domenica 7 novembre 2021

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE N. 4 2020

 IN EVIDENZA

 

L’ISTRUZIONE E, PIÙ IN GENERALE, L’INVESTIMENTO NEI GIOVANI SETTORE, ESSENZIALE PER LA CRESCITA

Vi è un settore essenziale per la crescita ... dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani. Questo è stato sempre vero ma la situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore. La partecipazione alla società del futuro richiederà ai giovani di oggi ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento. Se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita, con saggezza e indipendenza di giudizio. Ma c’è anche una ragione morale che deve spingerci a questa scelta e a farlo bene: il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre. Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza ... Dobbiamo essere vicini ai giovani investendo nella loro preparazione. Solo allora, con la buona coscienza di chi assolve al proprio compito, potremo ricordare ai più giovani che il miglior modo per ritrovare la direzione del presente è disegnare il tuo futuro. (F: M. Draghi, dal discorso di inaugurazione al meeting 2020, Corriere Economia 18.08.20)

 

INTERVISTE AL MINISTRO UR MANFREDI

La burocrazia da ridurre, come chiesto anche dai vertici Ue. Come? «Con un decreto specifico. personalmente punto a modificare alcuni articoli su università e ricerca sia in tema di acquisti sia di rendicontazioni e incombenze burocratiche». Resta il numero chiuso a Medicina? «Non è in discussione».  «Abbiamo aumentato il numero di posti ai Corsi di Laurea in Medicina, + 1.504 (a quota 13.072) rispetto allo scorso anno, sfruttando al massimo la capacità formativa. % di aumento dei posti: 4,7% in più dello scorso anno per le Professioni sanitarie, 17% in più per Medicina e Chirurgia, 9% in più per Odontoiatria. Sono stati aperti anche 10 nuovi corsi di laurea in Medicina in diverse aree italiane». (F: il Mattino 12.06.20: il Sole24Ore 30.06.20)

”Ai 1600 ricercatori già assunti se ne aggiungeranno dal 1° gennaio prossimo altri 4400. La ricerca riprende il suo cammino. Saranno contratti a tempo indeterminato. E abbiamo investito 300 milioni di euro per rendere stabile e definitivo questo aumento dell'organico”. “Poi altri 300 milioni di euro li abbiamo destinati alla cura degli studenti svantaggiati, alle borse di studio per i meritevoli. E da gennaio le università italiane avranno un plafond di 550 milioni di euro per progetti di ricerca”. (F: FQ 21.09.20)

“Nel ramo della formazione terziaria professionalizzante (in Germania e in Francia si chiama università tecnica) il ritardo è evidente. La nostra offerta è limitata agli Istituti tecnici superiori e alle cosiddette lauree professionalizzanti, che sono ancora all'esordio. Il mondo degli studenti che viene dai tecnici e dai professionali non ha oggi uno sbocco adeguato, mentre in Germania il 40% dell'intera popolazione universitaria è costituito da questo bacino. Credo che il Recovery Fund ci sarà utile per colmare questo gap con una risposta strutturale”. “Il decreto Semplificazioni modifica una disposizione della riforma Gelmini, peraltro mai applicata, dando agli atenei la possibilità di fare accordi con il ministero per sviluppare in autonomia programmi specifici. Questa facoltà era subordinata a requisiti di eccellenza scientifica o finanziaria, tagliando fuori molte università del Sud. Mi sono limitato a eliminare il paletto, affinché tutti possano sviluppare questa forma di autonomia”. (F: Il Foglio 14.08.20)

L’8 settembre Manfredi ha annunciato di aver presentato al Comitato Tecnico di Valutazione, che deve mettere insieme il piano italiano per ottenere i fondi europei per la ripresa, un progetto organico di investimenti in università, diritto allo studio, ricerca e competenze da 15 miliardi (F: 24 Mattino)

 

DECRETO RILANCIO (L. 17 luglio 2020, n. 77): SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

Il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’Università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca” è incrementato di 62 milioni di euro per il 2020. L’incremento è assegnato prioritariamente agli studenti che necessitano di ausili per la ricerca o didattica a distanza.

Al fine di ampliare la platea degli esoneri dal contributo onnicomprensivo annuale per l’iscrizione all’università (c.d. no tax area):

- il Fondo per il Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università è aumentato di 165 milioni di euro;

- il Fondo per il Funzionamento Amministrativo e per le Attività Didattiche delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica statali (AFAM) è aumentato di 8 milioni di euro per il 2020;

- il Fondo Integrativo Statale (FIS) per la concessione di borse di studio a studenti capaci e meritevoli subisce un incremento di 40 milioni di euro per il 2020.

I dottorandi, titolari di borse di studio che terminano il percorso nell’anno accademico 2019/2020, possono chiedere una proroga del termine finale del corso, non superiore a due mesi, con conseguente erogazione della borsa di studio per il periodo corrispondente. A tal fine il termine di conclusione della selezione per l’ammissione ai corsi di dottorato è differito dal 30 settembre al 30 novembre 2020 ed il Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università è incrementato di 15 milioni di euro per l’anno in corso.

I soggetti conferenti assegni di ricerca (università, enti pubblici di ricerca e sperimentazione e ogni altra istituzione che rilascia diplomi di perfezionamento scientifico equipollenti al titolo di dottore di ricerca) possono inoltre prorogare la durata degli assegni, in essere al 9 marzo 2020, per il periodo corrispondente all’eventuale sospensione dell’attività a seguito dell’emergenza sanitaria, quando ciò sia necessario al completamento del progetto. (F: Altalex 24.07.20)

Addendum. Nuovo decreto del MUR che attua una disposizione prevista dal decreto Rilancio: Anche gli studenti iscritti alle istituzioni di AFAM con ISEE non superiore a 20mila euro saranno esonerati dal pagamento delle tasse universitarie per l'a. a. 2020-21.

Si segnalano inoltre: un'appendice di stabilizzazione per i precari della sanità, un bonus virtuale per l'ECM a tutti gli operatori sanitari, l’introduzione di psicologi nelle USCA, nuovi fondi per borse studio per corsi in medicina generale, l’istituzione della Scuola di specializzazione in medicina e cure palliative.

 

UN’INDAGINE RIVOLTA AGLI STUDENTI SULLA DIDATTICA A DISTANZA

Un’indagine online si è svolta tra l’8 aprile e il 2 maggio 2020 ed era rivolta ai 27.792 studenti di UniMoRe che il 6 aprile non avevano ancora presentato la domanda di laurea. Per gli studenti che hanno risposto all’indagine (circa il 20%) sono state raccolte informazioni sulle condizioni materiali e personali e sull’organizzazione dello studio e della didattica a distanza.

La grande maggioranza di studenti ha seguito le lezioni online con una soddisfazione media sufficiente, senza grandi differenze in termini di anno di corso. Accanto alla soddisfazione, c’è però da rilevare la più netta sensazione di carico e di affaticamento. Passare molte ore davanti a un monitor per seguire le lezioni rende più pesante e faticoso prendere appunti e seguire le lezioni, anche per la difficoltà a rimanere concentrati. Se un terzo degli studenti ha abbracciato la didattica in remoto con entusiasmo, due terzi lamentano confusione e insofferenza, smarrimento e insoddisfazione e circa quattro studenti su dieci sono “sperduti”, insoddisfatti dell’apprendimento e confusi su come uscire da questa situazione.

La didattica di emergenza svolta in remoto sembra quindi necessitare di un quadro di regole chiaro, chiedendo ai docenti di rispettarlo in modo rigoroso. I suoi punti di forza riguardano per lo più la maggiore flessibilità nella fruizione della didattica: proprio per questo gli studenti suggeriscono il suo mantenimento anche dopo l’emergenza per chi studia e lavora. Assenza di interazione e difficoltà di fruizione della didattica sono per converso i punti di debolezza secondo altri gruppi di studenti. Altri ancora segnalano l’inefficace gestione delle lezioni online da parte dei docenti, i limiti della tecnologia e l’incertezza per lo svolgimento di esami, laboratori e tirocini.

(F: S. Colombini, G. Piscitelli e M. Russo, lavoce.info 16.08.20). Per saperne di più si consiglia la lettura integrale dell’articolo > https://tinyurl.com/yxecprbf  

 

DIDATTICA IN FORMA MISTA (BLENDED)

Nelle ultime settimane, molti atenei italiani e stranieri stanno decidendo come affrontare il prossimo anno accademico, per fare fronte all’emergenza sanitaria e alle norme di distanziamento sociale che continueranno a essere necessarie se si verificherà una seconda ondata di contagi in autunno. Le linee di indirizzo del ministro Manfredi sull'attività nel prossimo semestre prevedono il ricorso alla didattica in forma “mista”. Ma cosa significa “mista”? Vi sono atenei che stanno interpretando questo concetto distinguendo tra attività da svolgere in presenza (in particolare i laboratori) e attività da svolgere in modalità telematica (in particolare le lezioni frontali). A Bologna, invece, per didattica mista si intende la formula secondo cui il docente lavora in aula con alcuni studenti ed è simultaneamente collegato online con altri studenti che seguono da remoto, una scelta sottoscritta anche dal ministro Manfredi in un’intervista del 7 giugno, facendone una linea guida per tutte le università italiane. Per attuare questa formula, già deliberata e pubblicizzata dagli organi dell’Ateneo di Bologna, sono stati investiti ben tre milioni di euro, allo scopo di dotare le aule della necessaria attrezzatura tecnologica. (F: S. Saccani, Red.ne Roars 29.06.20).

In questi giorni si parla molto di didattica “blended” (la trasmissione in streaming delle lezioni erogate “in presenza” nelle aule, con un ridotto numero di studenti ammessi nelle stesse). Molti improvvisano e pochi fanno i conti con i limiti fisici e tecnici di questa modalità di erogazione. In questo articolo, Angelo Farina, docente di Applied Acoustics presso l’Università di Parma, spiega perché le problematiche acustiche ed illuminotecniche della didattica cosiddetta “blended” determinano sistematicamente un peggioramento qualitativo rispetto a lezioni in streaming effettuate da casa. Queste ultime sono a loro volta inferiori qualitativamente alla lezioni pre-registrate e liberamente scaricabili in modalità asincrona. Pur ritenendo non auspicabile l’erogazione di lezioni in streaming dalle aule, l’articolo offre una serie di indicazioni per cercare di garantire almeno una decente qualità dei segnali audio e video trasmessi. L’autore, resta però fermamente convinto che, nell’impossibilità di tornare alla normale attività didattica tutta in presenza, nel prossimo semestre sia meglio puntare su una didattica basata su lezioni frontali pre-registrate, su sessioni interattive con gli studenti di tipo “ricevimento” e di tipo “laboratorio”, e sulla messa a disposizione degli stessi dei files video liberamente scaricabili contenenti sia le prime che le seconde. Lasciando le aule vuote, sinché non si potrà finalmente tornare tutti assieme, senza restrizioni. (F: A. Farina, Roars 30.06.20). Per saperne di più sui pro e contro la didattica blended si legga l’articolo di Farina e i suoi numerosi commenti > https://tinyurl.com/y69oxb4z  

Accedendo a UniBo online Digital Learning http://online.unibo.it/, nella nuova sezione didattica mista, sono a disposizione un video tutorial sulla nuova piattaforma “Virtuale” che illustra l’uso delle nuove attrezzature d’aula, e alcuni altri video realizzati in collaborazione con il Centro per l’innovazione didattica che forniscono interessanti spunti sulle modalità di comunicazione didattica rese possibili dai nuovi strumenti. Per gestire in sicurezza l’attività didattica con particolare attenzione alla salute comune, in collaborazione con i Dipartimenti di Sanità pubblica delle ASL di riferimento, si stanno recependo e adattando alla peculiare realtà di UniBo le indicazioni del DPCM del 7 settembre scorso sulla gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle nostre aule. (F.: Rettore UniBo)

 

DECRETO SEMPLIFICAZIONI. IN SINTESI, CON COMMENTI, REDAZIONE ROARS ELENCA LE PRINCIPALI INNOVAZIONI PER L’UNIVERSITÀ, che riguardano:

- interventi volti ad agevolare lo scambio contestuale fra docenti consenzienti (adesso anche se con qualifica diversa: diverrebbe possibile lo scambio fra ordinario e associato) di sedi universitarie diverse;

- il fatto di ammettere anche le Università non virtuose che non abbiano conseguito particolari risultati nel campo della ricerca a sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica;

- un arzigogolato meccanismo normativo che sembra permettere alle sole Università virtuose (quelle sotto il tetto dell’80% di spese per il personale, per intenderci) di attivare procedure di arruolamento riservate ai soli docenti di Università che virtuose non sono, le quali implicherebbero anche lo spostamento delle mitiche “facoltà assunzionali” dalla Università non virtuosa a quella virtuosa, con la prima che per 12 mesi dalla perdita del personale drenato dalle Università virtuose non avrebbe la possibilità di bandire procedure (Università di serie A e serie B? quella è la rotta);

- la possibilità di conferire assegni di ricerca anche di durata semestrale, non più vincolati al rispetto del limite dell’annualità, per specifici progetti di ricerca che rendano necessario tale micro impegno;

- modifiche alla indicazione presente nei bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato (l’art. 24, per intenderci), con la previsione che non solo i PO, PA e RU, ma anche i ricercatori a tempo determinato già assunti dall’Università che procede al bando siano esclusi dalla possibilità di partecipare alla procedura bandita;

- la previsione che i ricercatori di tipo B siano adesso per legge (e non in base a regole previste dai singoli atenei, che finora in qualche caso potevano prevedere assai opinabili pseudo - lezioni da tenersi senza alcuna formalità di fronte all’indistinto corpo docente del dipartimento dell’ateneo bandente) tenuti a svolgere una prova didattica innanzi alla commissione esaminatrice nell’ambito delle procedure di selezione che li riguardano;

- la possibilità di chiamare all’inquadramento nel ruolo di associato, in caso di valutazione positiva già raggiunta, i ricercatori di tipo B dopo un solo anno dall’immissione nel relativo ruolo, sempre che l’ateneo abbia le risorse finanziarie per farlo;

- l’interpretazione normativa vincolante in base alla quale l’articolo 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n.240, va interpretato nel senso che l’abilitazione scientifica, da conseguire ai fini della chiamata di cui al medesimo comma 6, si riferisce allo stesso settore concorsuale di afferenza oggetto della procedura;

- nuove norme in materia di congedo obbligatorio per maternità;

- l’attribuzione all’associazione di diritto privato CRUI e non al CEPR della possibilità di esprimere un membro del panel dei valutatori dei futuri componenti del direttivo dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, depennando il requisito in base al quale il candidato in possesso di esperienza nella gestione di progetti complessi avrebbe avuto titolo preferenziale nella selezione (evidentemente fra i nomi che la CRUI ha già in mente di proporre c’è qualcuno che non ha mai gestito progetti di ricerca complessi e sarebbe un vero peccato non consentirgli di spiccare nella selezione);

- l’attribuzione, a decorrere dall’A.A. 2022-23, ad ANVUR, CRUI e CUN del potere di esprimere i criteri che saranno recepiti da un regolamento governativo per definire i criteri di accreditamento dei nuovi corsi di insegnamento;

- singolari ritocchini ad hoc al modo in cui viene composto il collegio dei revisori dei conti delle fondazioni universitarie (forma giuridica attraverso cui operano, a titolo di esempio, realtà libere di agire iure privatorum come l’Istituto Italiano di Tecnologia - IIT o l’IMT di Lucca). (F: Red.ne Roars 08.07.20)

 

ACCESSO PROGRAMMATO AL CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA. E’ MEGLIO IL SISTEMA FRANCESE?

Il sistema francese prevede un iniziale percorso (aperto a tutti) comune per tutti i candidati ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Farmacia ed Ostetricia, seguito, al termine del primo anno propedeutico, da una selezione (regolata ogni anno da un numero chiuso di posti), che apre la via agli studi di medicina. In funzione della propria posizione in graduatoria, lo studente può scegliere se restare al CdL in Medicina e Chirurgia od orientarsi verso un altro Corso di Laurea.

In uno studio si sono presi in considerazione 1792 studenti che hanno sostenuto il test di ammissione e si sono immatricolati (1326 regolari e 466 in sovrannumero) al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia delle Università di Milano Bicocca, Milano Statale, Modena e Reggio Emilia, Molise, Piemonte Orientale, Pavia, Roma La Sapienza, Torino.

In risposta a prese di posizione sulla stampa (e anche a un ex-ministra del MIUR), che avrebbero voluto adottare come migliore il sistema francese, lo studio ha dimostrato che l’adozione di questo sistema, che prevede l’accesso aperto e uno sbarramento alla fine del primo anno, non sarebbe utile. Infatti, come rilevato dallo studio, la valutazione del rendimento alla fine del primo anno di corso porta a selezionare gli stessi candidati che avrebbero ottenuto i punteggi più alti alla prova di ammissione secondo il nostro sistema basato sul test prima dell’accesso al CdL. (F: A. Bossi a nome del gruppo di lavoro che ha effettuato lo studio, quaderni-conferenze-medicina.it JIME n.71, 2016, pp. 3230-3232; R. Gullotto, catania.liveuniversity.it 14.08.20)

 

INFORMAZIONI UNIVERSITARIE. DECIMO ANNIVERSARIO DI PUBBLICAZIONE DEL WEBMAGAZINE http://www.universitastrends.info/  

La redazione, nel decimo anniversario della pubblicazione del presente webmagazine, ricorda ai lettori: INFORMAZIONI UNIVERSITARIE è un webmagazine senza periodicità che pubblica una web review di notizie sintetizzate d'attualità sulle politiche dell’università e della ricerca. Le fonti sono ottenute nel web da quotidiani nazionali ed esteri, agenzie, rassegne stampa (es. quelle del CNR), siti specializzati sull'università (es. Roars, Osservatorio sull’Università, corriereuniv.it), siti istituzionali (es. CRUI, CUN), siti internazionali (oecd.org/education, ihe@bc.edu, universityworldnews.com), siti sindacali (es. uspur.it, cipur.it, cnu-universitas.it, flcgil.it/università) e tramite Google Alerts che monitora il web segnalando sempre nuovi contenuti su specifici argomenti richiesti dall’utente (es. ricerca, docenti).

Il webmagazine è inviato ai professori e ai ricercatori universitari degli atenei italiani che nei loro portali rendono accessibili gli indirizzi di posta elettronica di questo personale.

Nella home page del webmagazine è inserita una RUBRICA TWITTER che pubblica notizie di giornata su università, ricerca, temi di politica e d’attualità scientifica.

È possibile, collegandosi a https://www.universitastrends.info/, iscriversi alle newsletter e ricevere una mail di notifica sugli aggiornamenti del webmagazine.

 

 

CLASSIFICAZIONI DEGLI ATENEI

 

LA SCALATA ALLE CLASSIFICHE DELLE UNIVERSITÀ

Questo webmagazine pubblica regolarmente alla voce del menu “Classificazioni delle università” i report delle principali agenzie che mettono in rete i ranking degli atenei. La pubblicazione di tale interessante tipologia d’informazione non esime tuttavia dal pubblicare anche le ricorrenti critiche a quella che è diventata una vera ossessione per gli indicatori per scalare le classifiche degli atenei. Molti addetti ai lavori giudicano tale ossessione (il c.d. rankismo), e l’enfatizzazione datale dai media, esiziali per la ricerca di qualità e più in generale per una normale atmosfera della competizione scientifica in ambito accademico.  

