stefano D’Alfonso. Federalismi Numero 13 - 13/05/2020. 123 pg.

Il presente contributo si pone come scopo quello di inquadrare gli effetti della disciplina europea e interna in tema di «trattamento dei dati personali» delle persone fisiche nell’ambito dell’attività di ricerca scientifica universitaria, in particolare quella delle scienze sociali. Ciò ha comportato la necessità di esaminare gli effetti sull’attività del personale docente, ma anche sull’amministrazione, parti di una stessa organizzazione che opera in direzione di un interesse pubblico. Nel contributo si considera contestualmente la disciplina europea e quella interna, a partire dal Codice della privacy, sino a ricomprendervi le specifiche regole deontologiche nonché la regolamentazione specifica degli atenei. (F: Abstract del saggio)

Sommario: 1. Obiettivo del contributo e definizione del campo d’indagine. 2. La ricerca storica e scientifico-sociale nella nuova disciplina europea (il Regolamento europeo 2016/679). 3. La disciplina statale: il novellato Codice della privacy. 4. Le regole deontologiche per il trattamento dei dati personali per scopi di ricerca storica e a fini di ricerca scientifica. 5. La regolamentazione interna agli atenei.

 

THE MERIT MYTH: HOW OUR COLLEGES FAVOR THE RICH AND DIVIDE AMERICA

Authors: Anthony P Carnevale, Peter Schmidt and Jeff Strohl, The New Press 2020.

The new book, The Merit Myth: How our colleges favor the rich and divide America has many strengths. Among its strengths are: • The deconstruction of the official ‘meritocratic’ story of their education system that Americans like to tell themselves; • Its succinct explanation of how racism undercuts and continues to hobble black and Latino students from even reaching university education; • The explanation of how the wealthy buy their children’s way into elite schools like Harvard; • Showing how, in the name of ‘merit’, state governments lavishly fund flagship universities like the University of California at Berkeley instead of the open access state universities and community colleges that educate the vast majority of Americans who go on to post-secondary education; and • How supposedly objective admissions tests, such as the Scholastic Aptitude Test (SAT), fail to predict success even as they limit access to upper tier universities such as Columbia or Princeton, which require high SAT scores. (F: N. Greenfield, UWN 30.05.20)  

 

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