 

GLI INDICATORI DI QUALITÀ DELLA RICERCA. DA NEUTRALI DIVENUTI PRESCRITTORI DEI COMPORTAMENTI DEGLI ATTORI CHE QUEGLI STRUMENTI DOVREBBERO VALUTARE POICHÉ COSTORO SONO PREMIATI QUANDO VI SI CONFORMANO

Le Soir, quotidiano belga a grande diffusione, ha pubblicato a fine agosto un articolo dal titolo “Voyage en absurdie: les rankings des universités”. Il giornale generalista più letto dalla comunità francese del Paese mette a nudo criticamente e impietosamente le fallacie delle "classifiche" universitarie, un fenomeno alimentato dall'attitudine dei media a riprodurre puntualmente con grande enfasi i dati popolanti questi rankings, ben noto anche alle nostre latitudini. Roars lo descrive da tempo avendo coniato il neologismo "Rankismo". I numeri sono saliti al potere del mondo scientifico agli inizi del millennio e hanno conquistato ogni ambito del mondo accademico. Dalla valutazione individuale del singolo studioso (il celebre h-index, escogitato nel 2005, con subitaneo, travolgente successo, dal fisico argentino dell'Università di San Diego Jorge Eduardo Hirsch, forse anche perché rivelatosi subito idoneo a rappresentare ed assecondare l'ego dei suoi adepti), alla valutazione del prestigio scientifico della rivista (l'altrettanto famigerato Impact Factor o IF, lucrosamente gestito a livello mondiale dalla società Clarivate Analytics dopo essere stato messo a punto da un chimico, che, applicando i suoi algoritmi alle pubblicazioni scientifiche, era divenuto ricco: Eugene K. Garfield, appropriatamente ricordato da Wikipedia anche con la qualifica di “businessman”), al fenomeno - appunto - del Rankismo universitario di cui qui si parla.

Valutare un ricercatore o un gruppo di ricerca sulla base di questi indicatori diviene facile ed allettante. Seduce e assolve. Per pigrizia, e per non sbagliare di fronte all'apparente oggettività dei numeri, i membri dei comitati di valutazione ad ogni livello basano il loro giudizio sulla nuova "scienza" della bibliometria e ne sposano fino in fondo i dettami.

Sennonché - aggiunge Le Soir - quando un indicatore appare in un dominio del sapere, inizialmente avanza mascherato, presentandosi come un neutro strumento di misura. Assai presto quello strumento diventa, invece, un implacabile prescrittore dei comportamenti degli agenti che quello strumento dovrebbe valutare, poiché costoro vengono premiati quando vi si conformano. La potente tendenza ad adattare il proprio comportamento agli standard dell'indicatore induce profonde trasformazioni, se non vere e proprie distorsioni, nei comportamenti dell'agente soggetto a tali indicatori. E la sua efficacia diventa normativa.

Ma i danni più gravi si registrano sul fronte delle riviste scientifiche, là dove ormai regna sovrano l'Impact Factor, che misura il numero di citazioni ricevuto da un articolo nel torno di 2-5 anni dalla sua pubblicazione. Per aumentare il loro X-Factor (pardon, IF), alcune riviste sono arrivate al punto di pubblicare un articolo a condizione che l'autore citi un numero sufficiente di articoli pubblicati nella stessa rivista. Discipline come la storia, il diritto o la filosofia, dove tradizionalmente è la monografia a fare la differenza, vengono bistrattate perché nel clima numerico imperante esprimono “prodotti” la cui valutazione non si presta ad essere effettuata con le nuove metriche. È ormai chiaro che l'ossessione per i numeri sta portando la scienza fuori strada.

Un numero sempre più alto di comunità scientifiche e di addetti ai lavori della valutazione scientifica è ormai consapevole dei pericoli esiziali che questa ossessione per gli indicatori proietta sul futuro delle nostre Università e sulla ricerca di qualità. (F: Le Soir 29.08.20; Red.ne Roars 15.09.20 )

 

The TIMES HIGHER EDUCATION WORLD UNIVERSITY RANKINGS 2021

The Times Higher Education World University Rankings 2021 include more than 1,500 universities across 93 countries and regions, making them the largest and most diverse university rankings to date. The table is based on 13 carefully calibrated performance indicators that measure an institution’s performance across four areas: teaching, research, knowledge transfer and international outlook. This year’s ranking analysed more than 80 million citations across over 13 million research publications and included survey responses from 22,000 scholars globally.

1 - University of Oxford. United Kingdom

2 - Stanford University. United States

3 - Harvard University. United States

4 -  California Institute of Technology. United States

5 - Massachusetts Institute of Technology. United States

6 - University of Cambridge. United Kingdom

7 - University of California, Berkeley. United States

8 - Yale University. United States

9 - Princeton University. United States

10 - University of Chicago. United States

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167 – Università di Bologna. Italia

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170 – Sant’Anna School of Advanced Studies, Pisa. Italia

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181 – Scuola Normale Superiore, Pisa. Italia

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201 – Università Sapienza, Roma. Italia

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251 – Università di Padova. Italia

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251 – Vita Salute San Raffaele. Italia

 

ATENEI ITALIANI BEN PIAZZATI NEI DUE RANKING PIÙ USATI E DIFFUSI A LIVELLO INTERNAZIONALE. UN MIGLIORAMENTO IN CLASSIFICA OSTACOLATO DALLA DISCREZIONALITÀ DI ALCUNI INDICATORI

In THE WORLD UNIVERSITY RANKING primi 3 italiani: Università di Bologna (167°), Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (170°), Scuola Normale Superiore di Pisa (181°).

In QS (QUACQUARELLI SYMONDS) WORLD UNIVERSITY RANKING primi 3 italiani: Politecnico di Milano (137°), UniBo (160°), Roma-Sapienza (171°).

La formazione di una qualsivoglia graduatoria presuppone ovviamente di assegnare un punteggio che di volta in volta viene determinato dalla scelta di specifici indicatori. I responsabili di queste operazioni sono spesso grandi editori o vere e proprie agenzie di ranking sulle quali inevitabilmente grava l’ombra di una certa discrezionalità nella scelta di quegli indicatori che vanno a comporre i suddetti ranking. Discrezionalità che li rende arbitrari e ovviamente difficilmente confrontabili tra loro. Inoltre il fattore reputazione ha un ruolo decisivo nella formazione dello score finale. Ma esso non può ritenersi sempre esente da una certa discrezionalità, intervenendo su di esso fattori soggettivi come la stratificazione nel tempo di reti accademiche e di rapporti personali, oltre alle capacità di comunicazione degli atenei stessi.

Gli Autori dell’articolo su lavoce.info (Checchi, Micoli e Uricchio) si domandano cosa sia possibile fare per migliorare il posizionamento dei nostri atenei in questi ranking, specialmente considerando il buon posizionamento del paese nella ricerca su scala internazionale, e suggeriscono: agire con maggiore energia sul terreno dell’internazionalizzazione, lavorare sulla costruzione di un numero più ampio e articolato di indicatori all’interno dei meccanismi di finanziamento del nostro sistema formativo che dovrebbero essere più vicini ai parametri usati nei sistemi di ranking, migliorare il rapporto fra docenti e studenti e soprattutto il trasferimento tecnologico. In questo modo si promuoverebbe l’immagine del sistema universitario nazionale, come meriterebbe proprio alla luce della qualità della sua ricerca. Sull’internazionalizzazione degli atenei l’Italia finisce per non brillare nei ranking, e non solo per problemi della lingua: un miglioramento notevole potrebbe scaturire da un maggiore impulso alla valorizzazione e apertura del nostro sistema di alta formazione artistica e musicale (Afam), se questi corsi fossero anche formalmente assimilati ai corsi di laurea. (F: lavoce.info 20.07.20)

 

POLIMI, UNIBO E SAPIENZA: ECCO IL PODIO DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE NEL QS RANKING

Nel QS WORLD UNIVERSITY RANKING 2021 il MIT di Boston è ancora al primo posto davanti a Stanford e Harvard.

36 atenei italiani entrano in classifica tra 1000 selezionati di 93 nazioni. Nei 36 italiani spiccano il Politecnico di Milano, al 137° posto (+12 posizioni), il migliore in Italia, seguito da Università di Bologna, 160° posto (+17 posizioni) e Roma Sapienza 171°. PoliMi e UniBo figurano nell’1% dei migliori al mondo. (CorSera 10.09.20)

 

CLASSIFICA QS WORLD UNIVERSITY RANKING BY SUBJECT 2020. MIGLIORI 10 UNIVERSITÀ PER INGEGNERIA IN EUROPA.

La classifica finale per il 2019 segue >>

  1. University of Cambridge (UK), in 3° posizione mondiale;
  2. ETH Zurich – Swiss Federal Institute of Technology (Svizzera), in 4° posizione mondiale;
  3. University of Oxford (UK), in 6° posizione mondiale;
  4. Imperial College London (UK), in 7° posizione mondiale;
  5. EPFL – Ecole Polytechnique Federale de Lausanne (Svizzera), in 11° posizione mondiale;
  6. Delft University of Technology (Olanda), in 15° posizione mondiale;
  7. Politecnico di Milano (Italia), in 20° posizione mondiale;
  8. Technical University of Munich (Germania), in 25° posizione mondiale;
  9. KTH Royal Institute of Technology (Svezia), in 30° posizione mondiale;
  10. UCL (UK), in 39° posizione mondiale.

 

CENTER FOR WORLD UNIVERSITY RANKINGS (CWUR) 2020-2021

Pubblicata l’edizione 2020-2021 del ranking internazionale delle università elaborato dal CENTER FOR WORLD UNIVERSITY RANKINGS (CWUR), un’organizzazione di consulenza con sede negli Emirati Arabi Uniti. In classifica al 1° posto l’Università di Harvard, seguita dal MIT di Boston e dalla Stanford University. Il politecnico di Zurigo svetta nella classifica e si posiziona in testa tra gli atenei elvetici e a livello mondiale occupa il 29° posto.

Prime 20 italiane nella tabella.

Immagine

 

CLASSIFICA NATURAL SCIENCES WORLD UNIVERSITY RANKING

La classifica NATURAL SCIENCES WORLD UNIVERSITY RANKING è compilata dall'agenzia russa Round University Ranking (RUR) sulla base dei dati della statunitense Clarivate Analytics, tenendo conto delle dimensioni degli atenei. Stanford, Princeton, Caltech, MIT, Rice University e Scuola normale superiore di Pisa, questo il gruppetto dei sei migliori atenei del mondo per le Scienze Naturali, ovvero le discipline che indagano gli aspetti fisici, biologici, chimici della vita nell'universo. Cinque università statunitensi e una italiana, prima europea. (F: quinewspisa)

 

CWTS LEIDEN RANKING 2020 EXCLUSIVELY BASED ON THE RESEARCH DONE AT UNIVERSITIES

CWTS LEIDEN RANKING 2020 includes 1176 universities worldwide. These universities have been selected based on their number of Web of Science indexed publications (P) in the period 2015–2018. The LR provides information exclusively about the research done at universities.

In tabella le prime 20.

                                       

 

CLASSIFICA CENSIS DEGLI ATENEI ITALIANI 2020-21

Per quanto riguarda i Mega Atenei Statali con più di 40mila iscritti, in pole spiccano l’UniBo, l’UniPd, l’UniFi, Sapienza di Roma, stabili ai primi quattro posti. Al quinto posto l’UniPi, seguono la Statale di Milano, l’UniTo, l’UniBa, l’UniCt e l’Università di Napoli Federico II.

Nella classifica dei Grandi Atenei Statali spicca l’UniPg, seguita da UniPv, Università della Calabria e ancora l’UniPr, l’Università di Cagliari, l’Università di Milano Bicocca, l’UniMoRe e  l’Università di Salerno. Entrano in classifica  l’UniFe, l’Università della Campania e l’Università di Messina.

L’UniTr è prima per gli Atenei Statali Medi, seguita dall’UniSs, Siena Trieste, Udine, l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Napoli l’Orientale, l’Università di Napoli Parthenope e l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro.

Per i Piccoli Atenei Statali spicca l’Università di Camerino seguita dall’Università Mediterranea di Reggio Calabria e l’Università di Foggia.

Per quanto riguarda gli Atenei Non Statali la Bocconi di Milano è prima seguita da Università Cattolica, Luiss, Lumsa, e Iulm. La  Libera Università di Bolzano è prima nella classifica dei piccoli Atenei, seguita da Università Roma Europea, Liuc-Università Cattaneo, Università Lum Jean Monnet e Università di Roma Link Campus.

I punteggi delle prime dieci università migliori per le lauree magistrali in ingegneria: Politecnico di Milano 106.5, UniGe 106, UniAq 101.5, UniPd 101, UniTr 100, UniBo 97.5, UniPv 97, UniBg 94.5, UniBs 94, UniPa 93.5. (F: C. Lanari, Huffingtonpost 15.08.20) 

 

CLASSIFICA CENSIS DEGLI ATENEI 2020-21. TROPPA IMPORTANZA ALL’OCCUPABILITÀ POST LAUREA

La classifica Censis (v. nota precedente) si basa sull’offerta di servizi: borse di studio, strutture, servizi digitali, internazionalizzazione. Mette sullo stesso piano le strutture disponibili, e, in sostanza, “come è fatto il sito web”. Cose la cui “importanza” ha … diversi ordini di grandezza di differenza! Nulla inoltre (non sarebbe questa una cosa da dover conoscere?) riferisce sulla qualità dei professori. Dà grande importanza, invece, all’occupabilità: cioè alla percentuale di laureati che ad un anno dalla laurea ha trovato occupazione. L’occupabilità è nota a chi si interessa di fondi universitari: nelle assegnazioni agli atenei si usa da anni, e per come viene utilizzata si è trasformata in una sorta di regionalismo differenziato in ambito universitario, così argomenta l’estensore dell’articolo Laccetti. Le classifiche che usa il MIUR per i fondi sono stilate dall’agenzia ANVUR in modo da penalizzare chi è nelle ultime posizioni, e premiare chi è in testa. Indovinate? Ai primi posti gli Atenei del Nord, agli ultimi posti quelli del Mezzogiorno. “Avrete più soldi se … migliorerete”. E come si fa, senza soldi? Più soldi, migliore classifica, ancora più soldi. E così via, anno dopo anno.

Ma poi, l’occupabilità misura davvero la qualità della didattica e della ricerca o la preparazione degli studenti? Questo aspetto non sembra proprio interessare gli estensori della classifica Censis. E’ evidente invece di come l’occupabilità sia legata in modo diretto alla qualità del tessuto economico-produttivo-sociale del territorio in cui ha sede l’Ateneo, perché è questo che garantisce maggiori possibilità di lavoro. (F: G. Laccetti, Roars 30.07.20)

 

PARIS-SACLAY. ATENEO CON SOLO UN ANNO DI VITA GIA’ TRA I MIGLIORI NELLA CLASSIFICA ARWU

Dopo Oxford e Cambridge nella classifica ARWU delle migliori università appare Paris-Saclay. Incredibile se pensiamo che questo ateneo ha solo un anno e già compete con le università più antiche e prestigiose d’Europa. Come è possibile? Ma in cosa consiste questo nuovo ateneo? Perché va così forte? Intanto è grande. In secondo luogo, ha inglobato tante università e centri di ricerca al suo interno, per questo si può scegliere di studiare quasi tutto; il suo complesso è in grado di accogliere fino a 48mila studenti e 9mila ricercatori; poi per il modo in cui è stato realizzato, dunque raccogliendo e mettendo insieme tanti atenei, nel calcolo dei punteggi ha potuto sommare tutti i punti di queste piccole università. Risultato? Quest’anno è arrivata 14esima nella classifica di Shanghai. (F: facceaso settembre 2020)

 

 

CRISI PANDEMICA DA CORONAVIRUS. SARS-COV-2, COVID-19

 

MAMMALIAN SPECIES SUSCEPTIBLE TO NATURAL AND/OR EXPERIMENTAL INFECTION BY THE "SEVERE ACUTE RESPIRATORY SYNDROME (SARS) CORONAVIRUS (COV)-2

Based upon the data reported by Dr Shi and coworkers (1) as well as by other investigators, cats, ferrets, hamsters, tigers, lions, and minks represent, along with macaques and other non-human primates, mammalian species that are susceptible to natural and/or experimental infection by the "Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) Coronavirus (CoV)-2", the seventh officially recognized human coronavirus, which is also the causative agent of "CoronaVirus Disease 2019" (CoViD-19). A less pronounced SARS-CoV-2 sensitivity has been additionally shown in dogs, with resistance to experimental challenge having been reported in chickens and ducks (1). As firmly ascertained in mankind, cats would be also prone to acquire SARS-CoV-2 infection through the respiratory route, with infected (and asymptomatic) felines shedding the virus by means of aerosolization, thereby infecting their conspecifics housed in close proximity to them (1). Noteworthy, SARS-CoV-2 infection has been recently diagnosed in mink farms in The Netherlands, with minks likely acquiring the virus from infected caregivers, in a similar fashion to what previously found in tigers and lions from New York City Bronx Zoo as well as in privately owned cats in Hong Kong, Belgium, and USA. Since the viral isolates characterized from some of the aforementioned patients in The Netherlands had a genome sequence closer to that of SARS-CoV-2 strains detected in minks, as compared to the isolates identified in the "general population" residing in the same area, it seems plausible that humans (mink caregivers) might have acquired the infection from minks rather than by interhuman transmission. This is of special concern when dealing with the intricate and complex eco-epidemiological dynamics of a natural (and pandemic) infection as the one caused by SARS-CoV-2 betacoronavirus, a pathogen likely originating from bats (Rinolophus affinis) and which could have subsequently "jumped" into an "intermediate" (and hitherto unidentified) species before making its "definitive" spillover into mankind. This is not an "unprecedented" finding, given that the SARS and the "Middle East Respiratory Syndrome" (MERS) coronaviruses had done (more or less) the same in 2002-2003 and 2012, respectively, and provided also that, even more important, no less than 70% of "emerging infectious diseases" (EIDs) are caused by pathogens originating, either certainly or suspectedly, from animals (2). As a concluding remark, SARS-CoV-2 infection and CoViD-19 disease, which have now reached the dramatic figures of 17 million cases and over 650,000 deaths worldwide, are a complex issue, in a similar way to the vast majority, if not to all the other zoonotic infections and diseases. As a consequence, a multidisciplinary approach is absolutely needed in handling zoonotic EIDs, thereby taking into special consideration the "One Health" concept, a crucial "common denominator" mutually and indissolubly linking human, animal, and environmental health into a common and unique "triangle". References 1) Shi J. et al. (2020) - Science 368: 1016-1020. 2) Casalone C. & Di Guardo G. (2020) - Science (Letter to the Editor, e.Letter). 

(F: G. Di Guardo, UniTe, nota pubblicata online in veste di "e.Letter" sulla Rivista Science il 30.07.20 e qui riprodotta per gentile concessione dell’Autore).

 

COVID-19 ED INFLUENZA SPAGNOLA

Che 100 anni, esattamente 100 anni separino la CoViD-19 dalla "Spagnola", la tragica pandemia influenzale che nel 1918-19 causò almeno 50 milioni di morti, e' un dato di fatto.

Assai meno scontati - se non addirittura improponibili in certi casi - sarebbero, invece, i paralleli fra le due pandemie ed i rispettivi agenti causali (virus SARS-CoV-2 e IAV-H1N1). A tal proposito, un aspetto che quasi mai viene preso in considerazione nella disamina comparativa fra CoViD-19 e "Spagnola" e' quello relativo alle complicanze settiche (batteriche) sviluppate dai pazienti infetti, un'evenienza tutt'altro che infrequente. Dai tempi della famigerata influenza del XX secolo ci sarebbero voluti quasi 30 anni, infatti, prima che Alexander Fleming scoprisse (nel 1946) la penicillina, il primo antibiotico della storia. Ciò equivale a dire che mentre l'influenza complicata da germi d'irruzione secondaria non avrebbe potuto concedere scampo, illo tempore (1918-'19), ai malcapitati individui, le forme respiratorie "complicate" di CoViD-19 possono beneficiare oggigiorno di un'ampia gamma di antibioticoterapie. Ciò rende a mio avviso, unitamente ad altri elementi, pressoché improponibile un confronto "a distanza" fra le due pandemie. Sarebbe interessante, pur tuttavia, acquisire dati affidabili in merito alla reale prevalenza delle complicanze settiche nei pazienti CoViD-19-affetti, al precipuo fine di poter stabilire quale sia stato l'effettivo ruolo svolto dai batteri d'irruzione secondaria negli oltre 880.000 casi di malattia ad esito letale ufficialmente accertati su scala globale. Alle succitate opzioni terapeutiche oggigiorno disponibili per gli individui SARS-CoV-2-infetti colpiti da sindromi respiratorie complicate da germi d'irruzione secondaria fa da "contraltare", infatti, l'allarmante escalation delle infezioni sostenute da batteri antibiotico-resistenti, responsabili di almeno 10.000 decessi su base annua in Italia, fattispecie quest'ultima che "conferisce" al nostro Paese un triste primato per tale parametro nel Vecchio Continente. (F: G. Di Guardo, UniTe 08.09.20)

 

THREE COVID-19 NEW VACCINES

Three new vaccines produce an immune response to the new coronavirus. Two of the vaccines — one from China’s CanSino Biologics and the other from a collaboration between Oxford University and Astrazeneca — use an altered adenovirus that mimics the coronavirus and, when injected in humans, triggers the creation of antibodies against it. The third, from Pfizer and German biotech BioNTech, relies on messenger RNA (mRNA) that synthesizes a crucial part of the coronavirus called the receptor-binding domain. They join US biotechnology company Moderna, which last week published evidence that its mRNA-based vaccine provoked immune responses in its early-stage trial. Next comes the all-important large phase III trials that will show whether these vaccines actually protect people from the new coronavirus. “What this means is that each of these vaccines is worth taking all the way through to a phase III study,” said vaccine researcher Peter Jay Hotez.

(F: Nature Briefing 22.07.20)

 

 

CULTURA DEL DIGITALE. DIDATTICA A DISTANZA. INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

L’ITALIA AL 22° POSTO, TERZULTIMA IN EUROPA TRA LE NAZIONI PRONTE ALL’E-LEARNING

"Preply", la piattaforma dedicata all’apprendimento digitale, ha reso pubblici i dati di uno studio che esamina l’esistenza di condizioni basilari per e-learning e l’educazione digitale in 30 Paesi a livello globale: L’Italia si piazza al 22° posto nella classifica delle nazioni con le migliori condizioni per l’e-learning. Rispetto all’indice dell’accessibilità all’educazione online, l’Italia non brilla. Solo il 72.5% degli studenti ha accesso a un computer da casa. Però sono 218 i corsi di educazione a distanza, un dato che pone il Belpaese nella media europea, considerando che la Germania ne ha 220 e la Spagna 260. Nella media europea è anche il dato relativo alla retribuzione dei tutor, 17 euro l’ora, contro i 29.39 euro l’ora della Danimarca e gli 11 euro della Spagna. Ad abbassare drasticamente il ranking dell’Italia sono i dati relativi alla velocità di download a banda larga e mobile. La velocità di download a banda larga in Italia è in media di 60.0 Mbit/s, con Francia, Ungheria, Svezia e Spagna che doppiano l’Italia e fanno registrare i risultati migliori a livello europeo. (F: today 06.09.20)

Potrebbe interessarti: https://www.today.it/innovazione/classifiche-e-learning-paesi-ocse-posizione-italia.html

 

UNIVERSITÀ TELEMATICHE. IL RAPPORTO CRITICO E MAI RISOLTO FRA UNIVERSITÀ TRADIZIONALI E UNIVERSITÀ TELEMATICHE. LA CORSA ALL’“ACQUISTO” DEI CREDITI PER INSEGNARE

Milena Gabanelli (con Adele Grossi) ha riacceso i riflettori sul mondo delle università telematiche italiane sulla Data Room, ospitata sul sito del Corriere della Sera il 28 luglio scorso. Le Università telematiche accreditate in Italia sono 11. Esse contano (nel 2019) 110.000 immatricolati a fronte dei 1.690.000 e rotti delle Università tradizionali (nel 2018). Per legge, esse possono impartire corsi di laurea in tutte le discipline, eccetto Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Odontoiatria.

Il punto finale dell’analisi mette all’indice il vero problema, mai risolto, relativo al rapporto fra università tradizionali e università telematiche, un problema che oggi, in tempi nei quali anche le “tradizionali” devono erogare didattica in via telematica, appare farsi davvero critico, nella sua ormai patente ingiustificabilità: la diversità delle regole che disciplinano l’accreditamento di Università che rilasciano un diploma di laurea che la legge rende in tutto e per tutto equipollente a quello rilasciato dalle Università tradizionali. Le regole che le università telematiche devono osservare sono molto meno rigide di quelle imposte alle università tradizionali. Per quanto riguarda la didattica c’è un docente di ruolo per più d’ogni 521 iscritti, contro 1 ogni 36 delle tradizionali dove, per un corso di laurea, il decreto ministeriale 6/2019 ha imposto 9 docenti di cui 5 di ruolo. Tutte queste lauree, ai fini concorsuali, valgono esattamente quanto quelle conseguita in qualsiasi altro ateneo.

Poiché la tabella ministeriale, che definisce le classi di concorso per l’insegnamento e i requisiti necessari, permette di acquisire a chi non li ha i crediti per insegnare certe discipline per le quali non si ha la laurea prevista, si è assistito alla corsa all’“acquisto” di questi crediti, prontamente messi in vendita dalle università telematiche. Ci si può rivolgere a una telematica, la quale, attraverso un corso telematico e un colloquio finale, concede questi crediti a costi variabili in base al numero dei crediti richiesti. Il rischio è che si abbiano docenti che, pur sapendo poco o nulla di una data disciplina, perché mai o poco studiata nel corso regolamentare dei propri studi, vadano ugualmente a insegnarla nelle scuole, scavalcando quanti con quella materia si sono dovuti confrontare con un corso di laurea specifico impartito in modalità tradizionale. E’ uno degli strumenti – tutti rigorosamente a norma di legge – con i quali oggi ci si propone di formare un corpo docente di «elevata» qualificazione nelle scuole italiane, osserva Roars https://tinyurl.com/yxrthcsv sulla scorta dell’analisi su Data Room (M. Gabanelli, CorSera). E aggiunge: Quando si dice che si è voluto distruggere la scuola (vedi anche l’articolo di E. Galli della Loggia sul CorSera del 21.08.20) non si ricorre a un’iperbole, ma si descrive la realtà dei fatti; tutto ciò è frutto di norme che qualcuno ha voluto approvare e i cui consequenziali provvedimenti qualcuno ha firmato, così come dietro il grande business delle telematiche potrebbero celarsi anche consistenti interessi politici, e non solo. (F: CorSera 28.07.20; Red.ne Roars 26.08.20)

 

NEUROTECNOLOGIE. I RISCHI DI INTERFACCE MACCHINA-CERVELLO

Costruire «macchine» in grado di eseguire compiti caratteristici dell'intelligenza umana, riproducendo il funzionamento del cervello, è sempre stato il sogno nel cassetto dell'Homo Technologicus. Aspirazione legittima da sempre ma che negli anni `50 ha preso forma compiuta grazie alla nascita della cosiddetta Intelligenza artificiale. Seppur fin da allora in continua  evoluzione, tale disciplina ha però subito una rivoluzione concettuale e fattuale solo all'inizio degli anni '8o quando sono state sviluppate le prime macchine capaci di apprendere autonomamente un'attività senza essere state programmate esplicitamente a farlo. Utilizzando come modello computazionale precipuo le reti neurali - certo ben diverse da quelle contenute nel nostro cervello - queste macchine sono già oggi di utilizzo comune in molti ambiti (imaging medicale, guida autonoma, riconoscimento facciale, assistenti virtuali) e quindi certo utili. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. La stessa «neurotecnologia» ha portato contestualmente allo sviluppo di interfacce macchina-cervello talmente efficaci da far «parlare» anche cervelli umani tra di loro solo connettendoli via wifi. Macchine che un giorno ci aiuteranno certo a superare handicap

fisici e mentali causati da gravi malattie ma che potrebbero anche essere usate per condizionare i nostri comportamenti agendo appunto «inconsapevolmente» sul nostro pensiero.

Proprio per anticipare scenari futuri o futuribili spiacevoli, lo scorso dicembre, l'Oecd (Responsible Innovation in Neurotechnology) ha elaborato semplici ma fondamentali raccomandazioni che si vorrebbe fossero la base di partenza per un'innovazione neurotecnologica responsabile, finali7zata esclusivamente a promuovere la salute. (F: G. Martino, CorSera 02.07.20)

 

I ROBOT DI TELEPRESENZA PER LA TELEDIDATTICA

I robot di telepresenza sono dispositivi che generalmente contengono un display montato su una base che può essere facilmente spostata. Quelli di ultima generazioni possono anche mappare lo spazio circostante ed evitare così gli ostacoli mentre si spostano da una stanza ad un’altra. I robot di telepresenza rappresentano una sorta di “avatar” per quegli studenti che non sono in grado di poter frequentare regolarmente la scuola. La comprovata efficacia degli androidi deriva da ricerche specifiche. Infatti, i ricercatori hanno analizzato i responsi di 18 studenti di ingegneria e di quattro dei loro insegnanti. Dalle analisi eseguite emergeva che gli insegnanti, ritenevano i robot di telepresenza utili strumenti preferibili ad altri utilizzati per l’apprendimento a distanza. Ciò, poiché la presenza dei robot garantiva maggiore coinvolgimento e consapevolezza da parte dei loro studenti. Ovviamente, tutti e quattro gli insegnanti hanno dichiarato che preferiscono in ogni caso insegnare agli studenti di persona. (F: tecnoapple.it 30.06.20)

 

È NATA L'ESTENSE DIGITAL LIBRARY, PRIMA PIATTAFORMA ITALIANA CON ACCESSO ONLINE A OLTRE 700 MILA PAGINE DI MANOSCRITTI

La Biblioteca Estense Universitaria è in un bel palazzo di Modena, ma ora non più solo lì. Perché ora è nata l'Estense Digital Library, prima piattaforma italiana a offrire la possibilità di accedere online a oltre 700 mila pagine di manoscritti custoditi nella Biblioteca (ma si sta lavorando per digitalizzare anche i manoscritti e i libri illustrati dell'Antico Fondo Estense, finanziandosi in fundraising fino a raccogliere i 700 mila euro necessari). In pratica. con un lavoro durato oltre tre anni, la Biblioteca Estense Universitaria è la prima in Italia a rendere disponibile non solo il catalogo o la descrizione dei volumi, ma i libri stessi in altissima definizione, su piattaforme aperte, mettendosi al livello di altre importanti biblioteche mondiali come la Oxford Bodleian Library o la Bibliothèque Nationale de France col suo mastodontico progetto Gallica. Anche la Biblioteca Vaticana. per citare un altro sancta sanctorum del libro antico, ha iniziato da anni la digitalizzazione dei suoi 80 mila manoscritti: ma per l'appunto siamo all'estero. Il Mibact ha iniziato da dieci anni, in partnership con Google Books, il lavoro di digitalizzazione dei volumi delle Biblioteche nazionali di Roma e Firenze, ma si tratta di un progetto diverso per tipologia, finalità e piattaforme. Va detto che la Estense Digital Library è nata con un finanziamento della "Sphaerae coelestis et planetarum descriptio", Fondazione di Modena e con il contributo realizzativo del Centro di ricerca sulle Digital Humanities dell'Università di Modena e Reggio Emilia e di AGO Modena Fabbriche Culturali. L'aspetto più innovativo di questo portale aperto è che si basa sullo standard International Image Interoperability Framework, uno dei più importanti per la condivisione in rete di documenti digitalizzati, che aiuta archivi. biblioteche e musei a sfruttare al meglio le proprie collezioni digitalizzate. (F: https://www.gallerie-estensi.beniculturali.it/magazine/magazine-digital-library/)

 

SOLUZIONI IN AMBITO EDUCATIVO BASATE SULLA BLOCKCHAIN

Si legge in Agenda Digitale: In questo periodo di forte incertezza per l’emergenza sanitaria, l’annoso problema della distanza tra mondo del lavoro e istruzione superiore può essere affrontato con l’impiego della tecnologia blockchain.

I primi esperimenti e progetti pilota di soluzioni in ambito educativo, basate sulla blockchain, si sono sviluppati a laddove gli ecosistemi preesistenti di stakeholder erano più robusti, in quanto offrono la base di fiducia serve per la creazione del cosiddetto Minimum Viable Ecosystem, che precede l’applicazione su larga scala della DLT nelle transazioni, costituendo uno spazio circoscritto di prova per lo sviluppo della blockchain e il miglioramento della soluzione proposta.

Così ha fatto anche Learning Machine, che ha collaborato con il MIT Media Lab per creare Blockcerts, una piattaforma a standard aperto utile per la creazione, l’emissione e la verifica di certificati, tutti su blockchain. Avendo tutti i record (come punteggi accademici e riconoscimenti) su una blockchain, una eventuale azienda in cerca di nuove risorse umane, in fase di assunzione, può facilmente vagliare la credibilità dei documenti dell’ex-studente e scoprire informazioni falsificate, qualora siano stati millantati fatti non veri. I risultati accademici – voti, trascrizioni e persino diplomi – sono infatti archiviati sulla blockchain di Blockcerts perché si abbia una traccia immutabile della storia accademica passata. Più di 600 laureati del MIT 2018 hanno scelto di ricevere una versione digitale dei loro diplomi sulla blockchain di Blockcerts. Di conseguenza, i registri accademici degli studenti saranno archiviati per sempre e i futuri datori di lavoro potranno verificarli immediatamente. (F: agendadigitale 08.07.20)

 

SMART WORKING

Zoom ha lanciato Zoom for Home, uno schermo con 3 telecamere per chi lavora in smart working, che garantisce alta qualità video, avvicinando quanto più la conversazione virtuale a quella reale. Inoltre nel giro di un paio d’anni Facebook promette videoriunioni con l’utilizzo di ologrammi in grado di replicare la nostra presenza in ufficio. (F: linkiesta 20-07.20)

 

 

DOCENTI. RICERCATORI

 

INFONDATA LA DENUNCIATA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO FRA I RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO E I RICERCATORI A TD DI TIPO B, QUANTO AL REGIME DELLA CHIAMATA A PROFESSORE ASSOCIATO

La Corte Costituzionale (Sentenza 24.07.20, n. 165, G.U. 29.07.20) ritiene non fondato il profilo di censura riguardante la denunciata disparità di trattamento fra i RICERCATORI A TEMPO INDETERMINATO e i RICERCATORI A TD DI TIPO B, quanto al regime della chiamata a professore associato attraverso procedura riservata.

Ritiene la Corte che la lettera dell'art. 24 della legge n. 240 del 2010, là dove prevede, al comma 5, che l'università «valuta» il ricercatore di tipo B in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale ai fini della chiamata in ruolo come professore associato e, al comma 6, che la stessa procedura «può» essere utilizzata per i ricercatori a tempo indeterminato, depone con chiarezza nel senso di configurare un obbligo di valutazione solo nel primo caso e una mera facoltà nel secondo.

In definitiva, la Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario), sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

(F: https://ift.tt/3hxT5ue eius.it)

 

STIPENDI DEI PROFESSORI UNIVERSITARI. INTERPRETAZIONI DIVERSE TRA ATENEI

Tra gli Atenei italiani esistono diverse interpretazioni su alcuni aspetti relativi agli stipendi dei docenti universitari, in seguito al passaggio della progressione economica da triennale a biennale (in conseguenza dell’articolo 1, comma 629, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205) e anche su alcuni casi particolari relativi al precedente passaggio da biennale a triennale (secondo quanto previsto dall’art 8 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 e, in particolare, all’allegato 1 – articolo 2, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232). Queste diverse interpretazioni hanno dato vita a diverse pratiche negli Atenei, che determinano differenziazioni inaccettabili, considerato lo Statuto giuridico nazionale della docenza universitaria e in particolare le norme di legge relative a inquadramento e retribuzione.

Appare evidente che tale situazione si sarebbe potuta evitare se il Ministero non si fosse limitato in questi mesi a rispondere ai singoli atenei rispetto ai dubbi interpretativi avanzati, senza farne occasione di indirizzo generale e, nel contempo, CINECA, che fornisce programmi informatici per il calcolo degli stipendi a larga parte degli Atenei, non avesse proceduto ad interpretazioni ed applicazioni della normativa senza apparente coordinamento con il Ministero stesso. (F: F. Sinopoli, lettera al ministro UR 11.09.20)

 

DAL 2008 IL NUMERO DI POSIZIONI, LA VELOCITÀ DI CARRIERA E L’ENTITÀ DELLE RETRIBUZIONI PER RICERCATORI E PROFESSORI UNIVERSITARI SI SONO DRASTICAMENTE RIDOTTI

I tre meccanismi attraverso cui il sistema universitario italiano ha perso attrattività soprattutto agli occhi dei più giovani e dei più qualificati che sempre più numerosi decidono di lasciare il nostro paese alla ricerca di migliori opportunità si possono riassumere con le 3L delle parole inglesi: «Less (staff), Later (careers), Lower (salaries)» . Secondo la nostra analisi il personale under 40 si è praticamente dimezzato nel decennio 2009-2019 e ha visto ritardato il proprio ingresso in ruolo a tempo indeterminato a seguito della nascita della figura del ricercatore a tempo determinato (di tipo A e B). La perdita economica per questi soggetti è impressionante: per chi aveva tra i 30 e i 40 anni nel 2008 può essere paragonata, in un decennio, al valore medio del mutuo per l’acquisto di una casa (tra i 100 e i 150 mila euro). La perdita monetaria ha penalizzato soprattutto le donne che nel 2010 rappresentavano il 19% dei professori ordinari, il 34% degli associati e ben il 45% dei ricercatori a tempo indeterminato ed erano quindi concentrate tra le fasce d’età più giovani. La teoria economica ci insegna che i soggetti con una maggior qualità non osservata sono i primi a lasciare il mercato qualora il sistema di incentivi non sia ben posto. Ne consegue che il sistema universitario nel suo insieme corre il rischio di subire una perdita della qualità generale del personale e, in prospettiva, una diminuzione della capacità del sistema di svolgere efficacemente i suoi compiti, primo fra tutti la formazione del capitale umano per il rilancio del paese, ancor più necessario dopo la pandemia Covid. (F: A. Civera et al., IlSole24Ore Università 11.08.20) )

 

CARRIERE E RETRIBUZIONI SUCCESSIVE ALLA CRISI FINANZIARIA DEL 2008. DONNE IN CARRIERA

Dal 2008 il numero di posizioni, la velocità di carriera e l'entità delle retribuzioni per ricercatori e professori delle università si sono drasticamente ridotti a seguito dei tagli che hanno caratterizzato il periodo successivo alla crisi finanziaria:

  • - 43 % Giovani accademici. Nel decennio 2009-2018 il numero dei giovani under 40anni presenti nelle Università in tutti i ruoli (dall'ordinario al ricercatore) si è quasi dimezzato;
  • 1264 Ricercatori in fuga. Nel 2018 l'Istat ha censito 1264 dottori di ricerca italiani all'estero, un numero triplicato rispetto al 2009;
  • 141.950 €. Perdita salariale cumulata. Secondo lo studio dell'Università di Bergamo, basato su dati MEF, dal 2010 al 2020 la perdita monetaria cumulata per un professore ordinario (livello 0) ha sfiorato i 150mila euro;
  • 25% Donne professoresse. Solo 1 su 4 tra i professori ordinari nelle Università nel 2019 è donna secondo i dati del MIUR. Soltanto 5 punti percentuali in più rispetto al 2009;
  • 1 su 2 Ricercatori di ruolo donne. Secondo i dati MIUR tra i ricercatori di ruolo nel 2019 nelle Università italiane il 49% è di sesso femminile. (F.te: IlSole24Ore agosto 2020)

 

UN’INDAGINE RIVOLTA AI DOCENTI SULLA DIDATTICA A DISTANZA NEL “SEMESTRE COVID”

DaD. RICERCA UNIVERSI-DAD di F. Ramella e M. Rostan - Centro Luigi Bobbio dell'UniTo - è la prima indagine su quanto è avvenuto nel "semestre-Covid" nelle nostre accademie con riferimento, appunto, alla didattica a distanza. Campione di 3.398 docenti e domande poste via questionario.

I ritardi nell'avvio delle lezioni sono stati contenuti (il 74% degli insegnanti è partito entro il 13 marzo, cinque giorni dopo il decreto di chiusura); le ore di lezione non si sono discostate, tutto sommato, da quelle previste (nei dottorati la sovrapposizione è quasi al 100%); la grande maggioranza dei docenti è riuscita a svolgere tutto il programma di insegnamento, una buona maggioranza ha adattato le proprie strategie didattiche alla trasmissione a distanza (mostrando, questo 67%, capacità di adattamento). Le lezioni sono state tenute prevalentemente in diretta streaming e solo il 7% dei docenti si è limitato a offrire dispense, il minimo sindacale. Il numero di studenti che ha frequentato non è diminuito, in alcuni casi è addirittura aumentato (22% contro il 20 dei professori che ritiene siano diminuiti). Gli esami, a chiudere, si sono svolti regolarmente. Il 54% degli intervistati, quindi, vorrebbe che almeno una parte della didattica venisse svolta in futuro in "forma mista", integrando le lezioni in presenza con attività online. Per la prima volta da molti anni, sostengono gli autori, la trasmissione digitale della conoscenza "ha costretto i docenti e le università italiane a porsi espliciti interrogativi sulla didattica. Abbiamo capito che non basta la tecnologia, occorre un vero e proprio Piano nazionale per il digitale". (F: C. Zunino, La Repubblica Scuola 03.08.20)

 

LE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE COMMISSIONI GIUDICATRICI IN PROCEDURA DI VALUTAZIONE PER RECLUTAMENTO A UN POSTO DI RICERCATORE A TDETERMINATO NON SONO SINDACABILI DAL GIUDICE AMMINISTRATIVO

Il TAR Campania ha chiarito con sentenza 15 settembre 2020, n. 3807 che “le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in ordine alle prove di concorso […] costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile”. (F: Osserv. univ. 24.09.20)

 

 

DOTTORATO

 

DOTTORI DI RICERCA. RETRIBUZIONI E CONTRATTI DI LAVORO

La loro retribuzione mensile netta è in media di 1.605 €, mentre all'estero tocca 2.375 €, anche 2.600 € per i dottori in ingegneria. Vi è solo il 13,5% dei ricercatori italiani all'estero, ma il 72,7% di loro ritiene esservi più opportunità lavorative.

Le donne con dottorato sono migliori nel curriculum formativo (hanno 110 e lode il 71,5% rispetto al 64,4% degli uomini), ma gli uomini hanno più contratti a tempo indeterminato (29,1% contro 25,1%), più assegni di ricerca (28,7% contro 25,4%) e stipendi più alti del 12% a 1 anno dal titolo specialmente tra i dottori in ingegneria (17,3%). (F: linkiesta 25.08.20)

 

REPORT SUI LAUREATI (ISTAT) E SUI DOTTORI DI RICERCA (ALMALAUREA)

Un report ISTAT relativo ai dati 2019 indica che la quota di laureati tra i 30-34enni in Italia è del 27,6%: siamo penultimi in Europa, dove la media è del 41,6%. Di quella stessa popolazione è occupato solo il 78,9%: un dato 8,8 punti al di sotto della media UE e che, come ha sintetizzato l’ISTAT, è indice di un mercato del lavoro «che assorbe con difficoltà e lentezza il giovane capitale umano più formato del paese». E a proposito di emigrazione: l’ultimo studio AlmaLaurea sul profilo dei dottori di ricerca 2019 ha riportato che il 72,7% dei Ph.D. italiani ritiene che per il proprio settore disciplinare ci siano maggiori opportunità lavorative all’estero. (F: Linkiesta 09.09.20)

 

IN ITALIA IL PRIMO DOTTORATO IN INTELLIGENZA ARTIFICIALE. PARTIRÀ CON L'A. A. 2021-2022

Con l'anno accademico 2021-2022 partirà in Italia il primo dottorato in intelligenza artificiale. Firmata la convenzione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l'Università Sapienza di Roma, il Politecnico di Torino, l'Università Campus Bio-Medico di Roma, l'Università Federico II di Napoli e l'Università di Pisa. Lo rendono noto il Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR) e il CNR, presso il quale il MUR ha costituito un comitato per elaborare una strategia unitaria e realizzare un coordinamento nazionale, finanziando con 4 milioni di euro il Cnr e con 3,85 milioni di euro l'Università di Pisa. Sono già disponibili 194 borse di studio, 97 cofinanziate dal Cnr e 97 cofinanziate dal MUR attraverso l'Università di Pisa. "Si tratta di una grande opportunità per il nostro Paese. Con il dottorato in intelligenza artificiale l'Italia sarà più competitiva sulle tecnologie avanzate", ha affermato il titolare del MUR Gaetano Manfredi. (F: ANSA Roma 03.08.20)

 

 

FINANZIAMENTI. SPESE

 

FINANZIAMENTI DEL GOVERNO ALLA RICERCA

Attraverso i decreti economici per il contrasto della pandemia, in questi mesi il governo ha stanziato cifre sostanziali: 250 milioni di euro a partire dal 2021 per il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, più altri 300 milioni nel 2022, e 300 milioni nei prossimi due anni per il fondo per il finanziamento ordinario delle università. Per assumere nuovi ricercatori, si stanzieranno 200 milioni a partire dal 2021, più altri 50 milioni nello stesso anno per l’assunzione di ricercatori negli enti pubblici di ricerca. La previsione è che ai 1.607 ricercatori di cui è stata già prevista l’assunzione se ne aggiungeranno altri 3.333, per un totale di 4.940 ricercatori assunti al 1 gennaio 2021. Ulteriori fondi arriveranno poi con il Next Generation EU: la sfida adesso è discutere di quanti dei 209 miliardi andranno a finanziare il comparto universitario. (F: I. Dominioni, linkiesta

25.08.20)

 

SCIENCE&ENGINEERING INDICATORS 2020. FINANZIAMENTI ALLA RICERCA NEL MONDO

Puntuale come sempre, la National Science Foundation (NSF), l’Agenzia federale degli Stati Uniti che finanzia la ricerca scientifica non di carattere biomedico, ha pubblicato il rapporto Science&Engineering Indicators 2020. Si tratta di un’analisi, biennale, sullo stato della ricerca negli USA che, però, ha anche un sostanzioso capitolo sullo stato della ricerca nel mondo.

L’Unione Europea (che nel 2017 comprende ancora il Regno Unito) figura terza in termini assoluti come capacità di finanziamento (430 miliardi di dollari in un anno), superata dalla Cina (496 miliardi di dollari) e dagli Stati Uniti che sono ancora primi (549 miliardi di dollari). L’Unione Europea è ultima per intensità di investimenti: meno del 2% di spesa in ricerca rispetto al prodotto interno lordo, superata di poco dalla Cina (2,15%), nettamente dagli USA (2,81%), dal Giappone (3,21%) e dalla Corea del Sud, prima al mondo col suo 4,55%. In Cina gli investimenti in R&S tra il 2000 e il 2017 sono aumentati al ritmo del 17,3% annuo e in Corea del Sud del 9,8% annuo, contro il 5,1% dell’Unione Europea, il 4,3% degli USA e il 3,3% del Giappone. (F: P. Greco, IlBo 17.06.20)

 

HORIZON EUROPE. PIÙ FINANZIAMENTI

L'Unione Europea ha creato il più grande programma di ricerca e innovazione del mondo: Horizon 2020. La ricerca e l'innovazione sono il motore più importante della crescita: si stima infatti che il guadagno in termini di PIL per l'intera Ue dovuto proprio grazie ad Horizon 2020 si aggiri tra i 200 e i 600 miliardi di euro entro il 2030. Esso infatti guida lo sviluppo di attività ad alta intensità di conoscenza, che rappresentano oltre il 33% dell'occupazione totale in Europa.

Il 27 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto di rafforzare Horizon Europe con 13,5 miliardi e mezzo di euro in più dal nuovo strumento di ripresa Next Generation Eu. Il programma raggiungerà in totale 94,4 miliardi di euro, dove il denaro aggiuntivo consentirà di concentrarsi ancora di più e facilitare la ricerca essenziale per la salute, la resilienza e le transizioni verdi e digitali. (F: CorSera 19.06.20)

 

OSSERVAZIONI DEL CODAU AL DECRETO RILANCIO SU VINCOLI DI SPESA DELLE UNIVERSITÀ

Il CODAU (Convegno dei Direttori generali delle Amministrazioni Universitarie) ha pubblicato una nota, rivolta al Ministro dell’Università e della Ricerca e al Presidente della CRUI, manifestando la propria posizione ed esprimendo rilievi in vista della conversione in legge del Decreto Rilancio. Il CODAU si riferisce in particolare:

- alla legge di bilancio 2020 con i commi dal 591 al 599 dell'art. 1 stabiliva nuovi vincoli per la spesa in beni e servizi. In particolare il comma 591 individuava anche per gli atenei i "limiti di spesa per acquisto di beni e servizi entro il valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018". La versione del decreto Rilancio approvata dal Governo non contiene alcuna attenuazione per gli atenei rispetto a tale vincolo.

- alla legge di bilancio 2019 con i commi dal 971 al 977 dell'art. 1, poneva restrizioni all'utilizzo del fabbisogno finanziario degli atenei; tali vincoli non sono stati attenuati dal decreto rilancio anche se è stato opportunamente posticipato all'anno 2023 il regime delle sanzioni. (F: Osserv. Univ. 18.06.20)

 

NOVITÀ NEI NUOVI BANDI TELETHON PER I PROGETTI DI RICERCA SU MALATTIE RARE

C’è una novità nei nuovi bandi Telethon per i progetti di ricerca sulle malattie rare appena

promossi e i cui vincitori saranno resi noti entro la fine gennaio 2021, dopo la valutazione della Commissione tecnico-scientifica. La novità, forse la più significativa per i giovani, riguarda il «Telethon Career Award» che metterà a disposizione dei giovani vincitori non solo il finanziamento per le loro ricerche, ma anche una copertura salariale, una specie di stipendio, che permetterà loro di mantenersi, nel frattempo. (F: CorSera 02.07.20)

 

IL RECOVERY FUND SECONDO MARIO MONTI INTERVISTATO DA IL FOGLIO

“L’Europa, col varo del Recovery fund, ha dimostrato di avere consistenza politica e capacità di reazione. Benché l’accordo raggiunto sia di gran lunga peggiorativo rispetto al testo elaborato dalla Commissione. Alla fine, per vincere le resistenze, spesso strumentali, dei vari paesi, si è ricorso ai vecchi metodi. Soldi ai governi nazionali, la conferma di quella mostruosità che sono i rebate, tutte risorse sottratte al Green deal, alla ricerca e alla transizione digitale”. Su cosa puntare? “Sull’istruzione, innanzitutto. Se i soldi spesi nella mistificante battaglia per la salvaguardia dell’italianità di Alitalia li avessimo investiti nella scuola e nell’università, oggi staremmo meglio. Molti meno giovani con una laurea e un master fuggirebbero all’estero”. Che fare, allora, di queste ingenti risorse che l’Europa ci metterà a disposizione? “Una modesta proposta, innanzitutto. Visto che se ne parla tanto, anche a sproposito, io dico che è il caso che ce le diamo noi, le condizionalità, per evitare di vedercele imporre da altri. Diamoci noi stessi un vincolo esterno - come fece Ulisse, che si legò all’albero della nave per non cedere alla seduzione del canto delle sirene (F: Intervista di V. Valentini a M. Monti, Il Foglio 23.07.20)

 

PROGRAMMA QUADRO UE DELLA RICERCA 2021-2027. RIDOTTI I FINANZIAMENTI

Il finanziamento proposto dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Ue per il Programma quadro della ricerca 2021-2027 viene ridotto dal Consiglio Europeo di 13,5 miliardi di euro. Si ritorna ai livelli previsti nel 2014, riferisce ItaliaOggi.

I finanziamenti per la ricerca nel 2021 e nel 2022 diminuiranno rispetto al livello del 2020. Lo denuncia Lettera 150, il think tank che riunisce oltre 250 docenti universitari. E' la prima volta, rileva, che questo accade nella storia d'Europa. (ANSA 29.07.20).

 

 

LAUREE–DIPLOMI-FORMAZIONE POST LAUREA–OCCUPAZIONE

 

NECESSARIE UNIVERSITÀ TECNICHE COME LE FACHHOCHSCHULEN TEDESCHE

Le Fachhochschulen o Università di scienze applicate, sono istituti professionali universitari che la Germania ha istituiti quando ha verificato che la mancanza di tecnici specializzati stava frenando il sistema industriale e che le vecchie scuole professionali non servivano a formare queste nuove figure di alto livello tecnico mentre potevano continuare a istruire personale non bisognoso di approfondite conoscenze digitali. Questa finestra scolastica, sostengono in Germania, ha avuto (e sta avendo) un ruolo fondamentale nello sviluppo industriale che deve confrontarsi con una competitività internazionale basata sulla capacità d'innovazione e di automazione dei processi produttivi. La Germania ha investito risorse ingenti in tale progetto, avendo chiari gli obiettivi. Ed è riuscita così anche a dare un futuro a gran parte dei propri giovani, con l'asticella della disoccupazione giovanile a livello fisiologico.

Un esempio che qualche economista ha proposto di ripetere in Italia e in effetti nel 2010 sono nati gli Istituti tecnici superiori (ITS). Ma fatta e festeggiata la legge è subentrato il disinteresse: da parte della politica, che guarda solo al proprio ombelico e non ha erogato i finanziamenti necessari per fare decollare le nuove  strutture scolastiche, ma anche da parte degli imprenditori che raramente riescono a volare alto e a interpretare l'interesse generale (che sarebbe anche il loro). In verità c'è qualche eccezione che cerca di emergere qui e là. Ma si tratta, appunto, di eccezioni. Se i nostri denari anziché in leggi per sussidi e prebende, fossero stati investiti nell'istruzione, con l'avvio di università tecniche come le Fachhochschulen tedesche, non vi sarebbe una disoccupazione giovanile intrecciata a una scarsa competitività e a un'attività industriale in recessione. (F: C. Valentini, ItaliaOggi 25.08.20)

 

LAUREE PROFESSIONALIZZANTI (LP) E ISTITUTI TECNICI SUPERIORI (ITS). RICHIESTO UN MONITORAGGIO COMPARATIVO SUI PERCORSI PROFESSIONALIZZANTI DI ITS E LP

Con i tre nuovi corsi sulla formazione universitaria per agrotecnici, geometri, periti agrari e periti industriali, si pone fine alle sperimentazioni delle nuove lauree professionalizzanti. Lo schema di decreto ministeriale che definisce le nuove classi di corsi di laurea a orientamento professionalizzante (LP) per agrotecnici, geometri, periti agrari e periti industriali, introduce un nuovo indirizzo di formazione universitaria di tipo tecnico, di durata triennale, quello delle lauree professionalizzanti. Senza, tuttavia, attribuire a queste classi di LP valore abilitante e con il rischio che queste si sovrappongano con l'offerta formativa degli ITS (Istituti Tecnici Superiori post diploma delle superiori) oltre che con i loro sbocchi occupazionali e professionali.

A sottolineare queste criticità è la Commissione Cultura della Camera, che ha dato parere favorevole allo schema di decreto con alcune osservazioni. I deputati chiedono un monitoraggio comparativo, anche attraverso un ente terzo, sui percorsi professionalizzanti ITS e LP per «valutare gli esiti in uscita e di valorizzare entrambi i canali di formazione post diploma, per rilanciare la formazione terziaria professionalizzante come scelta strategica per le prospettive occupazionali dei nostri giovani». (F: E. Micucci, ItaliaOggi 18.08.20)

 

“SENZA AVER PRIMA AZZERATO L’IMBUTO FORMATIVO NIENTE AUMENTO DEI POSTI A MEDICINA”, SECONDO LA FEDERAZIONE NAZIONALE DEGLI ORDINI DEI MEDICI

11.000 tra borse di specializzazione e quelle per la medicina generale, a fronte di 22.000 potenziali candidati. Sarebbe questo il numero di accessi concordato con le Regioni ai percorsi formativi post lauream. E i rimanenti 11mila medici già laureati e abilitati? Prigionieri, a tempo indefinito, dell’imbuto formativo, il collo di bottiglia tra laurea e specializzazione. Condannati a un futuro fatto di precariato, inoccupazione, disoccupazione. Oppure a fuggire all’estero, e i 1.500 medici che ogni anno vanno a specializzarsi all’estero costano al Paese che li ha formati oltre 225 milioni. Ribadisce il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici: “Sembra averlo compreso anche la politica, che, rispondendo agli appelli della FNOMCeO e alle sollecitazioni dei ministri Grillo e Speranza, ha preso atto del problema dell’imbuto formativo e ha praticamente raddoppiato il numero delle borse, rispetto alle 6mila di due anni fa. Adesso è il momento di avere coraggio, di ridare speranza ai giovani e ai cittadini. È il momento di garantire un futuro ai nostri giovani medici, senza cedere alla tentazione di regalare gratificazioni tanto immediate quanto illusorie a chi vuole intraprendere un percorso, non scevro da impegni e sacrifici, e si troverà, tra qualche anno, un muro davanti. È tempo di abbattere quel muro, di far diventare l’imbuto formativo un lontano ricordo, una pagina triste della nostra storia”. (F: Red.ne nursetimes.org 18.06.20)

 

ALMENO 9.000 I MEDICI ITALIANI NEGLI ULTIMI OTTO ANNI SONO ANDATI A ESERCITARE ALL’ESTERO

Sono stati eletti «eroi» nel corso della pandemia e giustamente il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha deciso di conferire particolari onorificenze anche a medici e infermieri che hanno lavorato in prima linea nella lotta alla Covid-19. Ma purtroppo l’esercito degli eroi è in fuga dall’Italia: sono infatti almeno 9.000 i medici italiani che negli ultimi otto anni sono andati a lavorare all’estero. Lo ha certificato il «Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica» pubblicato dalla Corte dei Conti. Un dato che va di pari passo con un altro noto da tempo, ben prima del coronavirus: al servizio sanitario italiano mancano già oggi almeno 10.000 «camici bianchi» a causa dei pensionamento e del mancato turnover negli ospedali. I 9.000 laureati usciti dall’Italia hanno scelto principalmente la strada di Gran Bretagna, Germania, Svizzera e paesi scandinavi. Una ricerca dell’Ocse datata 2018 fissa a poco più di 80.000 dollari lordi la retribuzione media di un medico italiano: il dodicesimo posto in una graduatoria di 21 paesi che vede in testa l’Islanda con ben 202 mila dollari seguita dall’Irlanda (186.000). Tra i paesi a cui bussano i dottori italiani la Germania garantisce 156.600 dollari l’anno, 148.000 il Regno Unito, 111.000 la Svezia. Il rapporto tra la busta paga di un medico in Italia e quella di un lavoratore medio è di 2,5 a 1, in Germania sale a 3,5 e in Gran Bretagna a 3,4. (F: C. Del Frate, CorSera 04.06.20)

 

CORSI DI LAUREA ABILITANTI

Il ministro Manfredi ha annunciato di voler avviare corsi di laurea che siano anche abilitanti per aiutare i giovani ad entrare più velocemente nel mondo del lavoro. “Bisogna dare valore alle professioni – ha affermato il ministro – in quanto facilitatrici dell’accesso al lavoro consentendo ai futuri diplomati specialisti di poter esercitare anche la professione di medico di medicina generale (MMG) allineando l‘Italia al resto d'Europa”. (F: Orizzonte Scuola, Sanità 24 20.06.20)

 

IL POSSESSO DEI 24 CFU ABILITA ALL’INSEGNAMENTO?

I 24 crediti formativi universitari in discipline antropo-psico-pedagogiche, metodologie e tecnologie didattiche, uniti al titolo di laurea valido per l’insegnamento, sono intrinsecamente abilitanti? Per il Tribunale ordinario di Siena, Sez. Lavoro, lo sono. Il Tribunale ha, dunque, rigettato il reclamo del MIUR, confermando il valore abilitante di laurea più 24 CFU. (F: OggiScuola 18.06.20)

 

STATALI. PIÙ PENSIONATI CHE DIPENDENTI NEL 2021. A FRONTE DI UN CALO DEL 6,2% AUMENTANO SOLO NEGLI ENTI DI RICERCA, NEI VIGILI DEL FUOCO E NELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI

Nella pubblica amministrazione ci saranno più pensionati che dipendenti nel 2021. Una P.A. di statali la cui età media è di 50,7 anni, con il 16,9% dei dipendenti over 60 e solamente il 2,9% sotto i 30. Attualmente gli impiegati statali sono circa 3,2 milioni, il 59% in meno della Francia e il 70% in meno della Germania, mentre i pensionati sono già 3 milioni. Solo 4/10 dipendenti hanno un titolo di studio universitario. Interventi di formazione per aggiornare competenze e conoscenze dei dipendenti statali si sono quasi dimezzati negli ultimi 10 anni (da 262 mln del 2008 a 154 mln del 2018). Dal 2008 al 2018 il numero dei dipendenti è calato del 6,2% ossia di 212mila persone. Maggiori perdite nelle amministrazioni delle Regioni e delle autonomie locali, che hanno diminuito il loro organico di quasi il 20%, segue poi la Sanità, con meno 41mila dipendenti e i Ministeri con meno 36mila. Invece si è assistito a una crescita del numero dei dipendenti negli Enti di ricerca, che hanno aumentato il loro organico del 33% con quasi 6mila unità in più, quello dei Vigili del Fuoco e infine le Autorità indipendenti che hanno registrato un +64,8%. (F: M. Grassi, Money 06.07.20)

 

ISTAT: ITALIANI ULTIMI NELLA UE PER LIVELLI DI ISTRUZIONE, EPPURE LA LAUREA PREMIA SUL LAVORO

L’Istat certifica: siamo tra gli ultimi in Europa per livelli di istruzione, con un tasso sempre più elevato di abbandono precoce degli studi e un fortissimo svantaggio per le donne e per chi vive nel Mezzogiorno. Tuttavia, anche adesso, a fronte della crisi, la laurea garantisce un ritorno occupazionale elevato: la percentuale di occupazione dei 30-34enni laureati in Italia è del 78,9%, di quasi 10 punti inferiore a quella europea dell'87,7%. Ma è più che doppia rispetto al tasso di occupazione dei 18-24enni che abbandonano precocemente gli studi, che è comunque di quasi 10 punti più elevato rispetto a quello dei diplomati. Al Sud rilevano livelli inferiori di istruzione e occupazione, ma il titolo di studio superiore garantisce comunque molte più possibilità. Lo attesta  il rapporto ISTAT sui livelli di Istruzione e occupazionali in Italia nel 2019. Il tasso di occupazione dei giovani laureati (e anche dei diplomati) alla fine del percorso di formazione migliora di 2,2 punti sul 2018, pur mantenendo 22,8 punti di divario dalla media Ue. Se si sceglie l'area medico-sanitaria e farmaceutica il tasso di occupazione sale all'86,8%, il massimo, seguito dall'83,6% delle lauree in ambito scientifico e tecnologico e dall'81,2% di quelle del settore socio-economico e giuridico. (F: R. Amato, ISTAT, Rep A&F 22.07.20)

 

DIVARIO LAUREATI 'STEM', 37,3% UOMINI CONTRO 16,2% DONNE

Nel 2019, il 24,6% dei laureati (25-34enni) ha una laurea nelle aree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Il divario di genere è molto forte: il 37,3% degli uomini ha una laurea STEM contro il 16,2% delle donne. Le quote si invertono per le lauree umanistiche: 30,1% tra le laureate e 15,6% tra i laureati. (F: tiscali.it)

 

 

RICERCA (1)

 

FINANZIAMENTI ALLA RICERCA. DAL 2016 A OGGI ABBIAMO “PERSO” VERSO L’ESTERO UNA MEDIA DI 23 STARTING GRANT L’ANNO, MA SONO IN VISTA CAMBIAMENTI

Sull’assegnazione degli Starting Grant ERC degli ultimi cinque anni, l’Italia è sempre lì: tra l’ottavo (2017, 2019) e l’undicesimo posto (2016, 2018), mentre i suoi ricercatori si piazzano stabilmente tra il secondo e il terzo, sorpassandosi a vicenda con i colleghi di nazionalità francese (v. grafico su ERC SG 2020 dove figuriamo al secondo posto). Dal 2016 a oggi, abbiamo “perso” verso l’estero una media di 23 Starting Grant l’anno, una quota sempre superiore al 50% delle borse vinte da italiani, con punte (nel 2018 e nel 2020) oltre il 60%. I motivi per cui non attiriamo ricercatori sono gli stessi per cui li perdiamo: non tanto singole iniziative, ma le lacune del nostro ecosistema accademico e di ricerca, che Luca Carra, Segretario del Gruppo 2003 per la Ricerca Scientifica, individua nella mancanza di finanziamenti e in tanta burocrazia, in un sistema poco flessibile per carriere e stipendi, nonché in una – relativa – mancanza di infrastrutture capaci di fare “massa critica”. In altre parole, laboratori ben finanziati che possano attrarre ricercatori e creare lavoro.

Ma qualcosa sta (si spera) cambiando. Lo scorso maggio il Decreto “Rilancio” ha stanziato mezzo miliardo di euro per l’istituzione del Fondo per il trasferimento tecnologico e 1,4 miliardi di euro per le università e gli enti nazionali di ricerca, in parte dedicati all’assunzione di più di 3.000 nuovi ricercatori e al finanziamento con 550 milioni tra 2021 e 2022 del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) per lo sviluppo dei Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN). Un passo seguito, l’8 settembre, dalla notizia di una possibile svolta che potrebbe arrivare da Next Generation EU. (F: S. Porciello, linkiesta 10.09.20)

 

INFRASTRUTTURE INTERNAZIONALI DI RICERCA. CONTRIBUTI DELL’ITALIA

L'Italia nell’ambito di ESFRI (European Strategy Forum on Research Infrastructures) ha ufficializzato la proposta di realizzare in Sardegna l'EINSTEIN TELESCOPE (ET), un osservatorio pionieristico di terza generazione per le onde gravitazionali che contribuirà in modo decisivo a migliorare la nostra conoscenza dell'universo e dei processi fisici che lo governano. L'Italia è alla guida del gruppo di nazioni che hanno presentato la proposta nell'ambito dell'aggiornamento per il 2021 della ROADMAP ESFRI, il forum strategico europeo che definisce quali saranno le future grandi infrastrutture di ricerca in Europa.

Sul razzo della SpaceX (la prima compagnia privata a inviare nel 2020 una navicella spaziale alla Stazione Spaziale Internazionale) lanciato a fine maggio c'erano anche componenti realizzali dalla Dallara di Varano (Pr), piccola azienda capace di fare sistema e di coinvogere nella sua avventura le scuole della zona, dall'istituto tecnico al liceo, fino alle quattro università della motor valley emiliana e alla Bologna business school. (F: QN Econ Lav, CdS Econ 12.09.20)

 

REVOLUTIONARY MICROSCOPY TECHNIQUE SEES INDIVIDUAL ATOMS FOR FIRST TIME

The cryo-electron microscopy breakthrough, reported by two laboratories late last month, will ultimately help researchers to understand how proteins work in health and disease, and will lead to better drugs with fewer side effects. “It’s really a milestone, that’s for sure. There’s really nothing to break anymore. This was the last resolution barrier,” says biochemist and electron microscopist Holger Stark. See proteins’ individual atoms for first time. A game-changing technique for imaging molecules has produced its sharpest pictures yet, and, for the first time, has discerned individual atoms in a protein. F: Nature 582, 156-157 (2020)

 

 

Cryo-electron microscopy of proteins such as this β-galaxtosidase enzyme has progressed from the low-resolution density map on the left to the atomic coordinates on the right.

 

RICERCA SUL MORBO DI PARKINSON. PROMETTENTE UNA TERAPIA GENICA SPERIMENTALE

Basta inibire un singolo gene per mettere in moto una “fabbrica” di neuroni che producono dopamina nel cervello. La scoperta presentata su Nature potrebbe tradursi in futuro in una terapia genica per il Parkinson basata su un unico intervento risolutivo. Per ora il trattamento è stato testato con successo sui topi. Dal laboratorio si è passati agli esperimenti sugli animali. I ricercatori hanno dimostrato sui topi che un singolo intervento su un singolo gene è capace di trasformare gli astrociti del cervello in neuroni che producono dopamina, il neurotrasmettitore fortemente carente nelle persone affette da Parkinson. «Il fatto che siamo riusciti a produrre così tanti neuroni in un modo relativamente semplice è stata una grande sorpresa», ha commentato Xiang-Dong Fu, che ha guidato la ricerca. Nei topi utilizzati per l’esperimento era stata indotta una condizione clinica molto simile al Parkinson caratterizzata dall’abbassamento dei livelli di dopamina. Ebbene dopo il trattamento i sintomi della malattia erano scomparsi. (F: healthdesk.it 14.07.20)

 

RICERCA BIOMEDICA. LINCEI: LO STOP AI TEST SU ANIMALI OSTACOLA LA RICERCA

Nello scambio dialettico tra ricercatori – almeno quelli favorevoli all’impiego degli animali – e animalisti, ieri la parola è andata all’Accademia Nazionale dei Lincei. Gli scienziati di una delle più antiche istituzioni scientifiche d’Europa, nata nel 1603, hanno ricordato che la ricerca biomedica italiana sta vivendo una difficoltà senza precedenti a causa dei seri ostacoli a condurre test sugli animali. Una situazione che, insieme alla mancanza di fondi, si sta ripercuotendo anche su ricerche urgenti in questo periodo di pandemia, come quelle su farmaci e vaccini anti Covid-19. Nel documento della loro Commissione Salute, i Lincei rilevano come la ricerca italiana sia danneggiata dal decreto legislativo 26/2014 relativo ai test sugli animali e sollecitano al governo “la rapida eliminazione del decreto”. (F: Sole24 09.06.20)

 

PIANO STRAORDINARIO 2020 PER IL RECLUTAMENTO DI RICERCATORI

Pubblicati i decreti ministeriali relativi ai piani straordinari per il reclutamento dei RICERCATORI di tipo B e per la progressione di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale > https://tinyurl.com/y75nnjor e https://tinyurl.com/y9l8oc4z (F: Osserv. Univ. 18.06.2)

 

GALILEO GALILEI È L’INVENTORE DEL CANNOCCHIALE?

Che cosa ha inventato Galileo Galilei? È facile inciampare nell'errore comune di pensare al cannocchiale. È una convinzione talmente diffusa che anche nei musei si legge spesso questa inesattezza. Il cannocchiale era già stato inventato in Olanda, non a caso terra di grande sperimentazione grazie anche alla tolleranza religiosa che alimentò il cosiddetto Secolo d'Oro (il XVII secolo portò i Paesi Bassi a prendere il testimone sui mari degli spagnoli per poi passarlo agli inglesi). Dunque in cosa innovò Galilei? La sua oggi sarebbe chiamata innovazione di processo più che di prodotto perché, se è vero che contribuì a migliorare il cannocchiale, la sua idea più brillante fu quella di non usarlo orizzontalmente, come facevano i marinai olandesi per navigare, ma verticalmente come telescopio per guardare da vicino i cieli e scorgere ciò che non andava visto: la riprova delle teorie copernicane. Dunque Galilei fu un innovatore perché cambiando la finalità d'uso di fatto prese un cannocchiale e lo trasformò in un metodo scientifico. (F: M. Sideri, Corriere Innovazione 09.07.20)

 

STUDIO CONDOTTO DALL’UNIVERSITÀ DI LEEDS, NEL REGNO UNITO: LA PLASTICA RIEMPIRÀ GLI OCEANI ENTRO IL 2040

L’aumento della plastica monouso, stimato del 40% per i prossimi 10 anni, ha fatto registrare una decisa accelerazione durante la pandemia di coronavirus. Molti Paesi hanno incoraggiato l’utilizzo del monouso per arrestare i contagi, e le operazioni di riciclaggio si sono in parte bloccate. A peggiorare le cose, l’emergenza sanitaria ha anche rallentato i sistemi di gestione rifiuti e causato tagli ai prezzi della plastica. Secondo i ricercatori, i rifiuti di plastica che affluiscono negli oceani ogni anno raddoppieranno entro il 2040, mettendo la fauna marina sempre più in difficoltà. Al momento, la maggior parte degli imballaggi in plastica viene utilizzata solo una volta per poi diventare rifiuto. La principale fonte di inquinamento deriva da quelli urbani, prodotti dalle famiglie. Al di là del grado di impegno dei governi, nei prossimi 20 anni almeno 29 milioni di tonnellate di plastica finiranno nei mari secondo i ricercatori. (F: M. Ciotola, Money 26.07.20)

 

1 MILIARDO IN PIÙ PER LA RICERCA DI BASE E 0,5 MILIARDI PER LA RICERCA APPLICATA DAL BILANCIO 2021. APPELLO DI AMALDI

Proposta del prof. Amaldi del Cern. Grazie a prestigiose adesioni su Twitter ha incassato oltre 13 milioni di visualizzazioni. Lo scienziato chiede al governo di aumentare di 1,5 miliardi nel 2021 i fondi per la ricerca, così da raggiungere, con un +14% l'anno per 5 anni, l’1,1% del Pil entro il 2026 (contro lo 0,5% attuale). Amaldi invita a contattare più persone possibile su Twitter e altri social per creare un movimento d'opinione tale "che i responsabili dei partiti che stanno approntando il bilancio 2021 non si "dimentichino" delle necessità della ricerca". (F: Gaz. Mez. 12.08.20)

 

 

RICERCA (2). VALUTAZIONE DELLA RICERCA

 

INDICATORI DI PERFORMANCE. UNA OSSESSIONE PER SCALARE LE CLASSIFICHE

Un numero sempre più alto di comunità scientifiche e di addetti ai lavori della valutazione scientifica è ormai consapevole dei pericoli esiziali che questa ossessione per gli indicatori proietta sul futuro delle nostre Università e sulla ricerca di qualità. La Carta DORA (https://www.roars.it/online/dora/), sottoscritta da più di 2.000 organizzazioni e istituzioni scientifiche di tutto il mondo, proclama solennemente che l’Impact Factor di una rivista non può in alcun caso essere utilizzato per giudicare le qualità di un ricercatore. E invece, nel tentativo di “scalare le classifiche”, ogni ateneo s’impegna a rinnovare cieca fedeltà al modello imposto da indicatori di performance congegnati per celebrare il modello delle grandi università anglosassoni che hanno a disposizione ingentissime risorse, soprattutto se paragonate a quelle degli atenei di altre nazioni e, in particolare, di quelli italiani. È tempo che i media comprendano che non esiste una università migliore al mondo. E che le nostre autorità universitarie prendano consapevolezza che ciascuna delle nostre università coltiva i propri valori, le proprie specificità e i propri obiettivi, che non possono essere ricondotti a un numero. E che a furia di avere gli occhi inchiodati sulle classifiche, e di fare la rana che vuol diventare più grande del bue, costoro potrebbero un giorno scoprire di guidare un’istituzione che ha più niente di una vera Università. (F.te: Roars 15.09.20)

 

LA CRESCITA DELLA PRODUZIONE SCIENTIFICA ITALIANA È STATA DAL 2001 SUPERIORE ALLA MEDIA MONDIALE. TUTTAVIA  I RISULTATI NON SI RIFLETTONO SUL RANKING DEI NOSTRI ATENEI

In termini di articoli pubblicati e di impatto scientifico (dati Scival Scopus) delle pubblicazioni in tutte le discipline, nel periodo 2001-2018, la crescita della produzione scientifica italiana è stata superiore alla media mondiale. L’Italia ha visto aumentare progressivamente la propria quota di pubblicazioni che, nel biennio 2017-2018, si attesta al 3,8 per cento dell’intera produzione mondiale oggetto di valutazione, mantenendosi in linea con quanto registrato nei precedenti bienni (3,7 per cento nel 2013-2014 e 3,9 per cento nel 2015-2016). Nello stesso periodo, i paesi europei che potremmo considerare come “concorrenti” nell’ambito della ricerca scientifica e che godono in questo campo di maggior prestigio internazionale (quali Francia, Germania e Regno Unito) hanno sostanzialmente mantenuto le loro quote, seppur con un trend leggermente calante nel tempo: la Francia passa dal 4,1 per cento del 2015-2016 al 3,9 del 2017-2018, la Germania passa dal 6 per cento al 5,8, mentre il Regno Unito mantiene stabile da un biennio all’altro la propria quota, pari al 6,9 per cento). Nel periodo 2017-2018 un’ottima prestazione viene registrata in Italia dalle scienze agrarie e veterinarie, le quali raggiungono livelli superiori al dato complessivo nazionale (Fwci=1,47): la precedono solo i Paesi Bassi e Svizzera, Svezia e Regno Unito. Il dato è probabilmente legato alla interconnessione tra ricerca e filiera produttiva italiana dell’agro-alimentare, ivi inclusi gli aspetti di sicurezza nel campo dell’alimentazione e dei controlli di sicurezza, ad esempio degli allevamenti. Anche nelle scienze della salute l’Italia si posiziona tra i migliori paesi, con un Fwci medio di 1,61 (nel biennio 2017-2018), superiore a quello di Francia e Germania e persino degli Stati Uniti (1,40).

L’Italia è dunque saldamente attestata in una posizione preminente in Europa e nel mondo rispetto alla sua produzione scientifica, sia come presenza di articoli scientifici nei principali database internazionali, sia in termini di impatto citazionale. Non altrettanto confortante è, invece, il dato relativo alla collocazione internazionale degli atenei italiani quando si guardano le graduatorie preparate da agenzie di assoluto prestigio. Molte sono redatte annualmente, puntualmente riprese dagli organi di stampa, e sempre di più attraggono l’attenzione non solo degli addetti ai lavori ma anche quella dei fruitori primi dell’offerta formativa: gli studenti e le loro famiglie. I ranking internazionali mostrano risultati deludenti per le università italiane, che compaiono tipicamente intorno od oltre la 150esima posizione. Si tratta quindi di uno strano paradosso, dove la qualità della ricerca – che spinge in alto il posizionamento del paese – non sembra riflettersi in modo equivalente sul piazzamento delle università, che pure rappresentano i centri di ricerca più importanti di quello stesso paese. (F: D. Checchi, P. Miccoli e A. F. Uricchio, lavoce.info 13.07.20)

 

LA VALUTAZIONE DI STATO DELLA RICERCA TRAMITE LA BIBLIOMETRIA PERPETUA L’OLIGOPOLIO EDITORIALE DELLA RICERCA SCIENTIFICA

Perché università ed enti di ricerca non sono capaci di dire agli oligopolisti dell’editoria commerciale “Da oggi in poi vi pagheremo soltanto come fornitori di servizi di pubblicazione ad accesso aperto: e se i vostri prezzi non saranno ragionevoli, ci rivolgeremo a Scholastica o a Arti Grafiche Siciliane, o faremo da noi con riviste ad accesso aperto su piattaforme istituzionali”? Perché è necessario concludere con loro accordi trasformativi con esborsi pari se non superiori a quanto si pagava per un semplice abbonamento? Gli accordi trasformativi, programmaticamente pensati come convenzioni temporanee per agevolare la transizione dell’editore ad un accesso aperto completo, comportano l’esborso di una cifra complessiva per leggere e per scrivere. Per Elsevier, Springer-Nature o Wiley la transizione all’accesso aperto è finanziata da noi, senza nessuna garanzia che una volta scaduto il contratto questi sarà e resterà un editore interamente ad accesso aperto. Per quanto concerne l’Italia, la perpetuazione dell’oligopolio è una certezza, per almeno due ragioni. Università ed enti di ricerca italiani non possono mettere in discussione la bibliometria, perché essa è imposta amministrativamente – a dispetto dell’articolo 33 della Costituzione – dalla valutazione di stato della ricerca. Ciò comporta che i negoziatori italiani del consorzio CRUI-CARE quando si siedono al tavolo delle trattative non possono neppure far finta di alzarsi per andarsene: il contratto deve essere concluso, a qualunque costo. In secondo luogo, la struttura della trattativa rende difficile, indipendentemente dalle buone intenzioni dei negoziatori, concludere contratti che non siano più che favorevoli agli oligopolisti dell’editoria. In particolare, il testo del contratto viene rivelato soltanto alla fine perché l’intera procedura si basa sul presupposto implicito che gli enti aderenti a CARE vogliano comunque firmarlo.

Sulla base di queste considerazioni, AISA auspica che si adottino le seguenti contromisure: 1. mettere in discussione l’uso della bibliometria e la dipendenza da database in mano a multinazionali private; 2. rendere pubblica il più precocemente possibile la proposta di contratto su cui si sta negoziando; 3. rendere pubblici i contratti conclusi; 4. non chiedere ai singoli delegati l’adesione su una mera proposta economica, ma sul contratto vero e proprio. (F: Roars 16.07.20)

 

 

STUDENTI

 

ISCRITTI ALL’UNIVERSITÀ PROVENIENTI DALL’ESTERO

In Italia solo il 5,6% degli iscritti all’università viene dall’estero. Media EU 9%, in UK 18,3%, in Germania 10%. Croazia e Grecia sono gli stati membri con la quota più bassa di iscritti agli atenei provenienti dall’estero (3%) seguiti da Spagna e Polonia (4%).

Per la laurea magistrale media EU 13,6%, in Italia 5,8%, in UK 34,6%, in Germania 15,6%, in Francia 12,1%. Segni di miglioramento a Milano e a Bologna. Al Politecnico di Milano le immatricolazioni a Ingegneria hanno avuto un più 2%, che diventa un più 10% fra gli studenti internazionali. Anche all’università di Bologna il CdL in Medicina è stato indicato come prima scelta da 4.464 studenti contro i 3.615 del 2019; e a Medicina in inglese anche meglio: 1.416 contro 1.281..

Nel dottorato l’Italia s’avvicina alla media EU: 16,1%, in EU 22,0% in Germania 11,9%, in UK 41,5%, in Francia 38,2%.

Gli studenti provenienti dall’estero sono in Italia anche meno che in Paesi che certo non presentano il vantaggio di una lingua universale come l’inglese, ovvero la Germania, dove sono solo il 10% gli studenti che vengono da fuori.

Ricordiamoci, tra l’altro, che gli iscritti all’università in Italia sono già in partenza un numero inferiore che altrove: nel 2018 gli iscritti nei nostri atenei erano 1,9 milioni, contro i 2,05 della Spagna, che ha meno abitanti, i 2,6 della Francia, i 2,5 del Regno Unito e i 3,1 della Germania (F: Eurostat 09.09.20)

 

INSERIMENTO DI STUDENTI ISCRITTI AL CDL FORMAZIONE PRIMARIA IN GRADUATORIE PROVINCIALI PER LE SUPPLENZE

La Conferenza Universitaria Nazionale di Scienze della Formazione (CUNSF) apprende con grande preoccupazione dagli organi di stampa che il Ministero della Pubblica Istruzione intende inserire, nella seconda fascia delle nuove Graduatorie provinciali per le supplenze, gli studenti che nell’A.A. 2020/2021 si iscrivono al quarto o al quinto anno dei corsi di Laurea magistrale in Scienze della Formazione primaria e che abbiano acquisito rispettivamente 150 e 180 crediti formativi universitari (CFU). Tale bozza di provvedimento intenderebbe collocare a pieno titolo nelle graduatorie provinciali per supplenze nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, e per alcuni anni, studenti ancora in fase di formazione e con un debito formativo per l’acquisizione del relativo titolo abilitante oscillante tra i 150 e 120 crediti formativi (cfu). La Conferenza esprime all’unanimità rammarico per l’assenza di una consultazione in merito a scelte di tale rilevanza, che possono creare disorientamento e perplessità circa i livelli di formazione universitaria messi in atto, in particolare nell’ultimo decennio, per i futuri docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria. Si sottolinea e si ribadisce l’importanza e la significatività del curricolo quinquennale per la formazione dei maestri, unica esperienza in Italia di una formazione docente strutturale e organica che offre un percorso formativo ampiamente riconosciuto. (F: comunicato CUNSF 03.07.20)

 

STUDENTI. ISCRIZIONE AD ANNI SUCCESSIVI AL PRIMO DI CORSI DI LAUREA A NUMERO PROGRAMMATO. SENTENZA DEL TAR

Con sentenza 22.05.20, n. 5432, il TAR Lazio, Roma, Sez. III, ha ribadito che, in tema d’iscrizione ad anni successivi al primo di corsi di laurea a numero programmato, si applicano i principi affermati dalla sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 28.01.15, n. 1, la quale ha affermato che a livello di normazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.M. 16 marzo 2007 in materia di “Determinazione delle classi di laurea magistrale”, i quali, senza alcun riferimento a requisiti per l’ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente, sia con riguardo al trasferimento degli studenti da un corso di laurea ad un altro, sia con riferimento al trasferimento da un’università ad un’altra, “secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato”. (F: Osservatorio Università)

 

PER CIRCA 820MILA STUDENTI FONDI INSUFFICIENTI PER SCONTI E AGEVOLAZIONI

Secondo la Società di consulenza Talents Venture, l’allargamento dell’esenzione dalle tasse universitarie, per garantire il Diritto allo Studio nell’anno della Covid, più gli sconti previsti (fino all’80%) per i redditi sotto i 30mila euro, le borse di studio e gli incentivi per colmare il divario digitale, rischiano di far saltare i bilanci di molti atenei. Complessivamente, a beneficiare di sconti e agevolazioni saranno circa 820mila studenti: un iscritto su due. Per supportare le università il ministero ha stanziato 115 milioni di euro (50 per coprire il mancato incasso della no tax area, 65 per gli «sconti») da distribuire tra i diversi atenei. Ma non bastano, dicono i ricercatori: il mancato incasso dalla contribuzione studentesca potrebbe superare i 163 milioni di euro. (F: CorSera 16.07.20)

 

STUDIO DELLA CONFERENZA PERMANENTE DEI PRESIDI DI MEDICINA E CHIRURGIA SUL TEST D’INGRESSO: “la valutazione del rendimento alla fine del 1°anno (adozione del sistema francese) selezionerebbe gli stessi candidati che hanno ottenuto i punteggi più alti al nostro test d’ammissione” al primo anno del CdL.

Uno studio della Conferenza Permanente dei Presidi di Medicina e Chirurgia cerca di chiarire il rapporto fra rendimento universitario, quanti hanno superato il test di ingresso e quanti sono stati ammessi dal TAR dopo il ricorso. L’indagine ha considerato 1.792 studenti immatricolati dopo il test di Medicina del 2014, di cui 1.326 ammessi regolarmente e 466 ricorsisti ammessi dal TAR.

In sintesi è risultato che “il punteggio al test d’ammissione al CdL in Medicina individua sufficientemente gli studenti con più difficoltà a finire brillantemente il 1° anno”.

In particolare, il risultato cui è pervenuto il gruppo di studio è che il punteggio ottenuto al test di ammissione risulta predittivo del successivo rendimento negli studi universitari, mentre la scuola di provenienza e il voto di maturità ottenuto non sembrano influire sul punteggio alla prova di ammissione. Più nello specifico si evince che: quando il punteggio del test è basso, come nel caso dei ricorsisti (alcuni dei quali hanno ottenuto punteggi inferiori ai 20 punti o sotto lo zero), questo presenta una correlazione con il basso rendimento durante il primo anno di studio: minor numero di esami superati e votazioni inferiori; per questi studenti c’è il rischio di non riuscire a superare almeno 3 esami del piano di studi del primo anno. Rischio doppio rispetto a quello degli immatricolati considerati regolari; la percentuale di studenti in grado di superare il primo anno raggiungendo gli obiettivi formativi previsti risulta essere maggiore tra gli studenti ammessi senza ricorso.

A proposito del sistema francese si mette in chiaro nello studio che l’adozione di questo sistema, che prevede l’accesso aperto e uno sbarramento alla fine del primo anno, non sarebbe utile: “la valutazione del rendimento alla fine del primo anno di corso porterebbe a selezionare gli stessi candidati che hanno ottenuto i punteggi più alti alla prova di ammissione”. (F: R. Gullotto, catania.liveuniversity.it  14.08.20)

 

 

VARIE

 

CANCEL CULTURE. IL NUOVO CONFORMISMO CENSORIO

Ha avuto una notevole eco internazionale la lettera dei 150 intellettuali — da J. K. Rowling a Salman Rushdie, da Noam Chomsky a Francis Fukuyama — che, su Harper’s Magazine, hanno denunciato la deriva presa negli Stati Uniti (ma anche in Inghilterra e Canada) dai movimenti di protesta contro la discriminazione razziale. Dalla distruzione delle statue di personaggi storici investiti dall’accusa di schiavismo (che ha lambito perfino Abraham Lincoln) si è infatti rapidamente passati a un atteggiamento intollerante sul piano delle idee, che mina alla radice la stessa libertà di espressione. In ossequio al nuovo conformismo censorio, che individua e colpisce i suoi nemici attraverso aggressive campagne sui social, negli Stati Uniti sono stati licenziati o costretti a dimettersi giornalisti e professori universitari, mentre autori di libri o articoli giudicati non politicamente corretti se ne sono visti rifiutare la pubblicazione. Questa nuova cancel culture, come viene chiamata, è stata paragonata ad alcune esperienze del passato: ad esempio, alle aspirazioni iconoclaste della Rivoluzione francese, anch’essa in guerra con una storia che veniva respinta in blocco in quanto ricettacolo dei privilegi dell’antico regime.

Sono paragoni non privi di fondamento per movimenti che finora hanno solo lambito l’Europa continentale con qualche statua imbrattata di vernice qua e là (quella di Montanelli a Milano, una raffigurante Colbert a Parigi). Ma non sono purtroppo gli unici paragoni possibili, se stiamo ad alcuni recenti episodi, apparentemente minori ma che indicano un passo ulteriore nelle tendenze censorie della cancel culture. Sta avvenendo infatti che alcuni libri che narrano storie che hanno per protagoniste persone di colore vengano rifiutati dagli editori solo perché quelle storie sono state immaginate e scritte da autori bianchi. (F: G. Belardelli, CorSera 30.07.20)

 

L’UNIVERSITÀ COME “LUOGO”

Secondo l’autore dell’articolo “Metamorfosi dell’Università: da corpo reale a realtà virtuale” (C. Fantappiè, Roars), l’Università è prima di tutto un “luogo”: non una “istituzione” o una “organizzazione”, anche se il suo “corpo” comprende sia l’uno che l’altro elemento.

1. L’Università è un luogo di

a) “incontro” fra studenti e studenti, fra studenti e docenti e fra docenti e docenti;

b) “confronto” fra le esperienze culturali delle persone che la compongono;

c) “dialettica” fra i diversi saperi, metodi, prospettive, orientamenti;

2. L’Università si configura come uno “spazio vitale” per la crescita educativa, culturale, sociale, politico-democratica.

3. Come mostra la storia, l’Università non è dunque un ente qualsiasi, intercambiabile o modificabile a piacimento, bensì un “luogo istituzionale” specifico, essenziale per il processo di crescita della cultura e del sapere critico.

4. In questo senso si compone di luoghi, persone, organi, strumenti, riti, linguaggi, procedure proprie che si sono perfezionati e codificati durante un processo millenario della cultura occidentale. Da questo è sorta la coessenzialità fra Università come luogo vitale e sapere critico.

5. “Luogo”, “processo” e “scopo” si identificano nel loro percorso. Come non si può celebrare la giustizia al di fuori del luogo del Tribunale, così non si può conseguire un sapere critico e un’educazione culturale al di fuori dell’Università. (F: C. Fantappiè, Roars 25.06.20)

 

LA BUROCRAZIA "DIFENSIVA"

La cosiddetta burocrazia difensiva è stata oggetto di un illuminante articolo di Paola Severino su "La Repubblica" del 30 maggio. In particolare, vi è trattato il tema della colpa grave che nella vicenda in parola e in tutte le altre similari, è difficilissima da concretizzare e spesso si identifica sbrigativamente con qualunque comportamento non conforme ai canoni interpretativi più consueti. Come è noto questa prassi dei magistrati contabili ha prodotto atteggiamenti difensivi da parte dei funzionari pubblici che possono andare da tattiche prudenziali e attendiste fino alla completa inerzia; ed è noto come siano immobilizzati quasi 30 miliardi di € di lavori pubblici proprio, o anche, per tali circostanze. Nell'articolo citato viene invocata la creazione di un parametro normativo di definizione della nozione della colpa grave che ne renda certi i confini se non, addirittura, la possibilità di limitare la responsabilità erariale alla sola ipotesi del dolo. In ogni caso, la burocrazia e le sue patologie sono da anni – se non da secoli – uno dei mali italiani, basterebbero a testimoniarlo i ricorrenti articoli di Sergio Rizzo su "La Repubblica". Dal 2006 per risolvere situazioni complesse ed urgenti per ben 25 volte è stato nominato un commissario con pieni poteri tra i quali spicca la deroga alle norma del Codice degli appalti e non in tutti i casi si trattava di situazioni gigantesche come il ponte di Genova. Sono centinaia di migliaia le norme in vigore e tutti coloro che hanno promesso "semplificazioni" e sburocratizzazione sono miseramente falliti nei loro intenti, dai famosi falò di un Ministro alla presuntuosa Riforma Madia che di quanto prescritto nell'art. 21 della legge 124/2015 non ha generato alcunché. (F: S. Simonetti, S24, 15.06.20)

 

SCUOLA. INSEGNANTI E CONCORSI

«Quando gli insegnanti scenderanno in campo per esigere che i concorsi cessino dall’essere fatti per burla, e che il metodo dei concorsi per la scelta degli insegnanti governativi sia mantenuto rigidamente?». Questa domanda posta quasi settant’anni fa sulle colonne del Mondo da Gaetano Salvemini aspetta una risposta ancora oggi, di fronte all’ennesimo concorso burla previsto per l’immissione in ruolo di migliaia di «precari», e di fronte al silenzio in proposito da parte di coloro che invece nella scuola insegnano già da tempo. I quali, come auspicava Salvemini, dovrebbero essere i primi, invece, a sentire il dovere e l’interesse a difendere il significato e la qualità (e quindi il prestigio) del proprio lavoro. Si tratta di un silenzio ormai cronico. Una delle caratteristiche più singolari del panorama scolastico italiano, infatti, è l’assenza da sempre della voce degli insegnanti.

Ma gli insegnanti italiani non possono parlare. Il nostro infatti è uno dei pochi Paesi in cui non esiste un’associazione degli insegnanti vasta e influente, professionalmente competente e capace di muoversi nel dibattito pubblico, come esiste ad esempio in Francia, Inghilterra o Germania. Perché da noi al posto di un’associazione del genere c’è il «sindacato scuola». Non importa di che sigla si tratti — Cgil, Cis, Uil o Snals — , quello che importa è che in esso confluiscono sempre, indifferentemente, tutti i cosiddetti «lavoratori della scuola» (nel caso della Cgil i lavoratori «della conoscenza»). (F: E. Galli Della Loggia, CorSera 04.06.20)

 

EPIDEMIA DI XYLELLA. FALSE TESI SENZA BASE SCIENTIFICA. LETTERA AL DIRETTORE DI MICROMEGA DEL DIRETTORE DEL CNR E DELL'ISTITUTO PER LA PROTEZIONE SOSTENIBILE DELLE PIANTE

Gentile Direttore,

l'articolo “Giallo Xylella” di Petra Reski, pubblicato sul numero 2/2020 di Micromega, è  caratterizzato dalla inconsistente aderenza alle evidenze scientifiche, dalla totale assenza di fonti e soprattutto dal mancato rispetto della realtà. Avendo un’impronta di chiaro stampo negazionista e complottista, l’articolo è assolutamente fuorviante e pertanto contribuisce ad alimentare la

disinformazione su questa tremenda epidemia che rischia di mettere in ginocchio il comparto olivicolo dell’intero bacino mediterraneo, con conseguenti pesanti ricadute sul territorio, sulla cultura, sulle tradizioni, sul paesaggio ed ovviamente sull’economia mediterranea.

Stupisce che una rivista che si definisce illuminista dia spazio a teoremi assurdi ed inconsistenti, totalmente privi di base scientifica, che hanno come fonte primaria i sentimenti di persone dall’atteggiamento per lo meno discutibile. Ricordiamo l’esempio emblematico della “guerriera” che “agita un cartellone con su scritto <<Salviamo la sputacchina - vaffanculo Martina>> … Un compagno di protesta la esorta ad avere un comportamento più sobrio, cosa che Anita, tuttavia non riesce proprio a fare”. Forte di queste fonti solide ed incontrovertibili, si costruisce così un teorema in cui - cerco di riassumere - potentati oscuri (agromafie? Multinazionali?) riescono a costruire un ecosistema perfetto per far progredire i profitti malavitosi, grazie alla convergenza con gli interessi di ricercatori infedeli che tentano di propalare tesi truffaldine per i propri vantaggi di

carriera, e quelli delle Istituzioni pubbliche italiane (il Ministro dell’Agricoltura, Martina) e (potevano mancare?) europee (la Commissione, che attraverso il programma quadro Horizon 2020 per la ricerca e l'innovazione avrebbe conferito ai suddetti ricercatori finanziamenti ad hoc, manipolando le proprie consolidate e rigide procedure di valutazione e selezione dei progetti). Un complotto

evidentemente teso ad avvelenare l’ambiente, avallando l’uso massivo di pericolosissimi fitofarmaci. (F: M. Centritto, direttore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell'Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, 07.07.20)

 

SUL FUTURO DELLA SANITÀ PUBBLICA NEL POST COVID

Non serve qualche miliardo in più se non si interviene sulle modalità di investimento, organizzazione, incentivazione, monitoraggio, informatizzazione. Un'operazione di «maquillage» può servire giusto come forma di promozione politica e mediatica per la ricerca del consenso, ma nel medio e nel lungo periodo non porterà a nulla. La politica deve avere il coraggio di stringere un patto trans-generazionale, trans-partitico, trans-regionale al fine di potenziare il SSN pensando, come diceva J. F. Clarke, non alle prossime elezioni, ma alle future generazioni. (F: N. Cartabelotta, linkedin 27.07.20)

 

L’ETÀ MEDIA DEI DIPENDENTI PUBBLICI

Il blocco delle assunzioni ha avuto conseguenze rilevanti sulla qualità dell’impiego pubblico. All’inizio del millennio l’età media dei dipendenti pubblici era di 43 anni, ora supera i 50.

I 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani sono tra i più anziani del mondo. Nella scuola, per esempio, il 58% dei docenti ha più di 50 anni, contro una media Ocse del 34%. Hanno in media 41,4 anni gli appartenenti alle forze dell’ordine, 53,1 anni i medici, 54,4 i dirigenti, 53,2 i professori universitari e i ricercatori. Secondo un’indagine del Forum Pubblica Amministrazione appena il 2,9% dei dipendenti pubblici ha meno di 30 anni. Chi vince un concorso spesso è già over 40 e in ogni caso il tempo che trascorre tra l’emersione di un bisogno e l’effettiva assunzione dei vincitori del concorso è in media di oltre 4 anni. E così insieme al Paese invecchia anche lo Stato. Osserva  la Corte dei Conti che la prolungata assenza di turn-over “ha accentuato il gap conoscitivo e professionale tra le competenze teoriche, acquisite nell’iter formativo dalle nuove generazioni, cui per troppo tempo è stato precluso l’accesso al pubblico impiego, e quelle più ‘statiche’ possedute dal personale in servizio, che continuano a caratterizzare, oltreché condizionare, la gran parte delle attività poste in essere dalle pubbliche amministrazioni”. (F: P. Pagliaro, 9colonne 04.08.20)

 

ISTRUZIONE, FORMAZIONE E RICERCA NELLE LINEE GUIDA DEL «PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E DI RESILIENZA»

Le linee guida del «Piano nazionale di ripresa e di resilienza», approvate dal Comitato interministeriale per gli Affari europei, richiamano l'articolo 14 della proposta di regolamento attuativo della Recovery and resilience facility elaborata dalla commissione Ue. Tra i «cluster di intervento» previsti nelle linee guida ci sono:

ISTRUZIONE, FORMAZIONE E RICERCA

La spinta al capitale umano. Nel piano rientreranno interventi a tutto campo su digitalizzazione

della didattica, miglioramento delle conoscenze digitali ed economiche, lifelong learning, contrasto all'abbandono scolastico, politiche per l'aumento della quota di giovani laureati, potenziamento degli asili e della scuola dell'infanzia

SALUTE

La lezione della pandemia. Per rafforzare il sistema sanitario si prevedono misure di sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica, la digitalizzazione dell'assistenza, il rafforzamento della prossimità delle strutture, l'integrazione fra politiche sanitarie, sociali e ambientali e la valorizzazione delle politiche per personale sanitario. (F.te: IlSole24Ore 10.09.20)

 

 

UNIVERSITÀ IN ITALIA

 

BANDO EUROPEAN UNIVERSITIES. LA PARTECIPAZIONE ITALIANA SALE AL NUMERO DI 23 ISTITUZIONI

La Commissione europea il 9 luglio ha comunicato le ulteriori 24 alleanze di università europee che si aggiungono alle prime 17 approvate nel 2019. Le “Università europee” sono alleanze transnazionali di istituti di istruzione superiore di tutta l'UE che si uniscono in alleanze per la conoscenza e la ricerca, a beneficio di studenti, docenti e della società civile. Le European Universities, realizzate con il sostegno finanziario dei programmi Erasmus + e Horizon 2020, migliorano la qualità, l'inclusione, la digitalizzazione e l'attrattiva dell’Istruzione superiore europea. Tra le 62 domande ricevute, 24 nuove alleanze di università europee sono state selezionate, attraverso una procedura basata sulla valutazione di esperti indipendenti,coinvolgendo 165 istituti di istruzione superiore di 26 Stati membri e di alcuni paesi extra UE partecipanti al programma Erasmus +. All’interno delle 24 nuove alleanze, si trovano 12 università italiane, che vanno ad aggiungersi alle 11 selezionate nel 2019 portando la partecipazione italiana al numero di 23 istituzioni della formazione superiore coinvolte. (F: ANSA 10.07.20)

 

MILANO-BICOCCA AMMESSA NEL BOARD DEL DIGITAL CREDENTIALS CONSORTIUM

L’Università di Milano-Bicocca è stata ammessa nel board del Digital Credentials Consortium (DCC), il consorzio internazionale di università nato due anni fa per realizzare un sistema standard per le credenziali digitali dei titoli e risultati accademici, e per realizzare una infrastruttura distribuita e condivisa, con tecnologie open source e quindi non di natura commerciale, per erogare, immagazzinare, comunicare, autenticare, e verificare in tutto il mondo lauree, voti degli esami, e qualsiasi certificazione di apprendimento in prospettiva 'life-long learning'. Fanno parte del DCC, tra gli altri, il MIT, Massachusetts Institute of Technology di Boston, che è anche base operativa, Harvard e Berkeley, e altre due neoammesse, Georgia Tech (Stati Uniti) e McMaster University (Canada). Milano-Bicocca è l’unica università italiana e la terza europea, dopo Delft e Potsdam, nel board dei soci fondatori. (F: fotogramma 04.06.20)

 

POLIMI. DOTTORATO DI RICERCA SEMPRE PIÙ ATTRATTIVO, 494 IMMATRICOLATI

Il dottorato di ricerca al Politecnico di Milano risulta sempre più attrattivo, come riscontriamo nei nuovi dati relativi al nostro 35° ciclo di dottorato 2019-2020. Quest’anno, con l’ultimo ingresso appena concluso, abbiamo superato ogni risultato precedente, con 494 dottorande e dottorandi immatricolati, di cui 455 (il 92%) sono finanziati. Il dottorato di ricerca è il culmine della formazione universitaria. Per molti anni è stato visto esclusivamente come la porta principale per entrare nel mondo della ricerca accademica, ma il quadro attuale è in rapida evoluzione. Un cambiamento di prospettiva dovuto alla crescente consapevolezza delle imprese riguardo al ruolo chiave che l'innovazione e la ricerca svolgono in ogni settore economico. Allo stesso tempo, le istituzioni accademiche come il Politecnico di Milano hanno realizzato un profondo ripensamento delle carriere di dottorato. (F: polimi.it 03.06.2020) 

 

UNIBO. BREVE SCHEDA DELL’ALMA MATER

Prima, da 11 anni a questa parte, nella classifica del Censis. In corsa nei ranking internazionali: l'edizione 2021 del QS World University Rankings la vede al posto numero 160 della classifica mondiale, con 28 posizioni scalate dal 2017 ad oggi. L'Alma Mater si presenta così. Un mega Ateneo generalista da 87.758 studenti, quasi il 40% fuorisede. Uno degli atenei più frequentati d'Italia, con 32 dipartimenti e 221 corsi di studio offerti, tra cui 78 lauree internazionali di cui 62 in lingua inglese. E ancora: 47 dottorati di ricerca, 53 scuole di specializzazione, 80 master di primo e secondo livello. Numeri. Ma è sulla sua storia che l'università di Bologna, la più antica del mondo, se la gioca: 933 anni, un passato che conta. (F: I. Venturi, La Repibblica 29.07.20)

 

UNIBO. CANDIDATI MATRICOLE NEL SETTORE SANITARIO

Candidati matricole a Bologna. In 4464 per Medicina e chirurgia e Odontoiatria, contro i 3615 dell'anno scorso; per Medicina in inglese 1416 contro 1281 dell'anno scorso; per Medicina veterinaria 807 contro i 710 dello scorso anno; per Professioni sanitarie 2511 (l'anno scorso erano 2456). Corso di laurea in Medicina e Chirurgia. L’Alma Mater, che ospiterà il test (iscritti ca. 4000) alla Fiera di Bologna, da quest’anno attiverà due nuovi corsi di laurea in Medicina nei Campus della Romagna, a Ravenna e a Forlì. Per il CdL di Bologna sono disponibili 374 posti, cui si aggiungono 95 posti a Ravenna e 95 a Forlì. (F: UniBoMagazine settembre 2020)

 

UNITE. DOPPIO TITOLO DI LAUREA

Anche l’Università di Teramo è tra i 30 atenei che rilasciano un doppio titolo di laurea. UniTe ha siglato il protocollo d’intesa con la Chulalongkorn University di Bangkok (Tailandia) per un nuovo percorso di alta formazione per il Corso Magistrale 2020-21 a doppio titolo di studio in “Food Science and Technology”. (F: rpiunews 09.07.20)

 

Per la classificazione delle università italiane nei ranking internazionali si veda alla voce del menu IN EVIDENZA.

 

 

UE. ESTERO

 

CH. ALL'UNIVERSITÀ DI ZURIGO E IN ALTRI ATENEI SVIZZERI MANTENUTO IL NUMERO CHIUSO A MEDICINA

L'Università di Zurigo mantiene il numero chiuso e il relativo esame di ammissione alla facoltà di medicina per l'anno accademico 2020/2021. Il motivo è il numero di iscrizioni che rimane elevato in tutta la Svizzera. Anche le università di Basilea, Berna, Friburgo, quella della Svizzera italiana e l'ETH di Zurigo hanno intenzione di mantenere le limitazioni per i nuovi iscritti agli studi di medicina, scrive in una nota il governo cantonale zurighese. Con 422 nuovi iscritti a medicina, il numero massimo all'Università di Zurigo è invariato rispetto agli scorsi anni. Più precisamente si tratta di 372 iscrizioni per la medicina umana e 50 in odontoiatria. A queste cifre si aggiungono 90 matricole ammesse alla facoltà di veterinaria Vetsuisse, nata dalla collaborazione fra l'Uni di Berna e quella di Zurigo. Per i corsi di master sono disponibili a Zurigo 365 posti in medicina umana, 44 in odontoiatria e 70 in veterinaria. (swissinfo.ch 04.06.20)

 

UK. DROP IN INTERNATIONAL STUDENTS

United Kingdom universities could suffer a 25% (120.000) drop in international students as a result of the government decision to end home student status for them in England. Some 84% of prospective European Union (EU) students say they will ‘definitely not’ study in the UK if the decision means their tuition fees will be doubled. (F: UWN luglio 2020)

 

USA. LA NUOVA CACCIA ALLE STREGHE

La nuova caccia alle streghe è promossa in nome dell'anti-razzismo dalla sinistra radicale, che ha conquistato posizioni influenti nell'informazione, nei social media, nelle università e altre istituzioni culturali, nello spettacolo. Chi non è allineato con l'avanguardia intransigente del movimento, subisce linciaggi mediatici, o perde il posto di lavoro. Ora un folto gruppo d'intellettuali si ribella e lancia l'allarme, firmando su Harper's magazine un appello che denuncia la pericolosa deriva verso l'intolleranza politically correct. (F: F.R., Rep. 08.07.20)

 

USA. THE UNEASY CO-DEPENDENCE OF COLLEGES AND THEIR BILLION-DOLLAR SPORTS PROGRAMMES

The uneasy and sometimes destructive co-dependence of US colleges and their billion-dollar sports programmes is approaching a showdown on equity and race, and experts predict it will either break the system or, with long-sought reform, save it. US colleges reap billions of dollars from sports but their mostly black athletes earn almost nothing beyond scholarships, while the mostly white coaching staff take salaries running into the millions of dollars. The inequity has been brought to a head by the coronavirus pandemic and Black Lives Matter movement and, as our North America editor Paul Basken reports, tension are high. The National Collegiate Athletic Association has been fighting in court to keep limits on the education-related compensation that student athletes can receive, while relenting under pressure to let players make their own commercial advertising deals, as the sector faces huge losses because of the coronavirus. (F: THE 29.07.20)

 

USA. L’ISTRUZIONE TERZIARIA USA È IN CRISI

«L’eccezione, non la regola» sono gli esempi della Ivy League in cui il 90% riesce a raggiungere la laurea. In tutte le altre 4mila università solo il 45% degli studenti ci riesce. L’80% degli studenti bianchi sono nelle università più prestigiose. Il 75% delle minoranze si trova in quelle meno rinomate. Il costo economico è una delle spiegazioni: dagli anni ’80 a oggi è cresciuto del 600%. Al momento, un ciclo di quattro anni richiede tra i 100mila e i 200mila dollari di media. Chi non li ha, si indebita (per un totale collettivo di 600 miliardi di dollari) e chi ha paura di indebitarsi non studia. Quest’ultimo dato è aumentato negli ultimi anni. Effetti dei ranking: solo 200 università su 4mila mantengono standard di qualità importanti, le altre hanno perso terreno. Per loro, strette tra classifiche impietose, numeri sempre più bassi e finanziamenti in calo. (F: D. Ronzoni, linkiesta 15.08.20)

 

 

LIBRI - RAPPORTI - SAGGI

 

STUDENT AFFAIRS AND SERVICES IN HIGHER EDUCATION: GLOBAL FOUNDATIONS, ISSUES, AND BEST PRACTICES

A publication of the International Association of Student Affairs and Services – IASAS Published in cooperation with Deutsches Studentenwerk. Third Edition [accessed Sep 06 2020]. Pp. 620.

This is an enormous volume, involving around 250 authors and others from 125 countries. The open access book was recently published > https://tinyurl.com/y58obeqo     .

With 250 authors, advisors and editors from over 125 countries this book is a truly global collaborative effort to capture the diverse, significant and expansive theories, frameworks, practices, models and services provided by Student Affairs and Services in Higher Education across the globe. This comprehensive book is the reference book for scholars, researchers and practitioners across the globe on all matters related to Student Affairs in Higher Education. The informative chapters cover a vast breadth of issues including principles, values, theories and frameworks, professionalization, research and scholarship, social justice, equality and gender issues, engagement, internationalization, retention and graduate competencies, governance and student participation, leadership and migration, a discussion of over 42 functional areas and almost 100 country reports. The authors are of the highest caliber and greatest diversity and share their formidable knowledge and experience, all detailing the immense impact Student Affairs and Services have in Higher Education across the globe.

 

OPEN SCIENCE: CAMBIAMENTO CULTURALE CERCASI

Autore: Paola Galimberti. Settembre 2020. pg. 8

Definizione di Scienza aperta: Open Science is the practice of science in such a way that others can collaborate and contribute, where research data, lab notes and other research processes are freely available, under terms that enable reuse, redistribution and reproduction of the research and its underlying data and methods (FOSTER)

Le tematiche della apertura e dell'accesso ai risultati della ricerca scientifica sono state variamente affrontate in Italia, in momenti e in modi diversi, senza che si sia mai riusciti a produrre un piano nazionale che portasse ad interventi organici, senza che si siano sviluppate strategie finalizzate al raggiungimento di risultati, senza un disegno specifico o una visione che non fosse una vaga eco di quanto avveniva in Europa e di quello che gli enti finanziatori della ricerca, (Commissione Europea per prima) richiedevano ai beneficiari dei Grant. Si è pensato che bastassero dichiarazioni di principio o l'approvazione di una policy per rispondere alle richieste dell'Europa e degli enti finanziatori e per essere dunque in regola con gli adempimenti richiesti.

Non si è capito che le policy sono il punto di arrivo di una modifica radicale delle prassi delle diverse comunità disciplinari, modifica che investe l'intero ciclo di progettazione, realizzazione, validazione e valutazione di una ricerca, che comprende anche ovviamente il tema dei diritti degli autori e di quelli dei lettori e che è l'unico modo possibile di fare scienza. (F: Abstract)

Testo integrale > https://zenodo.org/record/4014989#.X2SAyD9xeUl 

 

REPORT OF THE SCHOLARS AT RISK ACADEMIC FREEDOM MONITORING PROJECT

Ed. Scholars at Risk Academic Freedom Monitoring Project. Pp. 64.

Scholars at Risk (SAR) announces the release of Free to Think 2019, a report analyzing 324 attacks on higher education communities in 56 countries between September 1, 2018 and August 31, 2019. Thousands of educators and academics are killed, imprisoned, attacked, or threatened around the world each year because of what they teach, write, or say. This is dangerous for all of us. It not only destroys lives, but it also denies everyone the benefit of expert knowledge, destabilizes vulnerable societies, and cripples the healthy public discourse that sustains democracy.

Scholars at Risk is an international network of over 500 higher education institutions and thousands of individuals in 39 countries that is leading the charge in protecting and offering sanctuary to threatened scholars and students. Our mission is to protect higher education communities and their members from violent and coercive attacks, and by doing so to expand the space in society for reason and evidence-based approaches to resolving conflicts and solving problems. We meet this mission through direct protection of individuals, advocacy aimed at preventing attacks and increasing accountability, and research and learning initiatives that promote academic freedom and related values.

Institutions and individuals are invited to take part in this important work by joining the network, offering to host at-risk scholars, organizing campus events, advocating on behalf of imprisoned academics and students, conducting research through SAR's Academic Freedom Monitoring Project and working groups, proposing your own projects, and donating to SAR to sustain these activities. To learn more about SAR activities, network membership, or how you or your institution might benefit, please visit : www.scholarsatrisk.org .

Il network @ScholarsAtRisk #SAR , cui #unipv partecipa attivamente, organizza un ciclo di seminari sulla liberà accademica. Scopri il programma completo http://news.unipv.it/?p=50486 .

 

GALILEO AND THE SCIENCE DENIERS

Author: Mario Livio. Ed. Simon & Schuster (2020), pp. 283.

A fresh interpretation of the life of Galileo Galilei, one of history’s greatest and most fascinating scientists, that sheds new light on his discoveries and how he was challenged by science deniers. “We really need this story now, because we’re living through the next chapter of science denial” (Bill McKibben).

Galileo’s story may be more relevant today than ever before. At present, we face enormous crises—such as the minimization of the dangers of climate change—because the science behind these threats is erroneously questioned or ignored. Galileo encountered this problem 400 years ago. His discoveries, based on careful observations and ingenious experiments, contradicted conventional wisdom and the teachings of the church at the time. Consequently, in a blatant assault on freedom of thought, his books were forbidden by church authorities.

Astrophysicist and bestselling author Mario Livio draws on his own scientific expertise to provide captivating insights into how Galileo reached his bold new conclusions about the cosmos and the laws of nature. A freethinker who followed the evidence wherever it led him, Galileo was one of the most significant figures behind the scientific revolution. He believed that every educated person should know science as well as literature, and insisted on reaching the widest audience possible, publishing his books in Italian rather than Latin.

Galileo was put on trial with his life in the balance for refusing to renounce his scientific convictions. He remains a hero and inspiration to scientists and all of those who respect science—which, as Livio reminds us in this gripping book, remains threatened even today. (F: presentazione dell’editore)

 

LA RESPONSABILITÀ ERARIALE DEL PROFESSORE UNIVERSITARIO PER VIOLAZIONE DEL REGIME DI INCOMPATIBILITÀ

Corte dei conti, sez. giur. Regione Lombardia, sentenza 3 febbraio 2020 n. 11. Nella sentenza oggetto di commento la Sezione giurisdizionale Lombardia affronta un argomento complesso e attuale quale quello della responsabilità erariale del professore universitario a tempo pieno conseguente alla violazione del relativo regime di incompatibilità. La decisione si sofferma su diversi aspetti concernenti la violazione dell’art. 53, d.lgs. n. 165/2001, chiarendo la ratio di tale disposizione, la natura della responsabilità conseguente all’espletamento di attività non autorizzate, nonché il plesso giurisdizionale competente a conoscerne. In particolare, la sentenza si segnala per aver fornito una rilevante soluzione interpretativa in ordine all’individuazione del discrimine tra attività di consulenza e attività libero-professionale, individuando un criterio guida volto a sorreggere tale distinzione, fondato su un dato fattuale base e su due indici sintomatici.

(F: nota a Corte dei conti, sez. giur. Regione Lombardia, sentenza 3 febbraio 2020 n. 11. Fascicolo 1, 2020). Leggi di più https://tinyurl.com/y42pp5vc 

 

RIFLESSIONI IN MATERIA DI SPECIALIZZAZIONE MEDICA

Autore: Francesco Paolo Tronca. Eurilink University Press. Collana: Studi e Dialoghi Giuridici. In uscita a ottobre 2020. e-book, pp. 114.

Il volume si propone di focalizzare alcune delle questioni giuridiche, maggiormente dibattute, in materia di tutela dei medici specializzandi. La raccolta di saggi fornisce lo spunto per specifici approfondimenti su tematiche in continua evoluzione giurisprudenziale, rispetto alle quali il costante aggiornamento è elemento imprescindibile per una visione organica delle problematiche. L’approccio dell’Autore è critico e sistematico al fine di pervenire ad una visione ampia e prospettica di taluni istituti giuridici che trovano, per la categoria dei medici in formazione specialistica, un fecondo terreno applicativo. La legislazione di riferimento è direttamente correlata al recepimento della normativa comunitaria di settore nel tessuto legislativo nazionale. Tale dinamica fornisce all’Autore lo spunto per evidenziare, anche, i delicati equilibri che intercorrono tra fonti nazionali e sovranazionali nei differenti casi applicativi di tutela dei medici specializzandi. Sono approfondite, difatti, riflessioni che coinvolgono istituti fondanti del Diritto Amministrativo, del Diritto Civile, del Diritto Costituzionale e dell’Unione Europea. Il volume è destinato a studiosi e studenti che si avvicinano all’applicazione di categorie giuridiche generali (ad esempio: il contratto di lavoro, la prescrizione dell’azione di risarcimento del danno, le categorie di danno, il recepimento della normativa comunitaria) in uno specifico settore dell’ordinamento. La struttura del volume è articolata in quattro capitoli consentendo di guidare il lettore in un percorso evolutivo che prende le mosse dal contesto normativo di riferimento, transita, nel II e III capitolo, attraverso le questioni interpretative maggiormente dibattute in sede giurisprudenziale ed approda, infine, alla ricostruzione di tematiche insolute. Il volume costituisce un valido strumento di supporto per la comprensione delle forme di tutela dei medici in formazione che a tutt’oggi si presentano ancora particolarmente frastagliate e di non univoca definizione. (F: presentazione dell’editore)

 

L’AUTONOMIA UNIVERSITARIA DEL NUOVO MILLENNIO

Curatore: Alfredo Marra. Contributi di Pasquale Cerbo, Matteo Gnes, Roberto Moscati, Luigi Piscitelli, Margherita Ramajoli, Marino Regini, e Alessandro Santoro. Ed. Aracne, Roma 2020, pg. 96. 

Il volume raccoglie gli atti dell’omonimo convegno promosso dall’Osservatorio sull’Università nel 2018 presso l’Università degli Studi di Milano - bicocca.

Nell’ultimo decennio l’Università italiana è profondamente cambiata, tanto a livello di sistema quanto di singole istituzioni accademiche. Per comprendere direzione e misura del cambiamento risulta di centrale importanza tornare a riflettere sul concetto di autonomia universitaria. È quanto si è cominciato a fare, attraverso gli interventi di qualificati studiosi di diversi ambiti disciplinari, nel convegno promosso dall’Osservatorio sull’Università su L’autonomia universitaria del nuovo millennio. (F: presentazione del volume)

 

DAL LOCKDOWN LE SFIDE ALL’UNIVERSITA

Autori vari. Premessa di V. Scotti.  Eurilink University Press. Collana Istituzioni. e-book, Agosto 2020, pp. 164.

In un lavoro collettivo nato informalmente durante il periodo del lockdown, un gruppo di docenti universitari e di esperti di alto profilo ha dato vita a una serie di riflessioni che vengono pubblicate in questo primo contributo. Non limitando lo sguardo alle proprie appartenenze disciplinari, gli Autori cercano di analizzare i nodi che – da sempre – caratterizzano il sistema universitario italiano e che, con il lockdown, sono stati ulteriormente messi in evidenza. Fuori dalla logica di scontro tra insegnamento in presenza e a distanza, gli Autori hanno voluto – anche pragmaticamente – guardare alla sostanza, liberamente ragionando dentro dinamiche sulle quali possano costruirsi decisioni per il futuro. In questo testo si trova un interessante esercizio di autonomia, utile a chi voglia percorrere strade innovative, e creative, di cui l’università ha bisogno. Si pensa a una università completamente immersa nei processi storici, soggetto nella società e non monade isolata e separata dal resto. Qui s’immagina una università che utilizzi, con senso progettuale, tutti gli strumenti della modernità e che si ponga come motore di una nuova alleanza per affrontare, dal punto di vista di formazione di classi dirigenti, le complessità del presente e del futuro che già ci percorre: una università, in sostanza, che ricongiunga ciò che è disperso, anzitutto il rapporto tra sapere e potere. (F: Premessa di Vincenzo Scotti)

 

SCIENZA TRA ETICA E POLITICA

Collettanea curata da Rino Falcone, Pietro Greco e Giulio Peruzzi. Editore Dedalo, giugno 2010.

La scienza ha improvvisamente occupato un posto di primo piano nel dibattito pubblico e nella coscienza attiva dei cittadini; anche di quelli che della scienza avevano una percezione e considerazione scarsa e confusa. Questo è ovviamente un effetto di risposta a seguito della pandemia COVID-19: agli sconvolgimenti, alle trasformazioni della vita individuale e sociale che ha prodotto in tutti noi. In particolare, all’esigenza che è prepotentemente cresciuta di identificare potenziali salvatori della nostra salute e della nostra convivenza civile e sociale.

La società quindi si rivolge alla scienza e da essa pretende, come è giusto che sia, soluzioni e conoscenza aggiornata per affrontare una aggressione nuova, sconosciuta per molti aspetti e capace di colpire non solo la nostra salute ma - obbligandoci a isolamenti e separazioni innaturali - l’essenza più intima della nostra civiltà e con essa le radici del suo sviluppo economico, culturale, sociale. (F: da introduzione di R. Falcone, scienzainrete 22.06.20)

 

IDENTIFYING RESEARCH FRONTS IN THE WEB OF SCIENCE: FROM METRICS TO MEANING

Authors: Martin Szomszor, David Pendlebury and Gordon Rogers. Clarivate Web of science Sept 2020.

Our report encourages researchers and managers to perform deeper evaluations of research

via Research Front data derived from the Web of Science and maps depicting the structure and

dynamics of specialty areas. Research assessment and policymaking frequently use quantitative measures based on publication and citation data as a complement to traditional expert peer review. Most in the research community are familiar with standard indicators, such as citation counts, the Web of Science Journal Impact Factor™, or the h-index. Scores and ranks have their uses but are limited in revealing many aspects of research activity and different dimensions of contributions. Fuller, more informative types of assessment are now possible – but still rarely used.

Thanks to advances in the handling and visualization of very large datasets, it is possible to see – and visit – the leading edge of scientific and scholarly research through science mapping of the literature. Such maps typically offer 2 or 3-D landscapes of research disciplines and topics, created by the network of citations that link one publication with another and by shared terminology. Similarity among documents determines proximity in the landscape while the varying

density of publications creates structures, such as ‘mountains’ or ‘islands’ of knowledge. An analyst can locate individuals, institutions, funders and journals within this landscape and evaluate organizational participation in different areas, as well as changes over time. This contributes to greater understanding of current activity including identification of key players and hot and emerging topics.

(F: Executive summary)

 

CATTIVI SCIENZIATI. La pandemia della malascienza

Autore: Enrico Bucci. Ed. Addtascabili, luglio 2020, pg. 192.

Il metodo scientifico è indubbiamente una delle risorse più raffinate di cui gli scienziati dispongono per fornire indicazioni utili alla sopravvivenza della nostra società in un mondo complesso. Tuttavia, questo metodo non può procedere in assenza di un’etica che metta al primo posto l’onestà nel raccogliere dati, descrivere esperimenti, discutere risultati e pubblicarli. Eppure, nella letteratura scientifica tre peccati capitali – fabbricazione di dati ed esperimenti, loro falsificazione e plagio – sono talmente diffusi da destare seria preoccupazione riguardo all’affidabilità di ciò che crediamo di sapere. A questi si aggiunge spesso una comunicazione che distorce i risultati ottenuti, volta ad ottenere vantaggi o a influenzare il pubblico. La comunità scientifica deve usare un linguaggio che non si presti a facili fraintendimenti, distinguendo fra opinioni e dati a supporto di quelle opinioni. Accostarci al metodo scientifico, studiare le fallacie logiche del discorso razionale, un minimo (davvero un minimo) di scienza del dato e ragionamento quantitativo, ci può salvare dalle suggestioni e dalla sensazione superficiale di capire la scienza leggendo il titolo di un quotidiano. Curiosità e metodo ci faranno scoprire le frodi scientifiche, ma anche la bellezza e la potenza del ragionamento di cui siamo capaci. Solo così la scienza potrà essere utile alla società.

(F: presentazione dell’editore)

 

SALVARE L’UNIVERSITÀ ITALIANA. Oltre i miti e i tabù

Autori: G. Capano, M. Regini, M. Turri. Ed. Il Mulino 2017.

Il dibattito sull’università italiana sta finalmente uscendo dai confini angusti degli addetti ai lavori e dalle polemiche annose, grazie anche a recenti e corpose indagini empiriche. Spesso però le interpretazioni che ne derivano si limitano a riproporre antichi stereotipi, contrapponendo le colpe dei governi a quelle delle università o delle corporazioni accademiche. Nell’affrontare la crisi dell’università italiana e del suo ruolo culturale, economico e civile, gli autori contestano miti e tabù e, attraverso una discussione chiara delle molteplici cause, prospettano alcuni scenari alternativi, indicando possibili linee di intervento per arrestare il declino. (F: presentazione dell’editore)

In “Salvare l’università italiana” di Turri, Regini e Capano: “gli atenei piccoli, per definizione, non sono capaci quanto gli atenei medio - grandi di svolgere attività di ricerca d’eccellenza, tantomeno in diverse aree scientifiche. Ne segue che dovrebbero abbandonare del tutto l’idea, piuttosto che ‘suicidarsi’ nello svolgere ricerca in discipline nelle quali non sono competenti”. Riprendendo un passaggio del libro: “…il ministero potrebbe decidere di concedere l’accreditamento quali scuole di dottorato a non più di n sedi per ciascuna area disciplinare […] gli atenei piccoli in cui una concentrazione elevata di ottimi ricercatori in diverse aree scientifiche non è plausibile, sarebbero spinti a scegliere una strada fra le due sole ragionevoli: specializzarsi in una - due aree scientifiche al massimo (nel caso della ricerca) oppure puntare tutto sulla formazione valorizzando servizi di supporto alla didattica e percorsi più fortemente capaci di garantire un inserimento nel mercato del lavoro”. (F: Citazione da Roars)

 

UN REPORT SUL SISTEMA PAESE CHE HA AMPI E INTERESSANTI MARGINI DI RECUPERO NELLA RICERCA E NELLO SVILUPPO

Siamo nella top ten per numero di brevetti depositati in Europa, per progetti finanziati dallo European Research Council e per pubblicazioni scientifiche. Ciò non toglie però l'esistenza

di alcuni limiti, che risultano pesanti in quanto strutturali: dal ritardo sulla collaborazione pubblico-privata alla scarsità cronica degli investimenti, passando per il gap di competenze sul fronte Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

Secondo le stime più aggiornate dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nel 2018 l'Italia ha speso poco più di 32 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, circa l'1,4%del Prodotto interno lordo. Prendendo in esame quest'ultimo indice e mettendo da parte il valore assoluto, che per sua natura è poco indicativo, si scopre che l'Italia ha purtroppo tanti

punti da recuperare rispetto ai propri omologhi: in alcuni casi forse sono troppi (vedi la distanza che ci separa da Svezia, Austria, Germania e Danimarca, ossia dagli unici quattro Paesi oltre il 3%), in altri sono comunque tanti (dal 2,4% della media Ocse al 2% della media UE a 28, passando per il 2,2% della Francia). E non può certo essere un vanto l'aver distanziato leggermente economie più piccole come Polonia, Grecia, Lituania o Romania.

Navigando nel database della Banca Mondiale, si scopre infatti che siamo il Paese meno impegnato sulla ricerca in termini di capitale umano tra le grandi economie europee: poco più di 2.300 ricercatori ogni milione di abitanti nel 2018 (ultimo anno disponibile). Erano circa 1.850 nel 2012, poco sopra quota 2 mila nel 2015 e dal 2010 al 2017 sono aumentati più che negli

altri grandi Stati europei (24% contro il 21% della Germania, il 15% della Francia e l'11% del Regno Unito), quindi è innegabile che ci siano stati dei passi in avanti. Ma riportando il confronto ai giorni nostri lo stato dell'arte parla chiaro: siamo più o meno a metà rispetto al Regno Unito (4.603) e alla Francia (4.715), ancor più lontani dalla Germania (5.211), ma anche parecchio distanti

dalla media europea (quasi 4 mila ricercatori).

In merito alle competenze Stem anche in questo caso abbiamo parecchio lavoro da svolgere come sistema Paese. Secondo le rilevazioni dell'Istat, infatti, la quota di popolazione che in Italia possiede almeno un titolo di studio secondario superiore è pari al 62% del totale (contro il 79% dell'UE a 28) e quella che possiede una laurea è del 20% (33% nell'Unione europea). Il quadro si complica soprattutto per quel che riguarda il tema delle competenze a maggior valore aggiunto in un mercato del lavoro che sta andando sempre più verso l'economia digitale: le competenze cosiddette Stem. Come testimoniato dall'ultimo rapporto ad hoc elaborato da Deloitte in collaborazione con Swg, i profili Stem sono sempre più importanti e ricercati ma in Italia ce ne sono pochi. Un vero e proprio paradosso se si considera che, escludendo l'area medico-sanitaria e farmaceutica, lo scorso anno sono state proprio le laure Stem a raggiungere il tasso di occupazione della popolazione laureata più alto (84%).

Se da un lato questo insieme di ritardi, limiti e difficoltà mette in luce la scarsa sensibilità (soprattutto politica ma anche industriale) nei confronti del sistema italiano della ricerca e dello sviluppo, dall'altro avvalora ulteriormente la forza di un ecosistema che continua comunque a dimostrare vivacità, dedizione e capacità. Come rileva l'edizione 2020 dell'Annuario scienza, tecnologia e società, realizzato da Observa in Society e curato da Giuseppe Pellegrini e Andrea Rubin: l'Italia si piazza infatti all'ottavo posto per progetti finanziati dal Consiglio europeo della ricerca e alla stessa posizione nella classifica globale per pubblicazioni scientifiche. Non è

tutto, perché se allarghiamo lo sguardo alla corsa dei brevetti in Europa (nel 2019 sono state depositate oltre 181 mila domande, il 4% in più rispetto al 2018 secondo i dati dello European Patent Office), scopriamo che l'Italia è dentro la top ten del 2019 (seppur all'ultimo posto disponibile dopo Usa, Germania, Giappone, Cina, Francia, Corea del Sud, Svizzera, Olanda e Regno Unito). (F: A. Frolla, La Repubblica Affari&Finanza 03.08.2020)

 

THE ECONOMIC IMPACTS OF LEARNING LOSSES. Oecd Education Working Paper No. 225

Authors: Eric A. Hanushek and Ludger Woessmann. EDU/WKP(2020)13.

The worldwide school closures in early 2020 led to losses in learning that will not easily

be made up for even if schools quickly return to their prior performance levels. These losses

will have lasting economic impacts both on the affected students and on each nation unless

they are effectively remediated.

While the precise learning losses are not yet known, existing research suggests that the

students in grades 1-12 affected by the closures might expect some 3 percent lower income

over their entire lifetimes. For nations, the lower long-term growth related to such losses

might yield an average of 1.5 percent lower annual GDP for the remainder of the century.

These economic losses would grow if schools are unable to re-start quickly.

The economic losses will be more deeply felt by disadvantaged students. All indications

are that students whose families are less able to support out-of-school learning will face

larger learning losses than their more advantaged peers, which in turn will translate into

deeper losses of lifetime earnings.

The present value of the economic losses to nations reach huge proportions. Just returning

schools to where they were in 2019 will not avoid such losses. Only making them better

can. While a variety of approaches might be attempted, existing research indicates that

close attention to the modified re-opening of schools offers strategies that could ameliorate

the losses. Specifically, with the expected increase in video-based instruction, matching the

skills of the teaching force to the new range of tasks and activities could quickly move

schools to heightened performance. Additionally, because the prior disruptions are likely

to increase the variations in learning levels within individual classrooms, pivoting to more

individualised instruction could leave all students better off as schools resume.

As schools move to re-establish their programmes even as the pandemic continues, it is

natural to focus considerable attention on the mechanics and logistics of safe re-opening.

But the long-term economic impacts also require serious attention, because the losses

already suffered demand more than the best of currently considered re-opening approaches. (F: Abstract Sept. 2020)

 

 

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